Il piacere della pena
di
FalloPriapo
genere
sadomaso
La Quintoy è una media impresa che si sta facendo strada nel campo della produzione di componenti per macchinari industriali, il suo presidente è Kristian, un uomo di 45 anni di bell’aspetto, sempre elegante nel suo abbigliamento, dirige la sua azienda con severità, ma quando raggiunge dei buoni traguardi sa essere riconoscente verso i dipendenti meritevoli. Algido, austero a tratti si direbbe anaffettivo, della sua vita personale trapela poco in azienda e questa aura di misteriosità è fonte di ogni genere di dicerie.
Alle 16:00 ha fatto convocare nel proprio ufficio Paola, responsabile marketing, e Annalisa ingegnere meccanico junior, assunta da un anno, un vulcano di idee che si è fatta subito apprezzare.
Le ha convocate per affidargli un nuovo incarico, ma non le ha fatto accennare nulla in merito a questa chiamata, circostanza che ha messo molta ansia alle due dipendenti, le quali non sapendo cosa aspettarsi e conoscendo il carattere di Kristian non riescono a spiegarsi i motivi di questa chiamata comune nel suo ufficio.
Paola ha 38 anni, un matrimonio fallito alle spalle dal quale non ha avuto figli, ha dedicato tutta la sua vita al lavoro dopo la delusione avuta. Lo scotto del divorzio l’ha resa molto diffidente nei rapporti sentimentali, è un’idealista in cerca dell’amore romantico come quello delle favole. Fidanzatasi giovanissima ed estremamente fedele, fino alla scoperta dei tradimenti dell’ex marito ha vissuto la sua vita coniugale senza alcuna macchia, concedendosi solo ai suoi doveri coniugali. Essendo estremamente religiosa, tranne qualche pompino che a malavoglia faceva, la inibiva assaporare gli umori della verga del suo uomo, si concedeva facendosi esplorare un’unica via: quella principale. Da quando ha divorziato non ha avuto molte storie. Le poche relazioni subito sono terminate per la sua ritrosia a concedersi ai piaceri carnali. Le piace la fase del corteggiamento, le sue civetterie sono atteggiamenti che illudono gli uomini, i quali pensano che siano propedeutiche alla sua caccia, la fanno apparire come una mangia uomini, alludono a chissà cosa, ma arrivati al sodo lei si sottrae e per questo che poi viene piantata. Si sente bloccata sessualmente e quando di rado l’assale il bisogno di soddisfare i suoi istinti primordiali, si masturba a mala pena con le dita, sfiorandosi e tentando timide penetrazioni. Le sue amiche, alle quali ha confidato questo suo blocco, al suo ultimo compleanno l’hanno regalato un fantastico vibratore con testa rotante e sul biglietto d’auguri, incorniciata tra tanti smile era riportata la seguente dedica: “Speriamo che lo usi poco! Accetta questo nostro dono, ti darà tanto piacere ma mai come quello che ti potrà dare un uomo”. Regalo che l’aveva imbarazzata non poco, visto anche il contesto in cui l’aveva ricevuto, erano a cena in un ristorante con tante persone ai tavoli vicini. Per praticità, ma anche per la sua pudicizia, è solita indossare capi di abbigliamento che non esaltano la sua prorompente fisicità, non usa gonne o scollature che facciano intravedere il suo décolleté.
Annalisa ha 24 anni, da poco si è laureata in ingegneria meccanica con 110 e lode, al contrario di Paola è una donna sessualmente libera, bisessuale e incline ai tradimenti. Appena due settimane fa è stata lasciata dal suo compagno storico, perché sorpresa a fare un pompino al suo istruttore di tennis negli spogliatoi del campetto. Nel suo settore è bravissima e per questo avrà sicuramente una carriera brillante, ma per raggiungere i suoi obiettivi è disposta a tutto senza alcuna remora. Piccola di statura un metro e sessanta, ma ben proporzionata con una quarta di seno e un sedere tondo e sempre in tiro, che attrae gli sguardi sia degli uomini che delle donne, che ne provano invidia. Occhi verdi smeraldo e capelli neri lunghissimi e lucenti come la seta. A lavoro quando è in officina meccanica ama usare tute da lavoro attillatissime che le scolpiscono il fisico marmoreo e non ama utilizzare il reggiseno, visto che non ne ha bisogno, i suoi seni sfidando la legge di gravità, gli restano sempre ben alti. E’ facile notare per ognuno di essi, sotto la tuta, tre rigonfiamenti all’altezza dei capezzoli, i due all’estremità sono le palline terminali dei piercing che porta. Sotto la tuta indossa sempre scarpe con il tacco, che la slanciano, ha il complesso della sua altezza. Per le lunghe giornate in officina non va mai oltre un tacco 8, per non far soffrire troppo i suoi piedi e le sue gambe a fine giornata. Quando invece svolge le attività di progettazione ed è in ufficio ama sfoggiare tutta la sua femminilità con tubini e tailleur con gonne sempre molto corte, al di sopra del ginocchio, per mostrare le sue splendide gambe. In questo caso, dove non deve stare tante ore all’impiedi, sfoggia sempre scarpe da tacchi vertiginosi sui quali si muove divinamente.
Sono le ore 15:50 e le due donne, con ansia crescente, si apprestano dai loro rispettivi uffici a muoversi verso l’ufficio di Kristian. Arriva per prima Annalisa, la segretaria le chiede di attendere l’arrivo di Paola prima di annunciarle, qualche minuto dopo, quando le 16:00 sono già scoccate da un paio di minuti, arriva quest’ultima, come suo solito tutta trafilata. La segretaria le annuncia, ma Kristian, che è anche molto preciso, non ha apprezzato questi pochi secondi di ritardo, decide di punirle per il ritardo facendole sicuramente sforare l’orario di lavoro, per questo si inventa una telefonata improvvisa e dice alla segretaria di farle attendere in sala di attesa. Alle 17:00 dopo circa un’ora comunica alla segreteria che è libera di andare a casa, essendo terminata la giornata lavorativa e di far attendere ancora le due, che riceverà nel giro di qualche minuto. Paola tranquillamente accetta questo prolungamento di orario non previsto, invece Annalisa che ha altri impegni inizia a guardare l’orologio con trepida attesa, vede lo scorrere inesorabile delle lancette e l’accumularsi dei minuti di ritardo. In mente impreca per questa situazione.
Alle 17:30 Kristian le riceve, con fare sempre distaccato, dice: «signore vogliate scusarmi per l’attesa, purtroppo un contrattempo con un fornitore ha fatto posticipare il nostro incontro», e chiede alle due di sedersi al suo tavolo riunioni. Prima che Annalisa si segga con tono imperioso le ordina: «prepara tre caffè, lì c’è la macchina e nel cassetto sotto trovi le capsule». Quell’ordine subìto, per un attimo l’ha percossa, si è risentita di quanto impartitole. Nella sua mente seppur si è fatto strada il pensiero che la segretaria è andata via, non riesce ad accettare che non le è stato chiesto con gentilezza, la sua razionalità la spinge a portare a compimento quell’imposizione anche se mal volentieri. Kristian nel suo sguardo è riuscito a carpire quella sensazione di rabbia, che palesemente fa intuire che non è una donna sottomessa e né tantomeno di indole che si fa sottomettere. Con i caffè pronti, si reca anche lei verso il tavolo dove già sono seduti gli altri due, porge i bicchierini e si accomoda in una delle poltroncine in pelle color crema ancora vuote. Kristian guardandole negli occhi, confida: «ho investito un grosso capitale esponendomi a dei prestiti per rimodulare la produzione e stare al passo delle innovazioni tecnologiche che il mercato richiede,» inoltre aggiunge: «ho ordinato una nuova linea di produzione per mettere in pratica i progetti di Annalisa.» Progetti che avevano tanto entusiasmato sia lui che il suo staff tecnico, ritenevano che avrebbero portato un ulteriore espansione sul mercato.
L’obiettivo di Kristian è di realizzare al più presto quest’espansione per ripagare subito i debiti che ha contratto. Per accelerare questo processo ha pensato di fare un ulteriore investimento di marketing prenotando uno stand espositivo al Salone internazionale della subfornitura meccanica, che si sarebbe tenuto dopo 10 giorni a Manchester, comunica questa novità alle sue dipendenti e dispone: «entrambe partirete per i giorni del Salone, essendo una la responsabile alle vendite e l’altra esperta della nuova produzione, con l’obiettivo di stipulare nuovi contratti». Infine per motivarle aggiunge: «il futuro dell’azienda dipende da voi.» Annalisa appresa la notizia, manifesta il suo entusiasmo per quest’opportunità, pensa a quei quattro giorni sia come lavoro, ma anche come un diversivo dopo molti mesi di duro lavoro. Paola, molto abitudinaria, invece appare al quanto scocciata di quella trasferta. Prima di congedare le due dipendenti, Kristian somministra un breve questionario, nel quale si richiede le misure corporee e le taglie degli abiti, a tali domande le due donne rimangono perplesse, Annalisa obietta: «perché ci sono richiesti questi dati?» La risposta è secca e repentina: «Vi fornirò il vestiario da utilizzare nei giorni del Salone, indosserete una sorta di divisa.» Questa risposta secca entrambe, che non si sentono libere di scegliere l’abbigliamento più consono alla loro personalità. Paola spera che questa divisa non preveda una gonna, indumento che mal tollera. Compilato il breve questionario, le congeda dicendo: «Se non avete domande o obiezioni, abbiamo finito, potete andare.» Le due escono dall’ufficio, appena fuori la porta Annalisa nonostante l’imposizione del capo è contentissima e per la gioia abbraccia Paola. Un gesto amichevole fatto non con malizia, per creare cameratismo visto che avrebbero dovuto trascorrere cinque giorni praticamente insieme. In azienda, che conta una quarantina di dipendenti, le due fino a quel momento non avevano mai avuto grandi interazioni, occupandosi di due settori differenti. Nell’abbraccio Annalisa ha modo di saggiare le forme di Paola, il seno di questa le si staglia contro quasi all’altezza del volto, vista la differenza di altezza. Sotto quei vesti larghi riesce ad avere contezza dei suoi lineamenti. Il suo profumo è davvero gradevole, una fragranza fresca, leggera e sfumata dall’odore di fiori d’arancio. Il profumo e il calore di quel corpo le fa venire un brivido di piacere, un’attrazione inaspettata per quella donna che fino ad allora non aveva preso in considerazione. Con un gesto lento e ben calibrato per non dar a vedere le sue intenzioni fa scivolare la sua mano destra verso il basso, carezzandole leggermente il culo. Facendo quel gesto si accorge che anche lì sta messa davvero bene. I suoi capelli mogano le arrivano sul volto e inizia a sentirsi bagnata nelle mutandine. Di quelle carezze sul culo Paola nemmeno si è resa conto, essendo abbracciata da una donna, non ha alzato le barriere che di solito issa nei contatti con l’altro sesso, non immagina neanche lontanamente che la sua collega possa provare per lei un’attrazione di quel tipo. L’abbraccio è durato un tempo brevissimo, ma ha acceso in Annalisa una scintilla di passione. Difronte a lei un grande orologio segna le 18.15, si ricordata dei suoi impegni e scappa, ma avrebbe voluto che quell’abbraccio fosse stato più lungo e più prolifico spingendo la situazione ben oltre.
I giorni che precedono la partenza per Manchester sono pieni di impegni, Paola prepara brochure, con i testi tecnici stilati da Annalisa, questa non perde occasione per recarsi nell’ufficio marketing per vedere l’oggetto del suo desiderio, purtroppo per lei sono sempre presenti anche i suoi collaboratori e non ha modo di andare oltre in nessuno dei suoi tentativi. Omette di effettuare comunicazioni con email, con la scusa che è più pratico spiegare eventuali incomprensioni di persona. Le passa i file contenenti i testi con la sua pen drive, sfruttando tutti gli scambi per sfiorarle le mani o per inginocchiarsi ai suoi piedi per inserire la chiavetta usb nel suo computer, con la scusa può sfiorarle le gambe e ammirare i suoi piedi.
Il pomeriggio prima della partenza, la segreteria consegna alle due i biglietti aerei e il voucher da presentare in albergo, riferisce poi: «tutto il materiale pubblicitario è stato già inviato presso i padiglioni del Salone, lo troverete nello stand.» Mentre le due stanno controllando la documentazione ricevuta, le dice: «il signor Kristian vi ha messo a disposizione un operaio per i lavori di allestimento…» Fa una breve pausa per sistemare una cartellina in un armadio e aggiunge: «per non farvi appesantire il bagaglio è stato predisposto l’invio presso l’hotel delle divise da utilizzare.» Le due ascoltano senza proferire parola, la segretaria aggiunge: «per motivi che non sto qui a spiegarvi il signor Kristian mi ha detto di riferirvi che la sua presenza nell’ultimo giorno del Salone è cancellata, ma comunque vi seguirà con videochiamate frequenti per aggiornamenti.»
Terminata l’ultima giornata in azienda prima della partenza, Annalisa propone alla compagna di viaggio di andare a prendersi qualcosa da bere per organizzare la partenza prevista per le 09.30. Questa è una scusa per iniziare a godersi da subito i prossimi 5 giorni, in cui quest’ultima sarà completamente sua. Sbrigato velocemente l’organizzazione del giorno dopo, cerca di conoscere meglio la sua preda, non lo fa sfacciatamente ma con astuzia, inizia a parlare di sé stessa, sapendo già molte cose sul conto dell’altra, in quanto in azienda le chiacchiere corrono. Subdolamente le dice: «ci voleva proprio questo distacco, sai due settimane fa il mio ragazzo mi ha lasciato, non so il perché ma penso che abbia sicuramente un’altra», provocandosi due occhi lucidi che sembrano quasi pronti a sgorgare dei lacrimoni. Paola che ovviamente non era al corrente dei reali motivi, si immedesima nella condizione dell’altra, prova pena per l’amica ma allo stesso tempo rabbia e rancore verso il marito che anni addietro l’aveva tradita. Le stringe le mani e le dice: «Ti capisco fa male questa cosa. Sai anch’io sono stata tradita dal mio ex marito e ancora oggi ne sto male. Le tue parole some state come una lama di un coltello conficcata in una ferita aperta e hanno fatto riaffiorare brutte sensazioni.» Poi prende un fazzolettino le asciuga gli occhi. Ormai si sente che può aprirsi e inizia a raccontarle della sua vita, dei suoi problemi a relazionarsi con l’altro sesso e del fatto che forse neanche lo cercava, non tralascia nessun dettaglio, è un libro aperto per Annalisa. Fatte ormai le 21:00, e terminato di raccontare tutta la sua vita, si alza e dice: «scusami ma devo andare, ho da finire di preparare i bagagli e devo lasciare delle raccomandazioni alla vicina prima che si faccia più tardi. Anche se mi sarebbe piaciuto continuare questa chiacchierata. Mi ha fatto veramente bene.» Annalisa risponde: «Anche per me è stata una serata piacevole, sicuramente nei prossimi cinque giorni non mancherà modo di continuare.» Ormai è sicura di averla in pugno e si reca anch’essa a casa.
Come concordato alle 07:30 sale sul taxi che l’era venuta a prendere e si dirige verso casa di Paola che già aspetta fuori il portone di casa, alle 07:55 sono in aeroporto per il check-in ai banchi della Brithish Airways, Paola che fino a qualche giorno prima era scontenta di quella partenza, inizia a cambiare idea visto il feeling che si stava instaurando tra le due, reputa di aver trovato una nuova amica. Salite a bordo del Boeing 787, avevano prenotati posti vicini, Annalisa chiede: «posso prendere quello vicino l’oblò», Paola le risponde: «per me è indifferente, puoi prendere il posto che preferisci.» L’aereo ormai è pronto sulla pista, inizia la sua fase di rullaggio, la potenza dei motori eccita l’ingegnere, ha una passione per queste cose e la vicinanza con Paola amplificava quella sensazione, quest’ultima invece ha una leggera paura del volo e soprattutto per questa fase così delicata, pertanto chiede: «posso stringerti la mano? Mi trasmette tranquillità.» Annalisa non desiderava altro, i motori ormai sprigionano la loro massima potenza, la stretta forte di Paola, la eccita tantissimo l’aereo si stacca dal suolo e una forte ondata pervade il suo corpo facendole bagnare le mutandine inondate dai suoi umori che fuoriescono dalla sua vagina. Trascorso qualche minuto il comandante ha spento la spia delle cinture di sicurezza, ancora con le gote rosse dal piacere ricevuto, per paura che l’odore dei suoi umori possa essere percepito dalla sua vicina, chiede: «mi fai passare?» Si reca alla toilette, chiusa la porta, si alza la gonna arrotolandola lungo i fianchi e si sfila le mutandine verdi in pizzo che indossa, le guarda inzuppate e pregne dei suoi umori, si asciuga le parti intime e l’interno coscia con della carta e ripone le sue mutandine nel cestino dei rifiuti, decidendo di rimanere senza intimo, non ha la passibilità di un ricambio al momento.
Torna al suo posto si siede e inizia a parlare del più e del meno con la sua amica, che purtroppo non ha dormito tutta la notte, i turbamenti e i rancori della chiacchierata della serata precedente non le hanno fatto chiudere occhio, pensava a come il suo ex marito in tutti questi anni fosse passato da una donna all’altra godendosi la vita senza rimorsi per quello che le aveva fatto. Stanca morta dice: «ti dispiace se interrompiamo questa conversazione? Vorrei riposare un pochino, non ho chiuso occhio questa notte, sarà stata l’ansia della partenza.» Si raccoglie i capelli in uno chignon fermandolo con una matita che aveva estratto dalla borsa, questa operazione fa intravedere un piccolo tatuaggio a forma di stella dietro il collo, Annalisa non aveva mai avuto modo di notarlo, poiché i suoi capelli non li legava mai in ufficio. Ai suoi occhi si staglia un collo lungo, cinto da un monile che termina nello scollo a barchetta della maglia nera indossata, sicuramente il pendaglio è riposto all’interno del solco intermammario. Il lobo dell’orecchio destro è impreziosito da un orecchino con piccoli brillantini, decisamente di classe. Dopo pochi minuti Paola si è addormentata e scivola lentamente con la sua testa sopra il seno prorompente dell’ingegnere, il calore di questa così vicino al suo seno, inizia a farle battere il cuore a mille, cerca di far durare a più a lungo possibile quel contatto, si muove lentamente cercando di sfiorarsi i capezzoli ormai diventati turgidi contro quel volto. Cerva con delle contorsioni il modo di portare il capezzolo sinistro all’altezza delle labbra di Paola. Il piercing accresceva il senso di piacere di quegli sfregamenti. Da circa un’ora va avanti quell’intenso piacere, che la porta nuovamente a bagnarsi tra le cosce, questa volta non avendo le mutandine dei rivoli dei liquidi dei suoi umori che fuoriescono dalle piccole labbra, iniziano a rigarle l’interno cosce. É in uno stato di completa eccitazione, si accorge che Paola, stesso nel sonno, ha aperto leggermente la bocca, dalla quale esce un piccolo filamento di saliva, dallo spigolo appoggiato sulla sua maglietta, vorrebbe metterle il capezzolo in bocca, sta desiderando che glielo succhiasse tanto era gonfio, ormai prossimo a scoppiare per la tensione raggiunta. Improvvisamente un vuoto d’aria fa fare un piccolo sobbalzo all’aeromobile e senza volerlo le labbra spalancate di Paola si poggiano sulla maglia di Annalisa accogliendo in bocca la punta del suo seno, quasi come fosse una neonata che allatta al seno della mamma. Per quest’ultima è l’estasi, dura pochissimo però, lo scossone ha fatto risvegliare Paola che è imbarazzatissima e tutta assonnata dice: «scusami Annalisa non volevo sbavarti sulla maglietta.» Questa visto che la collega si stava risvegliando ed era come stonata, fa finta di essersi appena risvegliata anche lei e con fare frastornato chiede: «scusa di cosa? Che è successo? Stavo dormendo», smorzando l’imbarazzo dell’altra che lascia perdere e dice: «niente, niente avrò fatto un sogno».
Alle 12:45 l’aereo atterra in perfetto orario all’aeroporto, recuperate le valige dai nastri trasportatori si recano verso l’uscita, comprano a volo un panino da Burger King, e preso uno dei cab in attesa all’esterno, si fanno dapprima accompagnare in London Road presso il Macdonald Manchester Hotel, un quattro stelle che la segretaria di Kristian aveva prenotato per loro, il tempo di lasciare le valige alla reception e si fanno subito accompagnare al GMEX ovvero il Manchester Central Convention Center, una delle principali sedi espositive e congressuali del Regno Unito. Arrivate a destinazione e scese dal cab, appare loro in tutta la sua maestosità l’edificio, oggetto di una sapiente riqualificazione urbanistica. Lo spazio espositivo principale della sede era un tempo una stazione ferroviaria vittoriana e conserva ancora il suo alto soffitto a volta e i mattoni decorati. Un ambiente decisamente gotico, nelle corde della personalità di Annalisa. Si recano presso gli uffici accoglienza, dove trovano Mark, l’operaio incaricato alla loro assistenza. Paola prende in mano le redini e guida le operazioni di allestimento, decidendo il posizionamento dei banner e delle brochure che sono racchiuse in due pacchi spediti dall’azienda. Mark non passa inosservato, un bel ragazzone rosso, con occhi verdi, i colori tradivano le sue chiare origini irlandesi, alto e muscoloso, con una maglia bianca attillata e una salopette in denim, non dimostra più di 30 anni. Paola con le sue solite civetterie sembra che stesse tentando un approccio, questo infastidisce molto Annalisa, che per questo viaggio la desidera solo per lei ed è disposta a qualsiasi cosa per farla cadere nella sua ragnatela e farle provare un’esperienza per lei fino ad ora sconosciuta. Terminato l’allestimento verso le 18:30, prima di andare via, Annalisa fa un breve reportage fotografico da inviare a Kristian per mostrare il loro operato, il Salone avrebbe aperto i battenti domani alle 08:30.
Si recano in hotel sfinite per l’intensa giornata, gli era stata riservata una doppia con letti separati, l’idea non dispiace affatto per nulla Annalisa, l’hotel una struttura moderna nel pieno centro a pochi minuti dal GMEX, è confortevole, ha corridoi con lampade soffuse lungo i pavimenti in parquet e vi sono statue orientali che ornano il percorso, la loro stanza è al terzo piano. Il facchino le fa strada portando i bagagli delle due, appena in stanza, chiusa la porta subito si tolgono le scarpe e si stendono ognuna sul proprio letto. Scrutano l’arredamento, la moquette del pavimento è tenuta molto bene, pulita deve essere stata messa da poco è quasi nuova. La stanza ha un piacevole odore di frutti di bosco che un profumatore disperde nell’aria. Due poltrone e un tavolo rotondo completano l’arredo insieme ad un armadio a porte scorrevoli, musica in filo diffusione e un grande schermo alla parete. La stanza ha un’ampia vetrata che concede una vista sul centro città. Stese lì su quel letto finalmente Annalisa ha la possibilità di vedere i piedi di Paola, fino ad ora i suoi incontri ravvicinati con quella parte del corpo erano stati quando metteva la pen drive nel suo pc, ma non poteva mai osservali completamente perché chiusi nelle scarpe. Sono molto belli e curati con unghie laccate di un bordeaux intenso, si intravedono attraverso le calze color carne che indossa. Si ricorda di essere ancora senza mutande, avendole rimosse in aereo. Dopo diversi minuti che Paola parla, si è ormai assorta in contemplazione di quei piedi, aveva un istinto di volerli accarezzare, si è assentata dalla discussione al punto che Paola non avendo risposta ad una sua domanda chiede: «Ti senti bene? Ti vedo assente, a cosa stai pensando?» Subito si riprese dicendo: «Si sto bene, sai la giornata è stata particolarmente faticosa, sto recuperando un po' di energia.» Mentre è ancora lì a fissarle i piedi, l’altra si alza dal letto e inizia a preparare il necessario per fare una doccia per poi andare a cena, prende due asciugamani e posiziona nel mezzo la sua biancheria. Si reca nuovamente presso la valigia per prendere il piccolo beauty case con il necessario per il trucco. In quel momento nella mente di Annalisa si palesa l’opportunità di vederla nuda, con fare lesto riesce a sfilare, senza farsi accorgere, le mutandine da quel sandwich di asciugami e le nasconde ai piedi del letto di Paola, dove lei non può vederle. Questa entra in bagno per concedersi una doccia rilassante. Appena sentito il fruscio dell’acqua della doccia, avuta la contezza che l’amica stesse sotto la doccia, raccoglie le mutandine da terra se le porta al naso annusandole, odorano di detersivo, invece avrebbe voluto odorarle zuppe di umori e le posiziona a metà strada tra la porta del bagno e il letto di Paola. Si sdraia sul letto, mette le cuffiette simulando di ascoltare qualcosa e aspetta in trepida attesa l’uscita della sua preda. Terminata la doccia Paola si accorge che le sue mutandine non stanno tra la biancheria, è sicura di averle prese, ma deve cedere, la sua ricerca in bagno non ha portato al loro ritrovamento. Apre la porta ed esce con indosso solo il reggiseno, pochi passi fuori dal bagno e vede le sue mutandine a terra. Pensa che le siano cadute distrattamente mentre si recava in bagno. Ad Annalisa appare con il suo fisico dal ventre piatto e scolpito, con le sue gambe affusolate e con tutto il cespuglio in mezzo alle gambe. Vede a terra il capo di biancheria, e parlando da sola dice: «che sbadata mi sono cadute» e voltandosi di spalle si abbassa per prenderle, l’esposizione del culo è totale e anche la sua passera in quel movimento viene esposta alla visione di Annalisa. In quel momento avrebbe voluto saltarle addosso, ma ha timore della sua reazione, deve ancora lavorarla un pochettino e capire se è disposta ad accettare un suo approccio. Si allontana verso il bagno e poco dopo ne esce pronta per la cena, rimanendo in attesa che anche Annalisa si prepari. Questa eccitata da quanto appena visto, corre in bagno e si procura un lungo orgasmo, infilandosi le dite nel suo sesso, pensando all’immagine che le si era stagliata davanti. Mentre è in bagno un facchino bussa alla porta, quando Paola apre, questi le consegna un carrello con quattro bag porta abiti e due buste, sono gli abiti che Kristian aveva scelto per il Salone. Chiusa la porta non resiste e decide di non attendere che l’altra finisca le sue cose in bagno e apre quelle bag, all’interno di ognuna sono presenti una giacca blu scura con bordi del collo e dei polsi di colore rosso, i colori del logo dell’azienda, una gonna dello stesso colore con bordi rossi lungo i fianchi, davvero molto corta per i suoi gusti. Quello che non voleva accedesse è diventato realtà, avrebbe dovuto indossare per i prossimi giorni almeno nelle sette ore giornaliere del Salone, quell’indumento che tanto osteggiava. Molto infastidita di quella imposizione, continua ad aprire le buste che contengono quattro camice bianche velate di cotone, senza collo e con una fascia centrale in pizzo ai lati dell’abbottonatura che avrebbe fatto intravedere tutto, un paio di decolleté stiletto verniciate rosse con suole nere con tacco vertiginoso, ed infine un’ultima confezione che si sta apprestando ad aprire. Tira fuori un paio di calze autoreggenti color carne, dieci denari, praticamente trasparenti, con tallone e parte anteriore delle dita rinforzata di colore rosso, riga posteriore rossa e balza a sei fasce, tre nere e tre dorate alternate a spessore crescente verso l’alto. Mentre fa questa operazione, esce dal bagno Annalisa che vede questa scena erotica, Paola che incredula osserva quelle calze infilando il braccio all’interno per capirne l’effetto, le viene spontaneo fischiare, come avrebbe fatto un camionista, e dice: «cazzo che intimo che ti sei portata, un vero peccato, visto che poi non lo metti in mostra», l’altra in mente pensa che porco Kristian, chi l’avrebbe mai detto che dietro quell’aura silenziosa si nascondeva un uomo alquanto perverso. Mentre Annalisa si avvicina, Paola dice: «No non è il mio, questo è quello che Kristian ha scelto di farci indossare», le fa vedere l’abbigliamento e insieme finiscono di scartare il restante: un reggicalze rosso con bordini neri e un reggiseno push up sportivo in pizzo ed elastam senza ferretto colore nudo, che avrebbe cinto e imbrigliato tutto il busto nella parte superiore. Un bigliettino accompagna il tutto, sul quale è scritto “per le mutandine non conoscendo i vostri gusti, vi lascio la libera scelta”. Annalisa esclama: «bravo il porco, decisamente bei gusti», rivolgendosi verso l’amica aggiunge: «l’avrà scelto lui personalmente o avrà delegato quell’antipatica della segreteria? Sai quante seghe si starà facendo su di noi ora che può immaginarci mentre proviamo tutto l’abbigliamento.» Paola non vuole pensare ai quei pensieri osceni, distoglie il discorso, è spaventata di dover andar vestita così per quattro giorni, dice all’amica: «sbrigati.» Poco dopo escono per la cena, hanno trovato sul tavolo della stanza alcuni flyer di pub e ristoranti, scelgono uno a caso: il Town Hall Tavern in Tib Lane, dista circa un chilometro. Decidono di fare due passi e seguendo la mappa riportata sul retro del flyer percorrono Fairfield Street, poi imboccano Chorlton street, una strada costeggiata per lo più da edifici non molto alti, tutti in mattoni rossi, colore predominante. Attraversano un piccolo ponte che sormonta un canale, alla fine della strada vedono edifici più nuovi, con pareti a vetro e decisamente più alti. Imboccano quindi Charlotte Street, parlando dell’architettura della città che mostra il suo carattere industriale, pochi passi ancora e a dieci minuti dalla loro partenza, si trovano in Tib Lane difronte al pub prescelto. Questo è ubicato nell’unico palazzo, diverso da tutti gli altri che lo circondano, ha tre piani e presenta una facciata bianca. Il solo piano terra, dove c’e l’ingresso del pub, ha la facciata di colore grigio scuro. Un’ampia finestra ad arco è posta al centro di due porte, fa intravedere l’interno del locale. Delle piante floreali sono appese al di sopra della finestra e delle porte. Annalisa dice: «entriamo è carino e vedo pure tanta gente.» Aperta la porta del pub si intravede un lungo bancone con una fila interminabile di erogatori di bevande, ognuno dei quali ha il marchio della relativa bevanda, tranne uno per la Coca Cola, i restanti sono tutti per le birre, ne sono almeno una quindicina e molte marche le sono sconosciute. La cameriera, una ragazza di non più di venti anni con il volto marcato dagli efelidi, le fa salire al primo piano, un ambiente meno rumoroso di quello di ingresso, dove sono presenti diversi tavoli. Si accomodano all’unico tavolo a due posti, vicino alla vetrata della finestra, a differenza degli altri dove ci sono le sedie, questo a cui sono sedute ha le poltroncine. Ordinano due bistecche e un tagliere con tranci di torta di pollo, porri e prosciutto e prendono due pinte di birra. Il servizio ai tavoli è veloce e in pochi minuti arrivano a tavola, le bistecche e il tagliere, quest’ultimo ha una preparazione scenografica: i tranci di torta sono distesi su una coreografia di insalata e pomodori, il tutto racchiuso da una serie di ciotole contenenti creme di ogni tipo. Le assaggiano tutte, alcune mostarde sono davvero piccanti e aumentano la sete. Terminata la prima pinta ne ordinano un’altra, complice l’atmosfera e la voglia di continuare a parlare, restano nel locale per più di due ore. Ordinano per finire un’altra mezza pinta, per festeggiare la serata e la loro amicizia. Paola inoltre pensa così di allontanare la vergogna di quell’abbigliamento che domani dovrà indossare. Le confidenze riempiono i discorsi della serata, fanno battute sugli avventori del pub e si lanciano in apprezzamenti per Mark, l’operaio che le ha assistite. Dopo aver scolato l’ultimo bicchiere decidono di rientrare in albergo prendendo un taxi. Appena nella stanza si mettono comode e ognuna si stende sul suo letto, Annalisa è rimasta solo con uno slippino nero striminzito, ha manomesso la temperatura del climatizzatore della stanza portandola a 27 gradi, che complice anche la moquette avrebbe fatto poi sembrare quella stanza ben presto una fornace. Con questa trovata spera di far togliere il pigiama a gambe e maniche lunghe di caldo cotone che indossa l’altra. Si è stesa supina sul suo letto, la luce dell’abat jour posto sul suo comodino ne illumina a pieno la parte superiore del corpo. I riflessi di luce si specchiano sulle palline metalliche poste ai lati dei due piercing che ha ai seni, ciascuna pallina ha un brillantino color verde smeraldo, che fa pendant con il colore dei suoi occhi. Passano pochi minuti e Paola inizia a sentire molto caldo, pensa sia l’effetto delle birre bevute, non resiste a quelle ondate di calore, il corpo è madido di sudore, si sfila la maglia esibendo un reggiseno turchese. Guarda incuriosita i seni dell’amica, pensa al dolore che possono aver fatto quelle infilzature nella carne, si chiede se contribuiscono a farglieli avere così turgidi e irti. Complice i fumi dell’alcool rompe il ghiaccio e inizia a porre una serie di domande: «posso vederli da vicino? Posso toccarli? Ti faccio male se lì muovo?» La risposta non si fece attendere: «Certo sono qui per soddisfare le tue curiosità.» Allunga la mano e con il braccio sfiora ripetutamente i capezzoli, quei tocchi delicati sono vere scosse di piacere per Annalisa, ma anche per lei, che inspiegabilmente inizia ad avere dei fremiti di piacere. Non capisce, fino a quel momento non aveva mai manifestato tendenze omosessuali, ma quella ragazza sta scatenando in lei un’eccitazione che non aveva mai provato neanche con il marito. Perdendo ogni inibizione si sfila anche il pantalone del pigiama, mostrando la culotte coordinata al suo reggiseno. Lungo tutto il corpo scorrono gocce di sudore, che le rendono brillante il colore della pelle. Annalisa non affonda ancora il colpo, sente che la sta facendo capitolare, vuole condurla a farle fare il primo passo. Visto l’interesse che stanno suscitando quei due pezzetti di titanio ai capezzoli, le confessa: «ne ho ancora un altro, vuoi vederlo?» Paola che l’ha scrutata per bene non riesce ad individuarlo, allora incuriosita dice: «sono curiosa di vedere dove c’è l’hai.» Si infila le mani tra il pube e le mutandine, sollevandosi lentamente fa scorrere via quel lembo di stoffa e mostra una passera ben curata, quasi del tutto depilata, si intravede solo una strisciolina di peli pubici rasati che per un tratto di cinque o sei centimetri dividono il basso ventre in due parti uguali, la riga si ferma in corrispondenza di un piercing che sormonta il suo monte di venere. Anche questo è in titanio con una pietra rossa incastonata sull’estremità, mentre Paola si sta chiedendo come si mantenga quell’aggeggio, dischiude leggermente le gambe facendo intravedere l’altra estremità che le trapassa il clitoride, anche questa con una pietra rossa incastonata all’interno. Lo stupore di Paola è maggiore di quello provato dopo la visione della punizione inflitta ai seni, dice: «sei tutta matta, ma perché ti torturi tutti i punti sensibili?» e lei: «Nessuna tortura, un po’ di dolore quando lo fai, ma passato quello si prova solo piacere e una stimolazione costante». Con l’avidità di sapere quante più cose su quest’aspetto della sessualità, fa cadere l’ultimo tabù e chiede: «posso vederlo da vicino?» Dei fremiti di piacere la invadono sempre di più, mentre il suo volto si avvicina al pube, con un colpo di reni Annalisa si inarca portando la sua passera all’altezza delle sue labbra, l’odore dei suoi umori penetrarono nel suo naso, una fragranza agrodolce che fa aumentare i battiti cardiaci, ormai è presa dalla situazione. Le divarica le grandi labbra e inizia con le dita a passare sopra l’oggetto metallico, ha paura di farle male, ma ci gioca ugualmente facendolo roteare e muovendolo verso l’alto e poi verso il basso, facendo scorrere la barretta metallica che congiunge le due estremità nella carne. Il clitoride estremamente sensibile si gonfia tanto da sembrare un piccolo pene tra le gambe, le piccole e le grandi labbra sono pervase dagli umori, sta per raggiungere l’orgasmo. Appoggia le sue mani alla nuca dell’amica e spinge le sue labbra sulla vagina dischiusa, è eccitatissima e le chiede: «fammi godere». Paola rimane immobile appoggiata con la bocca sul suo sesso, seppur qualcosa la spinge ad andare oltre, non riesce a fare niente, l’altra visto l’impasse inizia a muovere il bacino sfregandosi sulle sue labbra e le dice: «leccami e spingi la tua lingua più dentro che puoi», a quell’ordine dischiude la bocca e timidamente la sua lingua inizia a farsi strada. Si accorge che il sapore di quegli umori è ben differente dal cazzo del marito, di cui ne ricordava ancora il sapore che non gradiva. Questo gusto invece le piace, esplora con la lingua l’interno delle piccole labbra, carezza quella cavità in ogni sua superficie, continua fino ad essere certa di aver ripassato qualsiasi punto accessibile di quella prelibatezza. Quindi dedica la sua attenzione al piercing, inizia a risucchiarlo in bocca e lo muove con lingua, nel fare questo gioco la sua lingua spennella il clitoride ormai prossimo all’esplosione, con velocità sempre più incalzante, portando all’estasi Annalisa. Questa inizia a dimenarsi e contorcersi con le gambe ed il busto, esclama: «Si fammi godere! Continua così non fermarti, sto godendo», appena la lingua la penetra esplode in un orgasmo deflagrante, che la fa scuotere come un’indemoniata nel suo letto. Paola non ha mai goduto così in vita sua, ne è quasi spaventata, ha visto il lato animalesco della sua collega, quasi se ne vergogna. Ripresasi dalle contrazioni del suo ventre e con un respiro ancora ansimante, prende Paola per i polsi e la fa sdraiare al suo fianco. Inizia a carezzarle le gambe, le toglie il reggiseno e le monta sul bacino, calandosi sul petto e avidamente si attacca ai sui seni, carezzando con la lingua i capezzoli, dandole prima piacere e poi tormento con piccoli morsetti. La conformazione di quei capezzoli gonfi accompagnati da un’areola sollevata rispetto al resto del seno, li rendevano ancor più invitanti per quella pratica sadomasochista. Lo strano trattamento piace e eccita Paola, che non fa opposizione e si concede liberamente. Con le mani inizia a esplorare tra le gambe e ne accarezza a lungo il suo manto di peli pubici, li accarezza stendendoli tra le dite, come fossero un pettine per saggiarne la lunghezza, poi la penetra con le dita, infila il medio e l’anulare posizionandoli a novanta gradi rispetto al palmo della mano e con un movimento incalzante entra e esce dalla sua cavità. Le dita all’interno carezzano premendo e rilasciando i muscoli superiori interni alla vagina, con le dita dell’altra mano le masturba il clitoride e la parte appena sotto l’uretra. Sente come uno stimolo di fare pipì, ma anche il piacere giunge al suo culmine con un orgasmo, trema tutta è sempre più forte, ma non vuole sottrarsi da quella stimolazione che la sta facendo impazzire, nel culmine dell’orgasmo non riesce più a trattenersi e squirta. Un getto inonda il busto e le braccia di Annalisa, che ride a quella visione, è compiaciuta di quanto le ha fatto provare e le dice: «per una che dice di essere bloccata sessualmente non sei affatto male, se ti sblocchi poi che fai?» L’altra risponde: «Non lo so, non ho mai raggiunto un piacere così», e la bacia. Ormai sfinite si addormentano l’una accanto all’altro.
Alle 7.00 la sveglia le catapulta alla realtà, devono far presto per essere pronte per il primo giorno del Salone, nessuna delle proferisce parola su quanto accaduto la sera precedente, per Annalisa è normale, spesso le capita di fare sesso senza importarsi dei legami, invece la testa di Paola è un vortice di pensieri, ha goduto come mai prima nella sua vita, ma lo ha fatto con una donna e lei fino a quel momento non ha mai pensato di avere un rapporto lesbico. Ha un gran senso di colpa, dovuto alla sua educazione, un tale tipo di rapporto non è tollerato dalla religione e dal cerchio delle sue amicizie. Pensa anche che ha avuto un rapporto sessuale senza essere prima innamorata del partner, un requisito che riteneva fondamentale nei suoi principi. Iniziano la vestizione secondo l’abbigliamento voluto da Kristian, la più giovane rompe il silenzio creatosi fino a quel momento, dice: «ci ha voluto sfidare imponendoci questo abbigliamento, ora mi prendo la libertà di non indossare le mutandine, l’unico capo per cui ci aveva dato libera scelta.» Paola sorridendo le risponde: «sei una pazza.» Pensa dobbiamo restare fuori per diverse ore, come farà. Annalisa la sfida: «sei in grado di fare questa follia?» Lei risponde: «no, già con questa gonna mi sento abbastanza nuda, non posso tollerare altro.» Appena pronte di corsa si portano al Salone, per essere puntuali alla sua apertura. Sono davvero stupende vestite in quel modo, Paola si sente gli occhi di tutti a dosso, non passano inosservate, sembrano due hostess.
Alle 09:00 in punto Kristian le videochiama per sapere se è tutto pronto, ma è evidente che vuole controllare se le due dipendenti indossano quanto richiesto, scrutato il suo monitor si compiace per la scelta dei capi di vestiario che la segretaria ha ordinato. Come un provetto registra Annalisa fa percorrere dal basso verso l’alto la telecamera del suo cellullare, mostrando le curve di Paola nelle sue tortuosità, fa una carrellata a partire dalla punta delle scarpe fino al volto, poi rivolge la telecamera verso di lei mostrandosi anch’essa in tenuta impeccabile. Paola stranamente non dice nulla, in merito a quella strana ripresa, anzi sente che l’altra donna è attratta da lei e questo non le dispiace, il suo pensiero è fisso su quella sfida lanciatele la mattina, non riesce a smettere di immaginare il sesso di Annalisa nudo sotto quella gonna. La giornata trascorre velocemente tra diversi colloqui con possibili clienti, ma al momento nessun contratto è stato ancora stipulato. Questa circostanza turba molto il direttore marketing, ma quello che più l’infastidisce è l’atteggiamento della compagna che sebbene intenta a dare spiegazioni dei loro prodotti, non perde occasione per farsi notare da Mark, l’operaio che le ha aiutate il giorno precedente. Non tollera il suo comportamento nei confronti di quel ragazzo, come poteva la piccoletta essersi scopata lei la sera prima ed ora essere in caccia di qualcos’altro. Verso le 13:00 il Salone va svuotandosi, per la pausa pranzo, e Annalisa approfitta per rilassarsi allontanandosi dallo stand, mentre si appresta a fare ciò Paola nota uno strano gesto di intesa tra lei e Mark, che ha ronzato attorno a quel box dal loro arrivo. Poco dopo non vedendola tornare indietro, decide di allontanarsi anch’essa dalla postazione, mettendosi alla sua ricerca. La cerca prima nei bagni e al bar del Salone, poi intravede un corridoio all’altezza degli uffici amministrativi. Incuriosita si dirige verso di esso, lo percorre per interno, in fondo a tutto alla fine di una serie di porte, vi è il deposito attrezzi degli operai. Ha una porta socchiusa e dell’interno si sentono flebili lamenti, si avvicina senza fare rumore e alla sua vista appare Mark che tiene le braccia di Annalisa bloccate dietro la schiena, lei con la gonna arrotolata lungo i fianchi è con la schiena inarcata e con il volto appoggiato alla parete. Mark la sta stantuffando violentemente nel culo, mentre con la mano libera gli tappa la bocca per non farla urlare dal piacere. Come un animale selvaggio, la ragazza cavalcava quel cazzo, assecondando l’avanzata del pene all’interno del suo orifizio, un movimento ipnotico. Paola, che in vita sua non aveva mai goduto provando la penetrazione anale, provava invidia ma anche rabbia, la giovane che la sera prima era stata a letto con lei, le aveva dato il piacere che da tempo non raggiungeva, voleva che fosse sua e che quelle sensazioni provate si fossero ripetute almeno per il resto del viaggio di lavoro. La vede raggiungere l’orgasmo e dopo essersi ripresa osserva con quale scioltezza si inginocchia ai piedi di quel fustone e accoglie nella sua bocca il cazzo durissimo, dalle dimensioni davvero ragguardevoli. Dopo alcuni colpi assestati bene, è tutto dentro alla sua cavità orale, evidentemente con la lingua lo sta lavorando bene, visto che questi si irrigidisce sempre più e non assecondava più il ritmo frenetico dato dalla sua testa. Per un attimo pensa a lei, che con il marito aveva di rado praticato il sesso orale e sempre prima che fosse penetrata, ora osservava la giovane donna, che non solo sta di gusto praticando quella fellatio ma addirittura dopo che quell’arnese del piacere le ha ripulito per bene il suo retto. Pensa che schifoso sapore debba avere. Mentre i suoi pensieri la inchiodano lì sulla soglia della porta, Mark viene completamente nella bocca, lei accoglie il suo sperma caldo e lo ingoia senza batter ciglio. Tutta questa scena eccita Paola, che bagna tutto lo slip. Il cuore le batte forte, un po' per la rabbia e un po' per l’eccitazione, una fitta la trapassa, quando Annalisa dopo aver ripulito per bene il pene del ragazzo, pulendosi con l’indice della mano destro lo spigolo delle labbra sporco da un rivolo di sperma, la guarda e le sorride facendole un occhiolino. Segno che se ne è accorta da tempo di essere spiata e di aver continuato ugualmente mostrandosi mentre era posseduta e dava piacere al ragazzo. Indignata Paola si allontana di corsa verso lo stand, rimasto vuoto ormai da più di una ventina di minuti. Cerca di rimettere in ordine le idee e portare importo qualche contratto per non deludere Kristian.
Pochi minuti e anche Annalisa ritorna alla postazione, il silenzio cade tra le due, si dedicano alla promozione dell’azienda, l’una appagata dal piacere ricevuto e l’altra con la mente in subbuglio di pensieri contrastanti. La prima giornata volge al termine con zero contratti stipulati, la sera comunicano a Kristian questo risultato alquanto deludente, Paola si appresta a dare le giustificazioni del caso riferendo: «abbiamo un paio di contatti interessati alla nostra produzione, spero di convincerli nei prossimi giorni.» La serata in hotel passa con totale distacco tra le due, Paola sente di essere stata usata dalla puttanella, che ha soddisfatto le sue voglie e le sue curiosità, ed ora l’ha abbandonata, ma nonostante ciò prova qualcosa di forte per quel piacere che la sera prima ha ricevuto, desidera riprovarlo, ma l’orgoglio le impedisce di stemperare l’attrito creatosi. I restanti giorni, sono caratterizzati da alcune litigate. La più violenta, si ha quando Paola decide di umiliare in modo subdolo la sua collega, mentre questa è intenta a delucidare un gruppo di investitori spagnoli, composto per lo più da uomini di età superiore ai 60 anni, lei si avvicina e le fa cadere di proposito un bicchiere di acqua gelata sul petto. L’acqua case su Annalisa, che ha la giacca sbottonata, bagnando tutta la camicia e il reggiseno, creando il classico effetto maglietta bagnata. Il freddo contribuisce a rendere istantaneamente ancor più turgidi i capezzoli, è vestita, ma è come se fosse nuda, con i seni e i piercing decisamente visibili. Al gruppetto di spagnoli è ben visibile l’area delineata della sua aureola e il verde smeraldo delle pietre dei suoi piercing, nessuno di essi distoglie lo sguardo da quella visione. Annalisa cerca di asciugarsi, arrabbiata impreca contro la collega: «che stronza che sei, spero che non l’hai fatto apposta. In caso contrario sei una disadattata, stai facendo fallire miseramente la nostra trasferta per una scopata. Mica ci siamo fidanzate» e si dirige verso i bagni per utilizzare gli asciugatori delle mani per eliminare l’inconveniente. Al suo ritorno è una serie di insulti tra le due, che non giungono alle mani giusto per la presenza della moltitudine di persone presenti nel Salone. Al termine delle giornate espositive, vista la poca collaborazione e lo scarso impegno profuso riescono a portare a casa solo cinque contratti di modestissime entità. Per tutto il viaggio di ritorno non si rivolgono parola, sia per le continue litigate e sia per il pensiero di come avrebbe preso Kristian questo fallimento della loro spedizione.
Il lunedì successivo al loro rientro sono convocate da Kristian, si aspettano una ramanzina ma non immaginano che la loro vita da lì a poco avrebbe preso tutta un’altra piega. Giungono separatamente all’appuntamento e come prassi la segretaria le fa attendere in sala d’attesa, questa volta subito vengono ricevute. Entrate nell’ufficio di Kristian, restano all’impiedi davanti la sua scrivania, questo inizia a fissarle con uno sguardo di disprezzo, le dice: «ho riposto tante aspettative in questo Salone e invece voi lo avete reso un fallimento totale, i contratti stipulati a stento coprono le spese profuse per la partecipazione dell’azienda all’evento.» Le rinfaccia: «il comportamento che avete avuto è stato disastroso, se l’avreste voluto fare apposta a sabotare questo viaggio di lavoro non ci sareste riuscite.» Mentre pronunciava questa parole il tono di voce si è alzato, in una maniera che non è nel suo stile, lo ha sentito anche la segreteria dalla sua postazione. La sua reprimenda è indirizzata soprattutto nei confronti del direttore marketing essendo la responsabile della spedizione ed essendo più grande e matura dell’altra. Quando termina le sue accuse, prende due lettere dal suo cassetto e le pone sulla scrivania, ciascuna rispettivamente all’altezza delle due donne. Poi dice: «penso che sia chiaro che all’interno vi sono le vostre dimissioni, che adesso firmate senza fiatare. Non posso tenermi in azienda persone poco affidabili come voi.» Annalisa sta quasi per firmare senza batter ciglio, sa bene vista la giovane età ed il talento che avrebbe sicuramente trovato subito un altro impiego. Paola invece ha molto da perdere, è in una fascia di età dove è più difficile trovare un nuovo impiego e soprattutto con la sua paga attuale, è single, ha un mutuo sulle spalle e le rate della macchina da pagare. Scoppia in un fragoroso pianto, e con voce tremante ma con tono formale dice: «non mi chieda di fare questo, la supplico non ci licenzi, se mi dà un’altra possibilità cercherò di rimediare a questo increscioso risultato», e si incolpa dell’insuccesso spiegando seppur intrisa di vergogna i reali motivi di quel disastro e del comportamento che ne è seguito tra le due. Quelle parole fanno aumentare la rabbia di Kristian, ma allo stesso tempo lo eccitano molto, si immagina le scene di sesso che le due si erano godute in Inghilterra. Pensa di poter trarre qualche vantaggio da questa situazione, con fare machiavellico dice: «a causa di questo insuccesso, molto al di sotto dei target attesi, devo per forza di cose ridimensionare l’azienda. I debiti a cui mi sono esposto devono essere in qualche settimana estinti, pena tassi d’interessa altissimi. Per questo motivo oltre al vostro licenziamento, dovrò sfoltire anche parte del personale dell’azienda.» La donna si prostra ai suoi piedi e lo implora: «sono stata una stupida a farmi trasportare dai miei istinti primordiali, sono disposta a cercare di porre rimedio in qualsiasi modo, ma non licenzi nessuno, non sopporterei anche questo peso sulle mie spalle.» A queste parole a Kristian ha un’idea e dice: «vediamo fino a che punto sei disposta ad arrivare. Vuoi diventare la mia schiava?» Che domanda bizzarra pensa Paola, cosa vorrà intende con sua schiava. Lavorare per lui gratis? Fare qualche lavoro sporco per lui o per l’azienda? Oppure intende schiava sessuale. Mi vorrà scopare? Pretenderà anche dell’altro? Mentre nella sua mente tutti questi pensieri la confondono e sta cercando di organizzare una risposta, la domanda le viene ripetuta. Il pensiero del licenziamento suo e di parte dei dipendenti le si palesa davanti e senza batter ciglio risponde: «se mi garantisce che ripagato il suo debito potrò riavere la mia libertà accetto, ma prima vorrei sapere a cosa dovrò andare incontro.» Kristian con un ghigno beffardo di chi sa di avere una preda in trappola dice: «Ti voglio tranquillizzare non ti chiederò nessuna cosa illegale, ma visto che sei stata la colpevole del fallimento, dovrai essere per un determinato periodo, che valuterò in base alle tue prestazioni, la mia schiava per soddisfare i miei bisogni.» Paola ancora non capiva che tipo di bisogni, mentre le parole di Kristian continuavano a farsi strada nella sua mente: «Nell’orario di lavoro continuerai a venire in ufficio, ti decurterò due settimane di stipendio lavorando gratis per ripagarti le spese di viaggio e albergo di Manchester. Poi dovrai diminuire la tua vita sociale, ti saranno concesse poche uscite che diventeranno sempre meno, giustificherai questo comportamento con impegni di lavoro sempre crescenti. Al di fuori dell’orario di lavoro dovrò assumere il tuo controllo.» Man mano si configura il suo futuro prossimo, lo spavento e la tensione per come sarebbe diventata la sua vita la bloccano, ma il suo lato oscuro, lo stesso emerso la prima notte a Manchester, fino ad allora mai emerso inizia a rilevarsi, l’idea di essere controllata dal suo datore di lavoro, un bell’uomo, la eccita. La curiosità che l’aveva spinta a quel rapporto lesbico con Annalisa adesso le sta facendo cadere le barriere e la sta spingendo quasi con piacere ad accettare, per vedere fino a dove si sarebbe potuta spingere. Kristian continua: «penso che ti sia chiaro che tipo di schiava intendo, una donna sottomessa a ogni mio volere. Seguirai un percorso di redenzione e punizione per l’insuccesso riportato, il cui non superamento sancirà il tuo licenziamento. Pertanto se non vorrai perdere il tuo posto di lavoro e non vorrai farlo perdere ad altri dovrai impegnarti. Dimenticavo in questo percorso sono previste anche delle punizioni corporali, ma che non lasceranno segni visibili. Non posso aggiungere altro.» A queste parole raggela, le punizioni corporali la fanno sudare freddo, è incredula che si stesse rivolgendo a lei in quella maniera, finché si fosse limitato al solo controllo della sua libertà e a qualche scopata la situazione era accettabile, ma le punizioni corporali la spaventavano a morte. Messa comunque alle strette decide di accettare, non può immaginare l’inferno in cui l’avrebbe condotto quel sì. Kristian le fa firmare un contratto per questo nuovo tipo rapporto lavorativo e la congeda. Appena questa è uscita dalla porta, si rivolge ad Annalisa che è ancora lì ferma nella stanza ed ha assistito a tutta la scena incredula e intimorita della sua sorte. Kristian le dice: «la tua collega ha confessato le sue colpe, ma anche tu non sei stata da meno, da quanto raccontato comunque è palese che sei stata la parte lesa di questa vicenda e ti propongo di restare e metterti a disposizione per il percorso di punizione della mia schiava, nessuna remora dovrai avere nei suoi riguardi, dovrai eseguire le mie disposizioni senza farti coinvolgere emotivamente, dovrai imparare ad essere algida e spietata.» Ha un attimo di esitazione, ma poi acconsente, in questo modo potrà scoprire le perversioni che ha in mente il suo capo, visto che è attratta dal mondo della dominazione, ma fino ad allora non ha mai trovato un compagno di giochi che avesse assecondato questa sua attrazione. Le impartisce le disposizioni e le fissa l’appuntamento per le 21.00 in un casolare un po’ fuori il centro abitato. Le dice: «arriva puntuale,» le consegna una chiave del casolare e continua: «troverai una busta con le istruzioni sul tavolo del grande soggiorno posto all’ingresso del fabbricato.» Impartite le disposizioni le fa cenno che può andar via. Paola è già nel suo ufficio, sconvolta e umiliata a quanto ha acconsentito poco prima, ma la paura di non poter più mantenere il suo tenore di vita è più forte della sua umiliazione, come anche una certa eccitazione per quanto sta per accaderle. Alle 17.00 poco prima che sta per andare via dal suo ufficio a fine giornata, la segretaria le consegna una busta, all’interno ci sono impartiti i primi comandi per lei.
Poche righe fredde: “passerò a prenderti alle 22.00 indossa l’uniforme del Salone”. Se a Manchester nessuno la conosceva e aveva a malincuore accettato di indossarla, lì a casa sua non avrebbe mai voluto che le fosse stato chiesto, sa che l’avrebbero vista uscire dal suo condominio e sicuramente avrebbe incontrato qualche suo conoscente. Lei non indossava mai abiti succinti, cosa avrebbero pensato di lei. Si sente profondamente violata.
Alle 20:50 con leggero anticipo Annalisa si porta presso il casolare, una lunga strada provinciale affiancata da cipressi ai lati si inerpica su una collina appena fuori città, i lampioni gialli e la leggera nebbiolina calata rende l’atmosfera molto intrigante. Il traffico è scarso e di rado incrocia qualche auto diretta in città. Al chilometro 8,4 come indicato da Kristian, vi è un viottolo a sinistra, lo imbocca e dopo una serie di curve, le appare il casale. Una meraviglia, in pietra chiara, ha tre piani, scudi color lavanda alle finestre, non sono presenti balconi. Si vede a piano terra un patio con due lati chiusi, con tetto in legno e pilastri in pietra, illuminato da una calda luce giallastra. È arredato con divani e tavolo centrale. Il fabbricato non visibile dalla strada fa capire lo status del suo capo. Pensa a quanto può essere valutata una struttura del genere, e di come questa avesse potuto tranquillamente ripagare gli investimenti andati a male. Le appare davanti agli occhi la scena dell’umiliazione subita da Paola, ma invece di provare pena le dà soddisfazione. Le vuole far scontare il comportamento che ha tenuto, dopo che l’ha sorpresa con Mark. Non tollera che si è allontanata e ha creato tensione, perdendosi le restanti serate di piacere con lei. Ripensa alla scena di lei che la osserva mentre prendeva in bocca il cazzo di Mark, e alla scena finale, quando gustandosi i residui di sperma con il dito le ha fatto l’occhiolino in segno di invito a quel banchetto. Sperava che invece di scappare sarebbe entrata anche lei e si sarebbe unita in un fantastico threesome. Parcheggia l’auto nel retro del casale, e si appresta ad entrare, nota che la parete laterale del patio e anche il tetto è ricoperta di glicine già in fiore, rispetto ai tempi di fioritura normale, il loro odore inebriante pervadeva l’ambiente.
Apre la porta d’ingresso, la luce calda del patio invade parte dell’ambiente rendendolo visibile seppur con luce fioca, trova agilmente l’interruttore della luce e l’accende, la stanza si illumina di una tonalità violacea e si mostra in tutta la sua ampiezza. Lo stile non è proprio quello che ci si aspetta da queste parti, un'atmosfera elegante, raffinata, un po' francese, ma con la sobrietà tipica del nord Europa. Le travi di legno del soffitto sono state trattate per avere un aspetto sbiancato e per l’intera lunghezza della stanza, ad occhio una quindicina di metri, scorrono due travi perpendicolari sostenute da quattro pilastrini in legno, due per trave. Lungo queste si intravedono uncini e anelli di ferro. I materiali dell’arredo sono naturali: i tessuti di lino, le piastrelle di gres con effetto anticato, gli arredi in legno sbiancato. Semplicità ed eleganza. Nella parete di fronte un ampio camino e al centro della stanza, disposti in forma rettangolare un divano e quattro poltrone con al centro un tavolo basso in legno. Spostato sul lato delle finestre è presente un tavolo circolare con una grossa lampada al centro. Sopra di esso Annalisa vede una busta rossa, si chiude la porta di ingresso alle spalle e si reca verso di essa, evidentemente Kristian sarà passato prima del suo arrivo per lasciarle le istruzioni. Apre la busta e inizia a leggerle. La prima istruzione: “spogliati, sali al primo piano e apri la porta della seconda stanza, li riporrai i tuoi vestiti e indosserai quello che è preparato sul letto”, esegue senza alcun tentennamento, con le sole scarpe ai piedi sale di corsa e entra nella stanza indicata. Deposita i vestiti in un armadio che già è aperto e vede che sul letto c’è una tuta in latex nera, ha una cerniera che parte dal collo e termina all’altezza del pube, la infila è attillatissima ancor di più di quelle che usa in azienda, ciò mette in risalto le sue forme e le sporgenze dei suoi capezzoli e dei piercing, anche il solco della sua figa è messo ben in evidenza. La tuta è a collo altro e rimane scoperta solo la testa, le mani e i piedi. Vicinino alla tuta c’è uno scatolo di scarpe, lo apre, al suo interno c’è un paio di sandali rossi, con tacco alto. Sono un modello a schiava, con lacci lunghissimi rossi che intreccia attorno alle gambe fino all’altezza del ginocchio. Ha terminato la vestizione, continua a leggere. La seconda istruzione è: “Accendi il camino nella sala d’ingresso”, esegue e continua la lettura delle istruzioni, la terza: “Sali al secondo piano, nella prima stanza, troverai una piccola regia, fino a quando non ti metterò alla prova, rimarrai lì dove hai accesso alle telecamere della casa, potrai osservare lo spettacolo se vorrai.” Si porta dove indicato e trova una postazione con diversi schermi e una console per abilitare e spostare delle telecamere, si accorge che anche il percorso da lei fatto da quando è entrata in quella casa è stato inquadrato. Si chiede se Kristian ha la possibilità da remoto di osservare e pensa che in tal caso si è goduto il suo streaptease e la conseguente vestizione.
