Stavolta si è fidato troppo
di
Pzero
genere
etero
Salve, sono Paolo e da due mesi a questa parte ho scoperto questo sito davvero interessante. Non avrei però mai immaginato di poter scrivere una storia tutta mia. Di certo, esperienze con l'altro sesso ne abbiamo avute tutti, ma ci sono esperienze davvero particolari tali da dover essere condivise. Ho 22 anni e vivo da solo a Roma in un complesso di villette a schiera. Il mio vicino Carlo, è un 70enne facoltoso che ha sposato una bella donna di appena 38 anni. Lei, Melita, giovane e davvero prorompente, ha trovato il classico "pollo" da spennare. Sono sicuro che da quando sono sposati, non l'ha scopata nemmeno una volta, infatti lui è troppo anziano e pieno di acciacchi. Essendo vicini e condividendo praticamente una sottile parete, mi invita spesso da lui, chiacchieriamo, gli faccio compagnia quando non esco con gli amici. Carlo è una brava persona, colto e ricco di famiglia. Quando cominciai ad andare da lui, c'era quasi sempre la moglie e non vi nascondo che ci siamo scambiati davvero molte occhiate, senza ovviamente che il povero marito ci facesse caso. Quando poteva, non evitava di mettersi in mostra con le sue belle gonne, gli abiti stretti, scollati. Melita sembra molto più giovane, è alta, bionda, occhi castani e un corpo che nemmeno sto a descrivervi, contornato da alcuni tatuaggi strasexy, al posto giusto.
Soprattutto nell'ultimo mese, Carlo cominciò a non uscire più di casa e la moglie, abituata al solito weekend fuori porta, diventò nervosa. Ovviamente attraverso la parete, io sentivo i loro litigi. Giovedi scorso, il buon vicino mi chiamò da lui e mi disse: “Paolo ti prego, devi farmi un favore, a buon rendere”. Io subito chiesi: “di che si tratta avvocato?” Lui: “in questi giorni sto litigando con Melita, non sono più in grado di portarla a fare un weekend decente, non ne ho più la voglia, sono troppo stanco”. Io lo guardavo come per chiedergli di arrivare al dunque e lui con tono seccato disse: “mi dispiace toglierti tempo allo studio, ma io vorrei che tu portassi Melita questi tre giorni a Capri, giuro che te ne ricompenserò”. Lo guardai con aria stupita e lo ero davvero. Non sapevo da dove cominciare ma dissi: “avvocato, per quanto riguarda la ricompensa, non se ne parla proprio, non sono un'agenzia di viaggi. Se lo faccio, è solo per farle un favore da buon vicino come lo è lei con me”. Si rallegrò subito e sorrise, poi disse con aria insistente ma divertita: “ti ringrazio, ma permettimi di darti almeno questi per riconoscenza”. Così dicendo, tirò fuori dalla tasca 300 euro!! Dissi: “no, non posso prenderli, la ringrazio comunque e a buon rendere”.
