Quello che vuoi da me. Pt. 4
di
Numero primo encore
genere
bondage
Ho sempre adorato quel momento che non è più notte ma nemmeno aurora. Un soffio di brezza un soffio di vento un po’ più fresco mi sfiorò. Distolsi lo sguardo dal panorama di case illuminate che stavo osservando da un po’ per osservarmi i capezzoli inturgiditi dalla brezza, ancora doloranti per i giochi a cui Marco piaceva sempre sottopormi, dopo la scoperta dell’effetto che mi facevano.
- Questa non l’avevo mai vista, credimi. So che è piacevole, ovvio, ma non avevo mai trovato una così sensibile da arrivare all’orgasmo facendosi tirare i capezzoli.
- E invece, eccomi qui – gli avevo sorriso di rimando una volta, mentre mi slegava dalla testiera del letto dopo che uno dei suoi trattamenti con dita, pinzette, ghiaccio e candele mi avevano portato ad un orgasmo – sempre pronta a stupirmi e a stupirti, amore mio.
- Come fai a perdonarmi per non riuscire ancora a chiamarti nello stesso modo?
- Ho amore per entrambi, mi basta.
E so che mi ami anche tu, ma non riesci semplicemente ad ammetterlo, nemmeno a te stesso. Ma non mi importa, mi dimostri cosa provi senza parole vuote. Davvero non aveva nessuna importanza nulla, chi mi aveva detto di amarmi prima di te finora aveva sempre mentito o quasi, e preferivo il tuo amore non dichiarato, tutte le tue attenzioni, e il modo in cui si distendeva il tuo sguardo quando ti entravo nel campo visivo a qualsiasi altra cosa. Anche se la mia fosse stata solo un’illusione, mi sarei fatta bastare quanto mi facevi sentire protetta, apprezzata e importante per te. Avevo fatto la scelta di essere la tua regina schiava per esserti sempre accanto come allora, non per sperare di cambiarti.
La mia ultima richiesta lo aveva un po’ sorpreso
- E perché vorresti fare questa cosa?
- Non lo so. Mi andrebbe
- Vuoi diventare una strega?
- No. Perché sarebbe una cosa da strega?
- Perché è il solstizio d’estate, sembra che tu voglia fare una specie di rituale
- Quello forse sì, ma lo farei per me. O se preferisci per te. Domani sarà la prima alba dell’estate, e vorrei vederla in quel modo. A casa mia non ho un terrazzo come la tua piazza sopraelevata. Ma se vuoi si può fare dove ti viene in mente. Magari al mare
- Trovando un posto in riva al mare esposto ad est senza gente.
- Praticamente impossibile
- Dovremmo impegnarci un po’.
La gente poi non sarebbe stata un gran problema. La polizia che la gente avrebbe chiamato invece sì
- Magari per l’anno prossimo ci organizziamo meglio
- Ah vuoi pure rifarlo?
- Forse. Potrebbe diventare una nostra tradizione
- Se ti fa piacere
- Va bene. Ma io che ci guadagno?
- Il prima e il dopo. Come sempre.
- Dopo una notte così vorrai solo dormire, non credi?
- Se vuoi hai modo di tenermi sveglia, o no?
- Sai che sono troppo buono di cuore
- So che mi ami, anche se non vuoi dirmelo
- Può darsi…
- Orso
- E tu sei una…
- Non dirlo!
- Gattona
Erano passati alcuni mesi da quando avevo lasciato Luca, che mi aveva dato un’occasione splendida per uscire pulita da una storia che evidentemente non contava più per entrambi, quando scopersi nel suo telefonino alcune foto. Da cretino quale solo Luca poteva essere, si era tenuto tutti i file multimediali delle sue conversazione con Fabio, tra i quali alcune immagini in cui lui ed una ragazza carina ma decisamente più bionda e grassa di me dimostravano una certa intimità. Mi presentai a lui con la sua faccia da idiota sullo schermo del cellulare, appoggiata sopra la spalla di lei da dietro, le sue mani a sorreggerle le tette mentre lei scattava un selfie, probabilmente nel bagno di qualche motel, ovviamente nuda. Poi ero io il cesso? pensai osservando le forme volgarotte di quella ragazza, per cui provai un misto di pena mista a gratitudine.
- Non voglio sapere altro – dentro ridevo, ma cercai di rendermi credibile nel ruolo della tradita – dammi solo il tempo di impacchettare le mie cose e trovare dove andare a metterle, poi mi levo di torno e ti lascio al tuo squallore.
Aveva provato debolmente a fermarmi, cercando come sempre di spacciarsi per la mia ultima spiaggia. Per fortuna la ragazza che per troppo tempo gli aveva creduto era scomparsa.
- Quindi secondo te dovrei stare qui, cornuta e contenta perché mi permetti di viverti accanto… Interessante, ma non fa per me. Scegli se vuoi dormire sul divano, sul letto di là o da qualche parte con quella tipa, basta che non cerchi di toccarmi. Fra qualche giorno sarai solo un brutto ricordo.
Frustrai i suoi tentativi di intavolare un inutile litigio e iniziai i preparativi di esodo, senza avere idea di dove andare e come portare in un qualunque altrove le mie cose. Uscii per schiarirmi le idee, cioè per sentirmi con Marco.
- L’ho lasciato. Adesso devo trovarmi un canile con aria condizionata, con quello che prendo è il massimo che posso permettermi. Però non riuscirò a ospitarti – cercai di nascondere il mio sconforto. Il lato pratico dell’andarmene da quella casa mi avrebbe impedito di evolvere vari altri lati della mia vita, ma era più che indispensabile dare prioritá alla questione. – A meno di un miracolo…
- Miracolo è il mio quattordicesimo nome. Sai, noi nobili...
- Io sono in un casino vero, non riesco a scherzare troppo. Vorrei non dover rientrare in quella casa, e non voglio tornare da mia madre a sentirla dire che sto facendo un errore, che dovrei pensarci, in fondo stiamo bene, c’è la casa e chissà che non le facciamo un nipotino. Però non riuscirò a trovare un posto così in fretta.
- Io invece sì, non ti agitare sempre per niente. Più o meno in zona ho una specie di loft che volevo usare come studio di posa, ma non ci ho mai fatto niente. Mi farebbe comodo avere qualcuno che apra ogni tanto le finestre.
- Stai scherzando. Non ne ho voglia, credimi, sono nella merda.
- Spalamerda è il diciottesimo titolo araldico. No, questo me lo sto inventando, però ti tiro fuori dai casini lo stesso. Quante persone vuoi che ti mandi per liberare il posto e trasferirti?
- Ci mancherebbe alt...
- Domattina diciamo alle 9 ti mando 4 operai e un furgone, va bene? Vedrai che basteranno, alla peggio fate 2 carichi, il posto è vicino. Adesso vuoi andare a dormire o preferisci parlare?
- Preferirei altro. Forse domani non sarei molto in forma però.
- Allora parliamo al telefono, e domani quando sarai anche più stanca inauguriamo la casa nuova.
- Posto nuovo che non so come pagarti. E le mie performance di modella o le prestazioni sessuali non possono essere considerate una contropartita – le mie preoccupazioni erano pressoché annullate, ma non volevo uscire da una dipendenza per entrare in un’altra – e non credo di poter considerare un secondo lavoro per pagare l’affitto.
- Allora diciamo così, se non è troppo presto per un discorso del genere
Oddio…
- Intanto riordina la tua vita senza pensare ai lati pratici. Se riesci a darmi qualcosa come affitto mi sta bene, avrai già bollette e tutto il resto a cui pensare e so che non ti strapagano. La casa non è un castello ma c’è tutto quello che serve, almeno per il momento, e non voglio da te niente che tu non voglia darmi. Poi vedremo, ma adesso che sei praticamente single potrei avere dei progetti da realizzare insieme. Ogni cosa a suo tempo, e adesso non potrei comunque lasciarti con il culo per terra e senza un tetto sopra i ricci. Prego!
- Ma io…
- Bastava che dicessi “grazie Marco!” Non ti do la casa per farti fare la mantenuta. Te la lascio usare perché siamo amici, non la uso e a te serve subito una sistemazione. E poi mi paghi l’affitto.
- Senti Marco, non…
- Domattina. 9 in punto. Fatti trovare. Vestita, visto che io non ci sarò. Ok?
- Non so cosa dire Marco, credimi
- Grazie. Basta e avanza
Stavo per piangere, ma non volevo che se ne accorgesse. Dovevo avere avuto un credito karma da riscuotere per essermelo trovato sulla mia strada. Ricacciai le lacrime e mi sforzai con qualche successo di avere una voce normale, possibilmente un po’ più calda del solito.
- Non sarò mai in grado di ripagarti per…
Sentii una serie di fischi e soffi, come se la comunicazione arrivasse dal centro di una tempesta
- Non ti sento Katia fshhhhhh, deve esserci uuuuiiiiii un’interferenza wuuuuuuuu. Mi spiashhhhhhhhh! Ci vediamo dom cià non ti sent fffffffff….
- Scemo…ti…adoro
- Cosaaaa? Non ti sssssssssshhhhhh
- Ti amo, lo sai
- Tu tu tu tu tu tu tu…
Ora stavo ridendo anche dentro. Il futuro mi sarebbe piaciuto, con lui vicino, in qualsiasi forma avesse deciso di esserci
- Vado a dormire Marco. Allora ti trovo alla casa?
- Ora mi senti? Chissà cos’è successo, ti sentivo solo a tratti. Ma dov’eri finita?
- Ah non so, io sono sotto casa. E non si muove una foglia
- Mistero
- Sí si, infatti. A domani
- A domani! Aspettami a casa, prendi possesso dell'abitazione, gli operai avranno le chiavi e sapranno cosa fare. Poi vedremo i cambi di arredamento che serviranno.
- Pure? Basterà quello che c’è, io mi porto dietro vestiti, libri e un cuscino...Anche tu hai le chiavi vero?
- Sí, ma se è un problema ti lascio tutte le copie.
- Tutt'altro. Domani portale con te, potrei non essere in grado di aprirti la porta
- Non c’è bisogno che tu faccia niente per...
- Ora stammi a sentire tu. Non ce n’è bisogno, lo farò perché vorrei farlo ora, ma non posso.
- Mmmh, ok, sto creando un mostro
- Più di quanto si possa pensare. Bacio, a domani
Vuotai l’appartamento dalle mie cose in una mattina, e bastò un solo carico per lasciarmi alle spalle quella parte della mia vita. I 4 ragazzi mi lasciarono poco più della parte di direttrice lavori. Lasciai le chiavi a Luca, che probabilmente era stupito si stava ancora domandando come avessi potuto organizzarmi così rapidamente.
- Non abbiamo più niente da dirci. D’altra parte, non che abbiamo davvero dialogato. Comunque grazie, di tutto.