Alle 21:50 Kristian a bordo della sua Tiguan color silk blue metallizzato è già arrivato a casa di Paola, le invia un messaggio Whatsapp: “Scendi”, la suoneria dello smartphone di quest’ultima rimbomba nella stanza da letto, dove sta ancora finendo di prepararsi. Si presenta un nodo alla gola, che le impedisce di deglutire, si è irrigidita un attacco di panico la sta bloccando i movimenti che diventano sempre più lenti. Legge il messaggio, sa che l’eventuale ritardo rispetto all’orario imposto da Kristian potrebbe costarle una punizione. Si fa forza e finisce di indossare il completo che aveva nei giorni del Salone a Manchester. Chiude la porta e scende cercando di fare meno rumore possibile per evitare sguardi indiscreti. Esce dal palazzo, incrocia la signora del piano superiore che rientra con il cane, l’incontro più indesiderato che potesse fare. La saluta, ma questa la squadra da capo a piedi e la segue con lo sguardo fino al suo ingresso nell’auto di Kristian. Sicuramente tra qualche minuto, chissà quante persone avrebbero saputo di quell’uscita serale e dell’abbigliamento indossato. Kristian la saluta: «Buonasera, sei davvero bella. Sei pronta a tutto? Te la senti? Sei ancora in tempo per rifiutare.» Ci pensa un attimo, sa bene che il suo rifiuto le sarebbe costato il licenziamento, e dice: «pronta.» L’auto si muove in direzione delle colline fuori città, i primi minuti sono silenziosi, se non per la radio in sottofondo, man mano che l’auto si allontana dal centro Paola pensa a dove la starà portando. Prendono la strada provinciale e le persone e le auto incrociate diventano sempre meno frequenti, la nebbiolina che aveva incontrato poco prima Annalisa sta diventando più fitta e rende l’atmosfera più angosciosa. Kristian rompe quel silenzio: «Da questo momento è iniziato il tuo percorso, per scontare la pena del tuo fallimento. In tutto questo periodo non ti sarà consentito di chiamarmi per nome, sarò per te il tuo padrone, come tu per me non sarai più Paola, ma la mia troia.» Sentirsi chiamare in questo modo la sconvolge, lei una donna coi principi così morigerati non avrebbe mai pensato di essere apostrofata in quel modo. Ma dopo un primo momento di disgusto e sconvolgimento per quell’appellativo, lo stesso piacere che l’aveva assillata la prima sera a Manchester pian piano si impadronisce della sua mente. Qualche secondo di silenzio e organizza la sua risposta: «va bene padrone sarò la tua troia, sconterò la pena per averti deluso». Mentre sta finendo di parlare si trovano al cancello del casale, quella conversazione l’ha distratta, non è più riuscita a seguire la strada che stavano facendo, si chiede come si ritrovano in questa stradina isolata se fino a qualche minuto prima erano sulla strada provinciale. Kristian la fa scendere nel lato anteriore del fabbricato, non vuole che veda l’auto di Annalisa nel retro. Parcheggia l’auto e ritorna da lei in attesa davanti al patio, la trova tremolante, l’umidità, la temperatura alquanto rigida per il periodo e l’attesa lì da sola hanno contribuito a questo suo stato. Kristian la prende per mano e si portano alla porta d’ingresso, prende la chiave dalla tasca e apre la porta. Ai loro occhi appare la stanza illuminata dal fuoco del camino già acceso e dalla luce esterna del patio, Kristian entrando dice: «Aspetta qui, non ti muovere fino a quando non ti darò l’ordine» e lascia la porta aperta, lei cerca di assorbire il calore che fuoriesce dalla casa, ma il freddo è più forte e continua a tremare. Annalisa nella sua stanza si accorge del loro arrivo e inizia ad osservarli, si porta alla console e fa una zoomata su Paola, la vede tremare, le labbra vibrano dal freddo, si eccita vedendola soffrire. Kristian prende da un mobile una bottiglia di whisky Ardbeg e si versa un bicchiere, appoggia la bottiglia sul tavolino basso al centro della stanza, e si siede sulla poltrona spalle alla porta. Nella stanza parte della musica blues in sottofondo, non ha nessuna fretta, ha intenzione di portare avanti questa prima serata per le lunghe. Dopo alcuni brani, le ordina: «togliti il giacchino, ripiegalo e mettilo nella cesta di vimini accanto alla porta», lei obbedisce pensa che così poi l’avrebbe fatta entrare in casa e godere del tepore di quell’ambiente. Invece non è così, ritorna il silenzio, solo la musica continua, almeno altri due o tre brani riempiono l’ambiente. Quel tempo per Paola sembra un’eternità, il freddo la sta paralizzando, le labbra hanno preso un leggero colorito violaceo, e all’improvviso subentra anche uno stimolo alla vescica. Non osa proferire parola, si impone di resistere, teme la reazione del padrone. Sono in realtà trascorsi meno di dieci minuti, quando Kristian si gira verso di lei e le ordina: «adesso fai uno streeptease per me, molto ma molto lentamente rimani solo con l’intimo e le calze.» Sapeva che le richieste di Kristian sarebbero state anche di tipo sessuale e non sarebbero state solo punizioni corporali, ma così brutalmente subito la richiesta di spogliarsi è improvvisa per lei. Si gira intorno accertandosi che non vi fosse nessuno nelle vicinanze, non si vedeva la stradina e non si vedevano fabbricati vicino, così lentamente come richiesto inizia a sbottonarsi la giacca e la sfila, Kristian le dice: «stai andando troppo veloce, ho chiesto uno streep, quindi mettici sensualità, muovi un po’ quei fianchi mentre ti spogli, non rimanere ferma come un palo.» Lei risponde: «va bene padrone» e con movimenti lenti e sinuosi si cala la gonna fino a farla scivolare a terra, alza la prima gambe portandola fuori da essa, poi alza l’altra e si abbassa per prenderla. Si sbottona la camicia e la leva. Ripiega il tutto e lo ripone insieme al giacchino. Le braccia, il ventre e parte delle cosce sono a contatto con l’umidità che le penetra nelle ossa, ha una piloerezione, volgarmente la pelle d’oca. I rilievi cutanei sono evidenti e il suo tremore aumenta, vorrebbe piangere e chiedere di farla entrare, anche lo stimolo della pipì aumenta, ma sa che deve resistere. Questa volta l’attesa di un nuovo comando è più rapida, finito il suo whisky Kristian dice: «bene adesso via slip, reggiseno e reggicalze, rimani sono con le scarpe e le calze.» Lei obbedisce sperando di fare al più presto, intuisce che al termine di quella svestizione le sarà concesso di entrare in casa, si sgancia subito il reggicalze, il padrone la redarguisce: «troia, allora non sei attenta, ho detto lentamente.» E riprende lentamente a spogliarsi, tornando ad ancheggiare leva prima il reggiseno e poi la mutandina. Annalisa che quel corpo lo conosce bene ne apprezza ogni suo particolare ricordando la sera in albergo. Kristian lo vede per la prima volta ne apprezza i seni, il particolare dell’aureola rigonfia e i capezzoli induritisi per il freddo, sono una visione eccitante ma disapprova la folta peluria pubica: «Cazzo ma non ti è mai saltato in mente che avresti potuto incontrare un uomo prima o poi? Non ti sei mai depilata la figa? Questo vuol dire avere poca cura di sé mia cara.» Lei mortificata da quel trattamento cerca di giustificarsi: «Ho sempre pensato che piacesse agli uomini», e lui con tono altezzoso: «zitta qualcuno ha chiesto una tua giustificazione». Lei quindi tace e resta immobile fuori la porta, Kristian si alza e le va incontro, lei pensa finalmente mi porterà dentro, invece a un paio di metri dalla porta le dice: «adesso via scarpe e calze», lei obbedisce questa volta ricorda la velocità e i movimenti da fare, rimane completamente nuda, i piedi sullo zerbino in cocco naturale, con setole ispide le provocano un leggero fastidio. Kristian ammira la sua bellezza, in fondo l’aveva sempre notata, anche se lei non aveva mai fatto nulla per metterla in mostra, tira dalla tasca del pantalone un collare nero di cuoio, con un anello metallico fissato al centro e glielo indossa dicendo: «benvenuta nel tuo inferno troia.» Una volta fissato, e posto il cerchio metallico nella parte frontale, infila l’indice dentro come fosse un gancio e la guida verso l’interno del salone. Finalmente il tepore attenua il senso di freddo che provava, le labbra riprendono il loro colore naturale rosaceo, la pelle torna lentamente alla sua configurazione naturale. Anche se i piedi a contatto con quelle piastrelle di gres non hanno il sollievo sperato. Le fa fare un giro per la stanza, la osserva comminare, poi la staglia contro il camino per darle una vampata di calore, la lascia per qualche minuto lì davanti e ne ammira le forme in controluce. Il calore vicino a quel fuoco è la sensazione opposta a quella che fino a pochi minuti prima aveva provato, ha l’effetto di rilassare la vescica, lo stimolo le è passato, la pelle è tornata a essere liscia come una pesca. Suda e alcune gocce le scorrono lungo la schiena rivolta verso quella fonte di calore, ha contezza di quanto possa essere perfido il suo padrone, prima l’ha fatta tremare dal freddo e adesso quasi la mette all’arrosto. La temperatura della sua pelle diventa sempre più calda, ha paura che possa scottarsi se rimane ancora del tempo in quella posizione. Questa volta la situazione evolve più velocemente, Kristian la riprende e la conduce fino ad una delle poltrone e la posiziona vicino ad uno dei due braccioli, poi si siede e inizia ad esplorare con la mano il suo corpo, le carezza i seni, da qualche pizzico ai capezzoli, ne saggia la durezza e la resistenza al tormento. La fa girare e ne ammira il culo, bello sodo, poi le sferra un ceffone che fa arrossare la parte colpita. Una fitta la fa inarcare, gli esce una lacrima, poi un calore si irraggia nella zona colpita diffondendosi per il corpo. La sensazione che sta provando è molto strana, nonostante sia stata umiliata e adesso ha anche subito una violenza fisica, si sente attratta da quell’uomo e dalla sottomissione in cui si trova. La fa rigirare e con il braccio appoggiato sulla poltrona infila la mano tra le sue gambe, le dice: «troia allarga un poco queste gambe e non irrigidirti, rimani rilassata.» Con le dita le accarezza la figa prima esternamente, si accorge che è umida, poi con il dorso del dito medio, inizia a farsi spazio tra le grandi labbra e sfrega l’interno della vagina. Questa azione inizia a farle provare piacere, si lascia uscire qualche mugolio di piacere, Kristian allora sfila la mano e le sferra un altro ceffone sul ventre dicendo: «troia, le schiave non possono godere senza il permesso del padrone, devi imparare a controllare i tuoi istinti.» Il dolore provato e forte e per alcuni istanti rimane piegata in due senza fiato. Quando si riprende vede armeggiare Kristian con una corda sottile, la sta passando in uno degli anelli di ferro posti alle travi, è appena più doppia dello spago utilizzato per chiudere i pacchi, si avvicina e le dice: «rimani immobile». Si mette alle sue spalle ed inizia a raccoglierle i capelli, fa due trecce. Ha fatto due cappi con le corde e lì ancora alla base delle trecce che tendono i capelli, poi ha intrecciato la fune con la massa di capelli, un bell’effetto alla vista. Annalisa ne apprezza la realizzazione zommando con le sue telecamere, la scena la sta eccitando da morire, vorrebbe iniziare a masturbarsi, ma in qualsiasi momento potrebbe arrivare un ordine da Kristian e non può farsi trovare impreparata. Paola non è del tutto immobilizzata, quelle funi le consentono un raggio di azione limitato, si rende conto che un altro scatto del tipo di quello fatto dopo il colpo al basso ventre, le avrebbe provocato una tirata di capelli che le avrebbe sicuramente provocato molto dolore. Kristian si allontana dalla stanza lasciandola lì sola, ritorna con una bomboletta di panna spray, gliela spruzza sui seni che sembrano ora due torte e glieli lecca, assapora la panna, mentre lo fa con la lingua l’accarezza l’aureola e i capezzoli prima di uno e poi dell’altro seno. Della panna si scioglie colandole lungo l’addome, la ripulisce per bene. Quelle lingua le fa dapprima senso, ma a poco a poco apprezza quelle carezze che la inducono nuovamente a provare piacere, questa volte si morde le labbra, non vuole emettere alcun rumore con la bocca per paura di nuove percorse. Con il cazzo in erezione, Kristian si abbassa i pantaloni e allenta la corda che tende i capelli, per consentirle di inginocchiarsi. Lo pone davanti alle labbra, lei in ginocchio pensa che le ha sempre fatto schifo praticare il sesso orale, anche se con Annalisa se ne era ricreduta, immagina il disgusto che provava con il marito. Il glande di lui spinge sulle labbra che sono serrate, lui dice: «apri questa bocca, fammi godere.» Lei sembra non aver recepito quell’ordine, rimane immobile sulle ginocchia, atterrita da quello che si presenta davanti. Kristian si discosta apre un cassetto e tira fuori un divaricatore per la bocca in acciaio. Con una mano le chiude le narici per non farla respirare, per forza di cosa è costretta ad aprire la bocca per prendere ossigeno. Appena dischiude le labbra le infila nella bocca l’attrezzo, rilascia gli scatti laterali fino alla massima apertura. Il ferro preme sotto la dentatura spalancandole la bocca, come non ha mai fatto prima. Non riesce a parlare, prova a muoversi con la testa ma non riesce a farselo uscire dalla bocca quel divaricatore. Kristian riprende la bomboletta e le riempie la bocca di panna e prima che la possa cacciare le ficca il cazzo diritto nella bocca fin quasi alla sua gola. Ha quasi come un rigurgito, parte della panna le scende nell’esofago, parte le cola ai lati delle labbra. Le sta scopando la bocca per bene, la salivazione è tanta che ha impregnato tutto il cazzo nella sua bocca. Sarà il gusto della panna oppure che ha un sapore diverso da quello del marito, inizia a gustare quella penetrazione, con la lingua cerca di avvolgere carezzandolo quel cazzo che continua ad andare avanti ed indietro nella sua bocca, si ricorda che non deve provare piacere e fa quei movimenti cercando di distogliere il pensiero per non eccitarsi. Il ritmo è sempre più frenetico, poi sente dei fiotti caldi in gola, è Kristian che le è venuto in bocca, che è ora piena di sperma. Pensa che schifo vuole sputare, ma fino a che ha la pressione del bacino perdura e ha il cazzo dentro non può far nulla. Parte del liquido scorre nella sua gola, ma il grande è ancora sulla lingua e ai lati del cazzo. Kristian che le vuole far ingoiare tutto, sfila il cazzo contemporaneamente al divaricatore, chiudendole la bocca con forza e le dice: «dai troia ingoia tutto e poi ripuliscimi per bene», non ha scampo deve obbedire, si tura il naso e butta giù tutto con una smorfia di disgusto. Si riprende e poi come ordinato riprende il cazzo ancora sporco in bocca leccando i residui di sperma misti alla sua saliva, pensa di fargliela pagare questa umiliazione. Verso la fine della pulizia stringe leggermente gli incisivi e li striscia lungo tutta l’asta, passandoli anche sul prepuzio e sulla cappella, questo provoca un leggero bruciore a Kristian che reagisce dicendo: «troia che cosa fai? Ti ribelli, cosa pensi che sono scemo? E’ chiaro che lo hai fatto apposta.» Lei cerca di giustificarsi: «scusa padrone non volevo farti male, ho per un secondo rilassato i muscoli del volto.» E lui: «zitta non dire bugie, questa sera pensavo di terminarla così, ti volevo concedere una partenza tranquilla, invece ora mi costringi subito ad una punizione severa.» La fa accostare ad uno dei pilastrini nella stanza, tira la corda che mantiene i capelli fino a farle assumere una posizione innaturale con la testa, reclinata verso l’alto. Poi prende due cavigliere e due polsiere, gliele mette, ognuna ha un anello metallico applicato nel quale fa passare delle corde, questa volta molto più spesse di quelle con cui le ha immobilizzato la testa, le tende immobilizzandola. Ha le gambe divaricate e le braccia tese, il suo corpo è disposto a forma di croce di S. Andrea, i muscoli sono in tensione in una posizione scomoda che pian piano diventa dolorosa. Capisce che se fino a quel momento quelle punizioni erano state indolori, adesso le aspetta sicuramente qualcosa di doloroso. Dall’armadio dove sono state prese le corde, prende uno scudiscio da equitazione nero e si dirige verso Paola, che intravede quell’arnese e dice: «no sei pazzo, veramente hai intenzione di usarlo su di me? No ti prego.» Riceve uno schiaffo in pieno volto, la testa si muove dal suo blocco, i capelli sono tirati dalla morsa delle corde, il dolore è molto più forte del ceffone ricevuto, questa volta non riesce a trattenere le lacrime, che fanno sciogliere il mascara e le riga di nero le gote. Kristian le urla contro: «troia non ti è consentito parlare, è inutile implorare, sei consenziente, non ti ricordi il contratto firmato?» Prende una ball gag, la costringe ad aprire la bocca e gliela infila. La pallina è abbastanza grande da tenerle la bocca spalancata e le impedisce i movimenti della lingua, stringe bene i lacci dietro la nuca, in modo da non fargliela cacciare. La pallina blocca la deglutizione e la posizione a capo reclinato le rende difficile anche la respirazione. Assicuratosi che non possa sputarla, le dice: «così non parlerai più e non sentirò i tuoi lamenti», un fremito l’attraversa il corpo, è il contatto della linguetta del frustino con cui viene sfiorata. Ne disegna le curve, la percuote leggermente i capezzoli e la vagina. Ha paura ma nello stesso tempo prova anche piacere ad essere così oscenamente esposta e in balia del suo aguzzino. Mentre il piacere monta, le sferra una frustata sul culo, il corpo si scuote, ma non può far altro essendo bloccato, un impulso involontario cerca di farle chinare il capo, le funi che la tendono tirano i capelli con uno strattone e le riportano la testa in posizione. Una fiammata dal culo divampa su tutto il suo corpo, il dolore si trasforma in un calore piacevole. Le dice: «ho dimenticato, pensavo fossi a conoscenza della regola, devi contare le frustate. Posso interrogarti in qualsiasi momento e dovrai ripetermi il numero esatto di quelle ricevute, indicandolo con le dita o se riesci a parole. Se sbagli si ricomincia da capo.» E parte con un altro colpo assestato sulle cosce appena sotto i glutei, questa volta non la colpisce con la linguetta ma usa l’asta del frustino. Si diverte a colpirla in vari punti, dove sa che poi i vestiti le copriranno le ferite. La interroga per quattro volte, il conteggio è sempre esatto per sua fortuna, ma il suo corpo è diventato tutto rosso. Dopo trenta colpi ben assestati prende dall’armadio una canna di bambù sottile e flessibile e completa la punizione infliggendole dieci colpi sulle natiche, i segni lasciati sono ben più evidenti e dolorosi di quelli lasciati dal frustino. Le urla soffocate dalla ball gag e i tentativi di contorsione di quel corpo sono uno spettacolo l’eccitazione di Kristian è tanta, si porta verso il suo culo lo osserva, gli tocca il buco è strettissimo segno che nessuno mai vi è entrato, pensa che meriti un trattamento particolare. Le forze di Paola sono al limite, vorrebbe accasciarsi al suolo, le braccia non reggono più quella tensione, le urla strozzate in gola hanno solo contribuito ad aumentarne la salivazione che a momenti la soffoca. Kristian si accorge del limite di sopportazione raggiunto, si avvicina e con fare delicato e inaspettato dopo la forza usata in quella punizione, le scioglie le corde che la costringono. Parte da quelle dei capelli che si sciolgono, andandole a coprire parzialmente il volto, le dice: «se non li avessi legati mi sarei perso le tue espressioni.» Le toglie la ball gag, zuppa di saliva e la bacia appassionatamente, lei risponde a quel bacio, le lingue si gustano i loro sapori. Lei avrebbe voluto che quel bacio fosse più lungo, invece lui lo fa durare poco, giusto il tempo di assaggiarla. Poi le libera i polsi e le caviglie, lei cade stremata al suolo con un respiro affannoso. Le concede qualche minuto di riposo, non avrebbe potuto camminare subito, la posizione tenuta l’ha immobilizzata nei movimenti, quindi tira fuori un guinzaglio, ne aggancia il moschettone al collare e la trascina verso il piano superiore. Aveva nel frattempo dato istruzioni ad Annalisa che gli aspetta in bagno. Attraversano la stanza dov’erano e salgono le scale, lei a carponi come una cagna, le ginocchia le fanno male ma va avanti ugualmente. Al primo piano la conduce verso una porta, la apre e ai suoi occhi appare Annalisa, con gran stupore di Paola che osserva il suo corpo fasciato da quella tuta nera che la rende stupenda, dice: «che ci fai qua?» Kristian le dà uno strattone con il guinzaglio, capisce che non deve parlare. Poi rivolgendosi alla sua collaboratrice dice: «te la lascio, esegui le istruzioni che ti ho dato.» Annalisa prende il guinzaglio, la eccita questo ruolo dominante, vuole prendersi la rivincita per i fatti accaduti durante la trasferta, chiude la porta e la fa continuare a camminare per la stanza in circolo. Il bagno è davvero grandissimo, ha il pavimento e le pareti piastrellate di mattonelle azzurre, una tonalità rilassante, i servizi igienici sono in fondo verso la finestra, dei mobili bianchi sono posti nella parte del lavabo e in un altro angolo è presente sopra dei gradini una vasca da bagno grandissima, vi è anche un lettino. Dopo averla fatta fare alcuni giri, la strattona con il guinzaglio e le dice: «cagna, sono stata incaricata di alleviare le tue pene, ma prima voglio una ricompensa, leccami i piedi.» Lo sguardo è minaccioso, non è quello di complicità che ricordava della loro serata di sesso, intuisce che lei è stata ingaggiata o si è proposta per un ruolo ben diverso dal suo. Si avvicina e con il capo chino sui suoi piedi, glieli lecca, passa la lingua anche sulla pelle dei sandali, con i denti cerca di spostarla per leccare le parti nascosta da questa, passa la lingua tra un dito e l’altro. Dopo questa umiliazione la prende per il guinzaglio e la issa all’impiedi, glielo sgancia e gli toglie il collare. Le dice: «vieni è pronto un bagno rilassante per te.» La vasca è già piena, l’acqua ad una temperatura ottimale, né troppo calda e neanche fredda, in più l’ambiente è ben riscaldato, con una mano l’accompagna fino all’immersione nella vasca, poi gli fa partire un idromassaggio. Dura quasi dieci minuti, ha ancora dolori dappertutto, e i glutei gli bruciano da impazzire. Annalisa la fa alzare e con una spugna la insapona per bene, la spugna gliela passa tra le gambe, sulla schiena e sui seni, evita i glutei ridotti male ha paura che toccandoli le provochi dolore. Paola gradisce quest’attenzione. La risciacqua e la cinge il petto e le gambe con una grossa asciugamano, con un’altra le asciuga le braccia e la faccia. Le pettina i capelli bagnati all’indietro e l’accompagna verso il lettino dicendole: «stenditi, adesso mi prendo cura di te, ma prima devo metterti la prima decorazione di questo percorso, Kristian ha detto che l’hai meritata.» Prende un anellino e glielo infila al minolo, le dà del fastidio, ma in compenso è carino, con una pinza lo stringe un poco per farlo aderire bene, lei dice: «non stringere troppo altrimenti non uscirà più.» L’altra le risponde: «fai silenzio, alla fine di tutto se non lo vorrai tenere so io come togliertelo.» La fa girare prona sul lettino, appoggia la testa su un cuscino e le infila un altro sotto l’addome in modo da farle esporre meglio il culo. Con un olio di iperico lenitivo inizia a massaggiarle le parti dove i segni sono più evidenti, il suo effetto cicatrizzante e disinfettante dona sollievo alle ferite e le fa distendere i muscoli ancora contratti. Il massaggio è molto rilassante e stimolante, le mani di Annalisa scorrono lungo tutto il corpo donandole gli stessi piaceri della prima volta, pensa di essere stata una stupida per il comportamento avuto, avrebbe potuto godersi queste attenzioni e magari non avrebbe mandato a monte il viaggio di lavoro che le è costato poi tutto ciò. Mentre questi pensieri le riempivano la testa, viene presa per un braccio e fatta mettere supina, sente le mani accarezzarle il seno, i capezzoli, per poi scivolare in basso. Le due si stavano eccitando entrambe, Annalisa è sicura di essere spiata dalle telecamere e non cede all’istinto, continuando il suo incarico, l’altra che non è a conoscenza delle telecamere vuole godere e dice: «perché non ti spogli e giochiamo un po'», la risposta è perentoria: «non fare la scema, quando ne hai avuto la possibilità hai montato un casino esagerato, ora non voglio.» Ma le sue azioni fanno pensare ben altro, visto che le stimolava le zone erogene. Terminato il massaggio Paola si sente decisamente meglio, tranne per il fatto di non aver soddisfatto il suo istinto. Annalisa tira fuori due cunei di plastica e li posiziona sotto le sue cosce, le divarica le gambe, in una posizione molto simile a quella che avrebbe assunto su un lettino ginecologico. Le dice: «ora non fare tante storie, mi è stato ordinato di rasarti il pube. Vuole che sia completamente glabro e che sia pulito per bene anche il perineo e gli eventuali peli intorno al tuo buco del culo.» Questa violazione della sua intimità è molto più forte di quella subita nel farla indossare la gonna. Poi dice: «ma così mi sembrerà di essere una bambina, e come se perdessi la mia femminilità», l’altra le risponde: «lo pensi tu, sai ci sono tanti uomini, ma anche donne a cui piace che il sesso sia privo di ogni copertura, per osservare bene la sua forma. Ti confesso che penso che ciò è vero ti fa sembrare una bambina, ma a mia avviso è proprio questo che gli eccita.» Prende un rasoio da barbiere, lo apre, prende una lama nuova e la posiziona nel suo alloggio. Le passa le mani tra la folta peluria, le spalma una crema emolliente da barba, l’eucaliptolo contenuto nella crema prima le dona una ventata di freschezza sopra il pube e sulle parti della vagina ricoperte, per poi passare dopo qualche secondo ad un bruciore insistente. Quando e bene insaponata, con tutto il basso ventre, la vagina, il perineo e il buco del culo bianchi, prende la lama e inizia a rasarla. I peli sono spessi e fanno fatica ad essere eradicati, con grande maestria le passa la lama ripetutamente ottenendo l’effetto desiderato, senza mai procurarle lacerazioni o ferite. Paola è immobile e la paura di essere tagliata la fa sembrare una statua di marmo. Sapientemente alterna colpi di lama a passaggi delle dita per controllare l’esito della rasatura, se sente che la pelle non è liscia a dovere ripassa la lama. Per poi tamponare con un asciugamano caldo le parti rasate. I punti più difficili sono l’interno delle grandi labbra, anche in quel punto effettua una pulizia totale e le pareti che circondano il buco del culo. Terminato il lavoro è soddisfatta, le passa una crema idratante che le lucida la pelle, sembra risplendere. Gliela bacia, ha un ottimo profumo. Pensa che ora possa andare, ormai sarà l’una di notte ha perso il senso del tempo da quando è arrivata nella casa. Ma purtroppo per lei non è così, Annalisa le dice: «Kristian mentre ti frustava e ti toccava, si è reso conto che sei ancora vergine di culo, avrebbe voluto deflorarti, ma la tua peluria glielo ha impedito. Mi ha detto che prima di farlo, vuole che ti prepari.» Quelle parole la terrorizzano, non ha mai avuto rapporti anali, pensa sia doloroso e sconcio. Pensa che cosa vorrà dire quel vuole che ti prepari. Annalisa la fa scendere e la fa sdraiare a terra, fortunatamente le mattonelle sono abbastanza riscaldate, l’ambiente tra il riscaldamento e il vapore del bagno è piacevole. Lei è distesa supina, vede arrivare l’altra con un bacile di ferro con dell’acqua dentro, è sicuramente fredda visto che si intravede anche del ghiaccio. Dice: «cosa vuoi fare con quest’acqua?» L’altra le risponde: «ho avuto ordine di farti una bella pulizia rettale, quando sarai penetrata non vuole che il suo cazzo si sporchi della tua merda, ma questo è buono pure per te, mica glielo varrai leccare tutto sporco.» Dimenandosi per terra dice: «no, non voglio questo è veramente troppo, che mi licenzi e andasse a fare in culo.» Prendendole una mano e accarezzandola Annalisa le dice: «tranquilla non aver paura, non ti farò male, vedrai ti piacerà pure. Non scherzare ormai ci sei dentro, pensa a quando tutto sarà finito.» Queste parole riescono a calmarla e a convincerla a proseguire. Mentre le due parlano, Kristian nella stanza regia, ha montato un filmato di quanto accaduto nel salone, censurando i volti, le riprese di Annalisa sono fatte davvero bene, con molte inquadrature dei particolari. Carica il filmato in una darknet, vendendolo a pochi spiccioli, in pochi minuti migliaia di utenti scaricano il filmato, facendo totalizzare in un breve lasso di tempo circa 15.000 euro, un vero affare pensa. Con qualche giorno di lavoro di questo passo potrà totalizzare delle cifre ragguardevoli. Ignare di tutto ciò nel bagno continua la preparazione, Annalisa prende un siringone da due litri, aspira l’acqua dalla bacinella, con una crema unge la circonferenza dell’orifizio anale, con il mignolo cerca di bagnare anche la parte interna, non vuole allargarlo più di tanto per non togliere lo sfizio di farlo fare a Kristian. Poi prende la siringa e infila nel buchetto la sua parte terminale, fortuna per Paola non è molto spessa e si inserisce agevolmente provocandole solo un leggero fastidio, ma nessun dolore. Inizia la pressione dello stantuffo, come indicatole deve avvenire lentamente, l’acqua dalla siringa traborda nel suo retto invadendo l’intestino, è molto fredda e le provoca degli spasmi della muscolatura anale, inserendo l’acqua le spiega: «avere il culo pulito prima di un rapporto anale da dei benefici in termini di piacere sessuale per chi lo subisce, il culo intasato mentre si tromba non è proprio la cosa più comoda del mondo.» Mentre si riempie sente ghiacciare le interiora, vorrebbe espellere il liquido ma l’aguzzina glielo impedisce spingendo ancora il liquido nelle sue viscere. Le dice: «trattienila quanto più puoi, pulisce meglio rispetto a quando la si caccia fuori subito», lei cerca di resistere ma gli spasmi sono sempre più forti, chiede: «posso andare a sedermi sul gabinetto non ce la faccio più.» Mentre tenta di alzarsi le pianta il piede con il tacco nello sterno e la schiaccia per terra, dicendole: «mi dispiace bellezza ma devo controllare, quando non ce la fai più liberati», incredula risponde: «ma sei impazzita, potrei sporcare tutto» e l’altra ancora: «non ti preoccupare poi pulirai.» Esplode in un getto costante d’acqua come fosse una fontana, la prima parte è chiara e pulita, bagna tutte le mattonelle e si spande bagnandole le cosce e la schiena, nella parte finale diventa torbida e marroncina, alla fine espelle pezzetti solidi. Un odore sgradevole si spande per la stanza, termina l’espulsione con delle scorregge, segno che oltre al liquido gli è stata pompata anche dell’aria. Questa è l’umiliazione maggiore fino ad ora ricevuta, lì nuda immersa in quella pozza maleodorante. Annalisa le tira delle pezze e le dice: «pulisci bene e lavati, le apre la finestra, il gelo della notte penetra nella stanza, con esso anche una ventata d’aria fresca. Dopo che ha ripulito e si è lavata, viene nuovamente condotta sul pavimento. Vede che è pronto un altro bacile con l’acqua e dice: «No dai basta ti prego, un altro no è umiliante e da un fastidio tremendo, ho ancora gli spasmi», l’altra le risponde: «Hai visto stesso tu le condizioni del primo lavaggio, devo accertarmi che sia pulita per bene fino e infondo al colon. Sei fortunata che non ti ha prescritto clisteri di glicerina, non avresti lasciato il bagno per tutta la notte» la rimette in posizione e inizia la seconda ondata, questa volta l’acqua è tiepida, forse c’è l’aggiunta di qualche sostanza che non riesce a decifrare. Il getto sempre deciso, lento e continuo la inonda, sicuramente ne è più di prima, visto che la pancia si gonfia, la fa muovere, quasi come la volesse shakerare. Annalisa pensa che questa pulizia così profonda si fa per penetrazioni intense e lunghe con cazzi da dimensioni notevoli, dalle telecamere quello di Kristian pare rientrare nella norma, forse utilizzerà anche qualche giochino o vorrà coinvolgermi, concedendomi di sfondarla con uno strapon. Questa volta riesce a trattenerla per più di cinque minuti, poi esausta spruzza di nuovo, come se stesse espellendo anche le sue viscere, il buco del culo si contrae e si dilata in continuazione seguendo un ritmo sincopato. Questa volta, l’odore e meno sgradevole e il risultato e meno torbido, ci sono solo piccoli frammenti, segno che la pulizia è quasi andata a buon fine. Le rigetta degli stracci e le intima: «ripulisci di nuovo tutto e lavati.» Il ricambio d’aria dura poco visto che questa nuova emissione era meno fastidiosa. Appena pronta la fa nuovamente sdraiare a terra, questa volta prona. Prende dal mobile un cestino, all’interno ci sono diverse palline bianche, tipo quelle da golf, ma lisce come palle da biliardo, le sente smuovere nel cestino e il rumore è identico, sono sicuramente in resina. Quando il cestino viene appoggiato accanto a lei, si rende conto che la forma non è proprio sferica, sembrano più delle uova sode. Annalisa le dice: «rimanendo con la faccia a terra, inginocchiati e butta il culo all’infuori», lei obietta: «mica vorrai conficcarmi questi cosi nel culo?» Lei stizzita le risponde: «e secondo te come controllo se fai painting», l’altra ribatte: «faccio cosa?», con un ghigno sul volto consapevole dell’ingenuità della sua vittima risponde: «se sporchi o strisci di merda quello che ti viene inserito nel culo.» Si mette nella posizione indicata, ormai non oppone più le resistenze iniziali, le dice: «ora ti preparo prima il buco del culo per far scivolare meglio questi aggeggi, poi quando inizio non opporre resistenza sentiresti più male, anzi con le mani allargati bene le chiappe e spingi come se volessi defecare.» Dopo averle unto il buco e le pareti laterali, unge anche gli ovetti, infila il primo con molta fatica, essendo vergine di culo lo sfintere oppone resistenza e l’oggetto scivola più volte sfuggendole dalle mani, poi riesce a farsi strada, cede la resistenza e la parte più piccola si insinua allargandole il buco, ormai è bloccato bene, con la spinta del solo pollice lo fa sparire dentro di Paola, che emette un urlo per il dolore provato, muovendosi dalla sua posizione scivola con la pancia a terra e le mani istintivamente vengono portate all’altezza dell’orifizio come a sua protezione. Il dolore man mano svanisce. La fa rimettere in posizione e ne infila un altro e poi un altro ancora, sono orami tre gli ovetti all’interno, ne prende un quarto e cerca di inserirlo, a differenza degli ultimi due per questo trova molta resistenza. Per rilassarla prende un vibratore a testa rotante e inizia a sfregarlo sul clitoride, la sensazione di piacere aiuta quest’altro inserimento. Sta godendo il piacere è al massimo. Il soddisfacimento che sta ricevendo da questo tipo di rapporto non è solo conseguenza delle sensazioni fisiche ma anche il piacere psicologico di infrangere un tabù, riconducibile all'educazione religiosa repressiva che le era stata impartita. Annalisa che evidentemente quell’attrezzo lo sa usare bene, quando la vagina è fradicia di umori e pulsa dal piacere la penetra per interno con la grossa testa rotante, che le provoca un orgasmo e la porta a squirtare, le contrazioni dovute all’orgasmo, la aiutano anche ad espellere gli ovetti. Questi vengono controllati dall’altra che gli esamina per bene, l’odore non è molto forte, segno di una buona pulizia e non sono strisciati o sporchi per niente, le dice: «brava ci siamo quasi, sono quasi perfetti,» poi facendole un sorrisetto aggiunge: «è mai possibile che non riesci mai a resistermi e ogni volta vieni sempre così violentemente.» Di tutto ciò che stava accadendo in quel bagno Kristian ne sta confezionando un nuovo video, mentre i guadagni del primo sono arrivati a circa 20.000 euro, carica anche quest’altro, ma non attende il suo andamento. Ha deciso una sorpresa per Paola e prima che le venga restituita la sta andando a prendere. Annalisa rivolgendosi alla sua preda le dice: «ti assicuro questo è l’ultimo trattamento poi abbiamo finito», si accosta con un’asta di ferro alta con base quadrangolare a cui è legata una sacca piena di latte, alla quale è collegata un tubo con una cannula di gomma. La fa rimettere in posizione prona e ungendo la cannula, la inserisce nel culo, aprendo una valvola fa defluire il liquido al suo interno. Il travaso è lungo sembra non finire mai, vista la dilatazione ricevuta con gli ovetti pare che questa nuova inserzione sia molto meno fastidiosa delle prime. Una volta riempita è pronta per l’ultima spruzzata, tutto il liquido è perfettamente candido come prima del trattamento, segno che è ripulita alla perfezione. Le fa pulire nuovamente l’ambiente e le fare una doccia. Ormai sono le 02.30 di una notte interminabile è stanca, vorrebbe riposare, le emozioni e le prove sopportate sono tante per una che il sesso lo praticava quasi mai. Annalisa la fa nuovamente accomodare e le dice: «ti sei meritata la seconda decorazione» e le infila un nuovo anellino all’altro minolo, questo a differenza del primo, che è spesso, è solo una spirale metallica con passo molto ampio che cinge il dito. Le rimette il collare con il guinzaglio e prendendo una lunga fascia nera di seta, la benda, in questo modo oltre a non consentirle di vedere le tiene legata anche i capelli. La fa alzare e la mette sul ciglio della porta, dove attende di essere riaffidata al padrone. Trascorrono alcuni minuti, sente dei passi, Annalisa è andata via e sicuramente non è il rumore dei suoi tacchi, l’impossibilità di vedere le mette paura, sente che il guinzaglio è stato afferrato e poi la voce di Kristian che dice: «ottimo lavoro della mia assistente.» Le passa una mano tra le gambe, sul ventre, sente la sua pelle lisca, senza alcuna asperità, si insinua tra le grandi labbra, lei inizia a bagnarsi tutta, la conduce nuovamente al piano terra, questa volta cammina e non gattona. La bacia, le tocca i seni, da piccoli morsetti ai capezzoli che tornano ad indurirsi come quando era fuori al freddo. Lei si lascia andare, ma sa che non può godere senza il permesso, la fa inginocchiare e le dice: «vediamo se questa volta lo prendi bene in bocca senza fare scherzi.» Apre la bocca, la cappella è grandissima cerca di farla entrare tutta in bocca, prova prima a leccarlo, il gusto è differente da prima, pensa che la panna lo aveva reso dolce quel lavoro, ora sente più disgusto. Comunque sta iniziando ad apprezzare questa pratica, le provoca piacere. Sente appoggiarsi le mani sulla nuca che la guidano nell’esplorazione di quell’asta, si rende conto che è grandissima e che tutta in bocca non ci può stare di sicuro, decide di leccarla tutta per rendersi conto della sua lunghezza, parte dal prepuzio e arriva fino ai coglioni. Una lunghezza interminabile, senza vedere si rende conto che è estremamente dotato. Ci sputa sopra e con le mani gli fa una sega mentre accoglie quanto può nella bocca, la mente torna a qualche ora prima, si rende contro che le dimensioni di questo cazzo sono differenti. Kristian infatti era corso, mentre si completava la preparazione, a casa del suo custode Thomas un ragazzo di origini nigeriane di 25 anni e lo aveva condotto da lui dicendogli cosa fare. Il ragazzo svegliato nel cuore della notte, subito si era ripreso alla proposta offerta. Ora Kristian glielo ha piazzato davanti e si sta godendo la situazione altamente erotica, di quella donna lasciva che gli trastulla il membro. Paola ha la contezza che si tratta di qualcun altro quando la fa alzare, tirandola per il guinzaglio, e con le mani esplora il petto dell’uomo che ha difronte. E’ muscoloso, poi gli tocca il volto, è molto spigoloso e sagomato da una barba, sicuramente non è il suo padrone. Dice: «chi è quest’uomo?» Una sberla subito dopo la colpisce sul culo che ancora porta i segni delle percosse con la canna. Emette un urlo e si ripiega su sé stessa. Thomas la prende subito, senza darle la possibilità di riprendersi, la mette poggiata con il ventre sulla spalliera del divano, le gambe e il culo rivolte verso di lui, il busto e la testa rivolti verso la seduta del divano. Senza molti complimenti gli allarga le chiappe e ci sputa in mezzo, poi tenendosi il cazzo scappellato tra le mani lo punta in corrispondenza della rosetta del culo, che è intatto della stessa tonalità della sua pelle, tenta di spingerglielo dentro. Lei si dimena, urla: «quel buco è stato fatto per certe cose e non per altre, è stretto quindi è impossibile che tu riesca ad entrare», ha paura del dolore. Il ragazzo prova allora a spanarglielo prima con le dita, infila prima l’indice e poi il medio, le accarezza le pareti interne, il dolore è forte, ma anche l’eccitazione sale, si porta una mano tra le gambe e si tocca il clitoride, si è ricordata che poco prima, quanto Annalisa le infilava gli ovetti l’ha aiutata quella stimolazione. Dalla sua posizione il padrone non riesce a vedere questo gesto, le dice: «quando ti tocca lì non stringe come una forsennata altrimenti per forza che poi ti fa male», si sentiva la sua risata risuonare in quella stanza e il respiro ansimante del ragazzo, che non proferiva parole, ma solo gemiti. Kristian come fosse uno specialista del settore continua dicendole: «Il tuo è un problema psicologico. Quando devi fare una cosa naturale e fisiologica, e quindi lecita, come scaricarti, allora non ti fa male anche se il blocco che espelli è grande il doppio delle dita ora al tuo intero, ma siccome quella è una cosa normale e naturale, allora allarghi per bene il buco del culo e non senti niente. Ma è inutile che ti spieghi queste cose, lo sai meglio di me...» Mentre ascoltava quelle parole le dita del ragazzo si sfilano, il buco è un po' più aperto ci appoggia nuovamente la cappella che questa volta inizia a farsi strada, delicatamente la infila tutta dentro. La sensazione è simile a quella provata con gli ovetti, solo che questa è più morbida e si adatta meglio alla sua cavità. Il bruciore passa velocemente, evidentemente la preparazione di Annalisa gli è servita a non avere un dolore eccessivo ora. Thomas e immobile, con il cazzo in erezione, si gode la visione di quella bellezza. Lei lo stesso, spera che si accontenti di quanto appena fatto, ma neanche il tempo di finire il pensiero, che con un vigoroso colpo di reni il ragazzo gli conficca dentro per almeno i due terzi quell’asta interminabile. Lei urla, piange si dimena è troppo grande per una prima deflorazione anale. Viene presa per i fianchi, sente le mani ruvide che la cingono e con un andamento ritmato il ragazzo inizia a far scorrere l’asta lungo lo sfintere, salendo e riscendendo. Ad ogni periodo di queste oscillazioni, il suo cazzo sprofondava sempre più dentro e il dolore invece di diminuire va accrescendosi. Kristian eccitatissimo da quella scena, le si porge davanti si abbassa i pantaloni e glielo ficca in bocca. Era la prima volta che veniva posseduta da due uomini, nonostante il dolore al culo, anche lei stava godendo, avrebbe voluto raggiungere l’orgasmo. Le sue inibizioni andavano via via crollando, stava diventando una vera puttana. Si sente ad un certo punto le palle del ragazzo sbattere contro la sua figa, segno che ormai è tutto dentro, non si dimena più per il dolore ma per il piacere. Il suo lato oscuro ha prevalso, sembra l’animale selvatico che aveva visto in Annalisa mentre veniva scopata dall’operaio al Salone. Kristian le viene in bocca, già sa cosa fare, non gli fa impartire alcun ordine e ingoia tutto il carico, poi gli chiede: «ti prego sto godendo, posso venire?» Soddisfatto per quella prima notte Kristian acconsente, pochi secondi ed esplode in un orgasmo fortissimo, sembra indemoniata, il ragazzo vuole anch’esso portare a termine il suo piacere e le viene dentro. Si sente i fiotti di sperma fin dentro l’intestino, le rimane dentro ancora per un po' aspetta che il suo arnese si sgonfi, poi glielo sfila. Il culo ormai è aperto, forma un cerchio perfetto. La prende per i fianchi e le fa appoggiare i piedi per terra, poi posa le sue mani sulla schiena facendole assumere una posizione ad angolo retto. Vuole osservare la fontana del buco del culo, che sta espellendo il carico ricevuto. Le cola tra le gambe fino a terra. Quando è terminato, il padrone la prende per il guinzaglio e le trascina il volto a terra, le scioglie la benda intimandola di pulire. L’eccitazione è ancora tanta, cerca di guardarsi intorno ma oltre il padrone non vede nessuno nella stanza, pensa che non saprà mai chi è l’uomo che l’ha posseduta, senza alcuna esitazione con la lingua prosciuga tutto il carico terminato a terra. Sono quasi le quattro del mattino, chiama Annalisa le dice: «la troia si è appena guadagnata un’altra decorazione.» Un nuovo anellino le viene messo al piede sinistro. Poi dice alle due: «potete andare, Annalisa accompagnala a casa,» rivolgendosi alla schiava: «tu indosserai solo il giacchino e le scarpe per andare via, ma prima ho un regalo per te. Lo aprirai quando sarai a casa» e gli consegna un cofanetto. Quando le due donne sono sull’uscio della porta le saluta dicendole: «a tra poco in ufficio.» Mentre le due tornano a casa, anche un terzo video viene caricato in rete, in una sola notte la troia gli ha fruttato circa 40.000 euro. La macchina si ferma fuori lo stabile di Paola, lei da uno sguardo veloce, non c’è nessuno fa un cenno di saluto e scappa via. Fortuna per lei non incontra nessuno, è dentro casa, il cuore le scoppia, le sensazioni provate nelle ultime ore sono più di tutte quelle provate finora nella sua vita. Si toglie le scarpe e il giacchino, è stanca ha poche ore di sonno da potersi concedere prima di tornare alla sua vita, si stende sul letto senza indossare niente, poi si ricorda del regalo di Kristian, non vorrebbe alzarsi ma si ricorda dell’ordine ricevuto e quindi si rialza per prenderlo. Apre il cofanetto, in un letto di velluto rosso vi è uno strano oggetto in acciaio, la cui forma ricorda vagamente il seme picche delle carte francesi, alla cui base è applicata una pietra di onice nera circolare, recante l’incisione di colore bianco “my slave”. Lo prende in mano, l’osserva cerca di capire cosa sia. Non è molto pesante, la parte spessa avrà il diametro di sette o otto centimetri, la lunghezza almeno qualche centimetro in più. Non è a conoscenza di questa oggettistica, pertanto pensa all’utilità che può avere quell’oggetto. Si accorge che nella parte interna superiore del cofanetto vi è una bustina. La apre, all’interno c’è un bigliettino con il seguente messaggio: “L’onice aiuta a comprendere meglio gli altrui e propri desideri. Indossa questo plug anale subito e tienilo dentro anche oggi che vieni a lavoro.”
Ha ancora il culo che le fa male, per i colpi subiti e per la penetrazione profonda ricevuta, non vorrebbe indossarlo, ma il ruolo di schiava le sta piacendo e quindi apre un cassetto, dove trova della pomata si unge l’orifizio del culo con le dita, i tocchi sono dolorosi ma continua ugualmente, il plug è liscio ma una spalmata di quell’unguento pensa che non farà certo male. Guardandosi nello specchio posto sulla parete laterale al letto si ficca lentamente l’oggetto dentro, il dolore è lancinante, oltrepassata la parte con diametro maggiore poi lo sfintere si richiude sempre più, fino ad assumere la sua conformazione naturale, che stringe il gambo del plug. Questo è agganciato alla base che rimane fuori ben visibile. Si osserva con quella scritta tra le chiappe, si sente marchiata. Un istinto muscolare tende ad espellere l’oggetto, per non consentire al suo corpo di rifiutare quell’introduzione, prende una culotte elastica e la infila, nonostante il tormento che il tessuto le dava sui glutei ricoperti da ematomi. Si addormenta sfinita.
Appena quattro ore dopo la sveglia suona, si sente frastornata come dopo una sbornia, pensa di aver sognato. Si vede allo specchio e si rende conto di aver dormito con la sola culotte, focalizza che non è stato un sogno. Sedendosi sente un dolore concentrato in corrispondenza del culo, è l’aggeggio che spinge, si ricorda anche questo particolare, pensa che per come è ridotto il suo didietro e con quell’oggetto inserito non potrà sedersi per l’intera giornata. Si veste con il suo solito abbigliamento, indossa occhiali scuri da sole e si reca in ufficio. Al suo arrivo dalla vergogna non ha il coraggio di alzare lo sguardo, spera di non incrociare Kristian e Annalisa. Al momento pare che nessuno dei due sia ancora arrivato, si chiude in ufficio ma non riesce a fare molto, la stanchezza, un leggero mal di testa e l’impossibilità di sedersi la rendono molto nervosa. I suoi collaboratori osservano il suo atteggiamento alquanto strano, lei si sente scrutata come non mai, decide di dare una giustificazione a tutto ciò dicendo: «ho una forte sciatalgia che non mi ha fatto chiudere occhio questa notte.» Esce dalla sua stanza per la sola pausa pranzo, non sa per quanto tempo ancora debba portare quella sofferenza, mentre è seduta con il suo piatto di pasta davanti, sente la suoneria della notifica di un messaggio, prende il cellulare è Kristian, legge il messaggio: “ti aspetto a fine giornata nel mio ufficio”, lei si ricorda che alle 18:30 ha un impegno per il compleanno di Maria la sua migliore amica, un happy hour al Sulema Cafè. Come ogni anno è previsto il rito della consegna del regalo, due chiacchiere in compagnia anche delle altre amiche. Pensa che non può assolutamente mancare, desterebbe dei sospetti la sua assenza. Quindi scrive un messaggio di risposta, non sa se deve interloquire nel ruolo di schiava o di dipendente, ma ricorda le parole del padrone e scrive: “padrone la prego, oggi mi conceda un paio d’ore di libertà, ho un impegno a cui non posso mancare.” La risposta non tarda, ma invece che un messaggio arriva una sua chiamata, lei risponde a voce bassa per non farsi sentire: «si padrone», e lui: «i patti erano che per il periodo della tua sottomissione dovevi ridurre al minimo i rapporti sociali, e al primo giorno già mi chiedi un permesso, cosa cazzo pensi di fare?». Il tono della voce è imperioso ma non trasmette alcun senso di rabbia, lei capisce che può tentare di ottenere quel permesso e gli spiega il motivo e la preoccupazione che la sua assenza avrebbe scatenato tra le amiche. Dopo una breve trattativa, le concede una sola ora di permesso, dicendole: «fattela bastare, perché poi dopo mi servi. Comunque passa da me prima che vai via.»
Alle 17.00 lei è già fuori la porta del suo ufficio, la segreteria andando via le dice: «Kristian ti sta aspettando entra pure.» L’accoglienza non sembra quella riservatale la notte precedente, è sorridente, la fa accomodare al suo posto di comando. Una poltroncina d’ufficio in pelle color crema, con braccioli metallici, un modello ergonomico e comodissimo se non fosse per il fastidio che dalla notte si porta dentro. Gli ematomi non le danno più molto fastidio. Lei è imbarazzata da dove l’ha collocata, non capisce tutta questa gentilezza. Guarda l’orologio ha fretta di tornare a casa per darsi una sistemata e godersi quell’ora di libertà che l’attendeva, lui le dice: «continuando di questo passo la tua schiavitù durerà molto poco.» Quelle parole la rincuorano, pensava che la sottomissione al volere del padrone sarebbe durata chissà quanto tempo per ripagare l’errore commesso, gli chiede: «Davvero? Le sono bastate le punizioni inflittemi?». Lui con aria seria la guarda l’afferra per la mandibola e girandole la faccia dice: «ho detto presto, non ho detto che è già finita. Per essere il primo giorno mi hai già ripagato di quasi sessantamila euro.» Lascia la presa e lei girandosi con la sedia nella sua direzione, chiede: «come le ho fatto guadagnare questa cifra?» Lui la rigira in direzione del monitor del suo computer e le mostra il filmato della sua sodomizzazione. Rivive la scena, prova disgusto nel rivedersi ma la sensazione di piacere l’assale e si eccita. Vorrebbe chiudere gli occhi, ma prevale la voglia di continuare a vedere, rivive tutte le sensazioni, lui la osserva e le dice: «questo ed altri due video sono stati caricati in rete questa notte e messi in vendita, hai avuto molti acquirenti», lei di istinto risponde: «no, che porco, questo non me lo dovevi fare, se mi riconoscono?». Lui aggiunge: «tranquilla, i volti sono stati censurati con una sfocatura in modo che nessuno possa riconoscerci, inoltre ho impostato che le richieste d’acquisto provenissero da indirizzi IP non italiani, abbassando notevolmente la possibilità di essere eventualmente riconosciuti.» Lei è incredula, in una sola serata tutte quelle esperienze sessuali insieme ed ora a sua insaputa è diventata anche un’attrice porno, pensa a quanti uomini si stiano ora segando con quelle immagini. Prima di questi ultimi eventi non avrebbe mai pensato ad una cosa del genere o ne avrebbe allontanato il pensiero, ora invece la situazione se la gode, segno che questa esperienza la sta trasformando. Sono ormai le 17:30 si ricorda dell’impegno e chiede se può andare via, lui gli risponde: «Va bene però prima fammi controllare se hai indossato il mio regalo», la fa alzare in piedi, le abbassa il pantalone e la culotte per controllare, la visione è eccitante. La fa inginocchiare sulla sua sedia e le fa poggiare i gomiti sulla scrivania. Il culo è ancora segnato, ma con colore meno intenso, segno che le cure di Annalisa hanno fatto effetto, poi prende la base del plug e si mette a giocare, la ruota fino a quando la scritta incisa non gli sia ben leggibile, poi lo tira verso di sé come a volerglielo estrarre, ma la sua intenzione è ben diversa, vuole solo osservare il suo sfintere dilatarsi e restringersi mentre quell’oggetto si muove. I movimenti provocano più che dolore un fastidio, il suo culo sembra essersi abituato a quella presenza, questo è lo scopo che si era prefissato il padrone. Soddisfatto di come avesse obbedito, le dice: «brava, ti stai trasformando in una bella troietta sottomessa, per il tuo appuntamento dovrai indossare una gonna, continuerai a mantenerti il plug nel culo, tanto per come ti ha svuotato stanotte non andrai in bagno almeno fino a domani mattina e in più terrai nella tua figa questo», terminando la frase proprio mentre estrae dal cassetto una specie di uovo fucsia con un laccetto di silicone ad un’estremità. Glielo mostra e lo consegna. Poi aggiunge: «io e la mia assistente verremo anche noi al tuo incontro, questo ovetto si controlla da remoto con un’app del cellulare.» Lei chiede: «in che senso lo controllerete voi?» Senza neanche risponderla prende il cellulare e le mostra come l’ovetto in seguito ai suoi comandi inizia a vibrare a frequenze differenti. Non immagina ancora le sensazioni che riceverà quando sarà dentro di lei. Prima di farla andare il padrone si fa dire il nome del locale dove avverrà l’happy hour.
Puntuale alle 18.30 Paola si presenta davanti al Sulema, indossa un lungo soprabito verde muschio che le arriva fin quasi alle caviglie, un foulard annodato a fiocco intorno alla gola dello stesso colore con stampe floreali e degli stivaletti alla caviglia scamosciati di una tonalità di verde leggermente più scura del soprabito. Intravede le amiche che aspettano all’ingresso del locale l’arrivo della festeggiata, si avvicina per salutarle. Queste notano che sotto il soprabito inusualmente deve esserci una gonna, visto che mentre cammina verso di loro si intravedono le gambe scoperte dallo spacco del soprabito. Mentre saluta il suo sguardo incrocia quello di Annalisa che è già accomodata all’interno del locale, seduta ad un tavolino da sola, che le lancia un’occhiata languida. Quello sguardo non le lascia presagire nulla di buono. Qualche minuto e arriva anche Maria. Quindi si accomodano al tavolo riservato, come al solito subito le danno il regalo senza perdere tempo, vogliono godersi il loro incontro. Maria guardano bene Paola dice: «ma che ti è successo, in tanti anni che ti conosco non ti ho mai visto indossare una gonna, ci stessi nascondendo qualcosa?». Lei arrossisce e risponde: «nella vita a volte si cambia.» Proprio in quel momento entra nel caffè Kristian, qualcuna delle amiche al tavolo lo nota, scappa qualche apprezzamento goliardico. Maria richiama l’attenzione di Paola con dei gesti e poi le dice: «il tuo capo, ma che ci fa qui?» Senza proferire parola lei abbassa lo sguardo. Sa che da un momento all’altro l’affare che le ha chiesto di infilarsi nella vagina potrebbe iniziare a vibrare. Dell’ovetto fuoriesce solo il laccio in silicone, che le servirà poi per estrarlo, adesso ripiegato nelle sue mutandine. Lui si va a sedere al tavolo di Annalisa. Una delle amiche commenta: «che bell’uomo, per lui tradirei tranquillamente mio marito.» Queste parole stimolano la sua fantasia, pensa che anche se in un rapporto torbido quell’uomo lo stava avendo. Maria con la curiosità che caratterizza le donne, osserva l’accompagnatrice di Kristian, la scruta bene poi rivolgendosi a Paola dice: «da quando ha divorziato con la moglie il tuo capo vedo che se la spassa. La Lolita ha scelto bene, vuole sistemarsi. Ti sei lasciata scappare una grande occasione.» Lei non sapeva che il suo capo era divorziato, la sua vita privata in azienda era sconosciuta a tutti, si chiede come mai la sua amica è a conoscenza di tutte queste informazioni e perché non ne aveva mai parlato prima. Proprio mentre la sua mente si dipana tra questi pensieri, sente una vibrazione all’interno della sua vagina. La prima e di intensità moderata e tranne un lieve sobbalzo per quella sensazione inaspettata, non fa trasparire nessuna emozione esteriormente. Internamente invece le emozioni si accavallano il piacere di quella vibrazione le provoca un’umidificazione tra le grandi labbra, anche le parole della sua amica la spingevano ad accettare quella sottomissione, non si era mai avveduta ma Kristian le piaceva. Il tempo di lanciare uno sguardo al tavolo dei due, che l’intensità del giochetto viene fatta aumentare. In questa situazione non può far altro che stringere le cosce in segno di difesa, si appoggia una mano sul ventre e si morde le labbra. Al suo tavolo nessuna si accorge di niente, Maria è distratta dall’osservazione di quei due che sembra se la stiano spassando visto le risatine e gli sguardi che si stanno scambiando. Con un’alternanza ben studiata dosano i momenti di vibrazione ai momenti di riposo, riducendo e aumentando la lunghezza e l’intensità degli stessi. Dalla loro posizione possono osservare le punte dei piedi che premono il suolo, mentre i talloni si sollevano da esso. Le gambe formano un triangolo, sono leggermente divaricate all’altezza delle caviglie e si congiungono alle ginocchia. I due al tavolo osservano Paola strusciarsi sulla seduta della sedia. Lei in preda alla loro volontà di tanto in tanto fa dei segnali con le mani, da dietro la schiena, come per implorare di smettere quel tormento altrimenti a breve sarà scoperta dalle amiche. Con difficoltà riesce a portare i bocconi di torta dal piatto alla bocca, che riempie per evitare che i fremiti e gemiti di piacere possano uscire da essa. La sensazione di esplosione avvertita negli ultimi orgasmi avuti, si fa sempre più forte, ovviamente non può squirtare in pubblico davanti alle sue amiche. Decide con una scusa di recarsi in bagno, Maria le chiede: «vuoi che ti faccio compagnia?» Come è di prassi tra amiche, lei risponde: «ti ringrazio, resta a tavola con le altre, subito ritorno», si avvia verso la toilette, l’andatura è barcollante quella vibrazione intensa la scuote e le toglie le forze, riesce a trascinarsi nel corridoio che porta ai bagni, appena scompare dalla visuale della sala, la vibrazione viene portata al massimo, lei si accascia al suolo. Annalisa la segue per far sì che il segnale non si perda, la vede che a fatica si rialza, grazie alla breve interruzione delle vibrazioni, che riprendono appena il cellulare torna nel raggio di azione del vibratore. Pochi secondi che le consentono di raggiungere il bagno, si alza frettolosamente la gonna, riesce a spostare le mutandine e all’impiedi con le spalle appoggiate al muro inonda il bagno con uno squirt di grande intensità. Annalisa si gode la scena, vede il suo corpo dimenarsi come un’ossessa e quell’innaffiatura che cola delle mattonelle del rivestimento del bagno fino al pavimento dove si forma una pozza, chiude la porta e si avvicina mentre lei è ancora ansimante, avrebbe voluto gridare dal piacere ma ha dovuto reprimere il suo istinto. Annalisa la tira verso di sé per non sporcare le scarpe, si avvicina al suo volto, la bacia appassionatamente, le lingue si avvolgono l’una nell’altra, le sembra di rivivere le sensazioni di Manchester, poi mettendo due dita tra le gambe aggancia il laccetto si silicone e gli sfila il viratore. E’ fracido di umori, lo guarda, l’annusa e glielo ficca in bocca a Paola, ordinandole: «gustati i tuoi umori, pulisci per bene il vibratore», con un po' di disgusto acconsente anche a quest’altra imposizione. C’è l’ha ancora per tutta la vicenda scatenata dal suo comportamento, ma pensa che lei è solo uno strumento nelle mani di Kristian per punirla e svolge quanto detto con tutta la passione possibile. Quando il gioco è ripulito, la spinge con il petto e la faccia verso il muro, le allarga le gambe tirando verso di sé il bacino e le sfila anche il plug che indossava dalla notte e gli fa leccare anche questo dicendole: «fai la brava bambina succhia il ciucciotto e fallo uscire come nuovo da questa bocca», un conato di vomito l’assale all’odore di quell’oggetto, ma messo in bocca riesce a stopparlo. Finalmente il suo culo ha un po’ di sollievo, le rigature dovute alle percosse della sera prima non sono più evidenti anche se al tatto ha ancora dolore. Terminata l’umiliazione Annalisa le dice: «su dai sbrigati che l’ora a tua disposizione sta per terminare, Kristian per le 21.00 verrà a prenderti per un’altra notte di follie.» Qualche minuto dopo di Annalisa anche Paola ritorna al suo tavolo, Maria la vede stravolta le chiede: «tutto bene? Stavo per venire a cercarti in bagno non vedendoti tornare,» lei risponde: «non mi sono sentita tanto bene, ti chiedo scusa ma non posso rimanere fino alla fine, vado a casa a riposare.» Saluta tutte e va via. A casa ha giusto una mezz’ora per riposare, poi deve prepararsi per il padrone, non gli è stato indicato nulla in merito al suo abbigliamento, sa bene che però che non tollera i pantaloni, quindi decide per la gonna più corta che ha, ovviamente altezza ginocchio, il suo guardaroba è sfornito di minigonne, tanto provvederà a coprire il tutto il soprabito lungo che indossava all’happy hour.
