Due gemelle
di
Genesis
genere
incesti
Io e mia cugina condividiamo una storia molto particolare. In pratica siamo gemelle, infatti ci dividono appena due giorni di età, e siamo figlie di due gemelle. In effetti siamo praticamente identiche, se non fosse per pochi centimetri di differenza, stile e soprattutto caratteri diversi, anzi opposti. Da sempre la nostra vita corre su un binario comune: scuole, amicizie, vacanze, siamo cresciute condividendo ogni giorno o quasi della nostra vita. Questo legame è però dettato più dalle circostanze familiari che dalla nostra volontà. Io e Martina (a proposito, io sono Sara) viviamo nella stessa casa, le nostre madri, entrambe single, non si sono mai sposate e hanno deciso di andare a vivere insieme. Purtroppo questa scelta sembra rendere felici solo loro, sorelle affiatatissime, mentre rende me e Martina assolutamente scontente. Non conosco mio padre, in effetti nessuna di noi due conosce il proprio padre. Di storie ne abbiamo sentite tante, addirittura c’è chi dice che siamo figlie dello stesso uomo, frutto di una notte di passione promiscua, chi parla di due fratelli o addirittura di due gemelli e chi semplicemente parla di un caso fortuito e di scelte sbagliate. Le nostre mamme raccontano la stessa versione, ossia due uomini diversi accomunati dal medesimo ignobile comportamento, ma non ci hanno mai raccontato altro nel tentativo, a loro dire, di proteggere la nostra serenità. I nonni nemmeno sanno nulla, infatti le loro figlie andarono a vivere insieme lontane da casa ai tempi dell’università e tornarono, dopo pochi mesi, entrambe incinte e intenzionate a portare a termine le rispettive gravidanze, senza però dare mai alcuna spiegazione circa l’accaduto. In tutta questa confusione siamo nate noi due, prima Martina, la “maggiore” e la più forte, e poi io, da sempre remissiva e soggiogata alla prepotenza di mia cugina. Come ho detto siamo cresciute come una sola persona, stessa scuola, stessa classe, stesso banco (non per scelta nostra), stessi amici, stessi sport…vi lascio immaginare. Le nostre madri non guadagnano moltissimo e non possiamo permetterci una casa molto spaziosa, dovendo vivere vicine al loro posto di lavoro e al nostro liceo, così ognuna di noi deve condividere la stanza con la rispettiva gemella e, se per le due sorelle questo non è un problema, per noi cugine questo è il principale problema. Io e Martina siamo due ragazze completamente diverse caratterialmente; a me piace studiare, leggere e non amo molto la vita caotica, mentre Martina odia tutto questo, preferendo il divertimento, lo shopping e curare il proprio aspetto. Unico punto “in comune” sono i ragazzi. Abbiamo diciassette anni e già da un po’ di tempo viviamo una vita sentimentale abbastanza attiva (inutile dirvi chi è maggiormente attiva…). Il problema è che di norma i fidanzati di Martina durano molto poco, dato il suo caratterino dominante, mentre i miei durano il tempo che dalle mie braccia finiscano nel letto di Martina. Io insicura, sempre accondiscendente e remissiva, lei sempre così estroversa, aperta ed intraprendente, ho sempre vissuto questi “scambi” di fidanzato come una mia colpa, una fuga da me e non un furto. Insomma questo è il contesto in cui io e Martina conviviamo.
