Duplice sodomia
di
Iridescente
genere
trans
Confessioni erotiche di un trans.
Avevo vent’anni quando mi feci sodomizzare per la prima volta da un signore sulla cinquantina incontrato in un cinema, quattro anni fa. Ero andato in centro ad acquistare un profumo ma il negozio nel quale mi servivo era chiuso per ferie. Decisi di andare a vedere un film. Premetto che ho sempre avuto inclinazioni omosessuali con atteggiamenti effeminati e più di una volta mi ero recato al cinema con l’intenzione di palpare un maschio ma fino a quel pomeriggio mi ero tirato sempre indietro dopo goffi tentativi di approccio, oppure avevo cambiato posto nel momento in cui l’occasionale “ospite” voleva toccare me.
In ogni caso c’è un metodo efficace per capire se un uomo è disponibile all’approccio perché di regola i ricettivi rimangono in piedi, in fondo alla sala, addossati alla parete e attendono che qualcuno, sedendosi sull’ultima fila, si faccia notare distendendo il braccio sulla poltrona vuota di fianco, o viceversa, ma torniamo al racconto:
Lo scenario notturno, che in quel momento era proiettato sullo schermo, mi obbligò a fermarmi addossandomi alla parete dell’ingresso per abituare gli occhi all’oscurità. In sala non c’erano molte persone ma, a un paio di metri da me, spuntò dalla penombra una figura maschile. Guardai l’uomo, lui ricambiò lo sguardo. Per quanto la luce fosse debole, notai che era un signore distinto, sulla quarantina. Sicuro che avrebbe accettato l’invito mi affrettai a sedermi in un lato dell’ultima fila e occupai le seconda poltroncina. Allungai il braccio sulla spalliera vuota e di tanto in tanto davo occhiate alle mie spalle, per far intendere all’uomo la mia disponibilità. Non passò molto tempo che lui venne a sedersi di fianco a me. Fu lui a prendermi la mano per poggiarsela sui pantaloni all’altezza del pube. Feci il solito gesto di ritrarre indietro il braccio ma lui mi bisbigliò:
- Per favore non tirarti indietro dopo avermi invogliato. –
Mi trattenne la mano, poi aggiunse:
- Hai un viso bellissimo. –
Feci il gesto di alzarmi per cambiare posto mai lui mi disse:
- Perché fai così? Il mio cazzo non morde. Sei forse uno di quegli indecisi che muoiono dalla voglia di farlo ma perdono il coraggio all’ultimo momento? –
- Sì – gli risposi. – mi sentivo la bocca asciutta per l’emozione. – Non l’ho mai fatto e… -
- Rilassati - mi suggerì – e se veramente ti piace il cazzo, lasciati andare al desiderio di toccarlo. - Si tirò giù la cerniera e mi accorsi che non portava mutande perché il suo cazzo mi balzò subito in mano. Provai un’indescrivibile emozione nel sentire quanto fosse velluta e allo stesso tempo eretta quell’appendice di carne pulsante.
- Masturbami un po’ – mi disse.
Iniziai a menarglielo, dapprima con un movimento impacciato, poi con sempre maggiore dimestichezza. Pure il mio cazzetto si eresse. Quell’uomo mi sussurrò nelle orecchie che possedeva una garconnière e che desiderava invitarmi a prendere un tè. Accettai col cuore in gola. Uscimmo dal cinema, mi disse di seguirlo a una certa distanza poi di salire sulla sua auto. Percorremmo forse un paio di chilometri prima di raggiungere una zona residenziale fatta di palazzoni nei quali, in una città grande come la mia, potevi rimanere un perfetto sconosciuto persino al vicino di pianerottolo. Quel signore mi offrì realmente il tè, poi mi “regalò” anche qualcos’altro: mi sverginò il culo lubrificandomelo con acqua e sapone. Mi disse di pormi inginocchiato sul divano. Gli porsi i glutei e mi penetrò alla pecorina. Pensavo di avvertire un gran dolore ma non fu così, anzi mi eccitai al punto che, mentre mi “lavorava” il retto, eiaculai. Mi dispiacque avergli sporcato il sofà. Si prese la colpa perché avrebbe dovuto immaginare che sarebbe potuto capitare e che doveva proteggere il tessuto coprendolo quantomeno con un vecchio lenzuolo. - In compenso - soggiunse, cercando di prenderla con filosofia - ho avuto la fortuna di sodomizzare un ventenne vergine perché – aggiunse tornando a parlare in prima persona - ti sei dichiarato di esserlo stato no? –
- Si ero vergine – risposi. –
- Fosse la verità – commentò lui - avresti l’orifizio anale molto elastico di natura e mi spiace averti offerto un cazzo di misure più che normali. In quanto al divano riuscirò a pulirlo. Sei un gran bel ragazzo – aggiunse - con modi molto aggraziati. Potresti divenire un gran bel trans se ti facessi crescere il seno. -
Da quella volta il mio ancheggiare si accentuò e il desiderio di travestirmi da donna divenne sempre più naturale. Curavo le sopracciglia, usavo creme rivitalizzanti per mantenere liscia la pelle, mi truccavo e depilavo. Mi resi conto quanto la condizione psicologica contasse perché la mia voce prendeva sempre più un timbro dolce, le espressioni del volto e i gesti delle mie mani si facevano sempre più leziosi, i miei fianchi divenivano sinuosi e i miei glutei più arrotondati. I polpacci, quella parte del corpo che spesso tradisce i trans, per la loro muscolosità difficile da correggere, li ho avuti, fortunatamente, sempre affusolati e reggono ginocchia tornite e cosce levigate.
Adesso dopo quattro anni dal mio sverginamento e una “vacanza” all’estero, indosso ampie gonne, corte sul ginocchio e con grandi pieghe che esaltano la mia femminilità. Le mie tette richiederebbero una quarta di reggiseno se lo mettessi ma non indossandolo mi fa sentire ancora più effeminato.
Il mio modesto pene, che non supera in erezione gli undici centimetri di lunghezza, pur piccolo che sia, è però incline a facili erezioni; è sufficiente che pensi di essere posseduto da un bel maschione perché mi si rizzi, perciò neanche ci penso di farne a meno. Insomma oggi vivo i miei ventiquattro anni travestendomi da bella gnocca cui gli uomini gettano sguardi interessati, ignari che sotto la sottana celi il pisello.
Esco pure vestito da uomo e vado in parcheggi frequentati da gay o etero che cercano emozioni particolari. Gli appuntamenti al buio eccitano moltissimo la mia libido e non potete immaginare i maschi che si trovino (spesso anche sposati) disposti a seguire la tua auto o tu a seguire la loro.
Una volta un signore, ben oltre la sessantina, volle che gli facessi due pompini. Vi assicuro che venti minuti dopo la prima fellatio, aveva il cazzo in tiro come non avesse eiaculato da mesi e mi scaricò in bocca tanto sperma da stupirmi. Alla faccia dell’andropausa e del periodo refrattario che per i maschi segue l’eiaculazione! Non fu finita perché pretese di sodomizzarmi riuscendo pure nell’intento ma, richiedendo troppo alle sue performance sessuali, non riusciva a eiaculare. Temendo che nello sforzo gli prendesse un malore, dovetti suggerirgli di rinunciare e promettergli che ci saremmo incontrati una seconda volta. Quindici giorni dopo mi allagò per ben due volte l’intestino di sperma.
All’inizio dell’estate scorsa, mi aggredì una gran voglia di essere sodomizzato da un maschione con un pene veramente grosso, di quelli che si vedono nei video porno ma che mai (o quasi) capita di trovare. Un giorno recandomi al supermercato, mi capitò di passare davanti agli scaffali dei cibi per animali e qualcosa attirò la mia attenzione: erano contenitori, a forma di salsiccione, rivestiti di plastica spessa che contenevano mangimi per cani, a base di carne. Erano piuttosto cedevoli al tatto pur mantenendo rigidità e avevano un colore rosa, simile alla pelle umana. Pensai che potessero surrogare il cazzo di un superdotato extra big. Ne comprai uno, tornai a casa, lavai la parte esterna accuratamente, lo scaldai sopra un termosifone e quando supposi avesse raggiunto la temperatura corporea, mi unsi abbondantemente l’orifizio anale con una crema lubrificante e me lo ficcai in culo per più di due terzi. Ressi tanto bene la penetrazione che fui curioso di conoscerne le dimensioni. Me lo tolsi dal culo, andai a prendere un metro a fettuccia e ne misurai sia la circonferenza. Era di 20,5 centimetri che (diviso per tre e quattordici) dava un diametro di 6,6 centimetri. Rimasi stupito. Mi ero ficcato in culo, per più di due terzi una gran bella mazza, lunga 31 centimetri. Mi rimisi in culo il salsiccione e mi masturbai. Però il desiderio di un cazzo vero, invece di acquietarsi, si fece più incalzante.
Il PC mi aiutò nell’intento. In un sito per adulti gay e trans, trovai un annuncio che mi parve interessante. Il latore del messaggio così scriveva:
Trentunenne veramente dotato, signorile, riservato, di ottima cultura cerca un trans dai venti ai trent’anni. Desidero sia molto effeminato e che abbia l’ano particolarmente elastico perché se dovessi comparare il mio uccello a un volatile, non sceglierei un cardellino ma un cigno. - IVAN
Risposi subito
Mi chiamo Giusy. Sono un trans ventiquattrenne, molto effeminato e bello. Dato che lei sostiene di essere tanto dotato da paragonare il suo uccello non a un cardellino ma a un cigno, desidererei incontrarla, sperando che lei non bleffi. Ho l’ano particolarmente adatto alla sodomia e cerco un supercazzo.
Il giorno dopo, trovai la mail di risposta nella posta elettronica. L’uomo mi assicurava di essere come si era descritto. Mi proponeva un incontro l’indomani alle ore 21,30 nel bar ….. di Via…. Si sarebbe fatto riconoscere indossando jeans classici blu, maglietta polo celeste con il marchio della formica e un corpetto nero. Mi avvertiva di non inviargli alcuna conferma perché l’incognita dell’attesa lo eccitava. Aggiungeva che mi sarei dovuto fare riconoscere mettendomi una spilla qualsiasi sulla parte destra dell’abito che avrei indossato ma che avrebbe accettato di accoppiarsi con me soltanto se la mia silhouette fosse stata veramente muliebre.
Attesi con trepidazione la sera successiva. Mi recai all’appuntamento indossando una gonna ampia e corta una quindicina di centimetri sul ginocchio. L’avevo abbinata a camicetta e una giacca. Accrebbi la sensualità delle mie gambe mettendo autoreggenti nere, la cui trama era formata da minuscole farfalle e calzai scarpe con tacco otto per non enfatizzare. Sulla parte destra della giacca appuntai una spilla d’argento che raffigurava un’ape. Mi ero fatto un trucco leggero ma con un rossetto fiammante.
