Incontro con il passato

di
genere
etero

Entro nel locale con le mie amiche, l’ambiente è caldo, le luci soffuse. I camerieri ci accolgono e ci indicano il tavolino prenotato. Come al solito osservo la sala per vedere se c’è qualcuno che conosco, e lì ti vedo: stivaletti con tacco, parigine fin sopra il ginocchio, una corta gonna a kilt che ti lascia abbondantemente scoperte le lunghe gambe nude, quelle cosce fra le quali mi piaceva tanto infilare la lingua. Indossi una camicetta di seta, scollata, e i tuoi lunghi capelli neri e mossi nascondono le tette sode. Sei seduta con il tuo nuovo fidanzato, un bravo ragazzo, uno che ti desse normalità dopo la nostra tormentata e fugace storia di sesso e pompini. Ti vedo, ti guardo e non ti saluto, e ti vedo arrossire.
Vado a sedermi con le mie amiche, inizio a flirtare con loro dopo aver spiegato chi sei, e loro stanno al gioco: fanno le zoccole, continuiamo a ordinare da bere e a ridere, e ogni tanto noto che quando il tuo ragazzo è distratto mi guardi con quei tuoi occhi scuri e intensi, le ciglia lunghe. Lo so che sei gelosa, stai pensando a come ti scopavo, e so che a vedermi flirtare stai iniziando a bagnarti. Vedo che serri le cosce, accavallando le gambe, e la gonna ti scopre sempre di più. Quanti schiaffi su quelle cosce, quando ti costringevo a tenerle sempre aperte ogni volta che salivi sulla mia macchina, quando ti dicevo di masturbarti e succhiarmelo mentre guidavo.
A un certo punto vi alzate per andare a pagare, ti fisso il culo mentre cammini a passi lenti e misurati verso la cassa, quel culo così perfetto da sculacciare e prendere con violenza.
Inizio a esagerare con le mie amiche, parlo di sesso sapendo che mi stai ascoltando, e a un certo punto mi sento toccare su una spalla. Tiro su lo sguardo e incrocio il tuo, mi guardi e mi saluti sottomessa: avevi voluto troncare ogni rapporto, ma sei sempre stata innamorata. Mi alzo, ti prendo alla vita e ti do un bacio sulla guancia, vicino alle labbra, stringendoti a me. Non ti tiri indietro, facciamo due chiacchiere e la mia mano non si sposta dalla tua schiena, troppo vicina al tuo culo per essere soli amici. Vorrei infilarti una mano sotto la gonna lì, davanti a tutti, ma ti tratto con sufficienza e ti lascio uscire con il tuo ragazzo.
Rimango a bere con le mie amiche fino a tarda notte, fino ad andare via. Ogni tanto controllo whatsapp, e continuo a vederti online. Accompagno loro a casa, e ti chiamo. Neanche due squilli e mi rispondi.
“Ciao” mi dici, sempre con quel tono sottomesso. Ti sento agitata, lo so che mi stavi aspettando e sei eccitata.
“Dove sei?”.
“A casa, sto per dormire”. Sei combattuta, sei fidanzata e non vuoi che venga, ma hai serrato così tanto le cosce mentre eravamo nel locale che ora non vedi l’ora di aprirle.
“Vengo a fumarmi una sigaretta”.
“No, domani devo alzarmi presto”.
“Massì, è una sigaretta”.
“No, per favore…”.
“Piantala. Ti chiamo quando sono sotto” ti dico autoritario, chiudendo la telefonata. Sono in abito, senza cravatta, e sento già il cazzo duro nei pantaloni. Vederti così incerta, così sottomessa, mi ha fatto venire voglia di scoparti un’ultima volta.
Arrivo a casa tua in dieci minuti.
“Sono qui sotto”.
“Sali, sono in pigiama”.
“I tuoi?”.
“Sono via con mio fratello, sono sola”. Hai sottolineato quel sola, così citofono ed entro nell'androne.
In ascensore mi sistemo il cazzo, tirandolo fuori dai boxer, lasciandolo libero sotto i pantaloni. Voglio che tu lo guardi, e voglio vederti mentre cerchi di resistere alla tentazione, e voglio sapere che ti bagnerai aspettando che ti sottometta.
