Domata (Finale)
di
Giovanna Esse
genere
dominazione
La mia padrona mi aveva domata.
Incurante del fatto che fossi più bella, che i miei seni fossero più torniti e femminili, si vedeva che lei non provava alcuna gelosia femminile nei miei confronti, anzi, godeva a mostrare il “suo” personale trofeo e il potere che ora poteva esercitare sul mio corpo.
A quel punto eravamo intimissime: la sua vagina era calda e presente mentre sedeva, a cosce aperte, sul mio culo.
I suoi seni, tronfi e sodi, mi pressavano la schiena ogni volta che lei mi sollevava per mettere, ancora una volta “in vetrina” i miei.
Mi dava in pasto a quella folla eccitata, che non faceva nulla per nascondere la propria esaltazione sessuale.
La donna, esperta dominatrice, aveva capito: ogni mio orgoglio aveva capitolato.
Un attimo dopo, mi si distese completamente addosso e rimase immobile, come un predatore blocca la sua vittima, per riprendere fiato ma senza perderne il controllo.
Approfittai di quel breve tempo morto per cercare di ritrovare un barlume di coerenza: la cittadina italiana, laureata, manager e, diciamolo, abbastanza borghese, rifece capolino nella mia mente... mi guardai intorno.
Mentre valutavo la situazione, intravidi il viso gaudente di Nunzio e incrociai il suo sguardo, eccitato come quello di tutti gli altri.
Lui sapeva, sapeva tutto fin dall’inizio... lo odiai con tutte le mie forze.
Purtroppo il ritorno alla civiltà durò solo un attimo. La mia riservatezza signorile mi crollò addosso nuovamente, in un impasto di sangue e saliva: me lo offriva la russa che, torcendomi il collo all’indietro, mi diede il più violento, carnoso, sensuale, intimo e sporco bacio che avessi ricevuto in vita mia.
Nemmeno un camionista ubriaco mi avrebbe saputa baciare così.
Lei era sopra e grondava saliva e sudore salato, la sua lingua era spessa, calda, viscida come una lumaca piena di umori privati.
Avrei voluto resistere ma non ci riuscii: davanti a tutti, senza potermi mai più giustificare, mi lasciai baciare con trasporto succhiandole a mia volta la lingua e le labbra, in un abbraccio lesbico e sensuale mai provato prima.
Era il primo bacio segreto, proibito, orribile, ricevuto da una donna... e lo avevo condiviso con “appena”... poche centinaia di persone.
Persi la testa per alcuni, interminabili minuti, mentre la russa mi succhiava l’anima attraverso la bocca, le sue mani si perdevano sul mio corpo, carezzandomi con forza decisa le tette e l’inguine.
Come una vampira del sesso mi stava rubando la personalità, accuratamente costruita con anni di sacrifici, trasformandomi in una sgualdrina da trivio, pronta a leccarle il culo: a lei, così grossolana e, sicuramente, ignorante!
Eravamo li, in quella plastica posizione: lei a cavalcioni sulla schiena che mi palpava ed io, da sotto, inarcata, puntellata sulle mani che le offrivo la bocca, girandomi indietro.
Mi ero sollevata con tutte le forze, per il semplice piacere di permetterle di tastare le mie intimità, a suo piacimento.
Sembrava impossibile ma ero sottomessa e incapace di ribellarmi.
Quando ci staccammo, mi resi conto del dramma in cui mi ero cacciata: molti di quelli che ci osservavano arrapati e gaudenti, riprendevano con i telefonini ogni momento della mia capitolazione lesbica. Ma dato che, quella notte maledetta, io non ero più io... dopo averci pensato su per un attimo, ne godetti.
Non c’è che dire: l’eccitazione gioca davvero brutti scherzi alla psiche, ma non era tempo di fare filosofia.
La mia “battaglia” non era affatto finita. Ancora non sapevo che, colei che perde il combattimento doveva essere punita.
Mentre ci rimettevamo in piedi, la ragazza che parlava italiano ci raggiunse, tutta raggiante e sorridente, e ci prese entrambe per mano.
Poi si rivolse al pubblico e iniziò un discorsetto in lingua slava, che gli astanti sembrarono gradire molto, visti i fischi e le urla eccitate che lanciavano.
A me quasi veniva da ridere: accettavo con tranquillità di starmene nuda, tra tutta quella gente sconosciuta che apprezzava il mio corpo, ormai completamente esposto, senza nessuna vergogna come fosse un atteggiamento del tutto naturale.
Avevo perso ogni ritegno e mi sentivo come se non avessi mai fatto altro in vita mia.
Intimamente divertita, ebbi un flashback di tutte le facce di colleghi e di clienti che mi avevano spiata, cercando di non dare nell’occhio, pur di indovinarmi le gambe, il culo o i seni da sotto gli abiti castigati e sobri; quelli che normalmente indossavo durante il lavoro.
Poveretti... avrebbero dovuto vedermi adesso.
Sorrisi a me stessa.
Mentre la ragazza parlava al pubblico, mi sentivo sempre più calata nel personaggio della lottatrice professionista e... perdente.
Ero convinta di aver perso con onore ... e che la fine di quel gioco fosse vicina.
Ascoltai tranquilla la chiacchierata e mi preparai a lasciarmi alle spalle quella stranissima avventura.
13
Un momento dopo, il mio “onore” sarebbe finito nelle fogne di Bratislava.
Ma io non potevo saperlo...
Quella specie di “badante” declamò ad alta voce il nome della vincitrice: Tatiana, sollevandole il braccio in segno di vittoria.
La gente accolse con tripudio la proclamazione, con fischi e applausi che non si placavano.
La ragazza, intanto, approfittando del casino che si era creato, mi si avvicinò e mi carezzò maliziosamente un seno, tastandomelo; stavo quasi per risentirmi, quando lei mi disse a bassa voce, fissandomi profondamente negli occhi:
- Adesso tu sei di Tatiana, sei schiava di lei, stanotte... non ti ribellare. Capito? E’ la regola! – poi sorrise – Ma tu non ti ribellerai, vero? Perché sei puttana, dentro di te. Si vede! – e dopo avermi pizzicato il mento con cattiveria, si voltò, ignorandomi completamente.
Non mi diede il tempo né di rispondere, né di chiarire. Mi arrabbiai molto, arrossendo per il bruciore di quella verità, che lei aveva pronunciato ad alta voce.
Credevo di essere diventata padrona della situazione ... e invece, come uno schiaffo a freddo, mi ricordavano che ero solo una vittima, in quel casino incredibile in cui il maledetto Nunzio, mi aveva cacciata.
Ero una donna adulta e credevo di essere preparata a tutto ma adesso, ai bordi estremi della società civile, mi resi conto che tutto può cambiare intorno a noi, all’improvviso: mai avrei immaginato di provare le emozioni che mi pervasero quella notte.
Ero prostrata.
Le mie certezze erano sfumate in poco meno di un’ora. Tatiana mi aveva vinta e soggiogata.
Ma, contro ogni logica, da quando mi aveva baciata in bocca, non desideravo altro che essere sua. Non m’importava d’altro, in quel momento.
Né di Nunzio, né della gente che guardava e aspettava di assistere allo spettacolo della mia umiliazione... e cosa mai poteva interessarmi di loro? Il piacere nuovo che stavo conoscendo e provando, mi poneva vari metri al di sopra tutti.
Il pericolo che correvo, sperduta in quei vicoli bui, non mi faceva più paura, anzi... mi dava adrenalina.
Era come se avessi scoperto un’altra me stessa, con valori del tutto diversi: nessuna sicurezza, nessuna certezza nel domani... ero una zingara senza nome, che affidava il suo destino nelle mani di una lottatrice lesbica e incattivita.
La mia predisposizione a concedermi a un’altra donna, cosa che mi avrebbe fatto inorridire e vergognare fino a pochi minuti prima, adesso mi sembrava una ulteriore dimostrazione di superiorità... di grandezza.
Mi convinsi che molte delle ragazze presenti, non sarebbero mai state capaci di farlo e, comunque, incapaci di provare le mie stesse emozioni.
Probabilmente, mi dissi arrossendo, stavo sperimentando la stessa gioia che prova un cane a far felice il suo padrone.
Tatiana mi prese per mano, come si fa con i bambini ed io mi lasciai guidare senza opporre alcuna resistenza.
Arretrammo fino al bordo del ring, dove un inserviente ci proiettò addosso la pompa dell’acqua, ripulendoci alla meglio dall’eccesso di fango. Per fortuna era tiepida.
Poi il giovane mi prese in custodia e mi portò dietro le quinte, in un bagnetto abbastanza malridotto.
Mi lasciavo fare tutto... non capivo bene perché ma sapevo di goderne, dato che la mia figa era continuamente bagnata.
Mi fece sedere sul bagno e mi suggerì di fare i miei bisogni. Continuavo ad essere completamente nuda.
Mi infilò sotto una doccia caldissima e mi insaponò rapidamente con un sapone ruvido e sabbioso; con una spugna, frizionò il mio corpo, donandomi una sensazione rigenerante. Un profumo speziato, forse di patchouli, si espandeva nell’aria calda e umida.
Mi asciugò con un telo spugna bianco e pulito e mi riaccompagnò nell’arena, dove il pubblico attendeva di assistere alla mia punizione e di godere delle mie grazie, fino a poche ore prima gelosamente custodite.
14
La musica ritmata lasciò subito il posto ad un pezzo più soft, ricco di arpeggi delicati: il tempo era scandito dal basso e dalla batteria.
Nonostante la nudità, cercai di assumere una posa composta e dignitosa.
Il massaggio dell’acqua e del peeling effettuati dal sapone, avevano avuto sulla mia carnagione un effetto rivitalizzante e piacevole.
Mi sentivo bella e provavo un intimo piacere a mostrarmi senza veli e senza inibizioni: sicura di me nel mostrami non ne perdevo in dignità.
Tatiana mi aspettava seduta su una piccola panca. Anche lei era nuda, sembrava un gladiatore.
Anche lei si era lavata e sistemata, adesso si dimostrava meno brutta e più femminile nelle sue forme, forti e toniche.