Sí Luca, grazie delle umiliazioni, della poca considerazione, dell’avermi fatto sentire una nullità per poterti sentire qualcuno. Grazie per l’insoddisfazione verso me stessa che mi hai fatto sentire, e per avermi fatto capire che non volevo più essere trattata come mi hai trattata. E grazie per le corna, anche se non sai che nella peggiore delle ipotesi in quello siamo pari, e io te le ho fatte con gente con cui vai a vantarti delle tue conquiste. Dopo non avergli detto tutto ciò, mi voltai, lasciandolo al suo destino e incamminandomi verso il mio.
La casa era molto meglio di quanto potessi sperare. Mentre gli operai si facevano simbolicamente aiutare nel trasportare le mie cose all’ interno di essa, iniziai a valutare la nuova sistemazione. Era deliziosa, luminosissima e con un gran carattere. Se fossi rimasta lì a lungo avrei potuto arredarla con gusto, mescolando mobili moderni a quelli di legno antico che Marco aveva messo, senza far sfigurare nessuno dei due stili. Senza rendermene conto iniziai a immaginare in quali punti avrei potuto essere legata, alla mia nuova dimensione in quel luogo. Scelsi il modo in cui avrei voluto che Marco mi trovasse, e feci in modo che gli operai lasciassero quel punto sgombro. Rimasta sola già nel primo pomeriggio, scrissi al padrone di casa.
“Già finito di scaricare! Sono sola, inizio a vuotare le scatole. Pensi che ceneremo insieme per festeggiare?”
“Perfetto! Ti piace la casetta? Ottima idea la cena, facciamo intorno alle 9? Porto vino e dolce”
“Facciamo sushi? Me lo faccio portare e ti aspetto”
“Fantastico. Allora porto birra, champagne per il dolce”
“Non vedo l’ora”
Cominciai a riporre un po’ delle mie cose nella cabina armadio e negli armadi, preoccupandomi degli abiti più importanti. Gli ultimi che avevo acquistato. Quelli della rinascita. E poi libri e musica. Nella casa c’erano TV e stereo, e misi un CD dei Coldplay per smettere di pensare alla serata mentre cercavo di tenermi la testa impegnata con il lavoro manuale. Non mi stavo rendendo del tutto conto dell’enorme svolta della mia vita,a l’euforia che provavo mi stava facendo galleggiare sopra a tutto. Avevo avuto la fortuna di evitare un sacco di problemi, e potevo pensare a riorganizzarmi senza grossi problemi pratici da affrontare. Ordinai un mare di sushi chiedendo la consegna per molto prima dell’arrivo di Marco, e feci la prima doccia nel mio nuovo bagno nell’attesa. Il tavolo da pranzo era molto grande e occupava lo spazio vicino alla zona cucina senza essere troppo invadente. Dopo l’arrivo del rider mi tolsi l’accappatoio rimanendo nuda, senza preoccuparmi troppo delle ampie finestre da cui ero circondata. Le case erano tutte piuttosto lontane, e potevo camminare liberamente quasi ovunque. Preparai una corda che passai attorno ad una trave del soffitto per quello che poteva essere il dopocena, e mi concentrai per sistemarmi nel modo in cui avevo progettato di farmi trovare. Mi sistemai i capelli e truccai per essere al meglio, poi mi diressi al tavolo con le corde necessarie. L’idea di legarmi sul tavolo e posare il sushi su di me non sarebbe stata di facile realizzazione, ma un tavolino su cui posare l’ordinazione che avevo ricevuto mi aiutò non poco. Per prima cosa mi stesi sul tavolo e calcolai dove avrei dovuto fissare le corde, ciascuna con un nodo scorsoio per potermi legare prima le caviglie e poi i polsi senza riuscire a muovermi mentre sistemavo i pezzi di sushi su di me. Le caviglie non sarebbero state un problema quanto i polsi, che avrei dovuto stringere quasi alla cieca, soprattutto l’ultimo in cui avrei infilato la mano destra senza poter usare l’altra per aiutarmi. Mandai un ultimo messaggio a Marco
“Basta lavoro per oggi, mi stendo un attimo e ti aspetto. La tua presenza è vitale (faccina con la lingua)”. E pensai “non sai quanto” mentre lo scrivevo.
“Non mancherei per niente al mondo. Alle 9 sono lì”
Lasciai gli scorsoi per i polsi un po’ più larghi, senza che la lunghezza mi permettesse di riuscire a raggiungere una mano con l’altra per liberarmi. Volevo essere totalmente inerme. Volevo essere totalmente sua, in qualunque modo avesse desiderato. Mi sedetti sul tavolo, con il tavolino a portata di mano, e fissai le caviglie con le prime corde. Le gambe erano abbastanza larghe, e sarei stata completamente esposta alla vista di chiunque si affacciasse alla porta di ingresso, che avevo lasciata aperta. Anche se avesse dimenticato le chiavi, Marco avrebbe dovuto solamente usare la maniglia. Chiunque altro, pensai per un attimo, ma non aspettavo nessun altro. Posai qualche pezzo di sushi sulle cosce, tanto per non lasciarle inutilizzate del tutto, e posai soia wasabi tra di esse. Pensai che poteva essere una pessima idea, se Marco avesse deciso di provare a condire me anziché il sushi, ma accettai il rischio. Cercai di fare una composizione armonica, di decorarmi con una certa armonia, incorniciandomi l’inguine ed il ventre. Mi stesi, consapevole di potermi muovere il meno possibile mentre continuando a posare pezzi di riso, pesce ed alghe risalendo sul mio corpo e coprendo il petto, circondando i seni e posando gli ultimi due pezzi che potevo usare sopra i capezzoli. Alcuni pezzi avanzati rimasero nel vassoio, perché non sapevo più dove metterli. Ormai mancava poco all’ora in cui sarebbe arrivato Marco, e volevo essere assolutamente pronta. Trattenni il fiato mentre sollevavo le mani verso gli angoli dove speravo di trovare i cappi in cui infilare i polsi. Non potevo girare la testa perché avrei rischiato di rovinare la composizione, e non potevo strisciare con il dorso delle mani per non far cadere le corde e dover rifare tutto da capo. Le dita trovarono le corde, e muovendomi al rallentatore riuscii ad infilare le dita, facendomi strada senza tirare per non far stringere lo spazio che avevo calcolato appena sufficiente per entrare fino ai polsi ed intrappolarmi. Prima un polso e poi l’altro furono dentro, e con una piccola trazione mi ritrovai bloccata. Dovevo solo aspettare che Marco arrivasse. Sperare che non gli succedesse un qualsiasi intoppo tra dov’era e lì. E per fortuna non dovetti aspettare troppo per sentire il rumore della chiave nella serratura. Ero a corto di fiato, perché non riuscivo a sollevare abbastanza il petto per riempire i polmoni come avrei voluto.
- Mi aspettavo qualche stranezza da te, ma questo…
- Buon appetito!
- Guarda che prima di mangiarti devo fotografarti.
- Va bene, non posso oppormi molto
- Puoi sorridere, se vuoi. Ma non muoverti.
- Farò sempre quello che mi chiedi
Mise la bottiglia in frigo, poi imbracciò la macchina fotografica e mi girò intorno per riprendermi da tutti gli angoli, prima di posare la macchina. Mi baciò la fronte, e notando la mia bocca socchiusa si chinò a mordermi dolcemente il labbro inferiore.
- Ora ti mangio – calcó la voce su quel “ti” – e poi finalmente potrò fare alcune cose con te che abbiamo dovuto aspettare
- Ora sono libera…
- Ora puoi essere te stessa fino in fondo
- Lo so. E sarò la tua schiava, finché mi vorrai
Mangiò e imboccò me mentre mi raccontava la sua giornata. Io non smetttevo di guardare le sue mani eleganti impugnare che gesticolavano, gli occhi sorridenti che trasmettevano una grandissima energia, la voce che mi infondevano la calma di cui avevo un bisogno spasmodico, anche se dentro stavo ribollendo di desiderio. Volevo che mi prendesse, li su quel tavolo o in qualunque altro posto, ma il prima possibile. Ero quasi certa che la sera sarebbe finita con lui dentro di me, ma non volevo che si sentisse obbligato a farlo solo perché lo volevo io. Volevo che succedesse perché anche lui lo voleva.
- Il dolce dopo, ok?
- Come desidera il mio padrone, ovviamente
Notò la vena ironica delle mie parole, e mi posò una mano sull’attaccatura della coscia, facendola scivolare le dita verso l’interno della gamba con un sorriso che non prometteva niente di buono.
- Ragazza non fare la furba, adesso che non ho più il problema di non poterti lasciare segni, o di fare quello che mi viene in mente, potresti pagare cara quella tua insolenza, lo sai? Sai cosa potrei fare con quella salsina che so benissimo essere lì come suggerimento?
- Touchee…ma non credo tu abbia bisogno di imbeccate.
- Infatti. Ho abbastanza idee per entrambi.
- Lo so. La mia ti è piaciuta?
- Decisamente adorabile. Ora zitta però
Mi baciò con forza, premendo vigorosamente con la mano contro il mio inguine.
- Ora quindi sei solo mia
- Sì, completamente
- Stasera avrei voglia di farti male, ma non credo te lo meriti.
- E cosa mi merito?
Scopami scopami scopami. Ti prego dimmi che mi scoperai. Qui, ora, subito…
- Beeh, tanto per iniziare devi ridere. Tanto e di gusto.
- Ok…ma con te rido già tanto
- Non quanto stasera…
Le sue dita stavano già scorrendo il mio corpo, e sfiorandomi si lasciavano dietro una leggerissima scia di brividi
- Non vuoi farmi il solletico…
- Chi me lo impedirebbe? Tu?
Iniziai a muovermi per cercare di sfuggire al suo tocco. Il suo sguardo seguiva il movimento della mano che mi esplorava con misurata lentezza. Non aveva nemmeno iniziato ed io ero già in difficoltà nel trattenermi.
- Credo che sarà una serata lunga, sei molto sensibile un po’ dovunque…anche sotto le ascelle?
- No ti prego…
Gli bastò toccarmi perché iniziassi una risata sguaiata, quasi isterica. Posizionandosi dietro di me mise in moto anche l’altra mano, e iniziai ad impazzire. Era divertente ma terribile, e credetti che mi avrebbero sentito in tutto il paese
- Bastaaaa, basta, ti prego! – le sue mani vagavano su tutto il corpo, e ad ogni passata la mia sensibilità aumentava, ovunque mi toccasse. Quando si chinò su di me per solleticarmi le cosce sentii contro la testa quanto fosse eccitato. Ma non potevo rallegrarmene, ero troppo impegnata a non fare la pipì, e a non restare senza fiato – farò tutto quello che vuoi, ti prego fermati
- Sto già facendo quello che voglio, non puoi offrirmi niente che non possa già prendere
In pochi minuti ero sfinita, stanca più che dopo un allenamento pesante. Mi facevano male gli addominali, le gambe, le spalle. Forse capì, ed iniziò a rallentare, trasformando il solletico in carezze forti ma dolcissime. Mi baciò posando le mani sui seni che fino a quel momento non aveva quasi considerato. Le spinsi in alto inarcando la schiena.