Arrivo davanti alla porta, non mi fai nemmeno suonare il campanello e la apri.
Guardo avido la tua magliettina bianca, noto che non hai il reggiseno e i tuoi capezzoli perfetti sono già duri. Il tuo culetto è coperto solo da dei pantaloncini a culotte, le tue gambe sono nude. Mi diventa duro, e non lo nascondo. Sbadigli, fingendoti stanca e mezza addormentata, ma vedo come mi guardi il cazzo e come serri le cosce.
“Ciao” dici timida. Sempre quel tono sottomesso e innocente, che vorrei già prenderti per i capelli e sbatterti contro il muro. Mi avvicino e ti prendo alla vita, tirandoti a me.
“Ciao” ti rispondo baciandoti sulla guancia.
“Scusami per il casino, pensavo di mettere a posto domani”.
Ti sorrido, e mi rollo una sigaretta.
“Dove vuoi stare?” ti chiedo.
“Vieni che prendo le sigarette, andiamo sul balcone”. Ti seguo fino in camera tua, ti guardo il culo mentre ti pieghi più del necessario per prendere il pacchetto di Camel dal cassetto nel comodino. Stiamo pensando entrambi alle stesse cose, a quante volte ti ho scopata contro l’armadio, sulla scrivania, tenendoti ferma sul pavimento, girata contro il muro anche quando mi dicevi che non volevi scopare, mentre aprivi le gambe ed eri bagnata come una troia.
Ti faccio strada fino al balcone, usciamo a fumare. È piccolo, dobbiamo stare vicini.
“Raccontami come va, è un sacco che non ci vediamo”.
“Sei tu che non volevi”.
“Sì, perché sei stato uno stronzo”.
“E allora perché mi hai salutato prima?”.
“Perché non mi cagavi mentre eri con quelle zoccole”.
“Zoccola sarai tu, sono mie amiche”.
“Oh!” sbotti provando a darmi una sberla, ma ti prendo il polso e te lo giro dietro la schiena, premendoti il cazzo sul culo. Tu ti appoggi, offesa ed eccitata, senti il mio fiato sul collo.
“Fai la brava”.
“Lasciami, mi fai male”.
Ti lascio il polso, volevo solo farti ricordare come ti prendo. Lo so che sei combattuta, e so che sei sottomessa: voglio farti eccitare a piccoli passi, con calma, fin quando non riuscirai più a resistere.
“Comunque non sono zoccole, sono mie amiche”.
“Sì, anche io ero tua amica”.
“No, tu volevi il mio cazzo”.
Fai la faccia stupita, aprendo la bocca quel tanto che basta per farmi ricordare quanto era bello sbattertelo fra quelle labbra piene.
“Va be, dimmi come stai”. Provi a cambiare discorso, ancora stai cercando di non cedere.
Inizio a raccontarti di me, e ti chiedo di te e del tuo lavoro, degli amici in comune. Era tanto che non parlavamo, e passiamo mezz'ora ad aggiornarci su quanto ci è accaduto negli ultimi anni. Ridiamo, ricordando un sacco di episodi stupidi vissuti insieme. Intanto ti avvicini sempre di più, fumiamo un’altra sigaretta, una folata di freddo vento notturno ti porta a rabbrividire. Ti fai più vicina, ti circondo le spalle con un braccio stringendoti a me, e ti appoggi sulla mia coscia. Vorresti appoggiarti sul cazzo, ma non te lo meriti ancora, e apposta faccio in modo che lo sfiori solamente.
Ti chiedo del tuo ragazzo, e mi racconti che è un tuo compagno di corso.
“Fra un mese si trasferisce in un’altra Regione, vedremo come andrà”.
“Fra un mese verrò a trovarti più spesso”.
“Sei uno stronzo” mi dici, e ti stacchi per accenderti una sigaretta, ma rimani vicina. Mi chiedi se ho una ragazza, ti dico che mi ha mollato qualche tempo fa.
“Vedi, è il karma, te lo meriti”.
