A piedi nudi per l'aeroporto... PT.1
di
Finch
genere
feticismo
Che noi le code! Quel giorno l’aeroporto era particolarmente affollato e i controlli di sicurezza procedevano a rilento, a causa del ponte festivo appena terminato che aveva riempito lo scalo di viaggiatori occasionali poco avvezzi ai protocolli di sicurezza. D’altro canto, invece, vi erano i soliti viaggiatori ricorrenti, “esperti”, e non proprio desiderosi di perdere tempo dietro a famiglie numerose e bambini che si lamentavano.
Giulia era una di loro. Si era laureata in Economia a 24 anni e visti i suoi brillanti risultati era subito stata assunta da un’importante multinazionale, che le aveva affidato la supervisione di una filiale estera e quindi era avvezza a prendere spesso l’aereo, anche due volte a settimana. Fisicamente era sempre stata una persona molto attraente: era più alta e slanciata della media, aveva un seno prosperoso e soprattutto aveva dei magnifici piedi, dei quali lei stessa andava molto orgogliosa, ricoperti sempre da uno smalto rosso, che li rendeva veramente eccitanti, sia nei confronti altrui che di se stessa. Ella non disdegnava, infatti, di fare varie giochetti erotici che li coinvolgevano o di ricoprirli di sperma o altri liquidi organici (anche suoi) non appena capitava l’occasione. Spesso si masturbava con essi, li leccava, o li usava come “posate” per mangiare, o faceva cose che non potremo mai immaginare…
Adorava inoltre camminare scalza, indipendentemente dalla sua passione erotica, non appena era possibile, infatti, toglieva le sue decoltè col tacco, che sempre indossava, camminando a piedi nudi (le calze non le metteva proprio, neanche in inverno) ovunque si trovasse (ogni giorno appena arrivata a casa, ma anche qualche volta in ufficio, in taxi, ma anche nei parchi, centri commerciali e ogni tanto, quando era in vacanza in piccole cittadina o isole, addirittura per la strada).
Aveva sempre fatto così, da quando era andata a vivere da sola, e adesso che di anni ne aveva 35, era una delle più importanti donne in carriera della sua città, anche se era ancora single (anche se detto fra noi non le dispiaceva, poiché approfittava spesso di partner occasionali di ogni tipo e genere, unico requisito la “passione” verso i suoi adorati piedi). Finita questa doverosa premessa, torniamo quindi alla nostra storia.
Quella mattina indossava una camicetta bianca e una corta gonna nera insieme ad un paio di scarpe tacco 12 che, sebbene le dessero fastidio (come qualsiasi tipologia di scarpe), erano gradevoli alla vista e esaltavano la sua figura e quindi, non potendo vivere sempre scalza (visto anche il suo lavoro), sceglieva come male minore. Non indossava altro: il reggiseno erano anni che non lo utilizzava, anche gli slip quando aveva la gonna li evitava, preferendo la comodità, soprattutto quando doveva stare seduta per molto tempo, le calze, poi, non le avrebbe messe neanche sotto tortura.
A causa del suo lavoro era ormai abituata a viaggiare e le piaceva anche, ma le code quelle proprio non le sopportava. Così, per recuperare il tempo perduto, vista la sua “esperienza”, si preparò ai controlli rapidamente e con largo anticipo rispetto alle persone che le stavano accanto. Prima ancora di raggiungere l’inizio del nastro trasportatore, approfittando di uno dei banchi di appoggio precedenti (mentre il signore prima di lei bloccava comunque la fila, per togliere i liquidi dalla valigia) si sistemò per i controlli.
Mise la sua 24 ore in una vaschetta, ne prese una seconda e la riempì con i documenti, il cellulare, la carta d’imbarco, braccialetti, collana e cianfrusaglie varie. Si tolse quindi le scarpe e mise anche quelle, poggiando i suoi piedi nudi sul freddo pavimento dell’aeroporto, mostrando a tutti (anche se nessuno sembrava essere attirato da cotanta bellezza) le sue fantastiche dita colorate di rosso e spandendo nell’aria una deliziosa fragranza. Quest’ultimo passaggio, in realtà, non era neanche necessario, dato che in passato non avevano mai fatto suonare l’allarme, ma per fare in fretta ed evitare problemi, e soprattutto perché le piaceva, le aveva tolte meccanicamente.
