Il capo e le mie amiche

di
genere
etero

Era bellissimo, noi eravamo tutte pazze di lui. E lui era 
il nostro capo. Sapeva di piacere, sapeva che quando 
passava tra le nostre scrivanie lasciava dietro se un 
continuo sbattere di ciglia e piccoli sospiri. Ma non 
aveva mai invitato nessuna di noi a uscire, nemmeno Sonia 
quell'oca giuliva che metteva minigonne vertiginose e 
quando stava davanti a lui puntualmente lasciava cadere 
qualche foglio che si affrettava a raccogliere, mettendo 
in bella mostra tutto quello che stava sotto il misero 
pezzetto di stoffa. Mirko non poteva non guardarla, era 
bella e probabilmente qualche pensierino su di lei l'ha 
fatto. Piaceva anche a me, ma non avevo intenzione di 
mettermi a dare la caccia alla volpe in ufficio, non avevo 
lo stesso coraggio delle mie colleghe. Una sera mi dovetti 
trattenere oltre l'orario. Era venerdì sera, e anche lu i 
era rimasto, lo sapevo perché l'avevo visto entrare nella 
sua stanza ma non l'avevo più visto passare in corridoio. 
Fuori pioveva; uno dei tipici acquazzoni estivi che 
arrivano all'improvviso dopo una calda giornata di sole. 
Ad un tratto mi accorsi che avevo lasciato in macchina i 
documenti che mi servivano per completare una ricerca. 
Uscii a prenderli maledicendo la mia sbadataggine, e la 
pioggia nel giro di pochi secondi mi bagnò completamente. 
Quella mattina avevo indossato una camicia di seta bianca 
e una longhette rossa, ma adesso la camicia sembrava non 
esserci più, tanto era diventata trasparente. Corsi nel 
bagno a cercare un asciugamano per darmi una sistemata.
In quel momento lo vidi; usciva dal suo ufficio, il 
suo sguardo si fissò sul mio corpo avvolto sola da delle 
leggere stoffe bagnate. I miei capezzoli erano turgidi per 
il freddo e sembravano spingere apposta sulla delica ta 
stoffa. Potevo leggere nei suoi occhi quello che in quel 
momento non potevo sentire nei suoi pantaloni. 
Improvvisamente, cominciai a sentirmi bagnata nell'unico 
punto in cui la pioggia non mi aveva raggiunta. Mi 
avvicinai a lui e dissi: "Sono uscita mentre pioveva, 
adesso ho freddo. Se non mi asciugo mi ammalerò..." 
"Sarebbe un peccato che una brava impiegata come lei fosse 
in malattia in questi giorni..." Andò a prendere un 
asciugamano nel bagno e me lo porse: io mi slacciai la 
camicetta davanti a lui e pian piano mi slacciai il 
reggiseno. I miei capezzoli si erano fatti durissimi, lui 
mi passò lì l'asciugamano, poi lo lasciò cadere e mi 
asciugò la pelle con la lingua. Fu un attimo: mi gettò 
sulla scrivania, mi tolse con foga la gonna, mi strappò 
gli slip. Non smetteva di passare la lingua sulla mia 
pelle, finché arrivò in mezzo alle mie cosce. ero 
bagnatissima, lui un uragano. Mi fece venire nel giro di 
pochi minuti, muovendo la lingua come mai nessuno prima 
aveva fatto; mentre stavo venedo, gridando e implorando di 
smetterla tanto la sensazione era forte lui non smetteva, 
aumentando ancora di più il mio piacere. Poi fu il mio 
turno. Lo feci sdraiare per terra, e lo succhiai 
voracemente come se volessi staccarglielo... era duro 
gonfio e pulsante, mi premeva la testa per paura che 
smettessi ma io non ne avevo alcuna intenzione. Continuai, 
succhiai succhiai senza fermarmi guardandolo di tanto in 
tanto per vedere le sue espressioni. Godeva sempre di più, 
era chiaro che nessuno gli aveva mai fatto così. Poi mi 
alzai completamente nuda, gli diedi le spalle e mi misi a 
cavalcioni offrendogli come spettacolo il mio didietro 
che danza ad ogni sua spinta. Sento che il mio sesso pulsa 
sempre più forte, vengo un'altra volta e inta nto continuo 
a muovermi, a montarlo come un animale. M'infila un dito 
nel culo, mi piace e godo ancora. Sento fremere anche lui, 
mi implora di non smettere finché non ce la fa più e mi 
esplode dentro. “Francamente - commenta sorridendo - non 
pensavo di trovare un personale così qualificato...sarebbe 
forse il momento di pensare a qualche gratifica
scritto il
2010-10-08
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