Raggiunto il bar convenuto, trovai l’uomo seduto a un tavolo che sorseggiava un succo di frutta. Ci riconoscemmo subito. Era un bell’uomo, bruno, snello e dimostrava l’età che aveva scritto di avere. M’ispirò simpatia a pelle. M’inviò un sorriso contenuto e scrisse qualcosa su un biglietto, lo lasciò sotto il bicchiere, mi lanciò un’occhiata e uscì dal bar. Raggiunsi il tavolo e presi il foglietto. C’era un numero di cellulare. Lo misi in borsetta. Venne un cameriere e gli ordinai un caffè, lo bevvi in fretta, uscii dal bar, feci qualche decina di metri, presi il cellulare e chiamai:
- Buona sera, Ivan. Sono… -
- Ho inteso chi tu sia - rispose l’uomo. - Sei molto bella, Giusy, più di quel che sperassi. Nel bar ho notato una donna colpire col gomito il suo accompagnatore quando lui ti ha lanciato un’occhiata interessata. -
- Grazie del complimento - risposi con un tono talmente emozionato da sentire la mia voce vibrare.
- Posso darti del tu - disse Ivan - e conversare un po’? Sai, per conoscere le nostre propensioni sessuali. -
- Certamente - risposi. Attesi con ansia che si esprimesse.
- Mi piace la tua voce androgina, è molto vellutata ed io ho gusti particolari in fatto di sesso. Adoro la fica, però ogni tanto avverto la necessità di trasgredire facendo escursioni sulla sponda dei trans d’aspetto muliebre, di quelli che quando si travestono non si noti la loro mascolinità da trenta metri. Hai le tette o porti un reggiseno imbottito? -
- Ho le tette - risposi. Dovrei indossare una quarta di reggiseno se lo mettessi, ma non l’ho fatto in questa circostanza. -
- Molto bene - rispose lui. - Devo chiamarti al femminile o al maschile? -
- Preferirei al femminile… -
- OK! Adesso dimmi Giusy: hai un boy friend fisso? -
- No, Ivan, sono libera. -
- Così è anche meglio - rispose lui con voce ferma. Poi aggiunse: che ne diresti se stasera ti facessi conoscere anche un mio amico di colore? Ha ventotto anni, è un tipo fidatissimo e pure a lui, pur essendo etero, piacciono i trans molto effeminati. Li trova eccitantissimi. -
Rimasi perplesso. Quella variante al programma non l’avevo prevista, ma il mio cazzetto reagì con una semierezione, segno evidente che la mia mente accettava la proposta. La mia iniziale incertezza fu colta però da Ivan. All’orecchio mi risuonò la sua voce. Mi disse con un tono suadente:
- Giusy se non ti va la proposta, dimmelo.. Avvertirò il mio amico di non venire, ma se desideri due supercazzi nella stessa serata, perdi un’occasione unica. -
Avvertii il mio pisellino avere un’impennata più decisa. Anelavo incontrare un vero superdotato e adesso che me ne capitavano due assieme come potevo rinunciare? - Ogni occasione lasciata è persa - pensai. Gli risposi che avrei accettato. Poi gli spiegai che con due maschi, uno dietro l’altro, non l’avevo mai fatto per di più che dicevano essere entrambi superdotati.
-Ti piacciono i grossi calibri, eh, Giusy? - commentò lui facendomi udire un risolino malizioso.
- Sì - risposi con un tono che tradiva emozione - ma - aggiunsi - sebbene possa sembrarti una bugia, non ho mai incontrato un maschio che avesse un pene tanto grosso da considerarlo un superdotato. -
- Giusy, non credo che tu mi abbia mentito, sai? - mi rispose. Poi proseguì a dire:
- I superdotati sopra i venti centimetri sono più rari di quel che s’immagini, persino tra i neri e quei pochi li puoi vedere solo in qualche video porno. – Fece una pausa e mi disse ancora:
- Credi che io abbia bleffato dicendoti di essere superdotato? -
- Spero di no e che il tuo cazzo sia lungo almeno diciannove centimetri. - Avvertii un altro suo risolino quindi aggiungere:
- Giusy, se vuoi sapere quali dimensioni abbia il mio cazzo, ascolta quel che ti dico: il cilindro di cartoncino su cui è arrotolata la carta da cucina è lungo, di regola, ventitré centimetri circa, ebbene il mio cazzo in tiro lo supera di tre. Il diametro del cilindretto è di quattro centimetri, il mio uccello in tiro lo supera di due e ho la cappella un po’ più grossa dell’asta. Non so se ti ho reso l’idea, Giusy. -
- Sì - risposi con un tono che tradiva cautela.
- Giusy, ti sei espressa con un sì dubbioso - commentò Ivan - Sta a te scoprire se io affermi la verità e aggiungo che quello del mio amico di colore è più corto quattro centimetri rispetto al mio ma ha un’asta spropositata. -
- Quanto spropositata - chiesi con apprensione.
- La sua circonferenza alla base é di venti centimetri - disse lui - se conosci un po’ di geometria capisci quanto sia il diametro.
Feci il conto: più di sei centimetri di diametro. Poiché la grossezza uguagliava quella del salsiccione, potevo reggerlo benissimo. Ah che goduria! Tra poco sarei stato sodomizzato da due superdotati!
- Giusy? Ehi Giusy, Rispondi! -
- Sì, mi scusi Ivan. -
- Vuoi smettere di darmi del lei Giusy? Ci accingiamo a diventare conoscenti molto intimi perciò non c’è ragione che tu voglia mantenere le distanze. -
- OK Ivan, ti darò del tu. -
- Bene! – esclamò lui – adesso ti faccio un’altra proposta… -
Già c’era la sorpresa che avrebbe portato un suo amico nero, adesso che altro mutamento mi avrebbe proposto? -
- Nella tua mail – disse lui - mi hai scitto di avere l’orifizio anale elastico e molto abituato, se ricordo bene… -
- Sì - risposi quasi sottovoce. Ciò che intuii mi fece accapponare la pelle e la proposta che mi fece confermò ciò che avevo supposto.
-Che ne diresti, Giusy, se provassimo a sodomizzarti entrambi contemporaneamente? Sarebbe eccitantissimo avere un rapporto a tre congiuntamente. -
- No, Ivan non posso accettare – risposi. – Uno dopo l’altro sì ma entrambi contemporaneamente non so se… per di più se avete i membri, grossi come me li hai descritti. -
- Ascolta, Giusy – insisté lui – ho una crema lubrificante efficacissima, tuttavia sarai tu a stabilire se ti sentirai in grado di provare la sodomia duplice, solo dopo che uno di noi due ti avranno penetrato. –
- Accetto di tentare, Ivan, però devi darmi la tua parola di gentiluomo che uno dei due rinuncerà immediatamente se non ce la facessi? -
- Ci sapremo controllare Giusy: parola d’onore. Ho un camper che ci aspetta in un posteggio a qualche centinaio di metri. Suppongo che il camper ti vada bene per il nostro incontro. Possiamo metterci in qualsiasi posto con quello. -
- Sì, certo. - Sospirai. L’idea di provare a ospitare due superdotati in corpo, mi faceva tremare le gambe.
- Benissimo – disse Ivan, adesso prosegui fino all’incrocio. Mi troverai dietro l’angolo di destra. Intanto avviso il mio amico. Sarà qui prima che tu arrivi. -
Raggiunsi Ivan. Un nero sulla trentina, non particolarmente alto ma robusto, con la pelle dal colore dell’ebano, era accanto a lui. Entrambi mi guardarono con occhi incantati, talmente mi trovarono effeminato.
- Sul serio sei un maschio, Giusy? - mi chiese stupito Ivan.
Ero talmente emozionato che mi venne di rispondergli soltanto con un assenso.
Ivan mi trasse in un angolo, si accertò che non ci fossero persone nelle vicinanze, mi slacciò due bottoni della camicetta e introdusse nell’apertura una mano. Vidi le sue sopracciglia arcuarsi e il suo volto assumere un’espressione di grande soddisfazione. Mi strinse la mammella sinistra ed esclamò sottovoce:
- Cazzo che roba! Hai ancora il pisello? -
Annuii.
- Ti si rizza? -
Assentii ancora.
Il nero mi sorrise. I suoi denti, bianchissimi, a contrasto con le labbra scure e molto carnose, mi fecero avvertire un brivido lungo la schiena.
- Ti presento Alan - mi disse Ivan riabbottonandomi la camicetta.
Il nero mi porse una mano grossa e tozza. Mi parve fosse una morsa a serrarmi le dita.
- Il tuo aspetto è di una femminilità sconcertante - riprese a dire Ivan. - Sei bellissima, Giusy! Uno schianto di biondina. -
Mi sentii fremere. Quell’uomo aveva un fascino talmente sensuale che mi attraeva.
- Avviamoci, Giusy - mi disse Ivan prendendomi la mano.
L’emozione aveva azzerato la mai salivazione. Lui si accorse del mio stato d’animo. Mi disse che capiva la mia emozione e che pure lui, anche se non lo dava a vedere, si sentiva agitato perché mai gli era capitato di incontrare un trans tanto effeminato.
Ci avviammo verso il camper. Ivan si guardò bene dal farmi camminare tra loro per non suscitare risatine di maliziosi passanti Suggerì ad Alan che dovesse precederci di una trentina di metri e a me propose di prenderlo sottobraccio e procedere con la calma di normalissimi fidanzati che passeggiavano.
