Ciccio cap. 2
di
lingua di gatto
genere
gay
Ciccio – seconda parte
Passarono diversi anni. Ciccio maturò, conobbe una ragazza e si sposò. Il padre era morto e lui era diventato il titolare dell’officina.
Io ero diventato un giovanottello. Le ragazze mi piacevano ma ero terribilmente timido e introverso, succube delle misure di un pene piccolo e del piacere anale. Ero alla prima classe dell’istituto tecnico industriale, studiavo da solo e a casa di una mia zia, vedova e senza figli, di giorno viveva con noi e di sera la utilizzava solo per dormire, io le facevo compagnia e dormivamo in stanze diverse. Studiavo con superficialità e senza molta voglia e spesso leggevo, durante le ore di studio, riviste porno e anche fumetti molto osé se non porno. Ricordo che un pomeriggio leggevo una rivista che riportava pagine di un racconto a fumetti di Georges Picard e in una scena si vedeva la protagonista, una casalinga, che presa da un raptus si era inculata con il manico robusto di uno spazzolone e andava per la stanza, nuda, carponi e con lo spazzolone piantato nel culo. Mi eccitai molto e mi venne sott’occhi uno spolverino di piume fissate ad un lungo, sottile e nodoso manico di bambù. La tentazione fu molto forte. Mi tolsi pantaloni e slip e, imitando la protagonista del disegno, mi inserii nel buco del culetto ancora vergine, il manico dello spolverino. Inizialmente, per quanto sottile potesse essere il bambù, sentii fastidio, lo sfintere era asciutto. Allora con la mia saliva l’introduzione fu facilitata. Entrò il primo e il secondo nodo e fu molto piacevole la sensazione della forzatura dello sfintere per poi rilassarsi. Tirai fuori il tutto e lo introdussi di nuovo lentamente gustandomi la sensazione del puro piacere. Il cazzetto si era svegliato e e anzi lo sentivo più turgido e grande delle altre volte che mi ero masturbato senza quella introduzione. Feci entrare più in profondità il bambù e più nodi forzarono il buchetto. Cominciai a far avanti e indietro, prima lentamente e poi con maggior velocità. Andai in estasi, sembrava quasi che stessi arrivando all’orgasmo senza toccarmi il cazzo, poi pochi colpi con la mano e venni copiosamente. Fu una vera goduria.
Quella notte non potevo prendere sonno. Desideravo qualcosa di più consistente per il mio culetto. La mente girovagò e nitide mi vennero le immagini di Ciccio e del suo bellissimo e turgido cazzo assieme a quella prima esperienza di sesso orale che non si era più ripetuta. I pensieri erano sempre fissi a come appagare quel desiderio. Cercai di ovviare e mi organizzai, pensando ad una soluzione diversa.
Qualche giorno dopo comprai in una farmacia fuori mano una confezione di preservativi e un tubetto di vasellina. Di nuovo solo con la scusa dello studio a casa della zia, mi procurai un telo di cotone ricavato da un vecchio lenzuolo e ne ricavai una striscia larga una ventina di centimetri e lunga circa mezzo metro o poco più. Avvolsi il telo strettamente alla estremità di un manico di legno di un bastone per lavare i pavimenti, alla punta posizionai un batuffolo di cotone ben compatto, tale da simulare un glande e racchiusi tutto con un preservativo. Ero proprio soddisfatto: l’estremità del bastone aveva forma, dimensioni e consistenza di un vero cazzo. Mi tolsi pantaloni e slip, era inverno e la casa non aveva riscaldamento, rimasi con calzini e scarpe, maglia intima, camicia e maglione, il resto era al “vento”. Presi in bocca l’oggetto e lo lubrificai con la saliva imitando un pompino, alcuni minuti dopo, aiutandomi con le dita della mano, lubrificai il mio buchino con la vasellina, cercando di introdurne un poco anche dentro. Ero pronto. Bloccai l’estremità del bastone ad un piede del comò con dello spago, poi, in piedi mi girai, arcuai un poco la schiena e posizionai la punta del cazzo finto in corrispondenza del buchetto. Indietreggiai un poco in modo che il bastone non potesse cadere, mi curvai ancora un po’ e stetti così fermo poi tirai un sospiro e cominciai a spingermi verso il cazzo lentamente ma senza strattoni. Sentii il buchetto allargarsi e un poco di dolore fu avvertito ma era sopportabile. Un altro poco più indietro, lo sfintere si allargò ancora e sentii che era entrato di qualche centimetro, il grosso era fatto. Ero arrivato alla massima misura del dildo autocostruito. Ora era più facile, meno doloroso. Feci un altro profondo sospiro e poi ancora più giù e lentamente arrivai alla massima penetrazione. Mi fermai, le gambe mi tremavano lievamente. Mentalmente assaporavo il nuovo intenso piacere ed il mio cazzetto era al massimo della estensione. Non mi restava che chiavarmi e cominciai, prima lentamente, a tirarlo fuori ma senza farlo uscire del tutto e poi giù e poi su. Avevo preso il ritmo, aumentai la velocità e quanti minuti passarono non posso ricordarlo avevo perso la cognizione del tempo. So solo che ad un certo punto il piacere era arrivato all’apice, non riuscivo più a trattenermi e bastarono pochi colpi di mano per schizzare una enorme quantità di sperma e mi sentivo svuotato, senza forze, dovetti mantenermi con le mani al tavolo che era vicino. Che meraviglia. Lentamente ripresi un poco le forze e mi liberai del dildo che, uscito dal forellino, senza altro appoggio, cadde a terra e dovetti stendermi sul lettino nell’altra stanza.
