La vicina di casa
di
Rico95
genere
etero
Salve, voglio raccontarvi questa mia esperienza di qualche anno fa.
Ai tempi avevo 25 anni e vivevo ancora con i miei genitori. La nostra casa si trovava all'interno di un residence, abitato principalmente da persone abbastanza anziane o da genitori ormai rimasti soli. Da lì a poco anche i miei si sarebbero uniti a questo gruppo, poichè la mia intenzione era quella di andarmene di casa a distanza di qualche mese. Tra tutti questi vicini spiccava sicuramente lei. La conoscevo da quando ero piccolo, ma sempre di vista; i nostri rapporti si limitavano ai saluti e a qualche "come va?", ma a niente di più. Oltretutto mia madre, amica di molte altre vicine, non aveva un vero rapporto con lei. Ho sempre fantasticato su Lulù (così veniva chiamata), fin da quando gli ormoni hanno iniziato a svolgere il loro compito... E come non potevano farlo: sulla 40ina, riccia mora, occhi verdi, alta nella media, una terza sodissima di seno, e un culo... un culo da fare invidia a tutte le mie compagne di classe (tranne ad una, ma questa è un'altra storia). Un culo che adulavo e osservavo ogni volta che se ne presentava occasione, sempre dietro i vetri del soggiorno, l'unica stanza da cui potevo scorgere il balcone. Andavo discretamente d'accordo anche col marito, un uomo sulla 50ina simpatico e sempre fuori per lavoro (cazzo quanto lo invidiavo se pensavo a quante trombate fantastiche si sarà fatto con lei). La coppia aveva anche un figlio di 12 anni. Nonostante questa distanza, tutto avvenne in meno di 5 giorni. Un pomeriggio, uscito di casa in macchina, incrocio lei all'uscita del residence, cominciamo a parlare come al solito del più o del meno e osservandola, non posso fare a meno di notare che probabilmente era appena stata dal parrucchiere, considerando che i suoi ricci erano più belli che mai.
"E' stata dal parrucchiere? Le stanno benissimo questi ricci" le dissi.
Da parte sua, silenzio. Forse avevo osato troppo? Ma non mi sembrava un complimento così spinto. Poi rispose: "Grazie, sei il primo che se ne accorge oggi. Mio marito è tornato a pranzo, non mi ha detto niente ed è andato via di nuovo. Fa sempre così".
"Mi dispiace" aggiunsi io "probabilmente ha bisogno di un paio di occhiali: come si fa a non accorgersi di lei?"
La vidi un minimo arrossire e sorridere. "Wow... Pensi questo di me? Grazie" mi disse. "Sono sempre onesto: anche in questo caso" Al chè osai: "O forse è Lei ingestibile. D'altronde si sa: ogni riccio, un capriccio". Rise. "E chi lo sa?" rispose facendomi un occhiolino.
Bastò quello per far svegliare ciò che ho tra le gambe, un segno impercettibile ed eccolo sull'attenti! Dopodichè mi saluto con un classico "Buona serata”, che smontò un po’ i miei sogni che già stavano nascendo. Povero illuso… Se solo avessi saputo cosa sarebbe successo di lì a poco.
Dopo due giorni infatti, mentre stavo innaffiando le piante, ed ero solo in casa,urtai i fili della biancheria e una maglietta cadde in cortile. Mi misi il giubbotto e scesi. La incrociai di nuovo. Stava scaricando la spesa e sembrava in leggera difficoltà. Presi subito la palla al balzo. “Buongiorno, serve una mano?”
“Ciao, se potessi aiutarmi, mi faresti un favore immenso” mi rispose.
