Desidero solo...
di
fiumara
genere
incesti
Non so se i miei genitori possano definirsi tecnicamente separati: mio padre si è, semplicemente, eclissato, qualche anno fa, lasciando solo un biglietto:
“Tornerò quando sarò più sereno: non cercatemi!”
Mia madre, pur soffrendo, accettò il suo desiderio e lo lasciò fare. Di lui ci arrivavano sporadicamente notizie, a volte qualche soldo, come dall’Australia, o dal Cile; altre volte i soldi li chiedeva lui, come dalla Tasmania. Mia madre ritrovava il sorriso ogni volta che arrivava qualche notizia, per perderlo poi, sempre più lentamente. Continuava a lavorare e ci assicurava una vita dignitosa con il suo lavoro da insegnante, ma senza eccessi, come, in verità, non ce ne erano mai stati, neanche quando c’era papà.
Si avvicinava il giorno del mio 18° compleanno: la domanda che di notte sognavo e che di giorno temevo arrivò, senza grandi giri di parole, come era usuale per lei.
“Federico, non voglio scegliere qualcosa che poi tu farai finta che ti piace per tenermi contenta. Dimmi quello che desideri, purché non costi troppo!”
Credo di essere avvampato e lo sguardo di lei me lo confermò. Provai a recuperare un contegno e, soprattutto, ad articolare una risposta che avesse un minimo di senso.
Mia madre Francesca ha 42 anni: dire che è bellissima è scontato e, probabilmente, neanche vero. È una donna normale, della sua età: ha due seni grandi e sodi ed un bel culo. Ma quello che mi ha sempre fatto sbavare per lei è il suo sguardo dolce: la desidero da sempre, ma ancora di più sogno di vederla scopare, di vederla impegnata in una gangbang, inseguita da cazzi famelici, predata ed esplorata in ogni buco.
Già: il mio sogno! Sì, quello di cui parlavo prima: quella domanda temuta, poi, di giorno. Perché la risposta che avrei voluto dare a mia madre era proprio questa: “Voglio guardare, mamma, mentre ti scopano!”
Non trovai di meglio da dire, lì per lì:
“Ci penserò, mamma!”
Così i giorni passarono e per pensarci ci pensavo, ma l’unica cosa che desideravo veramente era quella che non trovavo il coraggio di confessare. Lei incalzava ed io mi trinceravo.
Poi accadde che una sera che ero un po’ su di giri trovai il coraggio di dire:
“Quello che desidero è inutile che te lo chieda, mamma!”
Cominciò così una specie di rimpiattino:
“Inutile? Costa così tanto?”
“A dir la verità neanche molto.”
“Allora? Qual è il problema?”
“Il problema è che tu dirai no!”
“Lo hai deciso tu? Avrò l’età giusta per decidere da me o no?”
“Hai l’età perfetta!”
“Allora dillo!”
“Facciamo che ora andiamo a letto e poi telo dico domani!”
“Facciamo che me lo dici ora e poi andiamo a letto!”
Ero all’angolo, incapace di uscirne!
“Mi piacerebbe una macchina!” provai.
“E fin qui non ci piove! Nel senso che sai che non possiamo permetterci un’altra macchina, oltre quella che abbiamo. E poi, non hai ancora la patente. Senti, Federico, mi fai proprio sciocca?” la sua voce era dolcissima.
“No, mamma, anzi!”
“E allora smettila di giocare e dimmi quello che ti pesa tanto!”
“E tu… prometti di non arrabbiarti! Non troppo, insomma!”
“Santi numi, Federico! Che sarà mai? Lo prometto, forza. Ma ora smettila davvero e comportati da adulto!”
Mi sembrò preoccupata, come se pensasse che quello che avevo da chiederle si riferisse a qualcosa di già avvenuto, qualcosa che mi avesse cacciato nei guai. Dovevo dirglielo: dovevo liberarla dall’angoscia, che altrimenti l’avrebbe divorata. D’altronde me l’ero cercata: già pensarlo era stato un azzardo, ma arrivare ad un passo dal proporglielo…
“Mamma, mi piacerebbe tanto vederti fare sesso!” lo dissi con una velocità tale, da illudermi che potesse non aver capito. Ed infatti:
“Federico, spero di non aver capito bene!” stavolta era lei ad essere paonazza, ma non per l’imbarazzo. “Vuoi ripetere quel che hai detto, magari sillabando, in modo che anche le mie vecchie orecchie possano cogliere bene il senso delle tue parole?”
Chinai il capo, silenzioso. Ma lei me lo sollevò energicamente, facendo leva con la mano sotto al mento.
“Vuoi ripetere!” insistette.
“Vor rei ve der ti men tre fai ses…”
Una manata in pieno sulla guancia mi impedì di finire la frase: di fronte a me avevo un toro infuriato, che continuava a vomitarmi addosso alitate di rabbia e saliva. Mi strinsi nelle spalle e feci per andare, ma la sua voce, o meglio la voce che usciva dal suo corpo mi trattenne:
“Ed ora cerca di pensare a qualcosa che vorresti per il tuo compleanno, depravato!”
La guardai e, di colpo, ritrovai la mia sicurezza.
“Era l’unica cosa che desideravo. Per il resto, ho tutto quel che mi serve, veramente.” Mi allontanai rapidamente verso la mia camera.