Quando mi ripresi misi tutto in ordine in modo che la zia non potesse avere sospetti ed in seguito, più volte mi inculai cercando ogni volta di avvolgere un altro pezzo di tela a quella già usata in modo da aumentare il diametro del dildo, così ogni volta fu una nuova esperienza con una dilatazione dello sfintere maggiore.
Fu appagante fino ad un certo punto, poi cominciai a desiderare un cazzo vero e l’immagine di Ciccio era sempre più presente, il riempitivo con il cazzo finto mi aveva dato altra esperienza ma non bastava più.
Avevo una enorme paura che potessi sputtanarmi con il mondo intero e non erano tempi teneri per un omosessuale dichiarato e non avevo la forza e il coraggio di fare quel passo. Poi pensai che Ciccio doveva essere una persona riservata e che dopo quella esperienza di sesso orale con me ragazzino, non aveva fatto parola con alcuno, oltretutto adesso era anche sposato e doveva essere più riservato. Questi pensieri pian piano mi convinsero che Ciccio era l’unica persona con cui avrei potuto avere un rapporto e che non aveva interesse a divulgare la cosa. Così, un giorno che lo vidi solo in officina, andai da lui e con la scusa di un problema alla serratura della porta, lo invitai a venire a dare una occhiata. Era oggetto del suo lavoro di fabbro e accettò. Concordammo che sarebbe venuto a casa di mia zia il giorno seguente verso le quindici, appena dopo pranzo, così poteva tener chiusa l’officina per qualche ora. Naturalmente il giorno dopo mi avviai appena dopo pranzo con una mezzora di anticipo al luogo dell’appuntamento. Lì mi preparai facendo un bidè, cambiai gli slip con altri puliti e mi resi più presentabile mettendo una spruzzata di acqua di colonia giù nell’inguine e un poco sul collo.
Ero impaziente, guardavo continuamente l’orologio, finalmente una bussata alla porta, andai ad aprire. Era lui, con la tuta da lavoro e un po’ sporco di fuliggine. Lo feci accomodare. Mi domandò dove fosse il problema. Indicai la serratura della porta. Ci volle poco per rendersi conto che tutto era in ordine.
- “Si è stata una scusa, volevo parlarti da solo in privato”
Mi guardò con aria interrogativa, in silenzio aspetto il seguito.
- “Ti ricordi qualche anno fa mi facesti sedere sul bancone e mi hai messo il tuo cazzo tra le mani. Allora ero piccolo. Ti piacerebbe ripeterlo adesso?”
Mi avvicinai a pochi centimetri dal suo viso, con gli occhi invitanti e un leggero sorriso sulle labbra. Non disse nulla, sorrise anche lui e prese la mia mano e la avvicinò alla sua patta. Da sopra la tuta accarezzai le sue palle e il suo cazzo. In poco tempo questo si indurì. Scostò un poco la mia mano e tirò fuori il pene. Avviluppai la mano destra attorno all’asta e con la sinistra cominciai a massaggiargli le palle.