Alle 21.00 invece del padrone si presenta Annalisa a prelevarla, pensa che ormai quei due sono diventati complementari in questo gioco e che lei oltre che a Kristian si è sottomessa anche alla piccola ingegnere. Salita in auto, sente che con quest’ultima può avere meno formalità e chiede: «come mai questo cambio di programma?» La risposta come ha immaginato le è data: «le sorprese del capo sono sempre dietro l’angolo. Ha una mente vulcanica è alla ricerca di qualcosa di speciale per questa sera. Non ti fa piacere che sono venuta io a prenderti?» Da questa breve conversazione appare che sicuramente è meno fredda del padrone, quando è da sola può sentirsi meno costretta, e risponde: «no figurati, solo conoscendo il padrone come è fatto, mi risultava strano questo cambio di programma.» Giunte al casale Kristian è già lì che le aspetta, come la sera precedente fa attendere sull’uscio dell’ingresso Paola e le chiede di spogliarsi e riporre tutto nella cesta come al solito. Questa volta la svestizione è veloce ed entra subito in casa, il padrone le spiega: «questa sera sarai la nostra camgirl, ho allestito una stanza al secondo piano, dove ti esibirai per gli utenti di un sito web che potranno interagire con te. Ormai sei a conoscenza del tuo successo, ieri hai partecipato inconsciamente oggi voglio farti sperimentare la consapevolezza del tuo essere troia.» Vorrebbe piangere ha paura di essere riconosciuta e non sa come comportarsi, infondo stava appena scoprendo di essere un oggetto del desiderio per tanti, poi per non deludere il padrone risponde: «come vuole, voglio solo dire che non ho idea di come intrattenere questo pubblico, non l’ho mai fatto e la prego di oscurarmi il volto come è stato fatto ieri.» La risposta subito pronta: «non preoccuparti, la mia assistente ti preparerà in modo da non essere riconosciuta, ma ovviamente meno oscuriamo e più possiamo pretendere dai tuoi fans, quindi questa sera non ci sarà alcuna censura del volto.» Annalisa la prende e la porta al piano superiore, provvede a cospargere il suo corpo con l’olio di iperico, ormai esteriormente non si notano più le ferite della scorsa notte. Quando ha terminato le indossa un corpetto nero sottoseno con gangi in metallo sul davanti e una serie di laccetti sul dietro. Li tira quanto più può per sagomare il corpo della schiava, le stecche di plastica si incurvano costringendo l’addome in una morsa, riesce ad ottenere l’esito voluto: un vitino di vespa che le leva il respiro. La parte anteriore del corsetto è sagomato con due punte una rivolta verso l’alto che si posiziona all’interno del solco intermammario e una verso il basso che le copre l’ombelico. Le indossa due parigine bianche, ma con scarsa velatura che lasciano intravedere i piedi e le gambe, la fascia elastica di queste cinge appena sotto il ginocchio ed è spessa, infine le passa una miniskirt in latex rosa con volant. Quest’ultima è cortissima, praticamente non copre quasi nulla, si intravede bene la sua figa e il suo culo. Ai piedi le fa indossare un paio di scarpe basse con kitten heels, sono particolari nella foggia ricordano quelle indossate dalle dame dell’ottocento, solo che hanno una punta molto squadrata, il colore di queste è bianco e il modello della tomaia è a canestrino, l’intreccio è evidente anche a distanza. I tacchetti, i bordi del collo piede e alcuni particolari sono dello stesso colore della miniskirt. Il completo scelto per la serata è pronto, passa dunque al mascheramento le lega i capelli con dei ferrettini e le indossa una parrucca biondo platino con taglio corto a carrè con frangetta che le copre la fronte, con una matita nera le annerisce la punta del naso e le disegna tre baffetti con linee sottili, le porge una maschera da gattina, che indossata fa intravedere solo i suoi occhi ed infine le pone un frontino con orecchie da gattina stilizzate. Per completare la trasformazione, le infila un plug nel culo con una coda da gattina, questa volta non usa nessuna cautela, non si è persa in convenevoli con unguenti o altro, in maniera brutale glielo ha conficcato dentro. Nonostante i trattamenti subiti il dolore è ancora forte ad ogni inserzione di oggetti nella sua via posteriore. E’ pronta per iniziare, viene mostrata a Kristian che ne è soddisfatto e dice: «ottimo lavoro, sei davvero una gattina eccitante.» Mentre cammina si sente strusciare la coda sulle gambe, una sensazione piacevole è quell’accarezzamento. Gli vengono impartite le ultime raccomandazioni e viene condotta nella stanza al secondo piano, Kristian controlla l’account della sua gattina e vede che già sono collegate diverse persone, che hanno pagato per l’accesso, ovviamente il guadagno maggiore avverrà se la schiava accontenterà gli utenti che potranno inviare dei tip, ovvero mance in soldi, per il grado di soddisfazione ottenuto. La porta della stanza si apre, è completamente diversa del resto della casa, sembra più la stanza di una casa di appuntamenti, ha due pareti ricoperte di grossi specchi, il pavimento e le restanti pareti sono rivestiti di marmo bianco con venature color caffè, in alcuni punti vi sono delle scanalature gialle dove vi sono dei punti luce che contribuiscono all’illuminazione principale dell’ambiente costituita da un grosso lampadario in vetro. Vi è un grosso letto con spalliera imbottita color bianco sporco, le lenzuola e il copriletto sono anch’essi di colori tenui pastello. Entra prima Annalisa che si posiziona in un angolo dove non è visibile alle telecamere, è dotata di una telecamera per le inquadrature ravvicinate dell’esibizione. Giunta in posizione fa entrare la star della serata, ovviamente il suo ingresso è a gattoni, gli è stato raccomandato di ancheggiare molto in modo che la coda possa muoversi e attirare l’attenzione degli ospiti. Il percorso le viene indicato a gesti e termina ai piedi del letto dove è già pronta una ciotola di ferro piena di latte, che lei dovrà bere senza utilizzare le mani. Si abbassa con la testa e inizia a leccare la superficie del liquido, poi come indicatole dalla voce fuori campo di Kristian, ogni paio di leccate da uno sguardo in camera e mostra la lingua bianca e i baffi di latte che circondano le sue labbra, cerca di ripulirli passandoci la lingua. Arrivano i primi tip degli amanti del genere, il conto collegato alla gattina inizia a crescere. Il giochino va avanti fino a che la ciotola non è quasi del tutto svuotata. In quella posizione i suoi seni penzolanti strusciano sul marmo freddo del pavimento, situazione che contribuisce all’inturgidimento dei capezzoli. Da una porta scorrevole poi appare la sorpresa che questa sera Kristian le ha riservato, è Raina una delle camgirls della zona più conosciuta e seguita, questo sicuramente contribuirà a far giungere nella stanza virtuale anche persone della loro città. Paola è all’oscuro di ciò, pensa che il padrone abbia riservato la stessa accortezza dei video caricati la sera precedente. Lei è bellissima, una donna giovanissima di 21 anni, ma con una maturità fisica prorompente, di origini somale ha la pelle color ebano, un fisico scultoreo alta più di un metro e ottanta con un culo sodo ma un po’ scarsa di seno. I suoi lineamenti sono molti dolci, ha capelli lunghi fino al fondo schiena e occhi grigi, una bellezza rara. Indossa sandali bianchi incrociati con tacchi alti, autoreggenti bianche e un completino intimo anch’esso bianco. Uno splendido contrasto cromatico bianco su nero spezzato solo dall’azzurro fiordaliso dello smalto delle unghie delle mani e dei piedi e dal rosso veneziano del rossetto sulle sue labbra. Anche la gattina resta a bocca aperta per quella visione, il suo ingresso ha subito notevolmente incrementato il numero dei visitatori che già erano cospicui. Paola non sa che Raina è una rinomata mistress lesbica e pensa che la serata tutto sommato le sia andata meglio di quella precedente. Quest’ultima si avvicina alla gattina e dallo slip estrae un guinzaglio che immediatamente cinge al collo della gattina, la fa gattonare per tutta la stanza, si diverte facendola salire e scendere dal letto. Le conficca le unghie lunghe delle mani nei seni e poi la graffia. Paola sente bruciare quelle striature sulla pelle, intravede Annalisa lanciare qualcosa ai piedi di Raina, ma non riesce a capire cosa sia, quest’ultima si abbassa e impugna il manico dell’oggetto. E’ una frusta, con la quale inizia a percuoterle la schiena e le gambe. Ad ogni frustata le urla della poverina diventano sempre più forti e le lacrime si intravedono scorrere sotto la maschera. Dopo una ventina di colpi, le forze vengono meno e rimane riversa al suolo tremante. Il dolore è stato forte ed accompagnato da un bruciore diffuso, molto superiore a quello provato con la canna di bambù. Senza darle tregua la tira la testa tra le sue gambe e spostandosi la mutandina le ordina di leccarle la figa. Assapora i suoi umori, sono più intensi di quelli di Annalisa, la pulizia del suo sesso è approssimato ci sono dei peli anche all’interno delle grandi labbra che le danno fastidio alla lingua. Cerca di scostarsi, ma ogni suo movimento viene represso con la forza strattonandola per il guinzaglio o bloccandole la testa con le mani dietro la nuca. Le ordina: «bestia muovi la lingua passala per bene e spingimela dentro più che puoi», lei annuisce e per qualche minuto è obbligata a respirare e assaporare quel frutto esotico. I tip arrivano copiosi e il conto dell’account arriva a superare i diecimila euro. Abituato a ben altro Raina non riesce a raggiungere l’orgasmo e le chiede: «succhiami il clitoride», allargandosi le labbra della figa per agevolare il compito. Come se volesse praticare un pompino Paola si avvicina al punto indicato e col la lingua lo sfiora, poi avvicina le labbra e con queste lo circonda in una piacevole morsa, con leggeri movimenti della bocca lo pompa, si avvede che la stangona ha come un’erezione, gli diventa sempre più grande e duro, quest’ultima le urla: «si così ... brava ... ancora, continua sempre più veloce che mi fai godere», le porta le cosce sulle spalle e con le gambe la blocca in quella posizione. Sente i tacchi conficcarsi nella carne, le sue mani si appoggiano sulla nuca e la spingono violentemente contro il suo sesso, lei stretta in quella morsa è eccitata e si lascia andare. Gli specchi alle pareti amplificano la scena in qualsiasi lato si guarda si può ammirare quello spettacolo. Raina si muove sinuosamente sul letto, sotto i colpi di lingua e del risucchio, grida sicuramente è venuta, ma continua ad esigere quel trattamento, tutti i suoi umori riempono la bocca e la faccia della gattina, il trucco dei baffi e del naso è tutto sbavato. Annalisa sta riprendendo da molto vicino la scena con una telecamera in alta definizione, le due neanche si accorgono della sua presenza. Quando ad un certo punto, la mistress che già aveva quasi del tutto immobilizzato la sua schiava, stringe la sua testa anche con le cosce per impedirne qualsiasi movimento, in quel preciso istante inizia a pisciarle in bocca. Lei prova un disgusto per quanto sta subendo, cerca di far fuoriuscire quel liquido caldo che le sta spruzzando in bocca, le due si bagnano. Quando il flusso sta quasi per terminare le ordina: «bevi, non devi fartela uscire dalla bocca, se non ne vuoi altre», brandendo la frusta tra le mani. Per paura di altre frustate beve l’ultima parte che aveva in bocca, sente salire conati di vomito, le fa davvero schifo quanto appena fatto. Si chiede come è potuta arrivare così in basso ed accettare quest’umiliazione. Ha il corsetto tutto bagnato nella parte frontale, Raina glielo toglie, poi da una panca vicino al letto prende due polsiere e due cavigliere in cuoio, appositamente lasciate lì, le riconosce sono quelle utilizzate anche la sessione precedente con il padrone, capisce che è appena all’inizio di un’altra interminabile notte. La mistress la fa sedere sul letto, le divarica le gambe e le infila nella vagina un Ohmibod, un vibratore molto utilizzato dalle camgirls, che può essere comandato dai visitatori della stanza. L’aggeggio è simile all’ovetto che l’hanno costretto ad indossare nel pomeriggio, solo è più grande e ha una forma assomigliante alla parte terminale di un fallo con la cappella sguainata. Glielo sistema per bene, rimane esternamente solo una codina, parte terminale del vibratore. La mistress le ordina: «ora masturbati e raggiungi l’orgasmo per i nostri followers, mi raccomando allarga bene le gambe e mostragli il tuo frutto», mentre la frase sta per terminare già arrivano le prime vibrazioni, qualcuno previo il rilascio di tip abbastanza elevati ha la possibilità di inviare l’impulso scegliendone la durata e l’intensità. Per minuti la situazione va avanti in questo modo, anche perché il padrone sapientemente per non far venire subito la schiava, quando la vede prossima a raggiungere il godimento, fa interrompere momentaneamente la possibilità da parte degli utenti di manovrare il vibratore. La schiava si è distratta e ha perso per qualche minuto di vista Raina, vede solo Annalisa che continua le sue riprese e di tanto in tanto le si pone davanti per godere a pieno quello spettacolo. Quando la mistress rientra nel suo campo visivo vede che indossa un grosso strap-on collegato a delle cinghie e posizionato sul pube. E’ esagerato sicuramente più grande del cazzo di Thomas, il guardiano del padrone che l’ha sodomizzata la sera precedente. Si avvicina e le ordina: «leccalo bene, ungilo. Lo dico per te.» Capisce che quella bestiona è per lei, avendo il culo tappato dal plug pensa che sia destinato alla sua figa, il solo pensiero la fa venire, come ormai il suo solito gli orgasmi sono accompagnati da squirtate eccezionali. Come un animale in calore non riesce a controllare le sue vibrazioni, Raina la prende per le gambe e le unisce con un moschettone le caviglie, la tira a sé facendola strisciare sul letto a pancia sotto, gli sfila il vibratore dalla vagina. Paola è convinta che quel fallo gigantesco sia orientato verso di lei, invece con sadismo le stappa il culo dal plug in maniera violenta, provocandole un urlo di dolore e si fa strada con lo strap-on nel suo culo. Lei strilla e si dimena: «siete tutti pazzi, con questo me lo rompi, non potrà mai entrare», la mistress allora le stringe la frusta intorno al collo togliendole il respiro. Lei si dimena, batte anche più volte la mano al suo fianco per cercare di richiedere la sua pietà, ma con un fuoco negli occhi la guarda e non smette, quello le dava troppo piacere. Essendo un’esperta di queste pratiche sa bene fino a dove può spingersi. Quando la schiva è giunta quasi al suo limite, con forza riesce a spingere la cappella dello strap-on dentro il suo culo. Con l’oggetto spinge, mentre con la frusta tira il collo della schiava verso di sé, il suo corpo si inarca, la scena è forte ma allo stesso tempo una goduria per tutti gli spettatori. I tip sembrano impazziti ne arrivano tantissimi ormai il conto ha superato i trentamila euro. Lei urla e si dimena, il dolore è fortissimo le dimensioni sia in lunghezza che in spessore dello strap-on sono notevoli, Raina rilascia la frusta che non stringe più il collo, lasciandolo segnato da un alone rosso, ma le prende i polsi portandoli dietro la schiena della gattina, tenendoli come fossero il pomolo di una sella, e inizia a spingere ritmicamente il suo arnese nel suo culo. Ogni colpo una piccola parte entra sempre di più, ormai è dentro per circa un quarto della sua lunghezza, lo sfintere ha subito sicuramente qualche lacerazione visto che un rivolo di sangue scorre tra le natiche della gattina e ha sporcato anche il cazzo finto che la sta sfondando. Alla vista di quel sangue la schiva implora: «basta ti imploro fa malissimo, non andare oltre», piangendo e dimenandosi. La mistress in trans alla vista del sangue le risponde: «tu non muoverti e non ostacolare il mio lavoro, ti farà meno male, poi continua a masturbarti così il rilassamento è sicuro», ed affonda il dildo fino a raggiungere la metà della sua lunghezza, l’urlo della gattina è straziante, Annalisa realmente si sta preoccupando che la situazione possa sfuggire di mano, ma sa che non può fare nulla, l’unico che può intervenire è Kristian che può fermare la mistress. Fortunatamente anche quest’ultima si rende conto che andando oltre potrebbe provocare qualche lesione alla sventurata, e decide di toglierli quel grosso affare dal culo. La gattina e riversa sul fianco, semisvenuta, con le mani che cercano di tamponare il sangue che fuoriesce tra le sue gambe e a protezione di quell’ingresso. Raina la disinfetta con una garza, anche quest’azione di umana pietà è fatta con sadismo, non tampona solamente, la struscia contro l’orifizio e l’innaffia con acqua ossigenata in abbondanza. Le concede solo qualche minuto per riprendersi, ma da vera esperta di questi canali hot per non far allontanare i visitatori, gioca con il corpo di questa, le sue attenzioni principali sono i capezzoli e il clitoride che vendono presi di mira con delle clip fermacarte in metallo, anche queste provocano dopo un breve dolore iniziale un piacere che poi viene bruscamente interrotto al momento in cui vengono rimosse. L’obiettivo minimo della serata per il padrone è di raggiungere almeno centomila euro di guadagno al netto del venticinque per cento da dare a Raina per la sua performance. Attualmente il totalizzatore è arrivato appena a ottantamila euro pertanto bisogna andare avanti anche se il suo animale è alquanto stanco e provato. Annalisa fa scorrere verso il letto un carrellino con una serie di attrezzature metalliche con congegni meccanici, sicuramente sono frutto della sua mente pensa Paola. Vi è una struttura fatta di assi metalliche bullonati, composta da due parti che combaciano perfettamente, la parte superiore ha un incavo per cingere il collo della persona a cui è applicata la struttura, Raina seguendo le istruzioni tipo quelle di Ikea preparate dall’ingegnere, posiziona la parte posteriore sul letto, poi mette supina la schiava e appoggia la parte frontale, i bulloni servono a congiungere le due parti che diventano un tutt’uno, dopo aver cinto il collo della schiva. La struttura ha due assi che sono posti ai lati dei fianchi e presenta delle sbarre trasversali imbottite che spingono verso il ventre e la schiena quando cerca di muoversi. Costringono il suo busto ad una posizione immobile. Ciascuno dei due avambracci viene cinto da una sorta di bracciale metallico spesso, chiuso con un catenaccio, le braccia le vengono fatte posizionare leggermente all’indietro e con una sbarra verticale i due avambracci vengono collegati in modo da non porteli far divaricare. La posizione è scomoda, si sente le scapole fuoriuscire, le polsiere vengono agganciate alle sbarre laterali. La struttura stessa viene agganciata al carrellino su cui era riposizionata l’attrezzatura. Le caviglie vengono bloccate con una morsa metallica, che sembra un grosso schiaccianoci, che richiudendosi cinge le caviglie della schiava. Ai bordi del tavolino vi è un argano, facendolo ruotale una corda che passa per gli snodi della struttura metallica, costringe Paola ad assumere una posizione retta, con il busto teso in avanti in modo da formare tra il busto e le gambe un angolo di novanta gradi. La mistress prende una sbarretta metallica e la posizione tra l’alloggio presente nello schiaccianoci alle caviglie ed un altro presente sulla struttura all’altezza del collo. La sbarretta viene bloccata con dei pioli, in questo modo non può assolutamente muoversi dalla posizione in cui si trova. Alzando un telo dal ripiano inferiore del carrellino Raina scopre un motore elettrico collegato ad una puleggia che trasmette con un disco girevole intorno al proprio asse un moto oscillatorio ad un’asta ad esso collegato. L’asta è orientata in direzione della vagina della schiava e sicuramente una volta azionato il motore sarà in gradi di spingere e ritrarre bene qualsiasi oggetto ad essa collegata. Pensa bene che il dildo utilizzato fino a qualche minuto fa può andar bene allo scopo, sicuramente la figa della gattina sarà più dilatata del suo culo e potrà accoglierlo meglio al suo interno. Lo attacca all’asta e infila la cappella nella vagina. Prima di portare il motore a regime, prova il movimento e saggia fino a dove può far spingere l’arnese senza creare troppi danni. I lamenti della gattina sono insistenti decide di metterla una morsa come si fa con i cavalli, le infila un’asta gommosa tra le labbra e la tira con le cinghie dietro alla nuca, in modo che la sbarretta tenda gli spigoli delle labbra all’indietro, così la lingua ha scarsa libertà di movimento. L’asta si muove penetrandola lentamente, poi man mano aumenta la velocità del motore, ciò comporta l’aumento della frequenza dei colpi di penetrazione, prende un frustino e inizia a colpirli il culo e la parte posteriore delle cosce, tali colpi tendono a farla muovere e il movimento fa cambiare la profondità della penetrazione. Quando i colpi costringono a piegarla sulle ginocchia inevitabilmente il culo si sposta all’indietro consentendo una maggiore penetrazione da parte del congegno. Non si capisce se i lamenti sono dovuti ai colpi del frustino o alla profondità raggiunta dal dildo. Gli utenti impazziti per la pena inflitta alla schiava offrono tantissimi tip per richiedere che il motore sia spinto alla massima potenza. Raggiunta la soglia del conto prefissata dal padrone, acconsente a far raggiungere tale potenza, il ritmo della penetrazione è violentissimo e le provoca un nuovo orgasmo, tutti i liquidi le scorrono lungo le gambe, si dimena dagli spasmi ma è costretta in quella posizione, un’inquadratura del suo volto fa trasparire sotto la maschera i suoi occhi con le pupille dilatate e rivolte verso l’alto. E’ sfinita quando il motore viene spento. Insieme ad esso anche la connessione della stanza viene disattivata, sembra che questa interminabile serata sia finita. Annalisa aiuta a slegarla e la porta al solito bagno dove le cura le ferite delle frustate e dell’orifizio dello sfintere martoriato. Quando ha terminato prima di farla rivestire aggiunge una nuova decorazione ai piedi della schiava, ormai ben quattro dita sono adornate da anellini uno diverso dall’altro. Quando hanno finito, Kristian in casa non si vede, vanno via chiudendosi la porta alle spalle. Salgono in macchina e si dirigono in città. Annalisa mentre guida sospira: «Non volevo dirtelo perché credo che possa far aumentare la tensione tra noi, ma scateni in me sentimenti contrastanti a tratti godo vedendoti sottomessa in quel modo, poi ripenso alla nostra notte a Manchester e provo pietà per quanto stai sopportando.» Paola la guarda e ascolta quelle parole, ma è troppo stanca e dolorante per rispondere. Si accosta in una piazzola di emergenza ferma l’auto e con voce insolitamente sottile le chiede: «Vuoi che ti porti da me?» Acconsente almeno qualcuno si sarebbe presa cura di lei, non avendo le forze, la sessione è stata troppo dura, quelle frustate le fanno male e bruciano. Giunte a casa Annalisa l’aiuta a salire per le scale, senza perdere tempo la spoglia e la stende sul letto. Indossa solo un paio di slip giallini. Crolla e si addormenta, la padrona di casa dopo una doccia, si va a stendere al suo fianco. Non riesce a dormire i ricordi dei suoi filmati sono ancora vivi nella sua mente è eccitata, vorrebbe che la schiava fosse presente per godersela un po’, devi ripiegare e inizia a toccarsi con le dita, l’unico modo per provare piacere in quel momento è quello di masturbarsi. Nonostante i suoi gemiti di piacere, l’altra non si accorge di nulla. Non riesce ugualmente a dormire, le arriva la notifica di un messaggio Whatsapp è di Kristian: “Sei un aiutante fantastica, quando avremo finito meriti un premio. Abbiamo totalizzato fino ad ora un bel bottino. Ho quasi recuperato il dovuto. Ma ho la sensazione che la schiava sta apprezzando questo suo stato di sottomissione.” Lei risponde: “Si lo penso anch’io, nonostante le punizioni e il dolore godeva come una matta. Solo che ora è esausta, era senza forze e mi ha chiesto di rimanere da me.” Insieme al messaggio gli invia le foto di lei quasi nuda sul letto e della sua schiena e dei suoi glutei solcati dalle sferzate di Raina. Dopo aver visto le foto, si rende conto che ci è andata giù pesante, visto che ha tempo ancora qualche giorno per il primo saldo del suo debito, scrive: “Non mi ero reso conto preso dall’eccitazione è messa veramente male, dobbiamo aspettare un paio di giorni che si riprenda e che quei solchi spariscano. Altrimenti quelle imperfezioni deprezzano il suo valore.” Annalisa non capisce il senso dell’ultima parte di quel messaggio, risponde solo con un laconico: “Ok. Aspetto tue disposizioni” e si addormenta.
Al risveglio trova sul suo cellulare un nuovo messaggio: “Falla riposare, oggi non verrà a lavoro.” Quindi si prepara, le lascia un biglietto sul letto spiegandole che può riposarsi, per oggi è giustificata dal padrone ed esce di casa per andare in azienda.
Paola al suo risveglio si ricorda di aver chiesto di non essere portata a casa, ma è ancora assonata e frastornata. Capisce che è a casa di Annalisa, ci sono delle sue foto sul comodino vicino al letto, ma non la vede, prova a chiamarla ad alta voce, ma non ha risposta. Si accorge del biglietto nel letto, lo legge e prova piacere del giorno di riposo concessole, è ancora dolente per le frustate ricevute. L’olio lenitivo ha attutito i segni, ma sono ancora ben evidenti. Si rende conto che sono già passate le 10.00, aveva bisogno di riposare. Si alza dal letto e curiosa per l’appartamento. Non è molto grande, vi è la stanza da letto, un’ambiente living, un’altra piccola stanza e un bagno. La piccola stanza sembra un negozio di scarpe, ve ne sono almeno un centinaio di paia, disposte in maniera maniacale in rigorosa disposizione cromatica. Sul tavolo nell’ambiente living Annalisa ha rimasto il necessario per la colazione, si fa un caffè e mangia qualche fetta biscottata con un velo di marmellata alle fragole. Terminato decide di fare una doccia, il getto d’acqua sulla schiena nei punti solcati sono come nuove frustate ma più leggere, il ricordo delle sferzate subite le provocano uno strano stato di eccitazione, è diventata una bulimica del piacere, si masturba con il doccino e le dita fino a raggiungere un orgasmo. Soddisfatta la sua fame di libido, decide di vestirsi, non ha biancheria di ricambio con sé e non sa come fare, vorrebbe scavare nei cassetti della padrona di casa, ma si inibisce e ha paura che possa arrabbiarsi al suo ritorno trovandola con il suo intimo addosso, ma non può rimanerne senza, visto che tra i vestiti indossati alla sua ultima uscita vi è una gonna e lei non andrebbe mai in giro con le parti intime al vento. Quindi inizia a curiosare tra i cassetti e gli armadi della casa, la lingerie di Annalisa è davvero di classe ed eccitante, non vi è presenza di intimo sportivo e comodo, le sembra come se dovesse avere appuntamenti galanti in ogni momento ed essere sempre sexy e provocante. Trova anche diversi giochini erotici disseminati nei cassetti, è evidente che la ragazza ha un continuo bisogno di soddisfarsi, questa visione la rende meno inibita si rende conto che forse è la normalità e che lei fino a quel momento ha represso questo aspetto della sua intimità. Si decide ad inviare il seguente messaggio alla padrona di casa: “Grazie della premura che hai avuto, anche la colazione sul tavolo mi hai lasciato. Volevo chiederti un piacere, non ho i ricambi del mio intimo, potresti prestarmi un paio di mutandine. Se si, mi dici dove le posso prendere?” Dopo qualche secondo subito le arriva la risposta: “Si certo che puoi, nel primo cassetto dell’armadio c’è la mia biancheria scegli quello che vuoi.” Presa da questo senso di confidenzialità le invia ancora il seguente messaggio: “Grazie mille. Sono senza macchina, visto che mi hai accompagnata tu ieri sera, possa restare qui da te, ti aspetto fino a quando finisci di lavorare se puoi magari mi accompagni a casa.” Annalisa le risponde: “Certo che puoi rimanere, sentiti come a casa tua. Tanto in questo periodo vivo da sola e nessuno verrà a disturbarti.” In questa fase di cambiamento della sua vita le fa piacere questo distacco anche dal suo appartamento, in quel condominio si sente eternamente osservata e giudicata. Riceve anche dei messaggi della sua amica Maria che le chiede se va tutto bene, visto la sua fuga dall’happy hour, la risposta è sbrigativa, non le va di rimanere in una delle lunghe conversioni in chat di cui sono solite, le fa sapere che sta bene ed è impegnata in ufficio. Sceglie una mutandina blu con inserti in pizzo bianco a barre verticali, il modello è sgambatissimo, ma almeno ha stoffa abbastanza per coprirle il culo. Indossa la gonna e la blusa poi continua a rovistare in casa, incuriosita di scovare nella intimità dell’amica. Trova anche una serie di riviste sul mondo dei piercing, ci dà un’occhiata e si rende conto che quelli di Annalisa sono i più ovvi e frequenti, ma ci sono situazioni davvero inusuali e alquanto dolorose. Sono ormai le 12:00 di uscire non ha voglia, si stende sul divano e accende la televisione, con gran sorpresa vede cha almeno i primi cinquanta canali, sono tutti pornografici, avrà almeno quattro o cinque abbonamenti a pacchetti di TV sia italiani che stranieri. Pensa che la troietta deve avere il culto del sesso, oltre a praticarlo a questo punto le piace anche vederlo, immagina lei su quel divano ad eccitarsi nel vedere questo genere di film. Lei non ha mai avuto la curiosità per questi film, ora avendo la possibilità vuole darci un occhio e capire il perché del loro successo. Davanti ai suoi occhi vede scene fino a qualche giorno prima impensabili e inguardabili per la sua moralità. Scene di sesso di gruppo, orge, pissing, donne che vengono penetrate con i più disparati oggetti dalle dimensioni incredibili, filmati di sadomasochismo con donne frustate a sangue fino allo sfinimento. Pensa allora che tutto sommato con lei Raina ha avuto del riguardo, fermandosi a sole venti frustate, avrebbe potuto andare avanti ancora per molto visto questi filmati. Il genere sadomaso sicuramente deve essere il preferito della stronzetta visto che la prevalenza dei canali sono tematici, su quest’argomento e sui rapporti imposti con la forza, evidentemente deve avere un animo scuro e perverso. Ma invece di provare disgusto per tutto quello che sta vedendo, ha vampate di calore e scosse di fremiti che l’attraversano, si accorge che anche a lei piacciono, ma a differenza dell’amica che forse prova piacere nel dominare, lei ha piacere nell’immedesimarsi nelle vittime di quelle sottomissioni. L’eccitazione raggiunge il suo massimo nel vedere il filmato di una splendida rossa, dal fisico mozzafiato legata su una sedia ginecologica attorniata da un uomo e due splendide assistenti. L’uomo gli ficca il cazzo nella bocca, fino a farlo sparire completamente quasi soffocandola, una delle due donne con uno strap-on esagerato la sodomizza ed infine l’altra la più perfida, dopo averle inserite uno speculum metallico nella vagina e averla dilatata al massimo infila un aggeggio metallico nella sua uretra. In quel momento la rossa, in preda a dolori lancinanti cerca di muoversi da quella morsa e di urlare ma non può avendo quel grosso cazzo in bocca ed essendo legata da delle cinghie. Si vede solo la sedia vibrare allo scuotimento di quel corpo e i suoi aguzzini incuranti continuare nell’opera. Mentre guarda il filmato si tocca, ormai è disinibita e ad ogni stimolo sessuale si lascia andare senza più repressione e raggiunge più orgasmi. Poi distoglie i suoi pensieri da questi istinti primordiali e pensa che fino ad ora fortunatamente con lei non hanno raggiunto tali brutalità, ma nonostante provi piacere al pensiero che anch’essa possa essere sottoposta a tali trattamenti, ha paura del dolore che potrebbe provare con questo tipo di torture. Si ricorda che per lei il periodo di schiavitù può a breve giungere alla fine, viste le parole usate da Kristian nel loro ultimo incontro in ufficio e spera che non arrivino fino a tanto e farle subire quel tipo di sofferenze. Nonostante i più orgasmi avuti continua nello zapping, quando giunge su un canale che sta trasmettendo un trattamento con la corrente elettrica ad una ragazzina di colore completamente rasata, bloccata tra tubolari di ferro che la fanno assumere una strana posizione. Una donna le rasa completamente la testa con una macchinetta, asportandole la folta chioma di capelli crespi, contro la sua volontà mentre un uomo le collega i capezzoli e le labbra della vagina a dei morsetti collegati ad un dispositivo. Non contento le infila anche un cazzo metallico nel culo anch’esso collegato tramite un filo allo stesso dispositivo, quindi azionando una manopola aumenta man mano l’intensità della corrente, il corpo della poverina attraversato da quelle scariche si dimena, ma è bloccato in quelle morsa di ferro che ne impedisce i movimenti, la bava le esce copiosa dalla bocca, la donna gliela raccoglie e gliela cosparge in testa che nel frattempo e ormai tutta rasata e acquista lucentezza con l’umidità di quella saliva. Dopo quest’ultima scena decide di finirla con la visione di questi canali, sta apprendendo tante cose che fino a quel momento non aveva mai pensato e la paura per quello che può accaderle è forte. Non si accorge che ha trascorso diverse ore davanti a quei film, spegne la tv, non vuole diventare dipendente dal sesso. Si affaccia dalla finestra e vede che di fronte c’è una gastronomia, decide di comprare qualcosa per mangiare. Vicino alla porta la padrona di casa le ha lasciato un mazzo di chiavi, così può scendere e dopo aver mangiato risalire a casa. Ai tavolini della gastronomia, si sente osservata dagli sguardi di alcuni ragazzi seduti sulla panchina difronte a lei. Pensa che potrebbero essere spettatori della sua prestazione della notte precedente. Un pensiero la rassicura in tutta la performance aveva la maschera, la parrucca e il trucco marcato non sarebbe stato così facile essere riconosciuta. Mangia velocemente la porzione di farro e gamberetti ordinata, vuole sfuggire a quegli sguardi insistenti. Paga il conto e decide di salire immediatamente in casa ad aspettare il rientro di Annalisa. Nel cortile del fabbricato, prima del portone d’ingresso si ritrova uno dei ragazzi davanti, che tenta un approccio dicendole: «sei nuova nel palazzo, non ti ho mai visto prima d’ora? Eppure non passi inosservata con queste gambe che ti ritrovi.» Spaventata cerca di liquidare subito il discorso dicendo: «non abito qua sono ospite di un’amica.» Il ragazzo incuriosito si pone tra lei ed il portone, la vuole scrutare da vicino e le chiede: «chi il puttanone del terzo piano?» Il piano corrisponde a quello di Annalisa ma visto che vi sono altri tre appartamenti sul pianerottolo non sa se effettivamente si stesse riferendo a lei con quell’allusione, ma se fosse così la reputazione di Annalisa nel suo quartiere non è delle migliori. Lei comunque vuole al più presto sottrarsi da quella situazione, anche se stranamente quest’approccio che le avrebbe di solito infastidita le fa piacere, ma il ragazzo avrà al massimo diciotto o diciannove anni la metà dei suoi e gli risponde: «ti starai sbagliando, non so a chi ti riferisci, ora fammi passare che ho da fare.» Il ragazzo si scosta la fa passare mangiandosela con gli occhi mentre si avvia ad aprire il portone e prima che possa entrare le dice: «sappi che farei follie per una scopata con una milf come te» e le carezza leggermente la schiena. Quella mano sui segni delle frustate, le dà una scossa violenta, poi pensa a cosa voglia dire quella strana parola pronunciata nei suoi confronti. Il portone si chiude alle sue spalle, lei si volta e lancia inconsapevolmente uno sguardo verso il ragazzo. Tornata in casa, cerca il significato di quella parola su un motore di ricerca e capisce che si riferisce alla categoria di donne della sua fascia d’età e della sua fisicità, che sono inquadrate sotto questa voce, acronimo inglese. Si ristende sul divano le emozioni provate sono abbastanza e decide di mettere in sottofondo un po' di musica rilassante e aspettare che Annalisa rincasi.
Alle 17.30 quest’ultima apre la porta di casa e trova l’ospite distesa ancora sul divano, con le cuffie che ascolta musica ad occhi chiusi. Le sfiora con le mani le gambe, ha un sussulto: «ah che spavento sei tornata? Non ti avevo sentito.» Lei risponde: «scusa non volevo farti saltare, ma non ho resistito.» Facendoli un sorriso. Tutte queste attenzioni la fanno aumentare l’autostima e la consapevolezza di essere davvero attraente, poco prima il ragazzo giù al palazzo poi le attenzioni di Annalisa. Mentre è sovrappensiero quest’ultima le dice: «Kristian vuole che ti riprendi, i segni alla schiena devono scomparire prima della prossima sessione, che si terrà domenica sera.» Quanta premura per me, a volte è inspiegabile prima mi sottopone a ogni genere di punizione e poi si preoccupa in questo modo. Continua dicendo: «anzi fammi vedere come va, scopriti la schiena,» lei si alza la blusa e gliela mostra, la conforta: «decisamente meglio di questa notte, sicuramente continuando con l’olio di iperico per domenica sera sarai come nuova.» Prende l’olio e le spalma tutta la schiena, le fa abbassare anche la gonna. Le vede la sua mutandina addosso: «ah però ti dona questa addosso, ottima scelta» e abbassandogliela spalma l’olio anche sui glutei e sulle cosce appena sotto. Il passaggio di quell’unguento sono un toccasana per le ferite, il dolore sembra essere sparito e anche il rossore si è trasformato in un rosaceo scuro. Annalisa le chiede: «se vuoi ti accompagno a casa, ma mi farebbe piacere se restassi qui, così posso prendermi cura della tua schiena e del tuo culo. Tanto è venerdì si tratta di due giorni. Domenica pomeriggio ti accompagno a casa per lasciarti il tempo di prepararti.» In un primo momento vorrebbe tornare a casa sua, ma pensa che tutto sommato queste due giornate possano trasformarsi in qualcosa di interessante e risponde: «grazie accetto il tuo invito, così potrai prenderti cura di me. In compenso lasci che ti prepari qualcosa per la cena.» La padrona di casa le dice: «si grazie sono distrutta, oggi in ufficio Kristian è stato più esigente del solito, sono esausta», pensando a come gli ha visti al tavolo del Sulema pensa in che senso sarà stato più esigente del solito, ma ha paura della sua risposta, lei in fondo si sta innamorando di quell’uomo. Prepara delle cotolette alla milanese e un’insalata mista, Annalisa prende del vino si accomodano al tavolo e tornano a parlare, come la sera al Town Hall Tavern, solo con consapevolezza diverse l’una dell’altra. Paola per prima rompe il ghiaccio e le chiede: «ma che ci fai con tutti quei canali porno, ho acceso per caso la TV questa mattina e ce ne sono una marea», la padrona di casa ride e risponde: «sono sincera in queste ultime settimane li ho visti per ore, ma gli abbonamenti li ha fatti il mio ex che viveva qui con me fino a qualche settimana fa. A lui piaceva che la sera li vedevamo insieme, lo eccitavano e poi mi possedeva. Già da questo dovevo capire che non poteva durare, se aveva bisogno di questo per scoparmi vuol dire che non mi desiderava abbastanza e non lo eccitavo. Eppure porca come lui voleva lo sono.» Le risponde l’ospite: «io ti confesso che tranne qualche rivista da ragazza, non ne avevo mai visto prima uno di questi film, ma mi sono eccitata a guardarli oggi» e anche lei scoppia in una risata. Le due continuano a parlare per parecchio tempo al tavolo, quando all’improvviso Paola non ce la fa più e le racconta anche l’episodio capitatole nel pomeriggio con l’approccio del ragazzo, gli spiega i connotati del ragazzo e dove è accaduto. Annalisa capisce subito: «deve essere sicuramente quel moccioso di Luca, il figlio della signora al piano di sopra, non ha ancora diciotto anni è in piena tempesta ormonale, ci prova sempre anche con me. Una volta me lo sono trovato dietro mentre ero in lavanderia nei sotterranei del palazzo, mi ha mostrato il suo cazzo che si segava e io gli ho risposto devi prima crescere per sperare di avere qualche chance con me. E’ un bravo ragazzo senza consenso non ti farà mai nulla, ma tieniti comunque alla larga non si può mai sapere.» Ormai è quasi mezzanotte, le due vanno a letto, ma prima di addormentarsi si concedono qualche coccola.
Il giorno seguente la mattina escono per delle commissioni, mentre sono in centro Paola ha sempre la sensazione di avere gli occhi addosso delle persone, come se l’avessero riconosciuta in quel video. Poi da lontano intravede l’amica Maria, dice ad Annalisa: «entriamo in questo negozio, c’è Maria la mia amica, non voglio incontrarla altrimenti inizia a farmi mille domande.» Evitato il pericolo tornano alle loro commissioni. La giornata scorre tranquillamente sembrano due amiche di una vita, invece al momento sono una la schiava e l’altra l’assistente del padrone e sanno bene che quel rapporto idilliaco sarà presto interrotto da una nuova sessione dal padrone.
La domenica fino all’ora di pranzo scorre lenta e distesa la padrona di casa si prende cura della schiava con massaggi e unguenti sulla pelle che la rendono morbida e liscia senza alcuna imperfezione, provvede a rasarle il pube come desidera il padrone e tutti gli altri punti dove possa esserci crescita, rendendo il suo corpo glabro. Durante le ore che portano al pomeriggio spalma più volte sulla sua schiena una crema paralizzante e anestetizzante, quella che viene utilizzata dai tatuatori. Lo strano effetto viene percepito dalla schiava che ai vari passaggi sente sempre meno la sensibilità sulla sua schiena. Annalisa le spiga: «questa è una crema rigenerante della pelle, serve a tonificarla dopo i traumi ricevuti dalle frustate, può capitare di sembrare di non sentire il tatto per un po' ma poi passa dopo qualche ora. Durante tutta la giornata voglio spalmartela così se dovessi subire un’altra sessione di frustate ne uscirai meno provata.» Paola a quelle parole pensa che l’amica abbia premura nei sui riguardi e che ne provi anche pietà per quelle violenze subite, senza sapere che a lei cominciano a piacere. L’ansia di Paola inizia a salire solo dopo pranzo quando Annalisa le fa segno che ora e che deve andare a casa sua. Non sa cosa la possa attendere questa volta, la schiena è tornata liscia e sana come richiesto da Kristian.
Viene lasciata giù da lei verso le 16:00, incontra la solita signora con il cane che la squadra dal capo ai piedi e a stento la saluta. Non dà molta importanza alla scelta dei vestiti, ormai le è chiaro che appena arriva agli appuntamenti viene fatta denudare. Si concede un bagno rilassante nel suo idromassaggio, sta a mollo per una mezz’ora abbondante, con un calice di vino di rosso a bordo vasca che di tanto in tanto sorseggia. Di solito utilizza sempre smalti correttivi trasparenti o al massimo bianchi o rosa chiaro tranne di rado un bordeaux, decide di osare e decora sia i piedi che le mani con uno smalto rosso corallo. Vuole eccitare il padrone, ancor prima di essere sottoposta alle sue punizioni, non vuole più essere la donna scialba che era stata fino ad ora.
Alle 18:00 arriva il solito messaggio di Kristian: “Alle 19:00 fatti trovare pronta”. L’eccitazione della schiava comincia a salire. Questa volta viene personalmente il padrone a prenderla, non delega l’aiutante. La strada per il casale la conosce bene ormai, sono lì prima delle 20:00.
Il solito rituale alla porta, viene fatta denudare di tutto e poi viene introdotta in casa. Mentre si spoglia ha modo di notare che Annalisa è già in casa seduta sulla poltrona rivolta alla porta d’ingresso che in penombra si gode lo spettacolo. Vede di nuovo gesti d’intimità tra il padrone e lei, la infastidiscono non poco. Viene condotta al centro della stanza e fatta mettere a gattoni sul tavolino basso centrale. Il culo rivolto verso il padrone e il volto rivolto verso l’aiutante. Kristian le ordina: «rimani immobile così, non muoverti per nessun motivo». Lei sente che si sta muovendo dietro di lei, si è alzato dalla poltrona, sente i passi, ma non può muoversi e non riesce a vedere cosa sta accadendo. Annalisa le chiede: «hai provveduto a spalmarti altra pomata sulla schiena prima di venire, come ti ho raccomandato», lei che sa bene che quando iniziano le sessioni non può parlare senza il permesso del padrone, annuisce con un gesto della testa. Sente i passi del padrone avvicinarsi, poi sente una mano accarezzarle il culo, l’altra mano si insinua nell’interno cosce e si strofina sul suo sesso, che è già bagnato in abbondanza. E’ nel suo periodo fertile e gli umori sono più copiosi del solito. Sente delle dita che le penetrano delicatamente e che raccolgono l’abbondanza di quel liquido, per poi ripulirsi attorno al buco del suo culo. Intuisce che non si tratta di un gesto di pulizia, ma bensì glielo sta preparando a dovere, sente anche un liquido caldo scorrergli nel solco del culo fino a giungere all’altezza del suo buco. Le dita spalmano bene i liquidi attorno all’orifizio, un dito la penetra leggermente, poi viene ritratto e in men che non si dica sente spingere sul suo sfintere un’oggetto metallico appuntito. Deve essere sicuramente uno di quei plug che piacciono tanto al suo padrone, lo sente molto più grande di quello che era stata costretta ad utilizzare la prima volta. Infatti le dimensioni sono notevoli, ma a differenza della prima volta entra seppur a fatica senza grossi dolori. Sente la base aderire all’anatomia del suo orifizio, l’effetto visivo è molto bello. La base è a forma di cuore con una pietra verde smeraldo, un gioiello a tutti gli effetti. Annalisa si alza per vedere l’effetto, si struscia contro il cazzo di Kristian che è bello gonfio per quanto appena fatto. Poi osserva il culo della schiava ed esclama: «un pezzo di valore.» Poi prende per il polso la schiava e dice: «la vado a preparare, ho una splendida sorpresa per te questa sera Kristian, apprezzerai molto quando la schiava tornerà da te.» La conduce al piano superiore, in una stanza che fino ad ora non aveva mai visitato in quella casa, molto scarna vi è un armadio di legno, delle panche e al centro un lettino, l’ambiente è scuro e poco illuminato. Viene fatta stendere supina sul lettino, Annalisa provvede a spalmare ancora dell’altra crema anestetizzante, ormai la sua schiena e quasi insensibile al tatto. Sente il rumore metallico di un carrello che si avvicina, l’assistente dice: «Ciao Hector ben arrivato», poi rivolgendosi verso di lei aggiunge: «per questa serata ti realizzeremo un bel lavoro, devi solo contribuire restando ferma mentre il mio amico lavora. Ti assicuro il risultato sarà spettacolare.» Lei non capisce ancora di che lavoro si tratta, intravede solo la parte terminale del carrello con una lampada con lente di ingrandimento e una luce, tipo quella utilizzata dagli orologiai, ma non riesce a vedere nient’altro. Il culo già l’ha ripieno quindi più di essere penetrata cosa mai può attenderla. Ma si rende conto che le attenzioni sono rivolte non verso la sua vagina, ma ben d’altra parte. Sente Hector dire: «davvero una bella schiena, verrà un ottimo lavoro», lei non capisce, sa solo che le faranno qualcosa sulla schiena pensa qualche disegno o al massimo un tatuaggio anche se ne è contraria. Non ha il coraggio di chiedere teme che possa subire percosse e sa che le serate da Kristian sono interminabili e non vuole iniziare da subito a prenderle. Annalisa sfoglia qualche giornale, sente il rumore della carta quando viene mossa, poi sente dirle: «ecco voglio questo», evidentemente la stronzetta avrà scelto cosa deve essere realizzato sulla schiena.
Sente Hector armamentare con degli attrezzi sicuramente metallici, li riconosce dal rumore che fanno quando vengono mossi e appoggiati sul carrellino. Annalisa, quindi le prende i polsi e glieli lega ai piedi del lettino, così fa anche con le caviglie, Hector le sale a cavalcioni e si siede sul suo culo. In questo modo non può muoversi. L’aiutante le si piazza davanti tenendola per la testa, le porge un asciugamano arrotolato davanti alla bocca e le dice: «non dovresti sentire nulla, vista la quantità di crema che ti ho fatto mettere oggi, ma in ogni modo se senti dolore mordila e cerca di rimanere immobile e rilassata altrimenti il dolore potrebbe aumentare.» Lei impaurita e tesa come una corda di violino a queste parole chiede: «posso sapere cosa volete farmi, vi prego non fatemi male». Hector che era stato indottrinato da Annalisa sulla situazione, le risponde: «tranquilla, ti adorniamo la schiena, in certi ambienti piace tantissimo è ritenuto eccitante. Ti installerò alcuni piercing, ma non preoccuparti saranno lì per poco, appena avrai finito tornerò a toglierli in modo che i buchi si richiudano e tra un mesetto non resterà alcun segno o cicatrice, rimarrà solo il ricordo di questa serata.» Annalisa le dice: «ti stiamo facendo un piercing corset, impazzirà Kristian per questo. La schiena verrà forata più volte con degli anelli metallici che saranno poi congiunti con un nastro, per sembrare un corsetto allacciato» e le mostra la rivista che stava sfogliando. Vi sono foto di corpi con decine di piercing ad anelli conficcati nelle più disparate parti del corpo, disposti secondo allineamenti ben precisi e uniti con dei nastri colorati che formano gli intrecci tipici dei corsetti. C’è chi li ha applicati sul dorso dei piedi, chi sulle gambe, chi sul petto, chi alla gola, alcuni sulle braccia e altri sulla schiena. Quello che più la sconvolge è quello indicato con il nome “a farfalla”, che spera non sia quello scelto per lei. In tale foto si vede una donna di spalle, con una serie di anelli conficcati in linea retta dalla spalla fino ai polsi sulla parte posteriore delle braccia e altri due conficcati al centro della schiena. Due nastri bianchi si intrecciano ciascuno tra un braccio e l’anello più vicino ad esso sulla schiena, disegnando quelle sembrano le ali di una farfalla. L’effetto visivo è sicuramente bello per chi lo pratica e lo vede, ma sicuramente doloroso per chi lo subisce, la pelle della schiena è tirata dal nastro in tensione che blocca i movimenti delle braccia. Questo tipo di corset sicuramente non è solo decorativo ma è anche legato all’imposizione della schiavitù di chi lo subisce, facendole assumere una posizione di sottomissione e d’impossibilità dei movimenti delle braccia. Annalisa vede il suo sguardo sconvolto per quella foto e la rassicura: «tranquilla non ho scelto questo, le braccia ti serviranno libere», ha un sospiro di sollievo. Ma non gli indica quello prescelto, le dice solo: «vedrai solo quando sarà terminato». Hector provvede con un disinfettante a pulire bene le parti interessate alla foratura, poi rivolgendosi alla schiava dice: «ti farà male, ma solo per un secondo, il dolore è intenso, ovviamente c'è un ago che ti attraverserà la pelle! Ma in realtà farà male giusto in quel momento e poi ti dimenticherai tutto. Se sei nervosa, hai paura o ti senti di svenire usa la parola stop e io mi fermerò.» Lei annuisce e stringe i pugni, posiziona le labbra in prossimità dell’asciugamano nel caso ne avesse bisogno. Sente un lieve torpore all’altezza della scapola sinistra, le sta tendendo la pelle che poi viene conficcata con un attrezzo che infila nella carne il primo anellino che trapassa da un’estremità all’altra la pelle. La schiava urla, ma Annalisa, le tappa la bocca con l’asciugamano che lei morde. Come le aveva detto Hector il dolore è intenso e dura solo pochi istanti. L’uomo che non è riuscita neanche bene a vedere in volto, le sta asciugando una gocciolina di sangue fuoriuscita e le sta disinfettando la parte dove è stato applicato. Rivolgendosi all’amica dice: «per fortuna che hai messo la crema anestetizzante, altrimenti sarei morta dal dolore.» L’operazione va avanti alla fine saranno diciotto gli anelli applicati, disposti in due file bilateralmente simmetriche, che seguono linee curve per rimarcare la sensualità della forma di quella schiena. Il trucco gli si è sciolto per i lacrimoni seguiti ad ogni perforazione. Annalisa le sta passando due nastri di raso uno verde e l’altro bianco tra un piercing e l’altro, creando un intreccio, tendendoli bene in modo che portino leggermente le spalle verso il centro della schiena così da farle prendere una postura perfettamente diritta. Alla fine dell’intreccio nella regione lombo sacrale annoda i nastri in un fiocco unico bicolore scenografico. Ora che ha finito con un gioco di specchi mostra il suo lavoro alla schiava. A parte un lieve rossore in corrispondenza degli anelli non vi sono altre tracce sulla sua schiena, prova piacere nel vedersi la schiena adornata in quello strano modo, realmente la sinuosità dell’andamento della disposizione degli anelli e l’intreccio dei nastri risultano essere estremamente sensuali. Hector la saluta con una pacca sul culo, rassicurandola: «al più presto li toglierai e dovrai prenderti cura per qualche giorno della tua schiena per evitare infezioni.»
Annalisa da una delle panche prende ciò che deve indossare la schiava, le porge due autoreggenti a rete neri, con fascia a balza nera, un harness in pelle nera e inserti metallici e un paio di scarpe assurde, modello ballet boots con tacchi altissimi. Parte dall’indossare le autoreggenti, non le aveva mai indossato prima questo tipo calze, le fanno una strana sensazione alle dita che si impigliano tra la trama, Annalisa le suggerisce: «tienile meno tese alla punta altrimenti ti danno fastidio», l’aiuta a scendere dal lettino e ad indossare l’harness. L’imbriglia e modella il corpo, sono strisce di pelle non molto spesse che fasciano i seni scoperti, esaltandone le forme, un intreccio sul ventre per scendere con due strisce verso il pube, anche le grandi labbra della vagina restano visibili ed esaltate dalle due fettucce che le comprimono leggermente schiacciandole verso l’esterno, l’harness termina con due imbragature alle cosce che le circondano poco più sopra della balza degli autoreggenti. La schiena è completamente scoperta tranne per l’allacciatura dietro al collo e per l’altra poco sopra il fondo schiena. Tende per bene tutte le cinghie in modo che senta la costrizione dell’harness soprattutto al ventre e alle cosce. Approfitta con la scusa di sistemare il suo corpo in quell’imbragatura per dargli qualche palpatina. E’ soddisfatta per l’outfit scelto, le passa le scarpe, la schiava obietta: «ma con queste è impossibile camminare e se pure riuscissi a stare all’impiedi potrei slogarmi o fratturami la caviglia.» Annalisa le risponde: «fai silenzio e indossale, farai un po' di pratica prima di scendere.» Riesce a calzarle ma il piede assume una posizione innaturale, sembra un’estensione della gamba, infatti gamba e piede formano un’unica linea retta, il collo piede in estensione fa flettere i muscoli dei polpacci che si induriscono a causa della posizione di costrizione. Viene fatta sedere sul lettino, le ripassa un filo di mascara per esaltare il contorno occhi, poi prende una spazzola e la pettina tirandoli i capelli al centro della testa, le fa indossare un cappuccio in latex nero, con un foro al centro dal quale fuoriesce la chioma della schiava, con una fascia elastica alla base dei capelli li cinge per renderli rigidi, l’effetto è una via di mezzo tra una coda di cavallo e un pennacchio. Annalisa l’aiuta ad alzarsi e la fa rimanere immobile davanti a sé, in equilibrio precario la schiava è costretta a bilanciarsi dosando l’apertura delle braccia per non rovinare al suolo. Lo spettacolo è stupefacente, avrà acquistato almeno altri dieci centimetri di altezza, senza considerare il pennacchio che sormonta la testa completamente incappucciata della schiava, che non può più vedere nulla. Si sente il suo respiro affannato e il cappuccio che viene risucchiato e allontanato dal suo volto durante la respirazione. La prende sottobraccio e la conduce al piano inferiore dove Kristian ormai era impaziente, tutta l’operazione si è protratta per quasi un’ora e mezza, sono quasi le 21:45 si è fatta quasi ora e teme di arrivare in ritardo. La vede scendere per le scale, è eccitato alla vista della schiava sottoposta alle costrizioni imposte dalla sua aiutante. Gliela porta davanti, il padrone l’osserva in ogni dettaglio, le passa un dito nella vagina così esposta ed invitante è abbondantemente bagnata, le dice: «sei una troia, non ti spaventa più nulla, sei già eccitata e pronta all’uso.» Annalisa le fa indossare un soprabito nero lucido, ma molto corto, e si incamminano verso l’esterno. La schiava non ha la visuale libera essendo incappucciata ma si rende conto che è stata portata fuori dall’appartamento, il tepore della casa è svanito e un’aria pungente le accarezza le gambe scoperte e si infila da sotto il soprabito fino a raggiungere il suo sesso. E’ sorretta da Annalisa che l’aiuta a camminare, pensa che vorranno divertirsi con lei all’area aperta, invece viene fatta sedere, si rende conto che deve essere il bagaglio di un auto, in quelle condizioni non possono certamente andare in giro desterebbero sospetti, quindi la chiudono all’interno del bagagliaio. Quando sente il portellone chiudersi, ha la contezza, di essere stata chiusa dentro, urla: «cosa state facendo dove mi avete chiuso», poi sente accendersi il motore e si accorge che sono in movimento sente i sobbalzi del veicolo e una musica provenire dall’abitacolo. Capisce che non avrà risposta alla sua domanda. Il tragitto è lungo non ha più percezione del tempo ma dai brani ascoltati deve essere passata almeno una mezz’ora da quando sono in movimento.