Ciò che vi sto per raccontare è successo circa un mese fa, precisamente il primo sabato di Febbraio. Le nostre madri lavorano come segretarie presso una società di consulenza e a volte capita che l’azienda organizzi convegni cui debba partecipare l’intero personale. Quel fine settimana il convegno si teneva fuori città e sarebbe durato sabato e domenica, così io e Martina ci siamo ritrovate da sole l’intero week-end. Senza il controllo dei nostri genitori abbiamo potuto, con gioia reciproca, organizzarci autonomamente, così io sono uscita prima di casa, lasciando Martina ancora in bagno a prepararsi. Suonata la campanella mi ritrovo unica delle due in classe e, sentendomi in difficoltà, ho deciso di coprire la sua assenza fingendola malata. Quella mattina passò piuttosto in fretta e tranquilla, ero piuttosto felice dell’insperata solitudine. Grazie ad uno sciopero sindacale non programmato le lezioni finirono due ore prima e potemmo tornare a casa in anticipo. Avete presente quel film, “Sliding doors”? Possiamo dire che quel giorno sia stato la mia porta scorrevole… Se le lezioni fossero durate anche solo un’ora in più non vi racconterei tutto questo. Rientrando in casa noto un po’ di disordine e, sentendo delle voci provenire dalla nostra stanza, comprendo il motivo che ha tenuto Martina lontana da scuola. Sentendomi in imbarazzo decido di restare in cucina e di prepararmi qualcosa da mangiare velocemente, in modo tale da poter poi uscire di casa e ritornare in un momento più idoneo. Era passata poco più di mezz’ora quando, apprestandomi ad uscire di casa, la porta della mia stanza si apre ed escono Simone e Martina (lei ancora nuda, lui vestito e pronto ad uscire). Io rimasi senza parola, il cuore fermo in gola e la bocca aperta, medesima reazione per Simone che, giusto per la cronaca era da nove mesi il mio fidanzato, da pochi secondi il mio ex. In un attimo scappai nella stanza di mia madre e mi lancia sul letto a piangere. Simone era il primo ragazzo di cui ero innamorata veramente e non avrei mai immaginato tutto questo. Rimasi sul letto a piangere almeno venti minuti, quando sentii la porta di casa aprirsi e chiudersi e, pochi secondi dopo, entrò in stanza da me Martina. Alzando gli occhi dal lenzuolo notai che era ancora nuda. Martina è praticamente la mia fotocopia, snella, pelle chiara, capelli rossi mossi (lei fino alle spalle, io un po’ più lunghi), occhi verdi, seconda di seno. Era una bellissima ragazza e capivo il perché un ragazzo potesse innamorarsi di lei, ma assolutamente non capivo perché il mio ragazzo dovesse tradirmi con la mia copia, con soli due centimetri in più di altezza (156cm io, lei 158…), questa volta stavo veramente male. Martina si avvicinò lentamente a me con il suo passo felpato e, sedendosi a gambe accavallate al mio fianco, iniziò ad accarezzarmi la testa dolcemente. Io avevo nuovamente nascosto la testa tra le braccia ma per una volta mi sentivo coccolata da lei, era riuscita in un attimo a farmi calmare. Smisi di piangere e, con il viso rosso, mi alzai a sedere al suo fianco. Lei continuava ad accarezzarmi, questa volta sulla schiena ed io, godendomi silenziosamente quel dolce tocco, accennai un tiepido sorriso e alzai lo sguardo verso il suo volto. Martina era splendida, pensai che se fossi stato un uomo anche io avrei desiderato fare l’amore con lei, non solo per il suo aspetto, ma soprattutto per quell’eleganza e quel fascino che io non credevo invece di avere. Arrossii in viso, mi sentivo imbarazzata come se ad essere nuda non fosse lei ma io, e d’un tratto desideravo solo abbracciarla e così allungai la mano verso la sua che teneva poggiata sulla sua gamba, quando notai qualcosa sul suo pube. Lì, sui piccoli peli rossi che ricoprivano il suo ventre c’erano gocce di sperma, gocce dello sperma del