- “Sei diventato esperto, vedo” mi disse
- “No, sono solo più grande e metto in pratica la mia fantasia. Da allora non ho mai avuto rapporti con altri, mi sono solo masturbato molto. Spesso pensando a te. Spero che questo rimanga tra noi, non ho voglia di conoscere altri, mi fanno paura, né voglio essere sputtanato.”
- “Non ti preoccupare, rimarrà un segreto tra noi.”
- “Puoi trattenerti qualche ora?”
- “Non ti preoccupare di questo, posso trattenermi quanto voglio.”
Mi accovacciai ai suoi piedi e cominciai a leccare tutto intorno il glande per poi poggiare le labbra sull’apertura del cazzo e succhiare a più riprese. Diventò più grosso e di colore violaceo.
Ciccio cominciò a spogliarsi togliendosi la tuta e gli slip e le scarpe, rimase solamente con la maglietta intima. Mi costrinse ad alzarmi e cominciò a spogliarmi. Prima i pantaloni e gli slip e poi tutto il resto, rimasi solo con i calzini. Mi guardò ammirato da mio culetto sodo e prominente su un fisico molto asciutto. I peli del mio corpo erano pochi e piccoli, formavano una peluria rada e quasi invisibile. Il pene piccolo e sottile era in tiro e anche i coglioni erano proporzionati alla misura del pene. Lo accarezzò poi lo prese e lo tirò con forza, stringendo abbastanza. Il dolore era sopportabile e fui attirato al suo corpo possente e muscoloso. Mi abbracciò e sussurrò al mio orecchio: “Sei proprio arrapante.”
- “Aspetta” mi girai e mostrai il culo poi allargai le chiappe “Ti piace il mio buchetto?”
- “E’ meraviglioso, sembra quello di una donna.”
- “Se vuoi puoi incularmi. Bada però che è la prima volta e sono vergine, anche se l’ho allargato un poco con qualche oggetto.”
Non perse molto tempo. Mi costrinse a piegarmi sul tavolo. – “Allargati il culo con le mani.” Mi disse.
Mentre tenevo le natiche ben aperte si inginocchiò dietro di me e cominciò a leccarmi il buchetto. Tentava di entrarci dentro con la lingua, avvolgeva le sue labbra tutto intorno e baciava e succhiava. Mi sentivo al settimo cielo. Era delizioso quello che mi faceva. La incitavo a continuare e lui forzava lo sfintere con la lingua ancora più forte e succhiava quasi a far uscire di lì gli intestini. Mi sentii il cervello mille lampi di luce, sembrava volesse uscire fuori dal cranio. Il cazzo sembrava volesse scoppiarmi. Poi sentii appoggiare allo sfintere la testa del cazzo, mi sembrava ancora più grande di quello che già fosse e cominciò con leggere spinte. Queste si intensificarono fino a quando cominciò a premere costantemente con sempre maggior forza. Cercavo di aiutare la penetrazione spingendo come se dovessi cagare. Finalmente vinse la forza dei muscoli anali, mi aprì ed entrò di colpo fino in fondo e lì si fermò e riprendemmo tutti e due fiato. Respiravamo all’unisono profondamente. Girai quanto potevo la testa verso di lui e mi baciò all’estremità della bocca, la sua lingua saettava sulle labbra voleva entrare e la accolsi per quanto potevo e cominciai a succhiarla. Eravamo ancora con le labbra unite quando cominciò ad estrarre per buona parte il cazzo e a spingerlo dentro con violenza, e così per un tempo infinito. Mi chiavò ancora ed ancora ed ancora finché mi inondò di sborra. Gli schizzi si susseguivano e con essi gli affondi che mi dava. Poi si prosciugò e stanco si appoggiò sul mio corpo, con il cazzo ancora dentro di me. Lentamente estrasse il cazzo ancora turgido da me e, come stappare una bottiglia di spumante, la sborra cominciò a defluire fuori in un rivolo che scorreva lungo il solco anale e poi sulle mie palle. Allungai la mano e da sotto di me raggiunsi quel rivoletto, ne presi quanto potevo sulle dita e le portai prima sotto al naso per odorare quella crema e poi in bocca per assaporare e ne fui colpito dalla gradevolezza dell’odore e del sapore di quel nettare.
Fu una chiavata, pardon, una inculata memorabile, d’altronde come avrei potuto scordarla, era la prima volta che un vero cazzo mi sverginava. Da ora in avanti non avrei voluto altro che il cazzo di Ciccio nel mio culo.