L’auto accosta, su una strada provinciale, vi è un fabbricato a due piani, isolato, nell’arco di un centinaio di metri non vi sono altri fabbricati, si intravede solo un distributore di carburante chiuso. Il fabbricato ha uno spiazzo lateralmente dove sono parcheggiate diverse auto. Annalisa non era a conoscenza della destinazione ma sa benissimo cosa aspetta alla schiava, scendono e aprono il portellone dell’auto. Kristian dice: «su dai siamo arrivati, puoi scendere» lei cerca di sgranchirsi le gambe rimaste immobili e bloccate per tutto il tragitto. Arrivano alla porta d’ingresso che ha una targhetta recante il nome Chacha vip room privè, suonano ad aprire arriva Katia la padrona di casa. Una donna sulla sessantina, nonostante gli anni ancora avvenente e di classe che gli accoglie: «buonasera Kristian,» rivolgendosi verso l’assistente: «tu devi essere Annalisa, sai Kristian parla molto bene di te, dice che hai doti incredibili.» Quest’ultima arrossisce al complimento e ringrazia. I due poi si distanziano e alle loro spalle si intravede la schiava nella penombra: «bene, bene fatemi vedere cosa avete portato questa sera». Katia la squadra da capo a piedi, analizza la merce ed esclama: «non male ottima qualità, fisico perfetto senza grandi difetti, un po' impacciata nei movimenti con quelle scarpe ma provvederemo subito.» Kristian le dice: «non vorrai perderti la parte migliore?» E fa un cenno ad Annalisa di sfilarle il soprabito, fa girare la schiava per esibire il corset sulla sua schiena. Katia alla vista di quello spettacolo: «stupendo questo impreziosisce ancora di più questo corpo stupendo, il suo valore aumenterà sicuramente con questo.» Annalisa senza farsi sentire da Katia chiede a Krisitan: «in che senso il suo valore aumenterà?» e lui senza farsi sentire dalla schiava e dalla padrona di casa risponde: «ti ho solo parzialmente accennato della serata al club per evitare che potessi farti scappare di bocca qualcosa con la schiava, visto che avete trascorso gli ultimi giorni insieme. Stasera oltre alla solita sessione di sadomasochismo a cui sottoporremo la schiava, c’è una riffa. Avevamo pensato di metterla all’asta ma in questo modo rischiavamo di non arrivare ad un budget minimo, cosi io e Katia abbiamo optato per una riffa. Dopo uno show di una sessione sadomaso a cui sarà sottoposta, si deciderà il prezzo del biglietto della riffa, chi verrà estratto potrà godersi per tutta la notte la schiava a suo piacimento.» Kristian prima di affidare la schiava nelle mani di Katia le ricorda: «mi raccomando l’unico accorgimento che ti chiedo, in nessun modo dovrà essergli tolto il cappuccio, la sua anonimità dovrà essere garantita. Il cappuccio ha delle zip che consentono di togliere le toppe davanti alla bocca e davanti al naso. Solo quelle potranno essergli tolte.» La padrona di casa risponde: «fidati di me, conosci bene la mia professionalità. Chi sbaglia paga.» La schiava si sentiva frastornata ancora non ha capito ciò che l’aspetta. Kristian e Annalisa lasciano la schiva nelle mani di Katia e si allontano dirigendosi verso una grande sala che sembra essere un piccolo teatro, al suo interno ci sono tantissime persone, accomodate e all’impiedi, serviti ai tavoli da camerieri e cameriere seminudi. Annalisa intravede anche qualche volto noto, alcuni politici, qualche giornalista e conoscenti di famiglia, persone insospettabili che non avrebbe mai pensato di incontrare in un ambiente così. La loro posizione è in una zona d’ombra, dietro una lampada che illumina un palco, così la quasi totalità dei presenti difficilmente potrà vederli in volto così da godersi lo spettacolo indisturbati. Annalisa si gira intorno gli affreschi del teatrino sono a sfondo erotico e attraversano tutta la storia dell’umanità vi sono rappresentate scene che partano dalla preistoria e che si susseguono nell’arco della storia, passando dall’antico Egitto, alla civiltà ellenica, all’impero romano, ai cavalieri medievali, alle corti ottocentesche per arrivare ai giorni d’oggi. Un quartetto suona musica dal vivo ed intrattiene gli ospiti in trepida attesa. Katia per non far sembrare troppo goffa la schiava, decide di farla aiutare da due ancelle, chiama una splendida coppia di ragazze di colore che hanno un’altezza quasi identica alla schiava e fa indossare a quest’ultima un armbinder, una sacca in pelle in cui conficca le braccia poste dietro la schiena, la sacca ha dei lacci che vengono stretti molto forte. Le braccia sono distese lungo la schiena e strette nell’armbinder, la costringono in una posizione che tende a spingere in avanti il petto, i seni svettano prepotenti tra le cinghie dell’harness, le spalle tendono a chiudersi leggermente e la tensione dei lacci del corset diminuisce afflosciando il ricamo sulla schiena, la pelle almeno in corrispondenza dei piercing non è più in tensione. Paola sente cingersi al collo un collare metallico, questo è collegato con barre rigide ad altri due collari, che Katia mette alle ancelle, in questo modo si forma un trenino dove la schiava al centro e guidata e sostenuta dalle ancelle. Quest’ultime sono completamente nude, indossano solo sandali con tacchi alti neri. Prima di dare la partenza al trenino, Katia prende un monociclo con una piccola ruota e un sellino appuntito stile bici da corsa, ne regola l’altezza e lo ficca tra le gambe della schiava, aggancia l’anello terminale dell’armbinder a un gangio sotto il sellino e con una fascetta metallica aggancia la punta anteriore alle due fettucce di pelle dell’harness che circondano le gambe. In questo modo la schiava non può perdere equilibrio e cadere, ha un appoggio stabile e non è impacciata. Sente la parte affusolata del sellino che si fa strada tra le grandi labbra, gli umori lo bagnano in modo evidente. Katia da la partenza del trenino che si muove lentamente, la schiava sente che stanno entrando in un ascensore o qualcosa del genere. Il tragitto è breve quindi non sono saliti o scesi di molti piani. Sente un brusio di voci e della musica, sicuramente le persone sono tantissime, pensa che il padrone questa volta ha esagerato, e che le sue prestazioni le ha volute dal vivo e non dietro una telecamera. La situazione è ancora più eccitante del solito, le ha fatto piacere che comunque ha avuto riguardo della sua anonimità.
Il trenino fa ingresso sul palco, tutte le attenzioni sono ovviamente per quello spettacolo i tre corpi esposti sono uno più bello dell’altro e l’alternanza cromatica rende lo spettacolo ancora più gradevole. Sul palco sale un uomo in smoking con un microfono: «buona sera amici, la serata ha inizio. Un nuovo socio del club, che vuole rimanere anonimo, ha procurato per il suo ingresso questo splendido esemplare di schiava. La signora Katia ha reputato la merce di ottima qualità ed ha accettato la sua offerta. Questa sera non ci sarà la solita asta per aggiudicarsi la schiava, visto che il suo volto non vi sarà concesso di vederlo. Ha ideato però nuova modalità, una riffa su novanta biglietti. Il prezzo di ciascun biglietto lo stabilirà stesso la schiava in base a quanto resiste allo spettacolo a cui assisteremo tra poco. Il fortunato vincitore pagherà per la schiava sicuramente molto di meno che con l’asta.» Paola è eccitata dalla situazione, non riesce a vedere ma immagina la platea che ha davanti che si gode il suo corpo. L’idea dell’asta l’eccitava molto di più, era così in grado di sapere quanto fossero disposti a spendere per ottenere il suo corpo, con la riffa non potrà sapere il suo reale valore. Il conduttore provvede a sganciare il monociclo e a sfilarglielo da sotto, le ancelle conducono la schiava verso il centro del palco, il passo con quelle scarpe è incerto e traballante. Al centro del palco è presente un’asta di ferro piantata al suolo, con un braccio scorrevole a cui è saldato un anello metallico. Alla schiava viene tolto il collare che l’univa a quel trenino umano e una volta regolata l’altezza del braccio metallico, viene fatta avvicinare al braccio e l’anello le viene serrato attorno al collo, con un lucchetto che ne impedisce l’apertura. La struttura in questo modo, l’aiuta a tenersi ritta sulla punta dei piedi e del sottile tacco dei suoi boots. Dal pavimento sale un’asta in ferro con l’estremità a forma fallica, le ancelle sempre imbrigliate nei loro collari collegati, si inginocchiano ai piedi della schiava e guidano l’asta verso la sua vagina. La ungono con dell’olio, come anche il fallo metallico, con il quale prima di ficcarlo dentro la schiava hanno un rapporto orale. Una le mantiene le grandi labbra dilatate e l’altra gestendo il corpo con l’harness le infila il fallo, che la penetra, chi comanda l’asta la fa scorrere a scatti verso l’alto rendendo la penetrazione sempre più profonda. La schiava emette un urlo che riempie l’intero ambiente quando ormai gli è dentro per ben oltre venti centimetri, il pubblico è eccitatissimo ed esulta a tale visione. Su dei monitor è partito un conteggio, in base al quale sarà poi stabilito il prezzo della riffa. Evidentemente più la schiava resisterà alle sue sevizie e più il costo del biglietto salirà. Il respiro all’interno del cappuccio è sempre più affannoso, l’aria calda all’interno e il sudore iniziano a farle mancare l’ossigeno, la frequenza dei risucchi del cappuccio contro il suo volto diventano sempre più frequenti. Chi sta gestendo l’asta gli fa fare un ulteriore scatto verso l’alto di qualche centimetro, le urla diventano strazianti, cerca di muovere le gambe. I piedi che si muovono sembrano danzare sulle assi di quel palco. Il presentatore le chiede: «posso proseguire o vuoi fermarti, ma sappi che il tuo padrone non vuole, in tal caso il vostro accordo verrà meno.» La schiava senza pensarci un attimo con voce rabbiosa gli dice: «no, vai avanti non ne ho ancora abbastanza.» Il suo stato di schiavitù è ormai una condizione dell’anima è una fuga da sé stessa, per frequentare quella parte oscura di sé sconosciuta, imprigionata fino a pochi giorni prima dentro le abitudini, il lavoro, l’educazione, la religiosità che contribuivano a formare l’equilibrio fragile della sua personalità. Per preservarla da eventuali lacerazioni interne e ritenendo che la penetrazione sia stata sufficiente, l’asta viene fermata. Una delle ancelle le succhia il clitoride ben visibile in quella posizione, per poi chiuderlo in una pinzetta che provoca un dolore lancinante, la schiava che cerca di muoversi. A turno iniziano a frustarla sul petto, ma sono meno esperte di Raina e anche l’attrezzo utilizzato è più scenografico che un reale strumento di tortura. Gli schiocchi sulla pelle si odono, un pizzico di bruciore e dolore lo provocano, ma non lasciano i segni come la frusta dell’ultima sua esperienza. Il totalizzatore continua ad aumentare. Mentre le ancelle continuano a colpirla ripetutamente, Katia aziona una manopola, una leggera scossa elettrica attraversa le viscere della schiava. Il fallo metallico è collegato ad un generatore di corrente, la sua paura più grande che aveva visto in quei film porno a casa di Annalisa si era materializzata. La prima scarica è breve e di bassa intensità, ma la padrona del privè non si limita a questa sola scossa, aumenta l’intensità e la durata delle scariche successive. La schiava urla, molti nella sala hanno erezioni a seguito della scena, anche qualche cameriere gradisce, alcune donne tra il pubblico provvedono a soddisfarli segandoli. Il corpo della schiava sembra posseduto, dopo un urlo acuto e prolungato chiede: «pietà, fermatevi non ce la faccio più sto per svenire.» In quel momento il totalizzatore si blocca su tremilacentotrentaquattro, i secondi trascorsi dall’inizio dello spettacolo, quello sarà il costo in euro di ciascun biglietto. Mentre parte la vendita, le ancelle soccorrono la schiava, che viene sbloccata dalla sua costrizione e fatta sdraiare a terra per riprendersi. Il cappuccio sulla testa, sembra un palloncino che si gonfia e si sgonfia rapidamente, Katia fa cenno alle ragazze di liberarle il naso e la bocca, aprendo le zip che mantenevano le toppe sul cappuccio. L’aria fluisce ora meglio nei polmoni, pensa per un istante che anche se gli togliessero il cappuccio non gli importerebbe, le labbra sono rigate da lacrime nere. Una delle ancelle le pulisce leccandole. Visto che i biglietti messi in vendita sono pochi rispetto al numero di spettatori qualcuno si organizza per concorrere insieme e godere della schiava, in questo modo anche il rischio sarà minore. Nel trambusto provocato dagli acquirenti dei biglietti, lei è riversa al suolo sta recuperando forze e energie, perché le è chiaro che quello è stato solo il principio della serata. La padrona del privè porge ad una delle ancelle un laccio elastico con a ciascuna delle estremità dei gancetti, i due di un’estremità vengono inseriti nelle narici della schiava nella parte frontale, il laccio le viene tirato sulla testa fino a quasi la nuca per poi passare ciascuna estremità ai lati delle orecchie per raggiungere con i restanti due ganci ciascuna narice nella parte laterale. La tensione dei ganci le dilatano e deformano il setto nasale, che assomiglia adesso più a quello di una maialina. In compenso ha un maggiore afflusso di aria ai polmoni e riesce a respirare finalmente bene senza l’oppressione del cappuccio che è stata costretta a tenere finora. I novanta biglietti sono andati a ruba in men che non si dica. Il presentatore posiziona al centro del palco un’urna girevole, al cui interno sono posizionati i numeri di una tombola, la gira in continuazione per mescolarli, poi invita le ancelle a portare la schiava dinanzi all’urna, fino al suo arrivo la fa sempre roteare. Rivolgendosi al pubblico esclama: «signori e signore un po' di attenzione, la schiava tra qualche istante estrarrà il numero vincente, sarà lei con le sue mani a scegliere il suo padrone. Vi ricordo che il vincitore potrà disporre di lei per sei ore. Potrà richiedere e farle quello che vuole, nei limiti della sua sopportazione fisica. La schiava avrà a disposizione la safe word stop, nel caso la pronunci sarete obbligati a concederle almeno cinque minuti per riprendersi e continuare con minore intensità quello che le stavate facendo. Non potrete per nessuna ragione scoprire il resto del volto della schiava, questo è l’unico vincolo che avete, pena l’espulsione dal club e la divulgazione di foto e filmati della serata.» Mentre tutto il regolamento viene illustrato la schiava è stata posizionata eretta dietro l’urna, le due ancelle provvedono una a fare un’ultima rotazione all’urna e l’altra a guidare la mano della schiava dentro l’urna. Il presentatore la invita: «gira la mano dentro ai numeri ed estraine uno solo, e me lo darai.» Dopo qualche secondo estrae un numero, il presentatore glielo prende dalle mani e dopo alcuni secondi di suspense mostra il numero settantacinque. I vincitori sono una coppia, lui una quarantina d’anni ben vestito bruno di carnagione, alto circa un metro e settanta, lei qualche anno di meno bionda capelli lunghi, indossa un abito lungo, vengono invitati a raggiungere una stanza al secondo piano dove attenderanno l’arrivo della schiava. Le pareti della stanza sono imbottite di pelle nera con borchie rosse, ci sono ampi specchi e strumenti di tortura appesi ai muri, catene, cavigliere, fruste, scudisci, barre metalliche, la forma della stanza è particolare una circonferenza perfetta, al centro un letto anch’esso a forma circolare alto circa un metro in pelle con lenzuola in raso nere. L’illuminazione della stanza non è molto forte, oltre al letto nella stanza è presente anche una cavallina ginnica con piedi in legno. La coppia vincitrice Alex e Mara attendono nella stanza l’arrivo della schiava, si sono spogliati dei loro abiti ed indossano entrambi solo una tunica nera con cappuccio e una mascherina bianca. Katia si sta prendendo cura personalmente della schiava, le ha cosparso il corpo di un profumo che si ispira ai ferormoni, un’eau de parfum a base di iris e tuberosa con note ambrate che evocano la morbidezza della pelle femminile. Fragranze che ad ogni suo movimento celebrano il linguaggio del corpo: dalle scie si captano inviti spudorati o indizi che rivelano intenzione torbide solo quando si è molto vicini. La tuberosa è una fragranza che suggerisce pensieri proibiti, per la connotazione narcotica. Le areole e i capezzoli le vengono incipriati con una polvera d’argilla rossa marocchina che marca ed accentua quella parte del corpo. Le mette un lucida labbra per darle l’effetto bagnato e la conduce personalmente verso la stanza. Kristian, Annalisa e Katia si accomodano in un salottino confinante con la stanza, dove possono gustarsi la serata attraverso uno specchio che li nasconde, ma hanno la possibilità di guardare e sentire quello che accade all’interno. Ad accogliere sulla porta la schiava è Mara, che prendendola per mano la conduce verso l’interno, Alex ha già il fallo rigido. Ha chiare tendenze sadomaso, ma non è mai riuscito a trovare schiave sottomesse che accettassero, ora finalmente i suoi desideri possono avverarsi con la complicità della compagna. Le osservano il corset pircing rimanendo estasiati a quella visione. Annalisa nella stanza è compiaciuta ed esclama: «lo sapevo che avrebbe fatto effetto» e rivolgendosi verso Kristian gli fa un sorriso. Le mani dei due vincitori scorrono lungo il corpo della schiava, che emana un dolce profumo che scatena il desiderio dei due. Mara di colpo sbatte la schiava sul letto e le ordina: «ora incominciamo, mettiti alla pecorina e lucida per bene il cazzo del mio compagno». Alex resta all’impiedi, l’altezza del letto consente agevolmente alla schiava di arrivare con le labbra all’altezza del fallo che le si presenta retto davanti. Lei non riuscendo a vedere a tentoni cerca di prendere il cazzo in bocca, senza l’utilizzo delle mani come le è stato imposto. Mentre sul davanti la schiava è alle prese con il fallo di Alex, Mara le lavora il culo giocando con il plug ancora inserito, lo tira, lo spinge sa come stimolarle lo sfintere e il retto, provocandole piacere misto a dolore. Non disdegna di impartire ordini urlandole: «troia muovi bene questo culo non rimanere immobile, e succhiaglielo bene gli deve diventare una roccia che glielo voglio duro quando poi mi scoperà». Gli stappa il buco del culo e con la lingua glielo lecca, con colpetti di gran maestria la penetra con la lingua, il profumo dei suoi umori la inebriano. La schiva si dimena a quel piacevole tormento, ansima e mugola nonostante la bocca sia piena. Il gusto di quel fallo ha un qualcosa di familiare, non riesce a spiegare cosa le ricordasse, lo sente scorrere fino alla gola, ogni penetrazione sempre più profonda fino alla base dell’asta. Alex alterna movimenti oscillatori del bacino, con momenti di stasi quando la schiava ha dentro di sé tutto il cazzo, bloccandole la testa, e spingendogliela verso il suo bacino fino a provocarle asfissia e conati di vomito. Poi ascolta per la prima volta da quando è nella stanza la voce dell’uomo che ha difronte che dice rivolgendosi alla compagna: «si amore continua così, la cagna vedi come sta godendo», il tono della voce le fa raggelare il sangue, è sicura di aver riconosciuto in quell’uomo il suo ex marito, associando così anche lo strano ricordo che le dava il gusto di quel fallo che aveva in bocca. Avrebbe voluto sollevarsi per un istante il cappuccio ber sbirciare e avere conferma, ma sa che sarebbe stata poi sicuramente riconosciuta e non voleva. La situazione la eccita, sta rifacendo l’amore con il suo ex, l’odio e l’astio che portava dentro di sé da quando è iniziata questa nuova vita sono scomparsi. Si sta godendo l’ultima scopata con il suo ex per chiudere per sempre con il passato. Pensa che non possa essere riconosciuta, perché mai la vecchia Paola avrebbe accettato una situazione del genere. Ora è diventata diversa, un vero animale del sesso e adesso nonostante fosse solo la schiava in qualche modo sta lei guidando quel gioco. Il cazzo di Alex è al massimo dell’erezione sta quasi per venire, ma il suo scopo non è la schiava ma la sua compagna, la invita a mettersi a fianco della sciava supina e a gambe aperte in modo che la possa possedere. La stantuffa con foga, prende la schiava e la guida a mettersi sopra Mara, la fa quasi sedere con la figa sul volto di Mara, che mentre è penetrata lecca la figa della schiava che in preda all’eccitazione più sfrenata è inondata dagli umori. Prendendola con il torso della coda di cavallo piantata al centro della sua testa, le fa abbassare il volto verso i loro sessi posizionando la bocca poco sopra e le ordina: «troia leccaci i genitali mentre scopiamo, la tua lingua passala dalla figa della mia compagna al mio cazzo che entra ed esce.» Posiziona la testa in modo da non dare fastidio all’amplesso della coppia e gli unge alla perfezione con la sua saliva, mista ai loro umori. Sente la compagna del suo ex che si fa scopare in preda ad orgasmi multipli, le vibrazioni del suo ventre le percepisce e le sente sul suo volto, ma insaziabile continua a prenderlo, vuole che l’inondi del suo sperma. Pensa che lei non ha mai provato tali sensazioni quando era sposata a causa della sua educazione rigida e questo sicuramente ha influito nel suo rapporto di coppia, se avesse avuto la disinvoltura acquisita sicuramente sarebbe andata diversamente il suo matrimonio. Ma ora non vuole rimpiangere nulla, vuole solo godere e recuperare gli anni persi. Proprio quando la sua mente sta divagando su questi pensieri, Alex viene dentro Mara, il cazzo è pieno di sperma lei lo lecca avidamente, Mara gustandosi la scena la sbatte supina sul materasso e gli appoggia la figa grondante in bocca. La schiava raccoglie tutto lo sperma caldo che fuoriesce come una fontana dal sesso di lei e lo accoglie nella sua bocca, Alex le ordina: «ingoialo tutto e non sprecare nulla», obbedisce mostrando poi la bocca vuota. L’uomo a quella visione ritorna in erezione e decide di spaccarle il culo, Mara le tiene le braccia bloccate, mentre il compagno la penetra violentemente nel culo. Le urla di piacere della schiava sono musica per le orecchie dei due, ne aumenta l’eccitazione. La voce della schiava è alterata dall’aggeggio con i ganci conficcatole nelle narici, quindi osa dire qualcosa sperando di non essere riconosciuta. Geme, gode ormai anche con il sesso anale che le dà piaceri profondi, volgarmente chiede: «spaccami tutta, fammelo arrivare fino alla gola.» Alex in quel corpo e in quel tono di voce sembra di trovare qualcosa di familiare, ma non sa cosa. Quella schiava lo stava stupendo, con la moglie il sesso era andato male, ma Mara lo soddisfaceva ma non aveva mai raggiunto tali livelli. Riviene nuovamente abbondantemente nel culo della schiava, ormai aperto a dovere, poi ne osserva i rivoli bianchi scorrerle fuori. Non è però soddisfatto di come la schiava lo stia facendo godere, invece di opporsi e porre resistenza era collaborativa. Aveva pagato il costo della lotteria per sottomettere una schiava, questa era fin troppo docile e accondiscendente. Allora decide di punirla, con l’ausilio di Mara la alzano dal letto e la conducono verso la cavallina, le mettono il petto sull’imbottitura e le legano mani e piedi al sostegno dei piedi. Lui prende una frusta e lei un strano strumento tipo un tridente ma a due punte, sembra una diavola con quello tra le mani. Alex sferra senza alcuna pietà una serie di frustate sulla schiena e sui glutei della sciava, Mara con lo strumento tocca il corpo di quest’ultima infliggendole scariche elettriche con un comando a pulsante posto sul manico dello strumento. Le parti più colpite dalla sua attenzione sono i seni e l’accoppiata vagina e buco del culo. Si diverte ad infilare un’estremità nel primo buco e la seconda nell’altro per poi sferrare scariche elettriche che scuotono il corpo della schiava. La posizione assunta e i ballet boots contribuiscono a contorcimenti del corpo spettacolari. Le urla questa volta non sono di piacere, ma di dolori lancinanti. Il suo carattere ostinato non la fa demordere, non vuole mollare e darla vinta a Kristian. Ormai è stata iniziata alle regole del male e alle fruste che l'avrebbero punita, il pensiero di essere licenziata l'ha macchiata e le ha dato la forza di obbedire con devozione. La prima volta quando ha accettato la proposta non poteva sospettare la complessità e la contraddizione dei sentimenti che dentro di lei si sarebbero presentati: un’amante, una prostituta o una schiava. Ora davanti ai suoi occhi si sentiva colpevole che Kristian l'avrebbe lasciata per aver gemuto con tanto piacere mentre veniva presa da uno sconosciuto. I due che l’avevano fatta godere adesso le stavano infliggendo la più dura punizione del suo percorso. Nella stanza accanto Annalisa è spaventata della violenza con cui i due stavano punendo Paola, ma non osa parlare visto che Katia e Kristian stanno apprezzando il trattamento. Quando la schiava è ormai senza forze semisvenuta sull’attrezzo ginnico i due si fermano, nessuno ha contato il numero di frustate o di scariche subite ma questo è sicuramente elevato. Katia è sbalordita dal livello di sopportazione di quella schiava, le altre ragazze che in quella stanza avevano ricevuto supplizi simili, a cui lei aveva assistito, non sarebbero durate tutto quel tempo e sicuramente molto prima avrebbero gridato la parola di sicurezza. Una voce metallica da un altoparlante chiede ai due di concedere alla schiava qualche minuto per riprendersi, per poi proseguire. La coppia vincitrice scambiandosi un cenno di intesa si va a sedere sul letto per godersi quel corpo segnato e ancora fissato nella posizione impostogli. Dopo una decina di minuti, anche i due si sono riposati, dalla soffitta attraverso una botola viene calata una gabbia metallica. Un parallelepipedo molto stretto e alto all’incirca un metro e ottanta, nel quale fanno entrare la schiva. Una staffa della base si conficca tra il tacco e la suola degli stivaletti bloccandole i piedi, la profondità della gabbia è minima e quasi comprime il corpo una volta chiusa con lucchetti, praticamente è immobile. I due fanno oscillare e roteare la gabbia appesa, Paola può avvertire i movimenti ma non vede nulla. La calda oscurità del cappuccio le evita i capogiri, ma la rende incapace di prevedere cos’altro abbiano in serbo per lei. Mara continua a divertirsi con il suo strumento di tortura colpendo i glutei e i seni che sono le parti più esposte e facilmente raggiungibili, ogni scarica provoca dolore e contrazioni involontarie del corpo, che vorrebbe dimenarsi ma è impossibilitato in quella costrizione. Quando hanno scosso per bene la schiava, fermano la gabbia, Mara si avvicina con un vibratore e glielo incastra tra le gambe, il piacere è istantaneo mugola e ansima dal piacere, alla visione di tale scena Mara le dice: «ti piace vero puttana» e lei risponde: «si tanto sto godendo». Alex vuole interrompere quel piacere, prende delle candele che sono accese in un angolo della stanza e gli fa colare la cera calda sul petto, i due capezzoli che sporgono dalla gabbia vengono investiti in pieno dalla colata di cera. La schiava urla cerca di dimenarsi per il bruciore provato, per qualche secondo la mente si è distratta dal piacere che sta ricevendo dal vibratore, ma qualche secondo dopo appena la sensazione di bruciore e dolore l’abbandona viene, inonda tutto il vibratore e gli umori le innaffiano le gambe e i piedi sporcando anche il pavimento. Alex che alla visione della scena si stava masturbando, le sborra addosso sulle gambe, anche questo liquido cola al suolo e si mischia con gli umori della schiava. Mara appena la vede riprendersi dall’estasi del piacere ricevuto, le sfila il vibratore mentre lei rilassatasi si piscia addosso. Alex ancora eccitato e con il fallo in erezione da quella scena la riprende: «che cazzo stai facendo, stai sporcando tutta la stanza con la tua pipì», le apre la porta della gabbia e la sbatte a terra ordinandole: «ora pulisci per bene tutto il pavimento». Questo è veramente un dovere duro, ripulire con la propria lingua la pozza di piscio e umori da quel pavimento, è stata sicuramente più clemente Annalisa che in una situazione simile durante i clisteri della prima serata le aveva fornito gli strumenti per ripulire. Non vedendo va a tentativi, sfruttando l’olfatto. Mara le urla: «usa quel cazzo di naso che ti hanno dilatato, dovrebbe esserti più facile sentire gli odori». Visto che non riusciva a centrare la zona sporca Alex la afferra per il torso della coda di cavallo e la struscia con il volto all’interno della pozza dicendole: «te l’ho fatta trovare, ora sbrigati a pulire che non abbiamo tempo da perdere». Le fa ribrezzo ciò che sta facendo si sente usata come un oggetto, ma in fondo la sua parte repressa era questo che voleva. Ripulito il pavimento Mara la conduce nel bagno vicino alla stanza e con il doccino la ripulisce per bene, utilizza acqua gelata che ha l’effetto di farle venire la pelle d’oca. Gli sfila l’harness e i lacci del corset piercing ormai bagnati, quest’ultimi gli sostituisce con una catena molto sottile e le infila un collare e delle polsiere e cavigliere rosse. Al collare aggancia un guinzaglio e la riporta verso la stanza gattonando. Ora oltre ad Alex attorno al letto ci sono anche altri tre uomini, che hanno contribuito all’acquisto del biglietto vincente ma con quote minori e che ora passano alla riscossione del proprio premio. Tutti in silenzio si godono lo spettacolo dell’incedere della schiava, si è molto perfezionata rispetto alle precedenti serate, sembra un felino i movimenti sinuosi e aggraziati le donano sensualità. Kristian parlando con Annalisa dice: «è un peccato che a breve dovremo rinunciare a lei in pochi giorni da impacciata e timida donna è diventata un animale selvaggio perfetto», lei sorride e poi gli risponde: «ovviamente dipende da te sciogliere il contratto e renderla libera». Kristian la guarda sbalordita: «per chi mi hai preso la parola data va rispettata, non potrei mai approfittare oltre», anche Katia si intromette nel discorso: «Kristian non conosco il contenuto e il motivo del vostro contratto, ma è un peccato liberarla, si vede che le piace potresti almeno concedermela per altre serate, quando i video di questa gireranno tra i miei clienti e i loro amici avrò la fila chilometrica per le richieste di ammissione al mio club». Kristian le guarda e dice: «poi vedremo adesso godiamoci lo spettacolo». Paola termina la sua camminata ai piedi del letto, dove viene sempre tirata per il guinzaglio e costretta a salirci sopra. Il letto è posizionato su una pedana, azionando un comando Katia comincia a farla ruotare, con lo stupore dei presenti nella stanza. Lei è supina sul letto, le vengono divaricate le gambe con una sbarra metallica collegata all’estremità con le cavigliere, con una corda la barra viene tirata verso l’alto in questo modo anche le gambe si sollevano, mostrando oscenamente le sue nudità agli uomini disposti a croce intorno a lei. Gli agganciano anche le polsiere a delle corde che vengono tirate, tendendo il suo busto verso il bordo del letto, la testa è quasi posizionata sul bordo del letto. Gli uomini porgono il loro cazzo all’altezza di esso e la schiava girando viene obbligata a cacciare la lingua e leccare quei cazzi ad ogni passaggio. Non si rende conto che è più di un uomo davanti a lei, non percepisce la rotazione, solo quando questi salgono sul letto e la iniziano a palparla e toccarla ovunque capisce di essere l’oggetto sessuale di più persone. Quelle mani si insinuano ovunque, qualcuno la sta prendendo a schiaffi sul sesso facendola sussultare. Gli altri tre si avvicinano al suo volto e gli porgono contemporaneamente all’altezza delle labbra i loro falli, strusciandoli contro il suo volto, il suo naso e la sua bocca. Invece di serrarla la spalanca e accoglie quei membri al suo interno, riesce a farli entrare anche un paio alla volta contemporaneamente. Mara non resta spettatrice della gangbang, indossato un enorme strap-on sodomizza la schiava. Nonostante vada avanti da diverse ore sembra che non sia ancora sazia, geme sotto i colpi di quella penetrazione e anela a quei cazzi che le riempiono la bocca, vorrebbe toccarli giocarci ma è bloccata in quella posizione sul letto girevole. Alex cavalca l’addome della schiava rivolto verso la compagna, si baciano ardentemente mentre questa continua a stantuffare e lui tortura il clitoride e i capezzoli del loro oggetto. Il mix di dolore e piacere fa avere diversi orgasmi, ma non è sfinita vuole che quella notte continui ancora per molto. Innervosito dallo stato di euforia della schiava, Alex ordina alla compagna di smettere e sfila i stivaletti dai piedi della schiava, le straccia gli autoreggenti e presa una canna di bambù dalla parete colpisce ripetutamente i glutei di quest’ultima. Ogni colpo secco fa sussultare quel corpo, il dolore è intenso e da sotto il cappuccio gli altri tre uomini vedono scorrere delle lacrime. Uno dei tre si fa largo e infilandosi la testa della schiava tre le gambe gli conficca per l’intera lunghezza il cazzo in gola, questa avendo ormai la testa leggermente reclinata verso il basso, essendo a penzoloni dal bordo del letto, ne viene quasi soffocata da quella penetrazione, il respiro è affannoso. Alex oltre ai glutei da tormenti con la canna anche ai palmi dei piedi ormai scoperti, bacchettandoli, ad ogni colpo il piede colpito si inarca e le dita tendendosi a richiudersi su sé stesse fanno assumere a quelle estremità forme particolari. Ovviamente nel tentativo di parare e scansare tali colpi la schiava si dimena. I due uomini al momento liberi, le liberano le mani ed ognuno di essi porge alla rispettiva mano il proprio uccello. Indomita alle violenze subite afferra quei due cazzi e inizia a segarli con le mani, trascinandoli verso il suo volto ormai libero della pressione del cazzo fino a pochi secondi prima infilato nella sua bocca. Sapientemente alterna i tre cazzi davanti in pompini e masturbazioni alternate. I tre sono nel pieno dell’eccitazione con i falli ritti come dei paletti, uno dei tre si stende supino sul letto e si appoggia sulla pancia la schiava anch’essa sdraiata supina e allargatogli le chiappe indirizza il proprio cazzo nel suo culo e inizia a penetrarla con forza, Alex a quella visione decide di provare a sodomizzarla contemporaneamente con quell’uomo e avvicinatosi con il cazzo a quel buco del culo ormai dilatato riesce ad infilarci anche il suo. L’urlo di Paola rimbomba in quella stanza, il dolore svanisce quasi subito e inizia il piacere più intenso che abbia mai provato fino ad ora. I due come due bielle di una vecchia locomotiva a vapore alternano la fase di spinta in quel culo ad un ritmo indiavolato, un terzo uomo non resistendo si posiziona tra Alex e la schiava e riesce a infilare il suo cazzo nella vagina. In quel momento la schiava sembra impazzire dal piacere, avvolta in quel turbine di forza che le imprimono i tre uomini, vorrebbe avere le gambe slegate per piantare i piedi sul materasso e accompagnare anche con il suo corpo quelle penetrazioni. Il quarto uomo si sega davanti alle sue labbra dischiuse assistendo allo spettacolo e le viene in bocca, schizzandola anche parte del volto. Deglutisce mentre parte della crema le cola dal cappuccio sul naso e lungo le guance. Non resiste più è ha l’orgasmo più violento della serata, mentre i tre continuano senza sosta, lei è irrigidita e vibrante sotto i colpi provocatogli da quella tempesta. I tre si sfilano quasi contemporaneamente lasciandola libera di contorcersi sul materasso, gli strattoni alla corda che le tiene le gambe issate in aria sono potenti, ma non riesce a sortire l’effetto desiderato di svincolarsi. I tre si avvicinano con i loro membri al volto della schiava e inondano di sperma anch’essi il volto e la bocca. Dopo minuti in cui gli unici suoni erano le urla e mugugni di piacere finalmente uno dei tre uomini parla: «da brava puttana ingoia tutto il nostro carico, ti è piaciuto?» In quel momento non risponde i suoi sensi l’hanno portata in un’altra dimensione, il suo corpo è lì esposto e disponibile per quegli individui sconosciuti, ma la sua mente vagheggia ripercorrendo le ultime settimane che l’hanno trasformata in quel modo. E’ contenta di questa evoluzione, aveva per troppi anni represso i suoi desideri e istinti segreti, anche con lo stesso marito nel talamo coniugale, ora avendo raggiunto una libertà e una maturità sessuale vuole godersi la vita. L’inguaribile romantica avrebbe ceduto il passo alla più lussuriosa delle donne della città. Sembra aver perso il senso dell’orientamento e del tempo, sa che per le sei tutto finirà secondo le regole dettate dal presentatore, ma anche se dovessero prolungarsi in quella seduta non avrebbe opposto resistenza. Gli uomini sembrano esausti, soprattutto Alex che è partito in anticipo rispetto agli altri, quella donna da sola è stata capace di annientarli fisicamente. Chi del gruppo non è ancora sazia è Mara, soprattutto è quella con l’istinto più dominante di tutti, controllando l’orario dice: «signori sarebbe un peccato rinunciare all’ultima ora a nostra disposizione, vedo che siete stanchi e afflosciati, non posso chiedervi di più, quindi lasciate che me la spassi un pochino io ora». Salta sul letto e mettendola prona, inizia a torturarle la schiena tendendo la catena infilata nei piercing dietro la schiena. Gli anelli tirano la pelle, che si innalza dalla posizione naturale, creando una sorta di creste lungo le due linee dove sono infilzati. La umilia sputandole addosso e cerca di sfondarli ancora di più il culo: «sei stata davvero brava a ricevere due cazzi nel culo contemporaneamente, non so se io sarei stata in grado, voglio vedere quanto sei capace», indossa un guanto monouso di plastica e dopo aversi unto per bene la mano e l’avambraccio, richiudendo la mano in un pugno inizia a forzare il buco del culo di Paola, è doloroso ma non vuole darle soddisfazione, resiste stringe i denti ed accoglie il pugno tutto dentro di se, Mara non sazia spinge facendo entrare anche metà avambraccio. Poi rivolgendo il suo sguardo ai quattro uomini seduti lì a guardala dice: «è incredibile questa cagna, ma quanto è grosso questo culo, guardate fino a dove gli arriva il mio braccio» e con cattiveria per provocarle dolore spinge e tira il suo arto violentemente. Mentre le pratica questo tormento, le trastulla il clitoride e il sesso con carezze sempre più rapide fino a provocarle l’ennesimo orgasmo della serata, seguito da uno spruzzo copioso e violento dalla sua vagina, che bagna completamente il letto. Gli uomini nel frattempo con i cazzi nuovamente in erezione si masturbano, i tre estranei sborrano sulla schiava distesa su quel letto con le lenzuola intrise dei suoi liquidi, Alex invece si dirige sulla bocca di Mara e le concede l’onore di accogliere il suo nettare. Nel loro rapporto il sesso orale c’è sempre stato in ogni rapporto, ma mai Alex si era sognato di venirle in bocca dopo una masturbazione come una squallida svuota coglioni. Ne ingoia il nettare, come ha sempre fatto dopo un pompino, ma ora vuole farla pagare alla schiava, per colpa sua l’eccitazione creata ha svelato il lato quasi violento di Alex che le ha imposto quel gesto non voluto. Ha visto alcuni filmati con una pratica che provoca disperazione nelle vittime e la vuole mettere in pratica, sarà ancora migliore dei filmati da cui l’ha appresa dove le vittime erano modelle consenzienti e coscienti di quello che andavano incontro. Va da Katia e le chiede se nel club ha il materiale che le occorre. Dopo alcuni minuti nella stanza viene portato l’occorrente. Katia è eccitata ma al tempo stesso spaventata per ciò che ha in mente Mara, teme che qualcosa possa andare storto e che la punizione possa avere conseguenze pericolose. Ma è cosciente che la riffa prevedeva che alla schiava potesse essere fatto tutto ciò che i vincitori volevano, con la condizione di non farle male. Ritorna nella sala con Kristian e Annalisa ed esprime le sue preoccupazioni, dei due chi è spaventata e quest’ultima. Kristian si fa passare solo il microfono e dice alle donne: «non preoccupatevi se dovessi accorgermi che si stanno superando i limiti, ordinerò di interrompere immediatamente.» Sul letto Mara aiutata da Alex dispongono una di quelle buste salvaspazio con una valvola per praticare il sottovuoto, dove di solito si mettono le coperte in estate per recuperare spazio. Ovviamente Paola è ignara di quello che le sta per accadere. La busta è aperta solo su uno dei due lati lunghi, viene fatta entrare dentro. E’ inginocchiata, sente sulla pelle il contatto della plastica, ma non capisce ancora le intenzioni. Stesso da inginocchiata, mentre Alex tiene sollevata la parte superiore della busta, Mara le lega le mani dietro la schiena, avendo attenzione di passare più volte la corda tra la catenina che lega i piercing sulla schiena, in modo che ogni tentativo di movimento le avrebbe provocato dolore. Fatto ciò accompagnandola con le mani la fa distendere supina, le rimangono le gambe rivolte verso il culo, non gli viene concesso di distenderle, anche perché la lunghezza della busta non lo consentirebbe. Una volta che è stesa, Alex appoggia la parte superiore della busta sul corpo e sul volto della schiava, il suo respiro appanna la plastica trasparente in corrispondenza del suo volto. Mara chiude la cerniera laterale, l’unica possibilità di ricambio d’aria resta lo sfiatatoio della valvola. Mara dice ai quattro uomini: «vi consiglio di prendere i vostri cellulari e filmare o fotografare la scena, sarà uno spettacolo che ricorderete per tutta la vita». Gli uomini si precipitano verso l’armadio esterno alla stanza dove si erano spogliati e rientrano con gli smartphone in mano. L’ossigeno all’interno della busta è ancora sufficiente e a parte il fastidio di avere la plastica addosso, che inizia ad appiccicarsi sulla sua pelle sudata, non ha ancora capito quale sarà a breve il suo destino. Mara si avvicina al letto con un’aspirapolvere con tubo flessibile, aggancia il beccuccio alla valvola della busta ed inizia ad aspirare l’aria presente nella busta. Questa si accartoccia e restringe rapidamente, andando a comprimere anche il corpo della schiava, si formano delle sacche d’aria dovute alla non omogeneità della disposizione del corpo al suo interno, una rimane in corrispondenza della testa consentendo, sebbene in affanno, la respirazione alla schiava che ora si è resa conto di quella tortura che vogliono infliggerla. Urla dice: «siete pazzi, mica mi vorrete far soffocare», Mara le risponde tranquilla: «vogliamo testare la tua resistenza». Si divertono a aspirare e pompare l’aria più volte cercando di far adire sempre meglio la busta al corpo ed evitando il formarsi di sacche d’aria. Dopo diversi tentativi raggiungono la perfezione voluta, tutta l’aria è stata aspirata, la busta aderisce e costringe quel corpo in una morsa. La schiava nei tentativi precedenti ha imparato che dopo alcuni secondi di aspirazione dell’aria le conveniva di fare un respiro profondo per resistere in apnea almeno due o tre minuti, il tempo che poi avrebbero fatto pompare nuovamente l’aria. Anche quest’ultima volta ha fatto un respiro profondo immagazzinando tanta aria nei suoi polmoni. La busta è aderita alla perfezione e la morsa ha strizzato quel corpo esaltando maggiormente i seni, Alex tiene d’occhio un orologio per vedere i secondi trascorsi dal momento dell’ultimo respiro. Quando sono trascorsi già due minuti, la schiava non urla perché sa che sprecherebbe la esile riserva d’aria ancora nei suoi polmoni, ma inizia a dimenarsi perché sente di essere quasi al limite. Ecco lo spettacolo di cui parlava Mara, il corpo della loro schiava con il trascorrere dei secondi sembra posseduto, con tutta la forza che ha in corpo, con un colpo di reni riesce a sollevare le ginocchia e le gambe, ha i piedi puntati sul materasso, cerca disperatamente di muovere le braccia conserte dietro la schiena, la forza che mette fa tendere le catene che congiungono i piercing provocandole forti dolori. Annalisa e Katia spaventate chiedono a Kristian di interrompere quel gioco, ma lui risponde: «non avevo mai visto una cosa del genere, sono curioso di vedere come va a finire». Gli uomini nella stanza stanno riprendendo da tutte le angolazioni quello spettacolo. Dopo più di un minuto Paola sviene, Alex è spaventato Mara gli legge la paura negli occhi e lo tranquillizza: «stai calmo dimentichi che sono un’anestesista e che conosco bene il corpo umano è solo svenuta per principio di ipossia», apre velocemente la busta con la cerniera laterale e fa entrare l’ossigeno. La schiava è madida di sudore, Mara le sente il polso e dice: «che ti dicevo è viva respira», le dà due ceffoni e Paola sembra ritornare dall’aldilà, muove le labbra e leggermente la testa. Kristian dice: «pazzesca questa tipa che controllo della situazione», Annalisa nasconde le lacrime agli occhi ha avuto paura che la situazione sfuggisse di mano e che la schiava ci avesse rimesso la vita in quel torbido gioco. Mara nel frattempo ha preso un secchio pieno d’acqua e lo versa contro la poverina sdraiata semi immobile sul letto. L’acqua fredda ha l’effetto di destarla, sussulta all’impatto, si riprende il fiato è ancora corto e non riesce a proferire parole, sa solo che è stata incosciente a proseguire quella sfida senza pronunciare la parola di sicurezza. Ha voluto a tutti i modi dimostrare il suo impegno e la fedeltà al patto del suo capo per conservare il posto di lavoro e per essere vista d’ora in avanti di buon occhio. Inconsciamente spera di conquistarne anche il cuore, non l’ammetterebbe mai ma tutto ciò l’ha fatto anche perché se né è innamorata. Sono ormai le sei i vincitori lasciano la loro vincita sul letto e vanno via, nell’uscire Alex sfiora con una mano il corpo di Paola per poi baciarla sulla bocca e dirle: «non dimenticherò mai questa notte, spero che lo stesso valga anche per te, rimarrai nel mio cuore». Paola non capisce se quelle parole le ha dette perché è stata riconosciuta e che per galanteria non ha voluta smascherarla oppure perché le sue prestazioni sono state talmente eccellenti da far sì di mettere in ombra quelle della sua nuova compagna.
Annalisa si precipita nella stanza a raccogliere Paola intontita e stanca dalla lunga notte, le fa indossare sogli gli stivaletti, che ora sembrano esserle il male minore, e la mette un lungo cappotto per coprirla, la macchina con Kristian è già pronta fuori l’ingresso del club. Dopo una ventina di minuti da quando erano partiti, finalmente Annalisa le slaccia il cappuccio che le impediva la vista da diverse ore, le prime luci dell’alba sebbene fioche comunque erano fastidiose per i suoi occhi. Ci vogliono alcuni minuti prima che la vista le torni regolare, riceve un grosso abbraccio da Annalisa. Il gesto non la stupisce ormai si possono considerare buone amiche, nel farlo Annalisa incurante della presenza di Kristian le dice: «ho temuto per te, sei stata una sconsiderata a non far sospendere prima quella brutalità», con voce bassa stanca e assonnata, quasi come a non volersi far sentire dal conducente, le risponde: «non ho mai goduto così tanto in vita mia, quella puttanella devo ammetterlo sapeva molte più cose di te» e le fa un occhiolino e appoggia la testa sullo schienale. Annalisa decide di portarla da lei, non vuole lasciarla in quello stato fuori dal suo palazzo, con il rischio che la vedessero in quelle condizioni.
Kristian le lascia fuori il palazzo di Annalisa e va via, Paola si toglie quelle assurde scarpe preferisce camminare scalza desterà meno sospetti che con quel paio di stivaletti. Dall’ascensore esce Luca, il ragazzo che ci aveva provato con lei, la squadra da capo a piedi. Annalisa dice: «dai entra in ascensore facciamo presto, prima che si ecciti troppo e faccia domande strane». Finalmente dopo una doccia per togliersi di dosso tutte le scorie di una nottata turbolenta, si ficca nel letto e cade in un sonno profondo, la carica di adrenalina non le fa sentire dolore e altre sensazioni.
Kristian dopo più di ventiquattrore telefona ad Annalisa, le chiede: «si è ripresa? Come va?», lei risponde: «assolutamente non sembra affatto provata, mi sa che le hai tirato fuori il mostro che era in lei». Lui allora dispone: «va bene così, allora ci vediamo stasera al casale.» Con questa conversazione e con sottofondo la canzone dei The Heavy “What Makes A Good Man?” che uno dei canali musicali trasmetteva, Hector provvedeva ad asportare i piercing dalla schiena e a medicarle le parti con i fori per evitarle infezioni. Terminata l’operazione quest’ultimo le raccomanda: «per almeno un mese utilizza questa soluzione detergente, hai la pelle dura e in meno che non si dica non si vedrà più nulla.» Saluta le due e scappa via.
L’occasione di avere il pomeriggio libero è allettante per fare un giro in centro, si fermano a prendere uno spritz sedute ai tavolini di un bar, Paola intravede da lontano l’amica Maria passeggiare sotto braccio con Kristian, pensa che stronza, questa lo conosce davvero bene altro che voci di paese, mica vorrà tradire il marito. Fa segno ad Annalisa e le dice: «guarda chi sta venendo, cerchiamo di non farci vedere», non è difficile visto che i tavoli tra di loro hanno dei separé, basta solo scivolare un po’ sulla seduta ed il gioco è fatto, sperano anche che le vetrate fumè del bar contribuiscano a non essere viste.
Affianco al bar c’è un negozio di abbigliamento, Maria si ferma per guardare la vetrina, le due non resistono vogliono capire cosa si stessero dicendo quei due. Annalisa con la sua astuzia, aziona la registrazione vocale sul suo smartphone e lo fa scivolare sul pavimento in direzione della vetrina, il dispositivo viaggia sul pavimento proprio fino ai piedi delle vetrate. Fortunatamente nessuno dei due uomini seduti tra il loro tavolo e quella vetrata si accorge di nulla. Il telefono è in azione e forse sta captando la conversazione, tramite uno specchio posto sulla parete opposta riescono a controllare la scena di quei due fermi a parlare e osservare la vetrina. Qualche minuto e i due si allontanano, Annalisa si precipita a raccogliere lo smartphone, l’audio è pessimo le voci si sentono appena e parte della conversazione non risulta comprensibile causa anche i rumori esterni. Paola non si dà pace, perché la sua migliore amica le ha nascosto quell’amicizia con il suo capo. Vorrebbe saperne di più ma non può commettere passi falsi. Per distrarsi da quei pensieri chiede a Annalisa: «dopo ieri sera non ho ricevuto i galloni della battaglia?» Lei risponde: «che galloni?» Con un sorrisetto malizioso: «fino alla penultima volta ricevevo degli anellini questa volta la prova più dura e nessuna ricompensa».
«Hai ragione non ci avevo fatto caso, questa volta non mi ha nulla per te.» Si accorgono che si sta facendo tardi e devono prima passare da casa per poi arrivare all’appuntamento al casale. Annalisa accompagna l’amica a casa dandole un’ora per prepararsi, che poi avrebbe fatto ritorno.
Alle 22:00 sono di nuovo fuori al casale di Kristian, il solito rituale fa spogliare la schiava per poi farla accomodare. Una volta al centro della stanza Kristian esordisce: «buonasera Paola», da quando era iniziato quel gioco torbido non l’aveva mai chiamata per nome, «devo ammettere che sei stata davvero stupefacente, non mi sarei mai aspettato da te una tale resistenza e tenacia, oltre ad un’esplosione della tua sensualità». Lei arrossisce, il fatto di essere stata chiamata per nome le fa capire che qualcosa in quel gioco sta cambiando o sta terminando, non sa ancora se le regole sono in corso e pertanto non proferisce parola, anche se avrebbe voluto ringraziare per quei complimenti. Le si avvicina le sfiora il corpo con i dorsi delle mani, ne accarezza le sue curve, sfiora i suoi splendidi seni i suoi capelli, spostandoglieli la bacia sul collo. Un brivido attraversa la schiena di Paola, il suo cuore sembra scoppiare, ma a differenza dei sentimenti che provava prima, ora vorrebbe solo essere scopata da Kristian. Sembra che i sentimenti, l’amore siano stati messi da parte, forse qualcosa si è rotto nella sua personalità facendo nascere nuove esigenze più primordiali. Kristian chiama a sé anche Annalisa che era ferma ad osservare la scena. Si avvicina anche lei ancora non ha chiare le intenzioni per la serata, fino a quando Kristian le dice: «per la nostra ultima serata con Paola, lascio a te l’onore di lasciarle un ricordo indelebile, quando avrai finito portala via e ci vedremo domani alle 09.00 nel mio ufficio». Paola ha capito che dopo questa notte il gioco sarà finito, un po' le dispiace, il capo non è stato molto loquace, non ha fatto capire se il suo debito sarà saldato con i guadagni realizzati con la sua schiava, se c’entra qualcosa Maria o la stessa Annalisa, molto turbata dall’esperienza al club di Katia. Tanti interrogativi nella sua mente scorrono e più di tutti ora come farà è stata iniziata alla dissolutezza e non vorrebbe certo tornare alla vita di prima, ma non ha ancora la sfrontatezza necessaria, il pudore le è ancora rimasto. Annalisa anch’essa meravigliata dall’evoluzione della serata non è preparata, quindi sul momento decide di portare Paola nella stanza al primo piano, la stessa dove Hector aveva praticato la foratura della schiena. Questa volta con gran stupore di Annalisa vi era posizionato un tavolo di legno con fermi metallici disposti in modo da bloccare gambe, braccia e collo di chi vi fosse fatto sdraiare. Come se Kristian già sapesse anche le sue mosse, aveva previsto che le due sarebbero andate in quella stanza e le aveva organizzato il lavoro. Si accorge che le telecamere della stanza sono state oscurate, da vasi, candele e fiori, non si ricorda quante ve ne fossero con precisione, ma è chiara la volontà di non voler filmare e assistere a quell’ultima serate. Annalisa pensa si sarà stufato di questo gioco, comunque non vuole deluderlo, fa distendere supina sul tavolo Paola e le blocca le caviglie, i polsi e il collo in quei blocchi metallici fissati al tavolo. Prende una grossa cinghia di cuoio e facendola passare sotto il tavolo e tendendola al massimo ne blocca anche il busto. La tensione data alla cinghia le comprime l’addome. Con una corda fatta passare attorno alle cosce e ai fianchi riesce a bloccare un vibratore propria all’altezza della sua vagina, lo aziona e si gode lo spettacolo di quel corpo nel tentativo di contorcersi per l’eccitazione. Le tormenta i capezzoli ma non è nulla rispetto a quanto sopportato finora, questo le sembra più che altro un gioco. Dalla porta vedono entrare Hector: «salve signore, il vostro capo mi ha chiamato e subito sono corso». Annalisa capisce al volo: «sei qui per il segno indelebile di cui parlava prima, vero?» Lui sorride e annuisce: «ma sarai tu a decidere quale sarà e in che punto dovrà ricordarsi di voi.» Dal cofanetto di Hector sceglie un piercing, un cilindretto metallico con all’estremità delle sferette con applicate delle pietre nere. Gli indica senza farsi vedere il clitoride è lì che vuole venga lasciato il loro ricordo. Si avvicina a Paola le dice: «ho scelto un bel ricordino per te, ogni volta che l’osserverai ti ricorderai di questi fantastici giorni». Hector con una strana pinza afferra il clitoride tirandolo verso di lui e con rapidità dopo averlo disinfettato per bene, trafigge la sua carne oltrepassando da parte a parte e infila dentro la barretta richiudendola con le sferette agli estremi. Un rivolo di sangue scorre lungo le pareti delle grandi labbra, le mani e i piedi sono ancora racchiusi. Una bella scarica di dolore si è irradiata dal suo clitoride a tutto il corpo. Come al solito pochi secondi e il dolore svanisce una stana sensazione le resta di avere adesso la parte segreta del suo corpo trafitta e violata da quell’arnese. Annalisa la bacia appassionatamente come la notte in hotel a Manchester, mentre Hector si occupa di disinfettare l’area al fine di evitarle infezioni. Ma l’effetto su Paola è ben differente è oscenamente eccitata da quell’uomo che la tocca, Annalisa che la sta baciando in quel modo, lei costretta e bloccata dai quei fermi non passa molto tempo e raggiunge l’orgasmo. Annalisa rivolgendosi ad Hector dice: «per una volta lasciati andare, perdi la tua professionalità e soddisfa la mia amica, non vedi come brama per essere scopata per bene». L’uomo non si lascia pregare più di tanto e calandosi i pantaloni e liberandole le caviglie la penetra, dapprima con delicatezza e timore, ma visto che alla donna sembra piacere e per nulla infastidita la prende con più vemenza. Una nuova sensazione la penetrazione con la stimolazione sul clitoride del piercing, ne accentua la potenza e il piacere. Mentre Annalisa le è montata sul viso per farsi leccare la figa le dice: «ottima scelta, ti ringrazio da sola non avrei mai avuto il coraggio di farlo, ma ora che ce l’ho è stupendo» e lei: «così potrai esplorare ancora meglio le tue curiosità, cosa credi che non mi ricordi come me lo guardavi e toccavi la sera in albergo». Hector già al culmine del suo piacere a quel discorso fra le due non resiste immaginando cosa abbiano potuto combinare assieme le due, sfila il cazzo dalla figa e sborra sul suo ventre. Anche Annalisa viene sono tutti e tre soddisfatti. La liberano dal tavolo, quei gesti simbolicamente rappresentano anche la liberazione dal contratto firmato con Kristian. Prendono le loro cose e lasciano il casale.
La notte scorre veloce, al mattino Paola si risveglia come una donna nuova, decide di andare a lavoro con un vestitino che mai avrebbe indossato prima, un abito a stampe floreali di colore bianco e viola, a mezza manica, con colletto bianco simile a quello di una camicia da uomo, un cinturino in vita viola, gonna svasata corta ben sopra il ginocchio, molto morbida che quando cammina lascia intravedere molto. Ai piedi indossa scarpe viola con tacco medio, tallone scoperto e allacciate alla caviglia. Giunta in azienda gli sguardi di tutti sono increduli di quel cambiamento, Annalisa compiaciuta ascolta i commenti di alcuni più vicini e se la ride.
Alle 09.00 Paola è nell’ufficio con Kristian: «sono compiaciuto della tua fedeltà, il nostro contratto viene rescisso immediatamente, e per dimostrare la mia gratitudine non solo ti confermo come responsabile marketing dell’azienda ma ti darò un aumento» lei risponde: «ti ringrazio, a me basta conservare il mio lavoro, non penso di aver meritato quest’aumento e poi se la situazione dell’azienda non è delle migliori non sentirti obbligato solo per quello che è accaduto in questi giorni.» Kristian è stupefatto di quel gesto, strano vedersi rifiutare un aumento di stipendio, ma ribatte e dice: «non vorrai contraddire il tuo padrone» facendogli l’occhiolino e sorridendole. Paola risponde a quel sorriso con un gesto di riverenza e si congeda lasciando l’ufficio. Durante la pausa pranzo Annalisa chiama Paola dicendole che le deve parlare in disparte, mangiano velocemente e si appartano nel parcheggio. Paola è incuriosita da quel comportamento: «ma cosa è successo, dove stiamo andando, qualcuno se ci vede potrebbe farsi strane idee» lei le risponde: «allora questi giorni non ti hanno fatto perdere del tutto le inibizioni, pensassero quel che vogliono, comunque non farti strane illusioni devo solo parlarti». Sono sedute nell’auto di Paola, che dice: «bene siamo lontane da occhi indiscreti cosa devi dirmi», lei: «io niente, ti ricordi il messaggio registrato tra Kristian e la tua amica? Con l’aiuto di un mio amico tecnico del suono sono riuscita a pulire l’audio dai rumori di fondo e amplificare le sole voci dei due. Sei curiosa di ascoltare cosa si dicevano?» Paola desiderava tantissimo sapere cosa le nascondeva Maria e la supplica di farle sentire l’audio, Annalisa aziona il play e si sente Kristian dire: «sei stata lungimirante sapevi il vero volto di Paola e mi hai obbligato a tirarglielo fuori, sai bene la fatica che ho fatto. Era contro il mio volere inscenare i falsi debiti, la crisi dell’azienda e coinvolgerla in quello strano contratto. Tu già sapevi che avrebbe accettato e la trasformazione che ne sarebbe scaturita», queste parole si sentono forti e nitide, con volume minore si riesce a sentire anche la risposta di Maria: «la conosco molto bene, senza il mio aiuto sarebbe diventata vecchia senza mai liberarsi del suo passato e di quel bigottismo che la bloccava, spero solo che ora trovi un uomo come te che la voglia bene». La risposta di Kristian rimane a metà perché i due si erano allontanati le poche parole che si riescono ancora a sentire sono: «Non fare la sciocca non potrebbe…» Paola esclama: «no!!! Sul più bello non potrebbe cosa?» Annalisa invece non si focalizza sulla parola ma sul comportamento dell’amica: «Hai capito la stronza di Maria cosa ha organizzato per te, io gliela farei pagare» e lei: «no dai lascia stare, in fondo aveva ragione e mi conosce fin troppo bene, senza di lei adesso non sarebbe cambiato proprio nulla nella mia vita. Ma secondo te come sarà finita la frase di Kristian?»
Annalisa le suggerisce: «perché non lo chiedi al diretto interessato?» e lei: «sei pazza, ma lo scoprirò prima o poi.»
Passano dei giorni, Paola è tormenta da quell’interrogativo ma non riesce a chiarire né con l’amica né tantomeno con Kristian, non si fa capace che nessuno dei due poi faccia il primo passo con qualche spiegazione. Si è incontrata qualche sera a casa di Annalisa, ma nulla di più. Anche quegli approcci che le capitavano prima sembrano essersi dileguati, come se il suo nuovo aspetto incutesse timore. Decide allora di aprire un profilo su un sito di appuntamenti la sua pagina con una foto del suo splendido corpo e con il volto coperto dai capelli reca il seguente messaggio: “Benvenuto nella mia pagina! Mi chiamo Monia sono una donna solare, autentica e anche simpatica. Ho una personalità estroversa e trasgressiva. Amo esaudire i tuoi desideri, comprenderli, renderli miei e portarli al culmine. Adoro instaurare un vero rapporto di complicità, capace di condurci in un’estasi sensuale, lasciando un ricordo unico e indelebile. Voglio rimanere impressa nella tua mente, in quell’angolo piccolo e nascosto dove solo tu e io possiamo entrare, per godere di un’intimità unica. Un luogo condiviso in cui, ogni volta che vogliamo, possiamo trovare quello spiraglio di Libertà e Trasgressione che ci appartiene. Che aspetti? In tanti già lo hanno provato. Unisciti al mio giardino dei piaceri.”
