Il bidello
di
Rotondetta
genere
tradimenti
Questo è il mio primo racconto, siate clementi.
Sono da poco diventata una docente di scuola media. Dal sud, dove sono cresciuta, mi sono trasferita in una piccola città del settentrione italiano, proprio per prendere servizio. Non è stato facile, ho dovuto mollare il mio compagno, gli amici e la famiglia, e praticamente ricominciare da capo.
A scuola, i miei colleghi sono tutti più grandi, abbastanza freddi, presi da una competitività che non mi appartiene. Fare amicizia è difficile, sono riuscita a stento a trovare una collega con la quale chiacchierare nelle pause. In cambio, i ragazzi sono meravigliosi, il lavoro duro, ma soddisfacente.
La mia vita sessuale, però, si limita a un paio di messaggi ambigui scambiati col mio tipo, che ispirano una dose masturbatoria massiccia, ma non sono abbastanza. Ecco, inizio a essere davvero vogliosa.
Solitamente, a me piace fantasticare su persone che conosco, o basarmi su episodi accaduti, per aumentare la mia eccitazione. Spesso scrivo queste fantasie su un diario. Poi le rileggo e mi bagno. Lo preferisco ai siti porno. Altre volte leggo i racconti altrui.
Qualche giorno fa, mentre tornavo a casa, ho realizzato di aver lasciato il diario sul tavolo della sala professori. Mi sono bloccata, raggelandomi, e subito ho fatto una corsa tornando sui miei passi. Ho ritrovato il diario lì, dove lo avevo lasciato, ma in sala professori c'era Marco, uno dei bidelli, che puliva.
"Professoressa, salve, ha dimenticato qualcosa?"
"Salve, sì, il mio quaderno, eccolo qui"
Marco guarda il quaderno e sorride malizioso. Non voglio crederci. Arrossisco e spero di essermi sbagliata. Ma lui mi incalza:
"Ah, quindi è suo. Lo avevo sospettato"
"Non capisco..."
"Ha capito benissimo. L'ho letto, e mi sono immaginato che fosse lei ad averlo scritto".
Il mio imbarazzo si trasforma in rabbia, ma anche, lo confesso, in eccitazione.
"Ma come si permette!"
"Si calmi. Ha scritto cose molto belle ed eccitanti. Io la capisco, anche io sono nuovo da queste parti, e mi sento molto solo. E molto desideroso di contatto".
Così dicendo, si avvicina, come per porgermi il quaderno incriminato. Rimango immobilizzata, mentre lui mi mette in mano il diario e con voce bassa mi dice "posssiamo farci un po' compagnia, di tanto in tanto". Vorrei spingerlo via. O forse avvicinarlo. È più grande di me, ma anche più grosso, muscoloso. È un bell'uomo, e odora di bagno schiuma e sudore. Nei suoi pantaloni indovino la forma di un'erezione e questa visione mi eccita incredibilmente. Lentamente, avvicino la mia mano e inizio ad accarezzarlo attraverso i pantaloni.
"Lo sapevo che eri così" dice, con voce bassa e roca.
"Così come?"
"Porca" risponde, e allunga le mani, una verso una delle mie tette, che afferra a stento e l'altra dietro, in direzione culo.
Sono una donna giovane e rotonda. Ho una quinta piena e un culo tondo e sodo. Un po' di pancia, braccia e gambe gradevoli. Un viso da brava ragazza, occhi neri e capelli mossi castano scuro. Labbra carnose, sorriso facile.
Marco mi spinge il suo cazzo contro la mano e stringe forte una chiappa. Con l'altra mano mi cerca il capezzolo e inizia a giocarci. Lo bacio, le nostre labbra si aprono, le lingue si toccano e iniziano a stuzzicarsi. Prendo a succhiare la sua lingua tutta infilata nella mia bocca. Ho voglia di essere scopata forte.
Il bidello si stacca un attimo e si guarda attorno. In sala professori può entrare qualcuno, non possiamo rischiare. Mi conduce fuori, nel corridoio deserto, e da lì, nel magazzino delle scorte. Chiude la porta e mi guarda.