mio fidanzata con cui era andata a letto. Ed ecco improvvisamente che l’amore che stavo provando per lei si tramutò in rabbia; mi sentivo tradita, offesa, umiliata. Tutte le ingiustizie che avevo dovuto accettare impotente si ripresentarono nella mia mente e non fecero che acuire la rabbia nei suoi confronti. Fu un attimo e mi trovai addosso a Martina, distesa sul letto, completamente immobile sotto il mio peso. Non sapevo di preciso cosa stavo facendo, agivo senza controllo e in quel momento desideravo solo vendicarmi. Con la mano destra tappai la sua bocca appena un attimo prima che urlasse, con la sinistra premevo forte sul petto mentre, seduta a cavalcioni sulla sua pancia, le tenevo bloccate con le ginocchia le braccia. Dovevo tapparle la bocca e bloccarla, non volevo che scappasse o che urlasse; usai la mano con cui tenevo premuto il torace per slacciarmi entrambe le scarpe e mi sfilai i calzini, ne inserii uno arrotolato nella sua bocca, e usai l’altro come nastro per tapparla. Ora che non poteva urlare la girai a pancia in giù, ero talmente furiosa che non avvertivo alcuna difficoltà nel sopraffarla. Una volta girata, tenendo sempre bloccate le braccia con le ginocchia, mi tolsi il maglione, sganciai il reggiseno e lo annodai intorno ai polsi dietro alla sua schiena. In pochi minuti l’avevo immobilizzata, eppure ancora ero furiosa. Non riuscivo a togliermi dalla mente l’immagine di lei e Simone a letto insieme, non lo sopportavo più. “Era mio, era il mio fidanzato! Tu, tu sei una stronza! Ma ora basta, ora tocca a me divertirmi!” urlai piangendo e così facendo le allargai le gambe scoprendone il perineo. Aveva una vulva candida, di un rosa tenue e con piccoli e delicati peli rossi, ancora sporchi di sperma. Ma la mia attenzione fu catturata dal suo ano, un buchino altrettanto delicato e perfetto… Decisi di iniziare da lì. Con entrambe le mani le allargai le natiche e scopri l’orifizio stretto dalla paura. Lo toccai con il pollice, delicatamente, ne avvertivo soddisfatta ogni spasmo. Una volta inumidito il pollice con la saliva lo premetti nuovamente sul buco, ma questa volta più forte, vincendo la sua resistenza, ed entrai. Ascoltavo con piacere ogni lamento soffocato che proveniva dalla sua bocca, e più si lamentava e agitava e più forte spingevo. Non era solo vendetta, ci provavo gusto, un piacere sessuale non programmato ma che lentamente appagava la mia rabbia. Decisi di spogliarmi del tutto, mi alzai e tolsi rapidamente pantalone e slip. Martina, sentendomi lontana da lei, provò ad alzarsi, ma in un attimo ero di nuovo su di lei e, nuda, mi strusciavo sulla sua schiena e sul suo meraviglioso culo. Avevo ancora in mano il mio slip, completamente bagnato dei miei umori, e decisi di farglielo provare. Slacciai il bavaglio con cui l’avevo silenziata e glielo tolsi. Aveva la bocca secca, ma non mi importava. Approfittai dell’attimo in cui spalancò per prender fiato e le infilai lo slip arrotolato, usando nuovamente il calzino come laccio. “Ti piace il mio sapore?” le chiesi ridendo “Ora assaggio anche io il tuo, e mi prendo anche lo sperma di Simone che hai ancora tra le cosce…” e mi lanciai tra le se cosce pronta ad assaporarne la bontà. Non avevo mai nemmeno immaginato di fare l’amore con una donna, eppure lo trovavo fantastico, sebbene stessi in realtà violentando mia cugina. Il sapore della sua fica bagnata, i suoi peli, le soffici mucose che rivestivano l’interno della sua vulva…non riuscivo ad appagarmi, ogni leccata era troppo poco, sentivo i suoi liquidi scorrere sulle mie guance e lungo il mio collo ma ne volevo sempre di più. Martina si agitava, ma non credo fosse dolore, penso fosse piacere, e iniziai ad averne conferma quando puntai il suo clitoride. Era più piccolo del mio (forse l’unica cosa in cui la superavo) eppure