Bondage pesante e umori maschili

di
genere
sadomaso

Trentacinque anni e la possibilità di studiare 4 anni in America, insegnando e scrivendo in una prestigiosa università locale. Abbandonare l’Italia, significava anche rendere rarefatto il rapporto tra me e Bianca, la mia morosa da un paio d’anni. Decidemmo di tentare, con più paure che speranze, ma con anche coraggio e ottimismo.
Arrivato negli USA non seppi resistere: il dipartimento di lettere pullulava di figa e, da buon economista studioso della teoria dei giochi, iniziai le mie strategie per scopare il più possibile. Ricercatrici e studentesse mi trovavano interessante e io mi diedi ad approfonditi studi anatomici, dando sfogo alle voglie del mio cazzo.
Una sera sono a un party fuori Philadelphia, nei sobborghi, per il conseguimento del dottorato di un nostro giovane collega, molto sveglio e dichiarato bisex, iper circondato da fighe che si scopava con gusto e soddisfazione con ogni evidenza. Bevvi molto e pomiciai con due ragazze mulatte, entrambe provviste di tette gonfie e sode. Ero lanciatissimo e incuriosito, anche perché non ero mai stato con ragazze di colore. Continuai a bere, mentre introducevo la mia mano, ballando, ovunque in entrambe. Ero eccitato e continuavo, per far fronte a questa nuova eccitante situazione a tre, a bere. In breve, da vero cretino, per quanto mi sarebbe certamente andata in porto –cosa che mi riprometto di fare-, crollai per il troppo alcool, ubriaco e svitato.
Mi svegliai nudo, con un gran cerchio alla testa, con il petto legato allo schienale di una sedia, le mani dietro i fianchi, anch’esse legate, e le caviglie legate strette, in modo che le gambe fossero abbastanza aperte, alle gambe posteriori della sedia. Ero intontito, ma anche indolenzito dalla posizione scomoda. Quando presi coscienza di tutto, ero allarmato.
Mi tranquillizzai appena quando vidi Mark, il mio giovane collega neo dottorato. Gli chiesi che cazzo stava succedendo. “Eri ubriaco, amico. Non ti potevo portare al campus e sei nella mia umile dimora alla periferia di Philly (come chiamano negli USA Philadelphia). Davi i numeri nel letto e ti ho legato.”, rispose Mark. Gli dissi di slegarmi e che, comunque, non capivo perché legare un ubriaco, nudo peraltro. “Ti ho salvato la faccia, ma non faccio niente per niente. Ora sarai tu a ricambiare il favore, ed è bene che tu non opponga resistenza”. Capii immediatamente cosa intendeva. Gli risposi: “ma sei scemo? Mica sono come te!”. Mi arrivò un malrovescio improvviso che mi sconvolse. Lo insultai e me ne diede un altro. In quella entrò in accappatoio un uomo sui 45, ben piazzato, rossiccio e muscoloso, medio pelo. Mark si era spogliato, restando in mutande. Fisico snello e definito, castano e carnagione chiara, completamente glabro. “Jeremy è fidanzato da anni con una mia amica, io sai come la penso circa sesso e affettività. A noi due piace il sadomaso gay come divertimento. Preparati”. Volevo scappare ed ebbi il cuore in gola. Si spogliarono definitivamente, restando nudi con i cazzi barzotti, certamente più grossi del mio, che comunque non è piccolo. In men che non si dica, chiusero le finestre e rimase solo la luce elettrica e qualche candela che accesero prontamente. Poi si avvicinarono. Jeremy mi sputò addosso e lo mandai prontamente a fanculo, insultandolo. Mi presero entrambi a sberle. Mark afferrò un “gatto a nove code” e iniziò a percuotermi il petto. Soffrivo dannatamente. Poi passò tra le mie urla lo strumento a Jeremy, che continuò. I colpi iniziarono a scendere verso lo stomaco, facendo irrigidire i miei addominali e poi più giù verso l’inguine.
Ero fuori di me dal dolore. Avevo solo una volta vissuto una situazione simile con una mistress, ma stavolta non mi andò in tiro. Accortisi della situazione, i due bastardi cambiarono tattica. Presero le candele e Mark iniziò a rovesciarmi della cera bollente sul petto e sui capezzoli, tenendo il moccolo vicinissimo. Ero sconvolto e urlai mentre i rivoli bollenti scendevano e si solidificavano tra i miei peli. Jeremy mi prese il cazzo in mano e rovesciò cera a fiumi sopra. Il calore della cera, pur nel male, attivò con mio orrore il mio cazzo che iniziò a rizzarsi. Mark rovesciò l’ultima cera caldissima sulla mia cappella e io ebbi un sobbalzo per il dolore. Ero in tiro.
Jeremy riprese la frusta e colpì forte dove aveva pensato sin da principio. Un colpo disordinato mi arrivò alle palle. Ne seguirono altri. Drammaticamente il mio cazzo era durissimo e iniziò a bagnarsi, con loro cattiveria e soddisfazione. Iniziarono gli epiteti, che mi disturbavano molto: “merda, finocchio, schiavo del cazzo”. Mark prese un ball-stretcher, una sorta di pressa a vite, in legno, e me la infilò intorno ai coglioni. Non sapevo che fosse, ma ben presto capii. Fu tremendo, avevo le palle stritolate, ridotte a sottilette. Era dolorosissimo. In tutto ciò loro non toccarono mai il mio corpo e ora, tra le lacrime, avevo le palle imprigionate crudelmente e il cazzo in tiro bagnato.
Fu allora che notai davvero le loro mega erezioni e i cazzi gonfi che già da tempo si trastullavano. Mark si avvicinò con il cazzo a portata di bocca e mi disse: “succhia”. Lo mandai a fanculo: non volevo e mi faceva impressione. Mi mollò due sberle, io imprecai. Con le brutte lo infilò in bocca, sin alla mia gola e iniziò, mettendosi a cavalcioni sopra di me seduto e legato alla sedia, a scoparmi la bocca. Tentai di mordere, ma mi arrivò puntuale da Jeremy che comprese un colpo alla morsa e sobbalzai per il male. Mark indiavolato continuava a scoparmi la bocca. Fu durissima esperienza. A un certo punto ansimante schizzò dentro di me tutto il suo seme, con mio schifo e vergogna. Tenne il cazzo semiduro a svuotarsi e a sgocciolare nella mia trachea. Mi sentivo sfinito, distrutto. Lo tolse e si introdusse, ancor più grosso Jeremy “il rosso”. Mark mi teneva la testa da dietro e quello pompava il suo membro da davanti.
Mi resi conto, vergognandomi di me stesso, che stava per salirmi la mia sborrata, così, usato e con le palle nel ball-stretcher. Iniziai, orripilato, a stringere culo, stomaco e cazzo per evitare di venire. A un certo punto Jeremy sborrò litri di latte bollente e io inevitabilmente venni, con violenza e sofferenza.
Quando i due finirono e si misero davanti a me, videro il mio cazzo ammosciantesi e sgocciolante e per terra. “Cazzo, hai fatto un lago”. “Andate a fanculo, bastardi” risposi umiliato, ferito e furioso. Mi arrivò un’ultima sberla di Jeremy: “Ringraziaci troia, che questo sei. Ti abbiamo fatto venire senza mani. Noi saremo bastardi e bisex, ma tu sei perso, irrimediabilmente. Sappilo.”
Mi lasciarono così, sconvolto e disorientato, legato ma senza morsa per mezzora. Poi mi liberarono e tornai con fatica in taxi al campus.
scritto il
2016-09-26
9 . 3 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

La corda e l'incubo
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.