- Puttanella, è presto ancora
Mugolai nella sua bocca. Con un altro mi sarebbe suonato offensivo, forse perché in altre occasioni mi ero comportata come tale nel mio dare sesso per ricevere qualche considerazione. Ma sentirlo da lui mi faceva sentire completa come donna e come femmina. Istintivamente contestualizzai quell’epiteto come una specie di complimento, e anche con una specie di offesa riuscì solo ad eccitarmi.
- Potresti farmi qualsiasi cosa e non riusciresti a farmi sentire sporca.
- Non è la mia intenzione
Mi strizzò i capezzoli fino a forzarmi un gemito a denti stretti, e mantenne la presa fino a farmi scendere una lacrima. Si chinò a leccarmela, poi la sua bocca scivolò sulla mia. Pensai che avrebbe potuto frustarmi e massaggiarmi le ferite con il sale e sarei stata solo grata ed eccitata. Come se mi avesse letto nel pensiero si scostò da me e si sfilò la cintura.
- Mi lascerai segni questa volta?
- Si, e non ti bendo. Voglio che tu veda arrivare i colpi, almeno per ora
Il primo colpo fu poco più che una carezza sul ventre. La pelle mi si scaldò leggermente, e non fiatai, attendendo gli altri che sarebbero sicuramente stati più forti. Sperimentò quello strumento arrotolandola di più o di meno sulla mano, colpendomi dalle cosce al petto. Mi spaventai un po’ quando salì sul tavolo, con la mia testa fra le sue scarpe, per colpirmi in mezzo alle cosce. Senza parlarmi, misurò la lunghezza giusta perché le scudisciate arrivassero precisamente dove ero più sensibile. Ripartì con un colpetto leggero, ma non ci volle molto per farmi temere la cinghiata successiva, che cercavo di accogliere senza muovermi o stringere le gambe.
- Fa molto male?
- Sopportabile…
Il movimento fulmineo del suo polso mi tolse il fiato, e mi irrigidii per non gridare troppo. Il dolore non era scemato del tutto quando la pelle della cinghia incontrò la mia, e alla terza discesa della cintura mi contrassi tutta intorno al dolore che dall’inguine irradiava in ogni mia fibra. Alzai la testa e vidi la mia pelle segnata interamente ricoperta da gocce di sudore. Ecco perché sto sentendo freddo, pensai mentre sentii arrivare un’altra frustata che mi fece sobbalzare. Marco scese dal tavolo, toccandomi fra le cosce e soffermandosi sui segni che percorse più volte con le sue dita. Provai un piacere mentale indescrivibile a quegli sfioramenti, quando sentii da lontano la voce di Marco che mi riportava alla realtà.
- Anche se sono io non dovresti allargare le gambe così appena ti tocco. In fondo sono sicuro che ti fa un male cane.
Alzai di nuovo la testa per capire di cosa stesse parlando, e non potei fare a meno di notare che aveva ragione. Senza nemmeno rendermene conto mi ero aperta per lui al massimo che le caviglie legate mi permettessero, con le corde che mi entravano nella pelle. Feci per ricompormi ma lui mi fermó.
- No schiava, ora devi restare così. Qualche altro colpo, e dovrai contarli. Ora fanno male?
- Tanto
- Bene. Se ti muovi o sbagli a contare si torna a 0
- Mi vuoi morta…
- Ti voglio schiava.
Si mise di fronte a me a circa un metro dai miei piedi, misurando ancora una volta la distanza giusta per colpirmi. Ogni colpo era peggio del precedente, ma riuscii a terminare quella prova dopo cinque frustate, a cui avevo grugnito digrignando i denti per non urlare. Con calma si infilò la cintura nei passanti.
- Chiudi le gambe ora.
Riprese la fotocamera e salì sul soppalco da cui scattò altre foto, poi scese e tornò da me per slegarmi le caviglie. Piegai le gambe, ma il sollievo che provai nel piegare le ginocchia si stemperò nel bruciore che mi saliva dall’inguine. Con un tovagliolo mi asciugò la fronte e gli occhi e mi sistemò i capelli. Adoravo le sue attenzioni.
- Non ho finito, ora però facciamo una pausa. Ma vorrei che restassi nuda, se non hai troppo freddo.
- Certo, se ti fa piacere
Mi ricordai che dovevo andare in bagno.
- Mi accompagneresti a fare la pipì? Sempre che ci riesca…
Mi guardò con la dolcezza di quando non era il mio padrone, e dopo avermi slegato i polsi osservò i segni delle corde.
- Devi stare attenta, gli scorsoi fermano la circolazione, più li tiri più si stringono. Hai le mani viola ..
- Non avevo tanto tempo, mi è venuto in mente solo quello.
Feci per allungare una mano verso il basso ma mi prese il braccio prima che potessi raggiungere l’ombelico.
- Non toccarti ora. In bagno sciacquati con acqua fredda, ti darà sollievo. Ci sono andato un po’ pesante. Mi aiutò a sollevarmi, poi si allontanò alla ricerca di qualcosa
- Guarda che a me è piaciuto un sacco! – dissi a voce alta, come fosse andato all’altro capo del paese.
- Lo so, ho visto! Però sei ghiacciata, Cristo di un Dio! – fece lui scendendo dalla scala con una coperta in mano – adesso ti scaldi, altro che nuda. Aspetta…
Andò al termostato ed alzò a temperatura tropicale il riscaldamento mentre mi avvolgevo la coperta attorno al corpo e mi alzavo dal tavolo.
- Ehi, piano con quell’affare. Pago io qui.
- Non rompere. E non preoccuparti. Non dovevi andare in bagno?
- Prrr – gli feci una pernacchia a cui Marco non replicò, scuotendo la testa mentre sorrideva. Tornata dal bagno lo trovai seduto sul divano, due fette di dolce sul tavolino e la bottiglia di champagne che aveva tolto dal frigo.
- Non ho calici ma provvederemo. Ti piace lo champagne?
- Non lo so, mai bevuto abbastanza per capirlo
- Se ti piace potrai rifarti. Se preferisci altro ci organizzeremo. Che fai lì in piedi? Siediti.
Mi accoccolai al suo fianco, con i piedi sul divano dietro di me
- Come va là sotto? Brucia tanto?
- Beh…no comment
- Troppo?
- Nah…e poi mi è piaciuto, te l’ho detto.
- Se lo dici per farmi piacere attenta, rincaro la dose
- Basta che non mi lasci danni permanenti. Ma portare i tuoi segni mi piace, sai?
- Ne riparliamo quest’estate quando non potrai andare in piscina o al mare perché avrai i segni della frusta o qualche altro dei miei segni
- Dici? Io non credo, soprattutto se ci sarai tu con me. Credo che mi piacerebbe fare sapere di essere la tua schiava
- Ok, troverò il modo di portarti da qualche parte qlegata e al guinzaglio allora
Si allungò per porgermi il piattino con la fetta di dolce e stappò la bottiglia.
- Ora mangia. E bevi – mi disse passandomi il bicchiere da cucina con due dita di bollicine dorate sormontate da schiuma candida. Il dessert era dolce ma non stufoso, cioccolata bianca, frutti di bosco e una punta di alcool. Pensai che non doveva aver speso poco per una cosa del genere
- Buona l’idea?
- Cosa, il dolce?
- No, l’idea del guinzaglio
- Ma va, non ce la faresti
- Se mi portassi in giro così saprei che sei orgoglioso di me. Non mi sentirei umiliata.
O forse sì. Anzi sicuramente. Per un attimo visualizzai la scena, e provai un brivido lungo la schiena. Mi sarebbe piaciuto davvero? Forse…alzai il mio bicchiere.
- Un brindisi?
- Alla tua nuova vita!
- Alla nostra nuova vita allora? Fino a che non ti stancherai di me almeno
Mi guardò di sbieco prima di girare completamente la testa e le spalle verso di me. Avevo toccato un brutto tasto? Corso troppo?
- Io non smetterò di incazzarmi finché non capirai questa cosa - sorrideva. Buon segno – Quella che potrebbe stancarsi sei tu. Io ti sto insegnando a capire quanto vali, e so che rischio di vederti andare via quando sarai consapevole di chi sei. Ma te lo devo, a nome della tua vita fino a quando ci siamo incontrati
- Non succederà. Sarò sempre la tua puttanella
Assaggia, e pensai che fosse davvero buono. Finii il contenuto del bicchiere, e sentii che mi ero ripresa. Lasciai cadere la coperta e ripresi a mangiare.
- Ti piace?
- Oh sì, e non sono una da dolci
- Ho scelto bene allora
- Lo fai sempre
- Non esattamente, ma grazie per la stima. Finisci quel dolce, vorrei proseguire
- Allora non scherzavi
- Mai, quando si parla di torture
- Io dopo questo dolce vorrei farti un pompino
- Ci hai girato attorno con classe però. E come mai
- Perché si! – mi strinsi contro di lui passandogli un braccio intorno alle spalle – è da quando ti ho conosciuto che mi piaci, e ti ho sempre sentito ecccitato quando c’è stata l’occasione. Come prima, che me lo hai appoggiato contro la testa.
- Ah, quello! Ci sta– si appoggiò contro lo schienale, le mani dietro la testa – ma ovviamente come dico io…in piedi, portami quella corda.
- Con le mani libere farei meglio…
- Non preoccuparti. Hai un foulard o devo trovare qualcosa io?
- Così su due piedi non saprei dove trovarne uno…
- Nessun problema. La corda
Mi passò la corda dietro la nuca e me la fece girare sotto le ascelle, incrociandola sulla schiena e passandola di nuovo sul davanti, facendo passare entrambi i capi in mezzo alle gambe.
- Ora accovacciati
- Uh?
- Come se dovessi fare la pipì
- So cos’è “accovacciati”
Piegai le ginocchia e lo sentii tirare le corde al massimo. Il dolore all’inguine fu fortissimo.
- Mani dietro, dorso contro dorso
- Mica facile!
- Dai…
Feci come richiesto, e giró ciascun capo attorno ad uno dei polsi. Quando tiró le corde le mani ruotarono di 90° e mi trovai i palmi contro la parte alta delle natiche, quasi sui fianchi. Le corde erano tesissime, e anche respirando ne aumentavo la tensione. Annodò i capi sull’ombelico.
- Alzati pure
Mi tirai su, e fu anche peggio
- È terribile!
- Mica finito sai?
Fece girare le corde ancora dietro e mi legó insieme i gomiti, poi sentii tirare ancora di più le corde verso l’alto, e le fece passare attorno alla corda sulla nuca. Sempre peggio per me. Infine tornó verso il basso e le annodò alla parte che passava in mezzo al culo. Si fermò ad osservare il risultato
- Splendida
- Uno splendido salame…
- Ma smettila. Guarda come ti mette in evidenza le tette. Vai fino al tavolo e torna qui per favore.
