Un campeggio...diverso 1^parte
di
Fantasticante
genere
esibizionismo
Sarà un racconto diviso in parti, un po' lunghetto... È anche la prima volta, quindi perdonate eventuali errori. Storia vera, nomi inventati.
Camposcuola come tanti… anzi no, questa volta sono con un equipe animatori completamente nuova. Stefano lo conosco da molto, usciamo assieme qualche volta con la compagnia… Luca ha fatto qualche torneo parrocchiale di calcetto o pallavolo con me. Angela, una ragazza del mio comune, la conosco poco, praticamente ci siamo conosciuti nelle riunioni preparatorie, ma ci ho trovato subito un buon feeling. Elena è la capo-campo, una ragazza tranquilla e matura, che sa sempre cosa è meglio fare nelle situazioni di campo come quella che stiamo per iniziare: 18 ragazzi, vivaci, che non conosco, 14-15 anni, nulla di ingestibile, anzi, da accompagnare in un percorso di fede e di amicizia. Credo che mi divertirò. Io sono il fuori gruppo tra gli educatori. Partecipo perché ho esperienza nell’organizzare i campi-tenda e si dà il caso che sia proprio un campeggio in tenda quello che ci attende questa settimana.
Domenica
Si parte domenica, due pulmini da nove posti, uno guidato da me, uno da Stefano e una piccola corriera con autista. Saluto ai genitori in piazza e via. Nel mio pulmino ho dei ragazzi tranquilli, ma loquaci. Parlano tutto il tempo, gossip da adolescenti, battute, scherzi. Clima da campo. Elena e Angela sedute davanti con me. Un’oretta di strada e arriviamo nella piccola valletta che ci ospiterà per i prossimi sette giorni. Una quindicina di tende, il capannone per mangiare e per le attività di gruppo, la cucina, un campo da pallavolo, e un prato. Tutto attorno, il bosco.
Partiti dopo pranzo, resta il pomeriggio per sistemarsi, dividersi in squadre, fare due partite a ping pong, il classico gioco di conoscenza e le docce. A turno prima le ragazze cronometrate dalle animatrici, 2 minuti in più per loro per i capelli, poi i ragazzi cronometrati da me, Stefano e Luca. Ai ragazzi spetta un corridoio con 3 docce affiancate, agli animatori una casetta con antibagno, toilette e doccia separate. Da lì vedo uscire le due animatrici in accappatoio, dopo la doccia mentre le ragazze si vestivano nelle rispettive tende. Oltre ai fischi di apprezzamento tanto ignoranti quanto prevedibili dei ragazzi che sto controllando, in fila in attesa della doccia, a colpirmi sono soprattutto le curve che si intravedono delineate nell’accappatoio, e i capelli bagnati: adoro poche cose come i capelli bagnati di una bella ragazza, mi danno un senso di intimità che non riesco a spiegare. Poi serata tranquilla, cena, gioco di gruppo e via per la prima notte. Un’impresa mettere a letto i ragazzi. Presi dall’emozione di una nuove esperienza, quella di dormire in tenda, solo dopo un’ora anche l’ultimo bisbiglìo si affievolisce e noi animatori ci ritroviamo in quella che sarà la nostra base tutte le sere, per stare in compagnia e discutere della giornata appena passata, pregi e difetti, e un piccolo ripasso del programma che ci aspetta il giorno successivo. Prepariamo una tisana, quattro biscotti, e dopo mezz’oretta decidiamo anche noi di coricarci. Io ho la mia tenda singola in mezzo al campo. Stefano e Luca all’estremità nord, Elena e Angela in quella a sud, ai principi del bosco. Stefano e Luca arrivano alla prima tenda, e li salutiamo. Poi passiamo davanti alla mia, saluto le ragazze e le guardo raggiungere la loro tenda. Chiamalo affetto protettivo finché non le vedo ‘al sicuro’, chiamala voglia di ammirare due belle ragazze da dietro; poca differenza fa, valgono entrambe le ipotesi per me, che le osservo fino a che non spariscono dentro la loro tenda e richiudono la zip alle loro spalle. Il loro modo di patire il freddo di giorno e girare con pantaloncini del pigiama inguinali la sera proprio non lo capisco. Mi addormento su questo pensiero futile.
