Schiava del Dravor cap. 1 - Collana il Dravor Vol. 2

di
genere
dominazione

Prologo

Nel 2030 ci fu una catastrofe nucleare di proporzioni mondiali e scomparve la maggior parte del vecchio mondo civilizzato. Solo alcune zone del pianeta si salvarono e tra queste l’Africa quasi per intero. Anche in Africa i morti furono decine di milioni, conseguenza delle radiazioni, in seguito di atre terribili calamità: siccità, inondazioni, infine delle guerre per bande che si scatenarono per più di dieci anni. Presto la tecnologia sparì, sparirono l’uso della corrente elettrica e delle macchine. Le armi tuonarono fino a che non furono sparati gli ultimi colpi, poi si ritornò all’uso di quelle più primitive, come le spade e le lance o le frecce e le balestre. Ne venne fuori una civiltà del tutto diversa ed arretrata, si ritornò alla schiavitù. E’ impossibile trovare una motivazione a quanto successe, anche perché se al nord gli scontri furono essenzialmente religiosi e nel centro del continente tribali, nel sud, dove la nostra storia si svolge, la guerra per bande si scatenò prima per impadronirsi delle ricchezze del paese e poi per dividersi quel poco che un paese devastato poteva fornire per non morire di fame. Ma non ci fu solo la guerra. Le atomiche produssero disastri inimmaginabili, nei primi mesi, che seguirono le esplosioni, piovve continuamente e le inondazioni fecero più vittime delle diverse guerre, quando poi smise di piovere ci fu siccità per diversi anni e così perirono molti altri milioni di uomini. Il risultato fu che dopo cinque anni, tra guerre, carestie, inondazioni e quant’altro, il continente regredì rapidamente di secoli. Alla guerra per bande parteciparono anche le donne che per sopravvivere diventarono dure come e più degli uomini. Divennero le compagne dei guerrieri e guerriere loro stesse.

La necessità di avere degli schiavi in quelle condizioni fu immediata. Le bande diventavano sempre più grandi ed ormai assomigliavano sempre più ad eserciti di diverse migliaia di persone. In quella situazione ci volevano donne ed uomini che si prendessero cura di chi combatteva e lavorassero per loro. Come sempre, accadde che gli schiavi vennero utilizzati anche sessualmente ed anche in questo caso le donne guerriere non rimasero indietro. Rapidamente caddero le inibizioni e le amazzoni si presero il loro spasso, anche quando avevano dei compagni, che dovettero smettere presto di essere gelosi. Mentre le città venivano rase al suolo le bande iniziarono ad impadronirsi di un territorio ed in modo primitivo lo difesero e si organizzarono.
Chi era fuori da queste bande o morì o fu reso schiavo, ciò capitò spesso anche a cittadini, a quel tempo, ricchi e potenti. La carestia fece una strage epocale, solo i più duri sopravvissero, sia tra gli schiavi che tra i guerrieri. Ci vollero dieci anni per raggiungere un equilibrio ed un nuovo ordine. Quando nel sud dell’Africa, le bande, che all’inizio erano migliaia si ridussero ad un centinaio di eserciti, fu possibile arrivare ad un accordo e fu fondato il Dravor.
Nessuno ci avrebbe scommesso un tozzo di pane che sarebbe durato, ed invece funzionò. I contrari furono sterminati. Koss fu uno dei fautori dell’accordo. Intanto la popolazione si era ridotta da alcune centinaia di milioni a pochi milioni, una stima diceva che gli abitanti del Dravor erano ormai solo poco più di otto milioni, ed ormai due terzi dei sopravvissuti erano schiavi. L’accordo era necessario se non volevano morire tutti e nonostante le devastazioni c’erano grandi ricchezze e tanto potere da dividere su un territorio immenso che era tutta l’Africa australe.