Mi incamminai, e camminare era davvero strano. Il dolore era sopportabile ma continuo, eccetto all’inguine martoriato prima, ma mi sembrava di sculettare come un’anatra. Sentii Marco pronunciare un “fantastico” mentre ero ancora di spalle. Arrivata al tavolo mi girai con una mezza piroetta, e accentuai la torsione della testa per fare una mossa ad effetto con i capelli.
- Ta-taaa!
- Ti piace?
- Strano! Ma sì! Non so perché, ma sono lievemente imbarazzata
- Ti ricordo che sei quella che ha detto che le piacerebbe girare al guinzaglio
- Beh…cercherò di abituarmi.
- Torna qui, scemotta
- Come il mio signore comanda!
- Fai la furba…
Al di là della situazione che molti avrebbero giudicato sconveniente, ero davvero felice. Non ricordo una sera normale in cui fossi stata così serena, realmente senza pensieri, a gustarmi il momento senza timore di essere fuori posto. Con lui potevo essere qualsiasi me stessa volessi. Arrivata al divano mi inginocchiai, aspettando che si sbottonasse. Lo guardavo con la faccia da birichina che lo faceva sempre ridere, e anche questa volta riuscii nell’intento
- Inutile che ci provi, non te lo faccio vedere. Solo sentire
- Dai, ti prego! Sei bellissimo, vorrei vedere su che corpo opero
- Dopo, forse. Ma non prometto niente
- Umph
Si alzò e lo sentii salire le scale. Quando scese teneva in mano una sciarpa nera che stava ripiegando su se stessa
- Con quella non vedrò nemmeno le ombre
- Appunto. Gli altri tuoi sensi saranno acuiti
- Cattivo...
Si abbassò i pantaloni e si sedette davanti a me. La sua mano sulla nuca mi guidò verso di lui. La mia bocca socchiusa incontrò il suo glande umido e scoperto. Non era completamente eretto ma mi trovai la bocca piena. Giocai un po’ con la lingua e lo sentii inturgidirsi rapidamente. Wow, la cosa gli stava piacendo. E sicuramente era il più grosso che avessi mai incontrato. Mi sembrava anche bello, diritto e incurvato verso l’alto. Non è facile incontrare un cazzo con una qualche forma di bellezza, ma per quanto il mio giudizio fosse limitato alle sensazioni che raccoglievo con la bocca lo immaginai bello, sperando che la vista non mi avrebbe deluso. Mi concentrai sul mio compito, cercando di farlo divertire. La sua mano mi accarezzava dolcemente i capelli, e lo sentii ansimare dopo poco. Mi lasciò fare senza forzarmi il movimento, e io mi sforzai di variare il ritmo e l’affondo per non farlo annoiare. Arrivata al massimo della lunghezza che potevo permettermi senza rischiare conati di vomito mi sentivo ancora lontana dall’inguine. Cosa aveva tra le gambe? Altro che problemi, mi avrebbe aperto come una cozza. Sempre che decidesse di scoparmi.
- Hai un una bocca meravigliosa e sai usarla bene… - mormorò con il fiato un po’ corto
- Mmmhhh - fu il solo suono con cui riuscii a rispondere, pensando “grazie, te lo dovevo da un pezzo, e sono contenta che ti piaccia. Con le mani libere avrei fatto anche meglio, accarezzandoti le palle o pizzicandoti un capezzolo, ma non forte come fai tu a me perché sicuramente non ti piacerebbe. Ho solo la bocca per darti piacere, e la sto usando al meglio e lo farò”. E avevo detto solo “mmmhhh”…
- Non pensare di farmi finire così. Ti lascerò giocare ancora un po’ e poi riprendiamo.
Quello che vuoi, pensai. L’importante per me era essere sua. Avrei solo voluto vedere il suo viso e capire, al di là dell’erezione che mi sentivo in bocca, quanto gli piacesse. Quanto gli piacessi io. Sempre questa mio bisogno di sentirmi apprezzata, amata. Come se non fosse bastato tutto quello che aveva fatto per me Marco per dirmi quanto fossi importante per lui.
- Basta, ora alzati – mi disse a bassa voce tirandomi leggermente i capelli per sfilarsi dalla mia bocca, che lasciai in attesa. Sentivo i suoi occhi su di me, sapevo che stava giocando con me perché non mi stava sollevando dalla mia posizione
- Stai mendicando un bacio per caso?
- Aha…
- Sai che non bacio una schiava, di solito
- E io non sono una schiava qualunque
- Hai ragione
Mi prese la testa e mi baciò, schiacciandomi quasi con violenza la bocca contro la sua, insinuandosi nella mia bocca per un tempo troppo breve. Mi staccò da lui, e tenendo nel pugno i miei capelli mi tiró verso l’alto, senza dire una parola e costringendomi a seguirlo. Sentii il bordo del tavolo contro le cosce, e la sua mano mi spinse verso il basso fino a farmi appoggiare sul piano. Sempre tenendomi la nuca mi sferrò un paio di sculacciate tremende in rapida successione, lasciandomi una sensazione di bruciore che ci mise più di qualche secondo a tornare sopportabile.
- Bacio e piccola insolenza pagate, puttanella. Ora aspetta qui
- Va bene
- Zitta – e mi mollò un terzo scapaccione, che paragonato ai due precedenti era quasi una carezza. Lo sentii armeggiare per un po’ prima che tornasse. Mi fece sollevare e mi portò in un altro punto della casa, mentre con la mano libera iniziò a liberarmi della corda.
- Sai cosa pensavo? Mi piacerebbe davvero vivere qui dentro come tua schiava.
- Uhm, davvero? E come?
- Non so, pensavo che potrei sempre essere nuda, magari con polsiere e collare, così se dovessi passare sarei già pronta. Che ne dici?
- Poco pratico. Se arrivasse qualcun altro? Ti faresti vedere così?
Dopo avermi sciolto mi legó i polsi davanti a me, e li tirò verso l’alto. Probabilmente per frustarmi come avrebbe voluto fare in altre occasioni
- Già…beh, se tu lo volessi dovrei
- Non so, non sarei lì a vederti, né a proteggerti. Mi sembra pericoloso.
Mi accarezzò il viso, e gli baciai la mano che mi scivolò sulle labbra prima di continuare la sua discesa su un seno.
- Chiunque potrebbe vederti e pensare che sei disponibile, non credi?
Mi strinse il capezzolo, strizzando e allentando la presa in modo molto piacevole. Mi sporsi verso di lui sollevandomi sulla punta dei piedi
- Saresti geloso?
- Sarei preoccupato. Nelle foto non ti hanno già visto in tanti? Ma tu sei sempre e solo mia
- Non è la stessa cosa. Saresti geloso
Ammettilo, dai…
- Se vuoi ti dimostro che non lo sono
- Come?
- Facendoti vedere da qualcuno, ma con me presente.
- Mi faresti solo vedere così? O mi faresti mettere le mani addosso per cercare di dimostrare che pensi quello che dici?
- Magari potrei farti torturare da qualcuno con molto meno rispetto per te di quanto ne abbia io, che dici?
- Non lo faresti
- Non tentarmi, ragazza, a volte vorrei essere meno coinvolto. A volte esageri
Si allontanò da me e lo sentii aprire la finestra davanti a cui mi aveva appesa. L’aria che entrò non era freddissima ma immaginai i capezzoli contrarsi e indurirsi.
- Voglio vedere se avrai il coraggio di farti sentire. Non c’è molta gente in giro, ma se passasse qualcuno e sentisse sicuramente alzerebbe la testa e potrebbe vederti così. Dici che la cosa non ti preoccupa, provamelo
Riconobbi la cintura di prima arrivarmi sulla schiena. I colpi arrivarono lenti, cadenzati e come suo solito sempre più forti, ma non abbastanza per farmi gridare. I problemi iniziarono quando si mise a colpirmi due o tre volte sullo stesso punto, e a quel punto vinse lui. Iniziai a gemere sempre più rumorosamente a ogni colpo, in particolar modo quando qualche scudisciata faceva atterrare la cinghia sul seno, o ancora peggio sul capezzolo. Smisi di pensare, lasciandomi attraversare dal dolore senza oppormi ad esso. Poi i colpi cessarono, e mi trovai con le gambe piegate, tenuta in piedi dai polsi legati alla corda. Marco mi tolse la benda, e il suo sguardo passò da preoccupato a divertito in un battito di ciglia quando vide i miei occhi. Si chinò ad asciugare il pavimento ai miei piedi, e con un altro asciugamano salì dai miei piedi fino al mio inguine
- Perché sono bagnata?
- Dovresti dirmelo tu, non credi?
- No, seriamente. Con cosa mi hai bagnato?
- Io?
- Cioè vuoi dire che sono stata io?
- Ehm…sì
Avevo perso il controllo fino a quel punto?
- A parte il fatto che ti avranno sentito anche in qualche altra provincia, e per tua fortuna non ho visto passare nessuno, a un certo punto devi essere entrata come in una specie di trance…ti senti bene?
La schiena bruciava come l’inferno, polsi e braccia mi solevano, ma ero incredibilmente serena, la mente svuotata completamente, le gambe molli.
- Benissimo, a parte qualche comprensibile dolore qui e là. Ma vuoi dire che mi sono pisciata addosso?
Diedi un’occhiata allo scorcio di paese che vedevo dalla finestra e pensai al rischio di essere vista che avevo corso. Sciolse la corda che mi teneva e mi liberò i polsi, poi mi accompagnò al divano tenendomi tra le sue braccia.
- A un certo punto hai smesso di fare grida di dolore, e ti sei messa a fare i versi che fai…
- Che faccio?
- Che fai quando vieni
- Non ci credo…
- Beh…e poi hai cominciato a scivolare verso il basso e a fare la pipì. Mi sono spaventato anche un po’, pensavo che fossi svenuta o peggio e mi sono fermato subito
Dovevo essere rossa come il fuoco in faccia, e sentivo un caldo insopportabile ovunque
- Però quando ti ho tolto la benda e ho visto che stavi bene, ho pensato che beh…eri stata molto bene.
- Io non mi ricordo niente però…
- Ti sei fidata di me ciecamente, ti sei abbandonata totalmente. Nessuna lo aveva fatto prima
- Io lo faccio sempre
- Tu sei una patata davvero speciale. Ora è meglio che ti faccia una doccia
- Uffa…serata finita?
- Chi ha detto questo?
- Allora ok…
Mi coccolò sotto il getto caldo, poi mi avvolse nell’asciugamani enorme che aveva scaldato sul termosifone, strofinando energicamente.
- Meglio che resti nuda, ora andiamo di sopra
- A letto
- Vuoi dire che?
- Aha!
E vai, si scopa!
Volai di sopra tirandolo per una mano
- Non correre, abbiamo tempo…
- Ho aspettato abbastanza!
Lo spogliai appena arrivati accanto al letto. Aveva un corpo molto tonico nonostante gli anni più di me. Mi ci volle poco per risvegliare la sua eccitazione, e potei constatare che la bocca non mi aveva ingannato. Lo spinsi a sedere sul letto, continuando a salire e scendere lentamente con la mano sull’asta.