Lo spazio su cui avevamo lottato era stato ripulito dalla mota. Le mattonelle erano lucide e sul fondo del quadrato era stato adagiato un piccolo tappetino di gomma, mi ricordava uno di quei “dormi-bene” che si portano in campeggio.
La donna mi squadrò e mi prese per mano, con una sorta di gentilezza determinata.
La sua mano forte mi strinse le dita... non riuscii a capire se quel gesto contenesse un messaggio.
Quello che mi fu chiaro dal primo contatto era che, il desiderio di essere sua, si amplificava all’inverosimile: adesso eravamo vicine e lei mi teneva per mano, senza interferenze e senza traduzioni.
Come una droga potente, questa sensazione di appartenenza, faceva sì che io, da leonessa della “city” mi trasformassi, per mano sua, in una pecorella obbediente. Non soffrivo di questo mio nuovo “status”, anzi, ne gioivo ed ero pronta a prostrami al suo volere con immensa gioia. Ero felice di darle piacere e scodinzolare ai suoi ordini.
Incredibile! Mai provato niente del genere, nemmeno per il primo che mi aveva avuta. Nemmeno per il primo amore di ragazza: mai.
All’angolo del ring c’era una presa d’acqua, di certo serviva per pulire facilmente quello spazio, piastrellato come un mattatoio.
Tatiana mi fece voltare e, cogliendomi impreparata, infilò nel mio retto una cannula. Il gesto fu talmente improvviso che il tubo, non troppo spesso, entrò, senza sforzo tra le mie chiappe.
Mentre ancora cercavo di capire, confusa e rossa di vergogna, mi resi conto che mi stava riempiendo, lentamente, l’intestino di acqua tiepida.
Avrei voluto voltarmi ma lei, con decisione, mi tenne bloccata, prendendomi per il collo. Poi mi sussurrò qualcosa all’orecchio, capii che mi invitava a starmene buona.
Quando la pancia mi sembrava esplodere e l’acqua cominciava a farmi male, la donna, esperta, non me la sfilò.
Mi fece arretrare, con molta difficoltà e impaccio verso la grata di scarico, al centro del piccolo spazio.
Usava la cannetta infissa nell’ano, come un perno, con cui riusciva a comandarmi e a guidarmi. Ero del tutto impotente e avevo il terrore di potermi lacerare l’intestino.
Mi premette sulle spalle per farmi accovacciare. Mentre eseguivo ero incapace di qualsiasi reazione, avevo la pancia piena d’acqua, come un otre teso; essere svergognata davanti a tutti, mi fece bagnare gli occhi di lacrime. Mi aspettavo di tutto ma non quella terribile umiliazione della mia più nascosta intimità.
Quando fui nella giusta posizione, le gambe divaricate e il foro dell’ano direttamente puntato sulla grata di scolo, Tatiana lentamente mi sfilò il tubo dal sedere.
L’acqua, senza più ostacoli, si scaricò dalle mie budella con un fiotto selvaggio prima, poi, successivamente, con una serie di gocciolii, mentre cercavo di liberarmi al più presto da quella costipazione.
Non pensavo di poter contenere tanto liquido nel culo: gli spruzzi sembravano non finire mai.
In cuor mio fui contenta di essermi completamente liberata, prima nel bagno e di non aver peggiorato il mio stato, lubrico e discinto, davanti a quella marmaglia.
Ormai non li vedevo neanche più: la vergogna e le lacrime mi avevano accecata e gli strepiti della loro lussuria, gridata e applaudita, mi giungevano quasi ovattati in quello stato di totale soggezione.
Non avevo mai provato tanto disagio in vita mia, soprattutto quando sentii, comunque, l’odore di budella calde provenire dalla pozza che si era formata sotto di me.
Tatiana mi costrinse in ginocchio, poi a quattro zampe come un cane, e con freddezza tagliente, appena fui in bella vista per tutta la platea, mi cercò nuovamente l’ano con il tubo e mi infilò, ancora una volta, con voluta lentezza.
Ero prona e aperta e, all’inizio, non sentii niente poi, pian piano, mi accorsi di gonfiarmi, come avessi un palloncino in pancia. Ero invasa dal liquido che si insinuava in ogni mio spazio interno, riempiendolo e pressando fino a farmi scoppiare... per un attimo credetti di svenire per la tensione e non capii più niente, perchè mi girava la testa.
Pensai addirittura che mi volesse torturare fino ad uccidermi, mentre mi passava per la testa una certa narrativa BDSM, che mi era capitata sottomano ma non era così.
Lei sapeva perfettamente come il mio buchetto avrebbe risposto a tanta sollecitazione, infatti, un istante dopo, l’acqua trovò una via di fuga, proprio ritornando verso il retto e uscendo facilmente dallo sfintere che, ora dilatato dal tubo stesso, non opponeva nessuna resistenza.
Così, per vari minuti, si innescò dentro me un perverso meccanismo circolatorio: adesso che i miei tessuti non opponevano più alcuna resistenza, pian piano quello sciabordio, che sembrava inarrestabile, mi portò il piacere.
L’acqua non mi faceva più male, la pressione si era bilanciata e sentivo il liquido rimescolarsi nel mio corpo per poi spruzzare, con un suono sguaiato, dal mio buchetto, zampillando intorno e scorrendo sulle mie gambe aperte e sui piedi nudi con un massaggio continuo: caldo, piacevole.
15
Ero troppo stressata, ormai, desideravo solo terminare quella terribile nottata con Tatiana.
Mi accorsi che anche quella pratica schifosa e cruenta, quel clistere fatto da una sconosciuta in un putrido locale di periferia, mi piaceva e mi faceva godere del mio nuovo “status” di schiava e di puttana, totalmente esposta al pubblico giudizio.
Anche quella passò, finalmente.
Mi toccò seguirla, sempre tenuta per mano come una scolaretta in punizione, fino al tappetino in fondo del quadrato.
Finalmente trovai la forza e il coraggio di guardarla.
“Strano” pensai tra me “un’ora fa mi disgustava ora mi pare una dea del Walhalla”.
La donna alzò lo sguardo e mi osservò soddisfatta, le piacevo e ne gioii.
Mi fece voltare su me stessa, guidandomi lentamente, per godersi il mio corpo e, di certo, anche per farlo godere, un’ennesima volta, a tutti i presenti.
Un piccolo brivido mi attraversò la schiena quando mi accorsi che prendeva, dal bordo della pista, un enorme fallo di plastica verde.
Le sue dimensioni erano tali da destare in me un rimestio in pancia e una certa preoccupazione, soprattutto per gli accurati lavaggi anali a cui ero stata sottoposta un momento prima.
Capii che rischiavo grosso... non voglio fare la santarellina e non disdegno il sesso di dietro ma mai avevo preso un fallo grosso come quello che stringeva Tatiana tra le mani: né di plastica, né di carne.
Ne valutai anche la lunghezza che di certo superava il mio avambraccio.
Le luci bianche erano quasi tutte state smorzate, mentre fari colorati illuminavano lo spazio occupato da me a dalla mia aguzzina.
Tatiana mi venne incontro, mi mise la mano sulla spalla come volesse dire: vieni che adesso mi prendo cura di te.
Mi affidò tra le mani il cazzone di gomma, il cui contatto mi diede una scossa eccitante. Valutai quel membro impossibile, non era duro, anzi, era morbido e assecondava i movimenti delle mani.
Al pensiero che la donna me lo avrebbe messo dentro e forse anche di dietro, mi resi conto che di sicuro avrei provato male; nella follia che mi possedeva, invece di soffrirne ... mi convinsi che sarebbe stato stupendo, fatto da lei: perché più mi avrebbe squarciata, più mi sarei sentita in suo potere.
Nel locale si fece silenzio; solo una musica dolce e sensuale si rendeva complice di quella scena segreta.
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In piedi, l’una di fronte all’altra, pronte ad iniziare un tipo di lotta completamente diversa e, per me, completamente nuova.
Tatiana avvicinò la sua bocca alla mia e, finalmente, mi baciò ancora, a lungo, facendomi sollevare sulle punte dei piedi e portandomi in paradiso.
Questa volta il suo bacio era diverso, meno rabbioso, molto più dolce, adesso che si era lavata e ripulita. Il contatto era molto più sensuale e la sua saliva densa e eccitante, sapeva di cannella.
Quando la sua si ritirò dal mio palato, toccò a me ispezionare con la lingua appuntita la sua bocca, lisciandole i dentini, appiattendomi sotto il palato: volevo che mi notasse, volevo che non dimenticasse mai più il bacio di una vera “signora”.
Ma, mentre succhiavo le sue labbra carnose, pensai che nemmeno io mi sarei mai più scordata di lei e dell’effetto segreto che mi aveva prodotto nell’anima.
Poi, con fare deciso, mi indirizzò la testa verso i suoi seni, porgendomi i capezzoli affinché li assaggiassi.
Si strinse i seni con la mano per tenerli vicini, a portata di labbra, erano duri e carnosi, e me li mise in bocca entrambi; non avevo esperienza, però li ricevetti in bocca volentieri e mentre succhiavo, con la lingua li carezzavo languidamente, ora l’uno, ora l’altro, con un movimento lento e circolare.
Sentivo la mia padrona sussultare, ogni volta che la lingua passava in mezzo ai capezzoli, turgidi e bagnati.
Intanto, con la mano libera, mi agganciò la figa con tre dita, letteralmente le usò come un amo, affondandomi nel bacino e bagnandosi del mio umore, adesso era abbondante e cremoso... da troppo tempo grondavo dall’utero e lubrificavo le mie grandi labbra.
Con un ultimo risucchio doloroso, mi baciò ancora, tirandomi la lingua fuori dalla bocca.
Poi si chinò sul tappeto e si mise lei a quattro zampe, con i genitali bene inarcato verso l’alto, perché tutti li apprezzassero.
Mi chiamò con un gesto della mano e io accorsi, fedele e disponibile. Mi chinai a mia volta dietro lei e, per la prima volta in vita mia, baciai la figa di una donna.