Alle 16:00 ha fatto convocare nel proprio ufficio Paola, responsabile marketing, e Annalisa ingegnere meccanico junior, assunta da un anno, un vulcano di idee che si è fatta subito apprezzare.
Le ha convocate per affidargli un nuovo incarico, ma non le ha fatto accennare nulla in merito a questa chiamata, circostanza che ha messo molta ansia alle due dipendenti, le quali non sapendo cosa aspettarsi e conoscendo il carattere di Kristian non riescono a spiegarsi i motivi di questa chiamata comune nel suo ufficio.
Paola ha 38 anni, un matrimonio fallito alle spalle dal quale non ha avuto figli, ha dedicato tutta la sua vita al lavoro dopo la delusione avuta. Lo scotto del divorzio l’ha resa molto diffidente nei rapporti sentimentali, è un’idealista in cerca dell’amore romantico come quello delle favole. Fidanzatasi giovanissima ed estremamente fedele, fino alla scoperta dei tradimenti dell’ex marito ha vissuto la sua vita coniugale senza alcuna macchia, concedendosi solo ai suoi doveri coniugali. Essendo estremamente religiosa, tranne qualche pompino che a malavoglia faceva, la inibiva assaporare gli umori della verga del suo uomo, si concedeva facendosi esplorare un’unica via: quella principale. Da quando ha divorziato non ha avuto molte storie. Le poche relazioni subito sono terminate per la sua ritrosia a concedersi ai piaceri carnali. Le piace la fase del corteggiamento, le sue civetterie sono atteggiamenti che illudono gli uomini, i quali pensano che siano propedeutiche alla sua caccia, la fanno apparire come una mangia uomini, alludono a chissà cosa, ma arrivati al sodo lei si sottrae e per questo che poi viene piantata. Si sente bloccata sessualmente e quando di rado l’assale il bisogno di soddisfare i suoi istinti primordiali, si masturba a mala pena con le dita, sfiorandosi e tentando timide penetrazioni. Le sue amiche, alle quali ha confidato questo suo blocco, al suo ultimo compleanno l’hanno regalato un fantastico vibratore con testa rotante e sul biglietto d’auguri, incorniciata tra tanti smile era riportata la seguente dedica: “Speriamo che lo usi poco! Accetta questo nostro dono, ti darà tanto piacere ma mai come quello che ti potrà dare un uomo”. Regalo che l’aveva imbarazzata non poco, visto anche il contesto in cui l’aveva ricevuto, erano a cena in un ristorante con tante persone ai tavoli vicini. Per praticità, ma anche per la sua pudicizia, è solita indossare capi di abbigliamento che non esaltano la sua prorompente fisicità, non usa gonne o scollature che facciano intravedere il suo décolleté.
Annalisa ha 24 anni, da poco si è laureata in ingegneria meccanica con 110 e lode, al contrario di Paola è una donna sessualmente libera, bisessuale e incline ai tradimenti. Appena due settimane fa è stata lasciata dal suo compagno storico, perché sorpresa a fare un pompino al suo istruttore di tennis negli spogliatoi del campetto. Nel suo settore è bravissima e per questo avrà sicuramente una carriera brillante, ma per raggiungere i suoi obiettivi è disposta a tutto senza alcuna remora. Piccola di statura un metro e sessanta, ma ben proporzionata con una quarta di seno e un sedere tondo e sempre in tiro, che attrae gli sguardi sia degli uomini che delle donne, che ne provano invidia. Occhi verdi smeraldo e capelli neri lunghissimi e lucenti come la seta. A lavoro quando è in officina meccanica ama usare tute da lavoro attillatissime che le scolpiscono il fisico marmoreo e non ama utilizzare il reggiseno, visto che non ne ha bisogno, i suoi seni sfidando la legge di gravità, gli restano sempre ben alti. E’ facile notare per ognuno di essi, sotto la tuta, tre rigonfiamenti all’altezza dei capezzoli, i due all’estremità sono le palline terminali dei piercing che porta. Sotto la tuta indossa sempre scarpe con il tacco, che la slanciano, ha il complesso della sua altezza. Per le lunghe giornate in officina non va mai oltre un tacco 8, per non far soffrire troppo i suoi piedi e le sue gambe a fine giornata. Quando invece svolge le attività di progettazione ed è in ufficio ama sfoggiare tutta la sua femminilità con tubini e tailleur con gonne sempre molto corte, al di sopra del ginocchio, per mostrare le sue splendide gambe. In questo caso, dove non deve stare tante ore all’impiedi, sfoggia sempre scarpe da tacchi vertiginosi sui quali si muove divinamente.
Sono le ore 15:50 e le due donne, con ansia crescente, si apprestano dai loro rispettivi uffici a muoversi verso l’ufficio di Kristian. Arriva per prima Annalisa, la segretaria le chiede di attendere l’arrivo di Paola prima di annunciarle, qualche minuto dopo, quando le 16:00 sono già scoccate da un paio di minuti, arriva quest’ultima, come suo solito tutta trafilata. La segretaria le annuncia, ma Kristian, che è anche molto preciso, non ha apprezzato questi pochi secondi di ritardo, decide di punirle per il ritardo facendole sicuramente sforare l’orario di lavoro, per questo si inventa una telefonata improvvisa e dice alla segretaria di farle attendere in sala di attesa. Alle 17:00 dopo circa un’ora comunica alla segreteria che è libera di andare a casa, essendo terminata la giornata lavorativa e di far attendere ancora le due, che riceverà nel giro di qualche minuto. Paola tranquillamente accetta questo prolungamento di orario non previsto, invece Annalisa che ha altri impegni inizia a guardare l’orologio con trepida attesa, vede lo scorrere inesorabile delle lancette e l’accumularsi dei minuti di ritardo. In mente impreca per questa situazione.
Alle 17:30 Kristian le riceve, con fare sempre distaccato, dice: «signore vogliate scusarmi per l’attesa, purtroppo un contrattempo con un fornitore ha fatto posticipare il nostro incontro», e chiede alle due di sedersi al suo tavolo riunioni. Prima che Annalisa si segga con tono imperioso le ordina: «prepara tre caffè, lì c’è la macchina e nel cassetto sotto trovi le capsule». Quell’ordine subìto, per un attimo l’ha percossa, si è risentita di quanto impartitole. Nella sua mente seppur si è fatto strada il pensiero che la segretaria è andata via, non riesce ad accettare che non le è stato chiesto con gentilezza, la sua razionalità la spinge a portare a compimento quell’imposizione anche se mal volentieri. Kristian nel suo sguardo è riuscito a carpire quella sensazione di rabbia, che palesemente fa intuire che non è una donna sottomessa e né tantomeno di indole che si fa sottomettere. Con i caffè pronti, si reca anche lei verso il tavolo dove già sono seduti gli altri due, porge i bicchierini e si accomoda in una delle poltroncine in pelle color crema ancora vuote. Kristian guardandole negli occhi, confida: «ho investito un grosso capitale esponendomi a dei prestiti per rimodulare la produzione e stare al passo delle innovazioni tecnologiche che il mercato richiede,» inoltre aggiunge: «ho ordinato una nuova linea di produzione per mettere in pratica i progetti di Annalisa.» Progetti che avevano tanto entusiasmato sia lui che il suo staff tecnico, ritenevano che avrebbero portato un ulteriore espansione sul mercato.
L’obiettivo di Kristian è di realizzare al più presto quest’espansione per ripagare subito i debiti che ha contratto. Per accelerare questo processo ha pensato di fare un ulteriore investimento di marketing prenotando uno stand espositivo al Salone internazionale della subfornitura meccanica, che si sarebbe tenuto dopo 10 giorni a Manchester, comunica questa novità alle sue dipendenti e dispone: «entrambe partirete per i giorni del Salone, essendo una la responsabile alle vendite e l’altra esperta della nuova produzione, con l’obiettivo di stipulare nuovi contratti». Infine per motivarle aggiunge: «il futuro dell’azienda dipende da voi.» Annalisa appresa la notizia, manifesta il suo entusiasmo per quest’opportunità, pensa a quei quattro giorni sia come lavoro, ma anche come un diversivo dopo molti mesi di duro lavoro. Paola, molto abitudinaria, invece appare al quanto scocciata di quella trasferta. Prima di congedare le due dipendenti, Kristian somministra un breve questionario, nel quale si richiede le misure corporee e le taglie degli abiti, a tali domande le due donne rimangono perplesse, Annalisa obietta: «perché ci sono richiesti questi dati?» La risposta è secca e repentina: «Vi fornirò il vestiario da utilizzare nei giorni del Salone, indosserete una sorta di divisa.» Questa risposta secca entrambe, che non si sentono libere di scegliere l’abbigliamento più consono alla loro personalità. Paola spera che questa divisa non preveda una gonna, indumento che mal tollera. Compilato il breve questionario, le congeda dicendo: «Se non avete domande o obiezioni, abbiamo finito, potete andare.» Le due escono dall’ufficio, appena fuori la porta Annalisa nonostante l’imposizione del capo è contentissima e per la gioia abbraccia Paola. Un gesto amichevole fatto non con malizia, per creare cameratismo visto che avrebbero dovuto trascorrere cinque giorni praticamente insieme. In azienda, che conta una quarantina di dipendenti, le due fino a quel momento non avevano mai avuto grandi interazioni, occupandosi di due settori differenti. Nell’abbraccio Annalisa ha modo di saggiare le forme di Paola, il seno di questa le si staglia contro quasi all’altezza del volto, vista la differenza di altezza. Sotto quei vesti larghi riesce ad avere contezza dei suoi lineamenti. Il suo profumo è davvero gradevole, una fragranza fresca, leggera e sfumata dall’odore di fiori d’arancio. Il profumo e il calore di quel corpo le fa venire un brivido di piacere, un’attrazione inaspettata per quella donna che fino ad allora non aveva preso in considerazione. Con un gesto lento e ben calibrato per non dar a vedere le sue intenzioni fa scivolare la sua mano destra verso il basso, carezzandole leggermente il culo. Facendo quel gesto si accorge che anche lì sta messa davvero bene. I suoi capelli mogano le arrivano sul volto e inizia a sentirsi bagnata nelle mutandine. Di quelle carezze sul culo Paola nemmeno si è resa conto, essendo abbracciata da una donna, non ha alzato le barriere che di solito issa nei contatti con l’altro sesso, non immagina neanche lontanamente che la sua collega possa provare per lei un’attrazione di quel tipo. L’abbraccio è durato un tempo brevissimo, ma ha acceso in Annalisa una scintilla di passione. Difronte a lei un grande orologio segna le 18.15, si ricordata dei suoi impegni e scappa, ma avrebbe voluto che quell’abbraccio fosse stato più lungo e più prolifico spingendo la situazione ben oltre.
I giorni che precedono la partenza per Manchester sono pieni di impegni, Paola prepara brochure, con i testi tecnici stilati da Annalisa, questa non perde occasione per recarsi nell’ufficio marketing per vedere l’oggetto del suo desiderio, purtroppo per lei sono sempre presenti anche i suoi collaboratori e non ha modo di andare oltre in nessuno dei suoi tentativi. Omette di effettuare comunicazioni con email, con la scusa che è più pratico spiegare eventuali incomprensioni di persona. Le passa i file contenenti i testi con la sua pen drive, sfruttando tutti gli scambi per sfiorarle le mani o per inginocchiarsi ai suoi piedi per inserire la chiavetta usb nel suo computer, con la scusa può sfiorarle le gambe e ammirare i suoi piedi.
Il pomeriggio prima della partenza, la segreteria consegna alle due i biglietti aerei e il voucher da presentare in albergo, riferisce poi: «tutto il materiale pubblicitario è stato già inviato presso i padiglioni del Salone, lo troverete nello stand.» Mentre le due stanno controllando la documentazione ricevuta, le dice: «il signor Kristian vi ha messo a disposizione un operaio per i lavori di allestimento…» Fa una breve pausa per sistemare una cartellina in un armadio e aggiunge: «per non farvi appesantire il bagaglio è stato predisposto l’invio presso l’hotel delle divise da utilizzare.» Le due ascoltano senza proferire parola, la segretaria aggiunge: «per motivi che non sto qui a spiegarvi il signor Kristian mi ha detto di riferirvi che la sua presenza nell’ultimo giorno del Salone è cancellata, ma comunque vi seguirà con videochiamate frequenti per aggiornamenti.»
Terminata l’ultima giornata in azienda prima della partenza, Annalisa propone alla compagna di viaggio di andare a prendersi qualcosa da bere per organizzare la partenza prevista per le 09.30. Questa è una scusa per iniziare a godersi da subito i prossimi 5 giorni, in cui quest’ultima sarà completamente sua. Sbrigato velocemente l’organizzazione del giorno dopo, cerca di conoscere meglio la sua preda, non lo fa sfacciatamente ma con astuzia, inizia a parlare di sé stessa, sapendo già molte cose sul conto dell’altra, in quanto in azienda le chiacchiere corrono. Subdolamente le dice: «ci voleva proprio questo distacco, sai due settimane fa il mio ragazzo mi ha lasciato, non so il perché ma penso che abbia sicuramente un’altra», provocandosi due occhi lucidi che sembrano quasi pronti a sgorgare dei lacrimoni. Paola che ovviamente non era al corrente dei reali motivi, si immedesima nella condizione dell’altra, prova pena per l’amica ma allo stesso tempo rabbia e rancore verso il marito che anni addietro l’aveva tradita. Le stringe le mani e le dice: «Ti capisco fa male questa cosa. Sai anch’io sono stata tradita dal mio ex marito e ancora oggi ne sto male. Le tue parole some state come una lama di un coltello conficcata in una ferita aperta e hanno fatto riaffiorare brutte sensazioni.» Poi prende un fazzolettino le asciuga gli occhi. Ormai si sente che può aprirsi e inizia a raccontarle della sua vita, dei suoi problemi a relazionarsi con l’altro sesso e del fatto che forse neanche lo cercava, non tralascia nessun dettaglio, è un libro aperto per Annalisa. Fatte ormai le 21:00, e terminato di raccontare tutta la sua vita, si alza e dice: «scusami ma devo andare, ho da finire di preparare i bagagli e devo lasciare delle raccomandazioni alla vicina prima che si faccia più tardi. Anche se mi sarebbe piaciuto continuare questa chiacchierata. Mi ha fatto veramente bene.» Annalisa risponde: «Anche per me è stata una serata piacevole, sicuramente nei prossimi cinque giorni non mancherà modo di continuare.» Ormai è sicura di averla in pugno e si reca anch’essa a casa.
Come concordato alle 07:30 sale sul taxi che l’era venuta a prendere e si dirige verso casa di Paola che già aspetta fuori il portone di casa, alle 07:55 sono in aeroporto per il check-in ai banchi della Brithish Airways, Paola che fino a qualche giorno prima era scontenta di quella partenza, inizia a cambiare idea visto il feeling che si stava instaurando tra le due, reputa di aver trovato una nuova amica. Salite a bordo del Boeing 787, avevano prenotati posti vicini, Annalisa chiede: «posso prendere quello vicino l’oblò», Paola le risponde: «per me è indifferente, puoi prendere il posto che preferisci.» L’aereo ormai è pronto sulla pista, inizia la sua fase di rullaggio, la potenza dei motori eccita l’ingegnere, ha una passione per queste cose e la vicinanza con Paola amplificava quella sensazione, quest’ultima invece ha una leggera paura del volo e soprattutto per questa fase così delicata, pertanto chiede: «posso stringerti la mano? Mi trasmette tranquillità.» Annalisa non desiderava altro, i motori ormai sprigionano la loro massima potenza, la stretta forte di Paola, la eccita tantissimo l’aereo si stacca dal suolo e una forte ondata pervade il suo corpo facendole bagnare le mutandine inondate dai suoi umori che fuoriescono dalla sua vagina. Trascorso qualche minuto il comandante ha spento la spia delle cinture di sicurezza, ancora con le gote rosse dal piacere ricevuto, per paura che l’odore dei suoi umori possa essere percepito dalla sua vicina, chiede: «mi fai passare?» Si reca alla toilette, chiusa la porta, si alza la gonna arrotolandola lungo i fianchi e si sfila le mutandine verdi in pizzo che indossa, le guarda inzuppate e pregne dei suoi umori, si asciuga le parti intime e l’interno coscia con della carta e ripone le sue mutandine nel cestino dei rifiuti, decidendo di rimanere senza intimo, non ha la passibilità di un ricambio al momento.
Torna al suo posto si siede e inizia a parlare del più e del meno con la sua amica, che purtroppo non ha dormito tutta la notte, i turbamenti e i rancori della chiacchierata della serata precedente non le hanno fatto chiudere occhio, pensava a come il suo ex marito in tutti questi anni fosse passato da una donna all’altra godendosi la vita senza rimorsi per quello che le aveva fatto. Stanca morta dice: «ti dispiace se interrompiamo questa conversazione? Vorrei riposare un pochino, non ho chiuso occhio questa notte, sarà stata l’ansia della partenza.» Si raccoglie i capelli in uno chignon fermandolo con una matita che aveva estratto dalla borsa, questa operazione fa intravedere un piccolo tatuaggio a forma di stella dietro il collo, Annalisa non aveva mai avuto modo di notarlo, poiché i suoi capelli non li legava mai in ufficio. Ai suoi occhi si staglia un collo lungo, cinto da un monile che termina nello scollo a barchetta della maglia nera indossata, sicuramente il pendaglio è riposto all’interno del solco intermammario. Il lobo dell’orecchio destro è impreziosito da un orecchino con piccoli brillantini, decisamente di classe. Dopo pochi minuti Paola si è addormentata e scivola lentamente con la sua testa sopra il seno prorompente dell’ingegnere, il calore di questa così vicino al suo seno, inizia a farle battere il cuore a mille, cerca di far durare a più a lungo possibile quel contatto, si muove lentamente cercando di sfiorarsi i capezzoli ormai diventati turgidi contro quel volto. Cerva con delle contorsioni il modo di portare il capezzolo sinistro all’altezza delle labbra di Paola. Il piercing accresceva il senso di piacere di quegli sfregamenti. Da circa un’ora va avanti quell’intenso piacere, che la porta nuovamente a bagnarsi tra le cosce, questa volta non avendo le mutandine dei rivoli dei liquidi dei suoi umori che fuoriescono dalle piccole labbra, iniziano a rigarle l’interno cosce. É in uno stato di completa eccitazione, si accorge che Paola, stesso nel sonno, ha aperto leggermente la bocca, dalla quale esce un piccolo filamento di saliva, dallo spigolo appoggiato sulla sua maglietta, vorrebbe metterle il capezzolo in bocca, sta desiderando che glielo succhiasse tanto era gonfio, ormai prossimo a scoppiare per la tensione raggiunta. Improvvisamente un vuoto d’aria fa fare un piccolo sobbalzo all’aeromobile e senza volerlo le labbra spalancate di Paola si poggiano sulla maglia di Annalisa accogliendo in bocca la punta del suo seno, quasi come fosse una neonata che allatta al seno della mamma. Per quest’ultima è l’estasi, dura pochissimo però, lo scossone ha fatto risvegliare Paola che è imbarazzatissima e tutta assonnata dice: «scusami Annalisa non volevo sbavarti sulla maglietta.» Questa visto che la collega si stava risvegliando ed era come stonata, fa finta di essersi appena risvegliata anche lei e con fare frastornato chiede: «scusa di cosa? Che è successo? Stavo dormendo», smorzando l’imbarazzo dell’altra che lascia perdere e dice: «niente, niente avrò fatto un sogno».
Alle 12:45 l’aereo atterra in perfetto orario all’aeroporto, recuperate le valige dai nastri trasportatori si recano verso l’uscita, comprano a volo un panino da Burger King, e preso uno dei cab in attesa all’esterno, si fanno dapprima accompagnare in London Road presso il Macdonald Manchester Hotel, un quattro stelle che la segretaria di Kristian aveva prenotato per loro, il tempo di lasciare le valige alla reception e si fanno subito accompagnare al GMEX ovvero il Manchester Central Convention Center, una delle principali sedi espositive e congressuali del Regno Unito. Arrivate a destinazione e scese dal cab, appare loro in tutta la sua maestosità l’edificio, oggetto di una sapiente riqualificazione urbanistica. Lo spazio espositivo principale della sede era un tempo una stazione ferroviaria vittoriana e conserva ancora il suo alto soffitto a volta e i mattoni decorati. Un ambiente decisamente gotico, nelle corde della personalità di Annalisa. Si recano presso gli uffici accoglienza, dove trovano Mark, l’operaio incaricato alla loro assistenza. Paola prende in mano le redini e guida le operazioni di allestimento, decidendo il posizionamento dei banner e delle brochure che sono racchiuse in due pacchi spediti dall’azienda. Mark non passa inosservato, un bel ragazzone rosso, con occhi verdi, i colori tradivano le sue chiare origini irlandesi, alto e muscoloso, con una maglia bianca attillata e una salopette in denim, non dimostra più di 30 anni. Paola con le sue solite civetterie sembra che stesse tentando un approccio, questo infastidisce molto Annalisa, che per questo viaggio la desidera solo per lei ed è disposta a qualsiasi cosa per farla cadere nella sua ragnatela e farle provare un’esperienza per lei fino ad ora sconosciuta. Terminato l’allestimento verso le 18:30, prima di andare via, Annalisa fa un breve reportage fotografico da inviare a Kristian per mostrare il loro operato, il Salone avrebbe aperto i battenti domani alle 08:30.
Si recano in hotel sfinite per l’intensa giornata, gli era stata riservata una doppia con letti separati, l’idea non dispiace affatto per nulla Annalisa, l’hotel una struttura moderna nel pieno centro a pochi minuti dal GMEX, è confortevole, ha corridoi con lampade soffuse lungo i pavimenti in parquet e vi sono statue orientali che ornano il percorso, la loro stanza è al terzo piano. Il facchino le fa strada portando i bagagli delle due, appena in stanza, chiusa la porta subito si tolgono le scarpe e si stendono ognuna sul proprio letto. Scrutano l’arredamento, la moquette del pavimento è tenuta molto bene, pulita deve essere stata messa da poco è quasi nuova. La stanza ha un piacevole odore di frutti di bosco che un profumatore disperde nell’aria. Due poltrone e un tavolo rotondo completano l’arredo insieme ad un armadio a porte scorrevoli, musica in filo diffusione e un grande schermo alla parete. La stanza ha un’ampia vetrata che concede una vista sul centro città. Stese lì su quel letto finalmente Annalisa ha la possibilità di vedere i piedi di Paola, fino ad ora i suoi incontri ravvicinati con quella parte del corpo erano stati quando metteva la pen drive nel suo pc, ma non poteva mai osservali completamente perché chiusi nelle scarpe. Sono molto belli e curati con unghie laccate di un bordeaux intenso, si intravedono attraverso le calze color carne che indossa. Si ricorda di essere ancora senza mutande, avendole rimosse in aereo. Dopo diversi minuti che Paola parla, si è ormai assorta in contemplazione di quei piedi, aveva un istinto di volerli accarezzare, si è assentata dalla discussione al punto che Paola non avendo risposta ad una sua domanda chiede: «Ti senti bene? Ti vedo assente, a cosa stai pensando?» Subito si riprese dicendo: «Si sto bene, sai la giornata è stata particolarmente faticosa, sto recuperando un po' di energia.» Mentre è ancora lì a fissarle i piedi, l’altra si alza dal letto e inizia a preparare il necessario per fare una doccia per poi andare a cena, prende due asciugamani e posiziona nel mezzo la sua biancheria. Si reca nuovamente presso la valigia per prendere il piccolo beauty case con il necessario per il trucco. In quel momento nella mente di Annalisa si palesa l’opportunità di vederla nuda, con fare lesto riesce a sfilare, senza farsi accorgere, le mutandine da quel sandwich di asciugami e le nasconde ai piedi del letto di Paola, dove lei non può vederle. Questa entra in bagno per concedersi una doccia rilassante. Appena sentito il fruscio dell’acqua della doccia, avuta la contezza che l’amica stesse sotto la doccia, raccoglie le mutandine da terra se le porta al naso annusandole, odorano di detersivo, invece avrebbe voluto odorarle zuppe di umori e le posiziona a metà strada tra la porta del bagno e il letto di Paola. Si sdraia sul letto, mette le cuffiette simulando di ascoltare qualcosa e aspetta in trepida attesa l’uscita della sua preda. Terminata la doccia Paola si accorge che le sue mutandine non stanno tra la biancheria, è sicura di averle prese, ma deve cedere, la sua ricerca in bagno non ha portato al loro ritrovamento. Apre la porta ed esce con indosso solo il reggiseno, pochi passi fuori dal bagno e vede le sue mutandine a terra. Pensa che le siano cadute distrattamente mentre si recava in bagno. Ad Annalisa appare con il suo fisico dal ventre piatto e scolpito, con le sue gambe affusolate e con tutto il cespuglio in mezzo alle gambe. Vede a terra il capo di biancheria, e parlando da sola dice: «che sbadata mi sono cadute» e voltandosi di spalle si abbassa per prenderle, l’esposizione del culo è totale e anche la sua passera in quel movimento viene esposta alla visione di Annalisa. In quel momento avrebbe voluto saltarle addosso, ma ha timore della sua reazione, deve ancora lavorarla un pochettino e capire se è disposta ad accettare un suo approccio. Si allontana verso il bagno e poco dopo ne esce pronta per la cena, rimanendo in attesa che anche Annalisa si prepari. Questa eccitata da quanto appena visto, corre in bagno e si procura un lungo orgasmo, infilandosi le dite nel suo sesso, pensando all’immagine che le si era stagliata davanti. Mentre è in bagno un facchino bussa alla porta, quando Paola apre, questi le consegna un carrello con quattro bag porta abiti e due buste, sono gli abiti che Kristian aveva scelto per il Salone. Chiusa la porta non resiste e decide di non attendere che l’altra finisca le sue cose in bagno e apre quelle bag, all’interno di ognuna sono presenti una giacca blu scura con bordi del collo e dei polsi di colore rosso, i colori del logo dell’azienda, una gonna dello stesso colore con bordi rossi lungo i fianchi, davvero molto corta per i suoi gusti. Quello che non voleva accedesse è diventato realtà, avrebbe dovuto indossare per i prossimi giorni almeno nelle sette ore giornaliere del Salone, quell’indumento che tanto osteggiava. Molto infastidita di quella imposizione, continua ad aprire le buste che contengono quattro camice bianche velate di cotone, senza collo e con una fascia centrale in pizzo ai lati dell’abbottonatura che avrebbe fatto intravedere tutto, un paio di decolleté stiletto verniciate rosse con suole nere con tacco vertiginoso, ed infine un’ultima confezione che si sta apprestando ad aprire. Tira fuori un paio di calze autoreggenti color carne, dieci denari, praticamente trasparenti, con tallone e parte anteriore delle dita rinforzata di colore rosso, riga posteriore rossa e balza a sei fasce, tre nere e tre dorate alternate a spessore crescente verso l’alto. Mentre fa questa operazione, esce dal bagno Annalisa che vede questa scena erotica, Paola che incredula osserva quelle calze infilando il braccio all’interno per capirne l’effetto, le viene spontaneo fischiare, come avrebbe fatto un camionista, e dice: «cazzo che intimo che ti sei portata, un vero peccato, visto che poi non lo metti in mostra», l’altra in mente pensa che porco Kristian, chi l’avrebbe mai detto che dietro quell’aura silenziosa si nascondeva un uomo alquanto perverso. Mentre Annalisa si avvicina, Paola dice: «No non è il mio, questo è quello che Kristian ha scelto di farci indossare», le fa vedere l’abbigliamento e insieme finiscono di scartare il restante: un reggicalze rosso con bordini neri e un reggiseno push up sportivo in pizzo ed elastam senza ferretto colore nudo, che avrebbe cinto e imbrigliato tutto il busto nella parte superiore. Un bigliettino accompagna il tutto, sul quale è scritto “per le mutandine non conoscendo i vostri gusti, vi lascio la libera scelta”. Annalisa esclama: «bravo il porco, decisamente bei gusti», rivolgendosi verso l’amica aggiunge: «l’avrà scelto lui personalmente o avrà delegato quell’antipatica della segreteria? Sai quante seghe si starà facendo su di noi ora che può immaginarci mentre proviamo tutto l’abbigliamento.» Paola non vuole pensare ai quei pensieri osceni, distoglie il discorso, è spaventata di dover andar vestita così per quattro giorni, dice all’amica: «sbrigati.» Poco dopo escono per la cena, hanno trovato sul tavolo della stanza alcuni flyer di pub e ristoranti, scelgono uno a caso: il Town Hall Tavern in Tib Lane, dista circa un chilometro. Decidono di fare due passi e seguendo la mappa riportata sul retro del flyer percorrono Fairfield Street, poi imboccano Chorlton street, una strada costeggiata per lo più da edifici non molto alti, tutti in mattoni rossi, colore predominante. Attraversano un piccolo ponte che sormonta un canale, alla fine della strada vedono edifici più nuovi, con pareti a vetro e decisamente più alti. Imboccano quindi Charlotte Street, parlando dell’architettura della città che mostra il suo carattere industriale, pochi passi ancora e a dieci minuti dalla loro partenza, si trovano in Tib Lane difronte al pub prescelto. Questo è ubicato nell’unico palazzo, diverso da tutti gli altri che lo circondano, ha tre piani e presenta una facciata bianca. Il solo piano terra, dove c’e l’ingresso del pub, ha la facciata di colore grigio scuro. Un’ampia finestra ad arco è posta al centro di due porte, fa intravedere l’interno del locale. Delle piante floreali sono appese al di sopra della finestra e delle porte. Annalisa dice: «entriamo è carino e vedo pure tanta gente.» Aperta la porta del pub si intravede un lungo bancone con una fila interminabile di erogatori di bevande, ognuno dei quali ha il marchio della relativa bevanda, tranne uno per la Coca Cola, i restanti sono tutti per le birre, ne sono almeno una quindicina e molte marche le sono sconosciute. La cameriera, una ragazza di non più di venti anni con il volto marcato dagli efelidi, le fa salire al primo piano, un ambiente meno rumoroso di quello di ingresso, dove sono presenti diversi tavoli. Si accomodano all’unico tavolo a due posti, vicino alla vetrata della finestra, a differenza degli altri dove ci sono le sedie, questo a cui sono sedute ha le poltroncine. Ordinano due bistecche e un tagliere con tranci di torta di pollo, porri e prosciutto e prendono due pinte di birra. Il servizio ai tavoli è veloce e in pochi minuti arrivano a tavola, le bistecche e il tagliere, quest’ultimo ha una preparazione scenografica: i tranci di torta sono distesi su una coreografia di insalata e pomodori, il tutto racchiuso da una serie di ciotole contenenti creme di ogni tipo. Le assaggiano tutte, alcune mostarde sono davvero piccanti e aumentano la sete. Terminata la prima pinta ne ordinano un’altra, complice l’atmosfera e la voglia di continuare a parlare, restano nel locale per più di due ore. Ordinano per finire un’altra mezza pinta, per festeggiare la serata e la loro amicizia. Paola inoltre pensa così di allontanare la vergogna di quell’abbigliamento che domani dovrà indossare. Le confidenze riempiono i discorsi della serata, fanno battute sugli avventori del pub e si lanciano in apprezzamenti per Mark, l’operaio che le ha assistite. Dopo aver scolato l’ultimo bicchiere decidono di rientrare in albergo prendendo un taxi. Appena nella stanza si mettono comode e ognuna si stende sul suo letto, Annalisa è rimasta solo con uno slippino nero striminzito, ha manomesso la temperatura del climatizzatore della stanza portandola a 27 gradi, che complice anche la moquette avrebbe fatto poi sembrare quella stanza ben presto una fornace. Con questa trovata spera di far togliere il pigiama a gambe e maniche lunghe di caldo cotone che indossa l’altra. Si è stesa supina sul suo letto, la luce dell’abat jour posto sul suo comodino ne illumina a pieno la parte superiore del corpo. I riflessi di luce si specchiano sulle palline metalliche poste ai lati dei due piercing che ha ai seni, ciascuna pallina ha un brillantino color verde smeraldo, che fa pendant con il colore dei suoi occhi. Passano pochi minuti e Paola inizia a sentire molto caldo, pensa sia l’effetto delle birre bevute, non resiste a quelle ondate di calore, il corpo è madido di sudore, si sfila la maglia esibendo un reggiseno turchese. Guarda incuriosita i seni dell’amica, pensa al dolore che possono aver fatto quelle infilzature nella carne, si chiede se contribuiscono a farglieli avere così turgidi e irti. Complice i fumi dell’alcool rompe il ghiaccio e inizia a porre una serie di domande: «posso vederli da vicino? Posso toccarli? Ti faccio male se lì muovo?» La risposta non si fece attendere: «Certo sono qui per soddisfare le tue curiosità.» Allunga la mano e con il braccio sfiora ripetutamente i capezzoli, quei tocchi delicati sono vere scosse di piacere per Annalisa, ma anche per lei, che inspiegabilmente inizia ad avere dei fremiti di piacere. Non capisce, fino a quel momento non aveva mai manifestato tendenze omosessuali, ma quella ragazza sta scatenando in lei un’eccitazione che non aveva mai provato neanche con il marito. Perdendo ogni inibizione si sfila anche il pantalone del pigiama, mostrando la culotte coordinata al suo reggiseno. Lungo tutto il corpo scorrono gocce di sudore, che le rendono brillante il colore della pelle. Annalisa non affonda ancora il colpo, sente che la sta facendo capitolare, vuole condurla a farle fare il primo passo. Visto l’interesse che stanno suscitando quei due pezzetti di titanio ai capezzoli, le confessa: «ne ho ancora un altro, vuoi vederlo?» Paola che l’ha scrutata per bene non riesce ad individuarlo, allora incuriosita dice: «sono curiosa di vedere dove c’è l’hai.» Si infila le mani tra il pube e le mutandine, sollevandosi lentamente fa scorrere via quel lembo di stoffa e mostra una passera ben curata, quasi del tutto depilata, si intravede solo una strisciolina di peli pubici rasati che per un tratto di cinque o sei centimetri dividono il basso ventre in due parti uguali, la riga si ferma in corrispondenza di un piercing che sormonta il suo monte di venere. Anche questo è in titanio con una pietra rossa incastonata sull’estremità, mentre Paola si sta chiedendo come si mantenga quell’aggeggio, dischiude leggermente le gambe facendo intravedere l’altra estremità che le trapassa il clitoride, anche questa con una pietra rossa incastonata all’interno. Lo stupore di Paola è maggiore di quello provato dopo la visione della punizione inflitta ai seni, dice: «sei tutta matta, ma perché ti torturi tutti i punti sensibili?» e lei: «Nessuna tortura, un po’ di dolore quando lo fai, ma passato quello si prova solo piacere e una stimolazione costante». Con l’avidità di sapere quante più cose su quest’aspetto della sessualità, fa cadere l’ultimo tabù e chiede: «posso vederlo da vicino?» Dei fremiti di piacere la invadono sempre di più, mentre il suo volto si avvicina al pube, con un colpo di reni Annalisa si inarca portando la sua passera all’altezza delle sue labbra, l’odore dei suoi umori penetrarono nel suo naso, una fragranza agrodolce che fa aumentare i battiti cardiaci, ormai è presa dalla situazione. Le divarica le grandi labbra e inizia con le dita a passare sopra l’oggetto metallico, ha paura di farle male, ma ci gioca ugualmente facendolo roteare e muovendolo verso l’alto e poi verso il basso, facendo scorrere la barretta metallica che congiunge le due estremità nella carne. Il clitoride estremamente sensibile si gonfia tanto da sembrare un piccolo pene tra le gambe, le piccole e le grandi labbra sono pervase dagli umori, sta per raggiungere l’orgasmo. Appoggia le sue mani alla nuca dell’amica e spinge le sue labbra sulla vagina dischiusa, è eccitatissima e le chiede: «fammi godere». Paola rimane immobile appoggiata con la bocca sul suo sesso, seppur qualcosa la spinge ad andare oltre, non riesce a fare niente, l’altra visto l’impasse inizia a muovere il bacino sfregandosi sulle sue labbra e le dice: «leccami e spingi la tua lingua più dentro che puoi», a quell’ordine dischiude la bocca e timidamente la sua lingua inizia a farsi strada. Si accorge che il sapore di quegli umori è ben differente dal cazzo del marito, di cui ne ricordava ancora il sapore che non gradiva. Questo gusto invece le piace, esplora con la lingua l’interno delle piccole labbra, carezza quella cavità in ogni sua superficie, continua fino ad essere certa di aver ripassato qualsiasi punto accessibile di quella prelibatezza. Quindi dedica la sua attenzione al piercing, inizia a risucchiarlo in bocca e lo muove con lingua, nel fare questo gioco la sua lingua spennella il clitoride ormai prossimo all’esplosione, con velocità sempre più incalzante, portando all’estasi Annalisa. Questa inizia a dimenarsi e contorcersi con le gambe ed il busto, esclama: «Si fammi godere! Continua così non fermarti, sto godendo», appena la lingua la penetra esplode in un orgasmo deflagrante, che la fa scuotere come un’indemoniata nel suo letto. Paola non ha mai goduto così in vita sua, ne è quasi spaventata, ha visto il lato animalesco della sua collega, quasi se ne vergogna. Ripresasi dalle contrazioni del suo ventre e con un respiro ancora ansimante, prende Paola per i polsi e la fa sdraiare al suo fianco. Inizia a carezzarle le gambe, le toglie il reggiseno e le monta sul bacino, calandosi sul petto e avidamente si attacca ai sui seni, carezzando con la lingua i capezzoli, dandole prima piacere e poi tormento con piccoli morsetti. La conformazione di quei capezzoli gonfi accompagnati da un’areola sollevata rispetto al resto del seno, li rendevano ancor più invitanti per quella pratica sadomasochista. Lo strano trattamento piace e eccita Paola, che non fa opposizione e si concede liberamente. Con le mani inizia a esplorare tra le gambe e ne accarezza a lungo il suo manto di peli pubici, li accarezza stendendoli tra le dite, come fossero un pettine per saggiarne la lunghezza, poi la penetra con le dita, infila il medio e l’anulare posizionandoli a novanta gradi rispetto al palmo della mano e con un movimento incalzante entra e esce dalla sua cavità. Le dita all’interno carezzano premendo e rilasciando i muscoli superiori interni alla vagina, con le dita dell’altra mano le masturba il clitoride e la parte appena sotto l’uretra. Sente come uno stimolo di fare pipì, ma anche il piacere giunge al suo culmine con un orgasmo, trema tutta è sempre più forte, ma non vuole sottrarsi da quella stimolazione che la sta facendo impazzire, nel culmine dell’orgasmo non riesce più a trattenersi e squirta. Un getto inonda il busto e le braccia di Annalisa, che ride a quella visione, è compiaciuta di quanto le ha fatto provare e le dice: «per una che dice di essere bloccata sessualmente non sei affatto male, se ti sblocchi poi che fai?» L’altra risponde: «Non lo so, non ho mai raggiunto un piacere così», e la bacia. Ormai sfinite si addormentano l’una accanto all’altro.
Alle 7.00 la sveglia le catapulta alla realtà, devono far presto per essere pronte per il primo giorno del Salone, nessuna delle proferisce parola su quanto accaduto la sera precedente, per Annalisa è normale, spesso le capita di fare sesso senza importarsi dei legami, invece la testa di Paola è un vortice di pensieri, ha goduto come mai prima nella sua vita, ma lo ha fatto con una donna e lei fino a quel momento non ha mai pensato di avere un rapporto lesbico. Ha un gran senso di colpa, dovuto alla sua educazione, un tale tipo di rapporto non è tollerato dalla religione e dal cerchio delle sue amicizie. Pensa anche che ha avuto un rapporto sessuale senza essere prima innamorata del partner, un requisito che riteneva fondamentale nei suoi principi. Iniziano la vestizione secondo l’abbigliamento voluto da Kristian, la più giovane rompe il silenzio creatosi fino a quel momento, dice: «ci ha voluto sfidare imponendoci questo abbigliamento, ora mi prendo la libertà di non indossare le mutandine, l’unico capo per cui ci aveva dato libera scelta.» Paola sorridendo le risponde: «sei una pazza.» Pensa dobbiamo restare fuori per diverse ore, come farà. Annalisa la sfida: «sei in grado di fare questa follia?» Lei risponde: «no, già con questa gonna mi sento abbastanza nuda, non posso tollerare altro.» Appena pronte di corsa si portano al Salone, per essere puntuali alla sua apertura. Sono davvero stupende vestite in quel modo, Paola si sente gli occhi di tutti a dosso, non passano inosservate, sembrano due hostess.
Alle 09:00 in punto Kristian le videochiama per sapere se è tutto pronto, ma è evidente che vuole controllare se le due dipendenti indossano quanto richiesto, scrutato il suo monitor si compiace per la scelta dei capi di vestiario che la segretaria ha ordinato. Come un provetto registra Annalisa fa percorrere dal basso verso l’alto la telecamera del suo cellullare, mostrando le curve di Paola nelle sue tortuosità, fa una carrellata a partire dalla punta delle scarpe fino al volto, poi rivolge la telecamera verso di lei mostrandosi anch’essa in tenuta impeccabile. Paola stranamente non dice nulla, in merito a quella strana ripresa, anzi sente che l’altra donna è attratta da lei e questo non le dispiace, il suo pensiero è fisso su quella sfida lanciatele la mattina, non riesce a smettere di immaginare il sesso di Annalisa nudo sotto quella gonna. La giornata trascorre velocemente tra diversi colloqui con possibili clienti, ma al momento nessun contratto è stato ancora stipulato. Questa circostanza turba molto il direttore marketing, ma quello che più l’infastidisce è l’atteggiamento della compagna che sebbene intenta a dare spiegazioni dei loro prodotti, non perde occasione per farsi notare da Mark, l’operaio che le ha aiutate il giorno precedente. Non tollera il suo comportamento nei confronti di quel ragazzo, come poteva la piccoletta essersi scopata lei la sera prima ed ora essere in caccia di qualcos’altro. Verso le 13:00 il Salone va svuotandosi, per la pausa pranzo, e Annalisa approfitta per rilassarsi allontanandosi dallo stand, mentre si appresta a fare ciò Paola nota uno strano gesto di intesa tra lei e Mark, che ha ronzato attorno a quel box dal loro arrivo. Poco dopo non vedendola tornare indietro, decide di allontanarsi anch’essa dalla postazione, mettendosi alla sua ricerca. La cerca prima nei bagni e al bar del Salone, poi intravede un corridoio all’altezza degli uffici amministrativi. Incuriosita si dirige verso di esso, lo percorre per interno, in fondo a tutto alla fine di una serie di porte, vi è il deposito attrezzi degli operai. Ha una porta socchiusa e dell’interno si sentono flebili lamenti, si avvicina senza fare rumore e alla sua vista appare Mark che tiene le braccia di Annalisa bloccate dietro la schiena, lei con la gonna arrotolata lungo i fianchi è con la schiena inarcata e con il volto appoggiato alla parete. Mark la sta stantuffando violentemente nel culo, mentre con la mano libera gli tappa la bocca per non farla urlare dal piacere. Come un animale selvaggio, la ragazza cavalcava quel cazzo, assecondando l’avanzata del pene all’interno del suo orifizio, un movimento ipnotico. Paola, che in vita sua non aveva mai goduto provando la penetrazione anale, provava invidia ma anche rabbia, la giovane che la sera prima era stata a letto con lei, le aveva dato il piacere che da tempo non raggiungeva, voleva che fosse sua e che quelle sensazioni provate si fossero ripetute almeno per il resto del viaggio di lavoro. La vede raggiungere l’orgasmo e dopo essersi ripresa osserva con quale scioltezza si inginocchia ai piedi di quel fustone e accoglie nella sua bocca il cazzo durissimo, dalle dimensioni davvero ragguardevoli. Dopo alcuni colpi assestati bene, è tutto dentro alla sua cavità orale, evidentemente con la lingua lo sta lavorando bene, visto che questi si irrigidisce sempre più e non assecondava più il ritmo frenetico dato dalla sua testa. Per un attimo pensa a lei, che con il marito aveva di rado praticato il sesso orale e sempre prima che fosse penetrata, ora osservava la giovane donna, che non solo sta di gusto praticando quella fellatio ma addirittura dopo che quell’arnese del piacere le ha ripulito per bene il suo retto. Pensa che schifoso sapore debba avere. Mentre i suoi pensieri la inchiodano lì sulla soglia della porta, Mark viene completamente nella bocca, lei accoglie il suo sperma caldo e lo ingoia senza batter ciglio. Tutta questa scena eccita Paola, che bagna tutto lo slip. Il cuore le batte forte, un po' per la rabbia e un po' per l’eccitazione, una fitta la trapassa, quando Annalisa dopo aver ripulito per bene il pene del ragazzo, pulendosi con l’indice della mano destro lo spigolo delle labbra sporco da un rivolo di sperma, la guarda e le sorride facendole un occhiolino. Segno che se ne è accorta da tempo di essere spiata e di aver continuato ugualmente mostrandosi mentre era posseduta e dava piacere al ragazzo. Indignata Paola si allontana di corsa verso lo stand, rimasto vuoto ormai da più di una ventina di minuti. Cerca di rimettere in ordine le idee e portare importo qualche contratto per non deludere Kristian.
Pochi minuti e anche Annalisa ritorna alla postazione, il silenzio cade tra le due, si dedicano alla promozione dell’azienda, l’una appagata dal piacere ricevuto e l’altra con la mente in subbuglio di pensieri contrastanti. La prima giornata volge al termine con zero contratti stipulati, la sera comunicano a Kristian questo risultato alquanto deludente, Paola si appresta a dare le giustificazioni del caso riferendo: «abbiamo un paio di contatti interessati alla nostra produzione, spero di convincerli nei prossimi giorni.» La serata in hotel passa con totale distacco tra le due, Paola sente di essere stata usata dalla puttanella, che ha soddisfatto le sue voglie e le sue curiosità, ed ora l’ha abbandonata, ma nonostante ciò prova qualcosa di forte per quel piacere che la sera prima ha ricevuto, desidera riprovarlo, ma l’orgoglio le impedisce di stemperare l’attrito creatosi. I restanti giorni, sono caratterizzati da alcune litigate. La più violenta, si ha quando Paola decide di umiliare in modo subdolo la sua collega, mentre questa è intenta a delucidare un gruppo di investitori spagnoli, composto per lo più da uomini di età superiore ai 60 anni, lei si avvicina e le fa cadere di proposito un bicchiere di acqua gelata sul petto. L’acqua case su Annalisa, che ha la giacca sbottonata, bagnando tutta la camicia e il reggiseno, creando il classico effetto maglietta bagnata. Il freddo contribuisce a rendere istantaneamente ancor più turgidi i capezzoli, è vestita, ma è come se fosse nuda, con i seni e i piercing decisamente visibili. Al gruppetto di spagnoli è ben visibile l’area delineata della sua aureola e il verde smeraldo delle pietre dei suoi piercing, nessuno di essi distoglie lo sguardo da quella visione. Annalisa cerca di asciugarsi, arrabbiata impreca contro la collega: «che stronza che sei, spero che non l’hai fatto apposta. In caso contrario sei una disadattata, stai facendo fallire miseramente la nostra trasferta per una scopata. Mica ci siamo fidanzate» e si dirige verso i bagni per utilizzare gli asciugatori delle mani per eliminare l’inconveniente. Al suo ritorno è una serie di insulti tra le due, che non giungono alle mani giusto per la presenza della moltitudine di persone presenti nel Salone. Al termine delle giornate espositive, vista la poca collaborazione e lo scarso impegno profuso riescono a portare a casa solo cinque contratti di modestissime entità. Per tutto il viaggio di ritorno non si rivolgono parola, sia per le continue litigate e sia per il pensiero di come avrebbe preso Kristian questo fallimento della loro spedizione.
Il lunedì successivo al loro rientro sono convocate da Kristian, si aspettano una ramanzina ma non immaginano che la loro vita da lì a poco avrebbe preso tutta un’altra piega. Giungono separatamente all’appuntamento e come prassi la segretaria le fa attendere in sala d’attesa, questa volta subito vengono ricevute. Entrate nell’ufficio di Kristian, restano all’impiedi davanti la sua scrivania, questo inizia a fissarle con uno sguardo di disprezzo, le dice: «ho riposto tante aspettative in questo Salone e invece voi lo avete reso un fallimento totale, i contratti stipulati a stento coprono le spese profuse per la partecipazione dell’azienda all’evento.» Le rinfaccia: «il comportamento che avete avuto è stato disastroso, se l’avreste voluto fare apposta a sabotare questo viaggio di lavoro non ci sareste riuscite.» Mentre pronunciava questa parole il tono di voce si è alzato, in una maniera che non è nel suo stile, lo ha sentito anche la segreteria dalla sua postazione. La sua reprimenda è indirizzata soprattutto nei confronti del direttore marketing essendo la responsabile della spedizione ed essendo più grande e matura dell’altra. Quando termina le sue accuse, prende due lettere dal suo cassetto e le pone sulla scrivania, ciascuna rispettivamente all’altezza delle due donne. Poi dice: «penso che sia chiaro che all’interno vi sono le vostre dimissioni, che adesso firmate senza fiatare. Non posso tenermi in azienda persone poco affidabili come voi.» Annalisa sta quasi per firmare senza batter ciglio, sa bene vista la giovane età ed il talento che avrebbe sicuramente trovato subito un altro impiego. Paola invece ha molto da perdere, è in una fascia di età dove è più difficile trovare un nuovo impiego e soprattutto con la sua paga attuale, è single, ha un mutuo sulle spalle e le rate della macchina da pagare. Scoppia in un fragoroso pianto, e con voce tremante ma con tono formale dice: «non mi chieda di fare questo, la supplico non ci licenzi, se mi dà un’altra possibilità cercherò di rimediare a questo increscioso risultato», e si incolpa dell’insuccesso spiegando seppur intrisa di vergogna i reali motivi di quel disastro e del comportamento che ne è seguito tra le due. Quelle parole fanno aumentare la rabbia di Kristian, ma allo stesso tempo lo eccitano molto, si immagina le scene di sesso che le due si erano godute in Inghilterra. Pensa di poter trarre qualche vantaggio da questa situazione, con fare machiavellico dice: «a causa di questo insuccesso, molto al di sotto dei target attesi, devo per forza di cose ridimensionare l’azienda. I debiti a cui mi sono esposto devono essere in qualche settimana estinti, pena tassi d’interessa altissimi. Per questo motivo oltre al vostro licenziamento, dovrò sfoltire anche parte del personale dell’azienda.» La donna si prostra ai suoi piedi e lo implora: «sono stata una stupida a farmi trasportare dai miei istinti primordiali, sono disposta a cercare di porre rimedio in qualsiasi modo, ma non licenzi nessuno, non sopporterei anche questo peso sulle mie spalle.» A queste parole a Kristian ha un’idea e dice: «vediamo fino a che punto sei disposta ad arrivare. Vuoi diventare la mia schiava?» Che domanda bizzarra pensa Paola, cosa vorrà intende con sua schiava. Lavorare per lui gratis? Fare qualche lavoro sporco per lui o per l’azienda? Oppure intende schiava sessuale. Mi vorrà scopare? Pretenderà anche dell’altro? Mentre nella sua mente tutti questi pensieri la confondono e sta cercando di organizzare una risposta, la domanda le viene ripetuta. Il pensiero del licenziamento suo e di parte dei dipendenti le si palesa davanti e senza batter ciglio risponde: «se mi garantisce che ripagato il suo debito potrò riavere la mia libertà accetto, ma prima vorrei sapere a cosa dovrò andare incontro.» Kristian con un ghigno beffardo di chi sa di avere una preda in trappola dice: «Ti voglio tranquillizzare non ti chiederò nessuna cosa illegale, ma visto che sei stata la colpevole del fallimento, dovrai essere per un determinato periodo, che valuterò in base alle tue prestazioni, la mia schiava per soddisfare i miei bisogni.» Paola ancora non capiva che tipo di bisogni, mentre le parole di Kristian continuavano a farsi strada nella sua mente: «Nell’orario di lavoro continuerai a venire in ufficio, ti decurterò due settimane di stipendio lavorando gratis per ripagarti le spese di viaggio e albergo di Manchester. Poi dovrai diminuire la tua vita sociale, ti saranno concesse poche uscite che diventeranno sempre meno, giustificherai questo comportamento con impegni di lavoro sempre crescenti. Al di fuori dell’orario di lavoro dovrò assumere il tuo controllo.» Man mano si configura il suo futuro prossimo, lo spavento e la tensione per come sarebbe diventata la sua vita la bloccano, ma il suo lato oscuro, lo stesso emerso la prima notte a Manchester, fino ad allora mai emerso inizia a rilevarsi, l’idea di essere controllata dal suo datore di lavoro, un bell’uomo, la eccita. La curiosità che l’aveva spinta a quel rapporto lesbico con Annalisa adesso le sta facendo cadere le barriere e la sta spingendo quasi con piacere ad accettare, per vedere fino a dove si sarebbe potuta spingere. Kristian continua: «penso che ti sia chiaro che tipo di schiava intendo, una donna sottomessa a ogni mio volere. Seguirai un percorso di redenzione e punizione per l’insuccesso riportato, il cui non superamento sancirà il tuo licenziamento. Pertanto se non vorrai perdere il tuo posto di lavoro e non vorrai farlo perdere ad altri dovrai impegnarti. Dimenticavo in questo percorso sono previste anche delle punizioni corporali, ma che non lasceranno segni visibili. Non posso aggiungere altro.» A queste parole raggela, le punizioni corporali la fanno sudare freddo, è incredula che si stesse rivolgendo a lei in quella maniera, finché si fosse limitato al solo controllo della sua libertà e a qualche scopata la situazione era accettabile, ma le punizioni corporali la spaventavano a morte. Messa comunque alle strette decide di accettare, non può immaginare l’inferno in cui l’avrebbe condotto quel sì. Kristian le fa firmare un contratto per questo nuovo tipo rapporto lavorativo e la congeda. Appena questa è uscita dalla porta, si rivolge ad Annalisa che è ancora lì ferma nella stanza ed ha assistito a tutta la scena incredula e intimorita della sua sorte. Kristian le dice: «la tua collega ha confessato le sue colpe, ma anche tu non sei stata da meno, da quanto raccontato comunque è palese che sei stata la parte lesa di questa vicenda e ti propongo di restare e metterti a disposizione per il percorso di punizione della mia schiava, nessuna remora dovrai avere nei suoi riguardi, dovrai eseguire le mie disposizioni senza farti coinvolgere emotivamente, dovrai imparare ad essere algida e spietata.» Ha un attimo di esitazione, ma poi acconsente, in questo modo potrà scoprire le perversioni che ha in mente il suo capo, visto che è attratta dal mondo della dominazione, ma fino ad allora non ha mai trovato un compagno di giochi che avesse assecondato questa sua attrazione. Le impartisce le disposizioni e le fissa l’appuntamento per le 21.00 in un casolare un po’ fuori il centro abitato. Le dice: «arriva puntuale,» le consegna una chiave del casolare e continua: «troverai una busta con le istruzioni sul tavolo del grande soggiorno posto all’ingresso del fabbricato.» Impartite le disposizioni le fa cenno che può andar via. Paola è già nel suo ufficio, sconvolta e umiliata a quanto ha acconsentito poco prima, ma la paura di non poter più mantenere il suo tenore di vita è più forte della sua umiliazione, come anche una certa eccitazione per quanto sta per accaderle. Alle 17.00 poco prima che sta per andare via dal suo ufficio a fine giornata, la segretaria le consegna una busta, all’interno ci sono impartiti i primi comandi per lei.
Poche righe fredde: “passerò a prenderti alle 22.00 indossa l’uniforme del Salone”. Se a Manchester nessuno la conosceva e aveva a malincuore accettato di indossarla, lì a casa sua non avrebbe mai voluto che le fosse stato chiesto, sa che l’avrebbero vista uscire dal suo condominio e sicuramente avrebbe incontrato qualche suo conoscente. Lei non indossava mai abiti succinti, cosa avrebbero pensato di lei. Si sente profondamente violata.
Alle 20:50 con leggero anticipo Annalisa si porta presso il casolare, una lunga strada provinciale affiancata da cipressi ai lati si inerpica su una collina appena fuori città, i lampioni gialli e la leggera nebbiolina calata rende l’atmosfera molto intrigante. Il traffico è scarso e di rado incrocia qualche auto diretta in città. Al chilometro 8,4 come indicato da Kristian, vi è un viottolo a sinistra, lo imbocca e dopo una serie di curve, le appare il casale. Una meraviglia, in pietra chiara, ha tre piani, scudi color lavanda alle finestre, non sono presenti balconi. Si vede a piano terra un patio con due lati chiusi, con tetto in legno e pilastri in pietra, illuminato da una calda luce giallastra. È arredato con divani e tavolo centrale. Il fabbricato non visibile dalla strada fa capire lo status del suo capo. Pensa a quanto può essere valutata una struttura del genere, e di come questa avesse potuto tranquillamente ripagare gli investimenti andati a male. Le appare davanti agli occhi la scena dell’umiliazione subita da Paola, ma invece di provare pena le dà soddisfazione. Le vuole far scontare il comportamento che ha tenuto, dopo che l’ha sorpresa con Mark. Non tollera che si è allontanata e ha creato tensione, perdendosi le restanti serate di piacere con lei. Ripensa alla scena di lei che la osserva mentre prendeva in bocca il cazzo di Mark, e alla scena finale, quando gustandosi i residui di sperma con il dito le ha fatto l’occhiolino in segno di invito a quel banchetto. Sperava che invece di scappare sarebbe entrata anche lei e si sarebbe unita in un fantastico threesome. Parcheggia l’auto nel retro del casale, e si appresta ad entrare, nota che la parete laterale del patio e anche il tetto è ricoperta di glicine già in fiore, rispetto ai tempi di fioritura normale, il loro odore inebriante pervadeva l’ambiente.
Apre la porta d’ingresso, la luce calda del patio invade parte dell’ambiente rendendolo visibile seppur con luce fioca, trova agilmente l’interruttore della luce e l’accende, la stanza si illumina di una tonalità violacea e si mostra in tutta la sua ampiezza. Lo stile non è proprio quello che ci si aspetta da queste parti, un'atmosfera elegante, raffinata, un po' francese, ma con la sobrietà tipica del nord Europa. Le travi di legno del soffitto sono state trattate per avere un aspetto sbiancato e per l’intera lunghezza della stanza, ad occhio una quindicina di metri, scorrono due travi perpendicolari sostenute da quattro pilastrini in legno, due per trave. Lungo queste si intravedono uncini e anelli di ferro. I materiali dell’arredo sono naturali: i tessuti di lino, le piastrelle di gres con effetto anticato, gli arredi in legno sbiancato. Semplicità ed eleganza. Nella parete di fronte un ampio camino e al centro della stanza, disposti in forma rettangolare un divano e quattro poltrone con al centro un tavolo basso in legno. Spostato sul lato delle finestre è presente un tavolo circolare con una grossa lampada al centro. Sopra di esso Annalisa vede una busta rossa, si chiude la porta di ingresso alle spalle e si reca verso di essa, evidentemente Kristian sarà passato prima del suo arrivo per lasciarle le istruzioni. Apre la busta e inizia a leggerle. La prima istruzione: “spogliati, sali al primo piano e apri la porta della seconda stanza, li riporrai i tuoi vestiti e indosserai quello che è preparato sul letto”, esegue senza alcun tentennamento, con le sole scarpe ai piedi sale di corsa e entra nella stanza indicata. Deposita i vestiti in un armadio che già è aperto e vede che sul letto c’è una tuta in latex nera, ha una cerniera che parte dal collo e termina all’altezza del pube, la infila è attillatissima ancor di più di quelle che usa in azienda, ciò mette in risalto le sue forme e le sporgenze dei suoi capezzoli e dei piercing, anche il solco della sua figa è messo ben in evidenza. La tuta è a collo altro e rimane scoperta solo la testa, le mani e i piedi. Vicinino alla tuta c’è uno scatolo di scarpe, lo apre, al suo interno c’è un paio di sandali rossi, con tacco alto. Sono un modello a schiava, con lacci lunghissimi rossi che intreccia attorno alle gambe fino all’altezza del ginocchio. Ha terminato la vestizione, continua a leggere. La seconda istruzione è: “Accendi il camino nella sala d’ingresso”, esegue e continua la lettura delle istruzioni, la terza: “Sali al secondo piano, nella prima stanza, troverai una piccola regia, fino a quando non ti metterò alla prova, rimarrai lì dove hai accesso alle telecamere della casa, potrai osservare lo spettacolo se vorrai.” Si porta dove indicato e trova una postazione con diversi schermi e una console per abilitare e spostare delle telecamere, si accorge che anche il percorso da lei fatto da quando è entrata in quella casa è stato inquadrato. Si chiede se Kristian ha la possibilità da remoto di osservare e pensa che in tal caso si è goduto il suo streaptease e la conseguente vestizione.