Tutto era distrutto, bisognava inventare tutto di nuovo. Il modello scelto fu semplice. Prima di tutto c’erano i dravoriani, ovvero i cittadini del Dravor, e poi gli schiavi. Tra i dravoriani c’erano i guerrieri e coloro che a vario titolo avevano fatto parte delle bande che avevano vinto e costituito l’impero. Quindi si dovette provvedere ad un minimo di organizzazione imperiale, con cariche di ogni tipo e quindi una conseguente burocrazia che però non divenne mai molto pesante. Tutti i guerrieri che c’erano al momento dell’accordo non erano poi necessari, ma ne servivano sempre tanti per sorvegliare tutti gli schiavi e venne così costituita una polizia, la guardia imperiale, e un esercito per difendere le frontiere, l’esercito imperiale.
Gli altri guerrieri ritornarono ai loro vecchi mestieri, quelli che nelle condizioni attuali erano possibili, lavori artigianali e commerciali. Le terre, ve ne erano in abbondanza per tutti, furono divise tra i guerrieri, naturalmente i capi si presero estensioni enormi, grandi quanto provincie, ma anche i cens semplici ebbero il loro appezzamento, dopo questa divisione il 90% del territorio era ancora libero e tornava a diventare selvaggio e vivo come secoli prima. Anche gli schiavi furono divisi di conseguenza, la grande maggioranza finì nei campi, ma altri furono mandati a servire la borghesia commerciale ed artigianale che si raccolse nei villaggi e nelle poche città che sorsero, altri ancora furono mandati a svolgere i lavori più umili, ma qualcuno tra i più capaci ebbe importanti incarichi nell’amministrazione, anche se mai decisionali.

Uno degli artefici del nuovo ordine fu Koss, capo di una delle bande più numerose e potenti. All’inizio del Dravor prese per sé oltre al ruolo di row (la carica più alta dell’esercito) che condivideva con altri nove, di cui tre erano donne, un feudo grande quanto una provincia, la zona che durante la guerra aveva controllato, che per attraversarlo a cavallo ci volevano due giorni, e una grande tenuta, dove costruì la sua casa, vicino a Kuanta, la capitale del Dravor.

All’inizio di questa storia tutto il patrimonio di Koss passa nelle mani del figlio Leao. Koss, infatti durante una missione al nord aveva scoperto, in presenza di un gran numero di testimoni, di avere generato, fino a quel momento non lo sapeva, un figlio con la sua schiava Saa di cui doveva ammetterlo era sempre stato innamorato. Questo figlio si chiamava Nur. Questo succedeva subito dopo una furibonda lite con il figlio naturale Leao.
In quelle condizioni, Koss sapeva di non poter ritornare a casa, per lui nel Dravor ci sarebbe stato l’ostracismo. Sul luogo della tragedia era presente, oltre allo stesso Leao, l’amante di Koss, Zuna.
Mentre Koss rimase in quelle lande desolate con Saa, Nur, il figlio fino ad allora sconosciuto, ed altri schiavi; Leao, Zuna e la loro compagnia ritornarono nel Dravor.

Alle origini

Koss aveva attraversato il confine e si era lasciato alle spalle il Dravor, l’impero che aveva contribuito a creare. L’impero che l’aveva fatto diventare ricco e potente.
Ora era a capo di una banda di scalcinati che vagava in lande desolate.
Tutto perché non poteva rinunciare alla sua stupenda schiava Saa. E non solo a lei, ma anche al figlio che aveva avuto con lei e di cui fino a qualche settimana prima non sapeva neanche che esistesse.
Saa l’avrebbe seguito dovunque, ma se suo figlio fosse diventato schiavo, la stupenda bionda sarebbe impazzita e Koss questo non poteva permetterlo. Quindi rinunciava a tutto per lei. Quando e come si era innamorato di Saa? Forse era successo la prima volta che l’aveva vista, o forse quando, la sua amante Kira, la stava addestrando a diventare la kalsna migliore del Dravor. Kalsna, una donna di piacere, una donna che sapeva dispensare piacere come nessuna altra.
- Brava piccola, così, agita il culetto, mostragli i genitali, fagli capire che sono suoi. Così, siii, vai avanti ed indietro. Lui è dietro di te e ti sta prendendo e tu lo vuoi, non vedi l’ora che ti prenda. Stai smaniando nell’attesa, lui deve capire che tu on desideri altro. -
Saa era rossa in viso, palpitante, si agitava come la sua Padrona le ordinava di fare. Era prona e pronta per essere presa, a quattro zampe, offerta, culo all’aria, fica alta ed aperta. La voce di Kira la teneva prigioniera di quell’incantesimo e lei non riusciva a sottrarsi non voleva sottrarsi. Immaginava che li ci fosse Koss, pronto a prenderla e si struggeva dalla passione come se lui da un momento all’altro la potesse penetrare. Ma Koss non era lì, lì c’era solo la sua Padrona che l’aveva soggiogata e l’addestrava a diventare il giocattolo sessuale del suo Padrone. Ma questo succedeva solo molto tempo dopo che era stata fatta prigioniera.