Passarono altri dieci minuti e finalmente un turista obeso ebbe una luce verde dal metal detector e l’agente lo fece passare. Era ora il turno di una mamma che teneva per mano il suo bambino e che, dopo aver fatto ripetutamente suonare l’allarme, dovette togliersi le scarpe su indicazione dell’addetto, lamentandosi dell’igiene del pavimento e asserendo che a nessuno sarebbe piaciuto stare in quelle condizioni, nonostante i calzari in plastica che aveva appena indossato. Giulia non poté fare a meno di sorridere e nella fretta notò anche che la signora in questione aveva dei bei piedi, anche lei con smalto rosso, cosa che la fece leggermente eccitare.
Dopo altri venti minuti e un indefinito numero di persone, Giulia poggiò le sue cose sul nastro trasportatore e si accinse a passare dal metal detector. L’agente le offrì i calzari ma lei (direi ovviamente) li rifiutò. L’apparecchio emise una serie di bip, cosa che la stupì, dato che non le capitava da moltissimo tempo e non aveva idea di quale fosse la causa. L’agente (era una donna), vedendola per un istante turbata, la tranquillizzò dicendole che a volte poteva essere un ferretto del reggiseno a far suonare l’allarme e intanto si accinse a perquisirla corporalmente. Inutile dire che ovviamente la causa non era quella, dato che Giulia non lo indossava.
L’agente le palpò i seni scoprendo anche lei che la causa sospetta non poteva essere un ferretto del reggiseno, così si abbasso e tastò per bene la parte inferiore del corpo di Giulia, toccando per bene la vagina e facendola provocandole un grande piacere che le fece irrigidire i capezzoli. Alla fine, mentre Giulia cercava di non far trasparire emozioni, il colpevole venne scoperto, ovvero un fermacapelli che non ricordava di avere messo, e quindi le fu consentito di passare oltre.
Giulia spostò le sue cose su un banco a parte per sistemarsi con calma, senza intralciare ulteriormente la fila. Mentre stava per prendere le sue scarpe, però, le squillò il cellulare così le rimise nella vaschetta, rispose alla chiamata e ne approfittò per farsi una passeggiatina scalza nelle vicinanze, mentre il suo collega la aggiornava sui trend azionari della società.
Terminata la conversazione, raggiunse le sue cose, ma si accorse che le scarpe erano sparite… La carta d’imbarco era spiegazzata, come se qualcuno l’avesse sfilata rapidamente da sotto le altre cose nella vaschetta.
Sul retro, a matita, qualcuno aveva scritto: “Non ti dispiacerà se le tengo un poco io, tanto puoi farne sicuramente a meno e, a quanto ho visto, ti piacerà anche. Non ti preoccupare, goditi l’attesa, ci vediamo a bordo…
FINE PRIMA PARTE
Giulia era una di loro. Si era laureata in Economia a 24 anni e visti i suoi brillanti risultati era subito stata assunta da un’importante multinazionale, che le aveva affidato la supervisione di una filiale estera e quindi era avvezza a prendere spesso l’aereo, anche due volte a settimana. Fisicamente era sempre stata una persona molto attraente: era più alta e slanciata della media, aveva un seno prosperoso e soprattutto aveva dei magnifici piedi, dei quali lei stessa andava molto orgogliosa, ricoperti sempre da uno smalto rosso, che li rendeva veramente eccitanti, sia nei confronti altrui che di se stessa. Ella non disdegnava, infatti, di fare varie giochetti erotici che li coinvolgevano o di ricoprirli di sperma o altri liquidi organici (anche suoi) non appena capitava l’occasione. Spesso si masturbava con essi, li leccava, o li usava come “posate” per mangiare, o faceva cose che non potremo mai immaginare…
Adorava inoltre camminare scalza, indipendentemente dalla sua passione erotica, non appena era possibile, infatti, toglieva le sue decoltè col tacco, che sempre indossava, camminando a piedi nudi (le calze non le metteva proprio, neanche in inverno) ovunque si trovasse (ogni giorno appena arrivata a casa, ma anche qualche volta in ufficio, in taxi, ma anche nei parchi, centri commerciali e ogni tanto, quando era in vacanza in piccole cittadina o isole, addirittura per la strada).
Aveva sempre fatto così, da quando era andata a vivere da sola, e adesso che di anni ne aveva 35, era una delle più importanti donne in carriera della sua città, anche se era ancora single (anche se detto fra noi non le dispiaceva, poiché approfittava spesso di partner occasionali di ogni tipo e genere, unico requisito la “passione” verso i suoi adorati piedi). Finita questa doverosa premessa, torniamo quindi alla nostra storia.