"Quando ero piccolo, avevo una professoressa come te. Con le tette grosse e la faccia graziosa. Mi sono fatto un milione di seghe pensando a lei".
"Adesso è qui davanti a te, la professoressa"
Si abbassa la cerniera e tira fuori il cazzo. È rosa e largo, non lunghissimo, venato, con la punta tonda e lucida. Mi preme su una spalla e mi metto in ginocchio. Lo spazio è poco. Lo prendo in mano e lo massaggio, con la lingua gli lecco le palle. Ho le mutandine fradicie e la fica che mi pulsa. Inizio a leccare la punta, la infilo in bocca e succhio, lo tiro fuori e lo riprendo. Lui mi mette una mano dietro la testa e spinge. Me lo infila tutto in bocca, la punta mi arriva in gola.
"Succhia, professoressa. Ingoiatelo tutto".
Io succhio e lo spingo dentro alla gola, soffocandomi a tratti. Nel frattempo allungo una mano sotto la gonna e mi tocco attraverso le mutandine. Godo e mugolo. Vorrei sentire il suo cazzo dentro alla mia fica.
"Quanto sei porca. Ti piace succhiarlo al bidello?"
"Mmmmmmmh!"
Arrivo al limite e mi stacco. Lo guardo da sotto con occhi imploranti. Mi prende per un braccio e mi fa alzare, mi gira, mi spinge in avanti. Appoggio le mani su uno scaffale e inarco la schiena.
"Così ti voglio scopare, a pecorina. Piegati di più"
Mi abbasso ancora, e spingo il culone in fuori. Lui mi sposta le mutande e mi lecca, un pò le labbra gonfie, un po' il culetto. Ansimo e perdo la testa.
"Continua, sì! Scopati la tua professoressa, dai, sbattimi!"
Punta il cazzo contro la mia fica e spinge, forte, senza delicatezza. Mi riempie. Mi acchiappa i fianchi rotondi e inizia a pompare, soffiando e grugnendo. Mi sbatte, mi prende letteralmente a colpi di minchia, e io sbrodolo sul suo cazzo e sulle mie cosce. Rallenta, mi prende i capelli e tira la testa indietro.
"Ti piace, professoressa?"
"Sìììì"
"E così?" chiede, dandomi uno schiaffo sul culo.
"Sìììì".
"Dillo che sei una porca!"
"Sono una porca! Godo! Sto venendo!"
E mi libero in un orgasmo intenso, tremando e gemendo, e schizzando su di lui e sul pavimento.
"Adesso tocca a me". E tira fuori il pisello, ancora durissimo e lucido dei miei umori. Lo avvicina di nuovo, guidandolo in mezzo alle mie chiappone, verso il buchino.
"No, aspetta, il culo no" ma non faccio in tempo a tirarmi indietro, che mi acchiappa per i fianchi e me lo spinge dentro.
"Ahia! Che dolore", dico turbata. Lui grugnisce e continua a spingere. Sento il culo aprirsi e la fica bagnarsi ancora. Lui allungauna mano e inizia a sgrillettarmi il clitoride.
"Sei proprio una culona porca. Lasciati andare, che ti piace".
E in effetti ricomincio a godere, lo prendo tutto, sento la fica tutta gonfia di nuovo. Il bidello mi sta sopra, con il cazzo tutto spinto dentro al culo, mi fotte forte e continua a dirmi porcate. Io ho perso totalmente il controllo di me e piscio umori caldi sul pavimento come una cagna in calore.
"Ti sto inculando, prof., te lo sto mettendo tutto nel culo!"
"Sì, scopami nel culo! Fammi male! Spingi!"
"Porca! Sei la mia professoressa porca! Dai che tra poco ti sborro in culo!"
Quella volgarità mista al dolore e al piacere ci fa raggiungere il culmine contemporaneamente. Lo sento ansimare forte e sento le scariche di sperma bollentr riempirmi il culo, e in quel momento vengo di nuovo.
Ci ricomponiamo, senza guardarci troppo. Lui poi sorride e mi dice "Professoressa, adesso vado a ripulire le aule. A domani"
"A domani" rispondo, con voce incerta.