Le cercai il clitoride, scavando tra le grandi labbra, non mi fu difficile perché Tatiana ci sapeva fare e spingeva, con decisione, il bacino verso la mia bocca.
Contrariamente a me, la ragazza non si era lavata accuratamente e una serie di gusti nuovi, mai sentiti, mi invase la bocca: mi riscoprii vogliosa di imparare a conoscerli.
Gli odori mi entravano nel naso, forti e decisi, ed io facevo del mio meglio per assaggiarli, aiutandomi con la lingua: scavavo in quella fregna dilatata e impura, ripulendola con accurate, continue leccate.
Il profumo della sua urina si impregnava sui pori del mio viso, imbrattandoli e marcandomi del suo odore, come fanno i cani.
Dentro di lei dove puntavo la lingua, una patina chiara, leggermente frizzante, mi stuzzicava la libidine ed io la asportavo per inghiottirla, come fosse un nettare delizioso.
Con la punta delle dita, si passò sotto la pancia e mi sollevò il mento, indirizzandomi la bocca verso il buco del suo culo.
Avevo perso ogni ritegno in quel contesto: dare piacere alla mia padrona mi aveva trascinato in un paradiso orgiastico, nel quale tutto era permesso e il buon senso e la vergogna erano banditi.
Tantissime persone mi vedevano accucciata e prona a leccare il culo, rassegnata, di quella vacca. Con la bocca e con la lingua ne godevo, felice di mostrare al mondo la mia metamorfosi, la mia prostrazione.
Il suo fiore scuro era dilatato e rugoso, ero certa che molte volte era stato profanato da cazzi di ogni provenienza.
Più la immaginavo troia, e sporca, e più desideravo leccarle lo sfintere.
Cominciai a praticarle il “petalo di rosa”: un “gioco” volgare che mi era stato raccontato come una battuta da caserma. Ora diventava reale, per me. Spiattellavo la lingua, instancabile, sui due buchetti di Tatiana e, spontaneamente, le succhiavo quel tenerissimo velo di carne che separava il culo dalla fessura femminile.
La donna apprezzava, perché iniziò a mugolare e a sculettare con lentezza, come una mucca al pascolo: beata.
Poi si girò repentinamente, come non riuscisse più a starsene buona: passandomi sotto il viso si sdraiò con la schiena sul tappeto, eccitatissima.
Spalancò i suoi coscioni sodi e, agganciandomi con i polpacci alla nuca, mi trasse di nuovo in figa, con la bocca.
Con le mani mi teneva per le orecchie, come se volesse ribadire che quella che mi stava infliggendo, era la sua punizione.
Mai gogna fu più dolce per la vittima predestinata...
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II suo orgasmo era vicino perché si dimenava e si inarcava, come se mi volesse dentro con tutta la testa... mentre io, nonostante mi facessero male le mascelle, non abbassavo il ritmo delle leccate pur di farla felice.
Ero talmente presa e avevo perso talmente il senso del pudore, che a, stento, mi accorsi che gli astanti più ardimentosi approfittavano della mia posizione per toccarmi il culo, per infilzarmi una o più dita ora in figa, ora nel sedere.
Donne e uomini, con un sorriso ebete, fingendo di farlo per gioco, davanti a tutti, volevano provare il brivido di toccare i miei punti più proibiti.
Ma non mi importava di nulla, adesso, perché la mia “padrona” mi stava spruzzando in bocca e in faccia un liquido caldo e trasparente: tutta l’eccedenza delle sue ghiandole sovreccitate, trovava sfogo attraverso i suoi stretti meati e mi schizzava in faccia il suo piacere bollente.
Tatiana mi venne in bocca, riempiendomi di estro, più delicato della sborra che, talvolta, avevo cercato di suggere da un maschio, per provare l’emozione dell’ingoio.
Con forza mi trascinò sopra il suo corpo e, continuando a venire sulle mie dita che ancora le frullavano la clitoride, ci baciammo a lungo con passione, tenendoci strette strette.
Il tempo di riprendersi. Il suo fiato affannoso mi entrava nei polmoni ed io… io lo conservavo come un’aria vitale di cui non riuscivo a fare a meno.
Dopo un poco la passione finì e Tatiana lasciò esplodere tutta la sua perversione; certo, per dar spettacolo ma anche per il suo piacere, decise che era il momento di “sacrificarmi” al pubblico pagante: “The show must go on”.
Chissà, pensai, se quelle persone avevano scommesso anche sui rapporti sessuali che avremmo consumato davanti ai loro occhi: non conoscevo quell’ambiente e non sapevo quali perversioni fossero capaci di inventarsi.
Anche se ero convinta che, a modo suo e per pochi istanti mi avesse “amata”, Tatiana si alzò e, con i piedi, mi schiacciò per terra le spalle lasciandomi col sedere all’aria.
Come un cacciatore si mette in posa sulla preda, mi pose la pianta del piede destro sulla spina dorsale, calpestandola e spingendomi verso l’altro piede, cosicché mi trovai le dita del sinistro sotto la bocca.
Non volevo disubbidirle ma proprio non immaginavo cosa fare.
Lei mi punì lo stesso, frustandomi col cazzo di gomma dietro la nuca, usandolo come un manganello.
Allora capii e iniziai a succhiarle le dita di quei piedi dall’odore pungente.
Non feci alcuna resistenza e, vinto il primo momento di disgusto, scesi ancora più in fondo nell’annullamento della mia personalità, leccando e suggendo dito per dito e passando la lingua, accuratamente, negli interstizi di quel suo piede, grosso e poco curato.
Sarei stata pronta a pulirle anche l’altro ma Tatiana aveva altre mire: si era installata sul pube una cintura borchiata, fatta apposta per sostenere il grosso pene verde.
Lo intravidi con la coda dell’occhio: era pendulo e oscillava a testa in giù, come un segugio che cerca la tana della sua preda.
La osservai impotente mentre infilava sul cazzone un profilattico e lo massaggiava per farlo aderire.
Poi, la ragazza calò su di me, sedendosi pesantemente sulle mie cosce che erano ben serrate.
La gente taceva di nuovo... esasperata da quei lunghissimi attimi di passione: attendevano che venissi sfondata.
Tatiana, con entrambe le mani cercava di domare quel cazzo molle e spesso, indirizzandolo, come una serpe, dietro di me.
Speravo di prenderlo in figa, finalmente... era tutta la sera che desideravo un vero orgasmo, pieno, definitivo; ma la donna aveva capito che avevo il culo quasi vergine e questo la eccitava certamente.
Più volte mi tentò il buchetto e altrettante volte, all’ultimo istante, il fallo, unto, scivolò via.
Ma Tatiana non demordeva, anzi... alla fine, la grossa testa verde trovò il mio culo e con la spinta selvaggia delle mani di Tatiana, mi spaccò in due il piccolo orifizio.
Il primo bruciore e il dolore della prima dilatazione forzata, fu tremendo.
Lei, ebbe pietà e lo tirò fuori.
Ma un momento dopo si distese tutta su di me, come fossi il suo materasso, e il cazzo ebbe di nuovo ragione del mio sfintere.
Allargò le sue gambe intorno alle mie e me le strinse, insieme alle chiappe.
Questo non mi aiutava nella dilatazione, al contrario, sentivo il pene in tutto il suo lungo viaggio nel mio corpo.
Tatiana iniziò a fottere con piccoli affondo del bacino. Intanto mi baciava il collo e le orecchie.
Il bruciore era sempre di meno, mentre il movimento sussultorio stimolava la mia fantasia erotica che, ancora una volta, ritornava a cercare il piacere.
Tutti erano arrapatissimi ormai e non pochi, ritirandosi nelle zone in penombra, si masturbavano senza far troppe cerimonie.
Anche prima avevo avuto modo di osservare che anche alcune ragazze si tastavano con le mani sotto le vesti.
Con la mano mi cercai il deretano e vi scoprii il palo, che spingeva nel mio corpo: ne avevo dentro una buona metà e già mi sentivo sfondare.
Per agevolare l’operazione e diminuire la pressione cercai di allargarmi il culo con le dita.
Ma Tatiana era terribile e non si accontentava di ciò che mi aveva già fatto subire: poco dopo mi uscì dal culo con un “plop” e mi tirò per i capelli affinché mi rimettessi in piedi.
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Non so quale cenno lanciasse per farsi intendere, fatto sta che le sue due amiche ci raggiunsero rapidamente e, lasciandomi molto perplessa riguardo al mio destino, mi presero per le braccia e se le misero attorno al collo, come se volessero trasportarmi di peso; non capivo, riuscivo benissimo a camminare anche da sola, eppure...
In realtà, poi, non ci muovemmo di un passo; con i piedi toccavo agevolmente per terra, però le due donne mi sostenevano ugualmente: fu allora che Tatiana si mise di nuovo dietro di me e cominciò a palpeggiarmi le chiappe facendole ballonzolare alternativamente, schiaffeggiandole senza farmi troppo male.
Queste piacevoli operazioni mi fecero rilassare a dismisura ed io mi abbandonai un po’ tra le braccia delle mie aguzzine.
La ragazza che parlava l’italiano mi introdusse due dita in figa, come per valutare quanto fossi bagnata.
Poi la russa, alle mie spalle, partì all’attacco col suo “ariete” e, posizionata nel modo più idoneo, mi mise la punta del fallo, nuovamente, nell’ano.
Mi aveva già sfondata per bene, poco prima, così non provai alcun male perché il mio culo era ancora molto dilatato.
Disse qualcosa alle ragazze perché, tenendomi in loro potere, mi inarcassero un po’ in avanti, come se fossi affacciata ad un balcone. Poi, come un treno che avanza inesorabile in una galleria, cominciò a profanarmi, sprofondandomi tra le chiappe.
Lenta e inesorabile mi entrava sempre più dentro, senza forzare ma senza fermarsi: ogni sua stantuffata permetteva al dildo di insinuarsi più profondamente.
Capii che aveva deciso di farmelo prendere tutto e rabbrividii al solo pensiero.
Più che dolore, sentii sensazioni mai provate nel mio intestino; probabilmente il budello si adattava al cazzo esagerato, rimestandomi tutta, dentro.