L’interno del camper, se pur con i limiti di un mezzo che non poteva avere la larghezza di una camera matrimoniale, era arredato piuttosto lussuosamente. Un letto più largo di una piazza lasciava solo lo spazio per il passaggio da un lato. Vidi Alan strofinarsi il davanti dei pantaloni. I “giochi” stavano per iniziare. Ivan sedette sul letto, disse di mettermi di fronte a lui, poi mi sollevò la gonna per accertarsi di come fossero lisce e depilate le mie cosce. Emise un gridolino di sorpresa nel verificare il loro aspetto veramente muliebre, e come le autoreggenti a rete che avevo indossato, ne esaltassero la femminilità. Me le accarezzò giungendo alle mutandine. Dalle sue labbra uscì un oh di sorpresa nello scoprire quanto fosse in tiro il mio cazzetto fuoriuscito dai succinti slip di pizzo bianco. Mi tolse l’indumento con voluta lentezza e mi accarezzò il pisello dal pube depilato, me lo scappellò e me lo prese tutto in bocca. Evidentemente per lui era un’emozione particolare succhiare il cazzo in tiro di un trans al quale, di maschile, era rimasto soltanto quella modesta appendice e i testicoli. Me lo succhiò fino a che non gli dissi che se avessi avuto l’orgasmo, una parte della mia libido si sarebbe scaricata perché ero pur sempre un maschio. Mi sorrise dicendomi quanto fossi esperto, poi mi spiegò che non avrebbe mai preso in bocca, per tutto l’oro del mondo, il cazzo di un maschio virile e villoso ma che i trans molto effeminati lo facevano impazzire perché li considerava arcani e dalle mille sfaccettature sessuali. Volle che mi sedessi accanto a lui, poi iniziò a leccarmi il collo, le orecchie e le guance fino a trovare la mia bocca. Le nostre lingue duellarono alla ricerca delle mucose più recondite; fu un bacio profondo e ardente. Ci staccavamo per respirare, poi le nostre bocche tornavano a fondersi. Mentre ci baciavamo, mi prese la mano e me la portò sulla sua zona inguinale. Sentii che sotto premeva qualcosa di enorme. A un tratto fu lui a mettersi in piedi di fronte a me. Un gran bozzo adesso premeva sotto i suoi Jeans. Mi disse di chinarmi e tirarglieli in basso. Gli tolsi il bottone dall’asola, trassi giù lo zip e gli abbassai i pantaloni fin sulle ginocchia. Una mazza rosea, che spiccava sul pube peloso, apparve subito davanti ai miei occhi perché Ivan non portava intimo. So che esistono cazzi di lunghezze maggiori ma, credetemi, una mazza vera, di carne pulsante, che aveva tutto l’aspetto di essere lunga veramente venticinque centimetri, e con una cappella che in grossezza superava l’asta, impressiona. Quel pene mi mise in soggezione: somigliava a un ariete in miniatura, di quelli che usavano gli armigeri per scardinare i portoni dei castelli assediati. Pensare che Ivan avrebbe provato a mettermelo nel retto, perdi più congiunto a quello di Alan, m’intimoriva ma allo stesso tempo mi spronava almeno a provarci. Lo avvolsi con la mano, lo scappellai tirando in basso la pelle del prepuzio. Vidi una lacrima di liquido prespermatico apparire dall’orifizio dell’uretra. Mi sembrò una perla. La leccai e ne assaggiai il delicato sapore salato. Avvertii il camper partire. Ivan, terminando di spogliarsi, mi disse che Alan ci avrebbe portato in un luogo tranquillo di periferia.
Ci fermammo su uno spiazzo solitario. Un minuto dopo mi erano entrambi accanto. Ivan fece un cenno ad Alan perché pure lui si spogliasse. Sgranai gli occhi nel vedere la sua clava. Era di dimensioni impressionanti. Forse non più lungo di una ventina di centimetri, superava il cazzo di Ivan in mole. Posai gli occhi su l’uno e sull’altro. Grosse vene, gonfie di sangue, avvolgevano entrambe le possenti proboscidi umane. Vollero che le palpassi insieme e che ne maneggiassi delicatamente i coglioni. Così feci. Quanta emozione avere in mano due potenze simili che sembravano veri e propri totem della virilità! Alan mi disse di succhiarglielo; poche parole pronunciate con un tono profondo e maschio. Ci provai. Dovetti spalancare la bocca per tentare di ospitare il suo glande, ma non mi rimaneva spazio sufficiente per ciucciargli l’asta. Sollevai lo sguardo. Vidi che mi sorrideva. Il candore dei suoi denti spiccò tra due labbra brune come l’ossidiana. Poi un pensiero mi attraversò la mente: sarebbe stato in grado il mio sfintere di dilatarsi al punto di lasciare passare quelle due stanghe di carne? Fremetti. Con la coda dell’occhio notai che Ivan apriva un armadietto. Ne trasse un vasetto di vetro. Notai che il barattolo conteneva una sostanza biancastra semitrasparente. Mi tornò accanto e mi suggerì di togliermi la cappella di Alan dalla bocca perché voleva rispondessi a voce a ciò che mi avrebbe detto.
- Apri il barattolo, Giusy - mi chiese. Svitai il coperchio metallico. Vidi la sostanza che conteneva. Era una sorta di gel semidenso che emanava un gradevole profumo.
- Toccala con un dito - mi disse. Lo feci. Quella sostanza era molto scivolosa.
- È un’ottima crema per rapporti anali - mi spiegò Ivan, poi aggiunse:
- Giusy, adesso che hai visto le dimensioni dei nostri cazzi, dacci la conferma che desideri essere sodomizzato da entrambi contemporaneamente. –
- Ivan – risposi titubante – la voglia di provare ne ho tanta, credimi, però adesso che ho visto con gli occhi quanto siano grossi i vostri cazzi, non so se… -
- Giusy, non preoccuparti. Rinunceremmo se costatassimo di cagionarti troppo dolore. Sarai tu a decidere. In ogni modo t’inculerà per primo Alan, poi ci dirai se avverti di avere spazio anche per me. In caso contrario attenderò il mio turno. Allora? -
Non sapevo che cosa rispondere. Rimanevo a fissarli negli occhi, poi davo occhiate vogliose alle loro torri di carne: massiccia quella di Alan, più lunga e snella, si fa per dire, quella di Ivan perché era pur sempre di notevole diametro. Mi venivano i brividi solo a pensare che avrei dovuto “ospitarle” in culo contemporaneamente quelle mazze. Il mio sfintere si sarebbe dovuto dilatare fino a trasformare il retto in una caverna.
Ivan attendeva la mia risposta con le labbra assottigliate da un sorriso disteso. Mi accarezzò le spalle, con entrambe le mani. Mi sussurrò che avevo la pelle liscia come seta. Volle che mi spogliassi rimanendo soltanto con le autoreggenti a rete. Si chinò per accarezzarmi le cosce e mentre mi toccava il cazzetto, prese a leccarmi le mammelle soffermandosi a mordicchiarmi i capezzoli. Quei bottoncini rosei ce li avevo particolarmente sensibili perciò arcuavo la schiena gemendo a ogni stretta dei suoi denti.
Intanto Alan si era posto davanti a me perché ammirassi la sua poderosa virilità. Il suo cazzone, adesso, era talmente eretto da rimanere in verticale. Avevo il cuore in gola. Erano anni che cercavo un vero superdotato ma adesso che ne avevo addirittura due a disposizione come potevo rinunciare a un’occasione più unica che rara?
- Giusy - mi sussurrò Ivan in un orecchio – ti senti pronta a prendere in culo il cazzo di Alan, per adesso? -
- Sì - risposi con un tono bramoso. Quanto mi sento femmina negli istanti che precedono la mia penetrazione anale!
- Adesso - mi disse ancora Ivan, ti spiego come prendere la posizione giusta. Alan si sdraierà sul letto e tu ti porrai sopra di lui, inginocchiato, sporgendoti in avanti con il busto, come volessi baciarlo. Potrai così esporre il tuo buco del culo a me, che te lo lubrificherò molto, fuori e dentro, quindi ti solleverai in verticale al corpo di Alan, lui appoggerà il suo cazzo al tuo sfintere e ti calerai con il peso del corpo per impalarti a esso fino a che non sentirai i coglioni appoggiarsi ai tuoi glutei. Dopo tenterò la seconda penetrazione ma dovrai essere tu a dirmi se tu ti sentirai in grado di ospitare anche me. -
Assentii. Avvertivo il viso in fiamme per l’emozione e le farfalle nello stomaco per l’eccitazione. In qualche video porno avevo visto uomini e donne farsi penetrare il culo addirittura da due mani quindi avrei potuto anche tentare. Vidi Alan sdraiarsi sul letto e attendere che gli andassi sopra. M’inginocchiai su di lui fremendo. La voglia di essere penetrato era talmente al culmine che mi sarei calato su quella mazza senza attendere che Ivan mi spalmasse il gel sull’orifizio anale.
Mi sentii allargare i glutei e leccare lo sfintere. Era Ivan che mi “ripuliva” l’accesso. M’infilò la punta della lingua nel culo, facendo uno strano rumore nasale di goduria. Poi iniziò a lubrificarmi abbondamente con il suo gel scivolosissimo. Sentii che m’inseriva due o tre dita nel retto. Le rigirò dentro come volesse sondare le mie capacità dilatatorie. Mi rivelò di avermi introdotto in culo la punta di tutte e cinque le dita della sua mano destra tenendole a becco d’uccello. Mi chiese se avvertissi dolore. Gli risposi di no.
- Il tuo orifizio è elasticissimo - mi disse emettendo un gridolino di sorpresa. Mi chiese se dovesse seguitare a “preparami” introducendo le dita ancora più a fondo. Gli risposi con un cenno di assenso. Subito dopo sentii le dita di Ivan aumentare la pressione. Avvertii il mio orifizio anale dilatarsi senza provocarmi troppo dolore.
- Hai un buco favoloso - mi disse Ivan forzando di più la pressione delle dita. Emisi un gemito non di dolenza ma di godimento. Ormai era chiaro che l’intenzione di Ivan era di mettermi tutta la mano nel retto per dimostrarmi che un’inculata doppia era possibile la reggessi, sebbene i loro cazzi fossero fuori del comune.
- Giusy - mi avvertì Ivan - ti ho infilato la mano in culo fin quasi alle nocche. Vuoi che seguiti? -
- Sì - le dissi con un tono bramoso.
- Abbassati a baciare Alan in bocca. Voglio dare la pressione decisiva mentre le vostre lingue s’intrecceranno. -
Guardai le labbra carnose di Alan, semiaperte, rese sensuali dal nero della pelle a contrasto con i suoi denti bianchissimi. Mai avevo baciato un maschio di colore. Il solo pensiero che stavo per farlo mi emozionava al punto da avvertire lo stomaco liquefarsi. Mi abbassai su di lui. Le mie labbra sfiorarono le sue. Ne avvertivo il respiro tiepido sul viso. Doveva avere masticato una mentina. Mi sorrise. Corrisposi. Gli sussurrai quanto fosse affascinante. Tra i suoi denti intravidi una lingua rosea e invitante. Poi la mia bocca si fuse con la sua. Le nostre salive si mescolarono come per generare un fluido multietnico. A un tratto avvertii la mano di Ivan aumentare progressivamente la pressione sul mio sfintere. Gemetti nasale nella bocca di Alan: un po’ di dolore e tanta sensazione di goduria. Avvertii proprio l’istante in cui il mio orifizio stellare si dilatava per fare passare le nocche della mano, poi essa che era inghiottita dal mio retto sino al polso.