Alle 21:50 Kristian a bordo della sua Tiguan color silk blue metallizzato è già arrivato a casa di Paola, le invia un messaggio Whatsapp: “Scendi”, la suoneria dello smartphone di quest’ultima rimbomba nella stanza da letto, dove sta ancora finendo di prepararsi. Si presenta un nodo alla gola, che le impedisce di deglutire, si è irrigidita un attacco di panico la sta bloccando i movimenti che diventano sempre più lenti. Legge il messaggio, sa che l’eventuale ritardo rispetto all’orario imposto da Kristian potrebbe costarle una punizione. Si fa forza e finisce di indossare il completo che aveva nei giorni del Salone a Manchester. Chiude la porta e scende cercando di fare meno rumore possibile per evitare sguardi indiscreti. Esce dal palazzo, incrocia la signora del piano superiore che rientra con il cane, l’incontro più indesiderato che potesse fare. La saluta, ma questa la squadra da capo a piedi e la segue con lo sguardo fino al suo ingresso nell’auto di Kristian. Sicuramente tra qualche minuto, chissà quante persone avrebbero saputo di quell’uscita serale e dell’abbigliamento indossato. Kristian la saluta: «Buonasera, sei davvero bella. Sei pronta a tutto? Te la senti? Sei ancora in tempo per rifiutare.» Ci pensa un attimo, sa bene che il suo rifiuto le sarebbe costato il licenziamento, e dice: «pronta.» L’auto si muove in direzione delle colline fuori città, i primi minuti sono silenziosi, se non per la radio in sottofondo, man mano che l’auto si allontana dal centro Paola pensa a dove la starà portando. Prendono la strada provinciale e le persone e le auto incrociate diventano sempre meno frequenti, la nebbiolina che aveva incontrato poco prima Annalisa sta diventando più fitta e rende l’atmosfera più angosciosa. Kristian rompe quel silenzio: «Da questo momento è iniziato il tuo percorso, per scontare la pena del tuo fallimento. In tutto questo periodo non ti sarà consentito di chiamarmi per nome, sarò per te il tuo padrone, come tu per me non sarai più Paola, ma la mia troia.» Sentirsi chiamare in questo modo la sconvolge, lei una donna coi principi così morigerati non avrebbe mai pensato di essere apostrofata in quel modo. Ma dopo un primo momento di disgusto e sconvolgimento per quell’appellativo, lo stesso piacere che l’aveva assillata la prima sera a Manchester pian piano si impadronisce della sua mente. Qualche secondo di silenzio e organizza la sua risposta: «va bene padrone sarò la tua troia, sconterò la pena per averti deluso». Mentre sta finendo di parlare si trovano al cancello del casale, quella conversazione l’ha distratta, non è più riuscita a seguire la strada che stavano facendo, si chiede come si ritrovano in questa stradina isolata se fino a qualche minuto prima erano sulla strada provinciale. Kristian la fa scendere nel lato anteriore del fabbricato, non vuole che veda l’auto di Annalisa nel retro. Parcheggia l’auto e ritorna da lei in attesa davanti al patio, la trova tremolante, l’umidità, la temperatura alquanto rigida per il periodo e l’attesa lì da sola hanno contribuito a questo suo stato. Kristian la prende per mano e si portano alla porta d’ingresso, prende la chiave dalla tasca e apre la porta. Ai loro occhi appare la stanza illuminata dal fuoco del camino già acceso e dalla luce esterna del patio, Kristian entrando dice: «Aspetta qui, non ti muovere fino a quando non ti darò l’ordine» e lascia la porta aperta, lei cerca di assorbire il calore che fuoriesce dalla casa, ma il freddo è più forte e continua a tremare. Annalisa nella sua stanza si accorge del loro arrivo e inizia ad osservarli, si porta alla console e fa una zoomata su Paola, la vede tremare, le labbra vibrano dal freddo, si eccita vedendola soffrire. Kristian prende da un mobile una bottiglia di whisky Ardbeg e si versa un bicchiere, appoggia la bottiglia sul tavolino basso al centro della stanza, e si siede sulla poltrona spalle alla porta. Nella stanza parte della musica blues in sottofondo, non ha nessuna fretta, ha intenzione di portare avanti questa prima serata per le lunghe. Dopo alcuni brani, le ordina: «togliti il giacchino, ripiegalo e mettilo nella cesta di vimini accanto alla porta», lei obbedisce pensa che così poi l’avrebbe fatta entrare in casa e godere del tepore di quell’ambiente. Invece non è così, ritorna il silenzio, solo la musica continua, almeno altri due o tre brani riempiono l’ambiente. Quel tempo per Paola sembra un’eternità, il freddo la sta paralizzando, le labbra hanno preso un leggero colorito violaceo, e all’improvviso subentra anche uno stimolo alla vescica. Non osa proferire parola, si impone di resistere, teme la reazione del padrone. Sono in realtà trascorsi meno di dieci minuti, quando Kristian si gira verso di lei e le ordina: «adesso fai uno streeptease per me, molto ma molto lentamente rimani solo con l’intimo e le calze.» Sapeva che le richieste di Kristian sarebbero state anche di tipo sessuale e non sarebbero state solo punizioni corporali, ma così brutalmente subito la richiesta di spogliarsi è improvvisa per lei. Si gira intorno accertandosi che non vi fosse nessuno nelle vicinanze, non si vedeva la stradina e non si vedevano fabbricati vicino, così lentamente come richiesto inizia a sbottonarsi la giacca e la sfila, Kristian le dice: «stai andando troppo veloce, ho chiesto uno streep, quindi mettici sensualità, muovi un po’ quei fianchi mentre ti spogli, non rimanere ferma come un palo.» Lei risponde: «va bene padrone» e con movimenti lenti e sinuosi si cala la gonna fino a farla scivolare a terra, alza la prima gambe portandola fuori da essa, poi alza l’altra e si abbassa per prenderla. Si sbottona la camicia e la leva. Ripiega il tutto e lo ripone insieme al giacchino. Le braccia, il ventre e parte delle cosce sono a contatto con l’umidità che le penetra nelle ossa, ha una piloerezione, volgarmente la pelle d’oca. I rilievi cutanei sono evidenti e il suo tremore aumenta, vorrebbe piangere e chiedere di farla entrare, anche lo stimolo della pipì aumenta, ma sa che deve resistere. Questa volta l’attesa di un nuovo comando è più rapida, finito il suo whisky Kristian dice: «bene adesso via slip, reggiseno e reggicalze, rimani sono con le scarpe e le calze.» Lei obbedisce sperando di fare al più presto, intuisce che al termine di quella svestizione le sarà concesso di entrare in casa, si sgancia subito il reggicalze, il padrone la redarguisce: «troia, allora non sei attenta, ho detto lentamente.» E riprende lentamente a spogliarsi, tornando ad ancheggiare leva prima il reggiseno e poi la mutandina. Annalisa che quel corpo lo conosce bene ne apprezza ogni suo particolare ricordando la sera in albergo. Kristian lo vede per la prima volta ne apprezza i seni, il particolare dell’aureola rigonfia e i capezzoli induritisi per il freddo, sono una visione eccitante ma disapprova la folta peluria pubica: «Cazzo ma non ti è mai saltato in mente che avresti potuto incontrare un uomo prima o poi? Non ti sei mai depilata la figa? Questo vuol dire avere poca cura di sé mia cara.» Lei mortificata da quel trattamento cerca di giustificarsi: «Ho sempre pensato che piacesse agli uomini», e lui con tono altezzoso: «zitta qualcuno ha chiesto una tua giustificazione». Lei quindi tace e resta immobile fuori la porta, Kristian si alza e le va incontro, lei pensa finalmente mi porterà dentro, invece a un paio di metri dalla porta le dice: «adesso via scarpe e calze», lei obbedisce questa volta ricorda la velocità e i movimenti da fare, rimane completamente nuda, i piedi sullo zerbino in cocco naturale, con setole ispide le provocano un leggero fastidio. Kristian ammira la sua bellezza, in fondo l’aveva sempre notata, anche se lei non aveva mai fatto nulla per metterla in mostra, tira dalla tasca del pantalone un collare nero di cuoio, con un anello metallico fissato al centro e glielo indossa dicendo: «benvenuta nel tuo inferno troia.» Una volta fissato, e posto il cerchio metallico nella parte frontale, infila l’indice dentro come fosse un gancio e la guida verso l’interno del salone. Finalmente il tepore attenua il senso di freddo che provava, le labbra riprendono il loro colore naturale rosaceo, la pelle torna lentamente alla sua configurazione naturale. Anche se i piedi a contatto con quelle piastrelle di gres non hanno il sollievo sperato. Le fa fare un giro per la stanza, la osserva comminare, poi la staglia contro il camino per darle una vampata di calore, la lascia per qualche minuto lì davanti e ne ammira le forme in controluce. Il calore vicino a quel fuoco è la sensazione opposta a quella che fino a pochi minuti prima aveva provato, ha l’effetto di rilassare la vescica, lo stimolo le è passato, la pelle è tornata a essere liscia come una pesca. Suda e alcune gocce le scorrono lungo la schiena rivolta verso quella fonte di calore, ha contezza di quanto possa essere perfido il suo padrone, prima l’ha fatta tremare dal freddo e adesso quasi la mette all’arrosto. La temperatura della sua pelle diventa sempre più calda, ha paura che possa scottarsi se rimane ancora del tempo in quella posizione. Questa volta la situazione evolve più velocemente, Kristian la riprende e la conduce fino ad una delle poltrone e la posiziona vicino ad uno dei due braccioli, poi si siede e inizia ad esplorare con la mano il suo corpo, le carezza i seni, da qualche pizzico ai capezzoli, ne saggia la durezza e la resistenza al tormento. La fa girare e ne ammira il culo, bello sodo, poi le sferra un ceffone che fa arrossare la parte colpita. Una fitta la fa inarcare, gli esce una lacrima, poi un calore si irraggia nella zona colpita diffondendosi per il corpo. La sensazione che sta provando è molto strana, nonostante sia stata umiliata e adesso ha anche subito una violenza fisica, si sente attratta da quell’uomo e dalla sottomissione in cui si trova. La fa rigirare e con il braccio appoggiato sulla poltrona infila la mano tra le sue gambe, le dice: «troia allarga un poco queste gambe e non irrigidirti, rimani rilassata.» Con le dita le accarezza la figa prima esternamente, si accorge che è umida, poi con il dorso del dito medio, inizia a farsi spazio tra le grandi labbra e sfrega l’interno della vagina. Questa azione inizia a farle provare piacere, si lascia uscire qualche mugolio di piacere, Kristian allora sfila la mano e le sferra un altro ceffone sul ventre dicendo: «troia, le schiave non possono godere senza il permesso del padrone, devi imparare a controllare i tuoi istinti.» Il dolore provato e forte e per alcuni istanti rimane piegata in due senza fiato. Quando si riprende vede armeggiare Kristian con una corda sottile, la sta passando in uno degli anelli di ferro posti alle travi, è appena più doppia dello spago utilizzato per chiudere i pacchi, si avvicina e le dice: «rimani immobile». Si mette alle sue spalle ed inizia a raccoglierle i capelli, fa due trecce. Ha fatto due cappi con le corde e lì ancora alla base delle trecce che tendono i capelli, poi ha intrecciato la fune con la massa di capelli, un bell’effetto alla vista. Annalisa ne apprezza la realizzazione zommando con le sue telecamere, la scena la sta eccitando da morire, vorrebbe iniziare a masturbarsi, ma in qualsiasi momento potrebbe arrivare un ordine da Kristian e non può farsi trovare impreparata. Paola non è del tutto immobilizzata, quelle funi le consentono un raggio di azione limitato, si rende conto che un altro scatto del tipo di quello fatto dopo il colpo al basso ventre, le avrebbe provocato una tirata di capelli che le avrebbe sicuramente provocato molto dolore. Kristian si allontana dalla stanza lasciandola lì sola, ritorna con una bomboletta di panna spray, gliela spruzza sui seni che sembrano ora due torte e glieli lecca, assapora la panna, mentre lo fa con la lingua l’accarezza l’aureola e i capezzoli prima di uno e poi dell’altro seno. Della panna si scioglie colandole lungo l’addome, la ripulisce per bene. Quelle lingua le fa dapprima senso, ma a poco a poco apprezza quelle carezze che la inducono nuovamente a provare piacere, questa volte si morde le labbra, non vuole emettere alcun rumore con la bocca per paura di nuove percorse. Con il cazzo in erezione, Kristian si abbassa i pantaloni e allenta la corda che tende i capelli, per consentirle di inginocchiarsi. Lo pone davanti alle labbra, lei in ginocchio pensa che le ha sempre fatto schifo praticare il sesso orale, anche se con Annalisa se ne era ricreduta, immagina il disgusto che provava con il marito. Il glande di lui spinge sulle labbra che sono serrate, lui dice: «apri questa bocca, fammi godere.» Lei sembra non aver recepito quell’ordine, rimane immobile sulle ginocchia, atterrita da quello che si presenta davanti. Kristian si discosta apre un cassetto e tira fuori un divaricatore per la bocca in acciaio. Con una mano le chiude le narici per non farla respirare, per forza di cosa è costretta ad aprire la bocca per prendere ossigeno. Appena dischiude le labbra le infila nella bocca l’attrezzo, rilascia gli scatti laterali fino alla massima apertura. Il ferro preme sotto la dentatura spalancandole la bocca, come non ha mai fatto prima. Non riesce a parlare, prova a muoversi con la testa ma non riesce a farselo uscire dalla bocca quel divaricatore. Kristian riprende la bomboletta e le riempie la bocca di panna e prima che la possa cacciare le ficca il cazzo diritto nella bocca fin quasi alla sua gola. Ha quasi come un rigurgito, parte della panna le scende nell’esofago, parte le cola ai lati delle labbra. Le sta scopando la bocca per bene, la salivazione è tanta che ha impregnato tutto il cazzo nella sua bocca. Sarà il gusto della panna oppure che ha un sapore diverso da quello del marito, inizia a gustare quella penetrazione, con la lingua cerca di avvolgere carezzandolo quel cazzo che continua ad andare avanti ed indietro nella sua bocca, si ricorda che non deve provare piacere e fa quei movimenti cercando di distogliere il pensiero per non eccitarsi. Il ritmo è sempre più frenetico, poi sente dei fiotti caldi in gola, è Kristian che le è venuto in bocca, che è ora piena di sperma. Pensa che schifo vuole sputare, ma fino a che ha la pressione del bacino perdura e ha il cazzo dentro non può far nulla. Parte del liquido scorre nella sua gola, ma il grande è ancora sulla lingua e ai lati del cazzo. Kristian che le vuole far ingoiare tutto, sfila il cazzo contemporaneamente al divaricatore, chiudendole la bocca con forza e le dice: «dai troia ingoia tutto e poi ripuliscimi per bene», non ha scampo deve obbedire, si tura il naso e butta giù tutto con una smorfia di disgusto. Si riprende e poi come ordinato riprende il cazzo ancora sporco in bocca leccando i residui di sperma misti alla sua saliva, pensa di fargliela pagare questa umiliazione. Verso la fine della pulizia stringe leggermente gli incisivi e li striscia lungo tutta l’asta, passandoli anche sul prepuzio e sulla cappella, questo provoca un leggero bruciore a Kristian che reagisce dicendo: «troia che cosa fai? Ti ribelli, cosa pensi che sono scemo? E’ chiaro che lo hai fatto apposta.» Lei cerca di giustificarsi: «scusa padrone non volevo farti male, ho per un secondo rilassato i muscoli del volto.» E lui: «zitta non dire bugie, questa sera pensavo di terminarla così, ti volevo concedere una partenza tranquilla, invece ora mi costringi subito ad una punizione severa.» La fa accostare ad uno dei pilastrini nella stanza, tira la corda che mantiene i capelli fino a farle assumere una posizione innaturale con la testa, reclinata verso l’alto. Poi prende due cavigliere e due polsiere, gliele mette, ognuna ha un anello metallico applicato nel quale fa passare delle corde, questa volta molto più spesse di quelle con cui le ha immobilizzato la testa, le tende immobilizzandola. Ha le gambe divaricate e le braccia tese, il suo corpo è disposto a forma di croce di S. Andrea, i muscoli sono in tensione in una posizione scomoda che pian piano diventa dolorosa. Capisce che se fino a quel momento quelle punizioni erano state indolori, adesso le aspetta sicuramente qualcosa di doloroso. Dall’armadio dove sono state prese le corde, prende uno scudiscio da equitazione nero e si dirige verso Paola, che intravede quell’arnese e dice: «no sei pazzo, veramente hai intenzione di usarlo su di me? No ti prego.» Riceve uno schiaffo in pieno volto, la testa si muove dal suo blocco, i capelli sono tirati dalla morsa delle corde, il dolore è molto più forte del ceffone ricevuto, questa volta non riesce a trattenere le lacrime, che fanno sciogliere il mascara e le riga di nero le gote. Kristian le urla contro: «troia non ti è consentito parlare, è inutile implorare, sei consenziente, non ti ricordi il contratto firmato?» Prende una ball gag, la costringe ad aprire la bocca e gliela infila. La pallina è abbastanza grande da tenerle la bocca spalancata e le impedisce i movimenti della lingua, stringe bene i lacci dietro la nuca, in modo da non fargliela cacciare. La pallina blocca la deglutizione e la posizione a capo reclinato le rende difficile anche la respirazione. Assicuratosi che non possa sputarla, le dice: «così non parlerai più e non sentirò i tuoi lamenti», un fremito l’attraversa il corpo, è il contatto della linguetta del frustino con cui viene sfiorata. Ne disegna le curve, la percuote leggermente i capezzoli e la vagina. Ha paura ma nello stesso tempo prova anche piacere ad essere così oscenamente esposta e in balia del suo aguzzino. Mentre il piacere monta, le sferra una frustata sul culo, il corpo si scuote, ma non può far altro essendo bloccato, un impulso involontario cerca di farle chinare il capo, le funi che la tendono tirano i capelli con uno strattone e le riportano la testa in posizione. Una fiammata dal culo divampa su tutto il suo corpo, il dolore si trasforma in un calore piacevole. Le dice: «ho dimenticato, pensavo fossi a conoscenza della regola, devi contare le frustate. Posso interrogarti in qualsiasi momento e dovrai ripetermi il numero esatto di quelle ricevute, indicandolo con le dita o se riesci a parole. Se sbagli si ricomincia da capo.» E parte con un altro colpo assestato sulle cosce appena sotto i glutei, questa volta non la colpisce con la linguetta ma usa l’asta del frustino. Si diverte a colpirla in vari punti, dove sa che poi i vestiti le copriranno le ferite. La interroga per quattro volte, il conteggio è sempre esatto per sua fortuna, ma il suo corpo è diventato tutto rosso. Dopo trenta colpi ben assestati prende dall’armadio una canna di bambù sottile e flessibile e completa la punizione infliggendole dieci colpi sulle natiche, i segni lasciati sono ben più evidenti e dolorosi di quelli lasciati dal frustino. Le urla soffocate dalla ball gag e i tentativi di contorsione di quel corpo sono uno spettacolo l’eccitazione di Kristian è tanta, si porta verso il suo culo lo osserva, gli tocca il buco è strettissimo segno che nessuno mai vi è entrato, pensa che meriti un trattamento particolare. Le forze di Paola sono al limite, vorrebbe accasciarsi al suolo, le braccia non reggono più quella tensione, le urla strozzate in gola hanno solo contribuito ad aumentarne la salivazione che a momenti la soffoca. Kristian si accorge del limite di sopportazione raggiunto, si avvicina e con fare delicato e inaspettato dopo la forza usata in quella punizione, le scioglie le corde che la costringono. Parte da quelle dei capelli che si sciolgono, andandole a coprire parzialmente il volto, le dice: «se non li avessi legati mi sarei perso le tue espressioni.» Le toglie la ball gag, zuppa di saliva e la bacia appassionatamente, lei risponde a quel bacio, le lingue si gustano i loro sapori. Lei avrebbe voluto che quel bacio fosse più lungo, invece lui lo fa durare poco, giusto il tempo di assaggiarla. Poi le libera i polsi e le caviglie, lei cade stremata al suolo con un respiro affannoso. Le concede qualche minuto di riposo, non avrebbe potuto camminare subito, la posizione tenuta l’ha immobilizzata nei movimenti, quindi tira fuori un guinzaglio, ne aggancia il moschettone al collare e la trascina verso il piano superiore. Aveva nel frattempo dato istruzioni ad Annalisa che gli aspetta in bagno. Attraversano la stanza dov’erano e salgono le scale, lei a carponi come una cagna, le ginocchia le fanno male ma va avanti ugualmente. Al primo piano la conduce verso una porta, la apre e ai suoi occhi appare Annalisa, con gran stupore di Paola che osserva il suo corpo fasciato da quella tuta nera che la rende stupenda, dice: «che ci fai qua?» Kristian le dà uno strattone con il guinzaglio, capisce che non deve parlare. Poi rivolgendosi alla sua collaboratrice dice: «te la lascio, esegui le istruzioni che ti ho dato.» Annalisa prende il guinzaglio, la eccita questo ruolo dominante, vuole prendersi la rivincita per i fatti accaduti durante la trasferta, chiude la porta e la fa continuare a camminare per la stanza in circolo. Il bagno è davvero grandissimo, ha il pavimento e le pareti piastrellate di mattonelle azzurre, una tonalità rilassante, i servizi igienici sono in fondo verso la finestra, dei mobili bianchi sono posti nella parte del lavabo e in un altro angolo è presente sopra dei gradini una vasca da bagno grandissima, vi è anche un lettino. Dopo averla fatta fare alcuni giri, la strattona con il guinzaglio e le dice: «cagna, sono stata incaricata di alleviare le tue pene, ma prima voglio una ricompensa, leccami i piedi.» Lo sguardo è minaccioso, non è quello di complicità che ricordava della loro serata di sesso, intuisce che lei è stata ingaggiata o si è proposta per un ruolo ben diverso dal suo. Si avvicina e con il capo chino sui suoi piedi, glieli lecca, passa la lingua anche sulla pelle dei sandali, con i denti cerca di spostarla per leccare le parti nascosta da questa, passa la lingua tra un dito e l’altro. Dopo questa umiliazione la prende per il guinzaglio e la issa all’impiedi, glielo sgancia e gli toglie il collare. Le dice: «vieni è pronto un bagno rilassante per te.» La vasca è già piena, l’acqua ad una temperatura ottimale, né troppo calda e neanche fredda, in più l’ambiente è ben riscaldato, con una mano l’accompagna fino all’immersione nella vasca, poi gli fa partire un idromassaggio. Dura quasi dieci minuti, ha ancora dolori dappertutto, e i glutei gli bruciano da impazzire. Annalisa la fa alzare e con una spugna la insapona per bene, la spugna gliela passa tra le gambe, sulla schiena e sui seni, evita i glutei ridotti male ha paura che toccandoli le provochi dolore. Paola gradisce quest’attenzione. La risciacqua e la cinge il petto e le gambe con una grossa asciugamano, con un’altra le asciuga le braccia e la faccia. Le pettina i capelli bagnati all’indietro e l’accompagna verso il lettino dicendole: «stenditi, adesso mi prendo cura di te, ma prima devo metterti la prima decorazione di questo percorso, Kristian ha detto che l’hai meritata.» Prende un anellino e glielo infila al minolo, le dà del fastidio, ma in compenso è carino, con una pinza lo stringe un poco per farlo aderire bene, lei dice: «non stringere troppo altrimenti non uscirà più.» L’altra le risponde: «fai silenzio, alla fine di tutto se non lo vorrai tenere so io come togliertelo.» La fa girare prona sul lettino, appoggia la testa su un cuscino e le infila un altro sotto l’addome in modo da farle esporre meglio il culo. Con un olio di iperico lenitivo inizia a massaggiarle le parti dove i segni sono più evidenti, il suo effetto cicatrizzante e disinfettante dona sollievo alle ferite e le fa distendere i muscoli ancora contratti. Il massaggio è molto rilassante e stimolante, le mani di Annalisa scorrono lungo tutto il corpo donandole gli stessi piaceri della prima volta, pensa di essere stata una stupida per il comportamento avuto, avrebbe potuto godersi queste attenzioni e magari non avrebbe mandato a monte il viaggio di lavoro che le è costato poi tutto ciò. Mentre questi pensieri le riempivano la testa, viene presa per un braccio e fatta mettere supina, sente le mani accarezzarle il seno, i capezzoli, per poi scivolare in basso. Le due si stavano eccitando entrambe, Annalisa è sicura di essere spiata dalle telecamere e non cede all’istinto, continuando il suo incarico, l’altra che non è a conoscenza delle telecamere vuole godere e dice: «perché non ti spogli e giochiamo un po'», la risposta è perentoria: «non fare la scema, quando ne hai avuto la possibilità hai montato un casino esagerato, ora non voglio.» Ma le sue azioni fanno pensare ben altro, visto che le stimolava le zone erogene. Terminato il massaggio Paola si sente decisamente meglio, tranne per il fatto di non aver soddisfatto il suo istinto. Annalisa tira fuori due cunei di plastica e li posiziona sotto le sue cosce, le divarica le gambe, in una posizione molto simile a quella che avrebbe assunto su un lettino ginecologico. Le dice: «ora non fare tante storie, mi è stato ordinato di rasarti il pube. Vuole che sia completamente glabro e che sia pulito per bene anche il perineo e gli eventuali peli intorno al tuo buco del culo.» Questa violazione della sua intimità è molto più forte di quella subita nel farla indossare la gonna. Poi dice: «ma così mi sembrerà di essere una bambina, e come se perdessi la mia femminilità», l’altra le risponde: «lo pensi tu, sai ci sono tanti uomini, ma anche donne a cui piace che il sesso sia privo di ogni copertura, per osservare bene la sua forma. Ti confesso che penso che ciò è vero ti fa sembrare una bambina, ma a mia avviso è proprio questo che gli eccita.» Prende un rasoio da barbiere, lo apre, prende una lama nuova e la posiziona nel suo alloggio. Le passa le mani tra la folta peluria, le spalma una crema emolliente da barba, l’eucaliptolo contenuto nella crema prima le dona una ventata di freschezza sopra il pube e sulle parti della vagina ricoperte, per poi passare dopo qualche secondo ad un bruciore insistente. Quando e bene insaponata, con tutto il basso ventre, la vagina, il perineo e il buco del culo bianchi, prende la lama e inizia a rasarla. I peli sono spessi e fanno fatica ad essere eradicati, con grande maestria le passa la lama ripetutamente ottenendo l’effetto desiderato, senza mai procurarle lacerazioni o ferite. Paola è immobile e la paura di essere tagliata la fa sembrare una statua di marmo. Sapientemente alterna colpi di lama a passaggi delle dita per controllare l’esito della rasatura, se sente che la pelle non è liscia a dovere ripassa la lama. Per poi tamponare con un asciugamano caldo le parti rasate. I punti più difficili sono l’interno delle grandi labbra, anche in quel punto effettua una pulizia totale e le pareti che circondano il buco del culo. Terminato il lavoro è soddisfatta, le passa una crema idratante che le lucida la pelle, sembra risplendere. Gliela bacia, ha un ottimo profumo. Pensa che ora possa andare, ormai sarà l’una di notte ha perso il senso del tempo da quando è arrivata nella casa. Ma purtroppo per lei non è così, Annalisa le dice: «Kristian mentre ti frustava e ti toccava, si è reso conto che sei ancora vergine di culo, avrebbe voluto deflorarti, ma la tua peluria glielo ha impedito. Mi ha detto che prima di farlo, vuole che ti prepari.» Quelle parole la terrorizzano, non ha mai avuto rapporti anali, pensa sia doloroso e sconcio. Pensa che cosa vorrà dire quel vuole che ti prepari. Annalisa la fa scendere e la fa sdraiare a terra, fortunatamente le mattonelle sono abbastanza riscaldate, l’ambiente tra il riscaldamento e il vapore del bagno è piacevole. Lei è distesa supina, vede arrivare l’altra con un bacile di ferro con dell’acqua dentro, è sicuramente fredda visto che si intravede anche del ghiaccio. Dice: «cosa vuoi fare con quest’acqua?» L’altra le risponde: «ho avuto ordine di farti una bella pulizia rettale, quando sarai penetrata non vuole che il suo cazzo si sporchi della tua merda, ma questo è buono pure per te, mica glielo varrai leccare tutto sporco.» Dimenandosi per terra dice: «no, non voglio questo è veramente troppo, che mi licenzi e andasse a fare in culo.» Prendendole una mano e accarezzandola Annalisa le dice: «tranquilla non aver paura, non ti farò male, vedrai ti piacerà pure. Non scherzare ormai ci sei dentro, pensa a quando tutto sarà finito.» Queste parole riescono a calmarla e a convincerla a proseguire. Mentre le due parlano, Kristian nella stanza regia, ha montato un filmato di quanto accaduto nel salone, censurando i volti, le riprese di Annalisa sono fatte davvero bene, con molte inquadrature dei particolari. Carica il filmato in una darknet, vendendolo a pochi spiccioli, in pochi minuti migliaia di utenti scaricano il filmato, facendo totalizzare in un breve lasso di tempo circa 15.000 euro, un vero affare pensa. Con qualche giorno di lavoro di questo passo potrà totalizzare delle cifre ragguardevoli. Ignare di tutto ciò nel bagno continua la preparazione, Annalisa prende un siringone da due litri, aspira l’acqua dalla bacinella, con una crema unge la circonferenza dell’orifizio anale, con il mignolo cerca di bagnare anche la parte interna, non vuole allargarlo più di tanto per non togliere lo sfizio di farlo fare a Kristian. Poi prende la siringa e infila nel buchetto la sua parte terminale, fortuna per Paola non è molto spessa e si inserisce agevolmente provocandole solo un leggero fastidio, ma nessun dolore. Inizia la pressione dello stantuffo, come indicatole deve avvenire lentamente, l’acqua dalla siringa traborda nel suo retto invadendo l’intestino, è molto fredda e le provoca degli spasmi della muscolatura anale, inserendo l’acqua le spiega: «avere il culo pulito prima di un rapporto anale da dei benefici in termini di piacere sessuale per chi lo subisce, il culo intasato mentre si tromba non è proprio la cosa più comoda del mondo.» Mentre si riempie sente ghiacciare le interiora, vorrebbe espellere il liquido ma l’aguzzina glielo impedisce spingendo ancora il liquido nelle sue viscere. Le dice: «trattienila quanto più puoi, pulisce meglio rispetto a quando la si caccia fuori subito», lei cerca di resistere ma gli spasmi sono sempre più forti, chiede: «posso andare a sedermi sul gabinetto non ce la faccio più.» Mentre tenta di alzarsi le pianta il piede con il tacco nello sterno e la schiaccia per terra, dicendole: «mi dispiace bellezza ma devo controllare, quando non ce la fai più liberati», incredula risponde: «ma sei impazzita, potrei sporcare tutto» e l’altra ancora: «non ti preoccupare poi pulirai.» Esplode in un getto costante d’acqua come fosse una fontana, la prima parte è chiara e pulita, bagna tutte le mattonelle e si spande bagnandole le cosce e la schiena, nella parte finale diventa torbida e marroncina, alla fine espelle pezzetti solidi. Un odore sgradevole si spande per la stanza, termina l’espulsione con delle scorregge, segno che oltre al liquido gli è stata pompata anche dell’aria. Questa è l’umiliazione maggiore fino ad ora ricevuta, lì nuda immersa in quella pozza maleodorante. Annalisa le tira delle pezze e le dice: «pulisci bene e lavati, le apre la finestra, il gelo della notte penetra nella stanza, con esso anche una ventata d’aria fresca. Dopo che ha ripulito e si è lavata, viene nuovamente condotta sul pavimento. Vede che è pronto un altro bacile con l’acqua e dice: «No dai basta ti prego, un altro no è umiliante e da un fastidio tremendo, ho ancora gli spasmi», l’altra le risponde: «Hai visto stesso tu le condizioni del primo lavaggio, devo accertarmi che sia pulita per bene fino e infondo al colon. Sei fortunata che non ti ha prescritto clisteri di glicerina, non avresti lasciato il bagno per tutta la notte» la rimette in posizione e inizia la seconda ondata, questa volta l’acqua è tiepida, forse c’è l’aggiunta di qualche sostanza che non riesce a decifrare. Il getto sempre deciso, lento e continuo la inonda, sicuramente ne è più di prima, visto che la pancia si gonfia, la fa muovere, quasi come la volesse shakerare. Annalisa pensa che questa pulizia così profonda si fa per penetrazioni intense e lunghe con cazzi da dimensioni notevoli, dalle telecamere quello di Kristian pare rientrare nella norma, forse utilizzerà anche qualche giochino o vorrà coinvolgermi, concedendomi di sfondarla con uno strapon. Questa volta riesce a trattenerla per più di cinque minuti, poi esausta spruzza di nuovo, come se stesse espellendo anche le sue viscere, il buco del culo si contrae e si dilata in continuazione seguendo un ritmo sincopato. Questa volta, l’odore e meno sgradevole e il risultato e meno torbido, ci sono solo piccoli frammenti, segno che la pulizia è quasi andata a buon fine. Le rigetta degli stracci e le intima: «ripulisci di nuovo tutto e lavati.» Il ricambio d’aria dura poco visto che questa nuova emissione era meno fastidiosa. Appena pronta la fa nuovamente sdraiare a terra, questa volta prona. Prende dal mobile un cestino, all’interno ci sono diverse palline bianche, tipo quelle da golf, ma lisce come palle da biliardo, le sente smuovere nel cestino e il rumore è identico, sono sicuramente in resina. Quando il cestino viene appoggiato accanto a lei, si rende conto che la forma non è proprio sferica, sembrano più delle uova sode. Annalisa le dice: «rimanendo con la faccia a terra, inginocchiati e butta il culo all’infuori», lei obietta: «mica vorrai conficcarmi questi cosi nel culo?» Lei stizzita le risponde: «e secondo te come controllo se fai painting», l’altra ribatte: «faccio cosa?», con un ghigno sul volto consapevole dell’ingenuità della sua vittima risponde: «se sporchi o strisci di merda quello che ti viene inserito nel culo.» Si mette nella posizione indicata, ormai non oppone più le resistenze iniziali, le dice: «ora ti preparo prima il buco del culo per far scivolare meglio questi aggeggi, poi quando inizio non opporre resistenza sentiresti più male, anzi con le mani allargati bene le chiappe e spingi come se volessi defecare.» Dopo averle unto il buco e le pareti laterali, unge anche gli ovetti, infila il primo con molta fatica, essendo vergine di culo lo sfintere oppone resistenza e l’oggetto scivola più volte sfuggendole dalle mani, poi riesce a farsi strada, cede la resistenza e la parte più piccola si insinua allargandole il buco, ormai è bloccato bene, con la spinta del solo pollice lo fa sparire dentro di Paola, che emette un urlo per il dolore provato, muovendosi dalla sua posizione scivola con la pancia a terra e le mani istintivamente vengono portate all’altezza dell’orifizio come a sua protezione. Il dolore man mano svanisce. La fa rimettere in posizione e ne infila un altro e poi un altro ancora, sono orami tre gli ovetti all’interno, ne prende un quarto e cerca di inserirlo, a differenza degli ultimi due per questo trova molta resistenza. Per rilassarla prende un vibratore a testa rotante e inizia a sfregarlo sul clitoride, la sensazione di piacere aiuta quest’altro inserimento. Sta godendo il piacere è al massimo. Il soddisfacimento che sta ricevendo da questo tipo di rapporto non è solo conseguenza delle sensazioni fisiche ma anche il piacere psicologico di infrangere un tabù, riconducibile all'educazione religiosa repressiva che le era stata impartita. Annalisa che evidentemente quell’attrezzo lo sa usare bene, quando la vagina è fradicia di umori e pulsa dal piacere la penetra per interno con la grossa testa rotante, che le provoca un orgasmo e la porta a squirtare, le contrazioni dovute all’orgasmo, la aiutano anche ad espellere gli ovetti. Questi vengono controllati dall’altra che gli esamina per bene, l’odore non è molto forte, segno di una buona pulizia e non sono strisciati o sporchi per niente, le dice: «brava ci siamo quasi, sono quasi perfetti,» poi facendole un sorrisetto aggiunge: «è mai possibile che non riesci mai a resistermi e ogni volta vieni sempre così violentemente.» Di tutto ciò che stava accadendo in quel bagno Kristian ne sta confezionando un nuovo video, mentre i guadagni del primo sono arrivati a circa 20.000 euro, carica anche quest’altro, ma non attende il suo andamento. Ha deciso una sorpresa per Paola e prima che le venga restituita la sta andando a prendere. Annalisa rivolgendosi alla sua preda le dice: «ti assicuro questo è l’ultimo trattamento poi abbiamo finito», si accosta con un’asta di ferro alta con base quadrangolare a cui è legata una sacca piena di latte, alla quale è collegata un tubo con una cannula di gomma. La fa rimettere in posizione prona e ungendo la cannula, la inserisce nel culo, aprendo una valvola fa defluire il liquido al suo interno. Il travaso è lungo sembra non finire mai, vista la dilatazione ricevuta con gli ovetti pare che questa nuova inserzione sia molto meno fastidiosa delle prime. Una volta riempita è pronta per l’ultima spruzzata, tutto il liquido è perfettamente candido come prima del trattamento, segno che è ripulita alla perfezione. Le fa pulire nuovamente l’ambiente e le fare una doccia. Ormai sono le 02.30 di una notte interminabile è stanca, vorrebbe riposare, le emozioni e le prove sopportate sono tante per una che il sesso lo praticava quasi mai. Annalisa la fa nuovamente accomodare e le dice: «ti sei meritata la seconda decorazione» e le infila un nuovo anellino all’altro minolo, questo a differenza del primo, che è spesso, è solo una spirale metallica con passo molto ampio che cinge il dito. Le rimette il collare con il guinzaglio e prendendo una lunga fascia nera di seta, la benda, in questo modo oltre a non consentirle di vedere le tiene legata anche i capelli. La fa alzare e la mette sul ciglio della porta, dove attende di essere riaffidata al padrone. Trascorrono alcuni minuti, sente dei passi, Annalisa è andata via e sicuramente non è il rumore dei suoi tacchi, l’impossibilità di vedere le mette paura, sente che il guinzaglio è stato afferrato e poi la voce di Kristian che dice: «ottimo lavoro della mia assistente.» Le passa una mano tra le gambe, sul ventre, sente la sua pelle lisca, senza alcuna asperità, si insinua tra le grandi labbra, lei inizia a bagnarsi tutta, la conduce nuovamente al piano terra, questa volta cammina e non gattona. La bacia, le tocca i seni, da piccoli morsetti ai capezzoli che tornano ad indurirsi come quando era fuori al freddo. Lei si lascia andare, ma sa che non può godere senza il permesso, la fa inginocchiare e le dice: «vediamo se questa volta lo prendi bene in bocca senza fare scherzi.» Apre la bocca, la cappella è grandissima cerca di farla entrare tutta in bocca, prova prima a leccarlo, il gusto è differente da prima, pensa che la panna lo aveva reso dolce quel lavoro, ora sente più disgusto. Comunque sta iniziando ad apprezzare questa pratica, le provoca piacere. Sente appoggiarsi le mani sulla nuca che la guidano nell’esplorazione di quell’asta, si rende conto che è grandissima e che tutta in bocca non ci può stare di sicuro, decide di leccarla tutta per rendersi conto della sua lunghezza, parte dal prepuzio e arriva fino ai coglioni. Una lunghezza interminabile, senza vedere si rende conto che è estremamente dotato. Ci sputa sopra e con le mani gli fa una sega mentre accoglie quanto può nella bocca, la mente torna a qualche ora prima, si rende contro che le dimensioni di questo cazzo sono differenti. Kristian infatti era corso, mentre si completava la preparazione, a casa del suo custode Thomas un ragazzo di origini nigeriane di 25 anni e lo aveva condotto da lui dicendogli cosa fare. Il ragazzo svegliato nel cuore della notte, subito si era ripreso alla proposta offerta. Ora Kristian glielo ha piazzato davanti e si sta godendo la situazione altamente erotica, di quella donna lasciva che gli trastulla il membro. Paola ha la contezza che si tratta di qualcun altro quando la fa alzare, tirandola per il guinzaglio, e con le mani esplora il petto dell’uomo che ha difronte. E’ muscoloso, poi gli tocca il volto, è molto spigoloso e sagomato da una barba, sicuramente non è il suo padrone. Dice: «chi è quest’uomo?» Una sberla subito dopo la colpisce sul culo che ancora porta i segni delle percosse con la canna. Emette un urlo e si ripiega su sé stessa. Thomas la prende subito, senza darle la possibilità di riprendersi, la mette poggiata con il ventre sulla spalliera del divano, le gambe e il culo rivolte verso di lui, il busto e la testa rivolti verso la seduta del divano. Senza molti complimenti gli allarga le chiappe e ci sputa in mezzo, poi tenendosi il cazzo scappellato tra le mani lo punta in corrispondenza della rosetta del culo, che è intatto della stessa tonalità della sua pelle, tenta di spingerglielo dentro. Lei si dimena, urla: «quel buco è stato fatto per certe cose e non per altre, è stretto quindi è impossibile che tu riesca ad entrare», ha paura del dolore. Il ragazzo prova allora a spanarglielo prima con le dita, infila prima l’indice e poi il medio, le accarezza le pareti interne, il dolore è forte, ma anche l’eccitazione sale, si porta una mano tra le gambe e si tocca il clitoride, si è ricordata che poco prima, quanto Annalisa le infilava gli ovetti l’ha aiutata quella stimolazione. Dalla sua posizione il padrone non riesce a vedere questo gesto, le dice: «quando ti tocca lì non stringe come una forsennata altrimenti per forza che poi ti fa male», si sentiva la sua risata risuonare in quella stanza e il respiro ansimante del ragazzo, che non proferiva parole, ma solo gemiti. Kristian come fosse uno specialista del settore continua dicendole: «Il tuo è un problema psicologico. Quando devi fare una cosa naturale e fisiologica, e quindi lecita, come scaricarti, allora non ti fa male anche se il blocco che espelli è grande il doppio delle dita ora al tuo intero, ma siccome quella è una cosa normale e naturale, allora allarghi per bene il buco del culo e non senti niente. Ma è inutile che ti spieghi queste cose, lo sai meglio di me...» Mentre ascoltava quelle parole le dita del ragazzo si sfilano, il buco è un po' più aperto ci appoggia nuovamente la cappella che questa volta inizia a farsi strada, delicatamente la infila tutta dentro. La sensazione è simile a quella provata con gli ovetti, solo che questa è più morbida e si adatta meglio alla sua cavità. Il bruciore passa velocemente, evidentemente la preparazione di Annalisa gli è servita a non avere un dolore eccessivo ora. Thomas e immobile, con il cazzo in erezione, si gode la visione di quella bellezza. Lei lo stesso, spera che si accontenti di quanto appena fatto, ma neanche il tempo di finire il pensiero, che con un vigoroso colpo di reni il ragazzo gli conficca dentro per almeno i due terzi quell’asta interminabile. Lei urla, piange si dimena è troppo grande per una prima deflorazione anale. Viene presa per i fianchi, sente le mani ruvide che la cingono e con un andamento ritmato il ragazzo inizia a far scorrere l’asta lungo lo sfintere, salendo e riscendendo. Ad ogni periodo di queste oscillazioni, il suo cazzo sprofondava sempre più dentro e il dolore invece di diminuire va accrescendosi. Kristian eccitatissimo da quella scena, le si porge davanti si abbassa i pantaloni e glielo ficca in bocca. Era la prima volta che veniva posseduta da due uomini, nonostante il dolore al culo, anche lei stava godendo, avrebbe voluto raggiungere l’orgasmo. Le sue inibizioni andavano via via crollando, stava diventando una vera puttana. Si sente ad un certo punto le palle del ragazzo sbattere contro la sua figa, segno che ormai è tutto dentro, non si dimena più per il dolore ma per il piacere. Il suo lato oscuro ha prevalso, sembra l’animale selvatico che aveva visto in Annalisa mentre veniva scopata dall’operaio al Salone. Kristian le viene in bocca, già sa cosa fare, non gli fa impartire alcun ordine e ingoia tutto il carico, poi gli chiede: «ti prego sto godendo, posso venire?» Soddisfatto per quella prima notte Kristian acconsente, pochi secondi ed esplode in un orgasmo fortissimo, sembra indemoniata, il ragazzo vuole anch’esso portare a termine il suo piacere e le viene dentro. Si sente i fiotti di sperma fin dentro l’intestino, le rimane dentro ancora per un po' aspetta che il suo arnese si sgonfi, poi glielo sfila. Il culo ormai è aperto, forma un cerchio perfetto. La prende per i fianchi e le fa appoggiare i piedi per terra, poi posa le sue mani sulla schiena facendole assumere una posizione ad angolo retto. Vuole osservare la fontana del buco del culo, che sta espellendo il carico ricevuto. Le cola tra le gambe fino a terra. Quando è terminato, il padrone la prende per il guinzaglio e le trascina il volto a terra, le scioglie la benda intimandola di pulire. L’eccitazione è ancora tanta, cerca di guardarsi intorno ma oltre il padrone non vede nessuno nella stanza, pensa che non saprà mai chi è l’uomo che l’ha posseduta, senza alcuna esitazione con la lingua prosciuga tutto il carico terminato a terra. Sono quasi le quattro del mattino, chiama Annalisa le dice: «la troia si è appena guadagnata un’altra decorazione.» Un nuovo anellino le viene messo al piede sinistro. Poi dice alle due: «potete andare, Annalisa accompagnala a casa,» rivolgendosi alla schiava: «tu indosserai solo il giacchino e le scarpe per andare via, ma prima ho un regalo per te. Lo aprirai quando sarai a casa» e gli consegna un cofanetto. Quando le due donne sono sull’uscio della porta le saluta dicendole: «a tra poco in ufficio.» Mentre le due tornano a casa, anche un terzo video viene caricato in rete, in una sola notte la troia gli ha fruttato circa 40.000 euro. La macchina si ferma fuori lo stabile di Paola, lei da uno sguardo veloce, non c’è nessuno fa un cenno di saluto e scappa via. Fortuna per lei non incontra nessuno, è dentro casa, il cuore le scoppia, le sensazioni provate nelle ultime ore sono più di tutte quelle provate finora nella sua vita. Si toglie le scarpe e il giacchino, è stanca ha poche ore di sonno da potersi concedere prima di tornare alla sua vita, si stende sul letto senza indossare niente, poi si ricorda del regalo di Kristian, non vorrebbe alzarsi ma si ricorda dell’ordine ricevuto e quindi si rialza per prenderlo. Apre il cofanetto, in un letto di velluto rosso vi è uno strano oggetto in acciaio, la cui forma ricorda vagamente il seme picche delle carte francesi, alla cui base è applicata una pietra di onice nera circolare, recante l’incisione di colore bianco “my slave”. Lo prende in mano, l’osserva cerca di capire cosa sia. Non è molto pesante, la parte spessa avrà il diametro di sette o otto centimetri, la lunghezza almeno qualche centimetro in più. Non è a conoscenza di questa oggettistica, pertanto pensa all’utilità che può avere quell’oggetto. Si accorge che nella parte interna superiore del cofanetto vi è una bustina. La apre, all’interno c’è un bigliettino con il seguente messaggio: “L’onice aiuta a comprendere meglio gli altrui e propri desideri. Indossa questo plug anale subito e tienilo dentro anche oggi che vieni a lavoro.”
Ha ancora il culo che le fa male, per i colpi subiti e per la penetrazione profonda ricevuta, non vorrebbe indossarlo, ma il ruolo di schiava le sta piacendo e quindi apre un cassetto, dove trova della pomata si unge l’orifizio del culo con le dita, i tocchi sono dolorosi ma continua ugualmente, il plug è liscio ma una spalmata di quell’unguento pensa che non farà certo male. Guardandosi nello specchio posto sulla parete laterale al letto si ficca lentamente l’oggetto dentro, il dolore è lancinante, oltrepassata la parte con diametro maggiore poi lo sfintere si richiude sempre più, fino ad assumere la sua conformazione naturale, che stringe il gambo del plug. Questo è agganciato alla base che rimane fuori ben visibile. Si osserva con quella scritta tra le chiappe, si sente marchiata. Un istinto muscolare tende ad espellere l’oggetto, per non consentire al suo corpo di rifiutare quell’introduzione, prende una culotte elastica e la infila, nonostante il tormento che il tessuto le dava sui glutei ricoperti da ematomi. Si addormenta sfinita.
Appena quattro ore dopo la sveglia suona, si sente frastornata come dopo una sbornia, pensa di aver sognato. Si vede allo specchio e si rende conto di aver dormito con la sola culotte, focalizza che non è stato un sogno. Sedendosi sente un dolore concentrato in corrispondenza del culo, è l’aggeggio che spinge, si ricorda anche questo particolare, pensa che per come è ridotto il suo didietro e con quell’oggetto inserito non potrà sedersi per l’intera giornata. Si veste con il suo solito abbigliamento, indossa occhiali scuri da sole e si reca in ufficio. Al suo arrivo dalla vergogna non ha il coraggio di alzare lo sguardo, spera di non incrociare Kristian e Annalisa. Al momento pare che nessuno dei due sia ancora arrivato, si chiude in ufficio ma non riesce a fare molto, la stanchezza, un leggero mal di testa e l’impossibilità di sedersi la rendono molto nervosa. I suoi collaboratori osservano il suo atteggiamento alquanto strano, lei si sente scrutata come non mai, decide di dare una giustificazione a tutto ciò dicendo: «ho una forte sciatalgia che non mi ha fatto chiudere occhio questa notte.» Esce dalla sua stanza per la sola pausa pranzo, non sa per quanto tempo ancora debba portare quella sofferenza, mentre è seduta con il suo piatto di pasta davanti, sente la suoneria della notifica di un messaggio, prende il cellulare è Kristian, legge il messaggio: “ti aspetto a fine giornata nel mio ufficio”, lei si ricorda che alle 18:30 ha un impegno per il compleanno di Maria la sua migliore amica, un happy hour al Sulema Cafè. Come ogni anno è previsto il rito della consegna del regalo, due chiacchiere in compagnia anche delle altre amiche. Pensa che non può assolutamente mancare, desterebbe dei sospetti la sua assenza. Quindi scrive un messaggio di risposta, non sa se deve interloquire nel ruolo di schiava o di dipendente, ma ricorda le parole del padrone e scrive: “padrone la prego, oggi mi conceda un paio d’ore di libertà, ho un impegno a cui non posso mancare.” La risposta non tarda, ma invece che un messaggio arriva una sua chiamata, lei risponde a voce bassa per non farsi sentire: «si padrone», e lui: «i patti erano che per il periodo della tua sottomissione dovevi ridurre al minimo i rapporti sociali, e al primo giorno già mi chiedi un permesso, cosa cazzo pensi di fare?». Il tono della voce è imperioso ma non trasmette alcun senso di rabbia, lei capisce che può tentare di ottenere quel permesso e gli spiega il motivo e la preoccupazione che la sua assenza avrebbe scatenato tra le amiche. Dopo una breve trattativa, le concede una sola ora di permesso, dicendole: «fattela bastare, perché poi dopo mi servi. Comunque passa da me prima che vai via.»
Alle 17.00 lei è già fuori la porta del suo ufficio, la segreteria andando via le dice: «Kristian ti sta aspettando entra pure.» L’accoglienza non sembra quella riservatale la notte precedente, è sorridente, la fa accomodare al suo posto di comando. Una poltroncina d’ufficio in pelle color crema, con braccioli metallici, un modello ergonomico e comodissimo se non fosse per il fastidio che dalla notte si porta dentro. Gli ematomi non le danno più molto fastidio. Lei è imbarazzata da dove l’ha collocata, non capisce tutta questa gentilezza. Guarda l’orologio ha fretta di tornare a casa per darsi una sistemata e godersi quell’ora di libertà che l’attendeva, lui le dice: «continuando di questo passo la tua schiavitù durerà molto poco.» Quelle parole la rincuorano, pensava che la sottomissione al volere del padrone sarebbe durata chissà quanto tempo per ripagare l’errore commesso, gli chiede: «Davvero? Le sono bastate le punizioni inflittemi?». Lui con aria seria la guarda l’afferra per la mandibola e girandole la faccia dice: «ho detto presto, non ho detto che è già finita. Per essere il primo giorno mi hai già ripagato di quasi sessantamila euro.» Lascia la presa e lei girandosi con la sedia nella sua direzione, chiede: «come le ho fatto guadagnare questa cifra?» Lui la rigira in direzione del monitor del suo computer e le mostra il filmato della sua sodomizzazione. Rivive la scena, prova disgusto nel rivedersi ma la sensazione di piacere l’assale e si eccita. Vorrebbe chiudere gli occhi, ma prevale la voglia di continuare a vedere, rivive tutte le sensazioni, lui la osserva e le dice: «questo ed altri due video sono stati caricati in rete questa notte e messi in vendita, hai avuto molti acquirenti», lei di istinto risponde: «no, che porco, questo non me lo dovevi fare, se mi riconoscono?». Lui aggiunge: «tranquilla, i volti sono stati censurati con una sfocatura in modo che nessuno possa riconoscerci, inoltre ho impostato che le richieste d’acquisto provenissero da indirizzi IP non italiani, abbassando notevolmente la possibilità di essere eventualmente riconosciuti.» Lei è incredula, in una sola serata tutte quelle esperienze sessuali insieme ed ora a sua insaputa è diventata anche un’attrice porno, pensa a quanti uomini si stiano ora segando con quelle immagini. Prima di questi ultimi eventi non avrebbe mai pensato ad una cosa del genere o ne avrebbe allontanato il pensiero, ora invece la situazione se la gode, segno che questa esperienza la sta trasformando. Sono ormai le 17:30 si ricorda dell’impegno e chiede se può andare via, lui gli risponde: «Va bene però prima fammi controllare se hai indossato il mio regalo», la fa alzare in piedi, le abbassa il pantalone e la culotte per controllare, la visione è eccitante. La fa inginocchiare sulla sua sedia e le fa poggiare i gomiti sulla scrivania. Il culo è ancora segnato, ma con colore meno intenso, segno che le cure di Annalisa hanno fatto effetto, poi prende la base del plug e si mette a giocare, la ruota fino a quando la scritta incisa non gli sia ben leggibile, poi lo tira verso di sé come a volerglielo estrarre, ma la sua intenzione è ben diversa, vuole solo osservare il suo sfintere dilatarsi e restringersi mentre quell’oggetto si muove. I movimenti provocano più che dolore un fastidio, il suo culo sembra essersi abituato a quella presenza, questo è lo scopo che si era prefissato il padrone. Soddisfatto di come avesse obbedito, le dice: «brava, ti stai trasformando in una bella troietta sottomessa, per il tuo appuntamento dovrai indossare una gonna, continuerai a mantenerti il plug nel culo, tanto per come ti ha svuotato stanotte non andrai in bagno almeno fino a domani mattina e in più terrai nella tua figa questo», terminando la frase proprio mentre estrae dal cassetto una specie di uovo fucsia con un laccetto di silicone ad un’estremità. Glielo mostra e lo consegna. Poi aggiunge: «io e la mia assistente verremo anche noi al tuo incontro, questo ovetto si controlla da remoto con un’app del cellulare.» Lei chiede: «in che senso lo controllerete voi?» Senza neanche risponderla prende il cellulare e le mostra come l’ovetto in seguito ai suoi comandi inizia a vibrare a frequenze differenti. Non immagina ancora le sensazioni che riceverà quando sarà dentro di lei. Prima di farla andare il padrone si fa dire il nome del locale dove avverrà l’happy hour.
Puntuale alle 18.30 Paola si presenta davanti al Sulema, indossa un lungo soprabito verde muschio che le arriva fin quasi alle caviglie, un foulard annodato a fiocco intorno alla gola dello stesso colore con stampe floreali e degli stivaletti alla caviglia scamosciati di una tonalità di verde leggermente più scura del soprabito. Intravede le amiche che aspettano all’ingresso del locale l’arrivo della festeggiata, si avvicina per salutarle. Queste notano che sotto il soprabito inusualmente deve esserci una gonna, visto che mentre cammina verso di loro si intravedono le gambe scoperte dallo spacco del soprabito. Mentre saluta il suo sguardo incrocia quello di Annalisa che è già accomodata all’interno del locale, seduta ad un tavolino da sola, che le lancia un’occhiata languida. Quello sguardo non le lascia presagire nulla di buono. Qualche minuto e arriva anche Maria. Quindi si accomodano al tavolo riservato, come al solito subito le danno il regalo senza perdere tempo, vogliono godersi il loro incontro. Maria guardano bene Paola dice: «ma che ti è successo, in tanti anni che ti conosco non ti ho mai visto indossare una gonna, ci stessi nascondendo qualcosa?». Lei arrossisce e risponde: «nella vita a volte si cambia.» Proprio in quel momento entra nel caffè Kristian, qualcuna delle amiche al tavolo lo nota, scappa qualche apprezzamento goliardico. Maria richiama l’attenzione di Paola con dei gesti e poi le dice: «il tuo capo, ma che ci fa qui?» Senza proferire parola lei abbassa lo sguardo. Sa che da un momento all’altro l’affare che le ha chiesto di infilarsi nella vagina potrebbe iniziare a vibrare. Dell’ovetto fuoriesce solo il laccio in silicone, che le servirà poi per estrarlo, adesso ripiegato nelle sue mutandine. Lui si va a sedere al tavolo di Annalisa. Una delle amiche commenta: «che bell’uomo, per lui tradirei tranquillamente mio marito.» Queste parole stimolano la sua fantasia, pensa che anche se in un rapporto torbido quell’uomo lo stava avendo. Maria con la curiosità che caratterizza le donne, osserva l’accompagnatrice di Kristian, la scruta bene poi rivolgendosi a Paola dice: «da quando ha divorziato con la moglie il tuo capo vedo che se la spassa. La Lolita ha scelto bene, vuole sistemarsi. Ti sei lasciata scappare una grande occasione.» Lei non sapeva che il suo capo era divorziato, la sua vita privata in azienda era sconosciuta a tutti, si chiede come mai la sua amica è a conoscenza di tutte queste informazioni e perché non ne aveva mai parlato prima. Proprio mentre la sua mente si dipana tra questi pensieri, sente una vibrazione all’interno della sua vagina. La prima e di intensità moderata e tranne un lieve sobbalzo per quella sensazione inaspettata, non fa trasparire nessuna emozione esteriormente. Internamente invece le emozioni si accavallano il piacere di quella vibrazione le provoca un’umidificazione tra le grandi labbra, anche le parole della sua amica la spingevano ad accettare quella sottomissione, non si era mai avveduta ma Kristian le piaceva. Il tempo di lanciare uno sguardo al tavolo dei due, che l’intensità del giochetto viene fatta aumentare. In questa situazione non può far altro che stringere le cosce in segno di difesa, si appoggia una mano sul ventre e si morde le labbra. Al suo tavolo nessuna si accorge di niente, Maria è distratta dall’osservazione di quei due che sembra se la stiano spassando visto le risatine e gli sguardi che si stanno scambiando. Con un’alternanza ben studiata dosano i momenti di vibrazione ai momenti di riposo, riducendo e aumentando la lunghezza e l’intensità degli stessi. Dalla loro posizione possono osservare le punte dei piedi che premono il suolo, mentre i talloni si sollevano da esso. Le gambe formano un triangolo, sono leggermente divaricate all’altezza delle caviglie e si congiungono alle ginocchia. I due al tavolo osservano Paola strusciarsi sulla seduta della sedia. Lei in preda alla loro volontà di tanto in tanto fa dei segnali con le mani, da dietro la schiena, come per implorare di smettere quel tormento altrimenti a breve sarà scoperta dalle amiche. Con difficoltà riesce a portare i bocconi di torta dal piatto alla bocca, che riempie per evitare che i fremiti e gemiti di piacere possano uscire da essa. La sensazione di esplosione avvertita negli ultimi orgasmi avuti, si fa sempre più forte, ovviamente non può squirtare in pubblico davanti alle sue amiche. Decide con una scusa di recarsi in bagno, Maria le chiede: «vuoi che ti faccio compagnia?» Come è di prassi tra amiche, lei risponde: «ti ringrazio, resta a tavola con le altre, subito ritorno», si avvia verso la toilette, l’andatura è barcollante quella vibrazione intensa la scuote e le toglie le forze, riesce a trascinarsi nel corridoio che porta ai bagni, appena scompare dalla visuale della sala, la vibrazione viene portata al massimo, lei si accascia al suolo. Annalisa la segue per far sì che il segnale non si perda, la vede che a fatica si rialza, grazie alla breve interruzione delle vibrazioni, che riprendono appena il cellulare torna nel raggio di azione del vibratore. Pochi secondi che le consentono di raggiungere il bagno, si alza frettolosamente la gonna, riesce a spostare le mutandine e all’impiedi con le spalle appoggiate al muro inonda il bagno con uno squirt di grande intensità. Annalisa si gode la scena, vede il suo corpo dimenarsi come un’ossessa e quell’innaffiatura che cola delle mattonelle del rivestimento del bagno fino al pavimento dove si forma una pozza, chiude la porta e si avvicina mentre lei è ancora ansimante, avrebbe voluto gridare dal piacere ma ha dovuto reprimere il suo istinto. Annalisa la tira verso di sé per non sporcare le scarpe, si avvicina al suo volto, la bacia appassionatamente, le lingue si avvolgono l’una nell’altra, le sembra di rivivere le sensazioni di Manchester, poi mettendo due dita tra le gambe aggancia il laccetto si silicone e gli sfila il viratore. E’ fracido di umori, lo guarda, l’annusa e glielo ficca in bocca a Paola, ordinandole: «gustati i tuoi umori, pulisci per bene il vibratore», con un po' di disgusto acconsente anche a quest’altra imposizione. C’è l’ha ancora per tutta la vicenda scatenata dal suo comportamento, ma pensa che lei è solo uno strumento nelle mani di Kristian per punirla e svolge quanto detto con tutta la passione possibile. Quando il gioco è ripulito, la spinge con il petto e la faccia verso il muro, le allarga le gambe tirando verso di sé il bacino e le sfila anche il plug che indossava dalla notte e gli fa leccare anche questo dicendole: «fai la brava bambina succhia il ciucciotto e fallo uscire come nuovo da questa bocca», un conato di vomito l’assale all’odore di quell’oggetto, ma messo in bocca riesce a stopparlo. Finalmente il suo culo ha un po’ di sollievo, le rigature dovute alle percosse della sera prima non sono più evidenti anche se al tatto ha ancora dolore. Terminata l’umiliazione Annalisa le dice: «su dai sbrigati che l’ora a tua disposizione sta per terminare, Kristian per le 21.00 verrà a prenderti per un’altra notte di follie.» Qualche minuto dopo di Annalisa anche Paola ritorna al suo tavolo, Maria la vede stravolta le chiede: «tutto bene? Stavo per venire a cercarti in bagno non vedendoti tornare,» lei risponde: «non mi sono sentita tanto bene, ti chiedo scusa ma non posso rimanere fino alla fine, vado a casa a riposare.» Saluta tutte e va via. A casa ha giusto una mezz’ora per riposare, poi deve prepararsi per il padrone, non gli è stato indicato nulla in merito al suo abbigliamento, sa bene che però che non tollera i pantaloni, quindi decide per la gonna più corta che ha, ovviamente altezza ginocchio, il suo guardaroba è sfornito di minigonne, tanto provvederà a coprire il tutto il soprabito lungo che indossava all’happy hour.
