Sabot nero.
di
Himi
genere
etero
-Sono cose della vita, tararà.
Già, come vedi, sto pensando a te.
Sto pensando a noi.
Anita sta bevendo un cocktail a casa di amici.
Passato il lockdown, diciamocela tutta, tutti ci siamo riversati fuori, finendo per fare una quarantena al contrario- la propria casa bandita.
La voce di Eros Ramazzotti la blocca.
Sto pensando a te.
Già.
Sto pensando a noi.
Anita si alza e va a fare conversazione con gli altri- continuare a essere asociali dopo il lockdown non è una buona idea.
- Ciao cara, come stai?- le chiede Silvia, in elegante abito color crema e tacco dodici. Unghie naturalmente accuratamente sottoposte a manicure. Trucco leggero e curato.
Anita non è così. Anita non è ricca come le altre.
Tutti lo sanno. Lei per prima.
Ma ad Anita piace scandalizzare.
Si è presentata a questa serata in jeans e maglietta T******. Ah, giusto, ai piedi calza un sabot nero, con elastico posteriore un po' lento.
I capelli scompigliati suggeriscono che la sua messa in piega è assolutamente fai da te- e del giorno precedente.
Anita si guarda intorno.
Sa di non essere all'altezza di quell'ambiente.
Si sente osservata dalle donne. Ma soprattutto dagli uomini.
Ne ha già beccati 2 o 3 soffermare i loro languidi sguardi sul suo culo- pardon Lato B: non è fine pensare alla parola culo in un ambiente tanto distinto.
Ma, dicevamo, Anita sa che i culi- pardon- delle altre non sono sodi quanto il suo: Anita ama fare sport, a differenza delle altre, che la ritengono pratica assai sconveniente per una donna. Come è sconveniente vestire senza cura.
Ci sono delle regole, regole che non fanno per lei, appunto.
- Scusa Rebecca- la padrona di casa- cerco il bagno. Ho bisogno di rinfrescarmi.
In realtà, Anita andrà a sistemarsi il trucco. Anch'esso poco curato.
- Ti guido io, mia cara. Non temere.
Non temere. Forse questa casa cela pericoli che noi umani non possiamo neanche immaginare- pensa Anita.
La casa è troppo grande e- finita la toelettatura (non è vero: è pura curiosità)- Anita si avventura in un disimpegno scintillante che dà su una porta chiusa.
La favola di Barbablú le ricorda che non è bene sbirciare oltre le porte chiuse altrui, ma... è la curiosità a vincerla.
- Cosa stai facendo?
Anita si paralizza con il braccio a mezz'aria e il piede già oltre la soglia proibita. Rimane di spalle. Non osa guardare il suo interlocutore, il padrone di casa, nonché marito di Rebecca.
- Scusa. Ho sbagliato porta. Credevo fosse il bagno.
Anita abbassa lo sguardo sulle scarpe.
Non riesce a voltarsi.
- Non preoccuparti se hai SBAGLIATO porta. Quella accanto.
Federico rimane fermo a guardarla- ne è sicura- a guardarle il culo.
Ancora in imbarazzo per l'incidente del ces... ehm della toilette, Anita non riesce a guardare Federico.
Durante la cena, in cui si parla di servizi di piatti, lavori di ristrutturazione e del lockdown, ovviamente, non può fare a meno di notare che lo sguardo di Federico si sofferma più e più volte su di lei.
Ogni volta che i loro occhi si incrociano, Anita ha un fremito e finisce per spostarli su un oggetto, un piatto o un altro interlocutore.
Finita la cena, Anita chiede dove recuperare la borsa- un anonimo esemplare nero che si discosta dalla distesa sconfinata di Louis V*****.
- Ti faccio strada io.
Anita cerca Rebecca con lo sguardo, ma lei sorride, intenta a riordinare la tavola.
- Ok.
Vuole tenere il punto, Anita.
Cammina dietro Federico, per non guardarlo in faccia.
Recuperata la borsa, Anita si rende conto che lui la sta osservando.
Decide di uscire da lì il più in fretta possibile, ma Federico ha deciso di sfidare le leggi dell'impenetrabilità della materia.
Sorridendo sornione, occupa la soglia di quella stanza.
- Ok. Io vado, allora.
- Certo.
Federico si ostina a rimanere inchiodato, come se avesse messo radici.
- Potrei passare, Federico, se mi dai il permesso, naturalmente?
La voce è dimessa, così flebile che risulta difficile udirla.
Occhi bassi e rossore a comando.
- Certo.
Federico non si sposta, ma Anita non demorde.
Prende un fazzoletto dalla borsa e si tampona la fronte, ora imperlata di sudore.
Tormenta la bocca nervosamente.
Restano lì a guardarsi, come due statue.
Sono a un'empasse.
- Federico? Vieni ad aiutarmi, tesoro?
Santa Rebecca, salvaci tu.
Anita sorride a Federico.
- Ciao Rebecca, è stata una magnifica serata.
Un colpo di gomito- la nuova frontiera dei saluti.
- Ciao Anita, vieni a trovarci più spesso, d'accordo?
- Certo, Federico.
Il buio della notte avvolge i fari della sua auto- una vecchia Polo station wagon del 2001, vernice a chiazze o a macchia di leopardo, per restare in tema volgarità- OPS.
