La doccia
di
Peppe
genere
etero
Il desiderio di lei si era fatto così urgente da farlo salire su un treno per percorrere i 700 km che li separavano. Alla stazione un saluto fugace, un bacio quasi rubato, ma altrettanto appassionato, chiaro preludio di ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco. Il ceck in nell’albergo si era svolto in maniera veloce. Senza dimostrare alcuna fretta, ma impossessati da una complicità invisibile, si avviarono verso la camera assegnata. Chiusa la porta alle spalle lui la sorprese:immediatamente la afferrò spingendola verso il muro e la baciò con una tale passione da lasciarla leggermente stordita. Il bacio si prolungò sempre più voluttuoso e quasi violento. La sua lingua si insinuava prepotentemente tra quelle labbra così carnose, così maledettamente indecenti, così adatte a ….
Lei capì che questa volta qualcosa sarebbe cambiato. Senza una parola lui la prostrò brutalmente in ginocchio. Con una frenesia inconsueta liberò il suo grosso membro dalla costrizione dell’intimo, le afferrò la testa e lo spinse nella sua gola, in fondo, sempre più in fondo, con colpi cadenzati e decisi. Lei stranamente obbediente lo ingoiò interamente, procurandogli una sensazione di incredibile eccitazione. Si dedicò a lui con il massimo della sua devozione, lo leccava, lo succhiava, roteava la lingua intorno al glande e lo stringeva con la mano facendolo scivolare con un movimento ritmico, in una presa inarrestabile. Stavolta era questo che lui pretendeva da lei: un’ emozione forte, un coinvolgimento totale, di quelli che ti fanno dimenticare il tempo e lo spazio, ma che ti rendono cosciente di ogni attimo. Lei era sempre in ginocchio davanti a lui e lui continuava ad affondarlo nella sua gola come mai aveva fatto prima. Lei intuì tutta l’attesa repressa, tutti i sogni e le aspettative
Non si risparmiò neanche quella volta e come sempre rese unico un gesto che ha le sue regole, ma che lei conduceva a modo suo senza ricordarsi delle tecniche, ma con quel particolare fascino dato proprio dall’assenza di regole e di consuetudini. Lui sembrava volesse prolungare quell’estasi all’infinito ma, senza consumare il suo desiderio in un finale ormai vicinissimo. Lei avvertì il sapore dolciastro delle prime gocce di sperma, quelle che precedono di poco l’eplosione. Il suo fallo sembrava potesse scoppiarle in gola da un momento all’altro, quando lui si ritirò ebbro, ma con progetti diversi.
Allora l’allontanò.
Scambiarono appena qualche parola e lei iniziò a svestirsi con movimenti lenti e pigri. Se fosse stata un animale sarebbe sicuramente stata una gatta. Il suo corpo nudo era come sempre morbido e sensuale, ma di una sensualità naturale, spontanea, innata, un regalo concessole dalla natura, che non aveva bisogno di essere enfatizzata tanto imperioso era il richiamo primordiale.