Completammo quel primo incontro con un bacio lungo e appassionato e con la promessa di vederci ancora.
Passarono diversi anni. Ciccio maturò, conobbe una ragazza e si sposò. Il padre era morto e lui era diventato il titolare dell’officina.
Io ero diventato un giovanottello. Le ragazze mi piacevano ma ero terribilmente timido e introverso, succube delle misure di un pene piccolo e del piacere anale. Ero alla prima classe dell’istituto tecnico industriale, studiavo da solo e a casa di una mia zia, vedova e senza figli, di giorno viveva con noi e di sera la utilizzava solo per dormire, io le facevo compagnia e dormivamo in stanze diverse. Studiavo con superficialità e senza molta voglia e spesso leggevo, durante le ore di studio, riviste porno e anche fumetti molto osé se non porno. Ricordo che un pomeriggio leggevo una rivista che riportava pagine di un racconto a fumetti di Georges Picard e in una scena si vedeva la protagonista, una casalinga, che presa da un raptus si era inculata con il manico robusto di uno spazzolone e andava per la stanza, nuda, carponi e con lo spazzolone piantato nel culo. Mi eccitai molto e mi venne sott’occhi uno spolverino di piume fissate ad un lungo, sottile e nodoso manico di bambù. La tentazione fu molto forte. Mi tolsi pantaloni e slip e, imitando la protagonista del disegno, mi inserii nel buco del culetto ancora vergine, il manico dello spolverino. Inizialmente, per quanto sottile potesse essere il bambù, sentii fastidio, lo sfintere era asciutto. Allora con la mia saliva l’introduzione fu facilitata. Entrò il primo e il secondo nodo e fu molto piacevole la sensazione della forzatura dello sfintere per poi rilassarsi. Tirai fuori il tutto e lo introdussi di nuovo lentamente gustandomi la sensazione del puro piacere. Il cazzetto si era svegliato e e anzi lo sentivo più turgido e grande delle altre volte che mi ero masturbato senza quella introduzione. Feci entrare più in profondità il bambù e più nodi forzarono il buchetto. Cominciai a far avanti e indietro, prima lentamente e poi con maggior velocità. Andai in estasi, sembrava quasi che stessi arrivando all’orgasmo senza toccarmi il cazzo, poi pochi colpi con la mano e venni copiosamente. Fu una vera goduria.
Quella notte non potevo prendere sonno. Desideravo qualcosa di più consistente per il mio culetto. La mente girovagò e nitide mi vennero le immagini di Ciccio e del suo bellissimo e turgido cazzo assieme a quella prima esperienza di sesso orale che non si era più ripetuta. I pensieri erano sempre fissi a come appagare quel desiderio. Cercai di ovviare e mi organizzai, pensando ad una soluzione diversa.
Qualche giorno dopo comprai in una farmacia fuori mano una confezione di preservativi e un tubetto di vasellina. Di nuovo solo con la scusa dello studio a casa della zia, mi procurai un telo di cotone ricavato da un vecchio lenzuolo e ne ricavai una striscia larga una ventina di centimetri e lunga circa mezzo metro o poco più. Avvolsi il telo strettamente alla estremità di un manico di legno di un bastone per lavare i pavimenti, alla punta posizionai un batuffolo di cotone ben compatto, tale da simulare un glande e racchiusi tutto con un preservativo. Ero proprio soddisfatto: l’estremità del bastone aveva forma, dimensioni e consistenza di un vero cazzo. Mi tolsi pantaloni e slip, era inverno e la casa non aveva riscaldamento, rimasi con calzini e scarpe, maglia intima, camicia e maglione, il resto era al “vento”. Presi in bocca l’oggetto e lo lubrificai con la saliva imitando un pompino, alcuni minuti dopo, aiutandomi con le dita della mano, lubrificai il mio buchino con la vasellina, cercando di introdurne un poco anche dentro. Ero pronto. Bloccai l’estremità del bastone ad un piede del comò con dello spago, poi, in piedi mi girai, arcuai un poco la schiena e posizionai la punta del cazzo finto in corrispondenza del buchetto. Indietreggiai un poco in modo che il bastone non potesse cadere, mi curvai ancora un po’ e stetti così fermo poi tirai un sospiro e cominciai a spingermi verso il cazzo lentamente ma senza strattoni. Sentii il buchetto allargarsi e un poco di dolore fu avvertito ma era sopportabile. Un altro poco più indietro, lo sfintere si allargò ancora e sentii che era entrato di qualche centimetro, il grosso era fatto. Ero arrivato alla massima misura del dildo autocostruito. Ora era più facile, meno doloroso. Feci un altro profondo sospiro e poi ancora più giù e lentamente arrivai alla massima penetrazione. Mi fermai, le gambe mi tremavano lievamente. Mentalmente assaporavo il nuovo intenso piacere ed il mio cazzetto era al massimo della estensione. Non mi restava che chiavarmi e cominciai, prima lentamente, a tirarlo fuori ma senza farlo uscire del tutto e poi giù e poi su. Avevo preso il ritmo, aumentai la velocità e quanti minuti passarono non posso ricordarlo avevo perso la cognizione del tempo. So solo che ad un certo punto il piacere era arrivato all’apice, non riuscivo più a trattenermi e bastarono pochi colpi di mano per schizzare una enorme quantità di sperma e mi sentivo svuotato, senza forze, dovetti mantenermi con le mani al tavolo che era vicino. Che meraviglia. Lentamente ripresi un poco le forze e mi liberai del dildo che, uscito dal forellino, senza altro appoggio, cadde a terra e dovetti stendermi sul lettino nell’altra stanza.
