Vapori

di
genere
gay

Vapori! Calde nuvole in sospensione nell'aria avvolgono indistinte figure. In una grotta in penombra, sedili di pietra trasudano gocce d’acqua, condensando la nebbiolina. Negli angoli, faretti soffusi si riflettono sulle rocce, tingendole di una luminescenze azzurrina. A distanza regolare, soffioni di vapore sfiatano di tanto in tanto dalla roccia fessurata, opercoli di grossi cetacei invisibili; avvolgono nella nebbia a mezz'aria i corpi nudi disseminati lungo il perimetro dell’ambiente ovattato. Silenziose ombre siedono.

Manichini senza anima sudano. Qualcuno s’alza lentamente. Automi, cambiano posizione o sedile in una turnazione senza fine. Completamente nude, le membra ritrovano la propria tonicità, riscoprendo le funzioni vitali. Riservato agli uomini, non è un hammam dove ci si può rilassare e concludere affari in amichevole compagnia, assolvendo alle prescrizioni igieniche dettate dalla religione.
È una sala per bagni turchi lontana dall'oriente. Nell'ozio, tra i vapori, adocchi il compagno che più si avvicina ai tuoi gusti. Ne soppesi i glutei, il torace armonioso, il membro pendulo fra le gambe. Dal suo comportamento ti accorgi se è nuovo dell’ambiente. A chi è esperto non s’inturgidisce il membro, contrariamente ai pivelli, ai più giovani, ai più ingenui. Anche lì, l’abitudine fa molto. Un’umanità varia, di tutte le specie, sfila davanti. Rotoli di grasso si sfaldano nel sudore provocato dal calore dell’ambiente. Sui mammelloni, più o meno pelosi, più o meno tonici, si mettono in evidenza capezzoli normali, piccoli, microscopici o robusti. Alti o bassi, muscolosi o diafani, pelosi o glabri i personaggi si susseguono nella sfilata.

L’attesa snerva, ma intriga la possibilità di praticare una scelta. Una elettricità adrenalinica si avverte nell'aria.
Siedi e liberi la vita dall'asciugamano. Cerchi, così, di mettere in bella esposizione la mercanzia di cui sei dotato; anche tu la disponi al meglio per la libera scelta degli acquirenti. È un reciproco adocchiare, valutare, soppesare, ripensare. Poi, il più deciso s’avvicina. Ti sfiora, corpulento, passando a un centimetro di distanza. Lentamente si siede accanto. La contrattazione silenziosa comincia. Evita di guardarti direttamente negli occhi. La sua gamba s’accosta alla tua, mostrando indifferenza. Ricambi il tocco. Le cosce muscolose si sfiorano; combaciano l’una all'altra; il patto è concluso. La mano liscia il muscolo sartorio della gamba, risalendo fino al punto cruciale, dove cresce il frutto carnoso.

L’“organo”, sensibile al tocco, si distende, prende consistenza; si rizza a entrambi. La mano scivola verso l’obiettivo più vicino. La destra dell’uno impugna l’asta, mentre la sinistra dell’altro già accarezza quella del compagno. Incominciano a pulsare irrequieti i due sensibili strumenti di piacere, catturati dalla mano del nemico. Vibrano, godendo docilmente delle carezze loro riservate. La presa, salda e morbida, segue la curvatura della carne che si gonfia nella mano. Ora le membra dei due corpi si stringono,appoggiandosi l’uno contro l’altro.

La mano libera dal gingillo, gioca con i capezzoli, le bocche si cercano. Un primo tocco leggero, d’esplorazione. Le labbra si sfiorano, si soffermano a saggiarne la morbidezza, poi un bacio appassionato le attanaglia. Si distaccano per unirsi subito dopo in un french-kiss. Discreto, morbido, dapprima, poi più profondo, a seconda della collaborazione che si riesce a ottenere dal partner. La tensione aumenta.

L’ansimare si fa acuto, mentre c’è lo scambio di effusioni. La bocca abbandona la consorella; distratta da altre mire, va a sfiorare i capezzoli. Bacia leggera la pelle del collo, discende sul petto; arrotonda il movimento, soffermandosi sull'aureola scura. Percorre tutto il cerchio e titilla con la punta della lingua, leggera, il capezzolo inturgidito. L'oggetto delle tue attenzioni si piega in avanti cercando di contenere l’eccitazione; trattiene la tua testa, obbligandola a sostare contro il petto, perché la tua bocca prolunghi la vertigine che gli procura giocando con il suo capezzolo.