Tutta la notte stetti a riflettere ed ero eccitato, pensando di dover passare 3 giorni con quella dea. Decisi che ci avrei provato o almeno avrei tentato di entrare più in confidenza con lei. Senza dubbio il buon Carlo stavolta si era fidato troppo di me. Il giorno dopo eravamo pronti, Capri ci aspettava. Presi la macchina di Carlo, caricai le valigie di Melita, una valigia mia e partimmo in direzione porto, per imbarcarci. Durante tutto il viaggio in auto con relativa sosta in autogrill, io e Melita scherzammo, parlammo davvero di tante cose. Ero un pò impacciato ancora nonostante la confidenza ma il viaggio passò quasi liscio. Dico quasi perchè dopo la sosta, accusò un leggero dolore alla gamba sinistra e mi chiese se ero così gentile da farla stendere un pò e farle appoggiare le gambe sulle mie. Accettai e lei rimanendo seduta di fianco, si tolse le scarpe e allungò le gambe sulle mie. Aveva addosso solo una gonna di pelle rossa strettissima e una maglietta velata nera. Non potetti fare a meno di guardare quelle gambe stupende, con quel tatuaggio e quel perizoma rosa che si intravedeva. Ebbi un'erezione fantasticando su di lei, che avendo i piedi proprio lì, se ne accorse di certo. Arrivammo al porto, parcheggiammo e prendemmo il traghetto. Durante il viaggio tutti mi guardavano, forse invidiosi pensando fosse la mia tipa o forse chiedendosi chi fosse quella donna, magari mia sorella o un'amica. Arrivammo a Capri, più bella di come la ricordavo, affollata e veramente calda. L'hotel davvero bello, sicuramente costoso ma era già tutto pagato. Anche se il buon Carlo da vero ricco tirchio aveva preso una camera singola con letti separati. Entrammo, ci mettemmo comodi. Lei disse: “devo assolutamente fare una doccia, ho dimenticato il bagnoschiuma, ce l'hai?” Risposi: “certo, ma non finirmelo tutto”. Sorrisi e glielo diedi. Sorrise anche lei e disse: “c'è il rischio che finisca, vuoi farla con me?” Mi feci rosso, lo ammetto ma risposi: “no tranquilla, mi laverò col sapone dell'albergo”. Disse: “come vuoi”. Si tirò la porta e andò in doccia. Avrei potuto accettare è vero, ma da una parte avevo pena del povero marito. Questa però fu solo la seconda provocazione della Melita. Uscita dalla doccia chiese: “mi aiuti a scegliere un out fit?” Accettai. Lei aprì la valigia e prese dei vestiti. Optammo per un top corto blu elettrico e una minigonna di jeans. Feci per andare in bagno a docciarmi ma lei mi fermò e disse: “e l'intimo? Non mi aiuti con quello, ha la sua importanza sai”. Istintivamente mi misi a ridere e dissi: “ma no, tanto chi deve vederlo?” Lei mi guardò maliziosa e chiese: “quindi se la tua ragazza mettesse un intimo sexy o le mutande della nonna sarebbe lo stesso?” Risposi: “no, ma si parla della mia ragazza, in quel caso l'intimo è ovvio che deve piacere anche a me”. Mi guardò quasi stupita. Al mio posto, un altro le sarebbe subito saltato addosso. Ma io volevo farle capire che non sono tutti stupidi come il suo buon marito che ha sposato solo per convenienza. Le diedi del filo da torcere e dissi: “vado a fare la doccia, a dopo”. Scendemmo per fare un giro della zona e mangiare qualcosa. Il pomeriggio e la serata passarono in modo inaspettatamente proficuo e sereno. Infatti acquistammo maggiore confidenza. Di sera la portai in un locale che conoscevo da quando ci ero stato con amici anni prima. Bevemmo poco, ci divertimmo, ballammo anche in modo un pò equivoco, specialmente un lento. Si strusciava contro di me, sentivo quelle tette enormi sul petto, quella donna mi stava facendo impazzire. Tornammo in hotel verso l'una e mezza. Il portiere ci diede la buonanotte e mi fece l'occhiolino, credendo forse che lei fosse la mia ragazza. (Pensa che faccia tosta sto tipo), pensai. In ascensore lei scoppiò a ridere, per via di quell'occhiolino. Disse: “quel tipo sta impazzendo di invidia per te”. Chiesi: “e perchè?” Rispose: “beh evidentemente le uniche donne che vede sono le clienti, è da stamattina che mi fissa sto mezzo maniaco”. Scoppiai a ridere con lei.
