La dea Milena - 3a puntata: Il Contratto

di
genere
dominazione

Giulio fu così costretto a sedersi su una sedia in metallo freddissima; fece per emettere un grido di dolore, soprattutto quanto le palle piene di sperma caldo toccarono il freddo metallo, ma ricordando il monito di Alessia, ricacciò il grido in gola.
– Vedo che hai già imparato le regole dello schiavo: quasi tutti quando si siedono su quella sedia gelata gridano! Hai freddo?
– Sì, padrona Monica.
– Lo so, la stanza è volutamente raffreddata per far capire agli schiavi cosa li aspetta. Ti vuoi lamentare schiavo?
– No, padrona Monica. Grazie padrona Monica
– Perfetto, mi hai anche ringraziato, cominciamo bene.
– Questo è il contratto che dovrai firmare se vuoi registrarti e provare ad entrare nell’esclusivo harem della divina Milena: leggilo ad alta voce.
Giulio prese il foglio che gli porgeva Monica e lesse:
“Io sottoscritto Giulio Colombo desidero entrare nell’harem della divina Milena. Sono consapevole che entrando nell’harem:
1. Non ne uscirò prima di un anno dalla data d’ingresso.
2. Accetterò tutte le punizioni ed i trattamenti che mi saranno inflitti senza lamentarmi.
3. Non vi saranno eccezioni ai trattamenti che subirò, anche cruenti, con la sola esclusione di amputazioni di arti, alterazioni dei sensi e della morte.
4. La divina Milena, anche nella persona delle sue assistenti, potranno darmi qualsiasi ordine che io eseguirò.
5. Il mio corpo e la mia mente, dalla data d’ingresso apparteranno esclusivamente allo divina Milena che potrà fare di me qualsiasi cosa le possa procurare piacere, con la sola eccezione di quanto indicato nel punto 3.”
Giulio cercò di riflettere sul contenuto di ciò che avrebbe dovuto firmare, ma il freddo intenso della stanza e la sua nudità non lo facevano concentrare.
– Padrona Monica, mi scusi, ma non ho capito bene fino a che punto dovrò sopportare torture e quali?
– Schiavo, forse non hai letto bene: qualsiasi cosa passi per la mente della divina Milena, escluse amputazioni e la morte. A questo proposito però non hai letto il testo della nota riferita la punto 3.
– “A parziale esemplificazione dei trattamenti a cui potrei essere sottoposto si evidenziano tortura con cera calda in qualsiasi parte del corpo, penetrazione rettale, fustigazione, calci nelle palle, sospensione del corpo con le palle, marchiatura a fuoco, mangiare o bere sostanze e liquidi prodotti dalla divina Milena e dalle sue assistenti, evirazione”.
Giulio impallidì. Era sicuramente pronto a sopportare tutte le torture elencate nella nota; avrebbe, anche se a fatica, bevuto l’urina delle sue padrone, poteva sperare di riuscire a mangiare le feci delle padrone, cercando di soffocare i conati di vomito che probabilmente l’avrebbero colpito, ma essere evirato era troppo!
– Scusi padrona Monica, sarei pronto a firmare anche subito, ma vorrei riflettere qualche giorno sul punto dell’evirazione. Sarò evirato?
– Schiavo, il punto è chiaro. Potresti essere evirato. Se firmi devi sapere che potresti perdere la tua virilità, che d’altra parte non mi sembra poi così evidente: il cazzo che vedo io adesso è al massimo dell’erezione?
– Si, padrona Monica
– Ah, ah, ah. Ha proprio un mini cazzo, penso che lo potrai usare poco, non perdi molto se ti fai togliere le palle. In compenso potrai avere accesso alla divina Milena.
– Ha ragione padrona Monica, spesso le donne ridono e mi prendono in giro quando mi vedono nudo, però mi posso pur sempre fare delle seghe.
– Infatti, ho subito capito che eri un misero segaiolo. Comunque qui dentro potresti servire a qualcosa. Pensaci, hai 3 giorni per decidere: se vuoi entrare nell’harem. Se vuoi proseguire nei prossimi giorni dovrai tagliare i ponti con tutti i tuoi impegni, dovrai presentarti qui alle 9 della mattina di martedì e sapere che per 1 anno sarai recluso in questo stabile senza alcun contatto con l’esterno.
– Ho capito padrona Monica. Ci penserò.
Monica citofonò ad Alessia che entrò nella stanza, slegò la catena di Giulio e lo riportò all’entrata. Qui Giulio ebbe una sorpresa: al centro della reception c’era un giovane uomo nudo, alto, muscoloso e, soprattutto, con un cazzo enorme in erezione. Anch’egli aveva il collare con la catena. Giulio era visibilmente imbarazzato e fece per coprirsi i genitali per evitare il facile paragone. Fu subito apostrofato da Alessia:
– Ti avevo detto che uno schiavo non deve coprirsi il cazzo capito stronzo? Se pensavi di evitare il confronto con il cazzone di questo bello stallone hai fatto una cosa inutile, non c’è paragone.
E così dicendo si avvicinò sensualmente al giovane prendendogli l’enorme mazza con le due mani e massaggiandola avanti e indietro. Continuò:
– Come ti avevo detto la punizione per te sarebbe di 5 calci nelle palle, ma se vuoi io posso convertire in un’altra punizione: dovrai fare un pompino a questo bel ragazzo, così potrà presentarsi a Monica per la registrazione in modo meno scandaloso.