Trascorsero alcuni giorni in cui uscivo solo per andare a scuola. Non mangiavo: mi limitavo a studiare e a dormire: quando lei, ancora irritata, mi chiamava per andare a tavola, rispondevo che non avevo fame e restavo chiuso in camera mia. Così lei si decise a venire, sedette sul letto alle mie spalle, che ero seduto alla scrivania e provò a recuperare un po’ di dolcezza.
“Senti, Federico! Ti sembra una richiesta da fare a tua madre, quella che hai fatto? Ma cosa ti salta in testa?”
“Hai ragione! Ma hai insistito tu perché fossi sincero: davvero, mamma! Io non desidero niente altro. Scusami se ti ho fatto arrabbiare, ma l’unico sogno che ho è vederti presa da più uomini contemporaneamente. Sai che per il resto me la sono sempre cavata da me: con la tua paghetta ed i soldi che riesco a guadagnare lavorando di quando in quando… Insomma, quello che mi serve me lo compro!”
“Addirittura! Neanche uno! Più uomini contemporaneamente. Ma per chi mi hai scambiato? Per una di strada?”
“Non lo dire neanche. Tu, mamma, mi piaci. Non so spiegarti, ma sono convinto che tu saresti brava a farlo con più uomini. Tu sei brava in tutto.”
“Vado, che non voglio arrabbiarmi di nuovo. Pensaci!”
“Non ne ho bisogno! Sto bene così.”
Ricominciammo a parlare, anche se lei, spesso, era in imbarazzo; ricominciai ad uscire dalla mia stanza ed a mangiare.
Poi, improvvisamente, un pomeriggio mi si parò davanti.
“Quello che mi hai chiesto mi costa molto più di una macchina nuova, lo sai?”
“Sì, mamma! Lo so.”
“Sai anche che una macchina potresti continuare ad usarla e questa cosa qui, invece, nasce e muore?”
“Posso immaginarlo!”
“Sai che io non ho la minima intenzione di organizzare una cosa simile, anche perché non saprei da dove cominciare?”
“So anche questo!”
“Allora, fatti ‘sto regalo e non parliamone più!”
Provai ad abbracciarla, ma lei si sottrasse, scomparendo dietro la porta del bagno: pensai che stesse piangendo e per un attimo presi in considerazione l’idea di recedere dai miei propositi. Ma qualcosa, nelle mie mutande, non la pensava allo stesso modo.
Cominciai a navigare sui siti che mi erano abituali, ma stavolta non con il solo scopo di sbirciare le varie milf e coppie disponibili, ma anche e soprattutto nella categoria dei bulls, alla ricerca di quello/i dal profilo giusto o presumibilmente tale.
Mi ci occorsero tre giorni per individuarne uno che sembrasse essere ok. Si chiamava Fausto: il profilo lo descriveva come alto 1,80 m, muscoloso, della nostra zona, di 30 anni. Forse era un po’ giovane, ma quello che scriveva, mi piacque e lo contattai, invitandolo su skype, su un profilo che avevo creato per l’occasione.
Cominciammo a chattare e gli raccontai di essere un ragazzo di 18 anni, con un’amante sposata molto più grande di me e che desideravo vederla impegnata in una gangbang. Lui mi rassicurò su tutto, anche sul fatto che non aveva preclusioni per una donna un po’ più grande di lui e che non aveva difficoltà a creare un gruppetto di ragazzi che mi aiutassero a realizzare i miei sogni. Sottolineò più volte, però, l’importanza che non ci fosse coercizione, almeno nella decisione ultima. Ed io ne convenni.
“Mi piacerebbe che non ci incontrassimo in un motel, o in un B&B: lo trovo squallido!”
“Tranquillo, Fede! Ho una casetta in campagna: non è una reggia, ma è confortevole e appartata.”
“Ottimo: non potevo sperare di meglio. Quando?”
“Quando dovresti dirmelo tu! Io il cazzo ce l’ho sempre in tiro. Ahahahaha!”
“Giusto! Anche a me ora tira di brutto: mi sa che devo spararmi una sega!”
“Non ce l’hai lì, la tua amante? Potresti chiederle un pompino!”
“Magari! Lascia perdere che tra un po’ il cazzo mi scoppia nelle mutande. Facciamo per venerdì della settimana prossima?”
“Vada per venerdì della settimana prossima. Se vuoi vedere la location…”
“Mi piacerebbe! Ma non ho macchina.”
“Passo a prenderti io: ci troviamo in piazza Mazzini. Ho una golf verde pistacchio! Non ridere: è di mia madre!”
“Non sto ridendo. Passi a prendermi oggi? A che ora?”
“No! Oggi non posso: domani alle 4 del pomeriggio.”
“Va bene! A domani, allora!”
“Ok! Ciao!”
“Salta su, dai!” che fosse Fausto non avevo dubbi: una macchina di quel colore non la prendi neanche se tela regalano. La domanda, piuttosto, è come avesse fatto lui ad identificarmi.
“Fausto, piacere! Sei davvero giovanissimo.”
“Piacere, Federico! Te l’avevo detto, no: ho 18 anni!”
“E come hai fatto a rimorchiare ‘sta signora? No, va be’! Scusami! Non sono fatti miei.” Uscì dal paese e prese una strada di campagna, svoltando ancora una volta, prima di inoltrarsi in un frutteto. La casa apparì come dal nulla, dietro una curva. Parcheggiò la macchina e mi fece scendere: era solo una piccola casa di campagna, due stanze, la cucina e il bagno, ma arredata con gusto e, soprattutto, tenuta pulita ed in ordine.