Lunedì
Il secondo giorno è subito camminata. La camminata è l’emblema dei miei campi: due giorni di sentieri meravigliosi che affiancano corsi d’acqua e attraversano boschi di abeti; una notte in rifugio. Si condivide la fatica e si vive la montagna come non capita quasi mai.
Il percorso lo conosciamo io e Stefano, lui sta davanti alla carovana, io in coda a “trainare” gli scansafatiche e a supportare quelli più in difficoltà. Di solito preferisco stare davanti, in testa assieme a chi pedala. Auto elogi a parte, sono un ragazzo di 1,88, atletico e dal fisico asciutto. Non troppo muscoloso, ma essendo magro sono ben definito, e non mi piace battere troppo la fiacca quando faccio escursioni in montagna. Ma questo camposcuola è appunto diverso, e accetto di restare dietro a fare un po’ più fatica; in termini di pazienza più che fisici. Sono un santo? No assolutamente. Ho un motivo che mi convince, sono sicuro che sarò in compagnia dei più simpatici del gruppo e posso fare buona impressione già al secondo giorno coi ragazzi. Acquistare la loro stima e fiducia è un buon punto di partenza per farsi rispettare poi.
L’inizio della passeggiata è abbastanza tranquillo, parlo col gruppetto che è con me e un po’ alla volta supero Angela e il suo gruppetto un po’ senza pensarci. A un certo punto, su un tratto del sentiero che risale un costone non troppo ripido, sento urlare da qualche decina di metri più giù.
“Sono fermi dietro, una ragazza è stata male”. Capisco che sono nel punto sbagliato, o almeno non convenuto, della comitiva e preso dai sensi di colpa e di responsabilità torno di corsa indietro. Raggiungo la coda. Con la ragazza in questione c’è Angela, ma anche una coppia di signori. Insistono a voler riaccompagnare la ragazza al campeggio, tanto loro sono di ritorno. Questo però implicherebbe che un animatore accompagni la ragazza; non possiamo lasciarla con due sconosciuti come nulla fosse! Questo però vuol dire che sarà Angela a tornare indietro e mi rendo conto che l’idea non mi va più di tanto. Con lei mi diverto troppo a scherzare e prenderla in giro. Nemmeno alla ragazza che sta male, però, va di abbandonare il gruppo. Alla fine decidiamo di proseguire, nonostante l’insistenza dei due signori, e la scelta mi impone di caricarmi lo zaino della ragazza che sta male in spalla e tenerla per mano tirandola su anche un po’ a forza finché non si riprende un po’. Riprendendo il cammino ci riattacchiamo all’ultimo gruppetto e proseguiamo la strada. I ragazzi verso la fine sono davvero stanchi. A quel punto, anch’io sono sfinito. Da tre ore porto sulle spalle due zaini, uno davanti e uno dietro, e pesano, avendo il necessario per stare via una notte. Senza contare la ragazza attaccata a me. Decido di correre fino al rifugio, dove gli altri sono già arrivati, lasciare giù gli zaini e tornare indietro a fare staffetta per aiutare gli ultimi.
