L'Usuraio capitolo 1 - Don Pasquale

di
genere
dominazione

Don Pasquale Mazzi era un usuraio, proprietario di alcuni palazzi nella semiperiferia torinese e titolare, anche attraverso prestanome, di diverse attività. Aveva sessantacinque anni, era un uomo alto ed in carne, portava i capelli lunghi e impomatati, neri con le tempie grigie, era ancora vigoroso e dai voraci appetiti sessuali. Un uomo all’antica, sempre elegante e ben tenuto, le scarpe lucide da specchiarsi, il vestito senza una piega, un’aura di uomo deciso, potente, ricco e virile. Un uomo prestante che incuteva timore.
Bianca, la sua cameriera, gli stava servendo un caffè in salotto mentre lui esaminava delle carte.
Don Pasquale viveva all’ottavo ed ultimo piano di uno dei suoi palazzi e da lì regnava sul suo piccolo impero.
Bianca è bionda, con i capelli lunghi, snella, alta centosessantacinque centimetri, gambe lunghe, un culetto delizioso ed un seno interessante, non grosso, una terza. Ha un visetto dolce da cerbiatta e gli occhi celesti, la pelle bianca come il latte. Niente curve prorompenti, la giovane donna ha un corpo sinuoso, quasi efebico. Bianca è molto sottomessa ai desideri del suo Padrone, ha solo trentun anni ed il sessantacinquenne Don Pasquale è molto soddisfatto della sua serva, è la persona a cui è più affezionato in assoluto e lui non è affezionato a nessuno, solo al denaro. Bianca sente che è così, anche se sa che quello è l’affetto che il suo Padrone potrebbe provare per un cagnolino, ma chiedere a Don Pasquale di più sarebbe eccessivo e quindi lei si accontenta di quello che ha.
Anche Giorgio, il marito di Bianca, lavora per Don Pasquale, fa il portiere del palazzo ed è un tuttofare, a volte fa anche da autista per il Padrone. Giorgio è ancora più sottomesso della moglie al Padrone, ma per lui Don Pasquale prova solo disprezzo. Praticamente l’ha castrato, all’inizio gli aveva messo una gabbietta per impedirgli che di nascosto si fottesse la moglie, la sua proprietà, poi, dopo un anno non ce ne era stato più bisogno. Giorgio era praticamente diventato, a trentacinque anni, impotente. Il marito di Bianca era già remissivo e sottomesso, dopo la cura di Don Pasquale è diventato uno zerbino. E’ privo di carattere, ma sa usare le mani, se non si tratta di faccende complicate, ripara impianti idraulici ed elettrici. E’ un bel ragazzo, dimostra molto meno dei suoi trentacinque anni. E’ alto centosettantacinque centimetri e pesa sessantacinque chili, è la versione maschile della moglie in quasi tutto. Solo che è moro e non è biondo. Snello, gambe lunghe, occhi verdi. Don Pasquale ha visto che le donne all’inizio lo guardano con un certo interesse, poi lo conoscono meglio e quell’interesse svanisce, capiscono che manca di virilità, quel poco che aveva Don pasquale gliel’ha levata.
Il boss aveva conosciuto la coppia due anni prima. Si erano presentati da lui cercando lavoro. Lui in poltrona, i due giovani in piedi di fronte a lui.
- Potrei fare il portiere e l’uomo tuttofare – spiegava Giorgio a disagio di fronte a quell’uomo che emanava potere e che sapeva essere insensibile e crudele. Don Pasquale lo osservava attraverso il fumo della sigaretta, vestito di tutto punto. Un vestito con righe bianche e blu e sotto un gilè in tinta, scarpe lucide, niente fuori posto. L’aura da uomo potente.
Don Pasquale osservava Giorgio con un sorrisetto sulle labbra, ma si rivolse alla moglie. – E tu, bellina? Cosa puoi fare per me? – La voce era roca, velatamente intima. Giorgio non voleva più essere lì.
- Signore, io posso aiutare mio marito, sostituirlo quando non c’è… - Bianca mentre parlava si lisciava il vestito, largo e lungo alle ginocchia, con le mani. Era nervosa, ma un po’ più spigliata del marito.
- Avvicinati – ordinò Don Pasquale.
Bianca inizialmente esitante, poi più decisa, si avvicinò alla poltrona.
- Sei carina – iniziò Don Pasquale prendendo il bastone da passeggio in mano e portando il pomolo verso il vestito di Bianca.
Giorgio arrossì e fece per parlare, ma uno sguardo della moglie che si girò verso di lui lo freddò.
Don Pasquale capì che poteva andare avanti. Il pomolo si inserì tra le ginocchia della donna e si sollevò portando il vestito in alto e scoprendo le cosce. – Hai belle gambe – sorrise Don Pasquale. – Che ne dici, se invece di stare in portineria stai qui con me e ti prendi cura della mia casa? –
- Certo Don Pasquale – rispose Bianca, - sarà un piacere. –
- Anche per me sarà un piacere – rispose Don Pasquale con voce roca. - Soprattutto se dormirai qui con me, invece che sotto con tuo marito. –
- No, questo no – si ribellò Giorgio. Ma ancora una volta Bianca lo fulminò. – Stai zitto! – esclamò stizzita Bianca, - faremo come vuole Don Pasquale. -
- Vai in camera mia – ordinò Don Pasquale a Bianca indicando la porta della camera, - ti raggiungo subito, ma prima devo fare quattro chiacchiere con tuo marito. – Bianca scomparve dietro la porta della camera da letto.
- Puoi rimanere qui cornuto – disse Don Pasquale a Giorgio, - sentire tutto mentre me la fotto, ma non devi fare casino. –
Giorgio annuì, non aveva voce e comunque temeva che l’avrebbe tradito, sua moglie aveva scelto e lui era succube di Bianca, l’amava.
Dopo un’ora la moglie lo chiamò e quando Giorgio si presentò nell’alcova Don Pasquale gli ordinò – lecca la fica di tua moglie cornuto. Puliscigliela. –