“Mia madre è fissata. Anche se non ci abitiamo, lei viene due volte a settimana a rassettare. È fatta così!
Possiamo accendere il fuoco, più per farci compagnia e bere qualcosa, o anche mangiare, se abbiamo fame! Questo è quello che posso offrire!”
“Va benissimo! Gli altri?”
“Per gli altri garantisco io: quanti?”
“Non tanti: per lei è la prima volta.”
“Allora altri due sono sufficienti. Tu partecipi?”
“No! Io guardo!”
“Allora possiamo fare anche tre. Mio fratello, e due miei cugini: ragazzi a modo, tranquillo.”
“Ok! Ora torniamo.”
“Certo! A venerdì. Casetta, ne vedrai delle belle!”
Il venerdì successivo, all’ora concordata, ci trovammo con Fausto allo stesso posto. Stavolta c’era anche mia madre, con una faccia che non vi dico. Non mi aveva chiesto come vestirsi e non aveva indossato nulla di ricercato o di seducente: aveva una delle sue felpe ed un paio di jeans, che le fasciavano le gambe affusolate: ma per me era un incanto. Avevo provato più volte a prenderle la mano, ma lei si era sempre divincolata.
Fausto si presentò, in maniera gentile e fece finta di non badare alla sua risposta antipatica. Poi ci invitò a salire sulla sua macchina:
“Meglio che andiamo solo con la mia!”
Cercai di fare in modo che mamma sedesse davanti, ma non ci fu verso. Allora presi posto accanto al guidatore, mentre lei si accomodava dietro. Avevo provato a convincerla ad usare un nome fittizio, ma, se aveva accettato di recitare la parte dell’amante, solo per non essere giudicata proprio male, aveva preteso che usassimo il suo nome, per non incorrere in qualche figuraccia.
“Gli altri? Dove sono?”
“Come dice, signora?”
“Mi chiamo Francesca.” Disse, forse in un timido e poco convinto tentativo di rompere il ghiaccio. Forse avrebbe ripetuto la domanda, ma non ne ebbe il tempo, perché eravamo arrivati. Dal comignolo, filava del fumo, nonostante la temperatura fosse abbastanza tiepida.
“Gli altri sono dentro.” Pensai.
Fausto aprì la porta e fece segno a mia madre di entrare: notai la gentilezza del gesto, privo di qualsiasi teatralità. Una volta dentro, Francesca si fece sfuggire un complimento:
“Davvero accogliente! È tua?”
“Della famiglia, diciamo. Possiamo darci del tu?”
“Visto il motivo per cui siamo qui, credo sia doveroso!” la sua voce rimaneva incrinata dalla tensione. “In macchina, chiedevo dove fossero gli altri. Perché devono pur esserci, no?”
“Beviamo qualcosa? Alcolico o analcolico?”
“Leggermente alcolico, grazie! Ma non mi rispondi.”
“Gli altri arriveranno se e quando lo vorremo.” Rispose Fausto, mentre le versava un Amaretto. “Io non ho fretta: spero neanche voi! Mi piacerebbe che ci conoscessimo meglio.”
“In realtà, neanche io ho impegni. Questo signorino, poi… Solo che l’attesa mi distrugge.”
“L’attesa di che? Non è scontato nulla.”
“Già! Scusa! Magari non ti piaccio. È che una donna questo non lo mette mai in conto.”
“Una donna come te non può metterlo in conto. Sei veramente carina ed anche piacevole nella conversazione. Quello che intendo dire è che, se io non ci vedo nulla di male in quello che Federico ti ha proposto, capisco che tu possa pensarla diversamente. Allora, se la tua è solo una naturale paura iniziale della novità, andremo avanti. Altrimenti per me sarà stato davvero un piacere conoscerti.”
Dicendolo, aveva tolto il maglioncino che indossava, rimanendo con una t shirt. Effettivamente, l’ambiente era caldo: ecco perché il caminetto acceso. Anch’io sfilai la mia felpa, tenendo su la mia maglietta di cotone.
“Oddio, vorrei farlo anch’io, ma rimarrei col reggiseno.” Esclamò mia madre, guardandoci.
“Sentiti libera di fare quel che vuoi! Questa casa resta chiusa a lungo e, se non avessi acceso il fuoco, sai l’umidità?”
“Tanto una donna a mare l’avrete vista, no?”
“Forse non così bella!”
“L’ho capito che sai come corteggiare una donna!” dicendolo, Francesca sfilava la felpa, mostrandoci i suoi splendidi seni, coperti solo dal reggiseno. Mi lasciai sfuggire un “Wow!” di stupore e Fausto mi fulminò con lo sguardo. Lui rimase impassibile.
“Mi aspettavo un complimento: di solito si fa in questi casi, no? Si cerca di adulare la preda!”
“Quando c’è una preda! Se avessi tolto la felpa per mostrarmi i tuoi seni, ti assicuro che non sarei rimasto in silenzio. Ma farti un complimento perché ti sei scoperta per il caldo, mi sembrerebbe di violare la tua intimità!”