Infervorato, cominci a succhiarlo, lentamente, poi profondamente, continuando ad eccitarlo. È ritto, proteso in avanti. Una leccata piena, un succhio, mordicchi l’estremità: il picciolo non si sottrae, si tende, ingordo dell’attrazione che prova. Il corpo del compagno si abbandona al massaggio delle tue mani, impazzisce di desiderio. Si concede anche se soffre per il freno che si impone per non raggiungere l’orgasmo che vorrebbe protrarre all'infinito. Deve attendere!

Si contorce per la sofferenza inflitta dai morsi leggeri, mentre centellina i vari gradi del piacere. La mano libera scrolla l’albero del bengodi, gravido di liquido prostatico. Filano i bruchi appesi al bozzolo! Le mani, viscide, stimolano il salasso che, da vera tortura, tarda ad arrivare.

Al punto del non ritorno vi fermate. Vi alzate all'unisono, sbuffando per vincere l’eccitazione. I petti respirano affannosamente. Tremano le gambe; sembra che non sostengano il peso dell’eccesso di piacere. Sapete dove andare. Vi dirigete in un luogo appartato, alla ricerca di una vera intimità; finalmente soli! Non più in mezzo agli sguardi allupati che vi hanno radiografato attraverso i vapori, stringendosi a voi che continuavate imperterriti, consci che nessuno avrebbe osato interrompere le vostre effusioni. Chissà cosa avrebbero dato per partecipare al banchetto! Costretti ad accontentarsi solo delle ossa buttate loro: immagini cariche di tensione che con cupidigia spolpavano, mentre si davano all'unico piacere a loro consentito, quello solitario.

L’asciugamano, accostato al corpo, si tende per il membro eretto, mentre uscite dal bagno in cerca della saletta confortevole che vi aspetta. Una lucina rossa, sull'angolo interno della porta, disegna i contorni del letto imbottito in lattice nero, che si appresta ad essere il muto testimone delle vostre effusioni. Vi gettate uno nelle braccia dell’altro come dei lottatori di sumo. Indemoniati, bruciate con la febbre del vostro ardore. Gli asciugamani, a stento trattenuti con una mano, crollano a terra come un sipario strappato. Vigorosi abbracci non più trattenuti dal minimo senso di imbarazzo che vi ostacolava in pubblico, si alternano a strofini profondi dei membri sempre più in tiro. Morsi delicati sulle labbra, lingue flessibili scendono in profondità nella glottide e risalgono come lumache senza guscio.

Sdraiati, ora, gustate la posizione comoda. Le mani sono libere di ispezionare ogni centimetro di pelle, ogni piega, ogni orifizio. E ne abusano nella loro frenesia; oh, se ne abusano! Senza ritegno vi esplorate, l’uno dedito alla scoperta dell’altro, fino quasi a farvi male. La profondità della discesa vi spaventa, sobbalzate ma, ormai, siete uno dell'altro; parti integranti di un unicum. Vi frenate non appena comprendete che il limite sta per essere raggiunto.

Vi baciate appassionatamente ancora e ancora. Due animali in calore che si annusano, si odorano, si cercano, si posizionano meglio per possedersi. I petti si gonfiano sotto la peluria che, più o meno folta, ricopre i punti più sensuali. Si schiacciano uno contro l’altro, finché, il consenziente non può trattenersi più e si concede. Si gira su se stesso, mettendosi in posizione supina. Accetta di pagare l’obolo che gli viene richiesto. È pronto per l’iniziazione. Le gambe si piegano sul letto alle ginocchia, mentre il busto si abbassa; la faccia si schiaccia contro il soffice ripiano. L’obiettivo è in posizione, in alto sulle reni, a portata di tiro. Occhieggia, dilatandosi, l’opercolo, mentre, in attesa, nervosamente, il suo proprietario massaggia l’inquieto, muto testimone del prossimo attacco, sperduto tra le sue gambe. Lo tira, lo distende come massa di fresco impasto.

Freme il novello sposo, prevedendo il prossimo, desiderato incontro. Il predominante s’avvicina ginocchioni sul letto alle spalle del capro sacrificale. Il busto eretto, spalma con assuefatta sapienza il liquido lubrificante sulla sua canna dalla testa fiammeggiante in un carminio cupo. La pelle intorno al glande è tesa come seta per l’afflusso del sangue nei corpi cavernosi.

