Da bravo - Ciclo E.
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tradimenti
Lei: "Aspettami qui, da bravo."
Mi aveva detto guardandomi negli occhi, dopo una carezza e un bacio sulla fronte. Come si fa con il proprio cagnolino prima di uscire di casa lasciandolo solo.
Non era riuscita a mascherare il sorriso e uno sguardo divertito, facendomi così realizzare per l'ennesima volta quanto fosse divertita ed eccitata da quello che mi stava facendo.
Io: "In realtà avrei fissato con gli altri, ci andiamo a prendere una birra. Al meno mi svago e non ci penso."
Il sorriso le era scomparso dal viso e mi guardò come se le avessi detto che non sarei venuto a cena a casa dei suoi per uscire con i miei amici.
Mi aspettavo dicesse qualcosa, aspettavo una sua reazione che invece non ci fu. Rimase in silenzio a fissarmi dritto negli occhi senza battere un ciglio con quell'espressione.
Io: "Beh?! Che c'è?"
Ancora silenzio.
Io: "Dai amore per favore non scherziamo! Non solo devo accompagnarti dal tuo amante e venirti a riprendere, ma devo anche aspettarti in macchina sotto casa sua?!"
Ancora silenzio.
Io: "E poi da quando torni a dormire a casa? Sei sempre rimasta a dormire da lui!"
Effettivamente solo allora mi resi conto di quanto fosse strana la cosa. Inizialmente non avevo fatto domande perché in fondo ero felice che tornasse a dormire a casa e anche perché in genere non mi era concesso farle. Quelle tre/quattro volte a settimana in cui mia moglie si vedeva con il suo ragazzo rimaneva sempre a dormire da lui. In quell'appartamento che divideva con altri 2 ragazzi della sua stessa età. Questa e poche altre cose sapevo di lui: studente fuori sede, tra i 20 e i 25 anni (quindi più giovane di noi di al meno una decina d'anni) e decisamente ben dotato o al meno molto più dotato e capace di me, stando ai resoconti non richiesti che mia moglie ogni volta mi faceva dopo i loro incontri. Durante quei resoconti vedevo sul suo volto lo stesso sorriso e lo stesso sguardo di cui prima. Era parte del gioco, parte della tortura. Così come lo era tenermi all'oscuro di tutto il resto, ignorare le mie domande, redarguirmi quando mi facevo troppo insistente, ricordarmi quale era il mio posto.
Io: "Allora? Come mai vuoi tornare a casa stasera?"
Lei: "Innanzitutto datti una calmata. Cosa sono tutte queste domande? Non vuoi che tua moglie torni a dormire con te nel tuo letto? Ultimamente non capita spesso, invece di arrabbiarti dovresti mostrare un po di riconoscenza. Mi aspettavo di vederti felice della cosa."
La freddezza e durezza con le quali le erano uscite queste parole mi avevano riportato coi piedi per terra. Per un attimo mi ero lasciato andare scordandomi che io non avevo il diritto di arrabbiarmi con lei per queste cose. Le bastava il suo sguardo severo per pietrificarmi. Avevo lo sguardo basso, il capo chino schiacciato dalla sua autorità. Più il tempo passava in quella situazione e più mi facevo piccolo. Iniziai a sentirmi in colpa, lei si aspettava che fossi felice del fatto che voleva tornare a casa e invece io le avevo risposto in quel modo. Lei pretendeva sempre e comunque la mia sottomessa accondiscendenza, in quell’occasione non ero stato in grado di dimostrargliela e per questo mi sentivo in colpa. Lei mi leggeva come un libro aperto ed infatti si rese conto della mia mortificazione, ma c’era solo un modo per riprendere il dialogo ed era sempre lo stesso quando la mia indisciplina ci portava a quelle situazioni.
Io: “Scusa. Ho sbagliato.”
Lei: “Eccome.”
Si prese ancora qualche secondo, poi cominciò ad accarezzarmi la testa e le fui estremamente grato di quel gesto, come un cane che dopo essere stato sgridato va dal padrone a prendersi il perdono con la coda tra le gambe.
Io: “Se tornerai a casa a dormire stanotte sarò l’uomo più felice del mondo. Solo non capisco perché dovrei aspettarti qui in macchina da solo. Mi puoi chiamare appena avete fatto.”
Lei: “Perché voglio così.”
Io: “A lui va bene che torni a casa a dormire?”
Lei: “A dire il vero è stata un’idea sua”
Rimasi un attimo perplesso, poi capii. Seguirono secondi di silenzio in cui riapparì sul suo volto quel sorriso sadico perché anche lei capii che avevo capito. Mi guardava come dire “avanti chiedimelo” e io ovviamente, come sempre l’assecondai e chiesi
Io: “E’ stata una sua idea vero? Te lo ha detto lui di ordinarmi di aspettarti sotto casa sua durante il vostro incontro.”