“Grazie!” mia madre sembrava sinceramente grata di tanta attenzione “Devo dire che sto bene, nonostante non sia riuscita ancora a sciogliere la tensione. Ma sto sentendomi a mio aggio.”
“Se me lo permetti, pur non essendo un professionista, dicono che io sia molto bravo nei massaggi. Non so se può servirti a rilassarti.”
“Una scusa per approcciare?”
“Potrai valutare tu stessa!”
Francesca si lasciò sfuggire un sorriso, mentre Fausto le girava dietro le spalle e cominciava a far scivolare le sue mani sulla schiena. Non so dire quanto fosse esperto, fatto sta che il viso di mia madre assumeva un’espressione meno tesa sempre di più.
“Aspetta!” intimò lei. Le sue mani corsero al ferretto che bloccava il reggiseno e con un gesto deciso lo sganciarono. Anche l’ultimo diaframma tra il nostro sguardo ed i suoi seni era caduto “Ora, se ne hai voglia, un complimento lo puoi fare.”
“Ora ho solo voglia di contemplarli e magari di baciarli. Ma forse mi sto spingendo troppo!”
“Non lo so! Tu provaci: se mi disturba ti fermerò!”
La testa di Fausto scomparve tra i suoi seni: lei non lo fermò. Anzi, dopo qualche attimo, gli afferrò i capelli per trattenerlo lì. Guardavo la lingua di Fausto titillarle i capezzoli, mentre il volto di lei si abbandonava ad un’espressione estatica.
“Gli altri… sono dolci come te?”
“I miei amici li scelgo io: sono dolci, ma soprattutto non penseranno mai male di te! È un gioco che si gioca perché piace a tutti. E non c’è alcuno che possa giudicare l’altro!”
“Ok! Proviamoci!”
Non trascorsero 5 minuti, che la porta si riaprì ed entrarono altri 3 ragazzi, tutti più o meno dell’età di Fausto. Non si presentarono, ma si unirono ai due immediatamente: mia madre ebbe un timido gesto di titubanza, ma ormai Fausto le aveva sciolto i freni ed il desiderio trapelava dal suo sguardo. Sfilò i pantaloni e poi gli slip, offrendo una panoramica della sua fica contornata da un pelo curato. Fausto la fece stendere sul tappeto, proprio vicino al caminetto.
“Voglio essere il primo; voglio sentire il calore del tuo corpo, voglio immergermi in te!”
Mia madre, silenziosamente, stese le braccia per accoglierlo: credo che fu una liberazione anche per lei. In quel momento, capì che non c’era stato un altro uomo dopo papà. Le afferrai la mano: lei mi guardò e sorrise, stringendomela. Gli altri si avvicinarono alla spicciolata, cercando il loro ruolo, più che il loro posto, in qualcosa che sembrava essere andato oltre il sesso.
“Tesoro è meraviglioso. Non avrei mai pensato potesse piacermi così.” Mi diceva lei, tornando subito ad imboccarsi il cazzo di qualcuno. Avevo le palle che mi dolevano per l’eccitazione: mi spogliai anche io. Francesca mi guardò sorridendo e finse di rimbrottarmi, ma senza togliersi dalla bocca il fallo che si stava gustando. Ne uscirono dei suoni gutturali indecifrabili, che suscitarono una generale ilarità.
Fausto si sollevò da lei, si stese e la invitò a cavalcarlo. Lei non se lo fece ripetere. Stavolta fu lui a tendere le braccia, per invitarla a chinarsi ed a baciarlo, permettendo ad un altro, di posizionarsi dietro di lei e di infilarle nella fica un altro cazzo.
“Mamma che bello! Non pensavo di poterne ricevere due, ma è stupendo!” e tornò a soddisfare di bocca gli altri due.
Il primo a venire, fu quello che le era entrato in fica insieme a Fausto: si ritrasse e vomitò una massa enorme di sperma sulla sua schiena. Immediatamente, un altro occupò il suo posto, consentendole di conservare la sensazione dei due cazzi nella pancia. Ed anche questo le eiaculò sulla schiena.
Il terzo, si dimostrò più resistente di tutti, così Fausto fu costretto a sborrarle nella fica.
“Non preoccuparti: non sono in un periodo fertile!” lo tranquillizzò lei, che volle che le rimanesse dentro fino a che anche l’ultimo non la gratificò, inondandola del suo piacere.
Io, nel frattempo, ero stato incapace di trattenermi e mi segavo furiosamente: alcuni dei miei schizzi colpirono mia madre sul volto e pensai che la cosa l’avrebbe fatta infuriare nuovamente. Invece, lei si limitò a guardarmi con una faccia piena di stupore e a canzonarmi, mimando il gesto della mia masturbazione.
Quando ci fummo lavati e rivestiti, gli altri se ne andarono quasi subito. Io, Francesca e Fausto restammo qualche attimo ancora, perché lei voleva parlarci: era in bagno che si ricomponeva un po’. Fausto mi venne vicino:
“Hai una madre fantastica!” mi disse.
“Ma non è mia madre!” continuai a mentire io.
“Già! Scusa.” Fu il suo laconico commento, mentre Francesca ci raggiungeva.
“Volevo ringraziarti!” esordì lei.”Non volevo farlo ed ero convinta che sarebbe stata la giornata più brutta della mia vita: invece sei riuscito a trasformarla in una giornata dolcissima. Non credo ci sarà una seconda volta, ma è importante che io non porti un brutto ricordo della prima.” Lo baciò sulle labbra ed andammo via.
