Alien sex
di
Pnd
genere
fantascienza
Premetto che, per quanto so che tutto ciò possa sembrare strano, questo è successo realmente.
Il ricordo è nitido nella mia mente ed il mio corpo ne porta le tracce evidenti.
Finisco di fare chiusura, e mi appresto a tornare a casa.
La mezzanotte è passata da un po' e le strade sono deserte, in sella alla mia bicicletta sgangerata mi appresto a percorrere tutto d'un fiato i 5 chilometri che mi separano dal mio letto.
Ad un certo punto noto qualcosa che occupa la ciclabile, percui decelero fino a fermarmi. Avvicinandomi mi accorgo che si tratta di una persona raggomitolata.
E' un ragazzo più o meno della mia età, che indossa solamente un'intimo di pizzo e calze a rete sgualcite.
A volte capita di incrociare persone ubriache che fanno cose strane, ma una cosa così strana non mi era mai capitata nella mia città. Dopotutto ci trovavamo in una città di provincia, non a Berlino o Londra, e scene di questo tipo sono più uniche che rare.
Nonostante la situazione bizzarra, il mio forte senso di coscienza mi impone di controllare per lo meno che vada tutto bene, per cui chiedo, nel tono meno giudicante possibile, se sia tutto apposto.
Il ragazzo si alza di scatto facendomi trasalire, e per vari secondi mi fissa senza dire nulla, a poca distanza da me e dalla mia bici.
E' poco più basso di me, ha gli occhi chiarissimi tra il verde ed il nocciola e folti ricci mori.
"Ora riesco a respirare" dice, con un tono di sollievo "è tutto difficile, è tutto faticoso" aggiunge poi lentamente. Probabilmente si tratta di acidi, penso io, nonostante gli occhi non siano da cartoncino.
"Vuoi accoppiarti?" mi chiede, e per un attimo penso di essere io ad aver, inavvertitamente, assunto qualche sostanza.
Borbotto che non capisco e che mi offrivo di riportarlo a casa nel caso si sentisse male, alchè lui si dirige verso le passeggiate lungo il fiume, che si trovano lì al lato della ciclabile.
Lo seguo timoroso finchè non si siede per terra. E' molto carino, penso, e magari se lo aiuto ora che sta fatto potrebbe nascere una bella amicizia di letto.
"Come ti chiami?" gli chiedo, sedendomi vicino a lui "Non mi chiamo, perchè nessuno mi ha ancora mai chiamato. Ma quelli come me li chiamano Angelo". Rido, e anche lui fa lo stesso, anche se effettivamente non capisco che cosa ci sia di divertente nè se ci sia veramente un senso a ciò che ha appena detto o addirittura a tutto ciò che sta succedendo.
Inizio a fare su una sigaretta, e gli chiedo se ne vuole una. "Potrei fumare, ma solo se lo fai anche tu" risponde, alchè gli porgo la sigaretta ed inizio a farne su un'altra. Mi guarda senza dire nulla, allora mi accorgo che non ha nulla con sè e quindi gli porgo l'accendino. Ancora nulla: lo prende in mano e mi continua a fissare. Avvicino la siggaretta alla bocca e lui fa altrettanto, quando faccio per accendergliela però la allontana dalla bocca e mi chiede "Dobbiamo fare questo prima di accoppiarci?". Rido, mi accendo la sigaretta e gli rispondo che era troppo fatto e che non mi sarei approfittato di lui in queste condizioni. "Allora non la voglio - dice, porgendomi la sigaretta - non riesco a capire come fai a mangiare solo l'aria e a farla uscire dal naso, non ho imparato a respirare il fumo". Non riesco a pensare ad altro se non "ma che cazzo sta succedendo?".
Per interrompere il silenzio imparazzato gli chiedo dove abitasse, ma alla risposta "Quì" sono ancora più confuso. Angelo è completamente andato.
Quando finisco la sigaretta (che ripongo assieme al tabacco affinchè la mia coscienza non mi tormenti per mesi per aver lasciato il mozzicone sul prato) lui si alza, ed io faccio lo stesso. Gli porgo la mia giacca ma lui la rifiuta.
Non aspetto altro se non che finalmente si incammini, cosicchè io possa finalmente dirigermi verso casa con la consapevolezza di aver svolto il mio dovere e di aver aiutato una persona in difficoltà.