Ormai era una gara tra lei che mi infilzava ed io che soffiavo il fiato per accettare una penetrazione così estrema, mai sperimentata prima.
Quando Tatiana si fermava e lo avevo tutto dentro, mi accorsi che le gambe non mi rispondevano più, per fortuna le due ragazze mi tenevano in piedi, così potevo essere impalata senza correre il rischio di cadere per terra e farmi male. Mi resi conto che il grosso cazzo pressava sui nervi sciatici, addormentando le mie facoltà motorie.
La punta del cazzo mi faceva male nella pancia ma non in maniera insopportabile, era la stessa sensazione che si prova dopo aver ricevuto un pugno nello stomaco. Ma andava bene lo stesso: il piacere che mi aveva invaso era superiore a qualsiasi controindicazione.
Tutti tacevano intorno e guardavano rapiti quella scena tra il piacere e la tortura.
Molti ragazzi adesso avevano i cazzi in mano e si erano messi in prima fila senza provare più nessuna vergogna, ne avrei volentieri succhiato qualcuno, se solo fossi stata in grado di piegarmi.
Tatiana mi faceva tenere immobilizzata per paura di farmi male, mentre compiva quell’inculata estrema e pericolosa.
Un attimo di raccapriccio si impadronì di me e sentii, ancora una volta, la testa girarmi: la russa mi penetrava completamente per alcuni secondi per poi uscirmi, praticamente, tutta dal culo ma, quando me lo spingeva tutto dentro, una bolla tondeggiante compariva all’altezza dell’ombelico... praticamente il grosso fallo mi aveva trapassata completamente. A quella vista, a ogni botta, temevo di venir meno per la paura.
Dopo avermi data una bella dose di colpi, che sembrava non dovessero finire mai, uscì da me definitivamente.
Io non riuscivo a stare in piedi da sola, le ragazze mi sostennero finché non venne portata, nello spiazzo, una panchetta rivestita di similpelle: mi stesero su quella a pancia in su.
Mentre le due donne mi tenevano le gambe alzate come fossimo dal ginecologo, la russa spietata, senza indecisioni, mi infilò nel culo, già spaccato, prima le dita, poi il dorso della mano e, infine, tutto l’avambraccio.
Ancora una volta stavo per perdere i sensi: avevo visto quel tipo di scena solo su qualche foto porno e non credevo si potesse entrare così, nel sedere di qualcuno.
Lei muoveva le dita dentro di me, con l’altra mano mi masturbava e mi frullava la clitoride,
A furia di ricevere quel massaggio incredibile, interno ed esterno, mi rilassai sulla panchetta. Ero completamente nelle mani delle tre troie, e mi eccitava subire: il piacere si impadronì di me, con un calore elettrico che invase ogni mia cellula.
Cominciai a venire con una furia che non avevo mai provato e, per la prima volta in vita mia, vidi sgorgare dalla mia vagina gli spruzzi violenti del cosiddetto “squirting”: un’azione sessuale che non credevo mai di poter compiere.
Venni a lungo, mentre sia io che Tatiana, ci lasciavamo andare in brevi urla sfrenate e liberatorie.
Quando tutto fu finito, Tatiana estrasse il braccio dal mio culo e le ragazze mi mollarono.
Ritornata padrona di me, mi adagiai sulla panca, su un fianco, con la faccia rivolta verso il muro sul retro: per ritrovare le forze, per riprendermi dal martirio subito dai miei tessuti, violentati, dilatati... esausti.
Accucciata sulla panca, sola con me stessa e con addosso mille occhi, mi abbandonai ad un ditalino, privato e meraviglioso.
Mentre continuavo a venire, sentii alcune gocce di potenti spruzzi, arrivarmi da tutte le parti sul corpo, alcune gocce mi bagnarono i capelli e il viso: dall’odore intenso capii che era sperma.
I ragazzi mi stavano sborrando addosso, a turno, facendosi spazio tra la folla; chi era “pronto”, si avvicinava e riversava su di me tutto il suo piacere.
19
Qualche minuto più tardi la musica di compagnia riprese, i gruppetti si sciolsero, la gente iniziò ad andare via.
Mi lasciarono a me stessa, spegnendo le luci su di me, per donarmi un minimo di discrezione.
Lo spettacolo che avevo dato di me era finito e lentamente ritornai alla lucidità.
Non ero pentita né dispiaciuta... per niente!
Ero tutta indolenzita e tremendamente stanca ma paga e felice, per tutta una serie di scoperte che avevo fatto sul mio essere donna e sulla ricerca del piacere.
Credevo di essere arrivata all’apice e, invece, non ero che una neofita nel mondo della perversione, che comunque mi stuzzicava e mi attraeva.
Mi preoccupai per le foto che erano state scattate da quegli sconosciuti ma, ormai, il gioco era fatto e non si poteva più tornare indietro.
Ma che importanza poteva avere, mi chiesi?
Ero la sola padrona di me stessa. Mi conoscevo meglio, adesso, e non avevo alcuna remora a mostrare il mio corpo e la mia sessualità.
Rialzandomi, mi accorsi che qualcuno mi aveva coperta con un accappatoio pulito, che però si era già inzuppato dello sperma, esagerato che mi avevano versato addosso.
Ritornai nel bagnetto, alle spalle del ring, e feci una doccia accurata e piacevole.
Nel bagno, appoggiati accuratamente su un mobiletto di plastica, trovai parte delle mie cose: i calzerotti, gli scarponcini, un coordinato intimo di cotone, ancora sigillato e della mia taglia.
La cosa che mi sorprese di più fu ritrovare i miei jeans più comodi e una maglietta nera: ero certa di aver lasciate quelle cose in albergo. Come erano finite li?
Allora mi ricordai di Nunzio, il ragazzo mi era completamente uscito di testa... ricordai che, quella sera, avevo cominciato da subito a dubitare della sua “buona fede”.
Feci due più due e capii che ero stata portata là apposta: niente era successo per caso e lui, Nunzio, sapeva perfettamente come sarebbe andata, anzi, certamente si era accordato con i gestori del locale, magari prima oppure, appena arrivati.
Provai un lieve senso di repulsione: il mio ragazzo aveva capito bene le mie potenzialità sessuali e non lo biasimavo per avermi portato li ma, adesso…
Come il Principe, secondo Machiavelli, si deve liberare dei suoi sgherri, sentii il bisogno di liberarmi di Nunzio. Ero decisa.
Quando tornai nella sala, lo trovai ad attendermi fuori, con una sorrisetto tra l’innocente e il furbetto; non dissi niente, ero troppo stanca per intavolare una discussione.
Con un po’ di paura constatai che camminavo ancora con le gambe leggermente aperte e avevo la sensazione di colare dal culetto ma, ne ero certa, anche quella sarebbe passata.
Uscendo, attraversammo la sala e davanti al guardaroba incrociai la mia “nemica”, Tatiana.
Anche lei completamente vestita, sorseggiava un liquore trasparente da un largo bicchiere..
Mi rivolse il sorriso di intesa più profondo e sconcertante che mai abbia provato in vita mia e i suoi occhi chiari, mi toccarono l’anima, profondamente.
Si avvicinò e senza dire nulla mi baciò rapidamente sulle labbra: naturalmente, ancora una volta, mi diede la scossa.
Poi si allontanò senza più voltarsi, anche le sue partner si mossero, passandomi affianco e fingendo di ignorarmi completamente.
Mi piacque pensare, romanticamente, che mi aveva attesa apposta, per salutarmi un’ultima volta.
La ragazza del guardaroba, invece, mi si avvicinò discretamente e mi disse, in perfetto italiano, a voce bassa:
- Tatiana desidera che tieni questo, per ricordo! – e mi fece scivolare un oggettino nella mano.
20
Tornammo all’albergo in silenzio, con la luce livida dell’alba che rischiarava le strade deserte; ero spossata.
In camera, mi buttai sul letto e sprofondai nel sonno senza pensare più a niente.
Mi svegliai che erano le quattro del pomeriggio di lunedì.
Al mio fianco, una rosa bianca, confezionata nel cellophane ed un foglietto. Era di Nunzio, diceva che non poteva attardarsi ed era dovuto rientrare presto, per impegni di lavoro.
C’erano poi segnate tutte le indicazioni per tornare in Italia e un biglietto aereo: Vienna – Milano.
Sedetti sul letto rifiutandomi di pensare; un leggero indolenzimento del sedere mi ricordò la notte precedente e il vortice di emozioni che mi aveva travolta: una “voragine” senza fondo mi si aprì nel plesso solare.
Ero ancora vestita, ma senza le scarpe.
Frugai nella tasca dei jeans e ritrovai il dono di Tatiana.
Era un piccolo ciondolo dorato: rappresentava un nodo, il cosiddetto “gassa d’amante”.
Era tenuto da un braccialetto sottile e, stranamente lungo.
Ci misi un attimo per capire che si trattava di una cavigliera...
Il fatto è che non ne avevo mai indossata una: l’ho sempre ritenuta un accessorio poco elegante.
Ripensai a “lei” e a quando mi aveva baciata la prima volta, ricordai il sapore delicato della sua saliva sulla lingua.
Subito dopo, mi concentrai sul rientro in Italia.
Nunzio provò più volte a riconquistarmi ma poi capì... e sparì tra la folla anonima e non si fece più sentire.
Da quella notte movimentata, non ho più rivisto né Tatiana, né le sue amiche ma non mi dimenticherò mai di loro.
Grazie a loro sono cambiata.
Grazie a loro, oggi, mi conosco meglio.
Ogni tanto sbircio sul web, tra i siti video per vedere se spunta qualcosa su di me a mia insaputa... ma i caricamenti sono migliaia ogni giorno e, ormai, la cosa non mi preoccupa neanche più.
So perfettamente che dietro la signora perbene che sono ritornata ad essere, si nasconde una predatrice che sa anche essere, meravigliosamente preda, nel gioco incredibile della passione.
Allora indosso la mia cavigliera, conquistata a caro prezzo, e qualche persona che intuisce e che mi apprezza, la trovo sempre, sulla mia strada.