Quando mi ripresi misi tutto in ordine in modo che la zia non potesse avere sospetti ed in seguito, più volte mi inculai cercando ogni volta di avvolgere un altro pezzo di tela a quella già usata in modo da aumentare il diametro del dildo, così ogni volta fu una nuova esperienza con una dilatazione dello sfintere maggiore.
Fu appagante fino ad un certo punto, poi cominciai a desiderare un cazzo vero e l’immagine di Ciccio era sempre più presente, il riempitivo con il cazzo finto mi aveva dato altra esperienza ma non bastava più.
Avevo una enorme paura che potessi sputtanarmi con il mondo intero e non erano tempi teneri per un omosessuale dichiarato e non avevo la forza e il coraggio di fare quel passo. Poi pensai che Ciccio doveva essere una persona riservata e che dopo quella esperienza di sesso orale con me ragazzino, non aveva fatto parola con alcuno, oltretutto adesso era anche sposato e doveva essere più riservato. Questi pensieri pian piano mi convinsero che Ciccio era l’unica persona con cui avrei potuto avere un rapporto e che non aveva interesse a divulgare la cosa. Così, un giorno che lo vidi solo in officina, andai da lui e con la scusa di un problema alla serratura della porta, lo invitai a venire a dare una occhiata. Era oggetto del suo lavoro di fabbro e accettò. Concordammo che sarebbe venuto a casa di mia zia il giorno seguente verso le quindici, appena dopo pranzo, così poteva tener chiusa l’officina per qualche ora. Naturalmente il giorno dopo mi avviai appena dopo pranzo con una mezzora di anticipo al luogo dell’appuntamento. Lì mi preparai facendo un bidè, cambiai gli slip con altri puliti e mi resi più presentabile mettendo una spruzzata di acqua di colonia giù nell’inguine e un poco sul collo.
Ero impaziente, guardavo continuamente l’orologio, finalmente una bussata alla porta, andai ad aprire. Era lui, con la tuta da lavoro e un po’ sporco di fuliggine. Lo feci accomodare. Mi domandò dove fosse il problema. Indicai la serratura della porta. Ci volle poco per rendersi conto che tutto era in ordine.
- “Si è stata una scusa, volevo parlarti da solo in privato”
Mi guardò con aria interrogativa, in silenzio aspetto il seguito.
- “Ti ricordi qualche anno fa mi facesti sedere sul bancone e mi hai messo il tuo cazzo tra le mani. Allora ero piccolo. Ti piacerebbe ripeterlo adesso?”
Mi avvicinai a pochi centimetri dal suo viso, con gli occhi invitanti e un leggero sorriso sulle labbra. Non disse nulla, sorrise anche lui e prese la mia mano e la avvicinò alla sua patta. Da sopra la tuta accarezzai le sue palle e il suo cazzo. In poco tempo questo si indurì. Scostò un poco la mia mano e tirò fuori il pene. Avviluppai la mano destra attorno all’asta e con la sinistra cominciai a massaggiargli le palle.
- “Sei diventato esperto, vedo” mi disse
- “No, sono solo più grande e metto in pratica la mia fantasia. Da allora non ho mai avuto rapporti con altri, mi sono solo masturbato molto. Spesso pensando a te. Spero che questo rimanga tra noi, non ho voglia di conoscere altri, mi fanno paura, né voglio essere sputtanato.”