Dopo mezz’ora di avanti e indietro, alla fine anche Angela e la ragazza arrivano al rifugio, e io dietro con ancora due zaini sulle spalle. Mandiamo i ragazzi nelle camere loro destinate e restiamo fuori noi dell’equipe a discutere sul da farsi per le prossime ore e per organizzare la nanna e il risveglio. In quello, Angela si lamenta delle gambe rigide. Io tra calcio e sport vari mi sono infortunato tante di quelle volte, che a forza di andare dal fisioterapista ho imparato qualche tecnica per certi problemi. Le chiedo: “Vuoi che ti sciolga un po’ i muscoli?”. E lei con il solito nostro tono canzonatorio: “bravo per averci provato, ma ho il moroso a casa e non sarebbe felice di vedere la scena…tartaruga” prendendomi in giro per essere arrivato ultimo (eh grazie, w la riconoscenza!!). “Il male è tuo, non volevo fare nulla di strano” e le faccio la linguaccia. Al che andiamo dentro al rifugio anche noi e andiamo nella camerata enorme che ci è stata assegnata, dove i ragazzi stanno facendo una baraonda pazzesca. Da bravi animatori ci incazziamo, li rimproveriamo un po’ e ristabilito l’ordine ci distribuiamo un po’ qua, un po’ là per farci il letto e tenerli d’occhio in attesa che ci chiamino per la cena. Dopo qualche minuto arriva Angela e si siede accanto a me accompagnata da due ragazzi per scherzare e cazzeggiare. Sento che fa una smorfia nell’allungare la gamba destra, allora, fregandomene di quello che può pensare, le afferro il polpaccio e inizio a massaggiarla. Dopo una prima iniziale resistenza, vedendo il gesto innocuo e sentendo sollievo ai muscoli, mi lascia fare. Non faccio nulla di “rischioso” in effetti, e prima una e poi l’altra, le massaggio entrambi i polpacci e la parte bassa della coscia. Ha gambe lunghe, è alta solo una decina di cm meno di me, quindi non vado mai oltre il dovuto, anche se le massaggio le cosce. Le sfioro la pelle nei punti più sensibili, mentre sono più deciso dove la sento rigida. Le mie mani calde sulla sua pelle liscia sfilano via con l’esperienza sufficiente a farla stare meglio e a notare qualche scossa di brivido che percorre il suo corpo. Le chiedo anche se ha freddo. Glissa, dicendo che le shorts a quella quota non sono il massimo e che si vestirà pesante appena ho finito.
Veniamo quindi chiamati per cena, poi a nanna. Il mattino dopo sveglia alle 7, colazione calda e ci prepariamo a partire.
Martedì
Terzo giorno. Si torna al campo.
Prima di partire faccio due foto ad Angela di nascosto. È vicina a un nano intagliato nel legno, ha lo sguardo pensieroso mentre guarda il vuoto del letto di nuvole ricoprire la vallata che ci aspetta da percorrere. Tiene il viso ben rannicchiato dentro il cappuccio, felpa pesante rosa e grigia, i tantissimi capelli ricci castani le spuntano comunque dai vestiti e scorrono sul collo e lungo il petto. Indossa le shorts, cortissime, direi antiregolamentarie in un camposcuola. Con la temperatura che c’è, io ho i pantaloncini corti da calcio perché sono abituato a fare gli allenamenti così, e perché sono un caloroso cronico; ma lei che tremava dal “freddo” la sera prima in camerata, è quantomeno incoerente. Inizio a essere sovrappensiero anch’io, ma Stefano mi risveglia di colpo e mi dice che siamo pronti tutti e possiamo partire.
Partiamo, solito carovana, i più veloci davanti, io dietro con i debolucci. La camminata procede tranquilla questa volta, e arriviamo in campeggio sfalsati nei tempi, ma tutti sani e salvi. Che è la cosa più importante. La serata prevede film, preghiera e nanna. Tutti troppo stanchi per fare baldoria. Prima però cena e telefonata ai genitori per rassicurarli sul loro stato di salute. Un must dopo la camminata, in questo e in tutti gli altri campiscuola.
Il film è una commedia americana poco impegnativa. I ragazzi sono quasi tutti seduti davanti sulle prime file per vedere bene, noi animatori siamo dietro seduti sopra i tavoli da sagra nelle pose più scomode, tanto che a un certo punto Angela si avvicina impercettibilmente e appoggia la testa sulla mia spalla. Il deltoide rilassato le fa da cuscino abbastanza comodo visto l’arredamento spartano del capannone del campeggio, e là resta fino alla fine del film, quando ormai non sento più neppure le dita della mano sinistra. Un formicolio pazzesco che però sopporto data la situazione.
Ora della nanna, tutti nelle proprie tende. Tutti tranne gli animatori che tornano in cucina a bere qualcosa di alcolico in compagnia per scaldarsi e stare un po’ assieme senza la marmaglia di ragazzi. Si ride, si scherza, comincio a essere più provocante del solito con Angela. Continuo battibecco fraterno tra noi due… Mi pare di essere a casa coi miei fratelli a litigare per minchiate.