era così morbido e buono. Anche ora, al massimo della sua eccitazione, sembrava un dolce frutto maturo riccamente innervato, visti gli spasmi di piacere che le provocava il solo sfiorarlo con la lingua. Gradualmente aggiungevo un dito in vagina, sempre più profondo, sempre più velocemente, dentro e fuori, su e giù. Me la scopavo sempre più velocemente, sempre più a fondo e con sempre più dita e lei ormai urlava dal piacere e a nulla serviva lo slip…mi eccitava ancora di più sentirla. Avevo l’intera mano dentro la sua vagina e con la lingua presi a leccarle nuovamente l’ano, ancora leggermente aperto dopo il lavoro di pollice, ma comunque perfetto nella sua bellezza. Non resistevo più, mi sentivo una cagna in calore e dovevo darmi un po’ da fare anche per me, così infilai la mano libera tra le cosce ed inizia a sfiorarmi, sempre più veloce, sempre più dentro, seguendo il ritmo che imponevo al mio meraviglioso ostaggio. Ormai eravamo entrambe esauste ed avevamo bisogno di una pausa. Non ricordavo nemmeno più perché fossi arrabbiata, volevo solo scopare ancora. A fatica mi sdraiai sul letto a fianco di Martina, raggiunsi strisciando il suo viso e le diedi un bacio sulla fronte. Il suo viso era stremato, madido di sudore come i nostri interi corpi, eppure aveva un’aria di estasi, nonostante il bavaglio. “Amore se ti libero ti va di continuare a divertirci?” le chiesi. Se avesse risposto di no probabilmente non l’avrei liberata, non avevo voglia di smettere, ma per fortuna rispose di sì. Mi sedetti davanti a lei, con le gambe aperte e la vagina puntata verso il suo viso e, una volta slegati i polsi, le liberai la bocca. Un respiro profondo e un colpo di tosse, ora eravamo entrambe libere di fare l’amore. Le accarezzai il viso e dolcemente avvicinai il pube, invitandola ad assaggiare il mio sesso. Martina iniziò a leccare come quando ci si disseta ad una fonte, allappando avida ogni goccia. Riprese le forze mi aiutò a distendermi sul letto e riprese a leccarmi, lavorandomi con entrambe le mani. Tale era il piacere che non riuscivo più a distinguere cose era lingua e cosa dita, né sapevo se il piacere che provavo provenisse dalla mia fica bagnata o dal mio ano ormai dilatato (in questo lei era stata molto più premurosa di me). Il piacere raggiunse il culmine più volte e ormai non avevo la forza di muovere nemmeno un muscolo. Fu allora che la mia amante si fermò e si adagiò al mio fianco, sorridendomi mentre le mani accarezzavano il mio seno. “Sara sai che ti ho sempre amata?” mi chiese con dolcezza, “Ho sempre tentato di nascondere l’amore e il rispetto che provo per te trattandoti male e allontanando da te tutti i fidanzati perché non ce la facevo a vederti felice con qualcun altro.”. Non credevo alle sue parole, eppure quelle lacrime commosse mi dicevano che non mentiva. “Perché non me l’hai detto? Perché mi hai sempre trattata male invece di confidarti?” sapevo già la risposta, ma non sapevo cosa altro dire. “Amore noi siamo praticamente sorelle, anzi siamo gemelle…sai cosa significa?”. Sapevamo entrambe cosa voleva dire e iniziammo a piangere e a stringerci forte. Passammo le seguenti ore a chiacchierare, a raccontarci tutto e a coccolarci. Continuammo a fare l’amore, passammo la notte insieme e anche il giorno dopo trascorse così, io e lei nel letto delle nostre madri. La domenica scoprimmo per la prima volta il piacere del 69 e, trovando una cassetta dentro l’armadio, capimmo cosa univa tanto le nostre genitrici. Usammo i giocattoli che avevamo trovato per divertirci ancora un po’ insieme e poi sistemammo tutto, tornando apparentemente alla normalità giusto in tempo, prima che la casa si riaffollasse. Da allora viviamo diversamente il nostro essere gemelle, condividendo gelosamente lo stesso segreto che unisce da sempre le nostre madri.