Incurante del fatto che fossi più bella, che i miei seni fossero più torniti e femminili, si vedeva che lei non provava alcuna gelosia femminile nei miei confronti, anzi, godeva a mostrare il “suo” personale trofeo e il potere che ora poteva esercitare sul mio corpo.
A quel punto eravamo intimissime: la sua vagina era calda e presente mentre sedeva, a cosce aperte, sul mio culo.
I suoi seni, tronfi e sodi, mi pressavano la schiena ogni volta che lei mi sollevava per mettere, ancora una volta “in vetrina” i miei.
Mi dava in pasto a quella folla eccitata, che non faceva nulla per nascondere la propria esaltazione sessuale.
La donna, esperta dominatrice, aveva capito: ogni mio orgoglio aveva capitolato.
Un attimo dopo, mi si distese completamente addosso e rimase immobile, come un predatore blocca la sua vittima, per riprendere fiato ma senza perderne il controllo.
Approfittai di quel breve tempo morto per cercare di ritrovare un barlume di coerenza: la cittadina italiana, laureata, manager e, diciamolo, abbastanza borghese, rifece capolino nella mia mente... mi guardai intorno.
Mentre valutavo la situazione, intravidi il viso gaudente di Nunzio e incrociai il suo sguardo, eccitato come quello di tutti gli altri.
Lui sapeva, sapeva tutto fin dall’inizio... lo odiai con tutte le mie forze.
Purtroppo il ritorno alla civiltà durò solo un attimo. La mia riservatezza signorile mi crollò addosso nuovamente, in un impasto di sangue e saliva: me lo offriva la russa che, torcendomi il collo all’indietro, mi diede il più violento, carnoso, sensuale, intimo e sporco bacio che avessi ricevuto in vita mia.
Nemmeno un camionista ubriaco mi avrebbe saputa baciare così.
Lei era sopra e grondava saliva e sudore salato, la sua lingua era spessa, calda, viscida come una lumaca piena di umori privati.
Avrei voluto resistere ma non ci riuscii: davanti a tutti, senza potermi mai più giustificare, mi lasciai baciare con trasporto succhiandole a mia volta la lingua e le labbra, in un abbraccio lesbico e sensuale mai provato prima.
Era il primo bacio segreto, proibito, orribile, ricevuto da una donna... e lo avevo condiviso con “appena”... poche centinaia di persone.
Persi la testa per alcuni, interminabili minuti, mentre la russa mi succhiava l’anima attraverso la bocca, le sue mani si perdevano sul mio corpo, carezzandomi con forza decisa le tette e l’inguine.
Come una vampira del sesso mi stava rubando la personalità, accuratamente costruita con anni di sacrifici, trasformandomi in una sgualdrina da trivio, pronta a leccarle il culo: a lei, così grossolana e, sicuramente, ignorante!
Eravamo li, in quella plastica posizione: lei a cavalcioni sulla schiena che mi palpava ed io, da sotto, inarcata, puntellata sulle mani che le offrivo la bocca, girandomi indietro.
Mi ero sollevata con tutte le forze, per il semplice piacere di permetterle di tastare le mie intimità, a suo piacimento.
Sembrava impossibile ma ero sottomessa e incapace di ribellarmi.
Quando ci staccammo, mi resi conto del dramma in cui mi ero cacciata: molti di quelli che ci osservavano arrapati e gaudenti, riprendevano con i telefonini ogni momento della mia capitolazione lesbica. Ma dato che, quella notte maledetta, io non ero più io... dopo averci pensato su per un attimo, ne godetti.
Non c’è che dire: l’eccitazione gioca davvero brutti scherzi alla psiche, ma non era tempo di fare filosofia.
La mia “battaglia” non era affatto finita. Ancora non sapevo che, colei che perde il combattimento doveva essere punita.
Mentre ci rimettevamo in piedi, la ragazza che parlava italiano ci raggiunse, tutta raggiante e sorridente, e ci prese entrambe per mano.
Poi si rivolse al pubblico e iniziò un discorsetto in lingua slava, che gli astanti sembrarono gradire molto, visti i fischi e le urla eccitate che lanciavano.
A me quasi veniva da ridere: accettavo con tranquillità di starmene nuda, tra tutta quella gente sconosciuta che apprezzava il mio corpo, ormai completamente esposto, senza nessuna vergogna come fosse un atteggiamento del tutto naturale.
Avevo perso ogni ritegno e mi sentivo come se non avessi mai fatto altro in vita mia.
Intimamente divertita, ebbi un flashback di tutte le facce di colleghi e di clienti che mi avevano spiata, cercando di non dare nell’occhio, pur di indovinarmi le gambe, il culo o i seni da sotto gli abiti castigati e sobri; quelli che normalmente indossavo durante il lavoro.
Poveretti... avrebbero dovuto vedermi adesso.
Sorrisi a me stessa.
Mentre la ragazza parlava al pubblico, mi sentivo sempre più calata nel personaggio della lottatrice professionista e... perdente.
Ero convinta di aver perso con onore ... e che la fine di quel gioco fosse vicina.
Ascoltai tranquilla la chiacchierata e mi preparai a lasciarmi alle spalle quella stranissima avventura.
13
Un momento dopo, il mio “onore” sarebbe finito nelle fogne di Bratislava.
Ma io non potevo saperlo...
Quella specie di “badante” declamò ad alta voce il nome della vincitrice: Tatiana, sollevandole il braccio in segno di vittoria.
La gente accolse con tripudio la proclamazione, con fischi e applausi che non si placavano.
La ragazza, intanto, approfittando del casino che si era creato, mi si avvicinò e mi carezzò maliziosamente un seno, tastandomelo; stavo quasi per risentirmi, quando lei mi disse a bassa voce, fissandomi profondamente negli occhi:
- Adesso tu sei di Tatiana, sei schiava di lei, stanotte... non ti ribellare. Capito? E’ la regola! – poi sorrise – Ma tu non ti ribellerai, vero? Perché sei puttana, dentro di te. Si vede! – e dopo avermi pizzicato il mento con cattiveria, si voltò, ignorandomi completamente.
Non mi diede il tempo né di rispondere, né di chiarire. Mi arrabbiai molto, arrossendo per il bruciore di quella verità, che lei aveva pronunciato ad alta voce.
Credevo di essere diventata padrona della situazione ... e invece, come uno schiaffo a freddo, mi ricordavano che ero solo una vittima, in quel casino incredibile in cui il maledetto Nunzio, mi aveva cacciata.
Ero una donna adulta e credevo di essere preparata a tutto ma adesso, ai bordi estremi della società civile, mi resi conto che tutto può cambiare intorno a noi, all’improvviso: mai avrei immaginato di provare le emozioni che mi pervasero quella notte.
Ero prostrata.
Le mie certezze erano sfumate in poco meno di un’ora. Tatiana mi aveva vinta e soggiogata.
Ma, contro ogni logica, da quando mi aveva baciata in bocca, non desideravo altro che essere sua. Non m’importava d’altro, in quel momento.
Né di Nunzio, né della gente che guardava e aspettava di assistere allo spettacolo della mia umiliazione... e cosa mai poteva interessarmi di loro? Il piacere nuovo che stavo conoscendo e provando, mi poneva vari metri al di sopra tutti.
Il pericolo che correvo, sperduta in quei vicoli bui, non mi faceva più paura, anzi... mi dava adrenalina.
Era come se avessi scoperto un’altra me stessa, con valori del tutto diversi: nessuna sicurezza, nessuna certezza nel domani... ero una zingara senza nome, che affidava il suo destino nelle mani di una lottatrice lesbica e incattivita.
La mia predisposizione a concedermi a un’altra donna, cosa che mi avrebbe fatto inorridire e vergognare fino a pochi minuti prima, adesso mi sembrava una ulteriore dimostrazione di superiorità... di grandezza.
Mi convinsi che molte delle ragazze presenti, non sarebbero mai state capaci di farlo e, comunque, incapaci di provare le mie stesse emozioni.
Probabilmente, mi dissi arrossendo, stavo sperimentando la stessa gioia che prova un cane a far felice il suo padrone.
Tatiana mi prese per mano, come si fa con i bambini ed io mi lasciai guidare senza opporre alcuna resistenza.
Arretrammo fino al bordo del ring, dove un inserviente ci proiettò addosso la pompa dell’acqua, ripulendoci alla meglio dall’eccesso di fango. Per fortuna era tiepida.
Poi il giovane mi prese in custodia e mi portò dietro le quinte, in un bagnetto abbastanza malridotto.
Mi lasciavo fare tutto... non capivo bene perché ma sapevo di goderne, dato che la mia figa era continuamente bagnata.
Mi fece sedere sul bagno e mi suggerì di fare i miei bisogni. Continuavo ad essere completamente nuda.
Mi infilò sotto una doccia caldissima e mi insaponò rapidamente con un sapone ruvido e sabbioso; con una spugna, frizionò il mio corpo, donandomi una sensazione rigenerante. Un profumo speziato, forse di patchouli, si espandeva nell’aria calda e umida.
Mi asciugò con un telo spugna bianco e pulito e mi riaccompagnò nell’arena, dove il pubblico attendeva di assistere alla mia punizione e di godere delle mie grazie, fino a poche ore prima gelosamente custodite.
14
La musica ritmata lasciò subito il posto ad un pezzo più soft, ricco di arpeggi delicati: il tempo era scandito dal basso e dalla batteria.
Nonostante la nudità, cercai di assumere una posa composta e dignitosa.
Il massaggio dell’acqua e del peeling effettuati dal sapone, avevano avuto sulla mia carnagione un effetto rivitalizzante e piacevole.
Mi sentivo bella e provavo un intimo piacere a mostrarmi senza veli e senza inibizioni: sicura di me nel mostrami non ne perdevo in dignità.
Tatiana mi aspettava seduta su una piccola panca. Anche lei era nuda, sembrava un gladiatore.
Anche lei si era lavata e sistemata, adesso si dimostrava meno brutta e più femminile nelle sue forme, forti e toniche.