- Giusy, sei favolosa! - esclamò Ivan. Adesso stringerò la mano a pugno e te la rigirerò pian, piano nel culo. Sentii che incominciò a muoverla lentamente, mormorando quanto fossero avide e ospitali le mie viscere. Un intenso godimento mentale mi calò addosso come un caldo manto di ovatta. Ivan mi parve talmente abile da farmi pensare: chissà quante volte lo avrà fatto. Presi a baciare con più irruenza la bocca di Alan e seguitai a intrecciare la mia lingua con la sua, fino a che non sentii Ivan togliermi la mano dal retto con un rumore simile a un tappo tolto rapidamente da una bottiglia di vino.
- Giusy - mi disse Ivan sogghignando di piacere - ti è rimasto il buco dilatato quasi quanto il fondo di un bicchiere, sai? Adesso sei più che pronta a ospitare il cazzo di Alan. - poi aggiunse:
- Il tuo sfintere aperto mi trasmette una tale libidine che t’inculerei adesso, anticipando Alan, ma voglio prima godermi i momenti in cui lui appoggerà la sua cappella al tuo orifizio slargato, e guardare mentre t’infilerà tutto il suo cazzone negli intestini, fino alle palle. - Si rivolse ad Alan dicendogli che era giunto il suo momento.
Alan mi fece sollevare un po’ per appoggiare il glande del suo poderoso cazzone al mio sfintere. Sentii quella poderosa cappella turarmi quel che ancora rimaneva dilatato, poi il nero mi disse di calarmi sulla sua mazza. Lo feci. Sentii il suo glande penetrarmi nel retto senza particolare difficoltà. Chiusi gli occhi e calai, lentamente, con il peso del corpo, su quella proboscide carnosa e nera come l’avorio. Avvertivo che il mio ano faceva penetrare quella clava con facilità, quasi senza dolenza. Eccitato come mai lo ero stato, tolsi il freno alla prudenza e mi calai sul quel randello di carne pulsante con più decisione.
Ivan, che seguiva la scena, si masturbava lentamente. Sentii che mi diceva:
- Più della metà ti è entrato in culo. Dai, Giusy calati ancora e il tuo ventre inghiottirà completante il cazzo di Alan. Ecco brava così, mancano pochi centimetri ancora e sarai impalata. -
I miei glutei calarono sui testicoli di Alan, grossi come uova di tacchino. Godevo come mai avevo goduto. Il mio era un piacere tutto mentale ma intenso e sublime. Mi chinai in avanti e cercai ancora le labbra di Alan. Affondai la lingua nella sua bocca, le nostre salive si mescolarono ancora. A un tratto sentii qualcosa premere sulla parte superiore del mio sfintere, qualcosa che voleva entrare anch’esso nel mio ventre. Con la coda dell’occhio vidi che Ivan si era chinato dietro di me tenendo le ginocchia tra le gambe di Alan. Mi disse che avrebbe atteso il mio consenso per imprimere al suo cazzo una maggiore pressione. La tentazione di acconsentire rimandava al mio sfintere, già dilatato, ripetute contrazioni e rilassamenti che si scaricavano sul cazzo di Alan. Chiesi a Ivan di lubrificare abbondantemente il suo uccello ma che prima di premere dovesse saggiare la mia capacità di ospitare anche il suo cazzo, mettendomi due dita in culo, incastrandole tra la mia parete sfinterica e l’asta di Alan.
- Farò come vuoi Giusy -
Sentii Ivan ritrarre il cazzo. Mi disse che si stava lubrificando il dito indice e il medio della mano destra. Qualche istante di suspense, poi sentii Ivan che le spingeva le dita per incunearmele nel retto tra la parete superiore del mio sfintere e il cazzo di Alan. Le sentii entrare. Ivan mi disse se provassi dolore. Gli risposi di sì ma che era sopportabile perché il suo gel lubrificante era portentoso. Gemetti, anzi dalla mia bocca uscì un mugolio sommesso come se con quel suono volessi far sapere a Ivan che poteva togliere le dita e provare a schiaffarmi in pancia anche la sua nerchia.
Se la brama di provare la duplice sodomia potesse essere mandata in orbita, la mia sarebbe uscita dall’attrazione terrestre per girare attorno a Venere e le parole rudi con cui Alan mi parlò, non fecero che moltiplicare la mia eccitazione.
- Adesso, Giusy sto lubrificando il mio uccello fino alle palle e tra poco te lo schiafferò nel ventre! -
Alan, sotto di me, mi sorrideva e mi faceva vedere la lingua affinché fossi invogliato a baciarlo ancora. Mi disse che il mio intestino era tanto ospitale che se avesse potuto avrebbe tenuto il suo cazzone nel calduccio delle mie viscere un mese intero senza fargli prendere aria. Quella fu la frase più lunga che l’africano mi disse quella sera. Sentii Ivan porsi nella posizione a lui più adatta e la cappella del suo ariete si accostò alla base del cazzo di Alan, poi cominciò a premere, dapprima con prudenza, quindi con maggiore decisione. Mi suggerì di avvicinare il petto a quello di Alan affinché i miei glutei assumessero una posizione più esposta. Gli ubbidii. Arcuai la schiena senza staccare la mia bocca da quella del nero. La mia rinnovata posizione obbligò il cazzo del nero a sfilarsi un po’ dal mio retto, ma ne avevo pur sempre dentro una quindicina di centimetri.
- Giusy - disse Ivan con un tono stupito - Il mio cazzo ti sta entrando in corpo come se il tuo retto lo volesse inghiottire. -
Infatti, sentivo la sua proboscide scivolare nelle mie viscere non senza dolore, ma scorreva. Ciò che mi capitava era incredibile. Da anni cercavo una grande mazza di carne viva, che mi rompesse il culo, e adesso il mio desiderio era realtà moltiplicata per due. A mano a mano che la nerchia di Ivan avanzava, mi sentivo allargato, dilatato, profanato, impalato, sfondato, ed era la sensazione di totale riempimento che mi trasmetteva al cervello sensazioni d’indicibile goduria. Certo, sentivo dolenza ma che associavo di più al blu del piacere che al rosso del soffrire.
Intanto Ivan seguitava imperterrito la sua lenta avanzata per l’espugnazione duplice delle mie profondità. Sentii la peluria del suo pube toccarmi i glutei, poi lui dirmi che il suo cazzo era arrivato al capolinea: venticinque centimetri nel mio intestino.
- Alan comincia a muoverti, avanti e indietro - gli suggerì Ivan - dapprima lentamente, poi aumenteremo il ritmo quando impareremo a muoverci in sincronia. -
Così fecero i miei due superdotati. Sentii i loro cazzi incominciare a stantuffarmi il culo con cadenze sempre più regolate. Infine riuscirono ad accordare i movimenti alla perfezione. Sentivo i loro cazzi uscire quasi completamente dal mio ventre, poi affondare in esso con una facilità sempre maggiore, al punto da farmi immaginare che il mio sfintere potesse ospitarne anche tre se l’anatomia umana delle posizioni l’avesse permesso. Avvertivo gli ansiti dei miei sodomizzatori farsi più rapidi. Pure io dovetti allontanare la bocca da quella di Alan, per dare maggiore sfogo ai gemiti. Dalla gola di Alan cominciarono a uscire sordi rumori strozzati, come volesse ritardare l’eiaculazione per accordarla con quella di Ivan.
Ivan iniziò a emettere gorgoglianti mugolii di gola. Entrambi aumentarono la rapidità delle stantuffate. Pure io avvertivo i primi stimoli dell’orgasmo. Mi sentivo sbattuto come una bambola di pezza da quei due maschioni che tra pochi istanti mi avrebbero inondato gli intestini di sperma. Fu per primo Ivan a emettere forti mugolii, segno che mi stava sborrando in corpo. Poi anche Alan iniziò a gemere ad alta voce. Nella foga dei movimenti e degli attriti, non avvertivo il loro sperma riversarsi nelle mie viscere, ma sicuramente era un fiume biancastro che si riversava nelle mie budella. Il mio cazzetto, che strofinava sull’addome di Alan, mi rimandò i primi segnali orgasmici. Li avvisai che stavo per venire, emettendo gridolini femminei. Loro ripresero a stantuffarmi il culo con rinnovata lena schizzandomi nel ventre gli ultimi getti di sperma. Eiaculai sul petto di Alan con strilli acuti. Avevo avvertito un piacere fisico tanto intenso da essere stato quasi insopportabile. Che favolosa inculata avevo subito! Fu Ivan che per primo sfilò il suo cazzo semieretto dal mio addome. Il cazzo di Alan, invece, mi rimase dentro, duro e fiero come un guerriero macedone che voleva ancora combattere. Lui mi chiese se poteva rimanermi ancora dentro perché voleva provare a raddoppiare il suo enteroclisma di sborra dopo un riposino. Gli feci capire che assentivo tornando a baciarlo. Rimase immobile nel mio retto per una decina di minuti, poi ricominciò a stantuffarmi il culo con il suo indomito pistone di carne. La “danza” durò forse cinque minuti senza pause, un tempo che può apparire breve, ma vi assicuro che cinque minuti d’orologio, non sono pochi per chi è già stato sodomizzato. Vedevo il corpo bruno di Alan luccicare di sudore e pure io avvertivo una goccia colarmi tra l’incavo dei seni. Avevo l’orifizio anale indolenzito ma i miei occhi brillavano di gioia nel sentire con quanta energia l’africano, stringendomi i fianchi con le sue robuste mani, mi facilitasse il movimento. Quando, finalmente, eiaculò, scorsi sul suo viso una specie di goduria finalmente saziata e una virgola espressiva di sofferente sollievo, come se il periodo refrattario al sesso gli ordinasse di mollare definitivamente le sue velleità virili. Il suo cazzo mi scivolò via dal culo ormai mezzo moscio.
Ivan mi disse, con un tono soddisfatto, che lo sfintere me lo avevano talmente allargato da apparire come l’ingresso di una galleria dell’autostrada.
Decidemmo di sdraiarci sul letto, riparati da una leggera coperta. Ci addormentammo con me in mezzo.
Dalle tendine delle finestrelle del camper entrava il chiarore dell’alba quando ci svegliammo. Baciai ora l’uno, ora l’altro, con foga, chiesi loro di succhiarmi i capezzoli. Preso dalla foia, leccai loro le palle, poi chiesi che m’inculassero ancora assieme. Lo fecero cavalcandomi lungamente prima di raggiungere l’orgasmo. Ero così gratificato che sarei tornato a casa con quei due cazzoni infilati nell’intestino.
Per qualche giorno dovetti fare clisteri e sciacqui con acqua di camomilla, ma ero felice. Si dice che la grossezza del cazzo non abbia importanza ma non per me!