Koss era accucciato sulla cima di una collinetta, un’escrescenza dell’altopiano su cui viveva da quasi un anno. Accanto a lui c’era Muzi, un nero possente di due metri, il suo guerriero più forte ed abile, la sua ombra, che gli aveva più volte salvato la vita. Tutti gli altri stavano in basso, pronti e silenziosi, quasi tutti a cavallo. Era una banda di straccioni, ma in quei mesi erano diventati disciplinati e coraggiosi. Con il binocolo scrutava la savana. La carovana avanzava lentamente, un centinaio di persone ed una dozzina di carri. Carne da macello. Erano quasi tutti armati con spade e lance, ma si vedeva lontano un miglio che non avevano la minima idea di come si usassero. C’erano donne, molte donne, qualche bambino e uomini di tutte le età.
Koss stava per scendere dalla collina e mettersi alla testa dei suoi uomini per l’attacco, quando l’attacco iniziò sotto i suoi occhi increduli, ma non erano i suoi uomini ad attaccare.
Un’altra banda, non li aveva visti, si erano nascosti ai margini della pista nell’erba alta ed erano rimasti immobili per lungo tempo tanto che né lui, né Muzi avevano notato niente. Erano una cinquantina, meno dei suoi, ma erano guerrieri terribili e ben addestrati, il fatto che né lui, né Muzi li avessero notati era il segno di un ottimo addestramento. Le urla degli attaccanti erano belluine, quelle che venivano dalla carovana piene di orrore. Fu un massacro. Quando Koss vide che la banda aveva quasi finito di portare a termine lo sterminio e stava per iniziare il saccheggio si precipitò giù dalla collinetta e guidò l’assalto.
Kira galoppava accanto a lui sulla sinistra e Muzi era alla sua destra. Li presero di sorpresa, molti erano con le brache calate mentre stavano violentando le donne.
Saa correva impazzita tra di loro cercando di scamparla, ma ormai correva in cerchio era circondata e non poteva fuggire. Dove poi? I suoi genitori erano già morti, si erano difesi, ma non erano preparati minimamente a quell’orrore. E neanche lei.
Arrivò prima Kira e con lo spadone fece saltare la prima testa, la giovane donna era terribile. Dopo un attimo di smarrimento, gli uomini si riorganizzarono ed attaccarono Kira, lei era a cavallo e si difendeva bene, ma non per molto, iniziava a cedere, poi arrivò Koss che ne fece fuori subito uno e sullo slancio un secondo. Gli altri tre scapparono, ma anche in questo caso non avevano dove andare. Furono presto fatti prigionieri.
Saa era in ginocchio stremata e piangente quando Koss si avvicinò sul suo cavallo e le fece segno di alzarsi. La biondina, che al tempo aveva i capelli lunghi, che le scendevano oltre le spalle, si mise in piedi continuando a piangere e singhiozzare. Piangeva per l’orrore, per i suoi e per il suo destino.
Koss non voleva perdere tempo, lì erano allo scoperto, e non voleva farsi sorprendere da una banda più grossa della sua, era molto improbabile, ma era appena successo. In ogni caso se ne voleva andare. Kira e le sue ragazze, era un compito che le donne sapevano svolgere meglio degli uomini, razziarono tutto, raccolsero gli schiavi e le schiave ed i cavalli, mettendoli al centro della colonna. Per i guerrieri fatti prigionieri la sorte era sempre fortuita. Se il vincitore aveva bisogno di schiavi diventavano schiavi, altrimenti poteva venire offerto loro di unirsi alla banda come guerrieri. Quelli erano buoni guerrieri e Koss offrì loro la possibilità di unirsi a loro e questi accettarono di buon grado.
Koss tese la mano alla biondina che impaurita ed esitante la prese. Koss le fece poggiare il piede su una staffa e se la tirò sul cavallo dietro di lui. Saa cercò di tenersi a distanza, quell’uomo non era proprio rassicurante, ma quando il cavallo si mosse, per non cadere, si strinse a lui.