Entrammo in camera e mi buttai sul letto, stremato. Mi chiese con aria un pò delusa: ”hai sonno?” Risposi trovando del coraggio: “più che sonno, mi sento un pò a pezzi. Tu sai fare i massaggi per caso?” Lei chiese: “io?” Risposi: “si, di solito voi donne sapete farli”. Per tutta risposta, si tolse le scarpe e salì a cavalcioni sul letto. Inutile dirvi che mi eccitò da subito. I suoi vestiti lasciavano poco all'immaginazione. Mi fece cenno di alzarmi. Mi sollevai e rimasi seduto sul letto di fronte a lei. Cominciò a sbottonarmi la camicia sorridendo. Intanto io le guardavo le gambe, poi la scollatura. Impossibile non farlo, erano lì, davanti a me, enormi, quasi sembravano esplodere in quel miniabito. Mi diede una leggerla sberla e disse: “invece di rifarti gli occhi, girati furbacchione”. Mi fece distendere e cominciò a massaggiarmi. Le sue mani, liscissime, delicate. Non usò nessun olio o crema, ma sembrava scivolassero sulla mia schiena. Poi cominciò a farmi dei leggeri grattini fin quando le sue unghia si fecero sempre più insistenti. Mi accarezzò i capelli e si avvicinò al mio orecchio. Fece: “miao” e si mise a ridere. Si, stava facendo la gattina con me, che troia. Stanco di quella posizione mi girai ma lei non si mosse, rimase a cavalcioni su di me. Stavolta ce l’avevo sul cazzo. Ero durissimo e si sentiva, perché lei ci premeva sopra. Da questo momento non ricordo più bene tante cose perché mi son fatto trasportare dall’atmosfera, ma ricordo benissimo la sua faccia. Eccitata, eccitata e ancora eccitata. Penso non scopasse davvero da molto tempo e nemmeno si era mai fatta un amante. Sfacciato a tutti i costi ormai le chiesi: dimmi la verità tesoro, da quanto non prendi un cazzo?” Rispose: “da tanto tesoro mio, voglio un torello solo per me, ogni giorno, voglio godere anche io come tutte”. Mi eccitai da paura. Lei prese a dimenarsi su di me, mentre lo diceva, quasi come a voler scopare con i vestiti addosso. Prese a baciarmi il petto come una matta e mi graffiò. A quel punto, quasi incazzato, la presi per un braccio e la buttai per terra. Si alzò in ginocchio, mi misi a sedere sul letto e le dissi: “succhiami stronza”. Mi tirò i pantaloni, togliendoli senza nemmeno sbottonarli. Era una furia. Prese a succhiarmi così tanto che quasi mi faceva male. Allora cercai di distendermi sul letto ma cogliendomi di sorpresa mi scaraventò a terrà e mi si piazzò di nuovo sopra a cavalcioni. Ci baciammo, leccandoci. La sua lingua non aveva ostacoli. Sembrava quasi una cagna da come leccava la mia faccia. Poi prese a mordermi. Non capivo perché fosse così violenta. Prima i graffi, poi i morsi. La presi per i capelli e cercai di riportarla all’ordine baciandola con passione. Dopo scese con la lingua e dopo aver giocato con l’ombelico tornò sul cazzo. Stavolta tormentandomi la cappella con la lingua. Poi passò alle palle. Quando le ingoiava avevo un sussulto tra piacere e paura che mi facesse male. Era troppo energica.