Sono da poco diventata una docente di scuola media. Dal sud, dove sono cresciuta, mi sono trasferita in una piccola città del settentrione italiano, proprio per prendere servizio. Non è stato facile, ho dovuto mollare il mio compagno, gli amici e la famiglia, e praticamente ricominciare da capo.
A scuola, i miei colleghi sono tutti più grandi, abbastanza freddi, presi da una competitività che non mi appartiene. Fare amicizia è difficile, sono riuscita a stento a trovare una collega con la quale chiacchierare nelle pause. In cambio, i ragazzi sono meravigliosi, il lavoro duro, ma soddisfacente.
La mia vita sessuale, però, si limita a un paio di messaggi ambigui scambiati col mio tipo, che ispirano una dose masturbatoria massiccia, ma non sono abbastanza. Ecco, inizio a essere davvero vogliosa.
Solitamente, a me piace fantasticare su persone che conosco, o basarmi su episodi accaduti, per aumentare la mia eccitazione. Spesso scrivo queste fantasie su un diario. Poi le rileggo e mi bagno. Lo preferisco ai siti porno. Altre volte leggo i racconti altrui.
Qualche giorno fa, mentre tornavo a casa, ho realizzato di aver lasciato il diario sul tavolo della sala professori. Mi sono bloccata, raggelandomi, e subito ho fatto una corsa tornando sui miei passi. Ho ritrovato il diario lì, dove lo avevo lasciato, ma in sala professori c'era Marco, uno dei bidelli, che puliva.
"Professoressa, salve, ha dimenticato qualcosa?"
"Salve, sì, il mio quaderno, eccolo qui"
Marco guarda il quaderno e sorride malizioso. Non voglio crederci. Arrossisco e spero di essermi sbagliata. Ma lui mi incalza:
"Ah, quindi è suo. Lo avevo sospettato"
"Non capisco..."
"Ha capito benissimo. L'ho letto, e mi sono immaginato che fosse lei ad averlo scritto".
Il mio imbarazzo si trasforma in rabbia, ma anche, lo confesso, in eccitazione.
"Ma come si permette!"
"Si calmi. Ha scritto cose molto belle ed eccitanti. Io la capisco, anche io sono nuovo da queste parti, e mi sento molto solo. E molto desideroso di contatto".
Così dicendo, si avvicina, come per porgermi il quaderno incriminato. Rimango immobilizzata, mentre lui mi mette in mano il diario e con voce bassa mi dice "posssiamo farci un po' compagnia, di tanto in tanto". Vorrei spingerlo via. O forse avvicinarlo. È più grande di me, ma anche più grosso, muscoloso. È un bell'uomo, e odora di bagno schiuma e sudore. Nei suoi pantaloni indovino la forma di un'erezione e questa visione mi eccita incredibilmente. Lentamente, avvicino la mia mano e inizio ad accarezzarlo attraverso i pantaloni.
"Lo sapevo che eri così" dice, con voce bassa e roca.
"Così come?"
"Porca" risponde, e allunga le mani, una verso una delle mie tette, che afferra a stento e l'altra dietro, in direzione culo.
Sono una donna giovane e rotonda. Ho una quinta piena e un culo tondo e sodo. Un po' di pancia, braccia e gambe gradevoli. Un viso da brava ragazza, occhi neri e capelli mossi castano scuro. Labbra carnose, sorriso facile.
Marco mi spinge il suo cazzo contro la mano e stringe forte una chiappa. Con l'altra mano mi cerca il capezzolo e inizia a giocarci. Lo bacio, le nostre labbra si aprono, le lingue si toccano e iniziano a stuzzicarsi. Prendo a succhiare la sua lingua tutta infilata nella mia bocca. Ho voglia di essere scopata forte.
Il bidello si stacca un attimo e si guarda attorno. In sala professori può entrare qualcuno, non possiamo rischiare. Mi conduce fuori, nel corridoio deserto, e da lì, nel magazzino delle scorte. Chiude la porta e mi guarda.
"Quando ero piccolo, avevo una professoressa come te. Con le tette grosse e la faccia graziosa. Mi sono fatto un milione di seghe pensando a lei".