- Non pensi di legarmi anche adesso?
- Non questa volta almeno
Mi stesi su di lui ed iniziammo a fare l’amore. Fu molto bello e coinvolgente, e cercai di farlo durare più che potei. Non volevo che andasse via. Lui lo capì.
- Katia, non sai quanto mi piaccia che tu continui a farmi arrivare a un passo da venire e poi ti fermi ogni volta, ma adesso se non finisci te lo infilo nel culo e finisco lì!
- Non ti ho mai detto che non puoi…
Feci per girarmi, ma lui mi fermó e mi mise sopra di lui
- Guai a te se ti fermi. E lasciati guardare, ti sfilo io al momento giusto
- Prendo la pillola
- Allora non sfilarti
Il nostro primo dopo fu molto piacevole. Parlammo forse per un paio d’ore, interrompendo per uno spuntino con i sushi avanzati e un’altra fetta di dolce.
- Mi piacerebbe saperti sempre nuda qui, sempre pronta…ma quando qualcuno viene a trovarti che faresti?
- Non lo so. Tu cosa vorresti che facessi?
- Non girare la domanda? Tu cosa vorresti fare?
- Uhm…dare spiegazioni?
- Si, e correre per non farti violentare.
- Forse non è un’idea così buona…
- Forse perfezionandola…
- Tipo?
- Uhm…se ci sono io è ok, anche se viene a trovarti qualcuno puoi rimanere come sei
- Mi sembra un buon inizio. Quando non ci sei invece?
- Non so, per ora ci andrai cauta. Hai parlato con qualcuno?
- No, ma credo che alcuni tra amici e colleghi guardando le foto pensino che io e te abbiamo un rapporto non solo artistico…
- Ma non lo sanno per certo che sei la mia sottomessa
- Ah non sono più schiava? Solo sottomessa?
- In effetti hai ragione…no, non lo sanno
- Allora facciamo che per ora puoi stare nuda in casa, per il mio piacere di saperti sempre pronta per me. Se arriva qualcuno ti vesti
- Se vuoi proprio fare l’esibizionista ti vesti poco, e solo se ti visitano ragazze
- Non sono lesbica…
- E io non voglio che tu rischi uno stupro! Sarei persino d’accordo se tu ti facessi scopare da qualcuno che ti piace
- Ah sì? Potrei tornare alla mia vecchia vita e saltare da un cazzo all’altro con il tuo implicito benestare?
Non ero arrabbiata per quello che mi aveva appena detto, quanto dispiaciuta per l’assenza di gelosia. Come potevo sentirmi sua se lui non mi sentiva sua al punto da accampare dei diritti?
- Ti faccio un esempio. Luca lo hai cornificato e ti credeva totalmente sua. Essere geloso avrebbe cambiato qualcosa?
- Credo di no…
- Ad altri è servito essere gelosi? O sarebbe stato più utile essere presenti, ascoltare, cercare di renderti felice anziché imporre divieti?
- Beh…
- Io non ti vieterei di vedere altri se fossi – e non lo sei – la mia ragazza. Io cerco di darti quello che ti serve per giudicare se è il caso di darti a qualcun altro. Se hai già da me quello che ti fa sentire a posto non dovresti cercare altrove, giusto?
- Ehm, si
- Ti sto dando qualcosa che ti fa sentire a posto? O stai accettando quello che ti faccio solo per paura che se mi dicessi di no a qualcosa me ne andrei?
- Sono straconvinta che tutto questo sia la cosa giusta per me. Vorrei solo che tu mi facessi sentire tua
- Più di cosi? Tu ti senti mia al punto da venire perché ti frusto davanti a una finestra, mi dici che vorresti restare sempre nuda sperando di vedermi entrare dalla porta, e credimi, lo farò spesso. Ti senti mia al punto da volerti mostrare ai tuoi amici con un collare addosso e dirgli “sono la schiava di Marco”, e qui mi preoccupo solo perché qualcuno potrebbe approfittare contro la tua volontà, ma quindi almeno all’inizio selezionerei quelli che possono sapere e vederti, ma vorrei essere in zona per prevenire situazioni spiacevoli per te
- Ma non ti spiacerebbe se la dessi a qualcuno
- Non è vero nemmeno quello! Penserei che ti serve qualcosa che non ti ho dato, e mi farei delle domande. Una scopata in sé non è così grave, se la fai perché un tipo ti piace. È più grave se la dai a qualcuno per cercare attenzioni come hai fatto fino a prima di me. Forse non hai chiaro questo: essere la mia schiava vuol dire che tu tieni a me al punto da esserlo, ma dall’altro lato significa che io mi impegno ad aver cura di te più di chiunque altro, ed in più, come amico, ad insegnarti che sei la persona più importante per te stessa.
- Sono schiava per scelta
- Ovvio!
- E se scopassi un altro non lo sarei più?
- Se tu non volessi più esserlo no. Preferirei sapere da te che hai desiderato un altro e perché, e se ci hai fatto qualcosa potremmo parlarne e capire come procedere
- Magari con me legata e tu con una frusta in mano?
Il pensiero di aver avuto un orgasmo di cui non avevo memoria mi intrigava. Ma ero esausta dopo quelli che avevo provato quella notte e che mi ricordavo molto bene
- Ti frusterò più di quanto potrai temere anche senza che tu conceda le tue grazie ad altri, fidati. Finora mi sembrava che avessi capito che io sento mia comunque, e che conto nella tua intelligenza per sapere cosa fare. Per me sei da tenere in mano come una saponetta
- Perché una saponetta?
- Perché se stringi troppo la saponetta ti scappa di mano, e se non stringi appena pieghi il polso ti scivola via.
- Io vorrei che mi amassi
- Chi ti dice che non ti ami?
- Tu non dici che mi ami, è diverso?
- Giudica i fatti, le parole ingannano. La lingua inganna
- La mia lingua ti è piaciuta però. Anche la tua a me, devo dire
- Ho notato. La lingua batte dove il clito ride
- Ah ecco…Sei bravo anche a fare sesso. Saresti perfetto
- Non sono male
- Modesto? Tu?
- Stanco?
- Giornata lunga. Epilogo memorabile. Come stai tu?
- A pezzi
- Dormiamo?
- Dormi con me?
- Se non mi butti fuori mi fermerei
- Il mio padrone? Non mi sognerei mai!
Elettrizzante! Voleva dormire con me…fuori stava albeggiando
- Non ho mai visto un’alba da schiava. Forse mi piacerebbe
- Che cosa?
- Non so…che tu mi legassi e la prima cosa che vedessi al tuo risveglio fosse il mio corpo
- Non pensi che ti annoieresti? Passare una notte legata davanti a uno che dorme non mi sembra divertente
- Guarderei per tutta la notte la persona più importante del mondo senza pericolo di addormentarmi. E vedrei l’alba. Non ne ho viste molte
- La vedresti solo se stessimo all’aperto. La finestra qui punta ad ovest. La notte è lunga in quelle condizioni, fidati sulla parola
- Beh, mi piacerebbe. Scegliamo una notte corta
- Quella piú corta è il solstizio, dopo il 21 giugno
- Allora mi prenoto
- Ora dormi o mi rimetto a frustarti
- Cattivo! Buonanotte, e grazie per essere restato
- Guarda che a me fa piacere più di quanto tu creda
- Anche a me…
Mi lasciò dormire appiccicata a lui come un koala. Continuai a pensare a quell’idea, e gliela ricordai il 20 giugno.
- Non ti è uscita di mente, vedo
- No, anzi. Ho elaborato la cosa. Ho studiato anche, il solstizio ha anche una valenza magica per molte culture. Possiamo celebrarla a modo mio?
- Va bene, va bene! Però prima cena fuori, ballare, poi andiamo a casa mia, forse e dico forse ti torturo un po’ per prepararti al supplizio, poi ti porto sulla terrazza e io mi metto a dormire così mi guardi mentre aspetti l’alba. Poi siccome il sole mi sveglierà ti scoperò e ti lascerò lì ancora un po’. Ok?
- E se mi vedono da un altro palazzo?
- Chiameranno la polizia, oppure staranno a guardarti, e magari si faranno venire qualche idea…
- Potendo scegliere preferirei la seconda
- Lo immaginavo
Mi ero vestita con quanto di più discinto potessi indossare senza incorrere in denunce. Sotto un abito davvero minimo indossai delle catenelle che mi giravano attorno ai seni, con una collana che ricordava molto da vicino un collare che mi aveva regalato Marco, e delle pietre adesive a decorarmi i seni e coprivano i capezzoli, così da non dover pensare agli spostamenti del vestito mentre ballavo. Mi resi conto di essere un po’ eccessiva, ma tutti quegli occhi addosso mi facevano solo pensare non a quanti uomini mi stessero desiderando, ma a quanto quegli uomini fossero gelosi di Marco, che dal canto suo si comportava come se fossi una regina, e non aveva occhi che per me, nonostante la pletora di ragazze molto più belle di me nel club. Quell’alba mi raggiunse stanca, dopo la serata e la notte che Marco mi aveva promesso, nottata che mi aveva amplificato il mio desiderio di vedere il mio amore, addormentato davanti a me, svegliarsi e prendermi come avesse preferito. E come sempre, che prendesse quello che voleva da me
- Questa non l’avevo mai vista, credimi. So che è piacevole, ovvio, ma non avevo mai trovato una così sensibile da arrivare all’orgasmo facendosi tirare i capezzoli.
- E invece, eccomi qui – gli avevo sorriso di rimando una volta, mentre mi slegava dalla testiera del letto dopo che uno dei suoi trattamenti con dita, pinzette, ghiaccio e candele mi avevano portato ad un orgasmo – sempre pronta a stupirmi e a stupirti, amore mio.
- Come fai a perdonarmi per non riuscire ancora a chiamarti nello stesso modo?
- Ho amore per entrambi, mi basta.
E so che mi ami anche tu, ma non riesci semplicemente ad ammetterlo, nemmeno a te stesso. Ma non mi importa, mi dimostri cosa provi senza parole vuote. Davvero non aveva nessuna importanza nulla, chi mi aveva detto di amarmi prima di te finora aveva sempre mentito o quasi, e preferivo il tuo amore non dichiarato, tutte le tue attenzioni, e il modo in cui si distendeva il tuo sguardo quando ti entravo nel campo visivo a qualsiasi altra cosa. Anche se la mia fosse stata solo un’illusione, mi sarei fatta bastare quanto mi facevi sentire protetta, apprezzata e importante per te. Avevo fatto la scelta di essere la tua regina schiava per esserti sempre accanto come allora, non per sperare di cambiarti.
La mia ultima richiesta lo aveva un po’ sorpreso
- E perché vorresti fare questa cosa?
- Non lo so. Mi andrebbe
- Vuoi diventare una strega?
- No. Perché sarebbe una cosa da strega?