“Tornerò quando sarò più sereno: non cercatemi!”
Mia madre, pur soffrendo, accettò il suo desiderio e lo lasciò fare. Di lui ci arrivavano sporadicamente notizie, a volte qualche soldo, come dall’Australia, o dal Cile; altre volte i soldi li chiedeva lui, come dalla Tasmania. Mia madre ritrovava il sorriso ogni volta che arrivava qualche notizia, per perderlo poi, sempre più lentamente. Continuava a lavorare e ci assicurava una vita dignitosa con il suo lavoro da insegnante, ma senza eccessi, come, in verità, non ce ne erano mai stati, neanche quando c’era papà.
Si avvicinava il giorno del mio 18° compleanno: la domanda che di notte sognavo e che di giorno temevo arrivò, senza grandi giri di parole, come era usuale per lei.
“Federico, non voglio scegliere qualcosa che poi tu farai finta che ti piace per tenermi contenta. Dimmi quello che desideri, purché non costi troppo!”
Credo di essere avvampato e lo sguardo di lei me lo confermò. Provai a recuperare un contegno e, soprattutto, ad articolare una risposta che avesse un minimo di senso.
Mia madre Francesca ha 42 anni: dire che è bellissima è scontato e, probabilmente, neanche vero. È una donna normale, della sua età: ha due seni grandi e sodi ed un bel culo. Ma quello che mi ha sempre fatto sbavare per lei è il suo sguardo dolce: la desidero da sempre, ma ancora di più sogno di vederla scopare, di vederla impegnata in una gangbang, inseguita da cazzi famelici, predata ed esplorata in ogni buco.
Già: il mio sogno! Sì, quello di cui parlavo prima: quella domanda temuta, poi, di giorno. Perché la risposta che avrei voluto dare a mia madre era proprio questa: “Voglio guardare, mamma, mentre ti scopano!”
Non trovai di meglio da dire, lì per lì:
“Ci penserò, mamma!”
Così i giorni passarono e per pensarci ci pensavo, ma l’unica cosa che desideravo veramente era quella che non trovavo il coraggio di confessare. Lei incalzava ed io mi trinceravo.
Poi accadde che una sera che ero un po’ su di giri trovai il coraggio di dire:
“Quello che desidero è inutile che te lo chieda, mamma!”
Cominciò così una specie di rimpiattino:
“Inutile? Costa così tanto?”
“A dir la verità neanche molto.”
“Allora? Qual è il problema?”
“Il problema è che tu dirai no!”
“Lo hai deciso tu? Avrò l’età giusta per decidere da me o no?”
“Hai l’età perfetta!”
“Allora dillo!”
“Facciamo che ora andiamo a letto e poi telo dico domani!”
“Facciamo che me lo dici ora e poi andiamo a letto!”
Ero all’angolo, incapace di uscirne!
“Mi piacerebbe una macchina!” provai.
“E fin qui non ci piove! Nel senso che sai che non possiamo permetterci un’altra macchina, oltre quella che abbiamo. E poi, non hai ancora la patente. Senti, Federico, mi fai proprio sciocca?” la sua voce era dolcissima.
“No, mamma, anzi!”
“E allora smettila di giocare e dimmi quello che ti pesa tanto!”
“E tu… prometti di non arrabbiarti! Non troppo, insomma!”
“Santi numi, Federico! Che sarà mai? Lo prometto, forza. Ma ora smettila davvero e comportati da adulto!”
Mi sembrò preoccupata, come se pensasse che quello che avevo da chiederle si riferisse a qualcosa di già avvenuto, qualcosa che mi avesse cacciato nei guai. Dovevo dirglielo: dovevo liberarla dall’angoscia, che altrimenti l’avrebbe divorata. D’altronde me l’ero cercata: già pensarlo era stato un azzardo, ma arrivare ad un passo dal proporglielo…
“Mamma, mi piacerebbe tanto vederti fare sesso!” lo dissi con una velocità tale, da illudermi che potesse non aver capito. Ed infatti:
“Federico, spero di non aver capito bene!” stavolta era lei ad essere paonazza, ma non per l’imbarazzo. “Vuoi ripetere quel che hai detto, magari sillabando, in modo che anche le mie vecchie orecchie possano cogliere bene il senso delle tue parole?”
Chinai il capo, silenzioso. Ma lei me lo sollevò energicamente, facendo leva con la mano sotto al mento.
“Vuoi ripetere!” insistette.
“Vor rei ve der ti men tre fai ses…”
Una manata in pieno sulla guancia mi impedì di finire la frase: di fronte a me avevo un toro infuriato, che continuava a vomitarmi addosso alitate di rabbia e saliva. Mi strinsi nelle spalle e feci per andare, ma la sua voce, o meglio la voce che usciva dal suo corpo mi trattenne:
“Ed ora cerca di pensare a qualcosa che vorresti per il tuo compleanno, depravato!”
La guardai e, di colpo, ritrovai la mia sicurezza.
“Era l’unica cosa che desideravo. Per il resto, ho tutto quel che mi serve, veramente.” Mi allontanai rapidamente verso la mia camera.