Lo spazio su cui avevamo lottato era stato ripulito dalla mota. Le mattonelle erano lucide e sul fondo del quadrato era stato adagiato un piccolo tappetino di gomma, mi ricordava uno di quei “dormi-bene” che si portano in campeggio.
La donna mi squadrò e mi prese per mano, con una sorta di gentilezza determinata.
La sua mano forte mi strinse le dita... non riuscii a capire se quel gesto contenesse un messaggio.
Quello che mi fu chiaro dal primo contatto era che, il desiderio di essere sua, si amplificava all’inverosimile: adesso eravamo vicine e lei mi teneva per mano, senza interferenze e senza traduzioni.
Come una droga potente, questa sensazione di appartenenza, faceva sì che io, da leonessa della “city” mi trasformassi, per mano sua, in una pecorella obbediente. Non soffrivo di questo mio nuovo “status”, anzi, ne gioivo ed ero pronta a prostrami al suo volere con immensa gioia. Ero felice di darle piacere e scodinzolare ai suoi ordini.
Incredibile! Mai provato niente del genere, nemmeno per il primo che mi aveva avuta. Nemmeno per il primo amore di ragazza: mai.
All’angolo del ring c’era una presa d’acqua, di certo serviva per pulire facilmente quello spazio, piastrellato come un mattatoio.
Tatiana mi fece voltare e, cogliendomi impreparata, infilò nel mio retto una cannula. Il gesto fu talmente improvviso che il tubo, non troppo spesso, entrò, senza sforzo tra le mie chiappe.
Mentre ancora cercavo di capire, confusa e rossa di vergogna, mi resi conto che mi stava riempiendo, lentamente, l’intestino di acqua tiepida.
Avrei voluto voltarmi ma lei, con decisione, mi tenne bloccata, prendendomi per il collo. Poi mi sussurrò qualcosa all’orecchio, capii che mi invitava a starmene buona.
Quando la pancia mi sembrava esplodere e l’acqua cominciava a farmi male, la donna, esperta, non me la sfilò.
Mi fece arretrare, con molta difficoltà e impaccio verso la grata di scarico, al centro del piccolo spazio.
Usava la cannetta infissa nell’ano, come un perno, con cui riusciva a comandarmi e a guidarmi. Ero del tutto impotente e avevo il terrore di potermi lacerare l’intestino.
Mi premette sulle spalle per farmi accovacciare. Mentre eseguivo ero incapace di qualsiasi reazione, avevo la pancia piena d’acqua, come un otre teso; essere svergognata davanti a tutti, mi fece bagnare gli occhi di lacrime. Mi aspettavo di tutto ma non quella terribile umiliazione della mia più nascosta intimità.
Quando fui nella giusta posizione, le gambe divaricate e il foro dell’ano direttamente puntato sulla grata di scolo, Tatiana lentamente mi sfilò il tubo dal sedere.
L’acqua, senza più ostacoli, si scaricò dalle mie budella con un fiotto selvaggio prima, poi, successivamente, con una serie di gocciolii, mentre cercavo di liberarmi al più presto da quella costipazione.
Non pensavo di poter contenere tanto liquido nel culo: gli spruzzi sembravano non finire mai.
In cuor mio fui contenta di essermi completamente liberata, prima nel bagno e di non aver peggiorato il mio stato, lubrico e discinto, davanti a quella marmaglia.
Ormai non li vedevo neanche più: la vergogna e le lacrime mi avevano accecata e gli strepiti della loro lussuria, gridata e applaudita, mi giungevano quasi ovattati in quello stato di totale soggezione.
Non avevo mai provato tanto disagio in vita mia, soprattutto quando sentii, comunque, l’odore di budella calde provenire dalla pozza che si era formata sotto di me.
Tatiana mi costrinse in ginocchio, poi a quattro zampe come un cane, e con freddezza tagliente, appena fui in bella vista per tutta la platea, mi cercò nuovamente l’ano con il tubo e mi infilò, ancora una volta, con voluta lentezza.
Ero prona e aperta e, all’inizio, non sentii niente poi, pian piano, mi accorsi di gonfiarmi, come avessi un palloncino in pancia. Ero invasa dal liquido che si insinuava in ogni mio spazio interno, riempiendolo e pressando fino a farmi scoppiare... per un attimo credetti di svenire per la tensione e non capii più niente, perchè mi girava la testa.
Pensai addirittura che mi volesse torturare fino ad uccidermi, mentre mi passava per la testa una certa narrativa BDSM, che mi era capitata sottomano ma non era così.
Lei sapeva perfettamente come il mio buchetto avrebbe risposto a tanta sollecitazione, infatti, un istante dopo, l’acqua trovò una via di fuga, proprio ritornando verso il retto e uscendo facilmente dallo sfintere che, ora dilatato dal tubo stesso, non opponeva nessuna resistenza.
Così, per vari minuti, si innescò dentro me un perverso meccanismo circolatorio: adesso che i miei tessuti non opponevano più alcuna resistenza, pian piano quello sciabordio, che sembrava inarrestabile, mi portò il piacere.
L’acqua non mi faceva più male, la pressione si era bilanciata e sentivo il liquido rimescolarsi nel mio corpo per poi spruzzare, con un suono sguaiato, dal mio buchetto, zampillando intorno e scorrendo sulle mie gambe aperte e sui piedi nudi con un massaggio continuo: caldo, piacevole.
15
Ero troppo stressata, ormai, desideravo solo terminare quella terribile nottata con Tatiana.
Mi accorsi che anche quella pratica schifosa e cruenta, quel clistere fatto da una sconosciuta in un putrido locale di periferia, mi piaceva e mi faceva godere del mio nuovo “status” di schiava e di puttana, totalmente esposta al pubblico giudizio.
Anche quella passò, finalmente.
Mi toccò seguirla, sempre tenuta per mano come una scolaretta in punizione, fino al tappetino in fondo del quadrato.
Finalmente trovai la forza e il coraggio di guardarla.
“Strano” pensai tra me “un’ora fa mi disgustava ora mi pare una dea del Walhalla”.
La donna alzò lo sguardo e mi osservò soddisfatta, le piacevo e ne gioii.
Mi fece voltare su me stessa, guidandomi lentamente, per godersi il mio corpo e, di certo, anche per farlo godere, un’ennesima volta, a tutti i presenti.
Un piccolo brivido mi attraversò la schiena quando mi accorsi che prendeva, dal bordo della pista, un enorme fallo di plastica verde.
Le sue dimensioni erano tali da destare in me un rimestio in pancia e una certa preoccupazione, soprattutto per gli accurati lavaggi anali a cui ero stata sottoposta un momento prima.
Capii che rischiavo grosso... non voglio fare la santarellina e non disdegno il sesso di dietro ma mai avevo preso un fallo grosso come quello che stringeva Tatiana tra le mani: né di plastica, né di carne.
Ne valutai anche la lunghezza che di certo superava il mio avambraccio.
Le luci bianche erano quasi tutte state smorzate, mentre fari colorati illuminavano lo spazio occupato da me a dalla mia aguzzina.
Tatiana mi venne incontro, mi mise la mano sulla spalla come volesse dire: vieni che adesso mi prendo cura di te.
Mi affidò tra le mani il cazzone di gomma, il cui contatto mi diede una scossa eccitante. Valutai quel membro impossibile, non era duro, anzi, era morbido e assecondava i movimenti delle mani.
Al pensiero che la donna me lo avrebbe messo dentro e forse anche di dietro, mi resi conto che di sicuro avrei provato male; nella follia che mi possedeva, invece di soffrirne ... mi convinsi che sarebbe stato stupendo, fatto da lei: perché più mi avrebbe squarciata, più mi sarei sentita in suo potere.
Nel locale si fece silenzio; solo una musica dolce e sensuale si rendeva complice di quella scena segreta.
16
In piedi, l’una di fronte all’altra, pronte ad iniziare un tipo di lotta completamente diversa e, per me, completamente nuova.
Tatiana avvicinò la sua bocca alla mia e, finalmente, mi baciò ancora, a lungo, facendomi sollevare sulle punte dei piedi e portandomi in paradiso.
Questa volta il suo bacio era diverso, meno rabbioso, molto più dolce, adesso che si era lavata e ripulita. Il contatto era molto più sensuale e la sua saliva densa e eccitante, sapeva di cannella.
Quando la sua si ritirò dal mio palato, toccò a me ispezionare con la lingua appuntita la sua bocca, lisciandole i dentini, appiattendomi sotto il palato: volevo che mi notasse, volevo che non dimenticasse mai più il bacio di una vera “signora”.
Ma, mentre succhiavo le sue labbra carnose, pensai che nemmeno io mi sarei mai più scordata di lei e dell’effetto segreto che mi aveva prodotto nell’anima.
Poi, con fare deciso, mi indirizzò la testa verso i suoi seni, porgendomi i capezzoli affinché li assaggiassi.
Si strinse i seni con la mano per tenerli vicini, a portata di labbra, erano duri e carnosi, e me li mise in bocca entrambi; non avevo esperienza, però li ricevetti in bocca volentieri e mentre succhiavo, con la lingua li carezzavo languidamente, ora l’uno, ora l’altro, con un movimento lento e circolare.
Sentivo la mia padrona sussultare, ogni volta che la lingua passava in mezzo ai capezzoli, turgidi e bagnati.
Intanto, con la mano libera, mi agganciò la figa con tre dita, letteralmente le usò come un amo, affondandomi nel bacino e bagnandosi del mio umore, adesso era abbondante e cremoso... da troppo tempo grondavo dall’utero e lubrificavo le mie grandi labbra.
Con un ultimo risucchio doloroso, mi baciò ancora, tirandomi la lingua fuori dalla bocca.
Poi si chinò sul tappeto e si mise lei a quattro zampe, con i genitali bene inarcato verso l’alto, perché tutti li apprezzassero.
Mi chiamò con un gesto della mano e io accorsi, fedele e disponibile. Mi chinai a mia volta dietro lei e, per la prima volta in vita mia, baciai la figa di una donna.
