Lieto fine - Prima Parte

di
genere
dominazione

Avevo da poco finito il mio turno di notte e passeggiavo in mezzo ai negozi ancora deserti, solitario e sperduto, senza una vera meta.

Cercavo di non pensare a nulla, da un po' di tempo il mondo mi era precipitato addosso.

Mentre la mia faccia rugosa sembrava voler rivendicare la risposta a mille interrogativi, la mente non si distoglieva da quel chiodo fisso che mi tormentava.
La storia con Barbie era giunta ad un crocevia e io non riuscivo a farmene una ragione, eppure un tempo ci amavano e io la appagavo così come nessun altro aveva mai fatto prima.

Adesso invece qualcosa non andava più per il verso giusto e nonostante io stessi provando in tutti i modi a sistemare tutto, sembrava che fossi entrato in una spirale da cui non c'era modo di uscire.
Mi sentivo impazzire e non avevo neanche più voglia di tornare a casa da lei, mi sentivo talmente avvilito che proprio non ci riuscivo.

Così mi fermai in un fast food, cosa per che altro gli specialisti mi avevano sconsigliato di fare, ma ormai mi ero a tal punto rotto le balle che non me ne importava più un accidenti, ordinai un cappuccino e una cheesecake e mi misi a leggere il giornale che qualcun altro aveva lasciato sul tavolo.

Scorrevo la notizie, senza essere davvero interessato e cercando di far passare più tempo possibile.

Dopo un po’ lo avevo letto tutto, persino l’oroscopo di cui non mi era mai fregato un cazzo, guardai l’orologio e borbottai:
“Merda, sono passati appena dieci minuti!”

Mentre stavo per gettare il quotidiano mi soffermai su un inserto pubblicitario:
Uno psicologo che avrebbe risolto il mio problema, per sempre.
Così mi feci coraggio e chiamai quel numero.

“Studio Medico, desidera?” esclamo la segretaria.
“Salve, chiamo per quell’inserto pubblicitario sul giornale, mi chiamo Wally e ho bisogno di incontrare subito lo psicologo, sono disposto a pagare il doppio, il triplo di quel che chiede di solito pur di incontrarlo oggi stesso”
“Guardi, possiamo riservarle un posto fra due ore, che ne dice?”
“Perfetto, la ringrazio, gentilissima!”

Adesso non rimaneva che attendere con impazienza e d'un tratto il mio umore cupo si sollevò.

Decisi di avviarmi a piedi verso la destinazione, così per ingannare il tempo e anche perché in fondo adoravo camminare .

Era stato un caso l’aver trovato quel numero pensai e come tutte le cose inaspettate, quella faccenda mi fece per un po’ bramare.
Giunto alla meta, respirando profondamente per farmi coraggio citofonai al civico che mi era stato indicato.
Appena salito venni fatto accomodare nella sala d’attesa dalla segretaria che mi avvisò che a breve sarei stato ricevuto.

Lo studio era minimale, giusto qualche pianta e qualche locandina informativa e un solo paziente ad aspettare.
Dalla finestra che dava sulla strada c’era una farfalla che si dimenava giuliva e leggera.
Io la seguivo con gli occhi, ma proprio quando per l’ennesima volta stavo bramando, manovrato dai miei pensieri, venni invitato dalla segretaria ad entrare:

“La prima porta sulla destra”

Appena varcato l’ingresso mi si gelò il cuore, ero rimasto senza parole, come se all’improvviso fossi stato investito da un autocarro:
“Buongiorno...” borbottai come se volessi svegliarmi da un incubo – “Sono Wally, ehm, ho chiesto di lei per quel problema, stamattina...”.

Già, quel problema che non immaginavo di dover esporre ad una donna, forse la più eccitante donna che avevo mai incontrato.
Aveva dei capelli neri sottili come spaghetti che le scivolavano dietro le spalle, le sue floride labbra carnose accennavano un sorriso che scortato dai suoi occhi ammiccanti mi avevano catturato.

Ma oramai la frittata era fatta, mi adagiai sulla seggiola e raccontai che da un po’ di mesi non riuscivo più ad avere dei rapporti soddisfacenti con la mia compagna a causa di problemi di impotenza.

La psicologa, annuì e mi invitò a mettermi supino sul lettino dello studio, poi mi mise una specie di asciugamano sugli occhi e mi chiese di distendere le mani verso l’alto.

A quel punto, con grande sorpresa, tanto che non ebbi tempo di rendermene conto, fui incatenato alle sbarre del lettino con delle manette.

Lei disse di non preoccuparmi, che avrebbe risolto i miei problemi, mi carezzò sulla faccia e mi diede un bacio sulla guancia.