Piangeva e tremava, ma man mano che andavano avanti iniziò a calmarsi e si afferrò a lui. Era esile ed impaurita, lo stesso Koss non avrebbe saputo dire perché non l’aveva ammassata con gli altri schiavi, fino a quel momento non aveva mai mostrato pietà per nessuno. Non era cattivo in assoluto, ma aveva capito che in quel mondo, se voleva sopravvivere, doveva essere spietato. Se non lo fosse stato avrebbe perso il rispetto delle canaglie che comandava e poi sarebbe finita.
Koss era alla testa della colonna quando Kira che aveva organizzato la marcia lo affiancò.
- E di quella che ne vuoi fare? –
Koss improvvisò. - Penso d tenerla per noi, mi sembra abbastanza capace da mettere ordine nella nostra tenda. Sarà una buona serva. –
Kira era perplessa, ma era vero che non avevano una schiava capace di sistemare le loro cose, a quelle che si avvicendavano nella loro tenda bisognava dire tutto ed anche se glielo dicevi facevano lo stesso le cose male. Questa a prima vista sembrava avere un po’ di testa, ma chi sa se era capace.
Kira si affiancò al cavallo di Koss, si protese sulla sella e allungò un braccio verso il viso della biondina. La prese per il mento e la guardò negli occhi.
- Hai capito piccola? –
La guancia destra di Saa tremolò, ma non spiccicò una parola.
Kira la schiaffeggiò. – Rispondi quando ti faccio una domanda! –
Saa era inebetita, era la prima volta che una persona alzava la mano su di lei, ma non osò ribellarsi, aveva appena assistito ad una strage, non voleva sapere cosa sarebbe successo se si fosse ribellata. Tremò e rispose belando e singhiozzando. – Sì, ho capito. –
Devi rispondere – sì, ho capito, Signora. Chiarò? –
Saa tremò, singhiozzò e riprese a piangere, ma ripeté esattamente le parole di Kira cercando di non guardarla, Kira però la stringeva per il mento e il suo sguardo non la mollava.
- Come ti chiami - volle sapere Kira.
- Saa, Signora – rispose la biondina come se la stessero torturando.
- Bene piccola Saa, io sono Kira la tua Padrona – disse lasciando la presa sulla biondina, - e lui è Koss, il tuo Padrone. D’ora in poi comportati bene e andremo d’accordo, altrimenti ti dovrò punire. –
Kira non attese la risposta, spinse il cavallo avanti e si mise accanto al suo uomo per discutere di cose più importanti.
Saa pianse in silenzio per tutto il tragitto, aveva bisogno di essere consolata, ma non c’era nessuno, l’uomo davanti a lei, un giovane duro, e lei immaginò spietato, non disse mai niente. Dal momento che l’aveva fatta montare a cavallo l’aveva ignorata.
Saa era addolorata ed inconsolabile, ma non poté fare a meno di osservare i suoi padroni. Erano giovani, potevano avere solo qualche anno più di lei, ma erano duri, violenti, spietati, anche la donna, anzi forse più la donna dell’uomo.
Lei era alta e voluttuosa, un bel corpo morbido e pieni di curve, un bel viso, pieno come una luna, i capelli corvini e gli occhi di ghiaccio. Il corpo era morbido, ma anche scattante, allenato, muscoloso, cosce e bicipiti forti, Saa l’aveva vista all’opera. Aveva visto come maneggiava la spada e tagliava teste.
Vestiva in modo strano, ma lì erano tutti vestiti in modo strano. Portava un giubbotto di pelle senza maniche e sotto solo un reggiseno anch’esso di pelle, molto morbido, più giù pantaloni di tela grezza e stivali.
Saa non osava neanche interrogarsi sulla sua sorte, non c’era più nessuno a proteggerla, suo padre, il suo caro padre era appena stato ucciso e così anche la sua bella madre, neanche si erano presi la briga di seppellirli. Era rimasta sola.