Le cercai il clitoride, scavando tra le grandi labbra, non mi fu difficile perché Tatiana ci sapeva fare e spingeva, con decisione, il bacino verso la mia bocca.
Contrariamente a me, la ragazza non si era lavata accuratamente e una serie di gusti nuovi, mai sentiti, mi invase la bocca: mi riscoprii vogliosa di imparare a conoscerli.
Gli odori mi entravano nel naso, forti e decisi, ed io facevo del mio meglio per assaggiarli, aiutandomi con la lingua: scavavo in quella fregna dilatata e impura, ripulendola con accurate, continue leccate.
Il profumo della sua urina si impregnava sui pori del mio viso, imbrattandoli e marcandomi del suo odore, come fanno i cani.
Dentro di lei dove puntavo la lingua, una patina chiara, leggermente frizzante, mi stuzzicava la libidine ed io la asportavo per inghiottirla, come fosse un nettare delizioso.
Con la punta delle dita, si passò sotto la pancia e mi sollevò il mento, indirizzandomi la bocca verso il buco del suo culo.
Avevo perso ogni ritegno in quel contesto: dare piacere alla mia padrona mi aveva trascinato in un paradiso orgiastico, nel quale tutto era permesso e il buon senso e la vergogna erano banditi.
Tantissime persone mi vedevano accucciata e prona a leccare il culo, rassegnata, di quella vacca. Con la bocca e con la lingua ne godevo, felice di mostrare al mondo la mia metamorfosi, la mia prostrazione.
Il suo fiore scuro era dilatato e rugoso, ero certa che molte volte era stato profanato da cazzi di ogni provenienza.
Più la immaginavo troia, e sporca, e più desideravo leccarle lo sfintere.
Cominciai a praticarle il “petalo di rosa”: un “gioco” volgare che mi era stato raccontato come una battuta da caserma. Ora diventava reale, per me. Spiattellavo la lingua, instancabile, sui due buchetti di Tatiana e, spontaneamente, le succhiavo quel tenerissimo velo di carne che separava il culo dalla fessura femminile.
La donna apprezzava, perché iniziò a mugolare e a sculettare con lentezza, come una mucca al pascolo: beata.
Poi si girò repentinamente, come non riuscisse più a starsene buona: passandomi sotto il viso si sdraiò con la schiena sul tappeto, eccitatissima.
Spalancò i suoi coscioni sodi e, agganciandomi con i polpacci alla nuca, mi trasse di nuovo in figa, con la bocca.
Con le mani mi teneva per le orecchie, come se volesse ribadire che quella che mi stava infliggendo, era la sua punizione.
Mai gogna fu più dolce per la vittima predestinata...
17
II suo orgasmo era vicino perché si dimenava e si inarcava, come se mi volesse dentro con tutta la testa... mentre io, nonostante mi facessero male le mascelle, non abbassavo il ritmo delle leccate pur di farla felice.
Ero talmente presa e avevo perso talmente il senso del pudore, che a, stento, mi accorsi che gli astanti più ardimentosi approfittavano della mia posizione per toccarmi il culo, per infilzarmi una o più dita ora in figa, ora nel sedere.
Donne e uomini, con un sorriso ebete, fingendo di farlo per gioco, davanti a tutti, volevano provare il brivido di toccare i miei punti più proibiti.
Ma non mi importava di nulla, adesso, perché la mia “padrona” mi stava spruzzando in bocca e in faccia un liquido caldo e trasparente: tutta l’eccedenza delle sue ghiandole sovreccitate, trovava sfogo attraverso i suoi stretti meati e mi schizzava in faccia il suo piacere bollente.
Tatiana mi venne in bocca, riempiendomi di estro, più delicato della sborra che, talvolta, avevo cercato di suggere da un maschio, per provare l’emozione dell’ingoio.
Con forza mi trascinò sopra il suo corpo e, continuando a venire sulle mie dita che ancora le frullavano la clitoride, ci baciammo a lungo con passione, tenendoci strette strette.
Il tempo di riprendersi. Il suo fiato affannoso mi entrava nei polmoni ed io… io lo conservavo come un’aria vitale di cui non riuscivo a fare a meno.
Dopo un poco la passione finì e Tatiana lasciò esplodere tutta la sua perversione; certo, per dar spettacolo ma anche per il suo piacere, decise che era il momento di “sacrificarmi” al pubblico pagante: “The show must go on”.
Chissà, pensai, se quelle persone avevano scommesso anche sui rapporti sessuali che avremmo consumato davanti ai loro occhi: non conoscevo quell’ambiente e non sapevo quali perversioni fossero capaci di inventarsi.
Anche se ero convinta che, a modo suo e per pochi istanti mi avesse “amata”, Tatiana si alzò e, con i piedi, mi schiacciò per terra le spalle lasciandomi col sedere all’aria.
Come un cacciatore si mette in posa sulla preda, mi pose la pianta del piede destro sulla spina dorsale, calpestandola e spingendomi verso l’altro piede, cosicché mi trovai le dita del sinistro sotto la bocca.
Non volevo disubbidirle ma proprio non immaginavo cosa fare.
Lei mi punì lo stesso, frustandomi col cazzo di gomma dietro la nuca, usandolo come un manganello.
Allora capii e iniziai a succhiarle le dita di quei piedi dall’odore pungente.
Non feci alcuna resistenza e, vinto il primo momento di disgusto, scesi ancora più in fondo nell’annullamento della mia personalità, leccando e suggendo dito per dito e passando la lingua, accuratamente, negli interstizi di quel suo piede, grosso e poco curato.
Sarei stata pronta a pulirle anche l’altro ma Tatiana aveva altre mire: si era installata sul pube una cintura borchiata, fatta apposta per sostenere il grosso pene verde.
Lo intravidi con la coda dell’occhio: era pendulo e oscillava a testa in giù, come un segugio che cerca la tana della sua preda.
La osservai impotente mentre infilava sul cazzone un profilattico e lo massaggiava per farlo aderire.
Poi, la ragazza calò su di me, sedendosi pesantemente sulle mie cosce che erano ben serrate.
La gente taceva di nuovo... esasperata da quei lunghissimi attimi di passione: attendevano che venissi sfondata.
Tatiana, con entrambe le mani cercava di domare quel cazzo molle e spesso, indirizzandolo, come una serpe, dietro di me.
Speravo di prenderlo in figa, finalmente... era tutta la sera che desideravo un vero orgasmo, pieno, definitivo; ma la donna aveva capito che avevo il culo quasi vergine e questo la eccitava certamente.
Più volte mi tentò il buchetto e altrettante volte, all’ultimo istante, il fallo, unto, scivolò via.
Ma Tatiana non demordeva, anzi... alla fine, la grossa testa verde trovò il mio culo e con la spinta selvaggia delle mani di Tatiana, mi spaccò in due il piccolo orifizio.
Il primo bruciore e il dolore della prima dilatazione forzata, fu tremendo.
Lei, ebbe pietà e lo tirò fuori.
Ma un momento dopo si distese tutta su di me, come fossi il suo materasso, e il cazzo ebbe di nuovo ragione del mio sfintere.
Allargò le sue gambe intorno alle mie e me le strinse, insieme alle chiappe.
Questo non mi aiutava nella dilatazione, al contrario, sentivo il pene in tutto il suo lungo viaggio nel mio corpo.
Tatiana iniziò a fottere con piccoli affondo del bacino. Intanto mi baciava il collo e le orecchie.
Il bruciore era sempre di meno, mentre il movimento sussultorio stimolava la mia fantasia erotica che, ancora una volta, ritornava a cercare il piacere.
Tutti erano arrapatissimi ormai e non pochi, ritirandosi nelle zone in penombra, si masturbavano senza far troppe cerimonie.
Anche prima avevo avuto modo di osservare che anche alcune ragazze si tastavano con le mani sotto le vesti.
Con la mano mi cercai il deretano e vi scoprii il palo, che spingeva nel mio corpo: ne avevo dentro una buona metà e già mi sentivo sfondare.
Per agevolare l’operazione e diminuire la pressione cercai di allargarmi il culo con le dita.
Ma Tatiana era terribile e non si accontentava di ciò che mi aveva già fatto subire: poco dopo mi uscì dal culo con un “plop” e mi tirò per i capelli affinché mi rimettessi in piedi.
18
Non so quale cenno lanciasse per farsi intendere, fatto sta che le sue due amiche ci raggiunsero rapidamente e, lasciandomi molto perplessa riguardo al mio destino, mi presero per le braccia e se le misero attorno al collo, come se volessero trasportarmi di peso; non capivo, riuscivo benissimo a camminare anche da sola, eppure...
In realtà, poi, non ci muovemmo di un passo; con i piedi toccavo agevolmente per terra, però le due donne mi sostenevano ugualmente: fu allora che Tatiana si mise di nuovo dietro di me e cominciò a palpeggiarmi le chiappe facendole ballonzolare alternativamente, schiaffeggiandole senza farmi troppo male.
Queste piacevoli operazioni mi fecero rilassare a dismisura ed io mi abbandonai un po’ tra le braccia delle mie aguzzine.
La ragazza che parlava l’italiano mi introdusse due dita in figa, come per valutare quanto fossi bagnata.
Poi la russa, alle mie spalle, partì all’attacco col suo “ariete” e, posizionata nel modo più idoneo, mi mise la punta del fallo, nuovamente, nell’ano.
Mi aveva già sfondata per bene, poco prima, così non provai alcun male perché il mio culo era ancora molto dilatato.
Disse qualcosa alle ragazze perché, tenendomi in loro potere, mi inarcassero un po’ in avanti, come se fossi affacciata ad un balcone. Poi, come un treno che avanza inesorabile in una galleria, cominciò a profanarmi, sprofondandomi tra le chiappe.
Lenta e inesorabile mi entrava sempre più dentro, senza forzare ma senza fermarsi: ogni sua stantuffata permetteva al dildo di insinuarsi più profondamente.
Capii che aveva deciso di farmelo prendere tutto e rabbrividii al solo pensiero.
Più che dolore, sentii sensazioni mai provate nel mio intestino; probabilmente il budello si adattava al cazzo esagerato, rimestandomi tutta, dentro.