Trascorsero alcuni giorni in cui uscivo solo per andare a scuola. Non mangiavo: mi limitavo a studiare e a dormire: quando lei, ancora irritata, mi chiamava per andare a tavola, rispondevo che non avevo fame e restavo chiuso in camera mia. Così lei si decise a venire, sedette sul letto alle mie spalle, che ero seduto alla scrivania e provò a recuperare un po’ di dolcezza.
“Senti, Federico! Ti sembra una richiesta da fare a tua madre, quella che hai fatto? Ma cosa ti salta in testa?”
“Hai ragione! Ma hai insistito tu perché fossi sincero: davvero, mamma! Io non desidero niente altro. Scusami se ti ho fatto arrabbiare, ma l’unico sogno che ho è vederti presa da più uomini contemporaneamente. Sai che per il resto me la sono sempre cavata da me: con la tua paghetta ed i soldi che riesco a guadagnare lavorando di quando in quando… Insomma, quello che mi serve me lo compro!”
“Addirittura! Neanche uno! Più uomini contemporaneamente. Ma per chi mi hai scambiato? Per una di strada?”
“Non lo dire neanche. Tu, mamma, mi piaci. Non so spiegarti, ma sono convinto che tu saresti brava a farlo con più uomini. Tu sei brava in tutto.”
“Vado, che non voglio arrabbiarmi di nuovo. Pensaci!”
“Non ne ho bisogno! Sto bene così.”
Ricominciammo a parlare, anche se lei, spesso, era in imbarazzo; ricominciai ad uscire dalla mia stanza ed a mangiare.
Poi, improvvisamente, un pomeriggio mi si parò davanti.
“Quello che mi hai chiesto mi costa molto più di una macchina nuova, lo sai?”
“Sì, mamma! Lo so.”
“Sai anche che una macchina potresti continuare ad usarla e questa cosa qui, invece, nasce e muore?”
“Posso immaginarlo!”
“Sai che io non ho la minima intenzione di organizzare una cosa simile, anche perché non saprei da dove cominciare?”
“So anche questo!”
“Allora, fatti ‘sto regalo e non parliamone più!”
Provai ad abbracciarla, ma lei si sottrasse, scomparendo dietro la porta del bagno: pensai che stesse piangendo e per un attimo presi in considerazione l’idea di recedere dai miei propositi. Ma qualcosa, nelle mie mutande, non la pensava allo stesso modo.
Cominciai a navigare sui siti che mi erano abituali, ma stavolta non con il solo scopo di sbirciare le varie milf e coppie disponibili, ma anche e soprattutto nella categoria dei bulls, alla ricerca di quello/i dal profilo giusto o presumibilmente tale.
Mi ci occorsero tre giorni per individuarne uno che sembrasse essere ok. Si chiamava Fausto: il profilo lo descriveva come alto 1,80 m, muscoloso, della nostra zona, di 30 anni. Forse era un po’ giovane, ma quello che scriveva, mi piacque e lo contattai, invitandolo su skype, su un profilo che avevo creato per l’occasione.
Cominciammo a chattare e gli raccontai di essere un ragazzo di 18 anni, con un’amante sposata molto più grande di me e che desideravo vederla impegnata in una gangbang. Lui mi rassicurò su tutto, anche sul fatto che non aveva preclusioni per una donna un po’ più grande di lui e che non aveva difficoltà a creare un gruppetto di ragazzi che mi aiutassero a realizzare i miei sogni. Sottolineò più volte, però, l’importanza che non ci fosse coercizione, almeno nella decisione ultima. Ed io ne convenni.
“Mi piacerebbe che non ci incontrassimo in un motel, o in un B&B: lo trovo squallido!”
“Tranquillo, Fede! Ho una casetta in campagna: non è una reggia, ma è confortevole e appartata.”
“Ottimo: non potevo sperare di meglio. Quando?”
“Quando dovresti dirmelo tu! Io il cazzo ce l’ho sempre in tiro. Ahahahaha!”
“Giusto! Anche a me ora tira di brutto: mi sa che devo spararmi una sega!”
“Non ce l’hai lì, la tua amante? Potresti chiederle un pompino!”
“Magari! Lascia perdere che tra un po’ il cazzo mi scoppia nelle mutande. Facciamo per venerdì della settimana prossima?”
“Vada per venerdì della settimana prossima. Se vuoi vedere la location…”
“Mi piacerebbe! Ma non ho macchina.”
“Passo a prenderti io: ci troviamo in piazza Mazzini. Ho una golf verde pistacchio! Non ridere: è di mia madre!”
“Non sto ridendo. Passi a prendermi oggi? A che ora?”
“No! Oggi non posso: domani alle 4 del pomeriggio.”
“Va bene! A domani, allora!”
“Ok! Ciao!”
“Salta su, dai!” che fosse Fausto non avevo dubbi: una macchina di quel colore non la prendi neanche se tela regalano. La domanda, piuttosto, è come avesse fatto lui ad identificarmi.
“Fausto, piacere! Sei davvero giovanissimo.”
“Piacere, Federico! Te l’avevo detto, no: ho 18 anni!”
“E come hai fatto a rimorchiare ‘sta signora? No, va be’! Scusami! Non sono fatti miei.” Uscì dal paese e prese una strada di campagna, svoltando ancora una volta, prima di inoltrarsi in un frutteto. La casa apparì come dal nulla, dietro una curva. Parcheggiò la macchina e mi fece scendere: era solo una piccola casa di campagna, due stanze, la cucina e il bagno, ma arredata con gusto e, soprattutto, tenuta pulita ed in ordine.