“Ma stai zitta” ti rispondo mettendoti una mano in faccia, sapendo quanto ti faccia eccitare. Con le dita scendo fino alle tue labbra, spingo finché non apri la bocca, mi mordi un dito.
“Smettila” mi chiedi con voce soffocata, mentre torni a farti più vicina.
“Devo smetterla?”. Scendo ancora prendendoti per la gola, sbattendoti contro il muro del balcone. “Sicura?”.
Socchiudi gli occhi e inizi ad aprire le cosce, ansimando.
“Sì, sicura” sussurri.
“E la tua figa cosa dice?”.
Mi avvicino, inizio ad accarezzarla fuori dai pantaloncini. Sei calda, bollente.
“Ti prego.” dici prendendomi il braccio, ma invece di spostarlo mi spingi ancora di più verso la tua figa. “Smettila” bisbigli, continuando ad ansimare.
“Stai zitta”.
Ti tiro a me come fossi una bambola, ti giro afferrandoti per i capelli e piegandoti con la faccia contro il muro. Inizio a leccarti la guancia, lentamente, mentre ti premo il cazzo contro il culo e con la mano comincio a entrare nei tuoi pantaloncini. Arrivo al tanga, lo sposto, inizio ad accarezzarti la figa.
“Ti mancavano le mie dita, eh?”.
“Piantala, sei uno stronzo” mi dici strusciandoti sul mio cazzo, inarcando la schiena, le mani contro il muro.
“Apri la bocca e stai zitta”. Ti tiro su stringendoti i capelli, ti mordo il collo, ti infilo le dita in bocca costringendoti ad aprirla, facendotele succhiare e mordere.
“Lo vuoi il cazzo, vero?”. Te lo premo contro più forte, e ti strusci più veloce, ansimando. Vorresti parlare ma la tua lingua è impegnata con la mia mano, vorresti muoverti ma il balcone è stretto e continuo a spingerti contro il muro, bloccandoti. Inizio a infilarti il medio nella figa, poi l’anulare, masturbandoti il clitoride con il pollice.
“Sei una maiala, guarda come sei bagnata”.
Provi a rispondere qualcosa mentre gemi, ma ti tappo la bocca e inizio a masturbarti con più violenza, spingendotelo contro il culo e sentendoti godere soffocata. Voglio le tue tette, ti lascio libera la bocca per tirarti uno schiaffo sul culo e risalire fino al collo della maglietta. Gemi e ansimi, provando a tenere serrate le cosce, ma con un piede ti costringo ad allargare le gambe e ti infilo anche l’indice, godendo nel sentirti godere, mordendoti il collo.
“No, non rompermi la maglietta, mi piace”.
“Devi stare zitta” ti rispondo, strappandotela sulle tette. Ne afferro una, palpandotela e stringendola, schiaffeggiandola.
“Ti piace che sono fidanzata, vero?”. A te piace provocarmi. Tiro fuori la mano, continuando a palparti le tette ti fermo le braccia dietro la schiena spingendoti dentro la camera. Tenendoti bloccata ti faccio arrivare fino in cucina, ti piego sbattendoti contro il bancone.
“Sei una puttana, e adesso lo prendi” ti dico tirandoti giù le culotte, sculacciandoti fino a farti diventare il culo rosso.
“Apri le gambe” ti ordino sempre bloccandoti, tirando fuori il cazzo dai pantaloni ma rimanendo vestito, come ti fa eccitare.
Ti piego ancora di più, finalmente te lo infilo in quella tua figa bagnata, spingendo più forte e iniziando a scoparti con rabbia, tirandoti su per baciarti e guardarti negli occhi, stringendoti i polsi fino a farti male.
“Ti piace il cazzo, eh?”.
“Lo amo, scopami più forte”.
Continuo a sbatterti spingendolo sempre più in fondo, sentendoti urlare mentre ti schiaffeggio il culo e ti tengo ferma la faccia contro il bancone.
Guardo le tue labbra, e decido che le voglio, voglio fartelo assaporare e tenere in bocca, come quando me lo succhiavi ogni giorno.