Avevo vent’anni quando mi feci sodomizzare per la prima volta da un signore sulla cinquantina incontrato in un cinema, quattro anni fa. Ero andato in centro ad acquistare un profumo ma il negozio nel quale mi servivo era chiuso per ferie. Decisi di andare a vedere un film. Premetto che ho sempre avuto inclinazioni omosessuali con atteggiamenti effeminati e più di una volta mi ero recato al cinema con l’intenzione di palpare un maschio ma fino a quel pomeriggio mi ero tirato sempre indietro dopo goffi tentativi di approccio, oppure avevo cambiato posto nel momento in cui l’occasionale “ospite” voleva toccare me.
In ogni caso c’è un metodo efficace per capire se un uomo è disponibile all’approccio perché di regola i ricettivi rimangono in piedi, in fondo alla sala, addossati alla parete e attendono che qualcuno, sedendosi sull’ultima fila, si faccia notare distendendo il braccio sulla poltrona vuota di fianco, o viceversa, ma torniamo al racconto:
Lo scenario notturno, che in quel momento era proiettato sullo schermo, mi obbligò a fermarmi addossandomi alla parete dell’ingresso per abituare gli occhi all’oscurità. In sala non c’erano molte persone ma, a un paio di metri da me, spuntò dalla penombra una figura maschile. Guardai l’uomo, lui ricambiò lo sguardo. Per quanto la luce fosse debole, notai che era un signore distinto, sulla quarantina. Sicuro che avrebbe accettato l’invito mi affrettai a sedermi in un lato dell’ultima fila e occupai le seconda poltroncina. Allungai il braccio sulla spalliera vuota e di tanto in tanto davo occhiate alle mie spalle, per far intendere all’uomo la mia disponibilità. Non passò molto tempo che lui venne a sedersi di fianco a me. Fu lui a prendermi la mano per poggiarsela sui pantaloni all’altezza del pube. Feci il solito gesto di ritrarre indietro il braccio ma lui mi bisbigliò:
- Per favore non tirarti indietro dopo avermi invogliato. –
Mi trattenne la mano, poi aggiunse:
- Hai un viso bellissimo. –
Feci il gesto di alzarmi per cambiare posto mai lui mi disse:
- Perché fai così? Il mio cazzo non morde. Sei forse uno di quegli indecisi che muoiono dalla voglia di farlo ma perdono il coraggio all’ultimo momento? –
- Sì – gli risposi. – mi sentivo la bocca asciutta per l’emozione. – Non l’ho mai fatto e… -
- Rilassati - mi suggerì – e se veramente ti piace il cazzo, lasciati andare al desiderio di toccarlo. - Si tirò giù la cerniera e mi accorsi che non portava mutande perché il suo cazzo mi balzò subito in mano. Provai un’indescrivibile emozione nel sentire quanto fosse velluta e allo stesso tempo eretta quell’appendice di carne pulsante.
- Masturbami un po’ – mi disse.
Iniziai a menarglielo, dapprima con un movimento impacciato, poi con sempre maggiore dimestichezza. Pure il mio cazzetto si eresse. Quell’uomo mi sussurrò nelle orecchie che possedeva una garconnière e che desiderava invitarmi a prendere un tè. Accettai col cuore in gola. Uscimmo dal cinema, mi disse di seguirlo a una certa distanza poi di salire sulla sua auto. Percorremmo forse un paio di chilometri prima di raggiungere una zona residenziale fatta di palazzoni nei quali, in una città grande come la mia, potevi rimanere un perfetto sconosciuto persino al vicino di pianerottolo. Quel signore mi offrì realmente il tè, poi mi “regalò” anche qualcos’altro: mi sverginò il culo lubrificandomelo con acqua e sapone. Mi disse di pormi inginocchiato sul divano. Gli porsi i glutei e mi penetrò alla pecorina. Pensavo di avvertire un gran dolore ma non fu così, anzi mi eccitai al punto che, mentre mi “lavorava” il retto, eiaculai. Mi dispiacque avergli sporcato il sofà. Si prese la colpa perché avrebbe dovuto immaginare che sarebbe potuto capitare e che doveva proteggere il tessuto coprendolo quantomeno con un vecchio lenzuolo. - In compenso - soggiunse, cercando di prenderla con filosofia - ho avuto la fortuna di sodomizzare un ventenne vergine perché – aggiunse tornando a parlare in prima persona - ti sei dichiarato di esserlo stato no? –
- Si ero vergine – risposi. –
- Fosse la verità – commentò lui - avresti l’orifizio anale molto elastico di natura e mi spiace averti offerto un cazzo di misure più che normali. In quanto al divano riuscirò a pulirlo. Sei un gran bel ragazzo – aggiunse - con modi molto aggraziati. Potresti divenire un gran bel trans se ti facessi crescere il seno. -
Da quella volta il mio ancheggiare si accentuò e il desiderio di travestirmi da donna divenne sempre più naturale. Curavo le sopracciglia, usavo creme rivitalizzanti per mantenere liscia la pelle, mi truccavo e depilavo. Mi resi conto quanto la condizione psicologica contasse perché la mia voce prendeva sempre più un timbro dolce, le espressioni del volto e i gesti delle mie mani si facevano sempre più leziosi, i miei fianchi divenivano sinuosi e i miei glutei più arrotondati. I polpacci, quella parte del corpo che spesso tradisce i trans, per la loro muscolosità difficile da correggere, li ho avuti, fortunatamente, sempre affusolati e reggono ginocchia tornite e cosce levigate.
Adesso dopo quattro anni dal mio sverginamento e una “vacanza” all’estero, indosso ampie gonne, corte sul ginocchio e con grandi pieghe che esaltano la mia femminilità. Le mie tette richiederebbero una quarta di reggiseno se lo mettessi ma non indossandolo mi fa sentire ancora più effeminato.
Il mio modesto pene, che non supera in erezione gli undici centimetri di lunghezza, pur piccolo che sia, è però incline a facili erezioni; è sufficiente che pensi di essere posseduto da un bel maschione perché mi si rizzi, perciò neanche ci penso di farne a meno. Insomma oggi vivo i miei ventiquattro anni travestendomi da bella gnocca cui gli uomini gettano sguardi interessati, ignari che sotto la sottana celi il pisello.
Esco pure vestito da uomo e vado in parcheggi frequentati da gay o etero che cercano emozioni particolari. Gli appuntamenti al buio eccitano moltissimo la mia libido e non potete immaginare i maschi che si trovino (spesso anche sposati) disposti a seguire la tua auto o tu a seguire la loro.
Una volta un signore, ben oltre la sessantina, volle che gli facessi due pompini. Vi assicuro che venti minuti dopo la prima fellatio, aveva il cazzo in tiro come non avesse eiaculato da mesi e mi scaricò in bocca tanto sperma da stupirmi. Alla faccia dell’andropausa e del periodo refrattario che per i maschi segue l’eiaculazione! Non fu finita perché pretese di sodomizzarmi riuscendo pure nell’intento ma, richiedendo troppo alle sue performance sessuali, non riusciva a eiaculare. Temendo che nello sforzo gli prendesse un malore, dovetti suggerirgli di rinunciare e promettergli che ci saremmo incontrati una seconda volta. Quindici giorni dopo mi allagò per ben due volte l’intestino di sperma.
All’inizio dell’estate scorsa, mi aggredì una gran voglia di essere sodomizzato da un maschione con un pene veramente grosso, di quelli che si vedono nei video porno ma che mai (o quasi) capita di trovare. Un giorno recandomi al supermercato, mi capitò di passare davanti agli scaffali dei cibi per animali e qualcosa attirò la mia attenzione: erano contenitori, a forma di salsiccione, rivestiti di plastica spessa che contenevano mangimi per cani, a base di carne. Erano piuttosto cedevoli al tatto pur mantenendo rigidità e avevano un colore rosa, simile alla pelle umana. Pensai che potessero surrogare il cazzo di un superdotato extra big. Ne comprai uno, tornai a casa, lavai la parte esterna accuratamente, lo scaldai sopra un termosifone e quando supposi avesse raggiunto la temperatura corporea, mi unsi abbondantemente l’orifizio anale con una crema lubrificante e me lo ficcai in culo per più di due terzi. Ressi tanto bene la penetrazione che fui curioso di conoscerne le dimensioni. Me lo tolsi dal culo, andai a prendere un metro a fettuccia e ne misurai sia la circonferenza. Era di 20,5 centimetri che (diviso per tre e quattordici) dava un diametro di 6,6 centimetri. Rimasi stupito. Mi ero ficcato in culo, per più di due terzi una gran bella mazza, lunga 31 centimetri. Mi rimisi in culo il salsiccione e mi masturbai. Però il desiderio di un cazzo vero, invece di acquietarsi, si fece più incalzante.
Il PC mi aiutò nell’intento. In un sito per adulti gay e trans, trovai un annuncio che mi parve interessante. Il latore del messaggio così scriveva:
Trentunenne veramente dotato, signorile, riservato, di ottima cultura cerca un trans dai venti ai trent’anni. Desidero sia molto effeminato e che abbia l’ano particolarmente elastico perché se dovessi comparare il mio uccello a un volatile, non sceglierei un cardellino ma un cigno. - IVAN
Risposi subito
Mi chiamo Giusy. Sono un trans ventiquattrenne, molto effeminato e bello. Dato che lei sostiene di essere tanto dotato da paragonare il suo uccello non a un cardellino ma a un cigno, desidererei incontrarla, sperando che lei non bleffi. Ho l’ano particolarmente adatto alla sodomia e cerco un supercazzo.
Il giorno dopo, trovai la mail di risposta nella posta elettronica. L’uomo mi assicurava di essere come si era descritto. Mi proponeva un incontro l’indomani alle ore 21,30 nel bar ….. di Via…. Si sarebbe fatto riconoscere indossando jeans classici blu, maglietta polo celeste con il marchio della formica e un corpetto nero. Mi avvertiva di non inviargli alcuna conferma perché l’incognita dell’attesa lo eccitava. Aggiungeva che mi sarei dovuto fare riconoscere mettendomi una spilla qualsiasi sulla parte destra dell’abito che avrei indossato ma che avrebbe accettato di accoppiarsi con me soltanto se la mia silhouette fosse stata veramente muliebre.
Attesi con trepidazione la sera successiva. Mi recai all’appuntamento indossando una gonna ampia e corta una quindicina di centimetri sul ginocchio. L’avevo abbinata a camicetta e una giacca. Accrebbi la sensualità delle mie gambe mettendo autoreggenti nere, la cui trama era formata da minuscole farfalle e calzai scarpe con tacco otto per non enfatizzare. Sulla parte destra della giacca appuntai una spilla d’argento che raffigurava un’ape. Mi ero fatto un trucco leggero ma con un rossetto fiammante.