- “Non ti preoccupare, rimarrà un segreto tra noi.”
- “Puoi trattenerti qualche ora?”
- “Non ti preoccupare di questo, posso trattenermi quanto voglio.”
Mi accovacciai ai suoi piedi e cominciai a leccare tutto intorno il glande per poi poggiare le labbra sull’apertura del cazzo e succhiare a più riprese. Diventò più grosso e di colore violaceo.
Ciccio cominciò a spogliarsi togliendosi la tuta e gli slip e le scarpe, rimase solamente con la maglietta intima. Mi costrinse ad alzarmi e cominciò a spogliarmi. Prima i pantaloni e gli slip e poi tutto il resto, rimasi solo con i calzini. Mi guardò ammirato da mio culetto sodo e prominente su un fisico molto asciutto. I peli del mio corpo erano pochi e piccoli, formavano una peluria rada e quasi invisibile. Il pene piccolo e sottile era in tiro e anche i coglioni erano proporzionati alla misura del pene. Lo accarezzò poi lo prese e lo tirò con forza, stringendo abbastanza. Il dolore era sopportabile e fui attirato al suo corpo possente e muscoloso. Mi abbracciò e sussurrò al mio orecchio: “Sei proprio arrapante.”
- “Aspetta” mi girai e mostrai il culo poi allargai le chiappe “Ti piace il mio buchetto?”
- “E’ meraviglioso, sembra quello di una donna.”
- “Se vuoi puoi incularmi. Bada però che è la prima volta e sono vergine, anche se l’ho allargato un poco con qualche oggetto.”
Non perse molto tempo. Mi costrinse a piegarmi sul tavolo. – “Allargati il culo con le mani.” Mi disse.
Mentre tenevo le natiche ben aperte si inginocchiò dietro di me e cominciò a leccarmi il buchetto. Tentava di entrarci dentro con la lingua, avvolgeva le sue labbra tutto intorno e baciava e succhiava. Mi sentivo al settimo cielo. Era delizioso quello che mi faceva. La incitavo a continuare e lui forzava lo sfintere con la lingua ancora più forte e succhiava quasi a far uscire di lì gli intestini. Mi sentii il cervello mille lampi di luce, sembrava volesse uscire fuori dal cranio. Il cazzo sembrava volesse scoppiarmi. Poi sentii appoggiare allo sfintere la testa del cazzo, mi sembrava ancora più grande di quello che già fosse e cominciò con leggere spinte. Queste si intensificarono fino a quando cominciò a premere costantemente con sempre maggior forza. Cercavo di aiutare la penetrazione spingendo come se dovessi cagare. Finalmente vinse la forza dei muscoli anali, mi aprì ed entrò di colpo fino in fondo e lì si fermò e riprendemmo tutti e due fiato. Respiravamo all’unisono profondamente. Girai quanto potevo la testa verso di lui e mi baciò all’estremità della bocca, la sua lingua saettava sulle labbra voleva entrare e la accolsi per quanto potevo e cominciai a succhiarla. Eravamo ancora con le labbra unite quando cominciò ad estrarre per buona parte il cazzo e a spingerlo dentro con violenza, e così per un tempo infinito. Mi chiavò ancora ed ancora ed ancora finché mi inondò di sborra. Gli schizzi si susseguivano e con essi gli affondi che mi dava. Poi si prosciugò e stanco si appoggiò sul mio corpo, con il cazzo ancora dentro di me. Lentamente estrasse il cazzo ancora turgido da me e, come stappare una bottiglia di spumante, la sborra cominciò a defluire fuori in un rivolo che scorreva lungo il solco anale e poi sulle mie palle. Allungai la mano e da sotto di me raggiunsi quel rivoletto, ne presi quanto potevo sulle dita e le portai prima sotto al naso per odorare quella crema e poi in bocca per assaporare e ne fui colpito dalla gradevolezza dell’odore e del sapore di quel nettare.
Fu una chiavata, pardon, una inculata memorabile, d’altronde come avrei potuto scordarla, era la prima volta che un vero cazzo mi sverginava. Da ora in avanti non avrei voluto altro che il cazzo di Ciccio nel mio culo.
Completammo quel primo incontro con un bacio lungo e appassionato e con la promessa di vederci ancora.
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