Anche lui era alto e muscoloso, ma non aveva un filo di grasso, solo nervi e muscoli, i capelli lunghi, fini e neri, un viso scavato e lungo, occhi grigi, un falco. Bello e spietato. Anche lui indossava un giubbotto di pelle senza maniche e sotto una camicia, poi pantaloni e stivali.
Il cavallo la spingeva continuamente contro le sue spalle e la sua schiena. Saa si ritraeva, ma quando veniva a contatto con lui sentiva un corpo duro come l’acciaio.
Lei teneva le mani sui suoi fianchi per mantenersi in equilibrio, non ne poteva fare a meno, non sapeva come altro fare, ma lui sembrava che neanche se ne accorgesse. Lui non le aveva mai rivolto una parola, sembrava che avesse delegato la sua compagna a trattare con lei, però non le aveva torto un capello, anzi era stato gentile, mentre Kira l’aveva schiaffeggiata.

In effetti la tenda di Kira e Koss era molto grande ed era una grande schifezza. Sporca, puzzolente e disordinata, polvere e resti di cibo dovunque e chi sa quante bestiole in circolazione. Kira le indicò un angolo e le disse – sistemati lì per la notte, domani mattina verranno due ragazze a darti una mano per sistemare la tenda e cucinare. Tu sei responsabile anche per loro. – Koss continuò ad ignorarla.
Non c’era neanche una coperta e Saa si sdraiò sul terreno ed in posizione fetale cercò di prendere sonno, pianse ed ebbe gli incubi, si svegliò e gridò, nessuno le rivolse una buona parola. Cercò di riprendere sonno. Dall’altro capo della tenda, nel loro giaciglio, sotto le coperte i suoi padroni sospiravano, gemevano, grugnivano. Si premette i palmi delle mani sulle orecchie e cercò di riprendere sonno.
La mattina dopo era uno zombie. Si guardò intorno… lo squallore di quella tenda era senza pari. Qualche minuto dopo arrivarono due negrette, erano le cameriere che la guardarono in adorazione aspettandosi che Saa dicesse loro cosa fare. Saa era inerte, stanca, non voleva vivere. In quel momento si sarebbe lasciata andare e che succedesse quello che doveva succedere a lei non importava niente. Ma quelle due scemette che la guardavano aspettando che dicesse loro cosa dovevano fare l’imbarazzavano. Le sorse il dubbio che Kira avrebbe punito non solo lei, ma che per colpa sua sarebbero state punite anche quelle due stupidine mezze nude.
Iniziò a dare ordini. Non che fosse esperta, a casa sua lei sistemava solo la sua camera e dava una mano a sua madre…, ma in quello schifo non c’era bisogno di nessuna esperienza per sapere cosa andava fatto. Le due stupidine, come lei, erano giovanissime, magre, ma sane ed energiche.
Saa le guardò e disse – mi devo lavare, mangiare e poi parlare con la padrona. –
Le due ragazze la presero per mano e la portarono fuori. Il sole era abbagliante ed accecante. Saa strizzò gli occhi e si guardò attorno, il campo era messo meglio della tenda, decisamente meglio, per fortuna. La sera prima erano arrivati tardi, era buio e lei, per altro presa dalle sue angustie, non aveva visto niente, non ne aveva avuto neanche voglia. Ora mentre le due morette l’accompagnavano alla mensa si guardò intorno e vide tende ben disposte e una certa pulizia intorno a sé.
Si trovavano su un grande promontorio di diverse decine di ettari, circondato su tre lati da un fiume e accessibile solo da una lingua di terra. Il promontorio era alto diverse decine di metri sul fiume raggiungibile attraverso un paio di sentieri. Il campo ne occupava solo una piccola parte, poi c’erano campi, prati per i cavalli e gli animali. Tutto quello che poteva servire ad una piccola comunità.
La mensa era ricca, c’era cacciagione, pesce, carni affumicate, verdura, frutta, uova, latte, pane e ciambelle. No, al campo di Koss non si soffriva la fame. Saa bevve latte e mangiò ciambelle, tutto il resto le faceva rivoltare lo stomaco, ma notò che il cibo era ben cucinato. E quella era la mensa degli schiavi. Quella dei guerrieri doveva essere ancora meglio. Poi le due nerette l’accompagnarono dalla Padrona. Kira stava per uscire ed andare a caccia, ma ascoltò attenta cosa aveva da dire la sua nuova serva. Poi diede alcuni ordini e quello che Saa aveva chiesto si materializzò immediatamente. Quindi Kira montò a cavallo ed uscì dal campo con una pattuglia.
Saa aveva chiesto, saponi, stracci, un giaciglio per lei, un falegname e l’aiuto, almeno per quel giorno di altre due serve. Queste ultime arrivarono subito, erano più mature delle due morette ed erano bianche.
Saa le portò alla capanna, le caricò di tutti i vestiti, le lenzuola, le coperte… e le spedì con il sapone al fiume a lavare. Le nerette rimasero con lei.
Al falegname disse che doveva sistemare tutti i mobili e fare un letto per lei. Quello di Koss e Kira poteva andare, era solo da pulire. E fu quello che fece aggredendo, con le due nerette tutta la sporcizia che c’era in casa.
Fu un lavoro duro, ma prima che i padroni rientrassero la casa era pulita ed odorava di pulito. Anche i vestiti, le lenzuola e le coperte erano asciutti e stirati, il sole implacabile aveva svolto egregiamente il suo compito. Saa aveva diviso con della tela grezza e pesante lo spazio interno di circa cento metri quadri. Aveva ricavato una cameretta per sé, una per i Padroni, un grande soggiorno ed uno spogliatoio all’ingresso. Non voleva che si entrasse in casa con gli stivali, Subito fuori, la cucina ed il tavolo da pranzo. Fuori c’era anche un piccolo bagno per i bisogni notturni che sversava in un pozzo nero verso il fiume. Le latrine stavano a mezza costa, anche queste sistemate verso il fiume, un canale portava tutto via verso l’acqua.