L’artificiere si prepara; riveste il cannone col profilattico, pronto all'alzo; lubrifica l’obiettivo della sua libidine; lo massaggia provandone la profondità. Lo penetra prima con uno, poi con due e infine con tre dita, molto lentamente, cercando di farlo rilassare; lo manipola; poi, accosta la verga all'ingresso. Attende che il muscolo si rilassi e, con rapida eleganza, fa scivolare senza sforzo il grimaldello all'interno. L’opercolo si schiude per far passare la testa che lo tenta; poi la serra, avviluppandola, con movimento riflesso. Si ferma l’asta mentre lascia che, prono, il ricevente, gusti la sensazione della penetrazione. Non ha fretta. Scivola il glande nel canale ben lubrificato.

L'arma letale riprende ad avanzare, scavando con movimento costante. Strappa sospiri e soffi di soffocato dolore misto a piacere. La sofferenza per la dilatazione forzata diminuisce; si fa sempre più sopportabile, finché una nuova ondata di liquido lubrificante non cola dall'alto e gli allevia completamente le pene. Ora la strada è spianata. Non vi sono più ostacoli. Nel cunicolo oscuro la pressione dell'invadente ospite massaggia e stimola la prostata che, secerne liquido a fiotti, sputandolo all'esterno filamenti corposi come fosse sperma.

Il recettore di tanta abbondanza, il tenero passivo, si danna a massaggiare il suo inutile uccello che, conscio di non poter penetrare nulla, si dispera, cercando altra soddisfazione, pur accettando il difficile destino che la sorte gli ha fornito; lo tira come un elastico, esasperandolo, gonfio e teso nella mano.

Ora l’attacco è profondo. Il passivo sente stretto il morso che lo attanaglia; s’incolla al bacino dell’amico che lo cavalca. Serra le mani attirando a sé le cosce che spingono contro il bacino. All'interno lo strumento di devastazione gli carota senza pietà le viscere. L’asta del ricevente è ritta e rigida; sbava a vuoto. Sembra un semplice fodero dell’asta aggressiva che lo penetra, trapassandolo da parte a parte.

Soggiace il consenziente, curva indietro la schiena nel tentativo di agevolare il compagno che lo squassa; digrigna i denti per resistere più a lungo possibile all'attacco. Il ritmo è frenetico. Le gambe, piegate sulle ginocchia non reggono più la frequenza dei movimenti sussultori del compagno. Scricchiolano, cedono fino a piombare, spiaccicate, sul materassino, mentre il movimento a pompa continua ininterrotto alle sue spalle. L’attivo si ancora ai capezzoli del passivo, mentre rallenta il movimento, nell'attimo fuggente dell'eiaculazione.

Il passivo avverte che il divertimento è agli sgoccioli. Accelera l’ondulazione delle anche compresse dal peso sempre maggiore del corpo che lo schiaccia. Le strizzate del compagno ai capezzoli lo erotizzano sempre più. Fino al punto di essere solo lui a muovere il bacino, mentre si riempie di liquido che dall'ano gli incolla le gambe. Svuotato, il compagno ha ceduto.

Caracolla come svenuto sul puledro che si agita sotto di lui, indifferente alle scrollate che subisce. Finché, contento, si butta su di un fianco.

Chi fin'ora ha subito si gira e, sempre più eccitato, offre il suo gingillo che pretende la sua parte di soddisfazione. Teso e gonfio lo offre alla bocca dell’altro, che, pronto, lo assume, gustando l’odore acre dello sperma, conscio che il piacere va ricambiato per gratitudine verso chi gli ha donato molto di sé. Lo agita lo spreme, fino a che da rigido non diventa un floscio tubo vuoto. Bocconi entrambi ansimano riprendendosi dalle delizie faticose che li hanno sfiancati.

Si toccano, schiaffeggiandosi allegramente le natiche, accompagnando con risolini compiaciuti, fino a riprendersi completamente. Lo scambio di un bacio riconoscente, senza più affanno né adrenalina conclude l’incontro. Riappacificati col mondo, ognuno si arrotola l’asciugamano intorno alla vita e se ne va, ciascuno per proprio conto. Una doccia veloce per togliere gli umori incrostati sul corpo e riprendere la propria strada. Per qualche giorno l'uno avrà il ricordo cocente dell’amplesso da lenire con pomate emollienti, l’altro assaporerà ancora in bocca il sapore amarognolo del muschio che ha dovuto sorbire, fino alla prossima volta. Chissà se si rincontreranno!
scritto il
2017-08-12
2 . 7 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Alma e i suoi uomini

racconto sucessivo

Amanti
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.