Quello fu il massimo che Don Pasquale, da quel giorno, gli concesse.
Il giorno dopo Don Pasquale glielo mise in gabbia e lo chiuse con una chiavetta.
Bianca andò a vivere con Don Pasquale, ogni tanto scendeva in portineria per sostituire il marito quando Don Pasquale lo usava come autista o gli ordinava qualche commissione. Giorgio viveva in un piccolo bilocale accanto alla portineria e vedeva la moglie solo quando lo voleva Don Pasquale, in genere per umiliarlo.

Bianca era soddisfatta, Don Pasquale, a dispetto dell’età, a letto, era un toro. La prendeva come voleva e si faceva fare tutti i servizi che desiderava. A volte mentre la scopava era un po’ manesco e rude, ma al di fuori dell’alcova non la malmenava mai. Voleva solo che fosse sempre aperta e disponibile ogni volta che la desiderava. E Bianca lo era, anzi l’apprezzava moltissimo, le piaceva fottere e Don Pasquale se la fotteva bene.
La cosa che più di tutte l’aveva messa in difficoltà era quella di fargli la barba la mattina dopo la colazione. Non aveva avuto difficoltà con l’uso del rasoio, ma il fatto era che Don Pasquale mentre lei lo radeva non riusciva a tenere le mani a posto, l’accarezzava sul culo, sulle cosce e tra le cosce e questo le rendeva difficile tenere la mano ferma. La prima volta la rasatura durò parecchio, ma nel tempo migliorò, riusciva a bagnarsi, a volte anche ad avere un orgasmo, senza interrompere il suo lavoro. Don Pasquale era molto contento della sua schiava.
Bianca era sottomessa, ma aveva bisogno di qualcuno che l’amasse per quello che era. Quel qualcuno era Giorgio, un ragazzo mite e sottomesso come lei, ma che appunto l’amava. Tra i due era lei quella con più carattere, sapeva quello che voleva: essere sottomessa da un uomo potente senza che il marito rompesse le palle. E Giorgio era perfetto, a costo di diventare un tappetino e di essere umiliato l’assecondava in tutto.
L’uomo potente l’aveva trovato: Don Pasquale.