Ripresi in mano la situazione e mi alzai in piedi. Le dissi: “muoviti puttana, spogliati e sali sul letto. Ti faccio vedere io cosa vuol dire fare la vita dura. Non come te che non fai un cazzo ogni giorno”. Di tutta risposta mi rise in faccia, ma ormai avevo capito che lo faceva solo per farmi arrabbiare e farsi sfondare con più violenza. Si spogliò e la tirai di forza sul suo letto. Spalancò le gambe subito. La guardai per un attimo stupito. Sarà pure una grandissima stronza, ambiziosa e opportunista, ma è una donna meravigliosa. A quella vista sembrava una pornostar. Generosa e tatuata. Fu lei a richiamarmi ansimando e dicendo: “ti prego amore leccami, non ne posso più”. Mi fiondai sulla figa fradicia, ma davvero un lago. Presi a penetrare con la lingua, poi con le dita. I suoi umori non erano poi così buoni ma leccavo e bevevo tutto, non avevamo limiti quella sera. Passai al pancino e poi alle tette. Mentre mi baciava, la masturbavo e mi venne sulla mano. Non ci fu posto dove non la baciai. Rimasi tanto tempo a stuzzicarle le tette, mentre lei mi segava e venni come un lago sulla sua coscia destra. Rimasi disteso a riprendermi un po’. Già mezzi esausti e sudati. Cambiammo letto perché ormai quello era bagnato e riprendemmo a leccarci. Mi spompinò di nuovo e si mise ancora a cavalcioni su di me. Stavolta però il mio cazzo era dentro e partimmo a dimenarci. Mi bloccò i polsi sul letto e prese a spingere il sedere sul cazzo come un ossesso. Una cavalcata talmente selvaggia che caddero i vestiti e i cuscini dal letto. Cadde anche il suo cellulare, ma disse ridendo: “non lo pensare, scopami, non voglio che ti fermi”. Non avevo mai ansimato così tanto, nemmeno con la mia ragazza. Non riuscivo a trattenermi. Cercai di fermarla e la misi a pecorina col culetto in su. Si piegò bene con la schiena e riprese il cuscino da terra per appoggiarsi sù. Presi a incularla con poca lubrificazione, rischiando di farmi male, ma non capivo nulla. La sentivo gemere e incitarmi ogni volta che rallentavo. Mi diceva cose senza senso, perverse, ma che in quel momento erano poesia per me. Le pompavo il sedere tenendola per le tette, appoggiato su di lei. Dopo un bel pò non ne potetti più. Si distese e aprendo le gambe disse: “fottimi ancora dai, ancora un pò, ti amo”. Quel ti amo cominciò a ripeterlo a ogni botta che le davo e mi eccitava parecchio. Quandò si accorse che stavo per venire, mi fece staccare e mi spinse di forza su una poltrona. Si sedette sul cazzo e ricominciò a cavalcare. Non feci in tempo a dire nulla. Sborrai quasi all’improvviso, una fontana, nella sua figa. Lei mi sussurrò all’orecchio; com’è bollente amore, mi sento piena. Ero esausto, senza nemmeno la forza di farmi una doccia. Gli altri due giorni sono passati nello stesso modo più o meno. Se vi va, posso raccontarvi anche quelli. Fatemelo sapere. Ad ogni modo, inutile dirvi che adesso siamo tornati alla normalità, ma non perdiamo occasione per vederci all’insaputa di Carlo.
Soprattutto nell'ultimo mese, Carlo cominciò a non uscire più di casa e la moglie, abituata al solito weekend fuori porta, diventò nervosa. Ovviamente attraverso la parete, io sentivo i loro litigi. Giovedi scorso, il buon vicino mi chiamò da lui e mi disse: “Paolo ti prego, devi farmi un favore, a buon rendere”. Io subito chiesi: “di che si tratta avvocato?” Lui: “in questi giorni sto litigando con Melita, non sono più in grado di portarla a fare un weekend decente, non ne ho più la voglia, sono troppo stanco”. Io lo guardavo come per chiedergli di arrivare al dunque e lui con tono seccato disse: “mi dispiace toglierti tempo allo studio, ma io vorrei che tu portassi Melita questi tre giorni a Capri, giuro che te ne ricompenserò”. Lo guardai con aria stupita e lo ero davvero. Non sapevo da dove cominciare ma dissi: “avvocato, per quanto riguarda la ricompensa, non se ne parla proprio, non sono un'agenzia di viaggi. Se lo faccio, è solo per farle un favore da buon vicino come lo è lei con me”. Si rallegrò subito e sorrise, poi disse con aria insistente ma divertita: “ti ringrazio, ma permettimi di darti almeno questi per riconoscenza”. Così dicendo, tirò fuori dalla tasca 300 euro!! Dissi: “no, non posso prenderli, la ringrazio comunque e a buon rendere”.