- Perché è il solstizio d’estate, sembra che tu voglia fare una specie di rituale
- Quello forse sì, ma lo farei per me. O se preferisci per te. Domani sarà la prima alba dell’estate, e vorrei vederla in quel modo. A casa mia non ho un terrazzo come la tua piazza sopraelevata. Ma se vuoi si può fare dove ti viene in mente. Magari al mare
- Trovando un posto in riva al mare esposto ad est senza gente.
- Praticamente impossibile
- Dovremmo impegnarci un po’.
La gente poi non sarebbe stata un gran problema. La polizia che la gente avrebbe chiamato invece sì
- Magari per l’anno prossimo ci organizziamo meglio
- Ah vuoi pure rifarlo?
- Forse. Potrebbe diventare una nostra tradizione
- Se ti fa piacere
- Va bene. Ma io che ci guadagno?
- Il prima e il dopo. Come sempre.
- Dopo una notte così vorrai solo dormire, non credi?
- Se vuoi hai modo di tenermi sveglia, o no?
- Sai che sono troppo buono di cuore
- So che mi ami, anche se non vuoi dirmelo
- Può darsi…
- Orso
- E tu sei una…
- Non dirlo!
- Gattona
Erano passati alcuni mesi da quando avevo lasciato Luca, che mi aveva dato un’occasione splendida per uscire pulita da una storia che evidentemente non contava più per entrambi, quando scopersi nel suo telefonino alcune foto. Da cretino quale solo Luca poteva essere, si era tenuto tutti i file multimediali delle sue conversazione con Fabio, tra i quali alcune immagini in cui lui ed una ragazza carina ma decisamente più bionda e grassa di me dimostravano una certa intimità. Mi presentai a lui con la sua faccia da idiota sullo schermo del cellulare, appoggiata sopra la spalla di lei da dietro, le sue mani a sorreggerle le tette mentre lei scattava un selfie, probabilmente nel bagno di qualche motel, ovviamente nuda. Poi ero io il cesso? pensai osservando le forme volgarotte di quella ragazza, per cui provai un misto di pena mista a gratitudine.
- Non voglio sapere altro – dentro ridevo, ma cercai di rendermi credibile nel ruolo della tradita – dammi solo il tempo di impacchettare le mie cose e trovare dove andare a metterle, poi mi levo di torno e ti lascio al tuo squallore.
Aveva provato debolmente a fermarmi, cercando come sempre di spacciarsi per la mia ultima spiaggia. Per fortuna la ragazza che per troppo tempo gli aveva creduto era scomparsa.
- Quindi secondo te dovrei stare qui, cornuta e contenta perché mi permetti di viverti accanto… Interessante, ma non fa per me. Scegli se vuoi dormire sul divano, sul letto di là o da qualche parte con quella tipa, basta che non cerchi di toccarmi. Fra qualche giorno sarai solo un brutto ricordo.
Frustrai i suoi tentativi di intavolare un inutile litigio e iniziai i preparativi di esodo, senza avere idea di dove andare e come portare in un qualunque altrove le mie cose. Uscii per schiarirmi le idee, cioè per sentirmi con Marco.
- L’ho lasciato. Adesso devo trovarmi un canile con aria condizionata, con quello che prendo è il massimo che posso permettermi. Però non riuscirò a ospitarti – cercai di nascondere il mio sconforto. Il lato pratico dell’andarmene da quella casa mi avrebbe impedito di evolvere vari altri lati della mia vita, ma era più che indispensabile dare prioritá alla questione. – A meno di un miracolo…
- Miracolo è il mio quattordicesimo nome. Sai, noi nobili...
- Io sono in un casino vero, non riesco a scherzare troppo. Vorrei non dover rientrare in quella casa, e non voglio tornare da mia madre a sentirla dire che sto facendo un errore, che dovrei pensarci, in fondo stiamo bene, c’è la casa e chissà che non le facciamo un nipotino. Però non riuscirò a trovare un posto così in fretta.
- Io invece sì, non ti agitare sempre per niente. Più o meno in zona ho una specie di loft che volevo usare come studio di posa, ma non ci ho mai fatto niente. Mi farebbe comodo avere qualcuno che apra ogni tanto le finestre.
- Stai scherzando. Non ne ho voglia, credimi, sono nella merda.
- Spalamerda è il diciottesimo titolo araldico. No, questo me lo sto inventando, però ti tiro fuori dai casini lo stesso. Quante persone vuoi che ti mandi per liberare il posto e trasferirti?
- Ci mancherebbe alt...
- Domattina diciamo alle 9 ti mando 4 operai e un furgone, va bene? Vedrai che basteranno, alla peggio fate 2 carichi, il posto è vicino. Adesso vuoi andare a dormire o preferisci parlare?
- Preferirei altro. Forse domani non sarei molto in forma però.
- Allora parliamo al telefono, e domani quando sarai anche più stanca inauguriamo la casa nuova.
- Posto nuovo che non so come pagarti. E le mie performance di modella o le prestazioni sessuali non possono essere considerate una contropartita – le mie preoccupazioni erano pressoché annullate, ma non volevo uscire da una dipendenza per entrare in un’altra – e non credo di poter considerare un secondo lavoro per pagare l’affitto.
- Allora diciamo così, se non è troppo presto per un discorso del genere
Oddio…
- Intanto riordina la tua vita senza pensare ai lati pratici. Se riesci a darmi qualcosa come affitto mi sta bene, avrai già bollette e tutto il resto a cui pensare e so che non ti strapagano. La casa non è un castello ma c’è tutto quello che serve, almeno per il momento, e non voglio da te niente che tu non voglia darmi. Poi vedremo, ma adesso che sei praticamente single potrei avere dei progetti da realizzare insieme. Ogni cosa a suo tempo, e adesso non potrei comunque lasciarti con il culo per terra e senza un tetto sopra i ricci. Prego!
- Ma io…
- Bastava che dicessi “grazie Marco!” Non ti do la casa per farti fare la mantenuta. Te la lascio usare perché siamo amici, non la uso e a te serve subito una sistemazione. E poi mi paghi l’affitto.
- Senti Marco, non…
- Domattina. 9 in punto. Fatti trovare. Vestita, visto che io non ci sarò. Ok?
- Non so cosa dire Marco, credimi
- Grazie. Basta e avanza
Stavo per piangere, ma non volevo che se ne accorgesse. Dovevo avere avuto un credito karma da riscuotere per essermelo trovato sulla mia strada. Ricacciai le lacrime e mi sforzai con qualche successo di avere una voce normale, possibilmente un po’ più calda del solito.
- Non sarò mai in grado di ripagarti per…
Sentii una serie di fischi e soffi, come se la comunicazione arrivasse dal centro di una tempesta
- Non ti sento Katia fshhhhhh, deve esserci uuuuiiiiii un’interferenza wuuuuuuuu. Mi spiashhhhhhhhh! Ci vediamo dom cià non ti sent fffffffff….
- Scemo…ti…adoro
- Cosaaaa? Non ti sssssssssshhhhhh
- Ti amo, lo sai
- Tu tu tu tu tu tu tu…
Ora stavo ridendo anche dentro. Il futuro mi sarebbe piaciuto, con lui vicino, in qualsiasi forma avesse deciso di esserci
- Vado a dormire Marco. Allora ti trovo alla casa?
- Ora mi senti? Chissà cos’è successo, ti sentivo solo a tratti. Ma dov’eri finita?
- Ah non so, io sono sotto casa. E non si muove una foglia
- Mistero
- Sí si, infatti. A domani
- A domani! Aspettami a casa, prendi possesso dell'abitazione, gli operai avranno le chiavi e sapranno cosa fare. Poi vedremo i cambi di arredamento che serviranno.
- Pure? Basterà quello che c’è, io mi porto dietro vestiti, libri e un cuscino...Anche tu hai le chiavi vero?
- Sí, ma se è un problema ti lascio tutte le copie.
- Tutt'altro. Domani portale con te, potrei non essere in grado di aprirti la porta
- Non c’è bisogno che tu faccia niente per...
- Ora stammi a sentire tu. Non ce n’è bisogno, lo farò perché vorrei farlo ora, ma non posso.
- Mmmh, ok, sto creando un mostro
- Più di quanto si possa pensare. Bacio, a domani
Vuotai l’appartamento dalle mie cose in una mattina, e bastò un solo carico per lasciarmi alle spalle quella parte della mia vita. I 4 ragazzi mi lasciarono poco più della parte di direttrice lavori. Lasciai le chiavi a Luca, che probabilmente era stupito si stava ancora domandando come avessi potuto organizzarmi così rapidamente.
- Non abbiamo più niente da dirci. D’altra parte, non che abbiamo davvero dialogato. Comunque grazie, di tutto.
Sí Luca, grazie delle umiliazioni, della poca considerazione, dell’avermi fatto sentire una nullità per poterti sentire qualcuno. Grazie per l’insoddisfazione verso me stessa che mi hai fatto sentire, e per avermi fatto capire che non volevo più essere trattata come mi hai trattata. E grazie per le corna, anche se non sai che nella peggiore delle ipotesi in quello siamo pari, e io te le ho fatte con gente con cui vai a vantarti delle tue conquiste. Dopo non avergli detto tutto ciò, mi voltai, lasciandolo al suo destino e incamminandomi verso il mio.
La casa era molto meglio di quanto potessi sperare. Mentre gli operai si facevano simbolicamente aiutare nel trasportare le mie cose all’ interno di essa, iniziai a valutare la nuova sistemazione. Era deliziosa, luminosissima e con un gran carattere. Se fossi rimasta lì a lungo avrei potuto arredarla con gusto, mescolando mobili moderni a quelli di legno antico che Marco aveva messo, senza far sfigurare nessuno dei due stili. Senza rendermene conto iniziai a immaginare in quali punti avrei potuto essere legata, alla mia nuova dimensione in quel luogo. Scelsi il modo in cui avrei voluto che Marco mi trovasse, e feci in modo che gli operai lasciassero quel punto sgombro. Rimasta sola già nel primo pomeriggio, scrissi al padrone di casa.
“Già finito di scaricare! Sono sola, inizio a vuotare le scatole. Pensi che ceneremo insieme per festeggiare?”