Alle 21.00 invece del padrone si presenta Annalisa a prelevarla, pensa che ormai quei due sono diventati complementari in questo gioco e che lei oltre che a Kristian si è sottomessa anche alla piccola ingegnere. Salita in auto, sente che con quest’ultima può avere meno formalità e chiede: «come mai questo cambio di programma?» La risposta come ha immaginato le è data: «le sorprese del capo sono sempre dietro l’angolo. Ha una mente vulcanica è alla ricerca di qualcosa di speciale per questa sera. Non ti fa piacere che sono venuta io a prenderti?» Da questa breve conversazione appare che sicuramente è meno fredda del padrone, quando è da sola può sentirsi meno costretta, e risponde: «no figurati, solo conoscendo il padrone come è fatto, mi risultava strano questo cambio di programma.» Giunte al casale Kristian è già lì che le aspetta, come la sera precedente fa attendere sull’uscio dell’ingresso Paola e le chiede di spogliarsi e riporre tutto nella cesta come al solito. Questa volta la svestizione è veloce ed entra subito in casa, il padrone le spiega: «questa sera sarai la nostra camgirl, ho allestito una stanza al secondo piano, dove ti esibirai per gli utenti di un sito web che potranno interagire con te. Ormai sei a conoscenza del tuo successo, ieri hai partecipato inconsciamente oggi voglio farti sperimentare la consapevolezza del tuo essere troia.» Vorrebbe piangere ha paura di essere riconosciuta e non sa come comportarsi, infondo stava appena scoprendo di essere un oggetto del desiderio per tanti, poi per non deludere il padrone risponde: «come vuole, voglio solo dire che non ho idea di come intrattenere questo pubblico, non l’ho mai fatto e la prego di oscurarmi il volto come è stato fatto ieri.» La risposta subito pronta: «non preoccuparti, la mia assistente ti preparerà in modo da non essere riconosciuta, ma ovviamente meno oscuriamo e più possiamo pretendere dai tuoi fans, quindi questa sera non ci sarà alcuna censura del volto.» Annalisa la prende e la porta al piano superiore, provvede a cospargere il suo corpo con l’olio di iperico, ormai esteriormente non si notano più le ferite della scorsa notte. Quando ha terminato le indossa un corpetto nero sottoseno con gangi in metallo sul davanti e una serie di laccetti sul dietro. Li tira quanto più può per sagomare il corpo della schiava, le stecche di plastica si incurvano costringendo l’addome in una morsa, riesce ad ottenere l’esito voluto: un vitino di vespa che le leva il respiro. La parte anteriore del corsetto è sagomato con due punte una rivolta verso l’alto che si posiziona all’interno del solco intermammario e una verso il basso che le copre l’ombelico. Le indossa due parigine bianche, ma con scarsa velatura che lasciano intravedere i piedi e le gambe, la fascia elastica di queste cinge appena sotto il ginocchio ed è spessa, infine le passa una miniskirt in latex rosa con volant. Quest’ultima è cortissima, praticamente non copre quasi nulla, si intravede bene la sua figa e il suo culo. Ai piedi le fa indossare un paio di scarpe basse con kitten heels, sono particolari nella foggia ricordano quelle indossate dalle dame dell’ottocento, solo che hanno una punta molto squadrata, il colore di queste è bianco e il modello della tomaia è a canestrino, l’intreccio è evidente anche a distanza. I tacchetti, i bordi del collo piede e alcuni particolari sono dello stesso colore della miniskirt. Il completo scelto per la serata è pronto, passa dunque al mascheramento le lega i capelli con dei ferrettini e le indossa una parrucca biondo platino con taglio corto a carrè con frangetta che le copre la fronte, con una matita nera le annerisce la punta del naso e le disegna tre baffetti con linee sottili, le porge una maschera da gattina, che indossata fa intravedere solo i suoi occhi ed infine le pone un frontino con orecchie da gattina stilizzate. Per completare la trasformazione, le infila un plug nel culo con una coda da gattina, questa volta non usa nessuna cautela, non si è persa in convenevoli con unguenti o altro, in maniera brutale glielo ha conficcato dentro. Nonostante i trattamenti subiti il dolore è ancora forte ad ogni inserzione di oggetti nella sua via posteriore. E’ pronta per iniziare, viene mostrata a Kristian che ne è soddisfatto e dice: «ottimo lavoro, sei davvero una gattina eccitante.» Mentre cammina si sente strusciare la coda sulle gambe, una sensazione piacevole è quell’accarezzamento. Gli vengono impartite le ultime raccomandazioni e viene condotta nella stanza al secondo piano, Kristian controlla l’account della sua gattina e vede che già sono collegate diverse persone, che hanno pagato per l’accesso, ovviamente il guadagno maggiore avverrà se la schiava accontenterà gli utenti che potranno inviare dei tip, ovvero mance in soldi, per il grado di soddisfazione ottenuto. La porta della stanza si apre, è completamente diversa del resto della casa, sembra più la stanza di una casa di appuntamenti, ha due pareti ricoperte di grossi specchi, il pavimento e le restanti pareti sono rivestiti di marmo bianco con venature color caffè, in alcuni punti vi sono delle scanalature gialle dove vi sono dei punti luce che contribuiscono all’illuminazione principale dell’ambiente costituita da un grosso lampadario in vetro. Vi è un grosso letto con spalliera imbottita color bianco sporco, le lenzuola e il copriletto sono anch’essi di colori tenui pastello. Entra prima Annalisa che si posiziona in un angolo dove non è visibile alle telecamere, è dotata di una telecamera per le inquadrature ravvicinate dell’esibizione. Giunta in posizione fa entrare la star della serata, ovviamente il suo ingresso è a gattoni, gli è stato raccomandato di ancheggiare molto in modo che la coda possa muoversi e attirare l’attenzione degli ospiti. Il percorso le viene indicato a gesti e termina ai piedi del letto dove è già pronta una ciotola di ferro piena di latte, che lei dovrà bere senza utilizzare le mani. Si abbassa con la testa e inizia a leccare la superficie del liquido, poi come indicatole dalla voce fuori campo di Kristian, ogni paio di leccate da uno sguardo in camera e mostra la lingua bianca e i baffi di latte che circondano le sue labbra, cerca di ripulirli passandoci la lingua. Arrivano i primi tip degli amanti del genere, il conto collegato alla gattina inizia a crescere. Il giochino va avanti fino a che la ciotola non è quasi del tutto svuotata. In quella posizione i suoi seni penzolanti strusciano sul marmo freddo del pavimento, situazione che contribuisce all’inturgidimento dei capezzoli. Da una porta scorrevole poi appare la sorpresa che questa sera Kristian le ha riservato, è Raina una delle camgirls della zona più conosciuta e seguita, questo sicuramente contribuirà a far giungere nella stanza virtuale anche persone della loro città. Paola è all’oscuro di ciò, pensa che il padrone abbia riservato la stessa accortezza dei video caricati la sera precedente. Lei è bellissima, una donna giovanissima di 21 anni, ma con una maturità fisica prorompente, di origini somale ha la pelle color ebano, un fisico scultoreo alta più di un metro e ottanta con un culo sodo ma un po’ scarsa di seno. I suoi lineamenti sono molti dolci, ha capelli lunghi fino al fondo schiena e occhi grigi, una bellezza rara. Indossa sandali bianchi incrociati con tacchi alti, autoreggenti bianche e un completino intimo anch’esso bianco. Uno splendido contrasto cromatico bianco su nero spezzato solo dall’azzurro fiordaliso dello smalto delle unghie delle mani e dei piedi e dal rosso veneziano del rossetto sulle sue labbra. Anche la gattina resta a bocca aperta per quella visione, il suo ingresso ha subito notevolmente incrementato il numero dei visitatori che già erano cospicui. Paola non sa che Raina è una rinomata mistress lesbica e pensa che la serata tutto sommato le sia andata meglio di quella precedente. Quest’ultima si avvicina alla gattina e dallo slip estrae un guinzaglio che immediatamente cinge al collo della gattina, la fa gattonare per tutta la stanza, si diverte facendola salire e scendere dal letto. Le conficca le unghie lunghe delle mani nei seni e poi la graffia. Paola sente bruciare quelle striature sulla pelle, intravede Annalisa lanciare qualcosa ai piedi di Raina, ma non riesce a capire cosa sia, quest’ultima si abbassa e impugna il manico dell’oggetto. E’ una frusta, con la quale inizia a percuoterle la schiena e le gambe. Ad ogni frustata le urla della poverina diventano sempre più forti e le lacrime si intravedono scorrere sotto la maschera. Dopo una ventina di colpi, le forze vengono meno e rimane riversa al suolo tremante. Il dolore è stato forte ed accompagnato da un bruciore diffuso, molto superiore a quello provato con la canna di bambù. Senza darle tregua la tira la testa tra le sue gambe e spostandosi la mutandina le ordina di leccarle la figa. Assapora i suoi umori, sono più intensi di quelli di Annalisa, la pulizia del suo sesso è approssimato ci sono dei peli anche all’interno delle grandi labbra che le danno fastidio alla lingua. Cerca di scostarsi, ma ogni suo movimento viene represso con la forza strattonandola per il guinzaglio o bloccandole la testa con le mani dietro la nuca. Le ordina: «bestia muovi la lingua passala per bene e spingimela dentro più che puoi», lei annuisce e per qualche minuto è obbligata a respirare e assaporare quel frutto esotico. I tip arrivano copiosi e il conto dell’account arriva a superare i diecimila euro. Abituato a ben altro Raina non riesce a raggiungere l’orgasmo e le chiede: «succhiami il clitoride», allargandosi le labbra della figa per agevolare il compito. Come se volesse praticare un pompino Paola si avvicina al punto indicato e col la lingua lo sfiora, poi avvicina le labbra e con queste lo circonda in una piacevole morsa, con leggeri movimenti della bocca lo pompa, si avvede che la stangona ha come un’erezione, gli diventa sempre più grande e duro, quest’ultima le urla: «si così ... brava ... ancora, continua sempre più veloce che mi fai godere», le porta le cosce sulle spalle e con le gambe la blocca in quella posizione. Sente i tacchi conficcarsi nella carne, le sue mani si appoggiano sulla nuca e la spingono violentemente contro il suo sesso, lei stretta in quella morsa è eccitata e si lascia andare. Gli specchi alle pareti amplificano la scena in qualsiasi lato si guarda si può ammirare quello spettacolo. Raina si muove sinuosamente sul letto, sotto i colpi di lingua e del risucchio, grida sicuramente è venuta, ma continua ad esigere quel trattamento, tutti i suoi umori riempono la bocca e la faccia della gattina, il trucco dei baffi e del naso è tutto sbavato. Annalisa sta riprendendo da molto vicino la scena con una telecamera in alta definizione, le due neanche si accorgono della sua presenza. Quando ad un certo punto, la mistress che già aveva quasi del tutto immobilizzato la sua schiava, stringe la sua testa anche con le cosce per impedirne qualsiasi movimento, in quel preciso istante inizia a pisciarle in bocca. Lei prova un disgusto per quanto sta subendo, cerca di far fuoriuscire quel liquido caldo che le sta spruzzando in bocca, le due si bagnano. Quando il flusso sta quasi per terminare le ordina: «bevi, non devi fartela uscire dalla bocca, se non ne vuoi altre», brandendo la frusta tra le mani. Per paura di altre frustate beve l’ultima parte che aveva in bocca, sente salire conati di vomito, le fa davvero schifo quanto appena fatto. Si chiede come è potuta arrivare così in basso ed accettare quest’umiliazione. Ha il corsetto tutto bagnato nella parte frontale, Raina glielo toglie, poi da una panca vicino al letto prende due polsiere e due cavigliere in cuoio, appositamente lasciate lì, le riconosce sono quelle utilizzate anche la sessione precedente con il padrone, capisce che è appena all’inizio di un’altra interminabile notte. La mistress la fa sedere sul letto, le divarica le gambe e le infila nella vagina un Ohmibod, un vibratore molto utilizzato dalle camgirls, che può essere comandato dai visitatori della stanza. L’aggeggio è simile all’ovetto che l’hanno costretto ad indossare nel pomeriggio, solo è più grande e ha una forma assomigliante alla parte terminale di un fallo con la cappella sguainata. Glielo sistema per bene, rimane esternamente solo una codina, parte terminale del vibratore. La mistress le ordina: «ora masturbati e raggiungi l’orgasmo per i nostri followers, mi raccomando allarga bene le gambe e mostragli il tuo frutto», mentre la frase sta per terminare già arrivano le prime vibrazioni, qualcuno previo il rilascio di tip abbastanza elevati ha la possibilità di inviare l’impulso scegliendone la durata e l’intensità. Per minuti la situazione va avanti in questo modo, anche perché il padrone sapientemente per non far venire subito la schiava, quando la vede prossima a raggiungere il godimento, fa interrompere momentaneamente la possibilità da parte degli utenti di manovrare il vibratore. La schiava si è distratta e ha perso per qualche minuto di vista Raina, vede solo Annalisa che continua le sue riprese e di tanto in tanto le si pone davanti per godere a pieno quello spettacolo. Quando la mistress rientra nel suo campo visivo vede che indossa un grosso strap-on collegato a delle cinghie e posizionato sul pube. E’ esagerato sicuramente più grande del cazzo di Thomas, il guardiano del padrone che l’ha sodomizzata la sera precedente. Si avvicina e le ordina: «leccalo bene, ungilo. Lo dico per te.» Capisce che quella bestiona è per lei, avendo il culo tappato dal plug pensa che sia destinato alla sua figa, il solo pensiero la fa venire, come ormai il suo solito gli orgasmi sono accompagnati da squirtate eccezionali. Come un animale in calore non riesce a controllare le sue vibrazioni, Raina la prende per le gambe e le unisce con un moschettone le caviglie, la tira a sé facendola strisciare sul letto a pancia sotto, gli sfila il vibratore dalla vagina. Paola è convinta che quel fallo gigantesco sia orientato verso di lei, invece con sadismo le stappa il culo dal plug in maniera violenta, provocandole un urlo di dolore e si fa strada con lo strap-on nel suo culo. Lei strilla e si dimena: «siete tutti pazzi, con questo me lo rompi, non potrà mai entrare», la mistress allora le stringe la frusta intorno al collo togliendole il respiro. Lei si dimena, batte anche più volte la mano al suo fianco per cercare di richiedere la sua pietà, ma con un fuoco negli occhi la guarda e non smette, quello le dava troppo piacere. Essendo un’esperta di queste pratiche sa bene fino a dove può spingersi. Quando la schiva è giunta quasi al suo limite, con forza riesce a spingere la cappella dello strap-on dentro il suo culo. Con l’oggetto spinge, mentre con la frusta tira il collo della schiava verso di sé, il suo corpo si inarca, la scena è forte ma allo stesso tempo una goduria per tutti gli spettatori. I tip sembrano impazziti ne arrivano tantissimi ormai il conto ha superato i trentamila euro. Lei urla e si dimena, il dolore è fortissimo le dimensioni sia in lunghezza che in spessore dello strap-on sono notevoli, Raina rilascia la frusta che non stringe più il collo, lasciandolo segnato da un alone rosso, ma le prende i polsi portandoli dietro la schiena della gattina, tenendoli come fossero il pomolo di una sella, e inizia a spingere ritmicamente il suo arnese nel suo culo. Ogni colpo una piccola parte entra sempre di più, ormai è dentro per circa un quarto della sua lunghezza, lo sfintere ha subito sicuramente qualche lacerazione visto che un rivolo di sangue scorre tra le natiche della gattina e ha sporcato anche il cazzo finto che la sta sfondando. Alla vista di quel sangue la schiva implora: «basta ti imploro fa malissimo, non andare oltre», piangendo e dimenandosi. La mistress in trans alla vista del sangue le risponde: «tu non muoverti e non ostacolare il mio lavoro, ti farà meno male, poi continua a masturbarti così il rilassamento è sicuro», ed affonda il dildo fino a raggiungere la metà della sua lunghezza, l’urlo della gattina è straziante, Annalisa realmente si sta preoccupando che la situazione possa sfuggire di mano, ma sa che non può fare nulla, l’unico che può intervenire è Kristian che può fermare la mistress. Fortunatamente anche quest’ultima si rende conto che andando oltre potrebbe provocare qualche lesione alla sventurata, e decide di toglierli quel grosso affare dal culo. La gattina e riversa sul fianco, semisvenuta, con le mani che cercano di tamponare il sangue che fuoriesce tra le sue gambe e a protezione di quell’ingresso. Raina la disinfetta con una garza, anche quest’azione di umana pietà è fatta con sadismo, non tampona solamente, la struscia contro l’orifizio e l’innaffia con acqua ossigenata in abbondanza. Le concede solo qualche minuto per riprendersi, ma da vera esperta di questi canali hot per non far allontanare i visitatori, gioca con il corpo di questa, le sue attenzioni principali sono i capezzoli e il clitoride che vendono presi di mira con delle clip fermacarte in metallo, anche queste provocano dopo un breve dolore iniziale un piacere che poi viene bruscamente interrotto al momento in cui vengono rimosse. L’obiettivo minimo della serata per il padrone è di raggiungere almeno centomila euro di guadagno al netto del venticinque per cento da dare a Raina per la sua performance. Attualmente il totalizzatore è arrivato appena a ottantamila euro pertanto bisogna andare avanti anche se il suo animale è alquanto stanco e provato. Annalisa fa scorrere verso il letto un carrellino con una serie di attrezzature metalliche con congegni meccanici, sicuramente sono frutto della sua mente pensa Paola. Vi è una struttura fatta di assi metalliche bullonati, composta da due parti che combaciano perfettamente, la parte superiore ha un incavo per cingere il collo della persona a cui è applicata la struttura, Raina seguendo le istruzioni tipo quelle di Ikea preparate dall’ingegnere, posiziona la parte posteriore sul letto, poi mette supina la schiava e appoggia la parte frontale, i bulloni servono a congiungere le due parti che diventano un tutt’uno, dopo aver cinto il collo della schiva. La struttura ha due assi che sono posti ai lati dei fianchi e presenta delle sbarre trasversali imbottite che spingono verso il ventre e la schiena quando cerca di muoversi. Costringono il suo busto ad una posizione immobile. Ciascuno dei due avambracci viene cinto da una sorta di bracciale metallico spesso, chiuso con un catenaccio, le braccia le vengono fatte posizionare leggermente all’indietro e con una sbarra verticale i due avambracci vengono collegati in modo da non porteli far divaricare. La posizione è scomoda, si sente le scapole fuoriuscire, le polsiere vengono agganciate alle sbarre laterali. La struttura stessa viene agganciata al carrellino su cui era riposizionata l’attrezzatura. Le caviglie vengono bloccate con una morsa metallica, che sembra un grosso schiaccianoci, che richiudendosi cinge le caviglie della schiava. Ai bordi del tavolino vi è un argano, facendolo ruotale una corda che passa per gli snodi della struttura metallica, costringe Paola ad assumere una posizione retta, con il busto teso in avanti in modo da formare tra il busto e le gambe un angolo di novanta gradi. La mistress prende una sbarretta metallica e la posizione tra l’alloggio presente nello schiaccianoci alle caviglie ed un altro presente sulla struttura all’altezza del collo. La sbarretta viene bloccata con dei pioli, in questo modo non può assolutamente muoversi dalla posizione in cui si trova. Alzando un telo dal ripiano inferiore del carrellino Raina scopre un motore elettrico collegato ad una puleggia che trasmette con un disco girevole intorno al proprio asse un moto oscillatorio ad un’asta ad esso collegato. L’asta è orientata in direzione della vagina della schiava e sicuramente una volta azionato il motore sarà in gradi di spingere e ritrarre bene qualsiasi oggetto ad essa collegata. Pensa bene che il dildo utilizzato fino a qualche minuto fa può andar bene allo scopo, sicuramente la figa della gattina sarà più dilatata del suo culo e potrà accoglierlo meglio al suo interno. Lo attacca all’asta e infila la cappella nella vagina. Prima di portare il motore a regime, prova il movimento e saggia fino a dove può far spingere l’arnese senza creare troppi danni. I lamenti della gattina sono insistenti decide di metterla una morsa come si fa con i cavalli, le infila un’asta gommosa tra le labbra e la tira con le cinghie dietro alla nuca, in modo che la sbarretta tenda gli spigoli delle labbra all’indietro, così la lingua ha scarsa libertà di movimento. L’asta si muove penetrandola lentamente, poi man mano aumenta la velocità del motore, ciò comporta l’aumento della frequenza dei colpi di penetrazione, prende un frustino e inizia a colpirli il culo e la parte posteriore delle cosce, tali colpi tendono a farla muovere e il movimento fa cambiare la profondità della penetrazione. Quando i colpi costringono a piegarla sulle ginocchia inevitabilmente il culo si sposta all’indietro consentendo una maggiore penetrazione da parte del congegno. Non si capisce se i lamenti sono dovuti ai colpi del frustino o alla profondità raggiunta dal dildo. Gli utenti impazziti per la pena inflitta alla schiava offrono tantissimi tip per richiedere che il motore sia spinto alla massima potenza. Raggiunta la soglia del conto prefissata dal padrone, acconsente a far raggiungere tale potenza, il ritmo della penetrazione è violentissimo e le provoca un nuovo orgasmo, tutti i liquidi le scorrono lungo le gambe, si dimena dagli spasmi ma è costretta in quella posizione, un’inquadratura del suo volto fa trasparire sotto la maschera i suoi occhi con le pupille dilatate e rivolte verso l’alto. E’ sfinita quando il motore viene spento. Insieme ad esso anche la connessione della stanza viene disattivata, sembra che questa interminabile serata sia finita. Annalisa aiuta a slegarla e la porta al solito bagno dove le cura le ferite delle frustate e dell’orifizio dello sfintere martoriato. Quando ha terminato prima di farla rivestire aggiunge una nuova decorazione ai piedi della schiava, ormai ben quattro dita sono adornate da anellini uno diverso dall’altro. Quando hanno finito, Kristian in casa non si vede, vanno via chiudendosi la porta alle spalle. Salgono in macchina e si dirigono in città. Annalisa mentre guida sospira: «Non volevo dirtelo perché credo che possa far aumentare la tensione tra noi, ma scateni in me sentimenti contrastanti a tratti godo vedendoti sottomessa in quel modo, poi ripenso alla nostra notte a Manchester e provo pietà per quanto stai sopportando.» Paola la guarda e ascolta quelle parole, ma è troppo stanca e dolorante per rispondere. Si accosta in una piazzola di emergenza ferma l’auto e con voce insolitamente sottile le chiede: «Vuoi che ti porti da me?» Acconsente almeno qualcuno si sarebbe presa cura di lei, non avendo le forze, la sessione è stata troppo dura, quelle frustate le fanno male e bruciano. Giunte a casa Annalisa l’aiuta a salire per le scale, senza perdere tempo la spoglia e la stende sul letto. Indossa solo un paio di slip giallini. Crolla e si addormenta, la padrona di casa dopo una doccia, si va a stendere al suo fianco. Non riesce a dormire i ricordi dei suoi filmati sono ancora vivi nella sua mente è eccitata, vorrebbe che la schiava fosse presente per godersela un po’, devi ripiegare e inizia a toccarsi con le dita, l’unico modo per provare piacere in quel momento è quello di masturbarsi. Nonostante i suoi gemiti di piacere, l’altra non si accorge di nulla. Non riesce ugualmente a dormire, le arriva la notifica di un messaggio Whatsapp è di Kristian: “Sei un aiutante fantastica, quando avremo finito meriti un premio. Abbiamo totalizzato fino ad ora un bel bottino. Ho quasi recuperato il dovuto. Ma ho la sensazione che la schiava sta apprezzando questo suo stato di sottomissione.” Lei risponde: “Si lo penso anch’io, nonostante le punizioni e il dolore godeva come una matta. Solo che ora è esausta, era senza forze e mi ha chiesto di rimanere da me.” Insieme al messaggio gli invia le foto di lei quasi nuda sul letto e della sua schiena e dei suoi glutei solcati dalle sferzate di Raina. Dopo aver visto le foto, si rende conto che ci è andata giù pesante, visto che ha tempo ancora qualche giorno per il primo saldo del suo debito, scrive: “Non mi ero reso conto preso dall’eccitazione è messa veramente male, dobbiamo aspettare un paio di giorni che si riprenda e che quei solchi spariscano. Altrimenti quelle imperfezioni deprezzano il suo valore.” Annalisa non capisce il senso dell’ultima parte di quel messaggio, risponde solo con un laconico: “Ok. Aspetto tue disposizioni” e si addormenta.
Al risveglio trova sul suo cellulare un nuovo messaggio: “Falla riposare, oggi non verrà a lavoro.” Quindi si prepara, le lascia un biglietto sul letto spiegandole che può riposarsi, per oggi è giustificata dal padrone ed esce di casa per andare in azienda.
Paola al suo risveglio si ricorda di aver chiesto di non essere portata a casa, ma è ancora assonata e frastornata. Capisce che è a casa di Annalisa, ci sono delle sue foto sul comodino vicino al letto, ma non la vede, prova a chiamarla ad alta voce, ma non ha risposta. Si accorge del biglietto nel letto, lo legge e prova piacere del giorno di riposo concessole, è ancora dolente per le frustate ricevute. L’olio lenitivo ha attutito i segni, ma sono ancora ben evidenti. Si rende conto che sono già passate le 10.00, aveva bisogno di riposare. Si alza dal letto e curiosa per l’appartamento. Non è molto grande, vi è la stanza da letto, un’ambiente living, un’altra piccola stanza e un bagno. La piccola stanza sembra un negozio di scarpe, ve ne sono almeno un centinaio di paia, disposte in maniera maniacale in rigorosa disposizione cromatica. Sul tavolo nell’ambiente living Annalisa ha rimasto il necessario per la colazione, si fa un caffè e mangia qualche fetta biscottata con un velo di marmellata alle fragole. Terminato decide di fare una doccia, il getto d’acqua sulla schiena nei punti solcati sono come nuove frustate ma più leggere, il ricordo delle sferzate subite le provocano uno strano stato di eccitazione, è diventata una bulimica del piacere, si masturba con il doccino e le dita fino a raggiungere un orgasmo. Soddisfatta la sua fame di libido, decide di vestirsi, non ha biancheria di ricambio con sé e non sa come fare, vorrebbe scavare nei cassetti della padrona di casa, ma si inibisce e ha paura che possa arrabbiarsi al suo ritorno trovandola con il suo intimo addosso, ma non può rimanerne senza, visto che tra i vestiti indossati alla sua ultima uscita vi è una gonna e lei non andrebbe mai in giro con le parti intime al vento. Quindi inizia a curiosare tra i cassetti e gli armadi della casa, la lingerie di Annalisa è davvero di classe ed eccitante, non vi è presenza di intimo sportivo e comodo, le sembra come se dovesse avere appuntamenti galanti in ogni momento ed essere sempre sexy e provocante. Trova anche diversi giochini erotici disseminati nei cassetti, è evidente che la ragazza ha un continuo bisogno di soddisfarsi, questa visione la rende meno inibita si rende conto che forse è la normalità e che lei fino a quel momento ha represso questo aspetto della sua intimità. Si decide ad inviare il seguente messaggio alla padrona di casa: “Grazie della premura che hai avuto, anche la colazione sul tavolo mi hai lasciato. Volevo chiederti un piacere, non ho i ricambi del mio intimo, potresti prestarmi un paio di mutandine. Se si, mi dici dove le posso prendere?” Dopo qualche secondo subito le arriva la risposta: “Si certo che puoi, nel primo cassetto dell’armadio c’è la mia biancheria scegli quello che vuoi.” Presa da questo senso di confidenzialità le invia ancora il seguente messaggio: “Grazie mille. Sono senza macchina, visto che mi hai accompagnata tu ieri sera, possa restare qui da te, ti aspetto fino a quando finisci di lavorare se puoi magari mi accompagni a casa.” Annalisa le risponde: “Certo che puoi rimanere, sentiti come a casa tua. Tanto in questo periodo vivo da sola e nessuno verrà a disturbarti.” In questa fase di cambiamento della sua vita le fa piacere questo distacco anche dal suo appartamento, in quel condominio si sente eternamente osservata e giudicata. Riceve anche dei messaggi della sua amica Maria che le chiede se va tutto bene, visto la sua fuga dall’happy hour, la risposta è sbrigativa, non le va di rimanere in una delle lunghe conversioni in chat di cui sono solite, le fa sapere che sta bene ed è impegnata in ufficio. Sceglie una mutandina blu con inserti in pizzo bianco a barre verticali, il modello è sgambatissimo, ma almeno ha stoffa abbastanza per coprirle il culo. Indossa la gonna e la blusa poi continua a rovistare in casa, incuriosita di scovare nella intimità dell’amica. Trova anche una serie di riviste sul mondo dei piercing, ci dà un’occhiata e si rende conto che quelli di Annalisa sono i più ovvi e frequenti, ma ci sono situazioni davvero inusuali e alquanto dolorose. Sono ormai le 12:00 di uscire non ha voglia, si stende sul divano e accende la televisione, con gran sorpresa vede cha almeno i primi cinquanta canali, sono tutti pornografici, avrà almeno quattro o cinque abbonamenti a pacchetti di TV sia italiani che stranieri. Pensa che la troietta deve avere il culto del sesso, oltre a praticarlo a questo punto le piace anche vederlo, immagina lei su quel divano ad eccitarsi nel vedere questo genere di film. Lei non ha mai avuto la curiosità per questi film, ora avendo la possibilità vuole darci un occhio e capire il perché del loro successo. Davanti ai suoi occhi vede scene fino a qualche giorno prima impensabili e inguardabili per la sua moralità. Scene di sesso di gruppo, orge, pissing, donne che vengono penetrate con i più disparati oggetti dalle dimensioni incredibili, filmati di sadomasochismo con donne frustate a sangue fino allo sfinimento. Pensa allora che tutto sommato con lei Raina ha avuto del riguardo, fermandosi a sole venti frustate, avrebbe potuto andare avanti ancora per molto visto questi filmati. Il genere sadomaso sicuramente deve essere il preferito della stronzetta visto che la prevalenza dei canali sono tematici, su quest’argomento e sui rapporti imposti con la forza, evidentemente deve avere un animo scuro e perverso. Ma invece di provare disgusto per tutto quello che sta vedendo, ha vampate di calore e scosse di fremiti che l’attraversano, si accorge che anche a lei piacciono, ma a differenza dell’amica che forse prova piacere nel dominare, lei ha piacere nell’immedesimarsi nelle vittime di quelle sottomissioni. L’eccitazione raggiunge il suo massimo nel vedere il filmato di una splendida rossa, dal fisico mozzafiato legata su una sedia ginecologica attorniata da un uomo e due splendide assistenti. L’uomo gli ficca il cazzo nella bocca, fino a farlo sparire completamente quasi soffocandola, una delle due donne con uno strap-on esagerato la sodomizza ed infine l’altra la più perfida, dopo averle inserite uno speculum metallico nella vagina e averla dilatata al massimo infila un aggeggio metallico nella sua uretra. In quel momento la rossa, in preda a dolori lancinanti cerca di muoversi da quella morsa e di urlare ma non può avendo quel grosso cazzo in bocca ed essendo legata da delle cinghie. Si vede solo la sedia vibrare allo scuotimento di quel corpo e i suoi aguzzini incuranti continuare nell’opera. Mentre guarda il filmato si tocca, ormai è disinibita e ad ogni stimolo sessuale si lascia andare senza più repressione e raggiunge più orgasmi. Poi distoglie i suoi pensieri da questi istinti primordiali e pensa che fino ad ora fortunatamente con lei non hanno raggiunto tali brutalità, ma nonostante provi piacere al pensiero che anch’essa possa essere sottoposta a tali trattamenti, ha paura del dolore che potrebbe provare con questo tipo di torture. Si ricorda che per lei il periodo di schiavitù può a breve giungere alla fine, viste le parole usate da Kristian nel loro ultimo incontro in ufficio e spera che non arrivino fino a tanto e farle subire quel tipo di sofferenze. Nonostante i più orgasmi avuti continua nello zapping, quando giunge su un canale che sta trasmettendo un trattamento con la corrente elettrica ad una ragazzina di colore completamente rasata, bloccata tra tubolari di ferro che la fanno assumere una strana posizione. Una donna le rasa completamente la testa con una macchinetta, asportandole la folta chioma di capelli crespi, contro la sua volontà mentre un uomo le collega i capezzoli e le labbra della vagina a dei morsetti collegati ad un dispositivo. Non contento le infila anche un cazzo metallico nel culo anch’esso collegato tramite un filo allo stesso dispositivo, quindi azionando una manopola aumenta man mano l’intensità della corrente, il corpo della poverina attraversato da quelle scariche si dimena, ma è bloccato in quelle morsa di ferro che ne impedisce i movimenti, la bava le esce copiosa dalla bocca, la donna gliela raccoglie e gliela cosparge in testa che nel frattempo e ormai tutta rasata e acquista lucentezza con l’umidità di quella saliva. Dopo quest’ultima scena decide di finirla con la visione di questi canali, sta apprendendo tante cose che fino a quel momento non aveva mai pensato e la paura per quello che può accaderle è forte. Non si accorge che ha trascorso diverse ore davanti a quei film, spegne la tv, non vuole diventare dipendente dal sesso. Si affaccia dalla finestra e vede che di fronte c’è una gastronomia, decide di comprare qualcosa per mangiare. Vicino alla porta la padrona di casa le ha lasciato un mazzo di chiavi, così può scendere e dopo aver mangiato risalire a casa. Ai tavolini della gastronomia, si sente osservata dagli sguardi di alcuni ragazzi seduti sulla panchina difronte a lei. Pensa che potrebbero essere spettatori della sua prestazione della notte precedente. Un pensiero la rassicura in tutta la performance aveva la maschera, la parrucca e il trucco marcato non sarebbe stato così facile essere riconosciuta. Mangia velocemente la porzione di farro e gamberetti ordinata, vuole sfuggire a quegli sguardi insistenti. Paga il conto e decide di salire immediatamente in casa ad aspettare il rientro di Annalisa. Nel cortile del fabbricato, prima del portone d’ingresso si ritrova uno dei ragazzi davanti, che tenta un approccio dicendole: «sei nuova nel palazzo, non ti ho mai visto prima d’ora? Eppure non passi inosservata con queste gambe che ti ritrovi.» Spaventata cerca di liquidare subito il discorso dicendo: «non abito qua sono ospite di un’amica.» Il ragazzo incuriosito si pone tra lei ed il portone, la vuole scrutare da vicino e le chiede: «chi il puttanone del terzo piano?» Il piano corrisponde a quello di Annalisa ma visto che vi sono altri tre appartamenti sul pianerottolo non sa se effettivamente si stesse riferendo a lei con quell’allusione, ma se fosse così la reputazione di Annalisa nel suo quartiere non è delle migliori. Lei comunque vuole al più presto sottrarsi da quella situazione, anche se stranamente quest’approccio che le avrebbe di solito infastidita le fa piacere, ma il ragazzo avrà al massimo diciotto o diciannove anni la metà dei suoi e gli risponde: «ti starai sbagliando, non so a chi ti riferisci, ora fammi passare che ho da fare.» Il ragazzo si scosta la fa passare mangiandosela con gli occhi mentre si avvia ad aprire il portone e prima che possa entrare le dice: «sappi che farei follie per una scopata con una milf come te» e le carezza leggermente la schiena. Quella mano sui segni delle frustate, le dà una scossa violenta, poi pensa a cosa voglia dire quella strana parola pronunciata nei suoi confronti. Il portone si chiude alle sue spalle, lei si volta e lancia inconsapevolmente uno sguardo verso il ragazzo. Tornata in casa, cerca il significato di quella parola su un motore di ricerca e capisce che si riferisce alla categoria di donne della sua fascia d’età e della sua fisicità, che sono inquadrate sotto questa voce, acronimo inglese. Si ristende sul divano le emozioni provate sono abbastanza e decide di mettere in sottofondo un po' di musica rilassante e aspettare che Annalisa rincasi.
Alle 17.30 quest’ultima apre la porta di casa e trova l’ospite distesa ancora sul divano, con le cuffie che ascolta musica ad occhi chiusi. Le sfiora con le mani le gambe, ha un sussulto: «ah che spavento sei tornata? Non ti avevo sentito.» Lei risponde: «scusa non volevo farti saltare, ma non ho resistito.» Facendoli un sorriso. Tutte queste attenzioni la fanno aumentare l’autostima e la consapevolezza di essere davvero attraente, poco prima il ragazzo giù al palazzo poi le attenzioni di Annalisa. Mentre è sovrappensiero quest’ultima le dice: «Kristian vuole che ti riprendi, i segni alla schiena devono scomparire prima della prossima sessione, che si terrà domenica sera.» Quanta premura per me, a volte è inspiegabile prima mi sottopone a ogni genere di punizione e poi si preoccupa in questo modo. Continua dicendo: «anzi fammi vedere come va, scopriti la schiena,» lei si alza la blusa e gliela mostra, la conforta: «decisamente meglio di questa notte, sicuramente continuando con l’olio di iperico per domenica sera sarai come nuova.» Prende l’olio e le spalma tutta la schiena, le fa abbassare anche la gonna. Le vede la sua mutandina addosso: «ah però ti dona questa addosso, ottima scelta» e abbassandogliela spalma l’olio anche sui glutei e sulle cosce appena sotto. Il passaggio di quell’unguento sono un toccasana per le ferite, il dolore sembra essere sparito e anche il rossore si è trasformato in un rosaceo scuro. Annalisa le chiede: «se vuoi ti accompagno a casa, ma mi farebbe piacere se restassi qui, così posso prendermi cura della tua schiena e del tuo culo. Tanto è venerdì si tratta di due giorni. Domenica pomeriggio ti accompagno a casa per lasciarti il tempo di prepararti.» In un primo momento vorrebbe tornare a casa sua, ma pensa che tutto sommato queste due giornate possano trasformarsi in qualcosa di interessante e risponde: «grazie accetto il tuo invito, così potrai prenderti cura di me. In compenso lasci che ti prepari qualcosa per la cena.» La padrona di casa le dice: «si grazie sono distrutta, oggi in ufficio Kristian è stato più esigente del solito, sono esausta», pensando a come gli ha visti al tavolo del Sulema pensa in che senso sarà stato più esigente del solito, ma ha paura della sua risposta, lei in fondo si sta innamorando di quell’uomo. Prepara delle cotolette alla milanese e un’insalata mista, Annalisa prende del vino si accomodano al tavolo e tornano a parlare, come la sera al Town Hall Tavern, solo con consapevolezza diverse l’una dell’altra. Paola per prima rompe il ghiaccio e le chiede: «ma che ci fai con tutti quei canali porno, ho acceso per caso la TV questa mattina e ce ne sono una marea», la padrona di casa ride e risponde: «sono sincera in queste ultime settimane li ho visti per ore, ma gli abbonamenti li ha fatti il mio ex che viveva qui con me fino a qualche settimana fa. A lui piaceva che la sera li vedevamo insieme, lo eccitavano e poi mi possedeva. Già da questo dovevo capire che non poteva durare, se aveva bisogno di questo per scoparmi vuol dire che non mi desiderava abbastanza e non lo eccitavo. Eppure porca come lui voleva lo sono.» Le risponde l’ospite: «io ti confesso che tranne qualche rivista da ragazza, non ne avevo mai visto prima uno di questi film, ma mi sono eccitata a guardarli oggi» e anche lei scoppia in una risata. Le due continuano a parlare per parecchio tempo al tavolo, quando all’improvviso Paola non ce la fa più e le racconta anche l’episodio capitatole nel pomeriggio con l’approccio del ragazzo, gli spiega i connotati del ragazzo e dove è accaduto. Annalisa capisce subito: «deve essere sicuramente quel moccioso di Luca, il figlio della signora al piano di sopra, non ha ancora diciotto anni è in piena tempesta ormonale, ci prova sempre anche con me. Una volta me lo sono trovato dietro mentre ero in lavanderia nei sotterranei del palazzo, mi ha mostrato il suo cazzo che si segava e io gli ho risposto devi prima crescere per sperare di avere qualche chance con me. E’ un bravo ragazzo senza consenso non ti farà mai nulla, ma tieniti comunque alla larga non si può mai sapere.» Ormai è quasi mezzanotte, le due vanno a letto, ma prima di addormentarsi si concedono qualche coccola.
Il giorno seguente la mattina escono per delle commissioni, mentre sono in centro Paola ha sempre la sensazione di avere gli occhi addosso delle persone, come se l’avessero riconosciuta in quel video. Poi da lontano intravede l’amica Maria, dice ad Annalisa: «entriamo in questo negozio, c’è Maria la mia amica, non voglio incontrarla altrimenti inizia a farmi mille domande.» Evitato il pericolo tornano alle loro commissioni. La giornata scorre tranquillamente sembrano due amiche di una vita, invece al momento sono una la schiava e l’altra l’assistente del padrone e sanno bene che quel rapporto idilliaco sarà presto interrotto da una nuova sessione dal padrone.
La domenica fino all’ora di pranzo scorre lenta e distesa la padrona di casa si prende cura della schiava con massaggi e unguenti sulla pelle che la rendono morbida e liscia senza alcuna imperfezione, provvede a rasarle il pube come desidera il padrone e tutti gli altri punti dove possa esserci crescita, rendendo il suo corpo glabro. Durante le ore che portano al pomeriggio spalma più volte sulla sua schiena una crema paralizzante e anestetizzante, quella che viene utilizzata dai tatuatori. Lo strano effetto viene percepito dalla schiava che ai vari passaggi sente sempre meno la sensibilità sulla sua schiena. Annalisa le spiga: «questa è una crema rigenerante della pelle, serve a tonificarla dopo i traumi ricevuti dalle frustate, può capitare di sembrare di non sentire il tatto per un po' ma poi passa dopo qualche ora. Durante tutta la giornata voglio spalmartela così se dovessi subire un’altra sessione di frustate ne uscirai meno provata.» Paola a quelle parole pensa che l’amica abbia premura nei sui riguardi e che ne provi anche pietà per quelle violenze subite, senza sapere che a lei cominciano a piacere. L’ansia di Paola inizia a salire solo dopo pranzo quando Annalisa le fa segno che ora e che deve andare a casa sua. Non sa cosa la possa attendere questa volta, la schiena è tornata liscia e sana come richiesto da Kristian.
Viene lasciata giù da lei verso le 16:00, incontra la solita signora con il cane che la squadra dal capo ai piedi e a stento la saluta. Non dà molta importanza alla scelta dei vestiti, ormai le è chiaro che appena arriva agli appuntamenti viene fatta denudare. Si concede un bagno rilassante nel suo idromassaggio, sta a mollo per una mezz’ora abbondante, con un calice di vino di rosso a bordo vasca che di tanto in tanto sorseggia. Di solito utilizza sempre smalti correttivi trasparenti o al massimo bianchi o rosa chiaro tranne di rado un bordeaux, decide di osare e decora sia i piedi che le mani con uno smalto rosso corallo. Vuole eccitare il padrone, ancor prima di essere sottoposta alle sue punizioni, non vuole più essere la donna scialba che era stata fino ad ora.
Alle 18:00 arriva il solito messaggio di Kristian: “Alle 19:00 fatti trovare pronta”. L’eccitazione della schiava comincia a salire. Questa volta viene personalmente il padrone a prenderla, non delega l’aiutante. La strada per il casale la conosce bene ormai, sono lì prima delle 20:00.
Il solito rituale alla porta, viene fatta denudare di tutto e poi viene introdotta in casa. Mentre si spoglia ha modo di notare che Annalisa è già in casa seduta sulla poltrona rivolta alla porta d’ingresso che in penombra si gode lo spettacolo. Vede di nuovo gesti d’intimità tra il padrone e lei, la infastidiscono non poco. Viene condotta al centro della stanza e fatta mettere a gattoni sul tavolino basso centrale. Il culo rivolto verso il padrone e il volto rivolto verso l’aiutante. Kristian le ordina: «rimani immobile così, non muoverti per nessun motivo». Lei sente che si sta muovendo dietro di lei, si è alzato dalla poltrona, sente i passi, ma non può muoversi e non riesce a vedere cosa sta accadendo. Annalisa le chiede: «hai provveduto a spalmarti altra pomata sulla schiena prima di venire, come ti ho raccomandato», lei che sa bene che quando iniziano le sessioni non può parlare senza il permesso del padrone, annuisce con un gesto della testa. Sente i passi del padrone avvicinarsi, poi sente una mano accarezzarle il culo, l’altra mano si insinua nell’interno cosce e si strofina sul suo sesso, che è già bagnato in abbondanza. E’ nel suo periodo fertile e gli umori sono più copiosi del solito. Sente delle dita che le penetrano delicatamente e che raccolgono l’abbondanza di quel liquido, per poi ripulirsi attorno al buco del suo culo. Intuisce che non si tratta di un gesto di pulizia, ma bensì glielo sta preparando a dovere, sente anche un liquido caldo scorrergli nel solco del culo fino a giungere all’altezza del suo buco. Le dita spalmano bene i liquidi attorno all’orifizio, un dito la penetra leggermente, poi viene ritratto e in men che non si dica sente spingere sul suo sfintere un’oggetto metallico appuntito. Deve essere sicuramente uno di quei plug che piacciono tanto al suo padrone, lo sente molto più grande di quello che era stata costretta ad utilizzare la prima volta. Infatti le dimensioni sono notevoli, ma a differenza della prima volta entra seppur a fatica senza grossi dolori. Sente la base aderire all’anatomia del suo orifizio, l’effetto visivo è molto bello. La base è a forma di cuore con una pietra verde smeraldo, un gioiello a tutti gli effetti. Annalisa si alza per vedere l’effetto, si struscia contro il cazzo di Kristian che è bello gonfio per quanto appena fatto. Poi osserva il culo della schiava ed esclama: «un pezzo di valore.» Poi prende per il polso la schiava e dice: «la vado a preparare, ho una splendida sorpresa per te questa sera Kristian, apprezzerai molto quando la schiava tornerà da te.» La conduce al piano superiore, in una stanza che fino ad ora non aveva mai visitato in quella casa, molto scarna vi è un armadio di legno, delle panche e al centro un lettino, l’ambiente è scuro e poco illuminato. Viene fatta stendere supina sul lettino, Annalisa provvede a spalmare ancora dell’altra crema anestetizzante, ormai la sua schiena e quasi insensibile al tatto. Sente il rumore metallico di un carrello che si avvicina, l’assistente dice: «Ciao Hector ben arrivato», poi rivolgendosi verso di lei aggiunge: «per questa serata ti realizzeremo un bel lavoro, devi solo contribuire restando ferma mentre il mio amico lavora. Ti assicuro il risultato sarà spettacolare.» Lei non capisce ancora di che lavoro si tratta, intravede solo la parte terminale del carrello con una lampada con lente di ingrandimento e una luce, tipo quella utilizzata dagli orologiai, ma non riesce a vedere nient’altro. Il culo già l’ha ripieno quindi più di essere penetrata cosa mai può attenderla. Ma si rende conto che le attenzioni sono rivolte non verso la sua vagina, ma ben d’altra parte. Sente Hector dire: «davvero una bella schiena, verrà un ottimo lavoro», lei non capisce, sa solo che le faranno qualcosa sulla schiena pensa qualche disegno o al massimo un tatuaggio anche se ne è contraria. Non ha il coraggio di chiedere teme che possa subire percosse e sa che le serate da Kristian sono interminabili e non vuole iniziare da subito a prenderle. Annalisa sfoglia qualche giornale, sente il rumore della carta quando viene mossa, poi sente dirle: «ecco voglio questo», evidentemente la stronzetta avrà scelto cosa deve essere realizzato sulla schiena.
Sente Hector armamentare con degli attrezzi sicuramente metallici, li riconosce dal rumore che fanno quando vengono mossi e appoggiati sul carrellino. Annalisa, quindi le prende i polsi e glieli lega ai piedi del lettino, così fa anche con le caviglie, Hector le sale a cavalcioni e si siede sul suo culo. In questo modo non può muoversi. L’aiutante le si piazza davanti tenendola per la testa, le porge un asciugamano arrotolato davanti alla bocca e le dice: «non dovresti sentire nulla, vista la quantità di crema che ti ho fatto mettere oggi, ma in ogni modo se senti dolore mordila e cerca di rimanere immobile e rilassata altrimenti il dolore potrebbe aumentare.» Lei impaurita e tesa come una corda di violino a queste parole chiede: «posso sapere cosa volete farmi, vi prego non fatemi male». Hector che era stato indottrinato da Annalisa sulla situazione, le risponde: «tranquilla, ti adorniamo la schiena, in certi ambienti piace tantissimo è ritenuto eccitante. Ti installerò alcuni piercing, ma non preoccuparti saranno lì per poco, appena avrai finito tornerò a toglierli in modo che i buchi si richiudano e tra un mesetto non resterà alcun segno o cicatrice, rimarrà solo il ricordo di questa serata.» Annalisa le dice: «ti stiamo facendo un piercing corset, impazzirà Kristian per questo. La schiena verrà forata più volte con degli anelli metallici che saranno poi congiunti con un nastro, per sembrare un corsetto allacciato» e le mostra la rivista che stava sfogliando. Vi sono foto di corpi con decine di piercing ad anelli conficcati nelle più disparate parti del corpo, disposti secondo allineamenti ben precisi e uniti con dei nastri colorati che formano gli intrecci tipici dei corsetti. C’è chi li ha applicati sul dorso dei piedi, chi sulle gambe, chi sul petto, chi alla gola, alcuni sulle braccia e altri sulla schiena. Quello che più la sconvolge è quello indicato con il nome “a farfalla”, che spera non sia quello scelto per lei. In tale foto si vede una donna di spalle, con una serie di anelli conficcati in linea retta dalla spalla fino ai polsi sulla parte posteriore delle braccia e altri due conficcati al centro della schiena. Due nastri bianchi si intrecciano ciascuno tra un braccio e l’anello più vicino ad esso sulla schiena, disegnando quelle sembrano le ali di una farfalla. L’effetto visivo è sicuramente bello per chi lo pratica e lo vede, ma sicuramente doloroso per chi lo subisce, la pelle della schiena è tirata dal nastro in tensione che blocca i movimenti delle braccia. Questo tipo di corset sicuramente non è solo decorativo ma è anche legato all’imposizione della schiavitù di chi lo subisce, facendole assumere una posizione di sottomissione e d’impossibilità dei movimenti delle braccia. Annalisa vede il suo sguardo sconvolto per quella foto e la rassicura: «tranquilla non ho scelto questo, le braccia ti serviranno libere», ha un sospiro di sollievo. Ma non gli indica quello prescelto, le dice solo: «vedrai solo quando sarà terminato». Hector provvede con un disinfettante a pulire bene le parti interessate alla foratura, poi rivolgendosi alla schiava dice: «ti farà male, ma solo per un secondo, il dolore è intenso, ovviamente c'è un ago che ti attraverserà la pelle! Ma in realtà farà male giusto in quel momento e poi ti dimenticherai tutto. Se sei nervosa, hai paura o ti senti di svenire usa la parola stop e io mi fermerò.» Lei annuisce e stringe i pugni, posiziona le labbra in prossimità dell’asciugamano nel caso ne avesse bisogno. Sente un lieve torpore all’altezza della scapola sinistra, le sta tendendo la pelle che poi viene conficcata con un attrezzo che infila nella carne il primo anellino che trapassa da un’estremità all’altra la pelle. La schiava urla, ma Annalisa, le tappa la bocca con l’asciugamano che lei morde. Come le aveva detto Hector il dolore è intenso e dura solo pochi istanti. L’uomo che non è riuscita neanche bene a vedere in volto, le sta asciugando una gocciolina di sangue fuoriuscita e le sta disinfettando la parte dove è stato applicato. Rivolgendosi all’amica dice: «per fortuna che hai messo la crema anestetizzante, altrimenti sarei morta dal dolore.» L’operazione va avanti alla fine saranno diciotto gli anelli applicati, disposti in due file bilateralmente simmetriche, che seguono linee curve per rimarcare la sensualità della forma di quella schiena. Il trucco gli si è sciolto per i lacrimoni seguiti ad ogni perforazione. Annalisa le sta passando due nastri di raso uno verde e l’altro bianco tra un piercing e l’altro, creando un intreccio, tendendoli bene in modo che portino leggermente le spalle verso il centro della schiena così da farle prendere una postura perfettamente diritta. Alla fine dell’intreccio nella regione lombo sacrale annoda i nastri in un fiocco unico bicolore scenografico. Ora che ha finito con un gioco di specchi mostra il suo lavoro alla schiava. A parte un lieve rossore in corrispondenza degli anelli non vi sono altre tracce sulla sua schiena, prova piacere nel vedersi la schiena adornata in quello strano modo, realmente la sinuosità dell’andamento della disposizione degli anelli e l’intreccio dei nastri risultano essere estremamente sensuali. Hector la saluta con una pacca sul culo, rassicurandola: «al più presto li toglierai e dovrai prenderti cura per qualche giorno della tua schiena per evitare infezioni.»
Annalisa da una delle panche prende ciò che deve indossare la schiava, le porge due autoreggenti a rete neri, con fascia a balza nera, un harness in pelle nera e inserti metallici e un paio di scarpe assurde, modello ballet boots con tacchi altissimi. Parte dall’indossare le autoreggenti, non le aveva mai indossato prima questo tipo calze, le fanno una strana sensazione alle dita che si impigliano tra la trama, Annalisa le suggerisce: «tienile meno tese alla punta altrimenti ti danno fastidio», l’aiuta a scendere dal lettino e ad indossare l’harness. L’imbriglia e modella il corpo, sono strisce di pelle non molto spesse che fasciano i seni scoperti, esaltandone le forme, un intreccio sul ventre per scendere con due strisce verso il pube, anche le grandi labbra della vagina restano visibili ed esaltate dalle due fettucce che le comprimono leggermente schiacciandole verso l’esterno, l’harness termina con due imbragature alle cosce che le circondano poco più sopra della balza degli autoreggenti. La schiena è completamente scoperta tranne per l’allacciatura dietro al collo e per l’altra poco sopra il fondo schiena. Tende per bene tutte le cinghie in modo che senta la costrizione dell’harness soprattutto al ventre e alle cosce. Approfitta con la scusa di sistemare il suo corpo in quell’imbragatura per dargli qualche palpatina. E’ soddisfatta per l’outfit scelto, le passa le scarpe, la schiava obietta: «ma con queste è impossibile camminare e se pure riuscissi a stare all’impiedi potrei slogarmi o fratturami la caviglia.» Annalisa le risponde: «fai silenzio e indossale, farai un po' di pratica prima di scendere.» Riesce a calzarle ma il piede assume una posizione innaturale, sembra un’estensione della gamba, infatti gamba e piede formano un’unica linea retta, il collo piede in estensione fa flettere i muscoli dei polpacci che si induriscono a causa della posizione di costrizione. Viene fatta sedere sul lettino, le ripassa un filo di mascara per esaltare il contorno occhi, poi prende una spazzola e la pettina tirandoli i capelli al centro della testa, le fa indossare un cappuccio in latex nero, con un foro al centro dal quale fuoriesce la chioma della schiava, con una fascia elastica alla base dei capelli li cinge per renderli rigidi, l’effetto è una via di mezzo tra una coda di cavallo e un pennacchio. Annalisa l’aiuta ad alzarsi e la fa rimanere immobile davanti a sé, in equilibrio precario la schiava è costretta a bilanciarsi dosando l’apertura delle braccia per non rovinare al suolo. Lo spettacolo è stupefacente, avrà acquistato almeno altri dieci centimetri di altezza, senza considerare il pennacchio che sormonta la testa completamente incappucciata della schiava, che non può più vedere nulla. Si sente il suo respiro affannato e il cappuccio che viene risucchiato e allontanato dal suo volto durante la respirazione. La prende sottobraccio e la conduce al piano inferiore dove Kristian ormai era impaziente, tutta l’operazione si è protratta per quasi un’ora e mezza, sono quasi le 21:45 si è fatta quasi ora e teme di arrivare in ritardo. La vede scendere per le scale, è eccitato alla vista della schiava sottoposta alle costrizioni imposte dalla sua aiutante. Gliela porta davanti, il padrone l’osserva in ogni dettaglio, le passa un dito nella vagina così esposta ed invitante è abbondantemente bagnata, le dice: «sei una troia, non ti spaventa più nulla, sei già eccitata e pronta all’uso.» Annalisa le fa indossare un soprabito nero lucido, ma molto corto, e si incamminano verso l’esterno. La schiava non ha la visuale libera essendo incappucciata ma si rende conto che è stata portata fuori dall’appartamento, il tepore della casa è svanito e un’aria pungente le accarezza le gambe scoperte e si infila da sotto il soprabito fino a raggiungere il suo sesso. E’ sorretta da Annalisa che l’aiuta a camminare, pensa che vorranno divertirsi con lei all’area aperta, invece viene fatta sedere, si rende conto che deve essere il bagaglio di un auto, in quelle condizioni non possono certamente andare in giro desterebbero sospetti, quindi la chiudono all’interno del bagagliaio. Quando sente il portellone chiudersi, ha la contezza, di essere stata chiusa dentro, urla: «cosa state facendo dove mi avete chiuso», poi sente accendersi il motore e si accorge che sono in movimento sente i sobbalzi del veicolo e una musica provenire dall’abitacolo. Capisce che non avrà risposta alla sua domanda. Il tragitto è lungo non ha più percezione del tempo ma dai brani ascoltati deve essere passata almeno una mezz’ora da quando sono in movimento.