Mi precipitai ad aiutarla dimenticandomi all’istante della maglietta. Presi le due casse di acqua e mi diressi al portone di ingresso del palazzo di fronte nel quale viveva. Lei mi segui e poi aprì il portone. Nel farlo, sentii uno strusciarsi sensuale di quel suo culo perfetto sul mio pacco, ma mi dissi subito che forse me lo ero solo immaginato. Entrò e salimmo al primo piano. Finalmente potei vedere da vicino quel culo muoversi davanti la mia faccia, il tutto accentuato da quei jeggins fantastici che quel giorno aveva deciso di indossare, e chissà quanti si erano girati al suo passaggio al supermercato. Ero ipnotizzato, rischiai quasi di cadere. Arrivammo al piano, lei aprì la porta e lasciai le due casse all’ingresso, pronto a scendere di nuovo per un altro viaggio. A metà della rampa di scale però il suo movimento di anca venne interrotto bruscamente da una caduta, causata da una storta. Lasciai cadere le buste e la presi al volo. “Grazie, ahi fa male, puoi aiutarmi?”. Non me lo feci ripetere due volte: la sollevai di peso e la portai nell’appartamento. La adagiai sul divano all’ingresso e dissi: “Prendo le buste e torno”.
Al mio rientro in casa, lei era lì. Distesa sul divano, senza scarpe, con un braccio sulla faccia. “Ahi . La caviglia. Che male!”.
Chiusi la porta, le sollevai dolcemente le gambe, mi sedetti sul divano, e le adagiai sulle mie.
“Non sono un esperto, ma se vuole provo a farle un massaggio” dissi, guardandola.
“Qualunque cosa è meglio di niente, grazie!”, mi rispose sforzandosi di sorridere interrompendo quella smorfia di dolore.
Presi quella caviglia come se si potesse rompere da un momento all’altro e iniziai a massaggiare lentamente. Mi godevo ogni momento, sapendo che probabilmente sarebbe stato il contatto più ravvicinato che avrei mai avuto con lei. Nel farle il massaggio, sentivo flebili gemiti provenire dalla sua bocca, e tutto ciò non lasciava tranquillo il mio “amico”. Dopo circa 5 minuti, mi guardò e disse: “Sai che sto molto meglio?” si tirò su e mi stampo un bacio sulla guancia “Grazie davvero”. Mi girai e la guardai. Era a circa 20 cm da me, mi stavo perdendo nei suoi occhi, ma sentivo come se una forza magnetica mi stesse portando ad avvicinarmi sempre di più. Lei non stava tirandosi indietro, così con un gesto fulmineo, le misi la mano dietro la testa, la spinsi a me e la baciai. Avvertii dapprima sorpresa, ma poi la sua bocca si schiuse permettendomi di fare entrare la mia lingua, che incontrò la sua. Si avvinghiarono avidamente, come se non aspettassimo altro. Un bacio lungo, al cui interno vi erano tutti gli anni di attesa che avevo passato nell’osservarla e idolatrarla. Improvvisamente si distaccò da me, venne con le labbra vicino al mio orecchio e mi disse: “Non aspettavo altro”. Salì a cavalcioni su di me e riprese a baciarmi esattamente allo stesso modo di prima, forse leggermente più lasciata andare. Le palpai il culo finalmente: duro, sodo, come me l’ero sempre immaginato, lo strinsi e ne godetti il più possibile. Dopo minuti che sembrarono interminabili, scese, si mise in ginocchio e mi tolse i pantaloni. Iniziò a baciarmi il cazzo fin da sopra le mutande, poi lentamente me le tolse, lo contemplò e in un attimo lo fece sparire nella sua bocca. Dovetti trattenermi nel non venirle subito in bocca tanto ero eccitato. Iniziò il più bel pompino della mia vita. Leccava prima da destra a sinistra, poi invertiva e ripartiva dalla cappella fino a giù, leccando i testicoli ad uno ad uno. Io con una mano dietro la sua nuca le davo il tempo, trattenendomi il più possibile. Dopo poco però i sogni, le speranze e le seghe di tutti quegli anni si riversarono nella sua bocca. Senza fare una piega, ingoiò tutto e mi baciò con più focosità di prima. A quel punto, la buttai con violenza sul divano, supina, le tolsi i pantaloni da dosso e vidi che la troietta era senza mutande: “Allora avevo proprio ragione l’altra volta: ogni riccio un capriccio”. Prima che lei potesse rispondere, mi lanciai su quella figa con un piccolo cespuglietto di sopra, leccavo a non finire cercando di andare sempre più veloce. Lei gemeva e gemeva, tenendomi saldamente per i capelli. Trovai il clitoride ritto e lo leccai selvaggiamente. Mi sentii tirare i capelli e un urlo: “VENGOOO AAAAH”. Un getto mi inondò la faccia, mentre il suo corpo veniva scosso da tremori incontrollati.