Dirigendoci verso la tenda ne approfitto anche per fare uno scherzo alle due animatrici, sfruttando il buio e la suggestione dei discorsi da cronaca nera fatti in cucina tra un nachos con la salsa piccante e l’altro.
Camposcuola come tanti… anzi no, questa volta sono con un equipe animatori completamente nuova. Stefano lo conosco da molto, usciamo assieme qualche volta con la compagnia… Luca ha fatto qualche torneo parrocchiale di calcetto o pallavolo con me. Angela, una ragazza del mio comune, la conosco poco, praticamente ci siamo conosciuti nelle riunioni preparatorie, ma ci ho trovato subito un buon feeling. Elena è la capo-campo, una ragazza tranquilla e matura, che sa sempre cosa è meglio fare nelle situazioni di campo come quella che stiamo per iniziare: 18 ragazzi, vivaci, che non conosco, 14-15 anni, nulla di ingestibile, anzi, da accompagnare in un percorso di fede e di amicizia. Credo che mi divertirò. Io sono il fuori gruppo tra gli educatori. Partecipo perché ho esperienza nell’organizzare i campi-tenda e si dà il caso che sia proprio un campeggio in tenda quello che ci attende questa settimana.
Domenica
Si parte domenica, due pulmini da nove posti, uno guidato da me, uno da Stefano e una piccola corriera con autista. Saluto ai genitori in piazza e via. Nel mio pulmino ho dei ragazzi tranquilli, ma loquaci. Parlano tutto il tempo, gossip da adolescenti, battute, scherzi. Clima da campo. Elena e Angela sedute davanti con me. Un’oretta di strada e arriviamo nella piccola valletta che ci ospiterà per i prossimi sette giorni. Una quindicina di tende, il capannone per mangiare e per le attività di gruppo, la cucina, un campo da pallavolo, e un prato. Tutto attorno, il bosco.
Partiti dopo pranzo, resta il pomeriggio per sistemarsi, dividersi in squadre, fare due partite a ping pong, il classico gioco di conoscenza e le docce. A turno prima le ragazze cronometrate dalle animatrici, 2 minuti in più per loro per i capelli, poi i ragazzi cronometrati da me, Stefano e Luca. Ai ragazzi spetta un corridoio con 3 docce affiancate, agli animatori una casetta con antibagno, toilette e doccia separate. Da lì vedo uscire le due animatrici in accappatoio, dopo la doccia mentre le ragazze si vestivano nelle rispettive tende. Oltre ai fischi di apprezzamento tanto ignoranti quanto prevedibili dei ragazzi che sto controllando, in fila in attesa della doccia, a colpirmi sono soprattutto le curve che si intravedono delineate nell’accappatoio, e i capelli bagnati: adoro poche cose come i capelli bagnati di una bella ragazza, mi danno un senso di intimità che non riesco a spiegare. Poi serata tranquilla, cena, gioco di gruppo e via per la prima notte. Un’impresa mettere a letto i ragazzi. Presi dall’emozione di una nuove esperienza, quella di dormire in tenda, solo dopo un’ora anche l’ultimo bisbiglìo si affievolisce e noi animatori ci ritroviamo in quella che sarà la nostra base tutte le sere, per stare in compagnia e discutere della giornata appena passata, pregi e difetti, e un piccolo ripasso del programma che ci aspetta il giorno successivo. Prepariamo una tisana, quattro biscotti, e dopo mezz’oretta decidiamo anche noi di coricarci. Io ho la mia tenda singola in mezzo al campo. Stefano e Luca all’estremità nord, Elena e Angela in quella a sud, ai principi del bosco. Stefano e Luca arrivano alla prima tenda, e li salutiamo. Poi passiamo davanti alla mia, saluto le ragazze e le guardo raggiungere la loro tenda. Chiamalo affetto protettivo finché non le vedo ‘al sicuro’, chiamala voglia di ammirare due belle ragazze da dietro; poca differenza fa, valgono entrambe le ipotesi per me, che le osservo fino a che non spariscono dentro la loro tenda e richiudono la zip alle loro spalle. Il loro modo di patire il freddo di giorno e girare con pantaloncini del pigiama inguinali la sera proprio non lo capisco. Mi addormento su questo pensiero futile.