Tutta la notte stetti a riflettere ed ero eccitato, pensando di dover passare 3 giorni con quella dea. Decisi che ci avrei provato o almeno avrei tentato di entrare più in confidenza con lei. Senza dubbio il buon Carlo stavolta si era fidato troppo di me. Il giorno dopo eravamo pronti, Capri ci aspettava. Presi la macchina di Carlo, caricai le valigie di Melita, una valigia mia e partimmo in direzione porto, per imbarcarci. Durante tutto il viaggio in auto con relativa sosta in autogrill, io e Melita scherzammo, parlammo davvero di tante cose. Ero un pò impacciato ancora nonostante la confidenza ma il viaggio passò quasi liscio. Dico quasi perchè dopo la sosta, accusò un leggero dolore alla gamba sinistra e mi chiese se ero così gentile da farla stendere un pò e farle appoggiare le gambe sulle mie. Accettai e lei rimanendo seduta di fianco, si tolse le scarpe e allungò le gambe sulle mie. Aveva addosso solo una gonna di pelle rossa strettissima e una maglietta velata nera. Non potetti fare a meno di guardare quelle gambe stupende, con quel tatuaggio e quel perizoma rosa che si intravedeva. Ebbi un'erezione fantasticando su di lei, che avendo i piedi proprio lì, se ne accorse di certo. Arrivammo al porto, parcheggiammo e prendemmo il traghetto. Durante il viaggio tutti mi guardavano, forse invidiosi pensando fosse la mia tipa o forse chiedendosi chi fosse quella donna, magari mia sorella o un'amica. Arrivammo a Capri, più bella di come la ricordavo, affollata e veramente calda. L'hotel davvero bello, sicuramente costoso ma era già tutto pagato. Anche se il buon Carlo da vero ricco tirchio aveva preso una camera singola con letti separati. Entrammo, ci mettemmo comodi. Lei disse: “devo assolutamente fare una doccia, ho dimenticato il bagnoschiuma, ce l'hai?” Risposi: “certo, ma non finirmelo tutto”. Sorrisi e glielo diedi. Sorrise anche lei e disse: “c'è il rischio che finisca, vuoi farla con me?” Mi feci rosso, lo ammetto ma risposi: “no tranquilla, mi laverò col sapone dell'albergo”. Disse: “come vuoi”. Si tirò la porta e andò in doccia. Avrei potuto accettare è vero, ma da una parte avevo pena del povero marito. Questa però fu solo la seconda provocazione della Melita. Uscita dalla doccia chiese: “mi aiuti a scegliere un out fit?” Accettai. Lei aprì la valigia e prese dei vestiti. Optammo per un top corto blu elettrico e una minigonna di jeans. Feci per andare in bagno a docciarmi ma lei mi fermò e disse: “e l'intimo? Non mi aiuti con quello, ha la sua importanza sai”. Istintivamente mi misi a ridere e dissi: “ma no, tanto chi deve vederlo?” Lei mi guardò maliziosa e chiese: “quindi se la tua ragazza mettesse un intimo sexy o le mutande della nonna sarebbe lo stesso?” Risposi: “no, ma si parla della mia ragazza, in quel caso l'intimo è ovvio che deve piacere anche a me”. Mi guardò quasi stupita. Al mio posto, un altro le sarebbe subito saltato addosso. Ma io volevo farle capire che non sono tutti stupidi come il suo buon marito che ha sposato solo per convenienza. Le diedi del filo da torcere e dissi: “vado a fare la doccia, a dopo”. Scendemmo per fare un giro della zona e mangiare qualcosa. Il pomeriggio e la serata passarono in modo inaspettatamente proficuo e sereno. Infatti acquistammo maggiore confidenza. Di sera la portai in un locale che conoscevo da quando ci ero stato con amici anni prima. Bevemmo poco, ci divertimmo, ballammo anche in modo un pò equivoco, specialmente un lento. Si strusciava contro di me, sentivo quelle tette enormi sul petto, quella donna mi stava facendo impazzire. Tornammo in hotel verso l'una e mezza. Il portiere ci diede la buonanotte e mi fece l'occhiolino, credendo forse che lei fosse la mia ragazza. (Pensa che faccia tosta sto tipo), pensai. In ascensore lei scoppiò a ridere, per via di quell'occhiolino. Disse: “quel tipo sta impazzendo di invidia per te”. Chiesi: “e perchè?” Rispose: “beh evidentemente le uniche donne che vede sono le clienti, è da stamattina che mi fissa sto mezzo maniaco”. Scoppiai a ridere con lei.