Guardandola mi accorsi di che sguardo da troia le era apparso in faccia. “Scopami. Ora” mi disse con un filo di voce. Non me lo feci ripetere due volte, dato che il mio cazzo aveva ripreso potenza. Nella stessa posizione in cui si trovava, le strappai la maglietta, le morsi i capezzoli ritti su quelle tette ancora sode per l’eta che aveva e la penetrai con un unico movimento. “AAAAH, quanto cazzo è grosso. Sfondami! SIII!”. A quelle parole, il testosterone andò ancora più su e con colpi di bacino sempre più forti e decisi le procurai un altro orgasmo nel giro di pochissimo. Senza darle tregua, la presi dai fianchi e la girai. Il culo nudo in tutta la sua bellezza era lì, davanti a me. Perfetto, bellissimo, con un piccolo neo sulla chiappa sinistra. Glielo allargai più che potei, sputai e ripresi a leccare tra la figa e l’ano. Dopo poco, presi il mio indice e tastai il terreno attorno l’ano. Poi, improvvisamente, glielo ficcai. La sua testa schizzò in alto, si girò verso di me: “Non l’ho mai fatto, e se fa male?”. La baciai appassionatamente e le risposi: “Se ti fidi, gli orgasmi di prima non saranno minimamente paragonabili a questo”. Si morse le labbra e, con uno sguardo che avrebbe fatto venire chiunque, disse: “Va bene bastardo, cavalcami!”. “Preparati” risposi io, “domani non potrai camminare, e non sarà per la caviglia”. Detto ciò, inserii di nuovo il dito nell’ano, poi il secondo, e poi il terzo. Al chè, presi in mano il mio cazzo che smaniava di sfondare quel culo tanto desiderato e lo spinsi piano piano a farsi strada in quel cunicolo ricavato in cotanta perfezione. “Piano, piano” mi disse lei. Inesorabile ma lento, spinsi sempre di più il cazzo, finchè, arrivato a circa tre quarti, lo spinsi di botto fino in fondo. “Bastardo, mi distruggi cos..”. Non ebbe il tempo di continuare che incominciai a stantuffare,e quelle parole vennero interrotti da gemiti molto più forti di quelli di prima “Ah, Ah, Ah, cosa inventerò con i vicini?” rise mentre io ero nel pieno dell’azione. Aumentai il ritmo. Tra una spinta e l’altra tiravo fuori sempre di più il mio cazzo e lo spingevo con sempre più violenza. Ad un certo punto sentii una scossa davvero forte, come se 220 V di una presa stessero scorrendo nel corpo davanti a me. Si lasciò cadere in avanti, tremante e con gli occhi rivolti al cielo. Senza fiato, grattò il divano con le unghie probabilmente fresche di manicure, poi si girò, mi guardò e mi disse: “Vienimi dentro il culo, forse mi brucerà meno”. Non me lo feci ripetere due volte. Ripresi, questa volta tirandole i capelli verso di me e in poco le sborrai tutto ciò che le mie palle avevano dentro direttamente nell’intestino. Poi mi accasciai sul divano accanto a lei, scambiandoci ancora due baci pieni di saliva e sudore. Il suo sguardo cadde sull’orologio posto di fronte a noi e grido: “Cazzo, sta per arrivare mio marito. Devi andare”. Ci rivestimmo in fretta e furia e mi accompagnò velocemente alla porta. Ci scambiammo l’ennesimo bacio e le dissi: “Fammi un fischio se ti fa male ancora la caviglia, te la raddrizzo io”.
I dolori alle caviglie divennero sempre più frequenti, e con lei esplorai molti modi diversi di scopare.