Lunedì
Il secondo giorno è subito camminata. La camminata è l’emblema dei miei campi: due giorni di sentieri meravigliosi che affiancano corsi d’acqua e attraversano boschi di abeti; una notte in rifugio. Si condivide la fatica e si vive la montagna come non capita quasi mai.
Il percorso lo conosciamo io e Stefano, lui sta davanti alla carovana, io in coda a “trainare” gli scansafatiche e a supportare quelli più in difficoltà. Di solito preferisco stare davanti, in testa assieme a chi pedala. Auto elogi a parte, sono un ragazzo di 1,88, atletico e dal fisico asciutto. Non troppo muscoloso, ma essendo magro sono ben definito, e non mi piace battere troppo la fiacca quando faccio escursioni in montagna. Ma questo camposcuola è appunto diverso, e accetto di restare dietro a fare un po’ più fatica; in termini di pazienza più che fisici. Sono un santo? No assolutamente. Ho un motivo che mi convince, sono sicuro che sarò in compagnia dei più simpatici del gruppo e posso fare buona impressione già al secondo giorno coi ragazzi. Acquistare la loro stima e fiducia è un buon punto di partenza per farsi rispettare poi.
L’inizio della passeggiata è abbastanza tranquillo, parlo col gruppetto che è con me e un po’ alla volta supero Angela e il suo gruppetto un po’ senza pensarci. A un certo punto, su un tratto del sentiero che risale un costone non troppo ripido, sento urlare da qualche decina di metri più giù.
“Sono fermi dietro, una ragazza è stata male”. Capisco che sono nel punto sbagliato, o almeno non convenuto, della comitiva e preso dai sensi di colpa e di responsabilità torno di corsa indietro. Raggiungo la coda. Con la ragazza in questione c’è Angela, ma anche una coppia di signori. Insistono a voler riaccompagnare la ragazza al campeggio, tanto loro sono di ritorno. Questo però implicherebbe che un animatore accompagni la ragazza; non possiamo lasciarla con due sconosciuti come nulla fosse! Questo però vuol dire che sarà Angela a tornare indietro e mi rendo conto che l’idea non mi va più di tanto. Con lei mi diverto troppo a scherzare e prenderla in giro. Nemmeno alla ragazza che sta male, però, va di abbandonare il gruppo. Alla fine decidiamo di proseguire, nonostante l’insistenza dei due signori, e la scelta mi impone di caricarmi lo zaino della ragazza che sta male in spalla e tenerla per mano tirandola su anche un po’ a forza finché non si riprende un po’. Riprendendo il cammino ci riattacchiamo all’ultimo gruppetto e proseguiamo la strada. I ragazzi verso la fine sono davvero stanchi. A quel punto, anch’io sono sfinito. Da tre ore porto sulle spalle due zaini, uno davanti e uno dietro, e pesano, avendo il necessario per stare via una notte. Senza contare la ragazza attaccata a me. Decido di correre fino al rifugio, dove gli altri sono già arrivati, lasciare giù gli zaini e tornare indietro a fare staffetta per aiutare gli ultimi.