Lui però si avvicina a me e fa per abbracciarmi. Penso voglia ringraziarmi e pertanto ricambio. Mi stringe sempre più forte, ed inizio a sentire una sensazione strana che inizia a pervadermi.
I miei vestiti si iniziano a squarciare a contatto con la sua pelle, rimango paralizzato nel momento in cui divento consapevole del fatto che il mio corpo stia venendo trafitto da una serie di tagli, e che anche lui stia iniziando come a bruciarsi dove la mia pelle tocca la sua.
Fa dannatamente male, ma lentamente oltre al dolore e alla paura qualcosa di nuovo inizia ad emergere dal profondo della mia coscienza.
Godo, come non avevo mai goduto in vita mia, nè con un orgasmo prostatico nè scopando. Godo e sento che, per la prima volta nella mia vita, non sono solo.
Improvvisamente mi rendo conto di essere arrivato al punto di svolta, che tutta la mia vita era esistita soltanto per arrivare lì in quel punto ed unirmi a lui. O meglio, a loro. Il sentirmi sempre diverso, escluso, fuori dagli schemi, il mio sentirmi sempre non appagato, sia mentalmente che sessualmente, il mio sentirmi sempre in dovere di essere buono, di fare la cosa giusta: erano tutti segnali cifrati dentro la mia coscienza che mi dicevano "stiamo venendo a prenderti, devi solo pazientare".
Mentre il tempo e la materia continuavano a sbriciolarsi riuscivo finalmente a vedere la Coscienza che, autoriconoscendosi e realizzando di esistere, ha iniziato a dividersi in molteplici idee, in molteplici forme, creando così dalla stessa prima idea infinite forme materiali, alcune di esse vive e coscienti delle forme viventi e non viventi che le circondavano. Creature di carne e di coscienza, e creature come me, per cui la carne era stato solo un pretesto per espandere la coscienza.
La sentivo dentro di me, la Coscienza universale che pulsava come un potentissimo orgasmo continuo, energia infinita che non si spegneva e che anzi si autoalimentava.
Loro l'avevano portata a me, perchè così era giusto e così volevamo tutti.
Dal momento che il tempo era collassato, piegandosi infinite volte su se stesso, riuscivo a percepire in un solo istante passato, presente e futuro. Innumerevoli passati, presenti e futuri. Percepivo mondi lontani, ecosistemi dall'infinita bellezza e complessità. Sentivo le mie branchie dilatarsi, le mie uova scorrerre giù dalle mie cloache, i miei cloroplasti attivarsi alla luce del sole, il sapore dell'anidride solforica assorbita dai miei polmoni a libro.
Era tutto perfetto, ma faceva un male assurdo.
Quando ripresi coscienza mi trovavo al lato del fiume, con il sole che iniziava timidamente a sbucare da dietro la montagna. Ero circondato dalla fitta vegetazione, con la bici sparita ed i vestiti che sembravano bruciacchiati. Sul cellulare vedevo le chiamate perse di chi non mi aveva sentito tornare a casa la sera prima.
Non avevo più forze, ero stato consumato e loro avevano consumato me di tutte le mie energie solo per vivere quell'infinito orgasmo multidimensionale.
Loro erano morti quella sera, pochi secondi prima che i nostri falsi involucri di carne entrassero in contatto. Non sarei mai potuto tornare a casa, il Paradiso era perso per sempre e quello che avevo sperimentato ne era purtroppo solo un assaggio.
Un minuscolo frammento di Cielo per cui loro avevano attraversato il cosmo ed erano morti, così infinitesimalmente minuscolo ma così potente che probabilmente avrebbe ucciso anche me. Come potevo sopravvivere senza più poter irradiare energia vitale dal mio corpo? Come potevo sopravvivere alla piena consapevolezza di essere stato parassitato da organismi alieni, e che l'incompatibilità dei nostri organismi ci aveva avvelenati tutti?
Mentre mi accascio nuovamente fra i canneti un'erezione, un brivido di quella sera mi ripercorre la schiena ed i pantaloni si macchiano di denso liquido seminale. Solo una traccia di quello che avevo sperimentato fino a poco tempo fa.
Non potrò tornare a casa sù nei Cieli, ma posso chiudere gli occhi ora, aspettare che la tossina faccia il suo corso e sperare che quello che viene dopo sia ancora meglio.