“Mia madre è fissata. Anche se non ci abitiamo, lei viene due volte a settimana a rassettare. È fatta così!
Possiamo accendere il fuoco, più per farci compagnia e bere qualcosa, o anche mangiare, se abbiamo fame! Questo è quello che posso offrire!”
“Va benissimo! Gli altri?”
“Per gli altri garantisco io: quanti?”
“Non tanti: per lei è la prima volta.”
“Allora altri due sono sufficienti. Tu partecipi?”
“No! Io guardo!”
“Allora possiamo fare anche tre. Mio fratello, e due miei cugini: ragazzi a modo, tranquillo.”
“Ok! Ora torniamo.”
“Certo! A venerdì. Casetta, ne vedrai delle belle!”
Il venerdì successivo, all’ora concordata, ci trovammo con Fausto allo stesso posto. Stavolta c’era anche mia madre, con una faccia che non vi dico. Non mi aveva chiesto come vestirsi e non aveva indossato nulla di ricercato o di seducente: aveva una delle sue felpe ed un paio di jeans, che le fasciavano le gambe affusolate: ma per me era un incanto. Avevo provato più volte a prenderle la mano, ma lei si era sempre divincolata.
Fausto si presentò, in maniera gentile e fece finta di non badare alla sua risposta antipatica. Poi ci invitò a salire sulla sua macchina:
“Meglio che andiamo solo con la mia!”
Cercai di fare in modo che mamma sedesse davanti, ma non ci fu verso. Allora presi posto accanto al guidatore, mentre lei si accomodava dietro. Avevo provato a convincerla ad usare un nome fittizio, ma, se aveva accettato di recitare la parte dell’amante, solo per non essere giudicata proprio male, aveva preteso che usassimo il suo nome, per non incorrere in qualche figuraccia.
“Gli altri? Dove sono?”
“Come dice, signora?”
“Mi chiamo Francesca.” Disse, forse in un timido e poco convinto tentativo di rompere il ghiaccio. Forse avrebbe ripetuto la domanda, ma non ne ebbe il tempo, perché eravamo arrivati. Dal comignolo, filava del fumo, nonostante la temperatura fosse abbastanza tiepida.
“Gli altri sono dentro.” Pensai.
Fausto aprì la porta e fece segno a mia madre di entrare: notai la gentilezza del gesto, privo di qualsiasi teatralità. Una volta dentro, Francesca si fece sfuggire un complimento:
“Davvero accogliente! È tua?”
“Della famiglia, diciamo. Possiamo darci del tu?”
“Visto il motivo per cui siamo qui, credo sia doveroso!” la sua voce rimaneva incrinata dalla tensione. “In macchina, chiedevo dove fossero gli altri. Perché devono pur esserci, no?”
“Beviamo qualcosa? Alcolico o analcolico?”
“Leggermente alcolico, grazie! Ma non mi rispondi.”
“Gli altri arriveranno se e quando lo vorremo.” Rispose Fausto, mentre le versava un Amaretto. “Io non ho fretta: spero neanche voi! Mi piacerebbe che ci conoscessimo meglio.”
“In realtà, neanche io ho impegni. Questo signorino, poi… Solo che l’attesa mi distrugge.”
“L’attesa di che? Non è scontato nulla.”
“Già! Scusa! Magari non ti piaccio. È che una donna questo non lo mette mai in conto.”
“Una donna come te non può metterlo in conto. Sei veramente carina ed anche piacevole nella conversazione. Quello che intendo dire è che, se io non ci vedo nulla di male in quello che Federico ti ha proposto, capisco che tu possa pensarla diversamente. Allora, se la tua è solo una naturale paura iniziale della novità, andremo avanti. Altrimenti per me sarà stato davvero un piacere conoscerti.”
Dicendolo, aveva tolto il maglioncino che indossava, rimanendo con una t shirt. Effettivamente, l’ambiente era caldo: ecco perché il caminetto acceso. Anch’io sfilai la mia felpa, tenendo su la mia maglietta di cotone.
“Oddio, vorrei farlo anch’io, ma rimarrei col reggiseno.” Esclamò mia madre, guardandoci.
“Sentiti libera di fare quel che vuoi! Questa casa resta chiusa a lungo e, se non avessi acceso il fuoco, sai l’umidità?”
“Tanto una donna a mare l’avrete vista, no?”
“Forse non così bella!”
“L’ho capito che sai come corteggiare una donna!” dicendolo, Francesca sfilava la felpa, mostrandoci i suoi splendidi seni, coperti solo dal reggiseno. Mi lasciai sfuggire un “Wow!” di stupore e Fausto mi fulminò con lo sguardo. Lui rimase impassibile.
“Mi aspettavo un complimento: di solito si fa in questi casi, no? Si cerca di adulare la preda!”
“Quando c’è una preda! Se avessi tolto la felpa per mostrarmi i tuoi seni, ti assicuro che non sarei rimasto in silenzio. Ma farti un complimento perché ti sei scoperta per il caldo, mi sembrerebbe di violare la tua intimità!”
“Grazie!” mia madre sembrava sinceramente grata di tanta attenzione “Devo dire che sto bene, nonostante non sia riuscita ancora a sciogliere la tensione. Ma sto sentendomi a mio aggio.”