Dopo mezz’ora di avanti e indietro, alla fine anche Angela e la ragazza arrivano al rifugio, e io dietro con ancora due zaini sulle spalle. Mandiamo i ragazzi nelle camere loro destinate e restiamo fuori noi dell’equipe a discutere sul da farsi per le prossime ore e per organizzare la nanna e il risveglio. In quello, Angela si lamenta delle gambe rigide. Io tra calcio e sport vari mi sono infortunato tante di quelle volte, che a forza di andare dal fisioterapista ho imparato qualche tecnica per certi problemi. Le chiedo: “Vuoi che ti sciolga un po’ i muscoli?”. E lei con il solito nostro tono canzonatorio: “bravo per averci provato, ma ho il moroso a casa e non sarebbe felice di vedere la scena…tartaruga” prendendomi in giro per essere arrivato ultimo (eh grazie, w la riconoscenza!!). “Il male è tuo, non volevo fare nulla di strano” e le faccio la linguaccia. Al che andiamo dentro al rifugio anche noi e andiamo nella camerata enorme che ci è stata assegnata, dove i ragazzi stanno facendo una baraonda pazzesca. Da bravi animatori ci incazziamo, li rimproveriamo un po’ e ristabilito l’ordine ci distribuiamo un po’ qua, un po’ là per farci il letto e tenerli d’occhio in attesa che ci chiamino per la cena. Dopo qualche minuto arriva Angela e si siede accanto a me accompagnata da due ragazzi per scherzare e cazzeggiare. Sento che fa una smorfia nell’allungare la gamba destra, allora, fregandomene di quello che può pensare, le afferro il polpaccio e inizio a massaggiarla. Dopo una prima iniziale resistenza, vedendo il gesto innocuo e sentendo sollievo ai muscoli, mi lascia fare. Non faccio nulla di “rischioso” in effetti, e prima una e poi l’altra, le massaggio entrambi i polpacci e la parte bassa della coscia. Ha gambe lunghe, è alta solo una decina di cm meno di me, quindi non vado mai oltre il dovuto, anche se le massaggio le cosce. Le sfioro la pelle nei punti più sensibili, mentre sono più deciso dove la sento rigida. Le mie mani calde sulla sua pelle liscia sfilano via con l’esperienza sufficiente a farla stare meglio e a notare qualche scossa di brivido che percorre il suo corpo. Le chiedo anche se ha freddo. Glissa, dicendo che le shorts a quella quota non sono il massimo e che si vestirà pesante appena ho finito.
Veniamo quindi chiamati per cena, poi a nanna. Il mattino dopo sveglia alle 7, colazione calda e ci prepariamo a partire.
Martedì
Terzo giorno. Si torna al campo.
Prima di partire faccio due foto ad Angela di nascosto. È vicina a un nano intagliato nel legno, ha lo sguardo pensieroso mentre guarda il vuoto del letto di nuvole ricoprire la vallata che ci aspetta da percorrere. Tiene il viso ben rannicchiato dentro il cappuccio, felpa pesante rosa e grigia, i tantissimi capelli ricci castani le spuntano comunque dai vestiti e scorrono sul collo e lungo il petto. Indossa le shorts, cortissime, direi antiregolamentarie in un camposcuola. Con la temperatura che c’è, io ho i pantaloncini corti da calcio perché sono abituato a fare gli allenamenti così, e perché sono un caloroso cronico; ma lei che tremava dal “freddo” la sera prima in camerata, è quantomeno incoerente. Inizio a essere sovrappensiero anch’io, ma Stefano mi risveglia di colpo e mi dice che siamo pronti tutti e possiamo partire.
Partiamo, solito carovana, i più veloci davanti, io dietro con i debolucci. La camminata procede tranquilla questa volta, e arriviamo in campeggio sfalsati nei tempi, ma tutti sani e salvi. Che è la cosa più importante. La serata prevede film, preghiera e nanna. Tutti troppo stanchi per fare baldoria. Prima però cena e telefonata ai genitori per rassicurarli sul loro stato di salute. Un must dopo la camminata, in questo e in tutti gli altri campiscuola.
Il film è una commedia americana poco impegnativa. I ragazzi sono quasi tutti seduti davanti sulle prime file per vedere bene, noi animatori siamo dietro seduti sopra i tavoli da sagra nelle pose più scomode, tanto che a un certo punto Angela si avvicina impercettibilmente e appoggia la testa sulla mia spalla. Il deltoide rilassato le fa da cuscino abbastanza comodo visto l’arredamento spartano del capannone del campeggio, e là resta fino alla fine del film, quando ormai non sento più neppure le dita della mano sinistra. Un formicolio pazzesco che però sopporto data la situazione.
Ora della nanna, tutti nelle proprie tende. Tutti tranne gli animatori che tornano in cucina a bere qualcosa di alcolico in compagnia per scaldarsi e stare un po’ assieme senza la marmaglia di ragazzi. Si ride, si scherza, comincio a essere più provocante del solito con Angela. Continuo battibecco fraterno tra noi due… Mi pare di essere a casa coi miei fratelli a litigare per minchiate.
Dirigendoci verso la tenda ne approfitto anche per fare uno scherzo alle due animatrici, sfruttando il buio e la suggestione dei discorsi da cronaca nera fatti in cucina tra un nachos con la salsa piccante e l’altro.
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