Ti osservo, respiro, muoio e vengo
di
eva ma anche adamo
genere
masturbazione
Sono settimane che lo seguo. I miei occhi osservano il suo corpo che si muove fra la folla. Le mie narici odorano il suo profumo di dopobarba mischiato al fumo della sigaretta. Quando le sue labbra carnose accolgono la sigaretta, stringendola in una morsa dal quale non può più sfuggire inizio a mordere le labbra. Le divoro completamente fino a sentire il sapore del sangue che mi riempie la bocca. Ingoio e continuo a tenere gli occhi puntati sulla sigaretta ormai accesa, sul fumo libero nell'aria e sulle labbra. Con la lingua le inumidisce. La mia erezione inizia a sbattere contro la cerniera dei jeans. Lo desidero.
Mentre continua a camminare fra le panchine e l'erba del parco, mi nascondo dietro gli alberi seguendolo. Come un rifugio segreto nel quale perdermi un albero crea un'occasione. La mia visuale è favorita quando decide di sedersi su di una panchina, isolata e messa ai margini. Siamo soli, i nostri respiri riempiono l'ambiente e l'odore di sigaretta mischiato col sesso accoglie il mio pene ormai libero dai jeans e dal tessuto stretto dei boxer. Lo prendo in mano e inizio a masturbarmi. Con la lingua esploro le mie labbra mentre con le dita dell'altra mano mi accarezzo il petto, sento i peli sotto i polpastrelli. Afferro un capezzolo, lo stringo. Gemo e tremo.
Chiudo gli occhi solo per qualche secondo immaginando la sua lingua sul mio glande. Il cuore inizia ad accelerare mentre la mia mano segue movimenti precisi, diretti. La sicurezza mi pervade e in contrapposizione un senso di insicurezza mi fa vacillare le gambe, i piedi. Le braccia. Ingoio la mia saliva sognando di ingoiare un altro sapore. Il suo. Dal petto la mia mano scende sui peli del pube, li accarezzo e li stringo quasi a volerli strappare. Mischio dolore e piacere. Poi sui miei testicoli, duri e pieni. Accarezzo le rotondità, prima lentamente provocandomi brividi e poi con quella violenza giusta e sincera.
Lui è sulla panchina. La cenere cade per terra mentre la sua bocca continua ad accogliere il filtro. Con una mano si tocca il pene. Lo sistema, lo stringe. È virile. È uomo. Questo mi fa impazzire e la mia saliva scende, diretta, feroce sul mio pene. Una, due, tre volte. Sono bagnato di saliva, bagnato di me stesso. Bagnato di sesso. Metto un dito in bocca, lo riempio di saliva, lo immergo completamente dentro la mia bocca. Percorro la mia pelle ed entro nel mio ano. Quando mi sento entrare sussurro il suo nome.
Mi scopo, mi uccido, mi godo guardando lui. Seduto e distaccato ma così uomo. Così eros. Così tutto.
Tutto fa spazio ad un secondo dito. Sono un fiume in piena. Umido e ricco di sensualità. Voglio trasformarmi in cascata. Dalla panchina si alza. Si avvicina ad un cespuglio e inizia a pisciare sull'erba. Il rumore dell'urina sulle foglie e sul terreno mi fa impazzire. Il suo culo nudo, duro, forte. Mi sento come se fossi al centro del suo universo. Mi sento scopato da lui. Con le mie mani, le sue mani, le nostre mani.
Quando si gira e si morde il labbro sento che sto per arrivare. Tolgo le dita dal mio ano e le lecco. Mi assaporo prima di avvicinarle al glande. Vengo. Mi vengo sulla mano mentre lo vedo andare via. Spavaldo. Sicuro.
Forse mi ha visto. Forse sa di me. Forse si diverte nel farmi impazzire. Ogni giorno siede sempre sulla stessa panchina. Ogni giorno, da mesi.
Mi lecco le dita. Mi assaporo.
Quel liquido non sa solo di me.
Ha il suo sapore.
Il nostro sapore.
Per sempre.
Mentre continua a camminare fra le panchine e l'erba del parco, mi nascondo dietro gli alberi seguendolo. Come un rifugio segreto nel quale perdermi un albero crea un'occasione. La mia visuale è favorita quando decide di sedersi su di una panchina, isolata e messa ai margini. Siamo soli, i nostri respiri riempiono l'ambiente e l'odore di sigaretta mischiato col sesso accoglie il mio pene ormai libero dai jeans e dal tessuto stretto dei boxer. Lo prendo in mano e inizio a masturbarmi. Con la lingua esploro le mie labbra mentre con le dita dell'altra mano mi accarezzo il petto, sento i peli sotto i polpastrelli. Afferro un capezzolo, lo stringo. Gemo e tremo.
Chiudo gli occhi solo per qualche secondo immaginando la sua lingua sul mio glande. Il cuore inizia ad accelerare mentre la mia mano segue movimenti precisi, diretti. La sicurezza mi pervade e in contrapposizione un senso di insicurezza mi fa vacillare le gambe, i piedi. Le braccia. Ingoio la mia saliva sognando di ingoiare un altro sapore. Il suo. Dal petto la mia mano scende sui peli del pube, li accarezzo e li stringo quasi a volerli strappare. Mischio dolore e piacere. Poi sui miei testicoli, duri e pieni. Accarezzo le rotondità, prima lentamente provocandomi brividi e poi con quella violenza giusta e sincera.
Lui è sulla panchina. La cenere cade per terra mentre la sua bocca continua ad accogliere il filtro. Con una mano si tocca il pene. Lo sistema, lo stringe. È virile. È uomo. Questo mi fa impazzire e la mia saliva scende, diretta, feroce sul mio pene. Una, due, tre volte. Sono bagnato di saliva, bagnato di me stesso. Bagnato di sesso. Metto un dito in bocca, lo riempio di saliva, lo immergo completamente dentro la mia bocca. Percorro la mia pelle ed entro nel mio ano. Quando mi sento entrare sussurro il suo nome.
Mi scopo, mi uccido, mi godo guardando lui. Seduto e distaccato ma così uomo. Così eros. Così tutto.
Tutto fa spazio ad un secondo dito. Sono un fiume in piena. Umido e ricco di sensualità. Voglio trasformarmi in cascata. Dalla panchina si alza. Si avvicina ad un cespuglio e inizia a pisciare sull'erba. Il rumore dell'urina sulle foglie e sul terreno mi fa impazzire. Il suo culo nudo, duro, forte. Mi sento come se fossi al centro del suo universo. Mi sento scopato da lui. Con le mie mani, le sue mani, le nostre mani.
Quando si gira e si morde il labbro sento che sto per arrivare. Tolgo le dita dal mio ano e le lecco. Mi assaporo prima di avvicinarle al glande. Vengo. Mi vengo sulla mano mentre lo vedo andare via. Spavaldo. Sicuro.
Forse mi ha visto. Forse sa di me. Forse si diverte nel farmi impazzire. Ogni giorno siede sempre sulla stessa panchina. Ogni giorno, da mesi.
Mi lecco le dita. Mi assaporo.
Quel liquido non sa solo di me.
Ha il suo sapore.
Il nostro sapore.
Per sempre.
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