Ai tempi avevo 25 anni e vivevo ancora con i miei genitori. La nostra casa si trovava all'interno di un residence, abitato principalmente da persone abbastanza anziane o da genitori ormai rimasti soli. Da lì a poco anche i miei si sarebbero uniti a questo gruppo, poichè la mia intenzione era quella di andarmene di casa a distanza di qualche mese. Tra tutti questi vicini spiccava sicuramente lei. La conoscevo da quando ero piccolo, ma sempre di vista; i nostri rapporti si limitavano ai saluti e a qualche "come va?", ma a niente di più. Oltretutto mia madre, amica di molte altre vicine, non aveva un vero rapporto con lei. Ho sempre fantasticato su Lulù (così veniva chiamata), fin da quando gli ormoni hanno iniziato a svolgere il loro compito... E come non potevano farlo: sulla 40ina, riccia mora, occhi verdi, alta nella media, una terza sodissima di seno, e un culo... un culo da fare invidia a tutte le mie compagne di classe (tranne ad una, ma questa è un'altra storia). Un culo che adulavo e osservavo ogni volta che se ne presentava occasione, sempre dietro i vetri del soggiorno, l'unica stanza da cui potevo scorgere il balcone. Andavo discretamente d'accordo anche col marito, un uomo sulla 50ina simpatico e sempre fuori per lavoro (cazzo quanto lo invidiavo se pensavo a quante trombate fantastiche si sarà fatto con lei). La coppia aveva anche un figlio di 12 anni. Nonostante questa distanza, tutto avvenne in meno di 5 giorni. Un pomeriggio, uscito di casa in macchina, incrocio lei all'uscita del residence, cominciamo a parlare come al solito del più o del meno e osservandola, non posso fare a meno di notare che probabilmente era appena stata dal parrucchiere, considerando che i suoi ricci erano più belli che mai.
"E' stata dal parrucchiere? Le stanno benissimo questi ricci" le dissi.
Da parte sua, silenzio. Forse avevo osato troppo? Ma non mi sembrava un complimento così spinto. Poi rispose: "Grazie, sei il primo che se ne accorge oggi. Mio marito è tornato a pranzo, non mi ha detto niente ed è andato via di nuovo. Fa sempre così".
"Mi dispiace" aggiunsi io "probabilmente ha bisogno di un paio di occhiali: come si fa a non accorgersi di lei?"
La vidi un minimo arrossire e sorridere. "Wow... Pensi questo di me? Grazie" mi disse. "Sono sempre onesto: anche in questo caso" Al chè osai: "O forse è Lei ingestibile. D'altronde si sa: ogni riccio, un capriccio". Rise. "E chi lo sa?" rispose facendomi un occhiolino.
Bastò quello per far svegliare ciò che ho tra le gambe, un segno impercettibile ed eccolo sull'attenti! Dopodichè mi saluto con un classico "Buona serata”, che smontò un po’ i miei sogni che già stavano nascendo. Povero illuso… Se solo avessi saputo cosa sarebbe successo di lì a poco.
Dopo due giorni infatti, mentre stavo innaffiando le piante, ed ero solo in casa,urtai i fili della biancheria e una maglietta cadde in cortile. Mi misi il giubbotto e scesi. La incrociai di nuovo. Stava scaricando la spesa e sembrava in leggera difficoltà. Presi subito la palla al balzo. “Buongiorno, serve una mano?”
“Ciao, se potessi aiutarmi, mi faresti un favore immenso” mi rispose.