Lei: “Si.”
Io: “Perché?”
Lei: “Perché lo arrapa. Perché l’idea di farti cornuto lo fa scopare meglio e io voglio essere scopata al meglio. Perché è lui è come me.”
Era radiosa, visibilmente eccitata. Per lei questi erano come preliminari.
Lei: “Che gli devo dire? Sarai ubbidiente? Mi aspetterai qui?”
Io: “Quanto dovrò aspettare?”
Lei: “Risposta sbagliata.”
Sconfitto, con lo sguardo fisso davanti: “Si, digli che sarò qui ad aspettarti.”
Aspettò che mi voltassi di nuovo a guardarla prima di rispondermi divertita
Lei: “E bravo il mio cornuto. Come premio stanotte, tornati a casa, ti libero dalla gabbietta, dopo due settimane devi averne proprio bisogno.”
Al che l’unica cosa che mi venne di dire fu un commosso e sincero
Io: “Grazie.”
Uscì di macchina, attraverso la strada e suonò al portone. Non si voltò mai, la vidi sparire dietro la porta. Passai le successive due ore in preda ai tormenti, finendo tutte le sigarette che mi erano rimaste, finendo quasi la batteria del cellulare tra giochi e social. Iniziai a pensare che si fossero addormentati, che si fossero scordati di me. Ogni tanto però vedevo le tende delle finestre al secondo piano muoversi. Mi controllavano, controllavano che fossi ancora lì, come mi era stato ordinato. Alla fine, introno all’una di notte, quando anche i miei amici erano tutti andati a casa, ricevetti un messaggio vocale dal suo cellulare.
L’altro: “Non credevo saresti rimasto e invece tua moglie aveva ragione. Sei proprio un bravo cornuto! Dopo più di due ore sei ancora lì accuccia. Adesso però l’esperimento è finito, ci hai fatto davvero divertire (mia moglie rideva in sottofondo). Vattene a casa, tua moglie dorme con me, come sempre. La verrai a prendere domani.”
E infine
Lei: “Ciao caro! Ti mando un messaggio quando venire a prendermi, fai sogni d’oro. Ti libero domani dalla gabbietta promesso!”
Mi aveva detto guardandomi negli occhi, dopo una carezza e un bacio sulla fronte. Come si fa con il proprio cagnolino prima di uscire di casa lasciandolo solo.
Non era riuscita a mascherare il sorriso e uno sguardo divertito, facendomi così realizzare per l'ennesima volta quanto fosse divertita ed eccitata da quello che mi stava facendo.
Io: "In realtà avrei fissato con gli altri, ci andiamo a prendere una birra. Al meno mi svago e non ci penso."
Il sorriso le era scomparso dal viso e mi guardò come se le avessi detto che non sarei venuto a cena a casa dei suoi per uscire con i miei amici.
Mi aspettavo dicesse qualcosa, aspettavo una sua reazione che invece non ci fu. Rimase in silenzio a fissarmi dritto negli occhi senza battere un ciglio con quell'espressione.
Io: "Beh?! Che c'è?"
Ancora silenzio.
Io: "Dai amore per favore non scherziamo! Non solo devo accompagnarti dal tuo amante e venirti a riprendere, ma devo anche aspettarti in macchina sotto casa sua?!"
Ancora silenzio.
Io: "E poi da quando torni a dormire a casa? Sei sempre rimasta a dormire da lui!"
Effettivamente solo allora mi resi conto di quanto fosse strana la cosa. Inizialmente non avevo fatto domande perché in fondo ero felice che tornasse a dormire a casa e anche perché in genere non mi era concesso farle. Quelle tre/quattro volte a settimana in cui mia moglie si vedeva con il suo ragazzo rimaneva sempre a dormire da lui. In quell'appartamento che divideva con altri 2 ragazzi della sua stessa età. Questa e poche altre cose sapevo di lui: studente fuori sede, tra i 20 e i 25 anni (quindi più giovane di noi di al meno una decina d'anni) e decisamente ben dotato o al meno molto più dotato e capace di me, stando ai resoconti non richiesti che mia moglie ogni volta mi faceva dopo i loro incontri. Durante quei resoconti vedevo sul suo volto lo stesso sorriso e lo stesso sguardo di cui prima. Era parte del gioco, parte della tortura. Così come lo era tenermi all'oscuro di tutto il resto, ignorare le mie domande, redarguirmi quando mi facevo troppo insistente, ricordarmi quale era il mio posto.