L’auto accosta, su una strada provinciale, vi è un fabbricato a due piani, isolato, nell’arco di un centinaio di metri non vi sono altri fabbricati, si intravede solo un distributore di carburante chiuso. Il fabbricato ha uno spiazzo lateralmente dove sono parcheggiate diverse auto. Annalisa non era a conoscenza della destinazione ma sa benissimo cosa aspetta alla schiava, scendono e aprono il portellone dell’auto. Kristian dice: «su dai siamo arrivati, puoi scendere» lei cerca di sgranchirsi le gambe rimaste immobili e bloccate per tutto il tragitto. Arrivano alla porta d’ingresso che ha una targhetta recante il nome Chacha vip room privè, suonano ad aprire arriva Katia la padrona di casa. Una donna sulla sessantina, nonostante gli anni ancora avvenente e di classe che gli accoglie: «buonasera Kristian,» rivolgendosi verso l’assistente: «tu devi essere Annalisa, sai Kristian parla molto bene di te, dice che hai doti incredibili.» Quest’ultima arrossisce al complimento e ringrazia. I due poi si distanziano e alle loro spalle si intravede la schiava nella penombra: «bene, bene fatemi vedere cosa avete portato questa sera». Katia la squadra da capo a piedi, analizza la merce ed esclama: «non male ottima qualità, fisico perfetto senza grandi difetti, un po' impacciata nei movimenti con quelle scarpe ma provvederemo subito.» Kristian le dice: «non vorrai perderti la parte migliore?» E fa un cenno ad Annalisa di sfilarle il soprabito, fa girare la schiava per esibire il corset sulla sua schiena. Katia alla vista di quello spettacolo: «stupendo questo impreziosisce ancora di più questo corpo stupendo, il suo valore aumenterà sicuramente con questo.» Annalisa senza farsi sentire da Katia chiede a Krisitan: «in che senso il suo valore aumenterà?» e lui senza farsi sentire dalla schiava e dalla padrona di casa risponde: «ti ho solo parzialmente accennato della serata al club per evitare che potessi farti scappare di bocca qualcosa con la schiava, visto che avete trascorso gli ultimi giorni insieme. Stasera oltre alla solita sessione di sadomasochismo a cui sottoporremo la schiava, c’è una riffa. Avevamo pensato di metterla all’asta ma in questo modo rischiavamo di non arrivare ad un budget minimo, cosi io e Katia abbiamo optato per una riffa. Dopo uno show di una sessione sadomaso a cui sarà sottoposta, si deciderà il prezzo del biglietto della riffa, chi verrà estratto potrà godersi per tutta la notte la schiava a suo piacimento.» Kristian prima di affidare la schiava nelle mani di Katia le ricorda: «mi raccomando l’unico accorgimento che ti chiedo, in nessun modo dovrà essergli tolto il cappuccio, la sua anonimità dovrà essere garantita. Il cappuccio ha delle zip che consentono di togliere le toppe davanti alla bocca e davanti al naso. Solo quelle potranno essergli tolte.» La padrona di casa risponde: «fidati di me, conosci bene la mia professionalità. Chi sbaglia paga.» La schiava si sentiva frastornata ancora non ha capito ciò che l’aspetta. Kristian e Annalisa lasciano la schiva nelle mani di Katia e si allontano dirigendosi verso una grande sala che sembra essere un piccolo teatro, al suo interno ci sono tantissime persone, accomodate e all’impiedi, serviti ai tavoli da camerieri e cameriere seminudi. Annalisa intravede anche qualche volto noto, alcuni politici, qualche giornalista e conoscenti di famiglia, persone insospettabili che non avrebbe mai pensato di incontrare in un ambiente così. La loro posizione è in una zona d’ombra, dietro una lampada che illumina un palco, così la quasi totalità dei presenti difficilmente potrà vederli in volto così da godersi lo spettacolo indisturbati. Annalisa si gira intorno gli affreschi del teatrino sono a sfondo erotico e attraversano tutta la storia dell’umanità vi sono rappresentate scene che partano dalla preistoria e che si susseguono nell’arco della storia, passando dall’antico Egitto, alla civiltà ellenica, all’impero romano, ai cavalieri medievali, alle corti ottocentesche per arrivare ai giorni d’oggi. Un quartetto suona musica dal vivo ed intrattiene gli ospiti in trepida attesa. Katia per non far sembrare troppo goffa la schiava, decide di farla aiutare da due ancelle, chiama una splendida coppia di ragazze di colore che hanno un’altezza quasi identica alla schiava e fa indossare a quest’ultima un armbinder, una sacca in pelle in cui conficca le braccia poste dietro la schiena, la sacca ha dei lacci che vengono stretti molto forte. Le braccia sono distese lungo la schiena e strette nell’armbinder, la costringono in una posizione che tende a spingere in avanti il petto, i seni svettano prepotenti tra le cinghie dell’harness, le spalle tendono a chiudersi leggermente e la tensione dei lacci del corset diminuisce afflosciando il ricamo sulla schiena, la pelle almeno in corrispondenza dei piercing non è più in tensione. Paola sente cingersi al collo un collare metallico, questo è collegato con barre rigide ad altri due collari, che Katia mette alle ancelle, in questo modo si forma un trenino dove la schiava al centro e guidata e sostenuta dalle ancelle. Quest’ultime sono completamente nude, indossano solo sandali con tacchi alti neri. Prima di dare la partenza al trenino, Katia prende un monociclo con una piccola ruota e un sellino appuntito stile bici da corsa, ne regola l’altezza e lo ficca tra le gambe della schiava, aggancia l’anello terminale dell’armbinder a un gangio sotto il sellino e con una fascetta metallica aggancia la punta anteriore alle due fettucce di pelle dell’harness che circondano le gambe. In questo modo la schiava non può perdere equilibrio e cadere, ha un appoggio stabile e non è impacciata. Sente la parte affusolata del sellino che si fa strada tra le grandi labbra, gli umori lo bagnano in modo evidente. Katia da la partenza del trenino che si muove lentamente, la schiava sente che stanno entrando in un ascensore o qualcosa del genere. Il tragitto è breve quindi non sono saliti o scesi di molti piani. Sente un brusio di voci e della musica, sicuramente le persone sono tantissime, pensa che il padrone questa volta ha esagerato, e che le sue prestazioni le ha volute dal vivo e non dietro una telecamera. La situazione è ancora più eccitante del solito, le ha fatto piacere che comunque ha avuto riguardo della sua anonimità.
Il trenino fa ingresso sul palco, tutte le attenzioni sono ovviamente per quello spettacolo i tre corpi esposti sono uno più bello dell’altro e l’alternanza cromatica rende lo spettacolo ancora più gradevole. Sul palco sale un uomo in smoking con un microfono: «buona sera amici, la serata ha inizio. Un nuovo socio del club, che vuole rimanere anonimo, ha procurato per il suo ingresso questo splendido esemplare di schiava. La signora Katia ha reputato la merce di ottima qualità ed ha accettato la sua offerta. Questa sera non ci sarà la solita asta per aggiudicarsi la schiava, visto che il suo volto non vi sarà concesso di vederlo. Ha ideato però nuova modalità, una riffa su novanta biglietti. Il prezzo di ciascun biglietto lo stabilirà stesso la schiava in base a quanto resiste allo spettacolo a cui assisteremo tra poco. Il fortunato vincitore pagherà per la schiava sicuramente molto di meno che con l’asta.» Paola è eccitata dalla situazione, non riesce a vedere ma immagina la platea che ha davanti che si gode il suo corpo. L’idea dell’asta l’eccitava molto di più, era così in grado di sapere quanto fossero disposti a spendere per ottenere il suo corpo, con la riffa non potrà sapere il suo reale valore. Il conduttore provvede a sganciare il monociclo e a sfilarglielo da sotto, le ancelle conducono la schiava verso il centro del palco, il passo con quelle scarpe è incerto e traballante. Al centro del palco è presente un’asta di ferro piantata al suolo, con un braccio scorrevole a cui è saldato un anello metallico. Alla schiava viene tolto il collare che l’univa a quel trenino umano e una volta regolata l’altezza del braccio metallico, viene fatta avvicinare al braccio e l’anello le viene serrato attorno al collo, con un lucchetto che ne impedisce l’apertura. La struttura in questo modo, l’aiuta a tenersi ritta sulla punta dei piedi e del sottile tacco dei suoi boots. Dal pavimento sale un’asta in ferro con l’estremità a forma fallica, le ancelle sempre imbrigliate nei loro collari collegati, si inginocchiano ai piedi della schiava e guidano l’asta verso la sua vagina. La ungono con dell’olio, come anche il fallo metallico, con il quale prima di ficcarlo dentro la schiava hanno un rapporto orale. Una le mantiene le grandi labbra dilatate e l’altra gestendo il corpo con l’harness le infila il fallo, che la penetra, chi comanda l’asta la fa scorrere a scatti verso l’alto rendendo la penetrazione sempre più profonda. La schiava emette un urlo che riempie l’intero ambiente quando ormai gli è dentro per ben oltre venti centimetri, il pubblico è eccitatissimo ed esulta a tale visione. Su dei monitor è partito un conteggio, in base al quale sarà poi stabilito il prezzo della riffa. Evidentemente più la schiava resisterà alle sue sevizie e più il costo del biglietto salirà. Il respiro all’interno del cappuccio è sempre più affannoso, l’aria calda all’interno e il sudore iniziano a farle mancare l’ossigeno, la frequenza dei risucchi del cappuccio contro il suo volto diventano sempre più frequenti. Chi sta gestendo l’asta gli fa fare un ulteriore scatto verso l’alto di qualche centimetro, le urla diventano strazianti, cerca di muovere le gambe. I piedi che si muovono sembrano danzare sulle assi di quel palco. Il presentatore le chiede: «posso proseguire o vuoi fermarti, ma sappi che il tuo padrone non vuole, in tal caso il vostro accordo verrà meno.» La schiava senza pensarci un attimo con voce rabbiosa gli dice: «no, vai avanti non ne ho ancora abbastanza.» Il suo stato di schiavitù è ormai una condizione dell’anima è una fuga da sé stessa, per frequentare quella parte oscura di sé sconosciuta, imprigionata fino a pochi giorni prima dentro le abitudini, il lavoro, l’educazione, la religiosità che contribuivano a formare l’equilibrio fragile della sua personalità. Per preservarla da eventuali lacerazioni interne e ritenendo che la penetrazione sia stata sufficiente, l’asta viene fermata. Una delle ancelle le succhia il clitoride ben visibile in quella posizione, per poi chiuderlo in una pinzetta che provoca un dolore lancinante, la schiava che cerca di muoversi. A turno iniziano a frustarla sul petto, ma sono meno esperte di Raina e anche l’attrezzo utilizzato è più scenografico che un reale strumento di tortura. Gli schiocchi sulla pelle si odono, un pizzico di bruciore e dolore lo provocano, ma non lasciano i segni come la frusta dell’ultima sua esperienza. Il totalizzatore continua ad aumentare. Mentre le ancelle continuano a colpirla ripetutamente, Katia aziona una manopola, una leggera scossa elettrica attraversa le viscere della schiava. Il fallo metallico è collegato ad un generatore di corrente, la sua paura più grande che aveva visto in quei film porno a casa di Annalisa si era materializzata. La prima scarica è breve e di bassa intensità, ma la padrona del privè non si limita a questa sola scossa, aumenta l’intensità e la durata delle scariche successive. La schiava urla, molti nella sala hanno erezioni a seguito della scena, anche qualche cameriere gradisce, alcune donne tra il pubblico provvedono a soddisfarli segandoli. Il corpo della schiava sembra posseduto, dopo un urlo acuto e prolungato chiede: «pietà, fermatevi non ce la faccio più sto per svenire.» In quel momento il totalizzatore si blocca su tremilacentotrentaquattro, i secondi trascorsi dall’inizio dello spettacolo, quello sarà il costo in euro di ciascun biglietto. Mentre parte la vendita, le ancelle soccorrono la schiava, che viene sbloccata dalla sua costrizione e fatta sdraiare a terra per riprendersi. Il cappuccio sulla testa, sembra un palloncino che si gonfia e si sgonfia rapidamente, Katia fa cenno alle ragazze di liberarle il naso e la bocca, aprendo le zip che mantenevano le toppe sul cappuccio. L’aria fluisce ora meglio nei polmoni, pensa per un istante che anche se gli togliessero il cappuccio non gli importerebbe, le labbra sono rigate da lacrime nere. Una delle ancelle le pulisce leccandole. Visto che i biglietti messi in vendita sono pochi rispetto al numero di spettatori qualcuno si organizza per concorrere insieme e godere della schiava, in questo modo anche il rischio sarà minore. Nel trambusto provocato dagli acquirenti dei biglietti, lei è riversa al suolo sta recuperando forze e energie, perché le è chiaro che quello è stato solo il principio della serata. La padrona del privè porge ad una delle ancelle un laccio elastico con a ciascuna delle estremità dei gancetti, i due di un’estremità vengono inseriti nelle narici della schiava nella parte frontale, il laccio le viene tirato sulla testa fino a quasi la nuca per poi passare ciascuna estremità ai lati delle orecchie per raggiungere con i restanti due ganci ciascuna narice nella parte laterale. La tensione dei ganci le dilatano e deformano il setto nasale, che assomiglia adesso più a quello di una maialina. In compenso ha un maggiore afflusso di aria ai polmoni e riesce a respirare finalmente bene senza l’oppressione del cappuccio che è stata costretta a tenere finora. I novanta biglietti sono andati a ruba in men che non si dica. Il presentatore posiziona al centro del palco un’urna girevole, al cui interno sono posizionati i numeri di una tombola, la gira in continuazione per mescolarli, poi invita le ancelle a portare la schiava dinanzi all’urna, fino al suo arrivo la fa sempre roteare. Rivolgendosi al pubblico esclama: «signori e signore un po' di attenzione, la schiava tra qualche istante estrarrà il numero vincente, sarà lei con le sue mani a scegliere il suo padrone. Vi ricordo che il vincitore potrà disporre di lei per sei ore. Potrà richiedere e farle quello che vuole, nei limiti della sua sopportazione fisica. La schiava avrà a disposizione la safe word stop, nel caso la pronunci sarete obbligati a concederle almeno cinque minuti per riprendersi e continuare con minore intensità quello che le stavate facendo. Non potrete per nessuna ragione scoprire il resto del volto della schiava, questo è l’unico vincolo che avete, pena l’espulsione dal club e la divulgazione di foto e filmati della serata.» Mentre tutto il regolamento viene illustrato la schiava è stata posizionata eretta dietro l’urna, le due ancelle provvedono una a fare un’ultima rotazione all’urna e l’altra a guidare la mano della schiava dentro l’urna. Il presentatore la invita: «gira la mano dentro ai numeri ed estraine uno solo, e me lo darai.» Dopo qualche secondo estrae un numero, il presentatore glielo prende dalle mani e dopo alcuni secondi di suspense mostra il numero settantacinque. I vincitori sono una coppia, lui una quarantina d’anni ben vestito bruno di carnagione, alto circa un metro e settanta, lei qualche anno di meno bionda capelli lunghi, indossa un abito lungo, vengono invitati a raggiungere una stanza al secondo piano dove attenderanno l’arrivo della schiava. Le pareti della stanza sono imbottite di pelle nera con borchie rosse, ci sono ampi specchi e strumenti di tortura appesi ai muri, catene, cavigliere, fruste, scudisci, barre metalliche, la forma della stanza è particolare una circonferenza perfetta, al centro un letto anch’esso a forma circolare alto circa un metro in pelle con lenzuola in raso nere. L’illuminazione della stanza non è molto forte, oltre al letto nella stanza è presente anche una cavallina ginnica con piedi in legno. La coppia vincitrice Alex e Mara attendono nella stanza l’arrivo della schiava, si sono spogliati dei loro abiti ed indossano entrambi solo una tunica nera con cappuccio e una mascherina bianca. Katia si sta prendendo cura personalmente della schiava, le ha cosparso il corpo di un profumo che si ispira ai ferormoni, un’eau de parfum a base di iris e tuberosa con note ambrate che evocano la morbidezza della pelle femminile. Fragranze che ad ogni suo movimento celebrano il linguaggio del corpo: dalle scie si captano inviti spudorati o indizi che rivelano intenzione torbide solo quando si è molto vicini. La tuberosa è una fragranza che suggerisce pensieri proibiti, per la connotazione narcotica. Le areole e i capezzoli le vengono incipriati con una polvera d’argilla rossa marocchina che marca ed accentua quella parte del corpo. Le mette un lucida labbra per darle l’effetto bagnato e la conduce personalmente verso la stanza. Kristian, Annalisa e Katia si accomodano in un salottino confinante con la stanza, dove possono gustarsi la serata attraverso uno specchio che li nasconde, ma hanno la possibilità di guardare e sentire quello che accade all’interno. Ad accogliere sulla porta la schiava è Mara, che prendendola per mano la conduce verso l’interno, Alex ha già il fallo rigido. Ha chiare tendenze sadomaso, ma non è mai riuscito a trovare schiave sottomesse che accettassero, ora finalmente i suoi desideri possono avverarsi con la complicità della compagna. Le osservano il corset pircing rimanendo estasiati a quella visione. Annalisa nella stanza è compiaciuta ed esclama: «lo sapevo che avrebbe fatto effetto» e rivolgendosi verso Kristian gli fa un sorriso. Le mani dei due vincitori scorrono lungo il corpo della schiava, che emana un dolce profumo che scatena il desiderio dei due. Mara di colpo sbatte la schiava sul letto e le ordina: «ora incominciamo, mettiti alla pecorina e lucida per bene il cazzo del mio compagno». Alex resta all’impiedi, l’altezza del letto consente agevolmente alla schiava di arrivare con le labbra all’altezza del fallo che le si presenta retto davanti. Lei non riuscendo a vedere a tentoni cerca di prendere il cazzo in bocca, senza l’utilizzo delle mani come le è stato imposto. Mentre sul davanti la schiava è alle prese con il fallo di Alex, Mara le lavora il culo giocando con il plug ancora inserito, lo tira, lo spinge sa come stimolarle lo sfintere e il retto, provocandole piacere misto a dolore. Non disdegna di impartire ordini urlandole: «troia muovi bene questo culo non rimanere immobile, e succhiaglielo bene gli deve diventare una roccia che glielo voglio duro quando poi mi scoperà». Gli stappa il buco del culo e con la lingua glielo lecca, con colpetti di gran maestria la penetra con la lingua, il profumo dei suoi umori la inebriano. La schiva si dimena a quel piacevole tormento, ansima e mugola nonostante la bocca sia piena. Il gusto di quel fallo ha un qualcosa di familiare, non riesce a spiegare cosa le ricordasse, lo sente scorrere fino alla gola, ogni penetrazione sempre più profonda fino alla base dell’asta. Alex alterna movimenti oscillatori del bacino, con momenti di stasi quando la schiava ha dentro di sé tutto il cazzo, bloccandole la testa, e spingendogliela verso il suo bacino fino a provocarle asfissia e conati di vomito. Poi ascolta per la prima volta da quando è nella stanza la voce dell’uomo che ha difronte che dice rivolgendosi alla compagna: «si amore continua così, la cagna vedi come sta godendo», il tono della voce le fa raggelare il sangue, è sicura di aver riconosciuto in quell’uomo il suo ex marito, associando così anche lo strano ricordo che le dava il gusto di quel fallo che aveva in bocca. Avrebbe voluto sollevarsi per un istante il cappuccio ber sbirciare e avere conferma, ma sa che sarebbe stata poi sicuramente riconosciuta e non voleva. La situazione la eccita, sta rifacendo l’amore con il suo ex, l’odio e l’astio che portava dentro di sé da quando è iniziata questa nuova vita sono scomparsi. Si sta godendo l’ultima scopata con il suo ex per chiudere per sempre con il passato. Pensa che non possa essere riconosciuta, perché mai la vecchia Paola avrebbe accettato una situazione del genere. Ora è diventata diversa, un vero animale del sesso e adesso nonostante fosse solo la schiava in qualche modo sta lei guidando quel gioco. Il cazzo di Alex è al massimo dell’erezione sta quasi per venire, ma il suo scopo non è la schiava ma la sua compagna, la invita a mettersi a fianco della sciava supina e a gambe aperte in modo che la possa possedere. La stantuffa con foga, prende la schiava e la guida a mettersi sopra Mara, la fa quasi sedere con la figa sul volto di Mara, che mentre è penetrata lecca la figa della schiava che in preda all’eccitazione più sfrenata è inondata dagli umori. Prendendola con il torso della coda di cavallo piantata al centro della sua testa, le fa abbassare il volto verso i loro sessi posizionando la bocca poco sopra e le ordina: «troia leccaci i genitali mentre scopiamo, la tua lingua passala dalla figa della mia compagna al mio cazzo che entra ed esce.» Posiziona la testa in modo da non dare fastidio all’amplesso della coppia e gli unge alla perfezione con la sua saliva, mista ai loro umori. Sente la compagna del suo ex che si fa scopare in preda ad orgasmi multipli, le vibrazioni del suo ventre le percepisce e le sente sul suo volto, ma insaziabile continua a prenderlo, vuole che l’inondi del suo sperma. Pensa che lei non ha mai provato tali sensazioni quando era sposata a causa della sua educazione rigida e questo sicuramente ha influito nel suo rapporto di coppia, se avesse avuto la disinvoltura acquisita sicuramente sarebbe andata diversamente il suo matrimonio. Ma ora non vuole rimpiangere nulla, vuole solo godere e recuperare gli anni persi. Proprio quando la sua mente sta divagando su questi pensieri, Alex viene dentro Mara, il cazzo è pieno di sperma lei lo lecca avidamente, Mara gustandosi la scena la sbatte supina sul materasso e gli appoggia la figa grondante in bocca. La schiava raccoglie tutto lo sperma caldo che fuoriesce come una fontana dal sesso di lei e lo accoglie nella sua bocca, Alex le ordina: «ingoialo tutto e non sprecare nulla», obbedisce mostrando poi la bocca vuota. L’uomo a quella visione ritorna in erezione e decide di spaccarle il culo, Mara le tiene le braccia bloccate, mentre il compagno la penetra violentemente nel culo. Le urla di piacere della schiava sono musica per le orecchie dei due, ne aumenta l’eccitazione. La voce della schiava è alterata dall’aggeggio con i ganci conficcatole nelle narici, quindi osa dire qualcosa sperando di non essere riconosciuta. Geme, gode ormai anche con il sesso anale che le dà piaceri profondi, volgarmente chiede: «spaccami tutta, fammelo arrivare fino alla gola.» Alex in quel corpo e in quel tono di voce sembra di trovare qualcosa di familiare, ma non sa cosa. Quella schiava lo stava stupendo, con la moglie il sesso era andato male, ma Mara lo soddisfaceva ma non aveva mai raggiunto tali livelli. Riviene nuovamente abbondantemente nel culo della schiava, ormai aperto a dovere, poi ne osserva i rivoli bianchi scorrerle fuori. Non è però soddisfatto di come la schiava lo stia facendo godere, invece di opporsi e porre resistenza era collaborativa. Aveva pagato il costo della lotteria per sottomettere una schiava, questa era fin troppo docile e accondiscendente. Allora decide di punirla, con l’ausilio di Mara la alzano dal letto e la conducono verso la cavallina, le mettono il petto sull’imbottitura e le legano mani e piedi al sostegno dei piedi. Lui prende una frusta e lei un strano strumento tipo un tridente ma a due punte, sembra una diavola con quello tra le mani. Alex sferra senza alcuna pietà una serie di frustate sulla schiena e sui glutei della sciava, Mara con lo strumento tocca il corpo di quest’ultima infliggendole scariche elettriche con un comando a pulsante posto sul manico dello strumento. Le parti più colpite dalla sua attenzione sono i seni e l’accoppiata vagina e buco del culo. Si diverte ad infilare un’estremità nel primo buco e la seconda nell’altro per poi sferrare scariche elettriche che scuotono il corpo della schiava. La posizione assunta e i ballet boots contribuiscono a contorcimenti del corpo spettacolari. Le urla questa volta non sono di piacere, ma di dolori lancinanti. Il suo carattere ostinato non la fa demordere, non vuole mollare e darla vinta a Kristian. Ormai è stata iniziata alle regole del male e alle fruste che l'avrebbero punita, il pensiero di essere licenziata l'ha macchiata e le ha dato la forza di obbedire con devozione. La prima volta quando ha accettato la proposta non poteva sospettare la complessità e la contraddizione dei sentimenti che dentro di lei si sarebbero presentati: un’amante, una prostituta o una schiava. Ora davanti ai suoi occhi si sentiva colpevole che Kristian l'avrebbe lasciata per aver gemuto con tanto piacere mentre veniva presa da uno sconosciuto. I due che l’avevano fatta godere adesso le stavano infliggendo la più dura punizione del suo percorso. Nella stanza accanto Annalisa è spaventata della violenza con cui i due stavano punendo Paola, ma non osa parlare visto che Katia e Kristian stanno apprezzando il trattamento. Quando la schiava è ormai senza forze semisvenuta sull’attrezzo ginnico i due si fermano, nessuno ha contato il numero di frustate o di scariche subite ma questo è sicuramente elevato. Katia è sbalordita dal livello di sopportazione di quella schiava, le altre ragazze che in quella stanza avevano ricevuto supplizi simili, a cui lei aveva assistito, non sarebbero durate tutto quel tempo e sicuramente molto prima avrebbero gridato la parola di sicurezza. Una voce metallica da un altoparlante chiede ai due di concedere alla schiava qualche minuto per riprendersi, per poi proseguire. La coppia vincitrice scambiandosi un cenno di intesa si va a sedere sul letto per godersi quel corpo segnato e ancora fissato nella posizione impostogli. Dopo una decina di minuti, anche i due si sono riposati, dalla soffitta attraverso una botola viene calata una gabbia metallica. Un parallelepipedo molto stretto e alto all’incirca un metro e ottanta, nel quale fanno entrare la schiva. Una staffa della base si conficca tra il tacco e la suola degli stivaletti bloccandole i piedi, la profondità della gabbia è minima e quasi comprime il corpo una volta chiusa con lucchetti, praticamente è immobile. I due fanno oscillare e roteare la gabbia appesa, Paola può avvertire i movimenti ma non vede nulla. La calda oscurità del cappuccio le evita i capogiri, ma la rende incapace di prevedere cos’altro abbiano in serbo per lei. Mara continua a divertirsi con il suo strumento di tortura colpendo i glutei e i seni che sono le parti più esposte e facilmente raggiungibili, ogni scarica provoca dolore e contrazioni involontarie del corpo, che vorrebbe dimenarsi ma è impossibilitato in quella costrizione. Quando hanno scosso per bene la schiava, fermano la gabbia, Mara si avvicina con un vibratore e glielo incastra tra le gambe, il piacere è istantaneo mugola e ansima dal piacere, alla visione di tale scena Mara le dice: «ti piace vero puttana» e lei risponde: «si tanto sto godendo». Alex vuole interrompere quel piacere, prende delle candele che sono accese in un angolo della stanza e gli fa colare la cera calda sul petto, i due capezzoli che sporgono dalla gabbia vengono investiti in pieno dalla colata di cera. La schiava urla cerca di dimenarsi per il bruciore provato, per qualche secondo la mente si è distratta dal piacere che sta ricevendo dal vibratore, ma qualche secondo dopo appena la sensazione di bruciore e dolore l’abbandona viene, inonda tutto il vibratore e gli umori le innaffiano le gambe e i piedi sporcando anche il pavimento. Alex che alla visione della scena si stava masturbando, le sborra addosso sulle gambe, anche questo liquido cola al suolo e si mischia con gli umori della schiava. Mara appena la vede riprendersi dall’estasi del piacere ricevuto, le sfila il vibratore mentre lei rilassatasi si piscia addosso. Alex ancora eccitato e con il fallo in erezione da quella scena la riprende: «che cazzo stai facendo, stai sporcando tutta la stanza con la tua pipì», le apre la porta della gabbia e la sbatte a terra ordinandole: «ora pulisci per bene tutto il pavimento». Questo è veramente un dovere duro, ripulire con la propria lingua la pozza di piscio e umori da quel pavimento, è stata sicuramente più clemente Annalisa che in una situazione simile durante i clisteri della prima serata le aveva fornito gli strumenti per ripulire. Non vedendo va a tentativi, sfruttando l’olfatto. Mara le urla: «usa quel cazzo di naso che ti hanno dilatato, dovrebbe esserti più facile sentire gli odori». Visto che non riusciva a centrare la zona sporca Alex la afferra per il torso della coda di cavallo e la struscia con il volto all’interno della pozza dicendole: «te l’ho fatta trovare, ora sbrigati a pulire che non abbiamo tempo da perdere». Le fa ribrezzo ciò che sta facendo si sente usata come un oggetto, ma in fondo la sua parte repressa era questo che voleva. Ripulito il pavimento Mara la conduce nel bagno vicino alla stanza e con il doccino la ripulisce per bene, utilizza acqua gelata che ha l’effetto di farle venire la pelle d’oca. Gli sfila l’harness e i lacci del corset piercing ormai bagnati, quest’ultimi gli sostituisce con una catena molto sottile e le infila un collare e delle polsiere e cavigliere rosse. Al collare aggancia un guinzaglio e la riporta verso la stanza gattonando. Ora oltre ad Alex attorno al letto ci sono anche altri tre uomini, che hanno contribuito all’acquisto del biglietto vincente ma con quote minori e che ora passano alla riscossione del proprio premio. Tutti in silenzio si godono lo spettacolo dell’incedere della schiava, si è molto perfezionata rispetto alle precedenti serate, sembra un felino i movimenti sinuosi e aggraziati le donano sensualità. Kristian parlando con Annalisa dice: «è un peccato che a breve dovremo rinunciare a lei in pochi giorni da impacciata e timida donna è diventata un animale selvaggio perfetto», lei sorride e poi gli risponde: «ovviamente dipende da te sciogliere il contratto e renderla libera». Kristian la guarda sbalordita: «per chi mi hai preso la parola data va rispettata, non potrei mai approfittare oltre», anche Katia si intromette nel discorso: «Kristian non conosco il contenuto e il motivo del vostro contratto, ma è un peccato liberarla, si vede che le piace potresti almeno concedermela per altre serate, quando i video di questa gireranno tra i miei clienti e i loro amici avrò la fila chilometrica per le richieste di ammissione al mio club». Kristian le guarda e dice: «poi vedremo adesso godiamoci lo spettacolo». Paola termina la sua camminata ai piedi del letto, dove viene sempre tirata per il guinzaglio e costretta a salirci sopra. Il letto è posizionato su una pedana, azionando un comando Katia comincia a farla ruotare, con lo stupore dei presenti nella stanza. Lei è supina sul letto, le vengono divaricate le gambe con una sbarra metallica collegata all’estremità con le cavigliere, con una corda la barra viene tirata verso l’alto in questo modo anche le gambe si sollevano, mostrando oscenamente le sue nudità agli uomini disposti a croce intorno a lei. Gli agganciano anche le polsiere a delle corde che vengono tirate, tendendo il suo busto verso il bordo del letto, la testa è quasi posizionata sul bordo del letto. Gli uomini porgono il loro cazzo all’altezza di esso e la schiava girando viene obbligata a cacciare la lingua e leccare quei cazzi ad ogni passaggio. Non si rende conto che è più di un uomo davanti a lei, non percepisce la rotazione, solo quando questi salgono sul letto e la iniziano a palparla e toccarla ovunque capisce di essere l’oggetto sessuale di più persone. Quelle mani si insinuano ovunque, qualcuno la sta prendendo a schiaffi sul sesso facendola sussultare. Gli altri tre si avvicinano al suo volto e gli porgono contemporaneamente all’altezza delle labbra i loro falli, strusciandoli contro il suo volto, il suo naso e la sua bocca. Invece di serrarla la spalanca e accoglie quei membri al suo interno, riesce a farli entrare anche un paio alla volta contemporaneamente. Mara non resta spettatrice della gangbang, indossato un enorme strap-on sodomizza la schiava. Nonostante vada avanti da diverse ore sembra che non sia ancora sazia, geme sotto i colpi di quella penetrazione e anela a quei cazzi che le riempiono la bocca, vorrebbe toccarli giocarci ma è bloccata in quella posizione sul letto girevole. Alex cavalca l’addome della schiava rivolto verso la compagna, si baciano ardentemente mentre questa continua a stantuffare e lui tortura il clitoride e i capezzoli del loro oggetto. Il mix di dolore e piacere fa avere diversi orgasmi, ma non è sfinita vuole che quella notte continui ancora per molto. Innervosito dallo stato di euforia della schiava, Alex ordina alla compagna di smettere e sfila i stivaletti dai piedi della schiava, le straccia gli autoreggenti e presa una canna di bambù dalla parete colpisce ripetutamente i glutei di quest’ultima. Ogni colpo secco fa sussultare quel corpo, il dolore è intenso e da sotto il cappuccio gli altri tre uomini vedono scorrere delle lacrime. Uno dei tre si fa largo e infilandosi la testa della schiava tre le gambe gli conficca per l’intera lunghezza il cazzo in gola, questa avendo ormai la testa leggermente reclinata verso il basso, essendo a penzoloni dal bordo del letto, ne viene quasi soffocata da quella penetrazione, il respiro è affannoso. Alex oltre ai glutei da tormenti con la canna anche ai palmi dei piedi ormai scoperti, bacchettandoli, ad ogni colpo il piede colpito si inarca e le dita tendendosi a richiudersi su sé stesse fanno assumere a quelle estremità forme particolari. Ovviamente nel tentativo di parare e scansare tali colpi la schiava si dimena. I due uomini al momento liberi, le liberano le mani ed ognuno di essi porge alla rispettiva mano il proprio uccello. Indomita alle violenze subite afferra quei due cazzi e inizia a segarli con le mani, trascinandoli verso il suo volto ormai libero della pressione del cazzo fino a pochi secondi prima infilato nella sua bocca. Sapientemente alterna i tre cazzi davanti in pompini e masturbazioni alternate. I tre sono nel pieno dell’eccitazione con i falli ritti come dei paletti, uno dei tre si stende supino sul letto e si appoggia sulla pancia la schiava anch’essa sdraiata supina e allargatogli le chiappe indirizza il proprio cazzo nel suo culo e inizia a penetrarla con forza, Alex a quella visione decide di provare a sodomizzarla contemporaneamente con quell’uomo e avvicinatosi con il cazzo a quel buco del culo ormai dilatato riesce ad infilarci anche il suo. L’urlo di Paola rimbomba in quella stanza, il dolore svanisce quasi subito e inizia il piacere più intenso che abbia mai provato fino ad ora. I due come due bielle di una vecchia locomotiva a vapore alternano la fase di spinta in quel culo ad un ritmo indiavolato, un terzo uomo non resistendo si posiziona tra Alex e la schiava e riesce a infilare il suo cazzo nella vagina. In quel momento la schiava sembra impazzire dal piacere, avvolta in quel turbine di forza che le imprimono i tre uomini, vorrebbe avere le gambe slegate per piantare i piedi sul materasso e accompagnare anche con il suo corpo quelle penetrazioni. Il quarto uomo si sega davanti alle sue labbra dischiuse assistendo allo spettacolo e le viene in bocca, schizzandola anche parte del volto. Deglutisce mentre parte della crema le cola dal cappuccio sul naso e lungo le guance. Non resiste più è ha l’orgasmo più violento della serata, mentre i tre continuano senza sosta, lei è irrigidita e vibrante sotto i colpi provocatogli da quella tempesta. I tre si sfilano quasi contemporaneamente lasciandola libera di contorcersi sul materasso, gli strattoni alla corda che le tiene le gambe issate in aria sono potenti, ma non riesce a sortire l’effetto desiderato di svincolarsi. I tre si avvicinano con i loro membri al volto della schiava e inondano di sperma anch’essi il volto e la bocca. Dopo minuti in cui gli unici suoni erano le urla e mugugni di piacere finalmente uno dei tre uomini parla: «da brava puttana ingoia tutto il nostro carico, ti è piaciuto?» In quel momento non risponde i suoi sensi l’hanno portata in un’altra dimensione, il suo corpo è lì esposto e disponibile per quegli individui sconosciuti, ma la sua mente vagheggia ripercorrendo le ultime settimane che l’hanno trasformata in quel modo. E’ contenta di questa evoluzione, aveva per troppi anni represso i suoi desideri e istinti segreti, anche con lo stesso marito nel talamo coniugale, ora avendo raggiunto una libertà e una maturità sessuale vuole godersi la vita. L’inguaribile romantica avrebbe ceduto il passo alla più lussuriosa delle donne della città. Sembra aver perso il senso dell’orientamento e del tempo, sa che per le sei tutto finirà secondo le regole dettate dal presentatore, ma anche se dovessero prolungarsi in quella seduta non avrebbe opposto resistenza. Gli uomini sembrano esausti, soprattutto Alex che è partito in anticipo rispetto agli altri, quella donna da sola è stata capace di annientarli fisicamente. Chi del gruppo non è ancora sazia è Mara, soprattutto è quella con l’istinto più dominante di tutti, controllando l’orario dice: «signori sarebbe un peccato rinunciare all’ultima ora a nostra disposizione, vedo che siete stanchi e afflosciati, non posso chiedervi di più, quindi lasciate che me la spassi un pochino io ora». Salta sul letto e mettendola prona, inizia a torturarle la schiena tendendo la catena infilata nei piercing dietro la schiena. Gli anelli tirano la pelle, che si innalza dalla posizione naturale, creando una sorta di creste lungo le due linee dove sono infilzati. La umilia sputandole addosso e cerca di sfondarli ancora di più il culo: «sei stata davvero brava a ricevere due cazzi nel culo contemporaneamente, non so se io sarei stata in grado, voglio vedere quanto sei capace», indossa un guanto monouso di plastica e dopo aversi unto per bene la mano e l’avambraccio, richiudendo la mano in un pugno inizia a forzare il buco del culo di Paola, è doloroso ma non vuole darle soddisfazione, resiste stringe i denti ed accoglie il pugno tutto dentro di se, Mara non sazia spinge facendo entrare anche metà avambraccio. Poi rivolgendo il suo sguardo ai quattro uomini seduti lì a guardala dice: «è incredibile questa cagna, ma quanto è grosso questo culo, guardate fino a dove gli arriva il mio braccio» e con cattiveria per provocarle dolore spinge e tira il suo arto violentemente. Mentre le pratica questo tormento, le trastulla il clitoride e il sesso con carezze sempre più rapide fino a provocarle l’ennesimo orgasmo della serata, seguito da uno spruzzo copioso e violento dalla sua vagina, che bagna completamente il letto. Gli uomini nel frattempo con i cazzi nuovamente in erezione si masturbano, i tre estranei sborrano sulla schiava distesa su quel letto con le lenzuola intrise dei suoi liquidi, Alex invece si dirige sulla bocca di Mara e le concede l’onore di accogliere il suo nettare. Nel loro rapporto il sesso orale c’è sempre stato in ogni rapporto, ma mai Alex si era sognato di venirle in bocca dopo una masturbazione come una squallida svuota coglioni. Ne ingoia il nettare, come ha sempre fatto dopo un pompino, ma ora vuole farla pagare alla schiava, per colpa sua l’eccitazione creata ha svelato il lato quasi violento di Alex che le ha imposto quel gesto non voluto. Ha visto alcuni filmati con una pratica che provoca disperazione nelle vittime e la vuole mettere in pratica, sarà ancora migliore dei filmati da cui l’ha appresa dove le vittime erano modelle consenzienti e coscienti di quello che andavano incontro. Va da Katia e le chiede se nel club ha il materiale che le occorre. Dopo alcuni minuti nella stanza viene portato l’occorrente. Katia è eccitata ma al tempo stesso spaventata per ciò che ha in mente Mara, teme che qualcosa possa andare storto e che la punizione possa avere conseguenze pericolose. Ma è cosciente che la riffa prevedeva che alla schiava potesse essere fatto tutto ciò che i vincitori volevano, con la condizione di non farle male. Ritorna nella sala con Kristian e Annalisa ed esprime le sue preoccupazioni, dei due chi è spaventata e quest’ultima. Kristian si fa passare solo il microfono e dice alle donne: «non preoccupatevi se dovessi accorgermi che si stanno superando i limiti, ordinerò di interrompere immediatamente.» Sul letto Mara aiutata da Alex dispongono una di quelle buste salvaspazio con una valvola per praticare il sottovuoto, dove di solito si mettono le coperte in estate per recuperare spazio. Ovviamente Paola è ignara di quello che le sta per accadere. La busta è aperta solo su uno dei due lati lunghi, viene fatta entrare dentro. E’ inginocchiata, sente sulla pelle il contatto della plastica, ma non capisce ancora le intenzioni. Stesso da inginocchiata, mentre Alex tiene sollevata la parte superiore della busta, Mara le lega le mani dietro la schiena, avendo attenzione di passare più volte la corda tra la catenina che lega i piercing sulla schiena, in modo che ogni tentativo di movimento le avrebbe provocato dolore. Fatto ciò accompagnandola con le mani la fa distendere supina, le rimangono le gambe rivolte verso il culo, non gli viene concesso di distenderle, anche perché la lunghezza della busta non lo consentirebbe. Una volta che è stesa, Alex appoggia la parte superiore della busta sul corpo e sul volto della schiava, il suo respiro appanna la plastica trasparente in corrispondenza del suo volto. Mara chiude la cerniera laterale, l’unica possibilità di ricambio d’aria resta lo sfiatatoio della valvola. Mara dice ai quattro uomini: «vi consiglio di prendere i vostri cellulari e filmare o fotografare la scena, sarà uno spettacolo che ricorderete per tutta la vita». Gli uomini si precipitano verso l’armadio esterno alla stanza dove si erano spogliati e rientrano con gli smartphone in mano. L’ossigeno all’interno della busta è ancora sufficiente e a parte il fastidio di avere la plastica addosso, che inizia ad appiccicarsi sulla sua pelle sudata, non ha ancora capito quale sarà a breve il suo destino. Mara si avvicina al letto con un’aspirapolvere con tubo flessibile, aggancia il beccuccio alla valvola della busta ed inizia ad aspirare l’aria presente nella busta. Questa si accartoccia e restringe rapidamente, andando a comprimere anche il corpo della schiava, si formano delle sacche d’aria dovute alla non omogeneità della disposizione del corpo al suo interno, una rimane in corrispondenza della testa consentendo, sebbene in affanno, la respirazione alla schiava che ora si è resa conto di quella tortura che vogliono infliggerla. Urla dice: «siete pazzi, mica mi vorrete far soffocare», Mara le risponde tranquilla: «vogliamo testare la tua resistenza». Si divertono a aspirare e pompare l’aria più volte cercando di far adire sempre meglio la busta al corpo ed evitando il formarsi di sacche d’aria. Dopo diversi tentativi raggiungono la perfezione voluta, tutta l’aria è stata aspirata, la busta aderisce e costringe quel corpo in una morsa. La schiava nei tentativi precedenti ha imparato che dopo alcuni secondi di aspirazione dell’aria le conveniva di fare un respiro profondo per resistere in apnea almeno due o tre minuti, il tempo che poi avrebbero fatto pompare nuovamente l’aria. Anche quest’ultima volta ha fatto un respiro profondo immagazzinando tanta aria nei suoi polmoni. La busta è aderita alla perfezione e la morsa ha strizzato quel corpo esaltando maggiormente i seni, Alex tiene d’occhio un orologio per vedere i secondi trascorsi dal momento dell’ultimo respiro. Quando sono trascorsi già due minuti, la schiava non urla perché sa che sprecherebbe la esile riserva d’aria ancora nei suoi polmoni, ma inizia a dimenarsi perché sente di essere quasi al limite. Ecco lo spettacolo di cui parlava Mara, il corpo della loro schiava con il trascorrere dei secondi sembra posseduto, con tutta la forza che ha in corpo, con un colpo di reni riesce a sollevare le ginocchia e le gambe, ha i piedi puntati sul materasso, cerca disperatamente di muovere le braccia conserte dietro la schiena, la forza che mette fa tendere le catene che congiungono i piercing provocandole forti dolori. Annalisa e Katia spaventate chiedono a Kristian di interrompere quel gioco, ma lui risponde: «non avevo mai visto una cosa del genere, sono curioso di vedere come va a finire». Gli uomini nella stanza stanno riprendendo da tutte le angolazioni quello spettacolo. Dopo più di un minuto Paola sviene, Alex è spaventato Mara gli legge la paura negli occhi e lo tranquillizza: «stai calmo dimentichi che sono un’anestesista e che conosco bene il corpo umano è solo svenuta per principio di ipossia», apre velocemente la busta con la cerniera laterale e fa entrare l’ossigeno. La schiava è madida di sudore, Mara le sente il polso e dice: «che ti dicevo è viva respira», le dà due ceffoni e Paola sembra ritornare dall’aldilà, muove le labbra e leggermente la testa. Kristian dice: «pazzesca questa tipa che controllo della situazione», Annalisa nasconde le lacrime agli occhi ha avuto paura che la situazione sfuggisse di mano e che la schiava ci avesse rimesso la vita in quel torbido gioco. Mara nel frattempo ha preso un secchio pieno d’acqua e lo versa contro la poverina sdraiata semi immobile sul letto. L’acqua fredda ha l’effetto di destarla, sussulta all’impatto, si riprende il fiato è ancora corto e non riesce a proferire parole, sa solo che è stata incosciente a proseguire quella sfida senza pronunciare la parola di sicurezza. Ha voluto a tutti i modi dimostrare il suo impegno e la fedeltà al patto del suo capo per conservare il posto di lavoro e per essere vista d’ora in avanti di buon occhio. Inconsciamente spera di conquistarne anche il cuore, non l’ammetterebbe mai ma tutto ciò l’ha fatto anche perché se né è innamorata. Sono ormai le sei i vincitori lasciano la loro vincita sul letto e vanno via, nell’uscire Alex sfiora con una mano il corpo di Paola per poi baciarla sulla bocca e dirle: «non dimenticherò mai questa notte, spero che lo stesso valga anche per te, rimarrai nel mio cuore». Paola non capisce se quelle parole le ha dette perché è stata riconosciuta e che per galanteria non ha voluta smascherarla oppure perché le sue prestazioni sono state talmente eccellenti da far sì di mettere in ombra quelle della sua nuova compagna.
Annalisa si precipita nella stanza a raccogliere Paola intontita e stanca dalla lunga notte, le fa indossare sogli gli stivaletti, che ora sembrano esserle il male minore, e la mette un lungo cappotto per coprirla, la macchina con Kristian è già pronta fuori l’ingresso del club. Dopo una ventina di minuti da quando erano partiti, finalmente Annalisa le slaccia il cappuccio che le impediva la vista da diverse ore, le prime luci dell’alba sebbene fioche comunque erano fastidiose per i suoi occhi. Ci vogliono alcuni minuti prima che la vista le torni regolare, riceve un grosso abbraccio da Annalisa. Il gesto non la stupisce ormai si possono considerare buone amiche, nel farlo Annalisa incurante della presenza di Kristian le dice: «ho temuto per te, sei stata una sconsiderata a non far sospendere prima quella brutalità», con voce bassa stanca e assonnata, quasi come a non volersi far sentire dal conducente, le risponde: «non ho mai goduto così tanto in vita mia, quella puttanella devo ammetterlo sapeva molte più cose di te» e le fa un occhiolino e appoggia la testa sullo schienale. Annalisa decide di portarla da lei, non vuole lasciarla in quello stato fuori dal suo palazzo, con il rischio che la vedessero in quelle condizioni.
Kristian le lascia fuori il palazzo di Annalisa e va via, Paola si toglie quelle assurde scarpe preferisce camminare scalza desterà meno sospetti che con quel paio di stivaletti. Dall’ascensore esce Luca, il ragazzo che ci aveva provato con lei, la squadra da capo a piedi. Annalisa dice: «dai entra in ascensore facciamo presto, prima che si ecciti troppo e faccia domande strane». Finalmente dopo una doccia per togliersi di dosso tutte le scorie di una nottata turbolenta, si ficca nel letto e cade in un sonno profondo, la carica di adrenalina non le fa sentire dolore e altre sensazioni.
Kristian dopo più di ventiquattrore telefona ad Annalisa, le chiede: «si è ripresa? Come va?», lei risponde: «assolutamente non sembra affatto provata, mi sa che le hai tirato fuori il mostro che era in lei». Lui allora dispone: «va bene così, allora ci vediamo stasera al casale.» Con questa conversazione e con sottofondo la canzone dei The Heavy “What Makes A Good Man?” che uno dei canali musicali trasmetteva, Hector provvedeva ad asportare i piercing dalla schiena e a medicarle le parti con i fori per evitarle infezioni. Terminata l’operazione quest’ultimo le raccomanda: «per almeno un mese utilizza questa soluzione detergente, hai la pelle dura e in meno che non si dica non si vedrà più nulla.» Saluta le due e scappa via.
L’occasione di avere il pomeriggio libero è allettante per fare un giro in centro, si fermano a prendere uno spritz sedute ai tavolini di un bar, Paola intravede da lontano l’amica Maria passeggiare sotto braccio con Kristian, pensa che stronza, questa lo conosce davvero bene altro che voci di paese, mica vorrà tradire il marito. Fa segno ad Annalisa e le dice: «guarda chi sta venendo, cerchiamo di non farci vedere», non è difficile visto che i tavoli tra di loro hanno dei separé, basta solo scivolare un po’ sulla seduta ed il gioco è fatto, sperano anche che le vetrate fumè del bar contribuiscano a non essere viste.
Affianco al bar c’è un negozio di abbigliamento, Maria si ferma per guardare la vetrina, le due non resistono vogliono capire cosa si stessero dicendo quei due. Annalisa con la sua astuzia, aziona la registrazione vocale sul suo smartphone e lo fa scivolare sul pavimento in direzione della vetrina, il dispositivo viaggia sul pavimento proprio fino ai piedi delle vetrate. Fortunatamente nessuno dei due uomini seduti tra il loro tavolo e quella vetrata si accorge di nulla. Il telefono è in azione e forse sta captando la conversazione, tramite uno specchio posto sulla parete opposta riescono a controllare la scena di quei due fermi a parlare e osservare la vetrina. Qualche minuto e i due si allontanano, Annalisa si precipita a raccogliere lo smartphone, l’audio è pessimo le voci si sentono appena e parte della conversazione non risulta comprensibile causa anche i rumori esterni. Paola non si dà pace, perché la sua migliore amica le ha nascosto quell’amicizia con il suo capo. Vorrebbe saperne di più ma non può commettere passi falsi. Per distrarsi da quei pensieri chiede a Annalisa: «dopo ieri sera non ho ricevuto i galloni della battaglia?» Lei risponde: «che galloni?» Con un sorrisetto malizioso: «fino alla penultima volta ricevevo degli anellini questa volta la prova più dura e nessuna ricompensa».
«Hai ragione non ci avevo fatto caso, questa volta non mi ha nulla per te.» Si accorgono che si sta facendo tardi e devono prima passare da casa per poi arrivare all’appuntamento al casale. Annalisa accompagna l’amica a casa dandole un’ora per prepararsi, che poi avrebbe fatto ritorno.
Alle 22:00 sono di nuovo fuori al casale di Kristian, il solito rituale fa spogliare la schiava per poi farla accomodare. Una volta al centro della stanza Kristian esordisce: «buonasera Paola», da quando era iniziato quel gioco torbido non l’aveva mai chiamata per nome, «devo ammettere che sei stata davvero stupefacente, non mi sarei mai aspettato da te una tale resistenza e tenacia, oltre ad un’esplosione della tua sensualità». Lei arrossisce, il fatto di essere stata chiamata per nome le fa capire che qualcosa in quel gioco sta cambiando o sta terminando, non sa ancora se le regole sono in corso e pertanto non proferisce parola, anche se avrebbe voluto ringraziare per quei complimenti. Le si avvicina le sfiora il corpo con i dorsi delle mani, ne accarezza le sue curve, sfiora i suoi splendidi seni i suoi capelli, spostandoglieli la bacia sul collo. Un brivido attraversa la schiena di Paola, il suo cuore sembra scoppiare, ma a differenza dei sentimenti che provava prima, ora vorrebbe solo essere scopata da Kristian. Sembra che i sentimenti, l’amore siano stati messi da parte, forse qualcosa si è rotto nella sua personalità facendo nascere nuove esigenze più primordiali. Kristian chiama a sé anche Annalisa che era ferma ad osservare la scena. Si avvicina anche lei ancora non ha chiare le intenzioni per la serata, fino a quando Kristian le dice: «per la nostra ultima serata con Paola, lascio a te l’onore di lasciarle un ricordo indelebile, quando avrai finito portala via e ci vedremo domani alle 09.00 nel mio ufficio». Paola ha capito che dopo questa notte il gioco sarà finito, un po' le dispiace, il capo non è stato molto loquace, non ha fatto capire se il suo debito sarà saldato con i guadagni realizzati con la sua schiava, se c’entra qualcosa Maria o la stessa Annalisa, molto turbata dall’esperienza al club di Katia. Tanti interrogativi nella sua mente scorrono e più di tutti ora come farà è stata iniziata alla dissolutezza e non vorrebbe certo tornare alla vita di prima, ma non ha ancora la sfrontatezza necessaria, il pudore le è ancora rimasto. Annalisa anch’essa meravigliata dall’evoluzione della serata non è preparata, quindi sul momento decide di portare Paola nella stanza al primo piano, la stessa dove Hector aveva praticato la foratura della schiena. Questa volta con gran stupore di Annalisa vi era posizionato un tavolo di legno con fermi metallici disposti in modo da bloccare gambe, braccia e collo di chi vi fosse fatto sdraiare. Come se Kristian già sapesse anche le sue mosse, aveva previsto che le due sarebbero andate in quella stanza e le aveva organizzato il lavoro. Si accorge che le telecamere della stanza sono state oscurate, da vasi, candele e fiori, non si ricorda quante ve ne fossero con precisione, ma è chiara la volontà di non voler filmare e assistere a quell’ultima serate. Annalisa pensa si sarà stufato di questo gioco, comunque non vuole deluderlo, fa distendere supina sul tavolo Paola e le blocca le caviglie, i polsi e il collo in quei blocchi metallici fissati al tavolo. Prende una grossa cinghia di cuoio e facendola passare sotto il tavolo e tendendola al massimo ne blocca anche il busto. La tensione data alla cinghia le comprime l’addome. Con una corda fatta passare attorno alle cosce e ai fianchi riesce a bloccare un vibratore propria all’altezza della sua vagina, lo aziona e si gode lo spettacolo di quel corpo nel tentativo di contorcersi per l’eccitazione. Le tormenta i capezzoli ma non è nulla rispetto a quanto sopportato finora, questo le sembra più che altro un gioco. Dalla porta vedono entrare Hector: «salve signore, il vostro capo mi ha chiamato e subito sono corso». Annalisa capisce al volo: «sei qui per il segno indelebile di cui parlava prima, vero?» Lui sorride e annuisce: «ma sarai tu a decidere quale sarà e in che punto dovrà ricordarsi di voi.» Dal cofanetto di Hector sceglie un piercing, un cilindretto metallico con all’estremità delle sferette con applicate delle pietre nere. Gli indica senza farsi vedere il clitoride è lì che vuole venga lasciato il loro ricordo. Si avvicina a Paola le dice: «ho scelto un bel ricordino per te, ogni volta che l’osserverai ti ricorderai di questi fantastici giorni». Hector con una strana pinza afferra il clitoride tirandolo verso di lui e con rapidità dopo averlo disinfettato per bene, trafigge la sua carne oltrepassando da parte a parte e infila dentro la barretta richiudendola con le sferette agli estremi. Un rivolo di sangue scorre lungo le pareti delle grandi labbra, le mani e i piedi sono ancora racchiusi. Una bella scarica di dolore si è irradiata dal suo clitoride a tutto il corpo. Come al solito pochi secondi e il dolore svanisce una stana sensazione le resta di avere adesso la parte segreta del suo corpo trafitta e violata da quell’arnese. Annalisa la bacia appassionatamente come la notte in hotel a Manchester, mentre Hector si occupa di disinfettare l’area al fine di evitarle infezioni. Ma l’effetto su Paola è ben differente è oscenamente eccitata da quell’uomo che la tocca, Annalisa che la sta baciando in quel modo, lei costretta e bloccata dai quei fermi non passa molto tempo e raggiunge l’orgasmo. Annalisa rivolgendosi ad Hector dice: «per una volta lasciati andare, perdi la tua professionalità e soddisfa la mia amica, non vedi come brama per essere scopata per bene». L’uomo non si lascia pregare più di tanto e calandosi i pantaloni e liberandole le caviglie la penetra, dapprima con delicatezza e timore, ma visto che alla donna sembra piacere e per nulla infastidita la prende con più vemenza. Una nuova sensazione la penetrazione con la stimolazione sul clitoride del piercing, ne accentua la potenza e il piacere. Mentre Annalisa le è montata sul viso per farsi leccare la figa le dice: «ottima scelta, ti ringrazio da sola non avrei mai avuto il coraggio di farlo, ma ora che ce l’ho è stupendo» e lei: «così potrai esplorare ancora meglio le tue curiosità, cosa credi che non mi ricordi come me lo guardavi e toccavi la sera in albergo». Hector già al culmine del suo piacere a quel discorso fra le due non resiste immaginando cosa abbiano potuto combinare assieme le due, sfila il cazzo dalla figa e sborra sul suo ventre. Anche Annalisa viene sono tutti e tre soddisfatti. La liberano dal tavolo, quei gesti simbolicamente rappresentano anche la liberazione dal contratto firmato con Kristian. Prendono le loro cose e lasciano il casale.
La notte scorre veloce, al mattino Paola si risveglia come una donna nuova, decide di andare a lavoro con un vestitino che mai avrebbe indossato prima, un abito a stampe floreali di colore bianco e viola, a mezza manica, con colletto bianco simile a quello di una camicia da uomo, un cinturino in vita viola, gonna svasata corta ben sopra il ginocchio, molto morbida che quando cammina lascia intravedere molto. Ai piedi indossa scarpe viola con tacco medio, tallone scoperto e allacciate alla caviglia. Giunta in azienda gli sguardi di tutti sono increduli di quel cambiamento, Annalisa compiaciuta ascolta i commenti di alcuni più vicini e se la ride.
Alle 09.00 Paola è nell’ufficio con Kristian: «sono compiaciuto della tua fedeltà, il nostro contratto viene rescisso immediatamente, e per dimostrare la mia gratitudine non solo ti confermo come responsabile marketing dell’azienda ma ti darò un aumento» lei risponde: «ti ringrazio, a me basta conservare il mio lavoro, non penso di aver meritato quest’aumento e poi se la situazione dell’azienda non è delle migliori non sentirti obbligato solo per quello che è accaduto in questi giorni.» Kristian è stupefatto di quel gesto, strano vedersi rifiutare un aumento di stipendio, ma ribatte e dice: «non vorrai contraddire il tuo padrone» facendogli l’occhiolino e sorridendole. Paola risponde a quel sorriso con un gesto di riverenza e si congeda lasciando l’ufficio. Durante la pausa pranzo Annalisa chiama Paola dicendole che le deve parlare in disparte, mangiano velocemente e si appartano nel parcheggio. Paola è incuriosita da quel comportamento: «ma cosa è successo, dove stiamo andando, qualcuno se ci vede potrebbe farsi strane idee» lei le risponde: «allora questi giorni non ti hanno fatto perdere del tutto le inibizioni, pensassero quel che vogliono, comunque non farti strane illusioni devo solo parlarti». Sono sedute nell’auto di Paola, che dice: «bene siamo lontane da occhi indiscreti cosa devi dirmi», lei: «io niente, ti ricordi il messaggio registrato tra Kristian e la tua amica? Con l’aiuto di un mio amico tecnico del suono sono riuscita a pulire l’audio dai rumori di fondo e amplificare le sole voci dei due. Sei curiosa di ascoltare cosa si dicevano?» Paola desiderava tantissimo sapere cosa le nascondeva Maria e la supplica di farle sentire l’audio, Annalisa aziona il play e si sente Kristian dire: «sei stata lungimirante sapevi il vero volto di Paola e mi hai obbligato a tirarglielo fuori, sai bene la fatica che ho fatto. Era contro il mio volere inscenare i falsi debiti, la crisi dell’azienda e coinvolgerla in quello strano contratto. Tu già sapevi che avrebbe accettato e la trasformazione che ne sarebbe scaturita», queste parole si sentono forti e nitide, con volume minore si riesce a sentire anche la risposta di Maria: «la conosco molto bene, senza il mio aiuto sarebbe diventata vecchia senza mai liberarsi del suo passato e di quel bigottismo che la bloccava, spero solo che ora trovi un uomo come te che la voglia bene». La risposta di Kristian rimane a metà perché i due si erano allontanati le poche parole che si riescono ancora a sentire sono: «Non fare la sciocca non potrebbe…» Paola esclama: «no!!! Sul più bello non potrebbe cosa?» Annalisa invece non si focalizza sulla parola ma sul comportamento dell’amica: «Hai capito la stronza di Maria cosa ha organizzato per te, io gliela farei pagare» e lei: «no dai lascia stare, in fondo aveva ragione e mi conosce fin troppo bene, senza di lei adesso non sarebbe cambiato proprio nulla nella mia vita. Ma secondo te come sarà finita la frase di Kristian?»
Annalisa le suggerisce: «perché non lo chiedi al diretto interessato?» e lei: «sei pazza, ma lo scoprirò prima o poi.»
Passano dei giorni, Paola è tormenta da quell’interrogativo ma non riesce a chiarire né con l’amica né tantomeno con Kristian, non si fa capace che nessuno dei due poi faccia il primo passo con qualche spiegazione. Si è incontrata qualche sera a casa di Annalisa, ma nulla di più. Anche quegli approcci che le capitavano prima sembrano essersi dileguati, come se il suo nuovo aspetto incutesse timore. Decide allora di aprire un profilo su un sito di appuntamenti la sua pagina con una foto del suo splendido corpo e con il volto coperto dai capelli reca il seguente messaggio: “Benvenuto nella mia pagina! Mi chiamo Monia sono una donna solare, autentica e anche simpatica. Ho una personalità estroversa e trasgressiva. Amo esaudire i tuoi desideri, comprenderli, renderli miei e portarli al culmine. Adoro instaurare un vero rapporto di complicità, capace di condurci in un’estasi sensuale, lasciando un ricordo unico e indelebile. Voglio rimanere impressa nella tua mente, in quell’angolo piccolo e nascosto dove solo tu e io possiamo entrare, per godere di un’intimità unica. Un luogo condiviso in cui, ogni volta che vogliamo, possiamo trovare quello spiraglio di Libertà e Trasgressione che ci appartiene. Che aspetti? In tanti già lo hanno provato. Unisciti al mio giardino dei piaceri.”
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