Saa attese Kira e Koss all’ingresso. Arrivò prima Koss e Saa gli spiegò quali erano le nuove regole della casa. Koss fece spallucce, ma si spogliò e si lavò prima di entrare in casa. Quando entrò non disse niente, ma ne fu compiaciuto.
Con Kira Saa cercò di essere più diplomatica. Kira la prese ancora una volta per il mento, la scrutò freddamente negli occhi e le disse – mi stai dicendo cosa devo fare a casa mia piccola? –
Saa stavolta scrutò Kira attentamente reggendo lo sguardo, le passava solo due o tre anni, ma effettivamente di fronte a lei si sentiva piccola. Kira era più alta, più grossa e soprattutto più muscolosa ed aitante. Il tic si manifestò appena sentì la parola piccola, fu ancora diplomatica, ma inflessibile. – Signora, se vuole che la sua casa sia tenuta pulita ed ordinata… -
Kira la lasciò, andò nel bagno, si lavò e poi nello spogliatoio si cambiò prima di entrare in casa. Saa la seguì, era intimorita e preoccupata, ma sapeva che aveva fatto un buon lavoro. Kira si guardò intorno, la casa era irriconoscibile, in silenzio ispezionò tutto, poi si girò verso Saa e le sorrise. – Bene piccola Saa, sei stata brava. –
Saa pianse ancora per diverse notti, ebbe gli incubi ancora per un po’, ma poi si rese conto che voleva vivere e riprese a vivere.
Era una schiava, ma per ora la trattavano bene, non era neanche stata violentata come si aspettava che accadesse, anzi Koss, il suo Padrone, la ignorava e lei si domandava perché visto che era abbastanza sicura che non fosse da buttar via. In quel campo tutti scopavano con tutte. Padrone con Padroni e schiavi e viceversa. Le schiave non si potevano sottrarre, ma di solito non c’era una vera e propria violenza, semplicemente i Padroni e le Padrone si prendevano quello che pensavano fosse un loro diritto e le schiave e gli schiavi lo accettavano. A Saa non succedeva. Molti ragazzi nella precedente vita l’avevano corteggiata, ma lei era ancora vergine. Negli anni 30 del 2.000 non erano poi molte, a diciotto anni, le ragazze vergini.





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2019-01-27
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