Io: "Allora? Come mai vuoi tornare a casa stasera?"
Lei: "Innanzitutto datti una calmata. Cosa sono tutte queste domande? Non vuoi che tua moglie torni a dormire con te nel tuo letto? Ultimamente non capita spesso, invece di arrabbiarti dovresti mostrare un po di riconoscenza. Mi aspettavo di vederti felice della cosa."
La freddezza e durezza con le quali le erano uscite queste parole mi avevano riportato coi piedi per terra. Per un attimo mi ero lasciato andare scordandomi che io non avevo il diritto di arrabbiarmi con lei per queste cose. Le bastava il suo sguardo severo per pietrificarmi. Avevo lo sguardo basso, il capo chino schiacciato dalla sua autorità. Più il tempo passava in quella situazione e più mi facevo piccolo. Iniziai a sentirmi in colpa, lei si aspettava che fossi felice del fatto che voleva tornare a casa e invece io le avevo risposto in quel modo. Lei pretendeva sempre e comunque la mia sottomessa accondiscendenza, in quell’occasione non ero stato in grado di dimostrargliela e per questo mi sentivo in colpa. Lei mi leggeva come un libro aperto ed infatti si rese conto della mia mortificazione, ma c’era solo un modo per riprendere il dialogo ed era sempre lo stesso quando la mia indisciplina ci portava a quelle situazioni.
Io: “Scusa. Ho sbagliato.”
Lei: “Eccome.”
Si prese ancora qualche secondo, poi cominciò ad accarezzarmi la testa e le fui estremamente grato di quel gesto, come un cane che dopo essere stato sgridato va dal padrone a prendersi il perdono con la coda tra le gambe.
Io: “Se tornerai a casa a dormire stanotte sarò l’uomo più felice del mondo. Solo non capisco perché dovrei aspettarti qui in macchina da solo. Mi puoi chiamare appena avete fatto.”
Lei: “Perché voglio così.”
Io: “A lui va bene che torni a casa a dormire?”
Lei: “A dire il vero è stata un’idea sua”
Rimasi un attimo perplesso, poi capii. Seguirono secondi di silenzio in cui riapparì sul suo volto quel sorriso sadico perché anche lei capii che avevo capito. Mi guardava come dire “avanti chiedimelo” e io ovviamente, come sempre l’assecondai e chiesi
Io: “E’ stata una sua idea vero? Te lo ha detto lui di ordinarmi di aspettarti sotto casa sua durante il vostro incontro.”
Lei: “Si.”
Io: “Perché?”
Lei: “Perché lo arrapa. Perché l’idea di farti cornuto lo fa scopare meglio e io voglio essere scopata al meglio. Perché è lui è come me.”
Era radiosa, visibilmente eccitata. Per lei questi erano come preliminari.
Lei: “Che gli devo dire? Sarai ubbidiente? Mi aspetterai qui?”
Io: “Quanto dovrò aspettare?”
Lei: “Risposta sbagliata.”
Sconfitto, con lo sguardo fisso davanti: “Si, digli che sarò qui ad aspettarti.”
Aspettò che mi voltassi di nuovo a guardarla prima di rispondermi divertita
Lei: “E bravo il mio cornuto. Come premio stanotte, tornati a casa, ti libero dalla gabbietta, dopo due settimane devi averne proprio bisogno.”
Al che l’unica cosa che mi venne di dire fu un commosso e sincero
Io: “Grazie.”
Uscì di macchina, attraverso la strada e suonò al portone. Non si voltò mai, la vidi sparire dietro la porta. Passai le successive due ore in preda ai tormenti, finendo tutte le sigarette che mi erano rimaste, finendo quasi la batteria del cellulare tra giochi e social. Iniziai a pensare che si fossero addormentati, che si fossero scordati di me. Ogni tanto però vedevo le tende delle finestre al secondo piano muoversi. Mi controllavano, controllavano che fossi ancora lì, come mi era stato ordinato. Alla fine, introno all’una di notte, quando anche i miei amici erano tutti andati a casa, ricevetti un messaggio vocale dal suo cellulare.
L’altro: “Non credevo saresti rimasto e invece tua moglie aveva ragione. Sei proprio un bravo cornuto! Dopo più di due ore sei ancora lì accuccia. Adesso però l’esperimento è finito, ci hai fatto davvero divertire (mia moglie rideva in sottofondo). Vattene a casa, tua moglie dorme con me, come sempre. La verrai a prendere domani.”
E infine
Lei: “Ciao caro! Ti mando un messaggio quando venire a prendermi, fai sogni d’oro. Ti libero domani dalla gabbietta promesso!”
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