“Perfetto! Ti piace la casetta? Ottima idea la cena, facciamo intorno alle 9? Porto vino e dolce”
“Facciamo sushi? Me lo faccio portare e ti aspetto”
“Fantastico. Allora porto birra, champagne per il dolce”
“Non vedo l’ora”
Cominciai a riporre un po’ delle mie cose nella cabina armadio e negli armadi, preoccupandomi degli abiti più importanti. Gli ultimi che avevo acquistato. Quelli della rinascita. E poi libri e musica. Nella casa c’erano TV e stereo, e misi un CD dei Coldplay per smettere di pensare alla serata mentre cercavo di tenermi la testa impegnata con il lavoro manuale. Non mi stavo rendendo del tutto conto dell’enorme svolta della mia vita,a l’euforia che provavo mi stava facendo galleggiare sopra a tutto. Avevo avuto la fortuna di evitare un sacco di problemi, e potevo pensare a riorganizzarmi senza grossi problemi pratici da affrontare. Ordinai un mare di sushi chiedendo la consegna per molto prima dell’arrivo di Marco, e feci la prima doccia nel mio nuovo bagno nell’attesa. Il tavolo da pranzo era molto grande e occupava lo spazio vicino alla zona cucina senza essere troppo invadente. Dopo l’arrivo del rider mi tolsi l’accappatoio rimanendo nuda, senza preoccuparmi troppo delle ampie finestre da cui ero circondata. Le case erano tutte piuttosto lontane, e potevo camminare liberamente quasi ovunque. Preparai una corda che passai attorno ad una trave del soffitto per quello che poteva essere il dopocena, e mi concentrai per sistemarmi nel modo in cui avevo progettato di farmi trovare. Mi sistemai i capelli e truccai per essere al meglio, poi mi diressi al tavolo con le corde necessarie. L’idea di legarmi sul tavolo e posare il sushi su di me non sarebbe stata di facile realizzazione, ma un tavolino su cui posare l’ordinazione che avevo ricevuto mi aiutò non poco. Per prima cosa mi stesi sul tavolo e calcolai dove avrei dovuto fissare le corde, ciascuna con un nodo scorsoio per potermi legare prima le caviglie e poi i polsi senza riuscire a muovermi mentre sistemavo i pezzi di sushi su di me. Le caviglie non sarebbero state un problema quanto i polsi, che avrei dovuto stringere quasi alla cieca, soprattutto l’ultimo in cui avrei infilato la mano destra senza poter usare l’altra per aiutarmi. Mandai un ultimo messaggio a Marco
“Basta lavoro per oggi, mi stendo un attimo e ti aspetto. La tua presenza è vitale (faccina con la lingua)”. E pensai “non sai quanto” mentre lo scrivevo.
“Non mancherei per niente al mondo. Alle 9 sono lì”
Lasciai gli scorsoi per i polsi un po’ più larghi, senza che la lunghezza mi permettesse di riuscire a raggiungere una mano con l’altra per liberarmi. Volevo essere totalmente inerme. Volevo essere totalmente sua, in qualunque modo avesse desiderato. Mi sedetti sul tavolo, con il tavolino a portata di mano, e fissai le caviglie con le prime corde. Le gambe erano abbastanza larghe, e sarei stata completamente esposta alla vista di chiunque si affacciasse alla porta di ingresso, che avevo lasciata aperta. Anche se avesse dimenticato le chiavi, Marco avrebbe dovuto solamente usare la maniglia. Chiunque altro, pensai per un attimo, ma non aspettavo nessun altro. Posai qualche pezzo di sushi sulle cosce, tanto per non lasciarle inutilizzate del tutto, e posai soia wasabi tra di esse. Pensai che poteva essere una pessima idea, se Marco avesse deciso di provare a condire me anziché il sushi, ma accettai il rischio. Cercai di fare una composizione armonica, di decorarmi con una certa armonia, incorniciandomi l’inguine ed il ventre. Mi stesi, consapevole di potermi muovere il meno possibile mentre continuando a posare pezzi di riso, pesce ed alghe risalendo sul mio corpo e coprendo il petto, circondando i seni e posando gli ultimi due pezzi che potevo usare sopra i capezzoli. Alcuni pezzi avanzati rimasero nel vassoio, perché non sapevo più dove metterli. Ormai mancava poco all’ora in cui sarebbe arrivato Marco, e volevo essere assolutamente pronta. Trattenni il fiato mentre sollevavo le mani verso gli angoli dove speravo di trovare i cappi in cui infilare i polsi. Non potevo girare la testa perché avrei rischiato di rovinare la composizione, e non potevo strisciare con il dorso delle mani per non far cadere le corde e dover rifare tutto da capo. Le dita trovarono le corde, e muovendomi al rallentatore riuscii ad infilare le dita, facendomi strada senza tirare per non far stringere lo spazio che avevo calcolato appena sufficiente per entrare fino ai polsi ed intrappolarmi. Prima un polso e poi l’altro furono dentro, e con una piccola trazione mi ritrovai bloccata. Dovevo solo aspettare che Marco arrivasse. Sperare che non gli succedesse un qualsiasi intoppo tra dov’era e lì. E per fortuna non dovetti aspettare troppo per sentire il rumore della chiave nella serratura. Ero a corto di fiato, perché non riuscivo a sollevare abbastanza il petto per riempire i polmoni come avrei voluto.
- Mi aspettavo qualche stranezza da te, ma questo…
- Buon appetito!
- Guarda che prima di mangiarti devo fotografarti.
- Va bene, non posso oppormi molto
- Puoi sorridere, se vuoi. Ma non muoverti.
- Farò sempre quello che mi chiedi
Mise la bottiglia in frigo, poi imbracciò la macchina fotografica e mi girò intorno per riprendermi da tutti gli angoli, prima di posare la macchina. Mi baciò la fronte, e notando la mia bocca socchiusa si chinò a mordermi dolcemente il labbro inferiore.
- Ora ti mangio – calcó la voce su quel “ti” – e poi finalmente potrò fare alcune cose con te che abbiamo dovuto aspettare
- Ora sono libera…
- Ora puoi essere te stessa fino in fondo
- Lo so. E sarò la tua schiava, finché mi vorrai
Mangiò e imboccò me mentre mi raccontava la sua giornata. Io non smetttevo di guardare le sue mani eleganti impugnare che gesticolavano, gli occhi sorridenti che trasmettevano una grandissima energia, la voce che mi infondevano la calma di cui avevo un bisogno spasmodico, anche se dentro stavo ribollendo di desiderio. Volevo che mi prendesse, li su quel tavolo o in qualunque altro posto, ma il prima possibile. Ero quasi certa che la sera sarebbe finita con lui dentro di me, ma non volevo che si sentisse obbligato a farlo solo perché lo volevo io. Volevo che succedesse perché anche lui lo voleva.
- Il dolce dopo, ok?
- Come desidera il mio padrone, ovviamente
Notò la vena ironica delle mie parole, e mi posò una mano sull’attaccatura della coscia, facendola scivolare le dita verso l’interno della gamba con un sorriso che non prometteva niente di buono.
- Ragazza non fare la furba, adesso che non ho più il problema di non poterti lasciare segni, o di fare quello che mi viene in mente, potresti pagare cara quella tua insolenza, lo sai? Sai cosa potrei fare con quella salsina che so benissimo essere lì come suggerimento?
- Touchee…ma non credo tu abbia bisogno di imbeccate.
- Infatti. Ho abbastanza idee per entrambi.
- Lo so. La mia ti è piaciuta?
- Decisamente adorabile. Ora zitta però
Mi baciò con forza, premendo vigorosamente con la mano contro il mio inguine.
- Ora quindi sei solo mia
- Sì, completamente
- Stasera avrei voglia di farti male, ma non credo te lo meriti.
- E cosa mi merito?
Scopami scopami scopami. Ti prego dimmi che mi scoperai. Qui, ora, subito…
- Beeh, tanto per iniziare devi ridere. Tanto e di gusto.
- Ok…ma con te rido già tanto
- Non quanto stasera…
Le sue dita stavano già scorrendo il mio corpo, e sfiorandomi si lasciavano dietro una leggerissima scia di brividi
- Non vuoi farmi il solletico…
- Chi me lo impedirebbe? Tu?
Iniziai a muovermi per cercare di sfuggire al suo tocco. Il suo sguardo seguiva il movimento della mano che mi esplorava con misurata lentezza. Non aveva nemmeno iniziato ed io ero già in difficoltà nel trattenermi.
- Credo che sarà una serata lunga, sei molto sensibile un po’ dovunque…anche sotto le ascelle?
- No ti prego…
Gli bastò toccarmi perché iniziassi una risata sguaiata, quasi isterica. Posizionandosi dietro di me mise in moto anche l’altra mano, e iniziai ad impazzire. Era divertente ma terribile, e credetti che mi avrebbero sentito in tutto il paese
- Bastaaaa, basta, ti prego! – le sue mani vagavano su tutto il corpo, e ad ogni passata la mia sensibilità aumentava, ovunque mi toccasse. Quando si chinò su di me per solleticarmi le cosce sentii contro la testa quanto fosse eccitato. Ma non potevo rallegrarmene, ero troppo impegnata a non fare la pipì, e a non restare senza fiato – farò tutto quello che vuoi, ti prego fermati
- Sto già facendo quello che voglio, non puoi offrirmi niente che non possa già prendere
In pochi minuti ero sfinita, stanca più che dopo un allenamento pesante. Mi facevano male gli addominali, le gambe, le spalle. Forse capì, ed iniziò a rallentare, trasformando il solletico in carezze forti ma dolcissime. Mi baciò posando le mani sui seni che fino a quel momento non aveva quasi considerato. Le spinsi in alto inarcando la schiena.
- Puttanella, è presto ancora
Mugolai nella sua bocca. Con un altro mi sarebbe suonato offensivo, forse perché in altre occasioni mi ero comportata come tale nel mio dare sesso per ricevere qualche considerazione. Ma sentirlo da lui mi faceva sentire completa come donna e come femmina. Istintivamente contestualizzai quell’epiteto come una specie di complimento, e anche con una specie di offesa riuscì solo ad eccitarmi.
- Potresti farmi qualsiasi cosa e non riusciresti a farmi sentire sporca.
- Non è la mia intenzione
Mi strizzò i capezzoli fino a forzarmi un gemito a denti stretti, e mantenne la presa fino a farmi scendere una lacrima. Si chinò a leccarmela, poi la sua bocca scivolò sulla mia. Pensai che avrebbe potuto frustarmi e massaggiarmi le ferite con il sale e sarei stata solo grata ed eccitata. Come se mi avesse letto nel pensiero si scostò da me e si sfilò la cintura.
- Mi lascerai segni questa volta?
- Si, e non ti bendo. Voglio che tu veda arrivare i colpi, almeno per ora
Il primo colpo fu poco più che una carezza sul ventre. La pelle mi si scaldò leggermente, e non fiatai, attendendo gli altri che sarebbero sicuramente stati più forti. Sperimentò quello strumento arrotolandola di più o di meno sulla mano, colpendomi dalle cosce al petto. Mi spaventai un po’ quando salì sul tavolo, con la mia testa fra le sue scarpe, per colpirmi in mezzo alle cosce. Senza parlarmi, misurò la lunghezza giusta perché le scudisciate arrivassero precisamente dove ero più sensibile. Ripartì con un colpetto leggero, ma non ci volle molto per farmi temere la cinghiata successiva, che cercavo di accogliere senza muovermi o stringere le gambe.
- Fa molto male?