Giorgio si era rassegnato ad essere un castrato, Don Pasquale gli faceva leccare ogni tanto la fica della moglie, spesso piena dei suoi umori, e niente di più. Non gli permetteva di farsi neanche una sega. Questo non era vero in assoluto, una o due volte al mese lo chiamava su, gli levava la gabbietta e lo faceva assistere alla monta della moglie. Mentre si montava Bianca il Padrone lo insultava: cornuto, finocchio, femminuccia erano gli epiteti che preferiva. In quelle occasioni Giorgio stava nudo e in ginocchio accanto al letto, mentre Don Pasquale grugniva e sua moglie ansimava. Verso la fine Don Pasquale gli diceva – ti puoi toccare cornuto. – Allora Giorgio si masturbava freneticamente, aveva paura che, come era già successo, Don Pasquale gli dicesse di smettere senza godere. La prolungata castità però iniziava a sentirsi. Giorgio aveva sempre più difficoltà a rizzare ed anche a venire e ciò lo angustiava. La moglie lo guardava raramente, ma qualche volta lo faceva e questo lo imbarazzava. Bianca lo amava, ma le piaceva essere sottomessa ad un vero Padrone come Don Pasquale e le piaceva, per quella via, umiliare suo marito. Lei sapeva che lui ne godeva anche se non lo ammetteva, ne avevano parlato, ma lui non era mai riuscito a determinarsi. L’arrivo di Don Pasquale che si era imposto era stata una benedizione.