Ormai era una gara tra lei che mi infilzava ed io che soffiavo il fiato per accettare una penetrazione così estrema, mai sperimentata prima.
Quando Tatiana si fermava e lo avevo tutto dentro, mi accorsi che le gambe non mi rispondevano più, per fortuna le due ragazze mi tenevano in piedi, così potevo essere impalata senza correre il rischio di cadere per terra e farmi male. Mi resi conto che il grosso cazzo pressava sui nervi sciatici, addormentando le mie facoltà motorie.
La punta del cazzo mi faceva male nella pancia ma non in maniera insopportabile, era la stessa sensazione che si prova dopo aver ricevuto un pugno nello stomaco. Ma andava bene lo stesso: il piacere che mi aveva invaso era superiore a qualsiasi controindicazione.
Tutti tacevano intorno e guardavano rapiti quella scena tra il piacere e la tortura.
Molti ragazzi adesso avevano i cazzi in mano e si erano messi in prima fila senza provare più nessuna vergogna, ne avrei volentieri succhiato qualcuno, se solo fossi stata in grado di piegarmi.
Tatiana mi faceva tenere immobilizzata per paura di farmi male, mentre compiva quell’inculata estrema e pericolosa.
Un attimo di raccapriccio si impadronì di me e sentii, ancora una volta, la testa girarmi: la russa mi penetrava completamente per alcuni secondi per poi uscirmi, praticamente, tutta dal culo ma, quando me lo spingeva tutto dentro, una bolla tondeggiante compariva all’altezza dell’ombelico... praticamente il grosso fallo mi aveva trapassata completamente. A quella vista, a ogni botta, temevo di venir meno per la paura.
Dopo avermi data una bella dose di colpi, che sembrava non dovessero finire mai, uscì da me definitivamente.
Io non riuscivo a stare in piedi da sola, le ragazze mi sostennero finché non venne portata, nello spiazzo, una panchetta rivestita di similpelle: mi stesero su quella a pancia in su.
Mentre le due donne mi tenevano le gambe alzate come fossimo dal ginecologo, la russa spietata, senza indecisioni, mi infilò nel culo, già spaccato, prima le dita, poi il dorso della mano e, infine, tutto l’avambraccio.
Ancora una volta stavo per perdere i sensi: avevo visto quel tipo di scena solo su qualche foto porno e non credevo si potesse entrare così, nel sedere di qualcuno.
Lei muoveva le dita dentro di me, con l’altra mano mi masturbava e mi frullava la clitoride,
A furia di ricevere quel massaggio incredibile, interno ed esterno, mi rilassai sulla panchetta. Ero completamente nelle mani delle tre troie, e mi eccitava subire: il piacere si impadronì di me, con un calore elettrico che invase ogni mia cellula.
Cominciai a venire con una furia che non avevo mai provato e, per la prima volta in vita mia, vidi sgorgare dalla mia vagina gli spruzzi violenti del cosiddetto “squirting”: un’azione sessuale che non credevo mai di poter compiere.
Venni a lungo, mentre sia io che Tatiana, ci lasciavamo andare in brevi urla sfrenate e liberatorie.
Quando tutto fu finito, Tatiana estrasse il braccio dal mio culo e le ragazze mi mollarono.
Ritornata padrona di me, mi adagiai sulla panca, su un fianco, con la faccia rivolta verso il muro sul retro: per ritrovare le forze, per riprendermi dal martirio subito dai miei tessuti, violentati, dilatati... esausti.
Accucciata sulla panca, sola con me stessa e con addosso mille occhi, mi abbandonai ad un ditalino, privato e meraviglioso.
Mentre continuavo a venire, sentii alcune gocce di potenti spruzzi, arrivarmi da tutte le parti sul corpo, alcune gocce mi bagnarono i capelli e il viso: dall’odore intenso capii che era sperma.
I ragazzi mi stavano sborrando addosso, a turno, facendosi spazio tra la folla; chi era “pronto”, si avvicinava e riversava su di me tutto il suo piacere.
19
Qualche minuto più tardi la musica di compagnia riprese, i gruppetti si sciolsero, la gente iniziò ad andare via.
Mi lasciarono a me stessa, spegnendo le luci su di me, per donarmi un minimo di discrezione.
Lo spettacolo che avevo dato di me era finito e lentamente ritornai alla lucidità.
Non ero pentita né dispiaciuta... per niente!
Ero tutta indolenzita e tremendamente stanca ma paga e felice, per tutta una serie di scoperte che avevo fatto sul mio essere donna e sulla ricerca del piacere.
Credevo di essere arrivata all’apice e, invece, non ero che una neofita nel mondo della perversione, che comunque mi stuzzicava e mi attraeva.
Mi preoccupai per le foto che erano state scattate da quegli sconosciuti ma, ormai, il gioco era fatto e non si poteva più tornare indietro.
Ma che importanza poteva avere, mi chiesi?
Ero la sola padrona di me stessa. Mi conoscevo meglio, adesso, e non avevo alcuna remora a mostrare il mio corpo e la mia sessualità.
Rialzandomi, mi accorsi che qualcuno mi aveva coperta con un accappatoio pulito, che però si era già inzuppato dello sperma, esagerato che mi avevano versato addosso.
Ritornai nel bagnetto, alle spalle del ring, e feci una doccia accurata e piacevole.
Nel bagno, appoggiati accuratamente su un mobiletto di plastica, trovai parte delle mie cose: i calzerotti, gli scarponcini, un coordinato intimo di cotone, ancora sigillato e della mia taglia.
La cosa che mi sorprese di più fu ritrovare i miei jeans più comodi e una maglietta nera: ero certa di aver lasciate quelle cose in albergo. Come erano finite li?
Allora mi ricordai di Nunzio, il ragazzo mi era completamente uscito di testa... ricordai che, quella sera, avevo cominciato da subito a dubitare della sua “buona fede”.
Feci due più due e capii che ero stata portata là apposta: niente era successo per caso e lui, Nunzio, sapeva perfettamente come sarebbe andata, anzi, certamente si era accordato con i gestori del locale, magari prima oppure, appena arrivati.
Provai un lieve senso di repulsione: il mio ragazzo aveva capito bene le mie potenzialità sessuali e non lo biasimavo per avermi portato li ma, adesso…
Come il Principe, secondo Machiavelli, si deve liberare dei suoi sgherri, sentii il bisogno di liberarmi di Nunzio. Ero decisa.
Quando tornai nella sala, lo trovai ad attendermi fuori, con una sorrisetto tra l’innocente e il furbetto; non dissi niente, ero troppo stanca per intavolare una discussione.
Con un po’ di paura constatai che camminavo ancora con le gambe leggermente aperte e avevo la sensazione di colare dal culetto ma, ne ero certa, anche quella sarebbe passata.
Uscendo, attraversammo la sala e davanti al guardaroba incrociai la mia “nemica”, Tatiana.
Anche lei completamente vestita, sorseggiava un liquore trasparente da un largo bicchiere..
Mi rivolse il sorriso di intesa più profondo e sconcertante che mai abbia provato in vita mia e i suoi occhi chiari, mi toccarono l’anima, profondamente.
Si avvicinò e senza dire nulla mi baciò rapidamente sulle labbra: naturalmente, ancora una volta, mi diede la scossa.
Poi si allontanò senza più voltarsi, anche le sue partner si mossero, passandomi affianco e fingendo di ignorarmi completamente.
Mi piacque pensare, romanticamente, che mi aveva attesa apposta, per salutarmi un’ultima volta.
La ragazza del guardaroba, invece, mi si avvicinò discretamente e mi disse, in perfetto italiano, a voce bassa:
- Tatiana desidera che tieni questo, per ricordo! – e mi fece scivolare un oggettino nella mano.
20
Tornammo all’albergo in silenzio, con la luce livida dell’alba che rischiarava le strade deserte; ero spossata.
In camera, mi buttai sul letto e sprofondai nel sonno senza pensare più a niente.
Mi svegliai che erano le quattro del pomeriggio di lunedì.
Al mio fianco, una rosa bianca, confezionata nel cellophane ed un foglietto. Era di Nunzio, diceva che non poteva attardarsi ed era dovuto rientrare presto, per impegni di lavoro.
C’erano poi segnate tutte le indicazioni per tornare in Italia e un biglietto aereo: Vienna – Milano.
Sedetti sul letto rifiutandomi di pensare; un leggero indolenzimento del sedere mi ricordò la notte precedente e il vortice di emozioni che mi aveva travolta: una “voragine” senza fondo mi si aprì nel plesso solare.
Ero ancora vestita, ma senza le scarpe.
Frugai nella tasca dei jeans e ritrovai il dono di Tatiana.
Era un piccolo ciondolo dorato: rappresentava un nodo, il cosiddetto “gassa d’amante”.
Era tenuto da un braccialetto sottile e, stranamente lungo.
Ci misi un attimo per capire che si trattava di una cavigliera...
Il fatto è che non ne avevo mai indossata una: l’ho sempre ritenuta un accessorio poco elegante.
Ripensai a “lei” e a quando mi aveva baciata la prima volta, ricordai il sapore delicato della sua saliva sulla lingua.
Subito dopo, mi concentrai sul rientro in Italia.
Nunzio provò più volte a riconquistarmi ma poi capì... e sparì tra la folla anonima e non si fece più sentire.
Da quella notte movimentata, non ho più rivisto né Tatiana, né le sue amiche ma non mi dimenticherò mai di loro.
Grazie a loro sono cambiata.
Grazie a loro, oggi, mi conosco meglio.
Ogni tanto sbircio sul web, tra i siti video per vedere se spunta qualcosa su di me a mia insaputa... ma i caricamenti sono migliaia ogni giorno e, ormai, la cosa non mi preoccupa neanche più.
So perfettamente che dietro la signora perbene che sono ritornata ad essere, si nasconde una predatrice che sa anche essere, meravigliosamente preda, nel gioco incredibile della passione.
Allora indosso la mia cavigliera, conquistata a caro prezzo, e qualche persona che intuisce e che mi apprezza, la trovo sempre, sulla mia strada.
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