Già, come vedi, sto pensando a te.
Sto pensando a noi.
Anita sta bevendo un cocktail a casa di amici.
Passato il lockdown, diciamocela tutta, tutti ci siamo riversati fuori, finendo per fare una quarantena al contrario- la propria casa bandita.
La voce di Eros Ramazzotti la blocca.
Sto pensando a te.
Già.
Sto pensando a noi.
Anita si alza e va a fare conversazione con gli altri- continuare a essere asociali dopo il lockdown non è una buona idea.
- Ciao cara, come stai?- le chiede Silvia, in elegante abito color crema e tacco dodici. Unghie naturalmente accuratamente sottoposte a manicure. Trucco leggero e curato.
Anita non è così. Anita non è ricca come le altre.
Tutti lo sanno. Lei per prima.
Ma ad Anita piace scandalizzare.
Si è presentata a questa serata in jeans e maglietta T******. Ah, giusto, ai piedi calza un sabot nero, con elastico posteriore un po' lento.
I capelli scompigliati suggeriscono che la sua messa in piega è assolutamente fai da te- e del giorno precedente.
Anita si guarda intorno.
Sa di non essere all'altezza di quell'ambiente.
Si sente osservata dalle donne. Ma soprattutto dagli uomini.
Ne ha già beccati 2 o 3 soffermare i loro languidi sguardi sul suo culo- pardon Lato B: non è fine pensare alla parola culo in un ambiente tanto distinto.
Ma, dicevamo, Anita sa che i culi- pardon- delle altre non sono sodi quanto il suo: Anita ama fare sport, a differenza delle altre, che la ritengono pratica assai sconveniente per una donna. Come è sconveniente vestire senza cura.
Ci sono delle regole, regole che non fanno per lei, appunto.
- Scusa Rebecca- la padrona di casa- cerco il bagno. Ho bisogno di rinfrescarmi.
In realtà, Anita andrà a sistemarsi il trucco. Anch'esso poco curato.
- Ti guido io, mia cara. Non temere.
Non temere. Forse questa casa cela pericoli che noi umani non possiamo neanche immaginare- pensa Anita.
La casa è troppo grande e- finita la toelettatura (non è vero: è pura curiosità)- Anita si avventura in un disimpegno scintillante che dà su una porta chiusa.
La favola di Barbablú le ricorda che non è bene sbirciare oltre le porte chiuse altrui, ma... è la curiosità a vincerla.
- Cosa stai facendo?
Anita si paralizza con il braccio a mezz'aria e il piede già oltre la soglia proibita. Rimane di spalle. Non osa guardare il suo interlocutore, il padrone di casa, nonché marito di Rebecca.
- Scusa. Ho sbagliato porta. Credevo fosse il bagno.
Anita abbassa lo sguardo sulle scarpe.
Non riesce a voltarsi.
- Non preoccuparti se hai SBAGLIATO porta. Quella accanto.
Federico rimane fermo a guardarla- ne è sicura- a guardarle il culo.
Ancora in imbarazzo per l'incidente del ces... ehm della toilette, Anita non riesce a guardare Federico.
Durante la cena, in cui si parla di servizi di piatti, lavori di ristrutturazione e del lockdown, ovviamente, non può fare a meno di notare che lo sguardo di Federico si sofferma più e più volte su di lei.
Ogni volta che i loro occhi si incrociano, Anita ha un fremito e finisce per spostarli su un oggetto, un piatto o un altro interlocutore.
Finita la cena, Anita chiede dove recuperare la borsa- un anonimo esemplare nero che si discosta dalla distesa sconfinata di Louis V*****.
- Ti faccio strada io.
Anita cerca Rebecca con lo sguardo, ma lei sorride, intenta a riordinare la tavola.
- Ok.
Vuole tenere il punto, Anita.
Cammina dietro Federico, per non guardarlo in faccia.
Recuperata la borsa, Anita si rende conto che lui la sta osservando.
Decide di uscire da lì il più in fretta possibile, ma Federico ha deciso di sfidare le leggi dell'impenetrabilità della materia.
Sorridendo sornione, occupa la soglia di quella stanza.
- Ok. Io vado, allora.
- Certo.
Federico si ostina a rimanere inchiodato, come se avesse messo radici.
- Potrei passare, Federico, se mi dai il permesso, naturalmente?
La voce è dimessa, così flebile che risulta difficile udirla.
Occhi bassi e rossore a comando.
- Certo.
Federico non si sposta, ma Anita non demorde.
Prende un fazzoletto dalla borsa e si tampona la fronte, ora imperlata di sudore.
Tormenta la bocca nervosamente.
Restano lì a guardarsi, come due statue.
Sono a un'empasse.
- Federico? Vieni ad aiutarmi, tesoro?
Santa Rebecca, salvaci tu.
Anita sorride a Federico.
- Ciao Rebecca, è stata una magnifica serata.
Un colpo di gomito- la nuova frontiera dei saluti.
- Ciao Anita, vieni a trovarci più spesso, d'accordo?
- Certo, Federico.
Il buio della notte avvolge i fari della sua auto- una vecchia Polo station wagon del 2001, vernice a chiazze o a macchia di leopardo, per restare in tema volgarità- OPS.
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