Quella mattina indossava una camicetta bianca e una corta gonna nera insieme ad un paio di scarpe tacco 12 che, sebbene le dessero fastidio (come qualsiasi tipologia di scarpe), erano gradevoli alla vista e esaltavano la sua figura e quindi, non potendo vivere sempre scalza (visto anche il suo lavoro), sceglieva come male minore. Non indossava altro: il reggiseno erano anni che non lo utilizzava, anche gli slip quando aveva la gonna li evitava, preferendo la comodità, soprattutto quando doveva stare seduta per molto tempo, le calze, poi, non le avrebbe messe neanche sotto tortura.
A causa del suo lavoro era ormai abituata a viaggiare e le piaceva anche, ma le code quelle proprio non le sopportava. Così, per recuperare il tempo perduto, vista la sua “esperienza”, si preparò ai controlli rapidamente e con largo anticipo rispetto alle persone che le stavano accanto. Prima ancora di raggiungere l’inizio del nastro trasportatore, approfittando di uno dei banchi di appoggio precedenti (mentre il signore prima di lei bloccava comunque la fila, per togliere i liquidi dalla valigia) si sistemò per i controlli.
Mise la sua 24 ore in una vaschetta, ne prese una seconda e la riempì con i documenti, il cellulare, la carta d’imbarco, braccialetti, collana e cianfrusaglie varie. Si tolse quindi le scarpe e mise anche quelle, poggiando i suoi piedi nudi sul freddo pavimento dell’aeroporto, mostrando a tutti (anche se nessuno sembrava essere attirato da cotanta bellezza) le sue fantastiche dita colorate di rosso e spandendo nell’aria una deliziosa fragranza. Quest’ultimo passaggio, in realtà, non era neanche necessario, dato che in passato non avevano mai fatto suonare l’allarme, ma per fare in fretta ed evitare problemi, e soprattutto perché le piaceva, le aveva tolte meccanicamente.
Passarono altri dieci minuti e finalmente un turista obeso ebbe una luce verde dal metal detector e l’agente lo fece passare. Era ora il turno di una mamma che teneva per mano il suo bambino e che, dopo aver fatto ripetutamente suonare l’allarme, dovette togliersi le scarpe su indicazione dell’addetto, lamentandosi dell’igiene del pavimento e asserendo che a nessuno sarebbe piaciuto stare in quelle condizioni, nonostante i calzari in plastica che aveva appena indossato. Giulia non poté fare a meno di sorridere e nella fretta notò anche che la signora in questione aveva dei bei piedi, anche lei con smalto rosso, cosa che la fece leggermente eccitare.
Dopo altri venti minuti e un indefinito numero di persone, Giulia poggiò le sue cose sul nastro trasportatore e si accinse a passare dal metal detector. L’agente le offrì i calzari ma lei (direi ovviamente) li rifiutò. L’apparecchio emise una serie di bip, cosa che la stupì, dato che non le capitava da moltissimo tempo e non aveva idea di quale fosse la causa. L’agente (era una donna), vedendola per un istante turbata, la tranquillizzò dicendole che a volte poteva essere un ferretto del reggiseno a far suonare l’allarme e intanto si accinse a perquisirla corporalmente. Inutile dire che ovviamente la causa non era quella, dato che Giulia non lo indossava.
L’agente le palpò i seni scoprendo anche lei che la causa sospetta non poteva essere un ferretto del reggiseno, così si abbasso e tastò per bene la parte inferiore del corpo di Giulia, toccando per bene la vagina e facendola provocandole un grande piacere che le fece irrigidire i capezzoli. Alla fine, mentre Giulia cercava di non far trasparire emozioni, il colpevole venne scoperto, ovvero un fermacapelli che non ricordava di avere messo, e quindi le fu consentito di passare oltre.
Giulia spostò le sue cose su un banco a parte per sistemarsi con calma, senza intralciare ulteriormente la fila. Mentre stava per prendere le sue scarpe, però, le squillò il cellulare così le rimise nella vaschetta, rispose alla chiamata e ne approfittò per farsi una passeggiatina scalza nelle vicinanze, mentre il suo collega la aggiornava sui trend azionari della società.
Terminata la conversazione, raggiunse le sue cose, ma si accorse che le scarpe erano sparite… La carta d’imbarco era spiegazzata, come se qualcuno l’avesse sfilata rapidamente da sotto le altre cose nella vaschetta.
Sul retro, a matita, qualcuno aveva scritto: “Non ti dispiacerà se le tengo un poco io, tanto puoi farne sicuramente a meno e, a quanto ho visto, ti piacerà anche. Non ti preoccupare, goditi l’attesa, ci vediamo a bordo…
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