Il ricordo è nitido nella mia mente ed il mio corpo ne porta le tracce evidenti.
Finisco di fare chiusura, e mi appresto a tornare a casa.
La mezzanotte è passata da un po' e le strade sono deserte, in sella alla mia bicicletta sgangerata mi appresto a percorrere tutto d'un fiato i 5 chilometri che mi separano dal mio letto.
Ad un certo punto noto qualcosa che occupa la ciclabile, percui decelero fino a fermarmi. Avvicinandomi mi accorgo che si tratta di una persona raggomitolata.
E' un ragazzo più o meno della mia età, che indossa solamente un'intimo di pizzo e calze a rete sgualcite.
A volte capita di incrociare persone ubriache che fanno cose strane, ma una cosa così strana non mi era mai capitata nella mia città. Dopotutto ci trovavamo in una città di provincia, non a Berlino o Londra, e scene di questo tipo sono più uniche che rare.
Nonostante la situazione bizzarra, il mio forte senso di coscienza mi impone di controllare per lo meno che vada tutto bene, per cui chiedo, nel tono meno giudicante possibile, se sia tutto apposto.
Il ragazzo si alza di scatto facendomi trasalire, e per vari secondi mi fissa senza dire nulla, a poca distanza da me e dalla mia bici.
E' poco più basso di me, ha gli occhi chiarissimi tra il verde ed il nocciola e folti ricci mori.
"Ora riesco a respirare" dice, con un tono di sollievo "è tutto difficile, è tutto faticoso" aggiunge poi lentamente. Probabilmente si tratta di acidi, penso io, nonostante gli occhi non siano da cartoncino.
"Vuoi accoppiarti?" mi chiede, e per un attimo penso di essere io ad aver, inavvertitamente, assunto qualche sostanza.
Borbotto che non capisco e che mi offrivo di riportarlo a casa nel caso si sentisse male, alchè lui si dirige verso le passeggiate lungo il fiume, che si trovano lì al lato della ciclabile.
Lo seguo timoroso finchè non si siede per terra. E' molto carino, penso, e magari se lo aiuto ora che sta fatto potrebbe nascere una bella amicizia di letto.
"Come ti chiami?" gli chiedo, sedendomi vicino a lui "Non mi chiamo, perchè nessuno mi ha ancora mai chiamato. Ma quelli come me li chiamano Angelo". Rido, e anche lui fa lo stesso, anche se effettivamente non capisco che cosa ci sia di divertente nè se ci sia veramente un senso a ciò che ha appena detto o addirittura a tutto ciò che sta succedendo.
Inizio a fare su una sigaretta, e gli chiedo se ne vuole una. "Potrei fumare, ma solo se lo fai anche tu" risponde, alchè gli porgo la sigaretta ed inizio a farne su un'altra. Mi guarda senza dire nulla, allora mi accorgo che non ha nulla con sè e quindi gli porgo l'accendino. Ancora nulla: lo prende in mano e mi continua a fissare. Avvicino la siggaretta alla bocca e lui fa altrettanto, quando faccio per accendergliela però la allontana dalla bocca e mi chiede "Dobbiamo fare questo prima di accoppiarci?". Rido, mi accendo la sigaretta e gli rispondo che era troppo fatto e che non mi sarei approfittato di lui in queste condizioni. "Allora non la voglio - dice, porgendomi la sigaretta - non riesco a capire come fai a mangiare solo l'aria e a farla uscire dal naso, non ho imparato a respirare il fumo". Non riesco a pensare ad altro se non "ma che cazzo sta succedendo?".
Per interrompere il silenzio imparazzato gli chiedo dove abitasse, ma alla risposta "Quì" sono ancora più confuso. Angelo è completamente andato.
Quando finisco la sigaretta (che ripongo assieme al tabacco affinchè la mia coscienza non mi tormenti per mesi per aver lasciato il mozzicone sul prato) lui si alza, ed io faccio lo stesso. Gli porgo la mia giacca ma lui la rifiuta.
Non aspetto altro se non che finalmente si incammini, cosicchè io possa finalmente dirigermi verso casa con la consapevolezza di aver svolto il mio dovere e di aver aiutato una persona in difficoltà.