Ti scopo più forte, di colpo lo tiro fuori tenendoti piegata a pecorina, le braccia ferme sulla schiena, e mi sposto di fianco a te, tirandoti su la testa abbastanza per sbattertelo sulla guancia e infilartelo in bocca, scopandoti le labbra fino a soffocarti. Tu lo succhi come una troia, ti mancava leccarlo e ingoiarlo, e mentre sei occupata sposto una mano sul culo, arrivando a quel buco così stretto e bello. Inizio a infilarti un dito, spingendo, e ti sento gemere mentre lo succhi, la lingua che mi passa sulla cappella, affamata. Ti infilo un secondo dito, inizio ad andare più a fondo, più veloce, ti lascio libere le braccia per tenerti i capelli mentre me lo succhi, voglio spingertelo fino in gola. Sei una pompinara eccelsa, e rischi di farmi sborrare prima del tempo.
“Voglio il tuo culo”.
“No, no, prima fammi venire, ti prego”. Ancora quel tono, la mia voglia di dominarti cresce ancora di più.
Lo tiro fuori, ti prendo in braccio e ti metto sul bancone, di fronte a me, ti afferro alla gola e inizio a masturbarti. Provi a prendermi il cazzo per farmi una sega.
“Non lo toccare”.
“Dammelo”.
“Stai zitta” dico spingendoti indietro, stringendo le mie dita sul tuo collo così bello, masturbandoti con più violenza. Stai soffocando e godi come una troia, ti dimeni graffiandomi la schiena.
“Ti prego scopami”.
“Ti scopo quando lo decido io” ti dico, continuando a infilarti tutte le dita nella figa.
“Voglio venire, ti prego”.
“Vuoi venire, eh?”.
“Sì, sì, scopami”.
Ti prendo i polsi sbattendoti con la schiena sul bancone, inizio a morderti le tette, ti allargo le cosce e riprendo a sbatterti.
“Dimmi che sei la mia troia”.
“Sono la tua troia, fammi venire, ti prego”.
Sento che serri le gambe intorno a me, ti agiti mentre ti tengo ferme le braccia e ti lecco, ti mordo, ti bacio, e più godi e più ti scopo con forza, sentendo che stai venendo.
“Prendilo”.
“Dammelo ancora, fammi venire, sborrami sulla pancia”.
Inizi a urlare più forte, lo vuoi ancora, sempre di più, e finalmente ti sento venire, le tue unghie mi si conficcano nei muscoli delle spalle, i tuoi denti mi lasciano il segno sul collo, ti abbandoni esausta e fremente sul bancone.
“Io non ho finito” ti dico, prendendoti e girandoti a pecorina: sei mia, e non voglio darti tregua.
“Sborrami addosso, ti prego”.
Te lo infilo di nuovo tenendoti ferma per le braccia, ancora in estasi, te lo spingo fino in fondo, mi bastano due, tre colpi, e sento che sto per venire, per svuotarmi su di te, come fosse una liberazione: lo tiro fuori appena in tempo, e inizio a sborrarti su quel tuo culo perfetto e la tua schiena vellutata, vedendo quanto godi nel sentirmi venire su di te.

“Quando parte il tuo ragazzo?” ti chiedo mentre ancora ti stringo una tetta, indugiando. Ci siamo fumati un’altra sigaretta in cucina e ci siamo rivestiti, ma ti ho costretta a stare senza maglietta né culotte, solo in tanga.
“Fra poco” mormori sottomessa.
“Salutamelo” ti dico scendendo con la mano ad accarezzarti la figa.
“Marco…” sussurri allargando le cosce, e nei tuoi occhi vedo la rassegnazione e il senso di colpa per aver ceduto, e ti sento di nuovo bagnata e affamata.
“Buonanotte”. Ti do un bacio sulla guancia.
Esco e vado a prendere l’ascensore, mi guardi mentre me ne vado.
Quando arrivo a casa entro su whatsapp, vedo che mi hai scritto: “Domani finisco di lavorare alle 18, potremmo vederci…”.
Scuoto la testa, sorridendo: ti sei arresa, hai ceduto, sei mia. Stacco il telefono senza risponderti. Era solo un’ultima scopata.
scritto il
2018-11-20
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