Poi si allontanò un istante, chiuse la porta a chiave e ritornò verso di me.
Chiese se mi sentissi a mio agio, ma io non risposi, ero come scioccato.
A quel punto la psicologa sorridendo ancora disse che ora iniziava la vera seduta, sali sul lettino anche lei, tolse il panno dai miei occhi e nello stesso momento si chinò e la sua gonna sfiorava dolcemente la mia faccia.

Mentre lei si sfilava dolcemente la gonna, mi accorsi che provavo delle sensazioni che mai prima avevo sentito, neanche il tempo di pensarci veramente che lei si sedette sulla mia faccia.

Tra la mia faccia e la figa di lei c’era solo un minuscolo perizoma che faceva da spartiacque.
Era talmente snello quel tanga che io potei intuire facilmente che la figa della psicologa era perfettamente depilata.

Lei strinse ancora un po’ le sue cosce intorno alla mia faccia, tanto che riuscivo a respirare a stento e mi sentivo travolgere dal l’intenso odore della patata bollente accomodata sul mio viso e ciò mi faceva sballare in modo prorompente.

La donna inizio a fregare sulla mia faccia e usava il naso per stimolarsi.

Io faticavo a vedere qualcosa, ero recluso in questa morsa e, come se ciò non bastasse, lei mi strinse ancora di più a se.

Fu in quell’istante che lei di scatto si chinò con il petto su di me e con la mano andò a cercare le mie palle per stringerle un po’.
Fu così che realizzai di quanto ero eccitato e che il mio cazzo era diventato un pezzo di marmo che stava per trapassare gli slip e i pantaloni.
La figa della dottoressa era ormai ben lubrificata e la mia faccia iniziava a bagnarsi.

A quel punto mi feci un po’ di coraggio e chiesi alla dottoressa di togliersi le mutandine, perché volevo nutrirmi un po’ di lei e lei come una regina che ogni tanto ascolta i suoi sudditi acconsentì.

Quando si fu sfilata del tutto le mutandine, le uso per coprire i miei occhi e poi mi ordinò di leccargliela e guai a stancarmi.

Usava la mia lingua per stimolarsi bene, stava iniziando a provare veramente tanto piacere, iniziò ad ansimare e a mordersi le labbra, a strepitare e a comandare di poppare bene il clitoride.

Poi mi ordinò di baciargli la figa e io gliela baciai “alla francese”, con le mie labbra che baciavano quelle della sua passera e con la lingua che era entrata dentro.

Dopo un po’ inizio di nuovo lei a prendere le redini del gioco e inizio a danzare sulla mia faccia in modo forsennato, ed io sembravo un uomo nel deserto che si dissetava di acqua dopo 10 giorni.

Anche io in un certo senso godevo, avevo la faccia fracida di figa e nelle poche opportunità che avevo di parlare chiedevo alla dottoressa di continuare a farmi sorseggiare la sua passera, che avevo una gran sete e una gran fame di lei.

Lei non si sa se per accontentarmi o perché voleva accontentare se stessa strinse ancora di più la mia faccia a se e accelerò la danza, tanto che adesso andavo per molti secondi in apnea e sentivo nel mio corpo delle vampate che nascevano della parte superiore delle cosce di lei.

La cosa mi faceva impazzire sempre di più, mi sentivo in un’altra dimensione, come se stessi volando all’interno della figa.
Non ero mai stato così ebbro, si, mi sentivo ubriaco della figa di una donna che fino a un ora fa non conoscevo.
Una donna a cui poco prima avevo parlato della mia impotenza e che adesso stava rendendo il mio cazzo un vulcano in attesa di deflagrare senza neanche bisogno del contatto diretto di lei.

Avevo la faccia paonazza e a volte arrivavo forse al limite del soffocamento, ma questo non mi dispiaceva.

A quel punto la donna inizio ad accelerare ancora di più in maniera forsennata, come se fosse posseduta dal demonio, in un ritmo schizofrenico.

La figa ormai era fracida e inizio ad urlare e mi ordinò di bere, di nutrirmi ed infatti in quel momento arrivò la piena, come un onda che sbatte contro gli scogli iniziò a squirtare sulla mia faccia ed io, da un lato esausto e stremato e dall’altro euforico e barcollante, iniziai a deglutirne il più possibile.

Adesso sembrava stremata anche lei e infatti senti il bisogno di sdraiarsi un attimo, chiaramente su di me, per l’esattezza la parte alta delle natiche aderiva alla mia faccia.

Poco dopo si rialzò, scese delicatamente dal lettino e mi diede un bacio appassionato, poi mi diede un altro bacio sul collo e poi si avvicino all’orecchio:
“Dimenticavo, Mi chiamo Angie” mi disse bisbigliando e sghignazzando in modo provocante.


{Racconto di Fantasia}
scritto il
2019-01-07
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