Lui però si avvicina a me e fa per abbracciarmi. Penso voglia ringraziarmi e pertanto ricambio. Mi stringe sempre più forte, ed inizio a sentire una sensazione strana che inizia a pervadermi.
I miei vestiti si iniziano a squarciare a contatto con la sua pelle, rimango paralizzato nel momento in cui divento consapevole del fatto che il mio corpo stia venendo trafitto da una serie di tagli, e che anche lui stia iniziando come a bruciarsi dove la mia pelle tocca la sua.
Fa dannatamente male, ma lentamente oltre al dolore e alla paura qualcosa di nuovo inizia ad emergere dal profondo della mia coscienza.
Godo, come non avevo mai goduto in vita mia, nè con un orgasmo prostatico nè scopando. Godo e sento che, per la prima volta nella mia vita, non sono solo.
Improvvisamente mi rendo conto di essere arrivato al punto di svolta, che tutta la mia vita era esistita soltanto per arrivare lì in quel punto ed unirmi a lui. O meglio, a loro. Il sentirmi sempre diverso, escluso, fuori dagli schemi, il mio sentirmi sempre non appagato, sia mentalmente che sessualmente, il mio sentirmi sempre in dovere di essere buono, di fare la cosa giusta: erano tutti segnali cifrati dentro la mia coscienza che mi dicevano "stiamo venendo a prenderti, devi solo pazientare".
Mentre il tempo e la materia continuavano a sbriciolarsi riuscivo finalmente a vedere la Coscienza che, autoriconoscendosi e realizzando di esistere, ha iniziato a dividersi in molteplici idee, in molteplici forme, creando così dalla stessa prima idea infinite forme materiali, alcune di esse vive e coscienti delle forme viventi e non viventi che le circondavano. Creature di carne e di coscienza, e creature come me, per cui la carne era stato solo un pretesto per espandere la coscienza.
La sentivo dentro di me, la Coscienza universale che pulsava come un potentissimo orgasmo continuo, energia infinita che non si spegneva e che anzi si autoalimentava.
Loro l'avevano portata a me, perchè così era giusto e così volevamo tutti.
Dal momento che il tempo era collassato, piegandosi infinite volte su se stesso, riuscivo a percepire in un solo istante passato, presente e futuro. Innumerevoli passati, presenti e futuri. Percepivo mondi lontani, ecosistemi dall'infinita bellezza e complessità. Sentivo le mie branchie dilatarsi, le mie uova scorrerre giù dalle mie cloache, i miei cloroplasti attivarsi alla luce del sole, il sapore dell'anidride solforica assorbita dai miei polmoni a libro.
Era tutto perfetto, ma faceva un male assurdo.
Quando ripresi coscienza mi trovavo al lato del fiume, con il sole che iniziava timidamente a sbucare da dietro la montagna. Ero circondato dalla fitta vegetazione, con la bici sparita ed i vestiti che sembravano bruciacchiati. Sul cellulare vedevo le chiamate perse di chi non mi aveva sentito tornare a casa la sera prima.
Non avevo più forze, ero stato consumato e loro avevano consumato me di tutte le mie energie solo per vivere quell'infinito orgasmo multidimensionale.
Loro erano morti quella sera, pochi secondi prima che i nostri falsi involucri di carne entrassero in contatto. Non sarei mai potuto tornare a casa, il Paradiso era perso per sempre e quello che avevo sperimentato ne era purtroppo solo un assaggio.
Un minuscolo frammento di Cielo per cui loro avevano attraversato il cosmo ed erano morti, così infinitesimalmente minuscolo ma così potente che probabilmente avrebbe ucciso anche me. Come potevo sopravvivere senza più poter irradiare energia vitale dal mio corpo? Come potevo sopravvivere alla piena consapevolezza di essere stato parassitato da organismi alieni, e che l'incompatibilità dei nostri organismi ci aveva avvelenati tutti?
Mentre mi accascio nuovamente fra i canneti un'erezione, un brivido di quella sera mi ripercorre la schiena ed i pantaloni si macchiano di denso liquido seminale. Solo una traccia di quello che avevo sperimentato fino a poco tempo fa.
Non potrò tornare a casa sù nei Cieli, ma posso chiudere gli occhi ora, aspettare che la tossina faccia il suo corso e sperare che quello che viene dopo sia ancora meglio.
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