Si diresse verso la stanza da bagno, ampia, lussuosa, con asciugamani morbidi e profumati di aromi inebrianti. La sua attenzione fu colpita da una doccia che in quel momento le sembrò una piazza, unico divisorio una parete di cristallo. Lo chiamò e gli chiese di lavarla. Con le braccia aperte e le mani appoggiate alla parete di mosaico protese il suo corpo in una posizione inequivocabile: le gambe divaricate, la schiena inarcata fino al limite perché non si spezzasse in due, i glutei sempre più invitanti, provocatoriamente spinti indietro, senza pudore, senza vergogna. Gli chiese di accarezzarla tutta con una schiuma profumata, gli chiese di lavarla dentro e fuori. Lui iniziò questo nuovo rituale con dedizione assoluta, assecondando sapientemente la sua richiesta. Le sue mani si attardavano sulla pelle di lei bruciante. Le accarezzava il seno, poi lo strizzava, le mordeva i capezzoli. Strusciava il suo corpo contro quello di lei premendole contro il suo sesso, Lei si muoveva lentamente, inarcandosi sempre di più, in una richiesta ormai esplicita, fatta di posizioni e intuizioni, ma senza neanche una parola. Lui non aveva bisogno di essere guidato, conosceva le sue perversioni: le lavò le “altre labbra”, penetrò con più dita la morbida e setosa vagina e vi sostò a lungo giocando eroticamente. Dopo averla accuratamente pulita, le penetrò l’ano ruotando un dito prima all’esterno, poi sempre più dentro e anche qui si attardò in un piacere sempre più crescente. Alternandosi le penetrava con le dita, la vagina e l’ano, quando inaspettatamente, senza alcuna cautela, affondò il suo fallo rigido come il marmo fino ai testicoli, in quel luogo recondito, che non è concesso a tutti di esplorare. L’atto fu così impetuoso e irruento che lei non potè trattenersi dall’emettere un lacerante grido di dolore. Incurante, al contrario inebriato dalla sua potenza lui continuò a spingere fino in fondo il suo sesso gonfio e imponente, pronto ad esplodere per il desiderio trattenuto. E più lo affondava, più lei godeva, tanto che l’urlo si trasformò in un susseguirsi di gemiti di intenso e irrefrenabile piacere. Lui la stava letteralmente lacerando, ma il piacere diveniva sempre più imperioso e l’unica cosa al mondo che lei ora desiderava era che lui prolungasse il più a lungo possibile quell’atto di peccaminosa lussuria.
I corpi scossi da brividi violenti, il respiro ansimante per entrambi e lei capì che lui non sarebbe riuscito a trattenersi ancora a lungo. E in un gemito quasi simile al pianto ripiegato su se stesso, lui permise al suo seme caldo di invaderle quel tunnel più stretto, più liscio e sensibile di qualsiasi vagina. Immobili, quasi trasognati, con le gambe tremanti per l’intensità dell’atto, rimasero così, per un tempo indefinito. Il suo membro però non accennava a ritirarsi, come nella natura delle cose avrebbe dovuto essere e l’ anello dell’ano di lei lo imprigionava ancora in una morsa di piacere.
Quando esausti si sdraiarono sul letto, nei loro occhi divenuti liquidi ed esangui si poteva solo leggere quanto la passione li avesse travolti lasciandoli quasi tramortiti ma, come sempre, questo era solo l’inizio…………..
Lei capì che questa volta qualcosa sarebbe cambiato. Senza una parola lui la prostrò brutalmente in ginocchio. Con una frenesia inconsueta liberò il suo grosso membro dalla costrizione dell’intimo, le afferrò la testa e lo spinse nella sua gola, in fondo, sempre più in fondo, con colpi cadenzati e decisi. Lei stranamente obbediente lo ingoiò interamente, procurandogli una sensazione di incredibile eccitazione. Si dedicò a lui con il massimo della sua devozione, lo leccava, lo succhiava, roteava la lingua intorno al glande e lo stringeva con la mano facendolo scivolare con un movimento ritmico, in una presa inarrestabile. Stavolta era questo che lui pretendeva da lei: un’ emozione forte, un coinvolgimento totale, di quelli che ti fanno dimenticare il tempo e lo spazio, ma che ti rendono cosciente di ogni attimo. Lei era sempre in ginocchio davanti a lui e lui continuava ad affondarlo nella sua gola come mai aveva fatto prima. Lei intuì tutta l’attesa repressa, tutti i sogni e le aspettative
Non si risparmiò neanche quella volta e come sempre rese unico un gesto che ha le sue regole, ma che lei conduceva a modo suo senza ricordarsi delle tecniche, ma con quel particolare fascino dato proprio dall’assenza di regole e di consuetudini. Lui sembrava volesse prolungare quell’estasi all’infinito ma, senza consumare il suo desiderio in un finale ormai vicinissimo. Lei avvertì il sapore dolciastro delle prime gocce di sperma, quelle che precedono di poco l’eplosione. Il suo fallo sembrava potesse scoppiarle in gola da un momento all’altro, quando lui si ritirò ebbro, ma con progetti diversi.