Mi precipitai ad aiutarla dimenticandomi all’istante della maglietta. Presi le due casse di acqua e mi diressi al portone di ingresso del palazzo di fronte nel quale viveva. Lei mi segui e poi aprì il portone. Nel farlo, sentii uno strusciarsi sensuale di quel suo culo perfetto sul mio pacco, ma mi dissi subito che forse me lo ero solo immaginato. Entrò e salimmo al primo piano. Finalmente potei vedere da vicino quel culo muoversi davanti la mia faccia, il tutto accentuato da quei jeggins fantastici che quel giorno aveva deciso di indossare, e chissà quanti si erano girati al suo passaggio al supermercato. Ero ipnotizzato, rischiai quasi di cadere. Arrivammo al piano, lei aprì la porta e lasciai le due casse all’ingresso, pronto a scendere di nuovo per un altro viaggio. A metà della rampa di scale però il suo movimento di anca venne interrotto bruscamente da una caduta, causata da una storta. Lasciai cadere le buste e la presi al volo. “Grazie, ahi fa male, puoi aiutarmi?”. Non me lo feci ripetere due volte: la sollevai di peso e la portai nell’appartamento. La adagiai sul divano all’ingresso e dissi: “Prendo le buste e torno”.
Al mio rientro in casa, lei era lì. Distesa sul divano, senza scarpe, con un braccio sulla faccia. “Ahi . La caviglia. Che male!”.
Chiusi la porta, le sollevai dolcemente le gambe, mi sedetti sul divano, e le adagiai sulle mie.
“Non sono un esperto, ma se vuole provo a farle un massaggio” dissi, guardandola.
“Qualunque cosa è meglio di niente, grazie!”, mi rispose sforzandosi di sorridere interrompendo quella smorfia di dolore.
Presi quella caviglia come se si potesse rompere da un momento all’altro e iniziai a massaggiare lentamente. Mi godevo ogni momento, sapendo che probabilmente sarebbe stato il contatto più ravvicinato che avrei mai avuto con lei. Nel farle il massaggio, sentivo flebili gemiti provenire dalla sua bocca, e tutto ciò non lasciava tranquillo il mio “amico”. Dopo circa 5 minuti, mi guardò e disse: “Sai che sto molto meglio?” si tirò su e mi stampo un bacio sulla guancia “Grazie davvero”. Mi girai e la guardai. Era a circa 20 cm da me, mi stavo perdendo nei suoi occhi, ma sentivo come se una forza magnetica mi stesse portando ad avvicinarmi sempre di più. Lei non stava tirandosi indietro, così con un gesto fulmineo, le misi la mano dietro la testa, la spinsi a me e la baciai. Avvertii dapprima sorpresa, ma poi la sua bocca si schiuse permettendomi di fare entrare la mia lingua, che incontrò la sua. Si avvinghiarono avidamente, come se non aspettassimo altro. Un bacio lungo, al cui interno vi erano tutti gli anni di attesa che avevo passato nell’osservarla e idolatrarla. Improvvisamente si distaccò da me, venne con le labbra vicino al mio orecchio e mi disse: “Non aspettavo altro”. Salì a cavalcioni su di me e riprese a baciarmi esattamente allo stesso modo di prima, forse leggermente più lasciata andare. Le palpai il culo finalmente: duro, sodo, come me l’ero sempre immaginato, lo strinsi e ne godetti il più possibile. Dopo minuti che sembrarono interminabili, scese, si mise in ginocchio e mi tolse i pantaloni. Iniziò a baciarmi il cazzo fin da sopra le mutande, poi lentamente me le tolse, lo contemplò e in un attimo lo fece sparire nella sua bocca. Dovetti trattenermi nel non venirle subito in bocca tanto ero eccitato. Iniziò il più bel pompino della mia vita. Leccava prima da destra a sinistra, poi invertiva e ripartiva dalla cappella fino a giù, leccando i testicoli ad uno ad uno. Io con una mano dietro la sua nuca le davo il tempo, trattenendomi il più possibile. Dopo poco però i sogni, le speranze e le seghe di tutti quegli anni si riversarono nella sua bocca. Senza fare una piega, ingoiò tutto e mi baciò con più focosità di prima. A quel punto, la buttai con violenza sul divano, supina, le tolsi i pantaloni da dosso e vidi che la troietta era senza mutande: “Allora avevo proprio ragione l’altra volta: ogni riccio un capriccio”. Prima che lei potesse rispondere, mi lanciai su quella figa con un piccolo cespuglietto di sopra, leccavo a non finire cercando di andare sempre più veloce. Lei gemeva e gemeva, tenendomi saldamente per i capelli. Trovai il clitoride ritto e lo leccai selvaggiamente. Mi sentii tirare i capelli e un urlo: “VENGOOO AAAAH”. Un getto mi inondò la faccia, mentre il suo corpo veniva scosso da tremori incontrollati.