Entrammo in camera e mi buttai sul letto, stremato. Mi chiese con aria un pò delusa: ”hai sonno?” Risposi trovando del coraggio: “più che sonno, mi sento un pò a pezzi. Tu sai fare i massaggi per caso?” Lei chiese: “io?” Risposi: “si, di solito voi donne sapete farli”. Per tutta risposta, si tolse le scarpe e salì a cavalcioni sul letto. Inutile dirvi che mi eccitò da subito. I suoi vestiti lasciavano poco all'immaginazione. Mi fece cenno di alzarmi. Mi sollevai e rimasi seduto sul letto di fronte a lei. Cominciò a sbottonarmi la camicia sorridendo. Intanto io le guardavo le gambe, poi la scollatura. Impossibile non farlo, erano lì, davanti a me, enormi, quasi sembravano esplodere in quel miniabito. Mi diede una leggerla sberla e disse: “invece di rifarti gli occhi, girati furbacchione”. Mi fece distendere e cominciò a massaggiarmi. Le sue mani, liscissime, delicate. Non usò nessun olio o crema, ma sembrava scivolassero sulla mia schiena. Poi cominciò a farmi dei leggeri grattini fin quando le sue unghia si fecero sempre più insistenti. Mi accarezzò i capelli e si avvicinò al mio orecchio. Fece: “miao” e si mise a ridere. Si, stava facendo la gattina con me, che troia. Stanco di quella posizione mi girai ma lei non si mosse, rimase a cavalcioni su di me. Stavolta ce l’avevo sul cazzo. Ero durissimo e si sentiva, perché lei ci premeva sopra. Da questo momento non ricordo più bene tante cose perché mi son fatto trasportare dall’atmosfera, ma ricordo benissimo la sua faccia. Eccitata, eccitata e ancora eccitata. Penso non scopasse davvero da molto tempo e nemmeno si era mai fatta un amante. Sfacciato a tutti i costi ormai le chiesi: dimmi la verità tesoro, da quanto non prendi un cazzo?” Rispose: “da tanto tesoro mio, voglio un torello solo per me, ogni giorno, voglio godere anche io come tutte”. Mi eccitai da paura. Lei prese a dimenarsi su di me, mentre lo diceva, quasi come a voler scopare con i vestiti addosso. Prese a baciarmi il petto come una matta e mi graffiò. A quel punto, quasi incazzato, la presi per un braccio e la buttai per terra. Si alzò in ginocchio, mi misi a sedere sul letto e le dissi: “succhiami stronza”. Mi tirò i pantaloni, togliendoli senza nemmeno sbottonarli. Era una furia. Prese a succhiarmi così tanto che quasi mi faceva male. Allora cercai di distendermi sul letto ma cogliendomi di sorpresa mi scaraventò a terrà e mi si piazzò di nuovo sopra a cavalcioni. Ci baciammo, leccandoci. La sua lingua non aveva ostacoli. Sembrava quasi una cagna da come leccava la mia faccia. Poi prese a mordermi. Non capivo perché fosse così violenta. Prima i graffi, poi i morsi. La presi per i capelli e cercai di riportarla all’ordine baciandola con passione. Dopo scese con la lingua e dopo aver giocato con l’ombelico tornò sul cazzo. Stavolta tormentandomi la cappella con la lingua. Poi passò alle palle. Quando le ingoiava avevo un sussulto tra piacere e paura che mi facesse male. Era troppo energica.