E a Giorgio, in fondo, piaceva essere umiliato. Anche se non sapeva quali erano i suoi limiti. Don Pasquale non lo considerava molto, ma ogni tanto si dava e gli dava soddisfazioni. All’inizio era solo un cornuto a cui ogni tanto permetteva di sentire o vedere che si trombava sua moglie, poi gli permetteva di leccarla dopo che l’aveva riempita di sperma. Intanto lo aveva castrato. Dopo qualche mese ordino a Bianca di farglielo trovare completamente depilato, truccato e vestito da femminuccia.
Quando Bianca glielo disse lui resistette.
- Non essere stupido – le disse la moglie, - entra nella vasca da bagno e lasciami fare. Fino ad ora Don Pasquale non ci ha mai punito, ma sai che può essere molto crudele, quindi rassegnati, quando lui lo vorrà sarai una femminuccia, vedrai che ti piacerà. –
Giorgio si arrese ed entrò nella vasca da bagno. Bianca lo depilò e lo fece eccitare toccandolo dappertutto. Giorgio era momentaneamente senza gabbietta e le attenzioni della moglie lo eccitarono oltre ogni limite. Ma le istruzioni di Don Pasquale erano di non farlo venire. Bianca le eseguì e lo rimise ancora in gabbia. Per tutta la preparazione Giorgio rimase eccitato. Lei lo truccò sapientemente e poi lo aiutò a vestirsi. Quindi lo fece camminare sui tacchi fino a sfinirlo, ma mantenendolo sempre sulla corda, le bastava toccarlo sulle natiche o pizzicarlo sui capezzoli e lui smaniava.
Quando Don Pasquale, la sera, rientrò, Giorgio era sfinito e stressato, ma sempre più eccitato, in modo parossistico. Bianca lo aveva toccato, sfiorato, accarezzato per tutto il giorno sapientemente.
Don Pasquale sorrise vedendolo e si sedette in poltrona soddisfatto.
- Vieni qui Giorgia – le disse, - sei venuta bene, quasi quasi ti mando nel mio bordello a battere, per quelli come te c’è richiesta. – Don Pasquale nel suo bordello non aveva travestiti, solo puttane femmine biologiche, ma Giorgio, anzi Giorgia, non lo sapeva e quasi svenne, le gambe le tremavano e non ce la faceva ad avvicinarsi al Padrone, che alla fine le disse. – O vieni qui, o mi costringi ad alzarmi e poi sarà peggio. –
Giorgio si avvicinò e Don Pasquale lo brancicò e se lo mise sulle gambe, tastandolo sulle lunghe cosce e strizzandolo sui capezzoli. Giorgia era liscia e morbida, tonica e setosa, e si stava di nuovo eccitando. Le mani di Don Pasquale erano forti e sapevano come manovrarlo. Giorgia non si capacitava di quelle sue reazioni, fino a quel momento sapeva di essere uno schiavo sottomesso, anche a uomini, ma senza implicazioni sessuali dirette. Gli uomini dovevano desiderare sua moglie, non lui, lui doveva essere solo punito e umiliato. Lui pensava di essere comunque etero, anche se la lunga castità lo aveva trasformato più di quanto non se rendesse conto. Quelle mani invece lo stavano facendo impazzire, provava nuove pulsioni e sensazioni, aveva la pelle d’oca e il suo corpo era surriscaldato. Il cazzetto in gabbietta pulsava, cercava di rizzare, ma Giorgia sentiva solo un indolenzimento. Strusciava desiderosa le cosce una contro l’altra. Cosa desiderava? Non osava pensarlo anche se iniziava a rendersene conto. – Ti piace Giorgia? –
Giorgia non rispondeva, si vergognava e la domanda le sembrava retorica. Poi Don Pasquale lo lasciò scivolare a terra tenendolo tra le gambe e lui tra quelle gambe si mise in ginocchio aspettando.
Per Don Pasquale era la prima volta, ma si stava divertendo, lui preferiva Bianca o qualsiasi altra bella puttana della sua scuderia, ma voleva marcare Giorgia. Farle capire che era diventata la sua puttanella. Ora si sarebbe fatto fare un pompino e prima o dopo sapeva che se lo doveva inculare per segnarlo completamente. Lo avrebbe fatto raramente, avrebbe lasciato il compito alla sua serva, per rafforzare il legame tra di loro.
Don Pasquale si tirò giù la patta. Il suo cazzone svettò a pochi centimetri dalle labbra di Giorgia. Che guardò quel cazzo affascinata senza però decidersi a imboccarlo. Don Pasquale non parlava, aspettava paziente. Poi fu Bianca che mise una mano dietro la nuca di Giorgia e lo spinse in avanti e Giorgia lo prese. Dapprima esitante, poi con sempre maggior gusto.
Tanto che Don Pasquale lo dovette redarguire. – Piano troietta… e non voglio sentire i dentini. – Giorgia respirò e cercò di calmarsi, poi riprese e fu brava. Don Pasquale grugnì.
A un certo punto Bianca, che da qualche minuto non si sentiva, lo portò a quattro zampe e si distese su di lui. Giorgia sentendo le tettine della moglie sulle sue spalle si eccitò ulteriormente, sentì anche altro, ma non immaginava. Bianca lo penetrò gentilmente e Giorgia scartò, ma Don Pasquale le strinse la testa tra le cosce – non ti muovere troia. –
Bianca entrò e lo morse sulle spalle, poi si sollevò sulle ginocchia e iniziò a fottersela. – Mio bel maritino, da oggi sarai la mia puttanella. –
Giorgia non rispose, aveva la bocca piena del cazzo del suo Padrone, era una umiliazione pesante, ma l’idea non le dispiaceva. Bianca lo capì quando lo sentì distendersi e iniziare ad andare incontro al suo cazzo.

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2021-11-03
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