“Se me lo permetti, pur non essendo un professionista, dicono che io sia molto bravo nei massaggi. Non so se può servirti a rilassarti.”
“Una scusa per approcciare?”
“Potrai valutare tu stessa!”
Francesca si lasciò sfuggire un sorriso, mentre Fausto le girava dietro le spalle e cominciava a far scivolare le sue mani sulla schiena. Non so dire quanto fosse esperto, fatto sta che il viso di mia madre assumeva un’espressione meno tesa sempre di più.
“Aspetta!” intimò lei. Le sue mani corsero al ferretto che bloccava il reggiseno e con un gesto deciso lo sganciarono. Anche l’ultimo diaframma tra il nostro sguardo ed i suoi seni era caduto “Ora, se ne hai voglia, un complimento lo puoi fare.”
“Ora ho solo voglia di contemplarli e magari di baciarli. Ma forse mi sto spingendo troppo!”
“Non lo so! Tu provaci: se mi disturba ti fermerò!”
La testa di Fausto scomparve tra i suoi seni: lei non lo fermò. Anzi, dopo qualche attimo, gli afferrò i capelli per trattenerlo lì. Guardavo la lingua di Fausto titillarle i capezzoli, mentre il volto di lei si abbandonava ad un’espressione estatica.
“Gli altri… sono dolci come te?”
“I miei amici li scelgo io: sono dolci, ma soprattutto non penseranno mai male di te! È un gioco che si gioca perché piace a tutti. E non c’è alcuno che possa giudicare l’altro!”
“Ok! Proviamoci!”
Non trascorsero 5 minuti, che la porta si riaprì ed entrarono altri 3 ragazzi, tutti più o meno dell’età di Fausto. Non si presentarono, ma si unirono ai due immediatamente: mia madre ebbe un timido gesto di titubanza, ma ormai Fausto le aveva sciolto i freni ed il desiderio trapelava dal suo sguardo. Sfilò i pantaloni e poi gli slip, offrendo una panoramica della sua fica contornata da un pelo curato. Fausto la fece stendere sul tappeto, proprio vicino al caminetto.
“Voglio essere il primo; voglio sentire il calore del tuo corpo, voglio immergermi in te!”
Mia madre, silenziosamente, stese le braccia per accoglierlo: credo che fu una liberazione anche per lei. In quel momento, capì che non c’era stato un altro uomo dopo papà. Le afferrai la mano: lei mi guardò e sorrise, stringendomela. Gli altri si avvicinarono alla spicciolata, cercando il loro ruolo, più che il loro posto, in qualcosa che sembrava essere andato oltre il sesso.
“Tesoro è meraviglioso. Non avrei mai pensato potesse piacermi così.” Mi diceva lei, tornando subito ad imboccarsi il cazzo di qualcuno. Avevo le palle che mi dolevano per l’eccitazione: mi spogliai anche io. Francesca mi guardò sorridendo e finse di rimbrottarmi, ma senza togliersi dalla bocca il fallo che si stava gustando. Ne uscirono dei suoni gutturali indecifrabili, che suscitarono una generale ilarità.
Fausto si sollevò da lei, si stese e la invitò a cavalcarlo. Lei non se lo fece ripetere. Stavolta fu lui a tendere le braccia, per invitarla a chinarsi ed a baciarlo, permettendo ad un altro, di posizionarsi dietro di lei e di infilarle nella fica un altro cazzo.
“Mamma che bello! Non pensavo di poterne ricevere due, ma è stupendo!” e tornò a soddisfare di bocca gli altri due.
Il primo a venire, fu quello che le era entrato in fica insieme a Fausto: si ritrasse e vomitò una massa enorme di sperma sulla sua schiena. Immediatamente, un altro occupò il suo posto, consentendole di conservare la sensazione dei due cazzi nella pancia. Ed anche questo le eiaculò sulla schiena.
Il terzo, si dimostrò più resistente di tutti, così Fausto fu costretto a sborrarle nella fica.
“Non preoccuparti: non sono in un periodo fertile!” lo tranquillizzò lei, che volle che le rimanesse dentro fino a che anche l’ultimo non la gratificò, inondandola del suo piacere.
Io, nel frattempo, ero stato incapace di trattenermi e mi segavo furiosamente: alcuni dei miei schizzi colpirono mia madre sul volto e pensai che la cosa l’avrebbe fatta infuriare nuovamente. Invece, lei si limitò a guardarmi con una faccia piena di stupore e a canzonarmi, mimando il gesto della mia masturbazione.
Quando ci fummo lavati e rivestiti, gli altri se ne andarono quasi subito. Io, Francesca e Fausto restammo qualche attimo ancora, perché lei voleva parlarci: era in bagno che si ricomponeva un po’. Fausto mi venne vicino:
“Hai una madre fantastica!” mi disse.
“Ma non è mia madre!” continuai a mentire io.
“Già! Scusa.” Fu il suo laconico commento, mentre Francesca ci raggiungeva.
“Volevo ringraziarti!” esordì lei.”Non volevo farlo ed ero convinta che sarebbe stata la giornata più brutta della mia vita: invece sei riuscito a trasformarla in una giornata dolcissima. Non credo ci sarà una seconda volta, ma è importante che io non porti un brutto ricordo della prima.” Lo baciò sulle labbra ed andammo via.
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