Guardandola mi accorsi di che sguardo da troia le era apparso in faccia. “Scopami. Ora” mi disse con un filo di voce. Non me lo feci ripetere due volte, dato che il mio cazzo aveva ripreso potenza. Nella stessa posizione in cui si trovava, le strappai la maglietta, le morsi i capezzoli ritti su quelle tette ancora sode per l’eta che aveva e la penetrai con un unico movimento. “AAAAH, quanto cazzo è grosso. Sfondami! SIII!”. A quelle parole, il testosterone andò ancora più su e con colpi di bacino sempre più forti e decisi le procurai un altro orgasmo nel giro di pochissimo. Senza darle tregua, la presi dai fianchi e la girai. Il culo nudo in tutta la sua bellezza era lì, davanti a me. Perfetto, bellissimo, con un piccolo neo sulla chiappa sinistra. Glielo allargai più che potei, sputai e ripresi a leccare tra la figa e l’ano. Dopo poco, presi il mio indice e tastai il terreno attorno l’ano. Poi, improvvisamente, glielo ficcai. La sua testa schizzò in alto, si girò verso di me: “Non l’ho mai fatto, e se fa male?”. La baciai appassionatamente e le risposi: “Se ti fidi, gli orgasmi di prima non saranno minimamente paragonabili a questo”. Si morse le labbra e, con uno sguardo che avrebbe fatto venire chiunque, disse: “Va bene bastardo, cavalcami!”. “Preparati” risposi io, “domani non potrai camminare, e non sarà per la caviglia”. Detto ciò, inserii di nuovo il dito nell’ano, poi il secondo, e poi il terzo. Al chè, presi in mano il mio cazzo che smaniava di sfondare quel culo tanto desiderato e lo spinsi piano piano a farsi strada in quel cunicolo ricavato in cotanta perfezione. “Piano, piano” mi disse lei. Inesorabile ma lento, spinsi sempre di più il cazzo, finchè, arrivato a circa tre quarti, lo spinsi di botto fino in fondo. “Bastardo, mi distruggi cos..”. Non ebbe il tempo di continuare che incominciai a stantuffare,e quelle parole vennero interrotti da gemiti molto più forti di quelli di prima “Ah, Ah, Ah, cosa inventerò con i vicini?” rise mentre io ero nel pieno dell’azione. Aumentai il ritmo. Tra una spinta e l’altra tiravo fuori sempre di più il mio cazzo e lo spingevo con sempre più violenza. Ad un certo punto sentii una scossa davvero forte, come se 220 V di una presa stessero scorrendo nel corpo davanti a me. Si lasciò cadere in avanti, tremante e con gli occhi rivolti al cielo. Senza fiato, grattò il divano con le unghie probabilmente fresche di manicure, poi si girò, mi guardò e mi disse: “Vienimi dentro il culo, forse mi brucerà meno”. Non me lo feci ripetere due volte. Ripresi, questa volta tirandole i capelli verso di me e in poco le sborrai tutto ciò che le mie palle avevano dentro direttamente nell’intestino. Poi mi accasciai sul divano accanto a lei, scambiandoci ancora due baci pieni di saliva e sudore. Il suo sguardo cadde sull’orologio posto di fronte a noi e grido: “Cazzo, sta per arrivare mio marito. Devi andare”. Ci rivestimmo in fretta e furia e mi accompagnò velocemente alla porta. Ci scambiammo l’ennesimo bacio e le dissi: “Fammi un fischio se ti fa male ancora la caviglia, te la raddrizzo io”.
I dolori alle caviglie divennero sempre più frequenti, e con lei esplorai molti modi diversi di scopare.
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Commenti dei lettori al racconto erotico