Raggiunto il bar convenuto, trovai l’uomo seduto a un tavolo che sorseggiava un succo di frutta. Ci riconoscemmo subito. Era un bell’uomo, bruno, snello e dimostrava l’età che aveva scritto di avere. M’ispirò simpatia a pelle. M’inviò un sorriso contenuto e scrisse qualcosa su un biglietto, lo lasciò sotto il bicchiere, mi lanciò un’occhiata e uscì dal bar. Raggiunsi il tavolo e presi il foglietto. C’era un numero di cellulare. Lo misi in borsetta. Venne un cameriere e gli ordinai un caffè, lo bevvi in fretta, uscii dal bar, feci qualche decina di metri, presi il cellulare e chiamai:
- Buona sera, Ivan. Sono… -
- Ho inteso chi tu sia - rispose l’uomo. - Sei molto bella, Giusy, più di quel che sperassi. Nel bar ho notato una donna colpire col gomito il suo accompagnatore quando lui ti ha lanciato un’occhiata interessata. -
- Grazie del complimento - risposi con un tono talmente emozionato da sentire la mia voce vibrare.
- Posso darti del tu - disse Ivan - e conversare un po’? Sai, per conoscere le nostre propensioni sessuali. -
- Certamente - risposi. Attesi con ansia che si esprimesse.
- Mi piace la tua voce androgina, è molto vellutata ed io ho gusti particolari in fatto di sesso. Adoro la fica, però ogni tanto avverto la necessità di trasgredire facendo escursioni sulla sponda dei trans d’aspetto muliebre, di quelli che quando si travestono non si noti la loro mascolinità da trenta metri. Hai le tette o porti un reggiseno imbottito? -
- Ho le tette - risposi. Dovrei indossare una quarta di reggiseno se lo mettessi, ma non l’ho fatto in questa circostanza. -
- Molto bene - rispose lui. - Devo chiamarti al femminile o al maschile? -
- Preferirei al femminile… -
- OK! Adesso dimmi Giusy: hai un boy friend fisso? -
- No, Ivan, sono libera. -
- Così è anche meglio - rispose lui con voce ferma. Poi aggiunse: che ne diresti se stasera ti facessi conoscere anche un mio amico di colore? Ha ventotto anni, è un tipo fidatissimo e pure a lui, pur essendo etero, piacciono i trans molto effeminati. Li trova eccitantissimi. -
Rimasi perplesso. Quella variante al programma non l’avevo prevista, ma il mio cazzetto reagì con una semierezione, segno evidente che la mia mente accettava la proposta. La mia iniziale incertezza fu colta però da Ivan. All’orecchio mi risuonò la sua voce. Mi disse con un tono suadente:
- Giusy se non ti va la proposta, dimmelo.. Avvertirò il mio amico di non venire, ma se desideri due supercazzi nella stessa serata, perdi un’occasione unica. -
Avvertii il mio pisellino avere un’impennata più decisa. Anelavo incontrare un vero superdotato e adesso che me ne capitavano due assieme come potevo rinunciare? - Ogni occasione lasciata è persa - pensai. Gli risposi che avrei accettato. Poi gli spiegai che con due maschi, uno dietro l’altro, non l’avevo mai fatto per di più che dicevano essere entrambi superdotati.
-Ti piacciono i grossi calibri, eh, Giusy? - commentò lui facendomi udire un risolino malizioso.
- Sì - risposi con un tono che tradiva emozione - ma - aggiunsi - sebbene possa sembrarti una bugia, non ho mai incontrato un maschio che avesse un pene tanto grosso da considerarlo un superdotato. -
- Giusy, non credo che tu mi abbia mentito, sai? - mi rispose. Poi proseguì a dire:
- I superdotati sopra i venti centimetri sono più rari di quel che s’immagini, persino tra i neri e quei pochi li puoi vedere solo in qualche video porno. – Fece una pausa e mi disse ancora:
- Credi che io abbia bleffato dicendoti di essere superdotato? -
- Spero di no e che il tuo cazzo sia lungo almeno diciannove centimetri. - Avvertii un altro suo risolino quindi aggiungere:
- Giusy, se vuoi sapere quali dimensioni abbia il mio cazzo, ascolta quel che ti dico: il cilindro di cartoncino su cui è arrotolata la carta da cucina è lungo, di regola, ventitré centimetri circa, ebbene il mio cazzo in tiro lo supera di tre. Il diametro del cilindretto è di quattro centimetri, il mio uccello in tiro lo supera di due e ho la cappella un po’ più grossa dell’asta. Non so se ti ho reso l’idea, Giusy. -
- Sì - risposi con un tono che tradiva cautela.
- Giusy, ti sei espressa con un sì dubbioso - commentò Ivan - Sta a te scoprire se io affermi la verità e aggiungo che quello del mio amico di colore è più corto quattro centimetri rispetto al mio ma ha un’asta spropositata. -
- Quanto spropositata - chiesi con apprensione.
- La sua circonferenza alla base é di venti centimetri - disse lui - se conosci un po’ di geometria capisci quanto sia il diametro.
Feci il conto: più di sei centimetri di diametro. Poiché la grossezza uguagliava quella del salsiccione, potevo reggerlo benissimo. Ah che goduria! Tra poco sarei stato sodomizzato da due superdotati!
- Giusy? Ehi Giusy, Rispondi! -
- Sì, mi scusi Ivan. -
- Vuoi smettere di darmi del lei Giusy? Ci accingiamo a diventare conoscenti molto intimi perciò non c’è ragione che tu voglia mantenere le distanze. -
- OK Ivan, ti darò del tu. -
- Bene! – esclamò lui – adesso ti faccio un’altra proposta… -
Già c’era la sorpresa che avrebbe portato un suo amico nero, adesso che altro mutamento mi avrebbe proposto? -
- Nella tua mail – disse lui - mi hai scitto di avere l’orifizio anale elastico e molto abituato, se ricordo bene… -
- Sì - risposi quasi sottovoce. Ciò che intuii mi fece accapponare la pelle e la proposta che mi fece confermò ciò che avevo supposto.
-Che ne diresti, Giusy, se provassimo a sodomizzarti entrambi contemporaneamente? Sarebbe eccitantissimo avere un rapporto a tre congiuntamente. -
- No, Ivan non posso accettare – risposi. – Uno dopo l’altro sì ma entrambi contemporaneamente non so se… per di più se avete i membri, grossi come me li hai descritti. -
- Ascolta, Giusy – insisté lui – ho una crema lubrificante efficacissima, tuttavia sarai tu a stabilire se ti sentirai in grado di provare la sodomia duplice, solo dopo che uno di noi due ti avranno penetrato. –
- Accetto di tentare, Ivan, però devi darmi la tua parola di gentiluomo che uno dei due rinuncerà immediatamente se non ce la facessi? -
- Ci sapremo controllare Giusy: parola d’onore. Ho un camper che ci aspetta in un posteggio a qualche centinaio di metri. Suppongo che il camper ti vada bene per il nostro incontro. Possiamo metterci in qualsiasi posto con quello. -
- Sì, certo. - Sospirai. L’idea di provare a ospitare due superdotati in corpo, mi faceva tremare le gambe.
- Benissimo – disse Ivan, adesso prosegui fino all’incrocio. Mi troverai dietro l’angolo di destra. Intanto avviso il mio amico. Sarà qui prima che tu arrivi. -
Raggiunsi Ivan. Un nero sulla trentina, non particolarmente alto ma robusto, con la pelle dal colore dell’ebano, era accanto a lui. Entrambi mi guardarono con occhi incantati, talmente mi trovarono effeminato.
- Sul serio sei un maschio, Giusy? - mi chiese stupito Ivan.
Ero talmente emozionato che mi venne di rispondergli soltanto con un assenso.
Ivan mi trasse in un angolo, si accertò che non ci fossero persone nelle vicinanze, mi slacciò due bottoni della camicetta e introdusse nell’apertura una mano. Vidi le sue sopracciglia arcuarsi e il suo volto assumere un’espressione di grande soddisfazione. Mi strinse la mammella sinistra ed esclamò sottovoce:
- Cazzo che roba! Hai ancora il pisello? -
Annuii.
- Ti si rizza? -
Assentii ancora.
Il nero mi sorrise. I suoi denti, bianchissimi, a contrasto con le labbra scure e molto carnose, mi fecero avvertire un brivido lungo la schiena.
- Ti presento Alan - mi disse Ivan riabbottonandomi la camicetta.
Il nero mi porse una mano grossa e tozza. Mi parve fosse una morsa a serrarmi le dita.
- Il tuo aspetto è di una femminilità sconcertante - riprese a dire Ivan. - Sei bellissima, Giusy! Uno schianto di biondina. -
Mi sentii fremere. Quell’uomo aveva un fascino talmente sensuale che mi attraeva.
- Avviamoci, Giusy - mi disse Ivan prendendomi la mano.
L’emozione aveva azzerato la mai salivazione. Lui si accorse del mio stato d’animo. Mi disse che capiva la mia emozione e che pure lui, anche se non lo dava a vedere, si sentiva agitato perché mai gli era capitato di incontrare un trans tanto effeminato.
Ci avviammo verso il camper. Ivan si guardò bene dal farmi camminare tra loro per non suscitare risatine di maliziosi passanti Suggerì ad Alan che dovesse precederci di una trentina di metri e a me propose di prenderlo sottobraccio e procedere con la calma di normalissimi fidanzati che passeggiavano.