Ciò che vi sto per raccontare è successo circa un mese fa, precisamente il primo sabato di Febbraio. Le nostre madri lavorano come segretarie presso una società di consulenza e a volte capita che l’azienda organizzi convegni cui debba partecipare l’intero personale. Quel fine settimana il convegno si teneva fuori città e sarebbe durato sabato e domenica, così io e Martina ci siamo ritrovate da sole l’intero week-end. Senza il controllo dei nostri genitori abbiamo potuto, con gioia reciproca, organizzarci autonomamente, così io sono uscita prima di casa, lasciando Martina ancora in bagno a prepararsi. Suonata la campanella mi ritrovo unica delle due in classe e, sentendomi in difficoltà, ho deciso di coprire la sua assenza fingendola malata. Quella mattina passò piuttosto in fretta e tranquilla, ero piuttosto felice dell’insperata solitudine. Grazie ad uno sciopero sindacale non programmato le lezioni finirono due ore prima e potemmo tornare a casa in anticipo. Avete presente quel film, “Sliding doors”? Possiamo dire che quel giorno sia stato la mia porta scorrevole… Se le lezioni fossero durate anche solo un’ora in più non vi racconterei tutto questo. Rientrando in casa noto un po’ di disordine e, sentendo delle voci provenire dalla nostra stanza, comprendo il motivo che ha tenuto Martina lontana da scuola. Sentendomi in imbarazzo decido di restare in cucina e di prepararmi qualcosa da mangiare velocemente, in modo tale da poter poi uscire di casa e ritornare in un momento più idoneo. Era passata poco più di mezz’ora quando, apprestandomi ad uscire di casa, la porta della mia stanza si apre ed escono Simone e Martina (lei ancora nuda, lui vestito e pronto ad uscire). Io rimasi senza parola, il cuore fermo in gola e la bocca aperta, medesima reazione per Simone che, giusto per la cronaca era da nove mesi il mio fidanzato, da pochi secondi il mio ex. In un attimo scappai nella stanza di mia madre e mi lancia sul letto a piangere. Simone era il primo ragazzo di cui ero innamorata veramente e non avrei mai immaginato tutto questo. Rimasi sul letto a piangere almeno venti minuti, quando sentii la porta di casa aprirsi e chiudersi e, pochi secondi dopo, entrò in stanza da me Martina. Alzando gli occhi dal lenzuolo notai che era ancora nuda. Martina è praticamente la mia fotocopia, snella, pelle chiara, capelli rossi mossi (lei fino alle spalle, io un po’ più lunghi), occhi verdi, seconda di seno. Era una bellissima ragazza e capivo il perché un ragazzo potesse innamorarsi di lei, ma assolutamente non capivo perché il mio ragazzo dovesse tradirmi con la mia copia, con soli due centimetri in più di altezza (156cm io, lei 158…), questa volta stavo veramente male. Martina si avvicinò lentamente a me con il suo passo felpato e, sedendosi a gambe accavallate al mio fianco, iniziò ad accarezzarmi la testa dolcemente. Io avevo nuovamente nascosto la testa tra le braccia ma per una volta mi sentivo coccolata da lei, era riuscita in un attimo a farmi calmare. Smisi di piangere e, con il viso rosso, mi alzai a sedere al suo fianco. Lei continuava ad accarezzarmi, questa volta sulla schiena ed io, godendomi silenziosamente quel dolce tocco, accennai un tiepido sorriso e alzai lo sguardo verso il suo volto. Martina era splendida, pensai che se fossi stato un uomo anche io avrei desiderato fare l’amore con lei, non solo per il suo aspetto, ma soprattutto per quell’eleganza e quel fascino che io non credevo invece di avere. Arrossii in viso, mi sentivo imbarazzata come se ad essere nuda non fosse lei ma io, e d’un tratto desideravo solo abbracciarla e così allungai la mano verso la sua che teneva poggiata sulla sua gamba, quando notai qualcosa sul suo pube. Lì, sui piccoli peli rossi che ricoprivano il suo ventre c’erano gocce di sperma, gocce dello sperma del mio fidanzata con