Giulio ci pensò un attimo. I calci nelle palle glieli avrebbe affibbiati Alessia: come Monica anche Alessia indossava stivaloni neri di pelle con tacchi altissimi. Inoltre gli stivali terminavano con una punta affilata. Aveva capito che Alessia moriva dalla voglia di assistere allo spettacolo del pompino tra due maschi, per cui se Giulio avesse scelto i calci, questi sarebbero stati tremendi, forse l’avrebbero fatto svenire. Così optò per succhiare il cazzo.
– Va bene, preferisco il pompino.
– Bene, mettiti in ginocchio davanti a lui e succhiaglielo. Ti avverto che quando ti sborrerà in bocca dovrai bere tutta la sborra.
– Si padrona Alessia
Giulio, sempre più umiliato, si inginocchiò davanti al ragazzo e si mise il cazzo ormai già duro in bocca. Non aveva mai fatto un pompino, però sapeva bene cosa poteva eccitare un maschio. Inoltre sentire quella spada di carne pulsante, calda e umida lo face eccitare. Forse fare un pompino non era poi così male, sicuramente meglio dei calci nelle palle.
Cominciò a lavorare di lingua partendo dalla punta. Aiutandosi con la mano destra scoprì il glande e passò più volte la sua lingua su tutta la superficie.
– Bravo Giulio, sembri una vera troia, ci sai fare dai prendilo tutto in bocca e tu, Carlo, prendigli la testa con le mani e stantuffagli in bocca, è la tua puttana, usala! Ah, ah. E tu Giulio mentre lo spompini guarda Carlo negli occhi!
Sia Giulio che Carlo obbedirono, cosicché Giulio si ritrovò la bocca piena del cazzo di Carlo e fu al limite di soffocare. Carlo, preso dalla frenesia di venire continuava ad entrare ed uscire dalla bocca muovendo la testa di Giulio. Giulio ormai non poteva fare più niente, era in balia della furia di Carlo. Lo stantuffamento durò almeno 10 minuti, un tempo interminabile per Giulio, abituato ad eiaculare dopo meno di un minuto in quella situazione. Carlo invece non veniva, anzi sembrava che il suo cazzo si gonfiasse ancora di più.
Finalmente Carlo venne. Giulio se ne accorse subito che stava per sborrare perché improvvisamente Carlo ridusse il ritmo dei colpi fino a fermarsi ed emise una lunga serie di gemiti di piacere. Giulio sentì uno, due, tre fiotti di liquido caldo che gli riempirono la bocca e la gola. Giulio sentì una sensazione bellissima nel ricevere quei fiotti, anche perché il sapore salato dello sperma di Carlo gli piaceva. Intanto Carlo continuava ad eiaculare, evidentemente era da molto che non scopava. La sborra era così abbondante che cominciò a colare dalla bocca di Giulio. Inoltre poiché Carlo nell’estasi del piacere aveva allontanato leggermente il cazzo dalla bocca di Giulio, un paio degli ultimi fiotti erano finiti sulla faccia di Giulio e sul corpo di Carlo.
Fu così che parte della sborra cadde sul pavimento. A completare il disastro accadde che anche Giulio ebbe un godimento mai provato ed eiaculò, un po’ sul pavimento e un poi sui piedi nudi di Carlo.
Alessia era furiosa:
– Stronzo di uno schiavo, ti avevo detto di bere tutta la sborra e non sporcare. Hai fatto un disastro! Adesso pulisci tutto con la lingua e poi deciderò un’altra punizione.
Giulio obbedì. Raccolse tutte le gocce del pavimento, leccò i piedi di Giulio, aspirando quanto più liquido poteva e gli ripulì il cazzo ancora gocciolante che cominciava ad ammosciarsi.
– Bene, hai ripulito bene. Ti ridurrò l’ultima punizione: un solo calcio nelle palle. Mettiti vicino alla parete con le gambe divaricate.
– Si padrona, Alessia
Alessia si mise davanti a Giulio con mosse lente. Usando dei tocchi con i suoi stivali divaricò ulteriormente le gambe di Giulio. Fece oscillare la gamba destra più volte toccando leggermente i testicoli e la punta del cazzo ormai molle, come per prendere bene la mira. Quindi fece prendere velocità alla gamba, tanto che Giulio, prevedendo la prossima fitta di dolore emise un leggero grugnito strozzato in gola e si piegò leggermente in avanti. In realtà Alessia, con una risata, fermo la punta della scarpa proprio all’altezza della punta del cazzo.
– Era una finta. Decido io quando e come. Tu stai sempre pronto.
Giulio stava sudando. Alessia fece altre quattro finte, poi alla quinta la punta dello stivale colpì con una violenza inaudita entrambe le palle fino a battere sulla base del sedere. Giulio sentì una fitta che gli fece mancare il respiro, si piegò in avanti e stramazzò a terra in posizione fetale. Consapevole di quanto gli aveva detto Alessia prima, non emise alcun grido, ma a terra si contorceva del dolore.
– Ecco cosa succede a chi non obbedisce. Se non avessi le palle non proveresti dolore! Hai qualcosa da dirmi?
– Sì padrona Alessia, grazie padrona.
– Bene, mi sembri sulla strada giusta. Ora ti toglierò il collare e tu potrai andarti a cambiare ed uscire. Tu Carlo vieni con me, ti è piaciuto il servizietto del mio schiavo?
– Sì padrona Alessia.
– Adesso vieni a parlare con Monica, anche se potrei tirarti per il tuo cazzo e non per la catena.
Così dicendo e ridendo portò Carlo nella sala della registrazione.
scritto il
2017-03-07
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