"Adesso è qui davanti a te, la professoressa"
Si abbassa la cerniera e tira fuori il cazzo. È rosa e largo, non lunghissimo, venato, con la punta tonda e lucida. Mi preme su una spalla e mi metto in ginocchio. Lo spazio è poco. Lo prendo in mano e lo massaggio, con la lingua gli lecco le palle. Ho le mutandine fradicie e la fica che mi pulsa. Inizio a leccare la punta, la infilo in bocca e succhio, lo tiro fuori e lo riprendo. Lui mi mette una mano dietro la testa e spinge. Me lo infila tutto in bocca, la punta mi arriva in gola.
"Succhia, professoressa. Ingoiatelo tutto".
Io succhio e lo spingo dentro alla gola, soffocandomi a tratti. Nel frattempo allungo una mano sotto la gonna e mi tocco attraverso le mutandine. Godo e mugolo. Vorrei sentire il suo cazzo dentro alla mia fica.
"Quanto sei porca. Ti piace succhiarlo al bidello?"
"Mmmmmmmh!"
Arrivo al limite e mi stacco. Lo guardo da sotto con occhi imploranti. Mi prende per un braccio e mi fa alzare, mi gira, mi spinge in avanti. Appoggio le mani su uno scaffale e inarco la schiena.
"Così ti voglio scopare, a pecorina. Piegati di più"
Mi abbasso ancora, e spingo il culone in fuori. Lui mi sposta le mutande e mi lecca, un pò le labbra gonfie, un po' il culetto. Ansimo e perdo la testa.
"Continua, sì! Scopati la tua professoressa, dai, sbattimi!"
Punta il cazzo contro la mia fica e spinge, forte, senza delicatezza. Mi riempie. Mi acchiappa i fianchi rotondi e inizia a pompare, soffiando e grugnendo. Mi sbatte, mi prende letteralmente a colpi di minchia, e io sbrodolo sul suo cazzo e sulle mie cosce. Rallenta, mi prende i capelli e tira la testa indietro.
"Ti piace, professoressa?"
"Sìììì"
"E così?" chiede, dandomi uno schiaffo sul culo.
"Sìììì".
"Dillo che sei una porca!"
"Sono una porca! Godo! Sto venendo!"
E mi libero in un orgasmo intenso, tremando e gemendo, e schizzando su di lui e sul pavimento.
"Adesso tocca a me". E tira fuori il pisello, ancora durissimo e lucido dei miei umori. Lo avvicina di nuovo, guidandolo in mezzo alle mie chiappone, verso il buchino.
"No, aspetta, il culo no" ma non faccio in tempo a tirarmi indietro, che mi acchiappa per i fianchi e me lo spinge dentro.
"Ahia! Che dolore", dico turbata. Lui grugnisce e continua a spingere. Sento il culo aprirsi e la fica bagnarsi ancora. Lui allungauna mano e inizia a sgrillettarmi il clitoride.
"Sei proprio una culona porca. Lasciati andare, che ti piace".
E in effetti ricomincio a godere, lo prendo tutto, sento la fica tutta gonfia di nuovo. Il bidello mi sta sopra, con il cazzo tutto spinto dentro al culo, mi fotte forte e continua a dirmi porcate. Io ho perso totalmente il controllo di me e piscio umori caldi sul pavimento come una cagna in calore.
"Ti sto inculando, prof., te lo sto mettendo tutto nel culo!"
"Sì, scopami nel culo! Fammi male! Spingi!"
"Porca! Sei la mia professoressa porca! Dai che tra poco ti sborro in culo!"
Quella volgarità mista al dolore e al piacere ci fa raggiungere il culmine contemporaneamente. Lo sento ansimare forte e sento le scariche di sperma bollentr riempirmi il culo, e in quel momento vengo di nuovo.
Ci ricomponiamo, senza guardarci troppo. Lui poi sorride e mi dice "Professoressa, adesso vado a ripulire le aule. A domani"
"A domani" rispondo, con voce incerta.
1
voti
voti
valutazione
3
3
Commenti dei lettori al racconto erotico