cui era andata a letto. Ed ecco improvvisamente che l’amore che stavo provando per lei si tramutò in rabbia; mi sentivo tradita, offesa, umiliata. Tutte le ingiustizie che avevo dovuto accettare impotente si ripresentarono nella mia mente e non fecero che acuire la rabbia nei suoi confronti. Fu un attimo e mi trovai addosso a Martina, distesa sul letto, completamente immobile sotto il mio peso. Non sapevo di preciso cosa stavo facendo, agivo senza controllo e in quel momento desideravo solo vendicarmi. Con la mano destra tappai la sua bocca appena un attimo prima che urlasse, con la sinistra premevo forte sul petto mentre, seduta a cavalcioni sulla sua pancia, le tenevo bloccate con le ginocchia le braccia. Dovevo tapparle la bocca e bloccarla, non volevo che scappasse o che urlasse; usai la mano con cui tenevo premuto il torace per slacciarmi entrambe le scarpe e mi sfilai i calzini, ne inserii uno arrotolato nella sua bocca, e usai l’altro come nastro per tapparla. Ora che non poteva urlare la girai a pancia in giù, ero talmente furiosa che non avvertivo alcuna difficoltà nel sopraffarla. Una volta girata, tenendo sempre bloccate le braccia con le ginocchia, mi tolsi il maglione, sganciai il reggiseno e lo annodai intorno ai polsi dietro alla sua schiena. In pochi minuti l’avevo immobilizzata, eppure ancora ero furiosa. Non riuscivo a togliermi dalla mente l’immagine di lei e Simone a letto insieme, non lo sopportavo più. “Era mio, era il mio fidanzato! Tu, tu sei una stronza! Ma ora basta, ora tocca a me divertirmi!” urlai piangendo e così facendo le allargai le gambe scoprendone il perineo. Aveva una vulva candida, di un rosa tenue e con piccoli e delicati peli rossi, ancora sporchi di sperma. Ma la mia attenzione fu catturata dal suo ano, un buchino altrettanto delicato e perfetto… Decisi di iniziare da lì. Con entrambe le mani le allargai le natiche e scopri l’orifizio stretto dalla paura. Lo toccai con il pollice, delicatamente, ne avvertivo soddisfatta ogni spasmo. Una volta inumidito il pollice con la saliva lo premetti nuovamente sul buco, ma questa volta più forte, vincendo la sua resistenza, ed entrai. Ascoltavo con piacere ogni lamento soffocato che proveniva dalla sua bocca, e più si lamentava e agitava e più forte spingevo. Non era solo vendetta, ci provavo gusto, un piacere sessuale non programmato ma che lentamente appagava la mia rabbia. Decisi di spogliarmi del tutto, mi alzai e tolsi rapidamente pantalone e slip. Martina, sentendomi lontana da lei, provò ad alzarsi, ma in un attimo ero di nuovo su di lei e, nuda, mi strusciavo sulla sua schiena e sul suo meraviglioso culo. Avevo ancora in mano il mio slip, completamente bagnato dei miei umori, e decisi di farglielo provare. Slacciai il bavaglio con cui l’avevo silenziata e glielo tolsi. Aveva la bocca secca, ma non mi importava. Approfittai dell’attimo in cui spalancò per prender fiato e le infilai lo slip arrotolato, usando nuovamente il calzino come laccio. “Ti piace il mio sapore?” le chiesi ridendo “Ora assaggio anche io il tuo, e mi prendo anche lo sperma di Simone che hai ancora tra le cosce…” e mi lanciai tra le se cosce pronta ad assaporarne la bontà. Non avevo mai nemmeno immaginato di fare l’amore con una donna, eppure lo trovavo fantastico, sebbene stessi in realtà violentando mia cugina. Il sapore della sua fica bagnata, i suoi peli, le soffici mucose che rivestivano l’interno della sua vulva…non riuscivo ad appagarmi, ogni leccata era troppo poco, sentivo i suoi liquidi scorrere sulle mie guance e lungo il mio collo ma ne volevo sempre di più. Martina si agitava, ma non credo fosse dolore, penso fosse piacere, e iniziai ad averne conferma quando puntai il suo clitoride. Era più piccolo del mio (forse l’unica cosa in cui la superavo) eppure era così morbido e buono. Anche