L’interno del camper, se pur con i limiti di un mezzo che non poteva avere la larghezza di una camera matrimoniale, era arredato piuttosto lussuosamente. Un letto più largo di una piazza lasciava solo lo spazio per il passaggio da un lato. Vidi Alan strofinarsi il davanti dei pantaloni. I “giochi” stavano per iniziare. Ivan sedette sul letto, disse di mettermi di fronte a lui, poi mi sollevò la gonna per accertarsi di come fossero lisce e depilate le mie cosce. Emise un gridolino di sorpresa nel verificare il loro aspetto veramente muliebre, e come le autoreggenti a rete che avevo indossato, ne esaltassero la femminilità. Me le accarezzò giungendo alle mutandine. Dalle sue labbra uscì un oh di sorpresa nello scoprire quanto fosse in tiro il mio cazzetto fuoriuscito dai succinti slip di pizzo bianco. Mi tolse l’indumento con voluta lentezza e mi accarezzò il pisello dal pube depilato, me lo scappellò e me lo prese tutto in bocca. Evidentemente per lui era un’emozione particolare succhiare il cazzo in tiro di un trans al quale, di maschile, era rimasto soltanto quella modesta appendice e i testicoli. Me lo succhiò fino a che non gli dissi che se avessi avuto l’orgasmo, una parte della mia libido si sarebbe scaricata perché ero pur sempre un maschio. Mi sorrise dicendomi quanto fossi esperto, poi mi spiegò che non avrebbe mai preso in bocca, per tutto l’oro del mondo, il cazzo di un maschio virile e villoso ma che i trans molto effeminati lo facevano impazzire perché li considerava arcani e dalle mille sfaccettature sessuali. Volle che mi sedessi accanto a lui, poi iniziò a leccarmi il collo, le orecchie e le guance fino a trovare la mia bocca. Le nostre lingue duellarono alla ricerca delle mucose più recondite; fu un bacio profondo e ardente. Ci staccavamo per respirare, poi le nostre bocche tornavano a fondersi. Mentre ci baciavamo, mi prese la mano e me la portò sulla sua zona inguinale. Sentii che sotto premeva qualcosa di enorme. A un tratto fu lui a mettersi in piedi di fronte a me. Un gran bozzo adesso premeva sotto i suoi Jeans. Mi disse di chinarmi e tirarglieli in basso. Gli tolsi il bottone dall’asola, trassi giù lo zip e gli abbassai i pantaloni fin sulle ginocchia. Una mazza rosea, che spiccava sul pube peloso, apparve subito davanti ai miei occhi perché Ivan non portava intimo. So che esistono cazzi di lunghezze maggiori ma, credetemi, una mazza vera, di carne pulsante, che aveva tutto l’aspetto di essere lunga veramente venticinque centimetri, e con una cappella che in grossezza superava l’asta, impressiona. Quel pene mi mise in soggezione: somigliava a un ariete in miniatura, di quelli che usavano gli armigeri per scardinare i portoni dei castelli assediati. Pensare che Ivan avrebbe provato a mettermelo nel retto, perdi più congiunto a quello di Alan, m’intimoriva ma allo stesso tempo mi spronava almeno a provarci. Lo avvolsi con la mano, lo scappellai tirando in basso la pelle del prepuzio. Vidi una lacrima di liquido prespermatico apparire dall’orifizio dell’uretra. Mi sembrò una perla. La leccai e ne assaggiai il delicato sapore salato. Avvertii il camper partire. Ivan, terminando di spogliarsi, mi disse che Alan ci avrebbe portato in un luogo tranquillo di periferia.
Ci fermammo su uno spiazzo solitario. Un minuto dopo mi erano entrambi accanto. Ivan fece un cenno ad Alan perché pure lui si spogliasse. Sgranai gli occhi nel vedere la sua clava. Era di dimensioni impressionanti. Forse non più lungo di una ventina di centimetri, superava il cazzo di Ivan in mole. Posai gli occhi su l’uno e sull’altro. Grosse vene, gonfie di sangue, avvolgevano entrambe le possenti proboscidi umane. Vollero che le palpassi insieme e che ne maneggiassi delicatamente i coglioni. Così feci. Quanta emozione avere in mano due potenze simili che sembravano veri e propri totem della virilità! Alan mi disse di succhiarglielo; poche parole pronunciate con un tono profondo e maschio. Ci provai. Dovetti spalancare la bocca per tentare di ospitare il suo glande, ma non mi rimaneva spazio sufficiente per ciucciargli l’asta. Sollevai lo sguardo. Vidi che mi sorrideva. Il candore dei suoi denti spiccò tra due labbra brune come l’ossidiana. Poi un pensiero mi attraversò la mente: sarebbe stato in grado il mio sfintere di dilatarsi al punto di lasciare passare quelle due stanghe di carne? Fremetti. Con la coda dell’occhio notai che Ivan apriva un armadietto. Ne trasse un vasetto di vetro. Notai che il barattolo conteneva una sostanza biancastra semitrasparente. Mi tornò accanto e mi suggerì di togliermi la cappella di Alan dalla bocca perché voleva rispondessi a voce a ciò che mi avrebbe detto.
- Apri il barattolo, Giusy - mi chiese. Svitai il coperchio metallico. Vidi la sostanza che conteneva. Era una sorta di gel semidenso che emanava un gradevole profumo.
- Toccala con un dito - mi disse. Lo feci. Quella sostanza era molto scivolosa.
- È un’ottima crema per rapporti anali - mi spiegò Ivan, poi aggiunse:
- Giusy, adesso che hai visto le dimensioni dei nostri cazzi, dacci la conferma che desideri essere sodomizzato da entrambi contemporaneamente. –
- Ivan – risposi titubante – la voglia di provare ne ho tanta, credimi, però adesso che ho visto con gli occhi quanto siano grossi i vostri cazzi, non so se… -
- Giusy, non preoccuparti. Rinunceremmo se costatassimo di cagionarti troppo dolore. Sarai tu a decidere. In ogni modo t’inculerà per primo Alan, poi ci dirai se avverti di avere spazio anche per me. In caso contrario attenderò il mio turno. Allora? -
Non sapevo che cosa rispondere. Rimanevo a fissarli negli occhi, poi davo occhiate vogliose alle loro torri di carne: massiccia quella di Alan, più lunga e snella, si fa per dire, quella di Ivan perché era pur sempre di notevole diametro. Mi venivano i brividi solo a pensare che avrei dovuto “ospitarle” in culo contemporaneamente quelle mazze. Il mio sfintere si sarebbe dovuto dilatare fino a trasformare il retto in una caverna.
Ivan attendeva la mia risposta con le labbra assottigliate da un sorriso disteso. Mi accarezzò le spalle, con entrambe le mani. Mi sussurrò che avevo la pelle liscia come seta. Volle che mi spogliassi rimanendo soltanto con le autoreggenti a rete. Si chinò per accarezzarmi le cosce e mentre mi toccava il cazzetto, prese a leccarmi le mammelle soffermandosi a mordicchiarmi i capezzoli. Quei bottoncini rosei ce li avevo particolarmente sensibili perciò arcuavo la schiena gemendo a ogni stretta dei suoi denti.
Intanto Alan si era posto davanti a me perché ammirassi la sua poderosa virilità. Il suo cazzone, adesso, era talmente eretto da rimanere in verticale. Avevo il cuore in gola. Erano anni che cercavo un vero superdotato ma adesso che ne avevo addirittura due a disposizione come potevo rinunciare a un’occasione più unica che rara?
- Giusy - mi sussurrò Ivan in un orecchio – ti senti pronta a prendere in culo il cazzo di Alan, per adesso? -
- Sì - risposi con un tono bramoso. Quanto mi sento femmina negli istanti che precedono la mia penetrazione anale!
- Adesso - mi disse ancora Ivan, ti spiego come prendere la posizione giusta. Alan si sdraierà sul letto e tu ti porrai sopra di lui, inginocchiato, sporgendoti in avanti con il busto, come volessi baciarlo. Potrai così esporre il tuo buco del culo a me, che te lo lubrificherò molto, fuori e dentro, quindi ti solleverai in verticale al corpo di Alan, lui appoggerà il suo cazzo al tuo sfintere e ti calerai con il peso del corpo per impalarti a esso fino a che non sentirai i coglioni appoggiarsi ai tuoi glutei. Dopo tenterò la seconda penetrazione ma dovrai essere tu a dirmi se tu ti sentirai in grado di ospitare anche me. -
Assentii. Avvertivo il viso in fiamme per l’emozione e le farfalle nello stomaco per l’eccitazione. In qualche video porno avevo visto uomini e donne farsi penetrare il culo addirittura da due mani quindi avrei potuto anche tentare. Vidi Alan sdraiarsi sul letto e attendere che gli andassi sopra. M’inginocchiai su di lui fremendo. La voglia di essere penetrato era talmente al culmine che mi sarei calato su quella mazza senza attendere che Ivan mi spalmasse il gel sull’orifizio anale.
Mi sentii allargare i glutei e leccare lo sfintere. Era Ivan che mi “ripuliva” l’accesso. M’infilò la punta della lingua nel culo, facendo uno strano rumore nasale di goduria. Poi iniziò a lubrificarmi abbondamente con il suo gel scivolosissimo. Sentii che m’inseriva due o tre dita nel retto. Le rigirò dentro come volesse sondare le mie capacità dilatatorie. Mi rivelò di avermi introdotto in culo la punta di tutte e cinque le dita della sua mano destra tenendole a becco d’uccello. Mi chiese se avvertissi dolore. Gli risposi di no.
- Il tuo orifizio è elasticissimo - mi disse emettendo un gridolino di sorpresa. Mi chiese se dovesse seguitare a “preparami” introducendo le dita ancora più a fondo. Gli risposi con un cenno di assenso. Subito dopo sentii le dita di Ivan aumentare la pressione. Avvertii il mio orifizio anale dilatarsi senza provocarmi troppo dolore.
- Hai un buco favoloso - mi disse Ivan forzando di più la pressione delle dita. Emisi un gemito non di dolenza ma di godimento. Ormai era chiaro che l’intenzione di Ivan era di mettermi tutta la mano nel retto per dimostrarmi che un’inculata doppia era possibile la reggessi, sebbene i loro cazzi fossero fuori del comune.
- Giusy - mi avvertì Ivan - ti ho infilato la mano in culo fin quasi alle nocche. Vuoi che seguiti? -
- Sì - le dissi con un tono bramoso.
- Abbassati a baciare Alan in bocca. Voglio dare la pressione decisiva mentre le vostre lingue s’intrecceranno. -
Guardai le labbra carnose di Alan, semiaperte, rese sensuali dal nero della pelle a contrasto con i suoi denti bianchissimi. Mai avevo baciato un maschio di colore. Il solo pensiero che stavo per farlo mi emozionava al punto da avvertire lo stomaco liquefarsi. Mi abbassai su di lui. Le mie labbra sfiorarono le sue. Ne avvertivo il respiro tiepido sul viso. Doveva avere masticato una mentina. Mi sorrise. Corrisposi. Gli sussurrai quanto fosse affascinante. Tra i suoi denti intravidi una lingua rosea e invitante. Poi la mia bocca si fuse con la sua. Le nostre salive si mescolarono come per generare un fluido multietnico. A un tratto avvertii la mano di Ivan aumentare progressivamente la pressione sul mio sfintere. Gemetti nasale nella bocca di Alan: un po’ di dolore e tanta sensazione di goduria. Avvertii proprio l’istante in cui il mio orifizio stellare si dilatava per fare passare le nocche della mano, poi essa che era inghiottita dal mio retto sino al polso.