Ripresi in mano la situazione e mi alzai in piedi. Le dissi: “muoviti puttana, spogliati e sali sul letto. Ti faccio vedere io cosa vuol dire fare la vita dura. Non come te che non fai un cazzo ogni giorno”. Di tutta risposta mi rise in faccia, ma ormai avevo capito che lo faceva solo per farmi arrabbiare e farsi sfondare con più violenza. Si spogliò e la tirai di forza sul suo letto. Spalancò le gambe subito. La guardai per un attimo stupito. Sarà pure una grandissima stronza, ambiziosa e opportunista, ma è una donna meravigliosa. A quella vista sembrava una pornostar. Generosa e tatuata. Fu lei a richiamarmi ansimando e dicendo: “ti prego amore leccami, non ne posso più”. Mi fiondai sulla figa fradicia, ma davvero un lago. Presi a penetrare con la lingua, poi con le dita. I suoi umori non erano poi così buoni ma leccavo e bevevo tutto, non avevamo limiti quella sera. Passai al pancino e poi alle tette. Mentre mi baciava, la masturbavo e mi venne sulla mano. Non ci fu posto dove non la baciai. Rimasi tanto tempo a stuzzicarle le tette, mentre lei mi segava e venni come un lago sulla sua coscia destra. Rimasi disteso a riprendermi un po’. Già mezzi esausti e sudati. Cambiammo letto perché ormai quello era bagnato e riprendemmo a leccarci. Mi spompinò di nuovo e si mise ancora a cavalcioni su di me. Stavolta però il mio cazzo era dentro e partimmo a dimenarci. Mi bloccò i polsi sul letto e prese a spingere il sedere sul cazzo come un ossesso. Una cavalcata talmente selvaggia che caddero i vestiti e i cuscini dal letto. Cadde anche il suo cellulare, ma disse ridendo: “non lo pensare, scopami, non voglio che ti fermi”. Non avevo mai ansimato così tanto, nemmeno con la mia ragazza. Non riuscivo a trattenermi. Cercai di fermarla e la misi a pecorina col culetto in su. Si piegò bene con la schiena e riprese il cuscino da terra per appoggiarsi sù. Presi a incularla con poca lubrificazione, rischiando di farmi male, ma non capivo nulla. La sentivo gemere e incitarmi ogni volta che rallentavo. Mi diceva cose senza senso, perverse, ma che in quel momento erano poesia per me. Le pompavo il sedere tenendola per le tette, appoggiato su di lei. Dopo un bel pò non ne potetti più. Si distese e aprendo le gambe disse: “fottimi ancora dai, ancora un pò, ti amo”. Quel ti amo cominciò a ripeterlo a ogni botta che le davo e mi eccitava parecchio. Quandò si accorse che stavo per venire, mi fece staccare e mi spinse di forza su una poltrona. Si sedette sul cazzo e ricominciò a cavalcare. Non feci in tempo a dire nulla. Sborrai quasi all’improvviso, una fontana, nella sua figa. Lei mi sussurrò all’orecchio; com’è bollente amore, mi sento piena. Ero esausto, senza nemmeno la forza di farmi una doccia. Gli altri due giorni sono passati nello stesso modo più o meno. Se vi va, posso raccontarvi anche quelli. Fatemelo sapere. Ad ogni modo, inutile dirvi che adesso siamo tornati alla normalità, ma non perdiamo occasione per vederci all’insaputa di Carlo.
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