Allora l’allontanò.
Scambiarono appena qualche parola e lei iniziò a svestirsi con movimenti lenti e pigri. Se fosse stata un animale sarebbe sicuramente stata una gatta. Il suo corpo nudo era come sempre morbido e sensuale, ma di una sensualità naturale, spontanea, innata, un regalo concessole dalla natura, che non aveva bisogno di essere enfatizzata tanto imperioso era il richiamo primordiale.
Si diresse verso la stanza da bagno, ampia, lussuosa, con asciugamani morbidi e profumati di aromi inebrianti. La sua attenzione fu colpita da una doccia che in quel momento le sembrò una piazza, unico divisorio una parete di cristallo. Lo chiamò e gli chiese di lavarla. Con le braccia aperte e le mani appoggiate alla parete di mosaico protese il suo corpo in una posizione inequivocabile: le gambe divaricate, la schiena inarcata fino al limite perché non si spezzasse in due, i glutei sempre più invitanti, provocatoriamente spinti indietro, senza pudore, senza vergogna. Gli chiese di accarezzarla tutta con una schiuma profumata, gli chiese di lavarla dentro e fuori. Lui iniziò questo nuovo rituale con dedizione assoluta, assecondando sapientemente la sua richiesta. Le sue mani si attardavano sulla pelle di lei bruciante. Le accarezzava il seno, poi lo strizzava, le mordeva i capezzoli. Strusciava il suo corpo contro quello di lei premendole contro il suo sesso, Lei si muoveva lentamente, inarcandosi sempre di più, in una richiesta ormai esplicita, fatta di posizioni e intuizioni, ma senza neanche una parola. Lui non aveva bisogno di essere guidato, conosceva le sue perversioni: le lavò le “altre labbra”, penetrò con più dita la morbida e setosa vagina e vi sostò a lungo giocando eroticamente. Dopo averla accuratamente pulita, le penetrò l’ano ruotando un dito prima all’esterno, poi sempre più dentro e anche qui si attardò in un piacere sempre più crescente. Alternandosi le penetrava con le dita, la vagina e l’ano, quando inaspettatamente, senza alcuna cautela, affondò il suo fallo rigido come il marmo fino ai testicoli, in quel luogo recondito, che non è concesso a tutti di esplorare. L’atto fu così impetuoso e irruento che lei non potè trattenersi dall’emettere un lacerante grido di dolore. Incurante, al contrario inebriato dalla sua potenza lui continuò a spingere fino in fondo il suo sesso gonfio e imponente, pronto ad esplodere per il desiderio trattenuto. E più lo affondava, più lei godeva, tanto che l’urlo si trasformò in un susseguirsi di gemiti di intenso e irrefrenabile piacere. Lui la stava letteralmente lacerando, ma il piacere diveniva sempre più imperioso e l’unica cosa al mondo che lei ora desiderava era che lui prolungasse il più a lungo possibile quell’atto di peccaminosa lussuria.
I corpi scossi da brividi violenti, il respiro ansimante per entrambi e lei capì che lui non sarebbe riuscito a trattenersi ancora a lungo. E in un gemito quasi simile al pianto ripiegato su se stesso, lui permise al suo seme caldo di invaderle quel tunnel più stretto, più liscio e sensibile di qualsiasi vagina. Immobili, quasi trasognati, con le gambe tremanti per l’intensità dell’atto, rimasero così, per un tempo indefinito. Il suo membro però non accennava a ritirarsi, come nella natura delle cose avrebbe dovuto essere e l’ anello dell’ano di lei lo imprigionava ancora in una morsa di piacere.
Quando esausti si sdraiarono sul letto, nei loro occhi divenuti liquidi ed esangui si poteva solo leggere quanto la passione li avesse travolti lasciandoli quasi tramortiti ma, come sempre, questo era solo l’inizio…………..
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