ora, al massimo della sua eccitazione, sembrava un dolce frutto maturo riccamente innervato, visti gli spasmi di piacere che le provocava il solo sfiorarlo con la lingua. Gradualmente aggiungevo un dito in vagina, sempre più profondo, sempre più velocemente, dentro e fuori, su e giù. Me la scopavo sempre più velocemente, sempre più a fondo e con sempre più dita e lei ormai urlava dal piacere e a nulla serviva lo slip…mi eccitava ancora di più sentirla. Avevo l’intera mano dentro la sua vagina e con la lingua presi a leccarle nuovamente l’ano, ancora leggermente aperto dopo il lavoro di pollice, ma comunque perfetto nella sua bellezza. Non resistevo più, mi sentivo una cagna in calore e dovevo darmi un po’ da fare anche per me, così infilai la mano libera tra le cosce ed inizia a sfiorarmi, sempre più veloce, sempre più dentro, seguendo il ritmo che imponevo al mio meraviglioso ostaggio. Ormai eravamo entrambe esauste ed avevamo bisogno di una pausa. Non ricordavo nemmeno più perché fossi arrabbiata, volevo solo scopare ancora. A fatica mi sdraiai sul letto a fianco di Martina, raggiunsi strisciando il suo viso e le diedi un bacio sulla fronte. Il suo viso era stremato, madido di sudore come i nostri interi corpi, eppure aveva un’aria di estasi, nonostante il bavaglio. “Amore se ti libero ti va di continuare a divertirci?” le chiesi. Se avesse risposto di no probabilmente non l’avrei liberata, non avevo voglia di smettere, ma per fortuna rispose di sì. Mi sedetti davanti a lei, con le gambe aperte e la vagina puntata verso il suo viso e, una volta slegati i polsi, le liberai la bocca. Un respiro profondo e un colpo di tosse, ora eravamo entrambe libere di fare l’amore. Le accarezzai il viso e dolcemente avvicinai il pube, invitandola ad assaggiare il mio sesso. Martina iniziò a leccare come quando ci si disseta ad una fonte, allappando avida ogni goccia. Riprese le forze mi aiutò a distendermi sul letto e riprese a leccarmi, lavorandomi con entrambe le mani. Tale era il piacere che non riuscivo più a distinguere cose era lingua e cosa dita, né sapevo se il piacere che provavo provenisse dalla mia fica bagnata o dal mio ano ormai dilatato (in questo lei era stata molto più premurosa di me). Il piacere raggiunse il culmine più volte e ormai non avevo la forza di muovere nemmeno un muscolo. Fu allora che la mia amante si fermò e si adagiò al mio fianco, sorridendomi mentre le mani accarezzavano il mio seno. “Sara sai che ti ho sempre amata?” mi chiese con dolcezza, “Ho sempre tentato di nascondere l’amore e il rispetto che provo per te trattandoti male e allontanando da te tutti i fidanzati perché non ce la facevo a vederti felice con qualcun altro.”. Non credevo alle sue parole, eppure quelle lacrime commosse mi dicevano che non mentiva. “Perché non me l’hai detto? Perché mi hai sempre trattata male invece di confidarti?” sapevo già la risposta, ma non sapevo cosa altro dire. “Amore noi siamo praticamente sorelle, anzi siamo gemelle…sai cosa significa?”. Sapevamo entrambe cosa voleva dire e iniziammo a piangere e a stringerci forte. Passammo le seguenti ore a chiacchierare, a raccontarci tutto e a coccolarci. Continuammo a fare l’amore, passammo la notte insieme e anche il giorno dopo trascorse così, io e lei nel letto delle nostre madri. La domenica scoprimmo per la prima volta il piacere del 69 e, trovando una cassetta dentro l’armadio, capimmo cosa univa tanto le nostre genitrici. Usammo i giocattoli che avevamo trovato per divertirci ancora un po’ insieme e poi sistemammo tutto, tornando apparentemente alla normalità giusto in tempo, prima che la casa si riaffollasse. Da allora viviamo diversamente il nostro essere gemelle, condividendo gelosamente lo stesso segreto che unisce da sempre le nostre madri.
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