- Giusy, sei favolosa! - esclamò Ivan. Adesso stringerò la mano a pugno e te la rigirerò pian, piano nel culo. Sentii che incominciò a muoverla lentamente, mormorando quanto fossero avide e ospitali le mie viscere. Un intenso godimento mentale mi calò addosso come un caldo manto di ovatta. Ivan mi parve talmente abile da farmi pensare: chissà quante volte lo avrà fatto. Presi a baciare con più irruenza la bocca di Alan e seguitai a intrecciare la mia lingua con la sua, fino a che non sentii Ivan togliermi la mano dal retto con un rumore simile a un tappo tolto rapidamente da una bottiglia di vino.
- Giusy - mi disse Ivan sogghignando di piacere - ti è rimasto il buco dilatato quasi quanto il fondo di un bicchiere, sai? Adesso sei più che pronta a ospitare il cazzo di Alan. - poi aggiunse:
- Il tuo sfintere aperto mi trasmette una tale libidine che t’inculerei adesso, anticipando Alan, ma voglio prima godermi i momenti in cui lui appoggerà la sua cappella al tuo orifizio slargato, e guardare mentre t’infilerà tutto il suo cazzone negli intestini, fino alle palle. - Si rivolse ad Alan dicendogli che era giunto il suo momento.
Alan mi fece sollevare un po’ per appoggiare il glande del suo poderoso cazzone al mio sfintere. Sentii quella poderosa cappella turarmi quel che ancora rimaneva dilatato, poi il nero mi disse di calarmi sulla sua mazza. Lo feci. Sentii il suo glande penetrarmi nel retto senza particolare difficoltà. Chiusi gli occhi e calai, lentamente, con il peso del corpo, su quella proboscide carnosa e nera come l’avorio. Avvertivo che il mio ano faceva penetrare quella clava con facilità, quasi senza dolenza. Eccitato come mai lo ero stato, tolsi il freno alla prudenza e mi calai sul quel randello di carne pulsante con più decisione.
Ivan, che seguiva la scena, si masturbava lentamente. Sentii che mi diceva:
- Più della metà ti è entrato in culo. Dai, Giusy calati ancora e il tuo ventre inghiottirà completante il cazzo di Alan. Ecco brava così, mancano pochi centimetri ancora e sarai impalata. -
I miei glutei calarono sui testicoli di Alan, grossi come uova di tacchino. Godevo come mai avevo goduto. Il mio era un piacere tutto mentale ma intenso e sublime. Mi chinai in avanti e cercai ancora le labbra di Alan. Affondai la lingua nella sua bocca, le nostre salive si mescolarono ancora. A un tratto sentii qualcosa premere sulla parte superiore del mio sfintere, qualcosa che voleva entrare anch’esso nel mio ventre. Con la coda dell’occhio vidi che Ivan si era chinato dietro di me tenendo le ginocchia tra le gambe di Alan. Mi disse che avrebbe atteso il mio consenso per imprimere al suo cazzo una maggiore pressione. La tentazione di acconsentire rimandava al mio sfintere, già dilatato, ripetute contrazioni e rilassamenti che si scaricavano sul cazzo di Alan. Chiesi a Ivan di lubrificare abbondantemente il suo uccello ma che prima di premere dovesse saggiare la mia capacità di ospitare anche il suo cazzo, mettendomi due dita in culo, incastrandole tra la mia parete sfinterica e l’asta di Alan.
- Farò come vuoi Giusy -
Sentii Ivan ritrarre il cazzo. Mi disse che si stava lubrificando il dito indice e il medio della mano destra. Qualche istante di suspense, poi sentii Ivan che le spingeva le dita per incunearmele nel retto tra la parete superiore del mio sfintere e il cazzo di Alan. Le sentii entrare. Ivan mi disse se provassi dolore. Gli risposi di sì ma che era sopportabile perché il suo gel lubrificante era portentoso. Gemetti, anzi dalla mia bocca uscì un mugolio sommesso come se con quel suono volessi far sapere a Ivan che poteva togliere le dita e provare a schiaffarmi in pancia anche la sua nerchia.
Se la brama di provare la duplice sodomia potesse essere mandata in orbita, la mia sarebbe uscita dall’attrazione terrestre per girare attorno a Venere e le parole rudi con cui Alan mi parlò, non fecero che moltiplicare la mia eccitazione.
- Adesso, Giusy sto lubrificando il mio uccello fino alle palle e tra poco te lo schiafferò nel ventre! -
Alan, sotto di me, mi sorrideva e mi faceva vedere la lingua affinché fossi invogliato a baciarlo ancora. Mi disse che il mio intestino era tanto ospitale che se avesse potuto avrebbe tenuto il suo cazzone nel calduccio delle mie viscere un mese intero senza fargli prendere aria. Quella fu la frase più lunga che l’africano mi disse quella sera. Sentii Ivan porsi nella posizione a lui più adatta e la cappella del suo ariete si accostò alla base del cazzo di Alan, poi cominciò a premere, dapprima con prudenza, quindi con maggiore decisione. Mi suggerì di avvicinare il petto a quello di Alan affinché i miei glutei assumessero una posizione più esposta. Gli ubbidii. Arcuai la schiena senza staccare la mia bocca da quella del nero. La mia rinnovata posizione obbligò il cazzo del nero a sfilarsi un po’ dal mio retto, ma ne avevo pur sempre dentro una quindicina di centimetri.
- Giusy - disse Ivan con un tono stupito - Il mio cazzo ti sta entrando in corpo come se il tuo retto lo volesse inghiottire. -
Infatti, sentivo la sua proboscide scivolare nelle mie viscere non senza dolore, ma scorreva. Ciò che mi capitava era incredibile. Da anni cercavo una grande mazza di carne viva, che mi rompesse il culo, e adesso il mio desiderio era realtà moltiplicata per due. A mano a mano che la nerchia di Ivan avanzava, mi sentivo allargato, dilatato, profanato, impalato, sfondato, ed era la sensazione di totale riempimento che mi trasmetteva al cervello sensazioni d’indicibile goduria. Certo, sentivo dolenza ma che associavo di più al blu del piacere che al rosso del soffrire.
Intanto Ivan seguitava imperterrito la sua lenta avanzata per l’espugnazione duplice delle mie profondità. Sentii la peluria del suo pube toccarmi i glutei, poi lui dirmi che il suo cazzo era arrivato al capolinea: venticinque centimetri nel mio intestino.
- Alan comincia a muoverti, avanti e indietro - gli suggerì Ivan - dapprima lentamente, poi aumenteremo il ritmo quando impareremo a muoverci in sincronia. -
Così fecero i miei due superdotati. Sentii i loro cazzi incominciare a stantuffarmi il culo con cadenze sempre più regolate. Infine riuscirono ad accordare i movimenti alla perfezione. Sentivo i loro cazzi uscire quasi completamente dal mio ventre, poi affondare in esso con una facilità sempre maggiore, al punto da farmi immaginare che il mio sfintere potesse ospitarne anche tre se l’anatomia umana delle posizioni l’avesse permesso. Avvertivo gli ansiti dei miei sodomizzatori farsi più rapidi. Pure io dovetti allontanare la bocca da quella di Alan, per dare maggiore sfogo ai gemiti. Dalla gola di Alan cominciarono a uscire sordi rumori strozzati, come volesse ritardare l’eiaculazione per accordarla con quella di Ivan.
Ivan iniziò a emettere gorgoglianti mugolii di gola. Entrambi aumentarono la rapidità delle stantuffate. Pure io avvertivo i primi stimoli dell’orgasmo. Mi sentivo sbattuto come una bambola di pezza da quei due maschioni che tra pochi istanti mi avrebbero inondato gli intestini di sperma. Fu per primo Ivan a emettere forti mugolii, segno che mi stava sborrando in corpo. Poi anche Alan iniziò a gemere ad alta voce. Nella foga dei movimenti e degli attriti, non avvertivo il loro sperma riversarsi nelle mie viscere, ma sicuramente era un fiume biancastro che si riversava nelle mie budella. Il mio cazzetto, che strofinava sull’addome di Alan, mi rimandò i primi segnali orgasmici. Li avvisai che stavo per venire, emettendo gridolini femminei. Loro ripresero a stantuffarmi il culo con rinnovata lena schizzandomi nel ventre gli ultimi getti di sperma. Eiaculai sul petto di Alan con strilli acuti. Avevo avvertito un piacere fisico tanto intenso da essere stato quasi insopportabile. Che favolosa inculata avevo subito! Fu Ivan che per primo sfilò il suo cazzo semieretto dal mio addome. Il cazzo di Alan, invece, mi rimase dentro, duro e fiero come un guerriero macedone che voleva ancora combattere. Lui mi chiese se poteva rimanermi ancora dentro perché voleva provare a raddoppiare il suo enteroclisma di sborra dopo un riposino. Gli feci capire che assentivo tornando a baciarlo. Rimase immobile nel mio retto per una decina di minuti, poi ricominciò a stantuffarmi il culo con il suo indomito pistone di carne. La “danza” durò forse cinque minuti senza pause, un tempo che può apparire breve, ma vi assicuro che cinque minuti d’orologio, non sono pochi per chi è già stato sodomizzato. Vedevo il corpo bruno di Alan luccicare di sudore e pure io avvertivo una goccia colarmi tra l’incavo dei seni. Avevo l’orifizio anale indolenzito ma i miei occhi brillavano di gioia nel sentire con quanta energia l’africano, stringendomi i fianchi con le sue robuste mani, mi facilitasse il movimento. Quando, finalmente, eiaculò, scorsi sul suo viso una specie di goduria finalmente saziata e una virgola espressiva di sofferente sollievo, come se il periodo refrattario al sesso gli ordinasse di mollare definitivamente le sue velleità virili. Il suo cazzo mi scivolò via dal culo ormai mezzo moscio.
Ivan mi disse, con un tono soddisfatto, che lo sfintere me lo avevano talmente allargato da apparire come l’ingresso di una galleria dell’autostrada.
Decidemmo di sdraiarci sul letto, riparati da una leggera coperta. Ci addormentammo con me in mezzo.
Dalle tendine delle finestrelle del camper entrava il chiarore dell’alba quando ci svegliammo. Baciai ora l’uno, ora l’altro, con foga, chiesi loro di succhiarmi i capezzoli. Preso dalla foia, leccai loro le palle, poi chiesi che m’inculassero ancora assieme. Lo fecero cavalcandomi lungamente prima di raggiungere l’orgasmo. Ero così gratificato che sarei tornato a casa con quei due cazzoni infilati nell’intestino.
Per qualche giorno dovetti fare clisteri e sciacqui con acqua di camomilla, ma ero felice. Si dice che la grossezza del cazzo non abbia importanza ma non per me!
0
voti
voti
valutazione
0
0
Commenti dei lettori al racconto erotico