- Sopportabile…
Il movimento fulmineo del suo polso mi tolse il fiato, e mi irrigidii per non gridare troppo. Il dolore non era scemato del tutto quando la pelle della cinghia incontrò la mia, e alla terza discesa della cintura mi contrassi tutta intorno al dolore che dall’inguine irradiava in ogni mia fibra. Alzai la testa e vidi la mia pelle segnata interamente ricoperta da gocce di sudore. Ecco perché sto sentendo freddo, pensai mentre sentii arrivare un’altra frustata che mi fece sobbalzare. Marco scese dal tavolo, toccandomi fra le cosce e soffermandosi sui segni che percorse più volte con le sue dita. Provai un piacere mentale indescrivibile a quegli sfioramenti, quando sentii da lontano la voce di Marco che mi riportava alla realtà.
- Anche se sono io non dovresti allargare le gambe così appena ti tocco. In fondo sono sicuro che ti fa un male cane.
Alzai di nuovo la testa per capire di cosa stesse parlando, e non potei fare a meno di notare che aveva ragione. Senza nemmeno rendermene conto mi ero aperta per lui al massimo che le caviglie legate mi permettessero, con le corde che mi entravano nella pelle. Feci per ricompormi ma lui mi fermó.
- No schiava, ora devi restare così. Qualche altro colpo, e dovrai contarli. Ora fanno male?
- Tanto
- Bene. Se ti muovi o sbagli a contare si torna a 0
- Mi vuoi morta…
- Ti voglio schiava.
Si mise di fronte a me a circa un metro dai miei piedi, misurando ancora una volta la distanza giusta per colpirmi. Ogni colpo era peggio del precedente, ma riuscii a terminare quella prova dopo cinque frustate, a cui avevo grugnito digrignando i denti per non urlare. Con calma si infilò la cintura nei passanti.
- Chiudi le gambe ora.
Riprese la fotocamera e salì sul soppalco da cui scattò altre foto, poi scese e tornò da me per slegarmi le caviglie. Piegai le gambe, ma il sollievo che provai nel piegare le ginocchia si stemperò nel bruciore che mi saliva dall’inguine. Con un tovagliolo mi asciugò la fronte e gli occhi e mi sistemò i capelli. Adoravo le sue attenzioni.
- Non ho finito, ora però facciamo una pausa. Ma vorrei che restassi nuda, se non hai troppo freddo.
- Certo, se ti fa piacere
Mi ricordai che dovevo andare in bagno.
- Mi accompagneresti a fare la pipì? Sempre che ci riesca…
Mi guardò con la dolcezza di quando non era il mio padrone, e dopo avermi slegato i polsi osservò i segni delle corde.
- Devi stare attenta, gli scorsoi fermano la circolazione, più li tiri più si stringono. Hai le mani viola ..
- Non avevo tanto tempo, mi è venuto in mente solo quello.
Feci per allungare una mano verso il basso ma mi prese il braccio prima che potessi raggiungere l’ombelico.
- Non toccarti ora. In bagno sciacquati con acqua fredda, ti darà sollievo. Ci sono andato un po’ pesante. Mi aiutò a sollevarmi, poi si allontanò alla ricerca di qualcosa
- Guarda che a me è piaciuto un sacco! – dissi a voce alta, come fosse andato all’altro capo del paese.
- Lo so, ho visto! Però sei ghiacciata, Cristo di un Dio! – fece lui scendendo dalla scala con una coperta in mano – adesso ti scaldi, altro che nuda. Aspetta…
Andò al termostato ed alzò a temperatura tropicale il riscaldamento mentre mi avvolgevo la coperta attorno al corpo e mi alzavo dal tavolo.
- Ehi, piano con quell’affare. Pago io qui.
- Non rompere. E non preoccuparti. Non dovevi andare in bagno?
- Prrr – gli feci una pernacchia a cui Marco non replicò, scuotendo la testa mentre sorrideva. Tornata dal bagno lo trovai seduto sul divano, due fette di dolce sul tavolino e la bottiglia di champagne che aveva tolto dal frigo.
- Non ho calici ma provvederemo. Ti piace lo champagne?
- Non lo so, mai bevuto abbastanza per capirlo
- Se ti piace potrai rifarti. Se preferisci altro ci organizzeremo. Che fai lì in piedi? Siediti.
Mi accoccolai al suo fianco, con i piedi sul divano dietro di me
- Come va là sotto? Brucia tanto?
- Beh…no comment
- Troppo?
- Nah…e poi mi è piaciuto, te l’ho detto.
- Se lo dici per farmi piacere attenta, rincaro la dose
- Basta che non mi lasci danni permanenti. Ma portare i tuoi segni mi piace, sai?
- Ne riparliamo quest’estate quando non potrai andare in piscina o al mare perché avrai i segni della frusta o qualche altro dei miei segni
- Dici? Io non credo, soprattutto se ci sarai tu con me. Credo che mi piacerebbe fare sapere di essere la tua schiava
- Ok, troverò il modo di portarti da qualche parte qlegata e al guinzaglio allora
Si allungò per porgermi il piattino con la fetta di dolce e stappò la bottiglia.
- Ora mangia. E bevi – mi disse passandomi il bicchiere da cucina con due dita di bollicine dorate sormontate da schiuma candida. Il dessert era dolce ma non stufoso, cioccolata bianca, frutti di bosco e una punta di alcool. Pensai che non doveva aver speso poco per una cosa del genere
- Buona l’idea?
- Cosa, il dolce?
- No, l’idea del guinzaglio
- Ma va, non ce la faresti
- Se mi portassi in giro così saprei che sei orgoglioso di me. Non mi sentirei umiliata.
O forse sì. Anzi sicuramente. Per un attimo visualizzai la scena, e provai un brivido lungo la schiena. Mi sarebbe piaciuto davvero? Forse…alzai il mio bicchiere.
- Un brindisi?
- Alla tua nuova vita!
- Alla nostra nuova vita allora? Fino a che non ti stancherai di me almeno
Mi guardò di sbieco prima di girare completamente la testa e le spalle verso di me. Avevo toccato un brutto tasto? Corso troppo?
- Io non smetterò di incazzarmi finché non capirai questa cosa - sorrideva. Buon segno – Quella che potrebbe stancarsi sei tu. Io ti sto insegnando a capire quanto vali, e so che rischio di vederti andare via quando sarai consapevole di chi sei. Ma te lo devo, a nome della tua vita fino a quando ci siamo incontrati
- Non succederà. Sarò sempre la tua puttanella
Assaggia, e pensai che fosse davvero buono. Finii il contenuto del bicchiere, e sentii che mi ero ripresa. Lasciai cadere la coperta e ripresi a mangiare.
- Ti piace?
- Oh sì, e non sono una da dolci
- Ho scelto bene allora
- Lo fai sempre
- Non esattamente, ma grazie per la stima. Finisci quel dolce, vorrei proseguire
- Allora non scherzavi
- Mai, quando si parla di torture
- Io dopo questo dolce vorrei farti un pompino
- Ci hai girato attorno con classe però. E come mai
- Perché si! – mi strinsi contro di lui passandogli un braccio intorno alle spalle – è da quando ti ho conosciuto che mi piaci, e ti ho sempre sentito ecccitato quando c’è stata l’occasione. Come prima, che me lo hai appoggiato contro la testa.
- Ah, quello! Ci sta– si appoggiò contro lo schienale, le mani dietro la testa – ma ovviamente come dico io…in piedi, portami quella corda.
- Con le mani libere farei meglio…
- Non preoccuparti. Hai un foulard o devo trovare qualcosa io?
- Così su due piedi non saprei dove trovarne uno…
- Nessun problema. La corda
Mi passò la corda dietro la nuca e me la fece girare sotto le ascelle, incrociandola sulla schiena e passandola di nuovo sul davanti, facendo passare entrambi i capi in mezzo alle gambe.
- Ora accovacciati
- Uh?
- Come se dovessi fare la pipì
- So cos’è “accovacciati”
Piegai le ginocchia e lo sentii tirare le corde al massimo. Il dolore all’inguine fu fortissimo.
- Mani dietro, dorso contro dorso
- Mica facile!
- Dai…
Feci come richiesto, e giró ciascun capo attorno ad uno dei polsi. Quando tiró le corde le mani ruotarono di 90° e mi trovai i palmi contro la parte alta delle natiche, quasi sui fianchi. Le corde erano tesissime, e anche respirando ne aumentavo la tensione. Annodò i capi sull’ombelico.
- Alzati pure
Mi tirai su, e fu anche peggio
- È terribile!
- Mica finito sai?
Fece girare le corde ancora dietro e mi legó insieme i gomiti, poi sentii tirare ancora di più le corde verso l’alto, e le fece passare attorno alla corda sulla nuca. Sempre peggio per me. Infine tornó verso il basso e le annodò alla parte che passava in mezzo al culo. Si fermò ad osservare il risultato
- Splendida
- Uno splendido salame…
- Ma smettila. Guarda come ti mette in evidenza le tette. Vai fino al tavolo e torna qui per favore.
Mi incamminai, e camminare era davvero strano. Il dolore era sopportabile ma continuo, eccetto all’inguine martoriato prima, ma mi sembrava di sculettare come un’anatra. Sentii Marco pronunciare un “fantastico” mentre ero ancora di spalle. Arrivata al tavolo mi girai con una mezza piroetta, e accentuai la torsione della testa per fare una mossa ad effetto con i capelli.
- Ta-taaa!
- Ti piace?
- Strano! Ma sì! Non so perché, ma sono lievemente imbarazzata
- Ti ricordo che sei quella che ha detto che le piacerebbe girare al guinzaglio
- Beh…cercherò di abituarmi.
- Torna qui, scemotta
- Come il mio signore comanda!
- Fai la furba…
Al di là della situazione che molti avrebbero giudicato sconveniente, ero davvero felice. Non ricordo una sera normale in cui fossi stata così serena, realmente senza pensieri, a gustarmi il momento senza timore di essere fuori posto. Con lui potevo essere qualsiasi me stessa volessi. Arrivata al divano mi inginocchiai, aspettando che si sbottonasse. Lo guardavo con la faccia da birichina che lo faceva sempre ridere, e anche questa volta riuscii nell’intento
- Inutile che ci provi, non te lo faccio vedere. Solo sentire
- Dai, ti prego! Sei bellissimo, vorrei vedere su che corpo opero
- Dopo, forse. Ma non prometto niente
- Umph
Si alzò e lo sentii salire le scale. Quando scese teneva in mano una sciarpa nera che stava ripiegando su se stessa
- Con quella non vedrò nemmeno le ombre
- Appunto. Gli altri tuoi sensi saranno acuiti
- Cattivo...
Si abbassò i pantaloni e si sedette davanti a me. La sua mano sulla nuca mi guidò verso di lui. La mia bocca socchiusa incontrò il suo glande umido e scoperto. Non era completamente eretto ma mi trovai la bocca piena. Giocai un po’ con la lingua e lo sentii inturgidirsi rapidamente. Wow, la cosa gli stava piacendo. E sicuramente era il più grosso che avessi mai incontrato. Mi sembrava anche bello, diritto e incurvato verso l’alto. Non è facile incontrare un cazzo con una qualche forma di bellezza, ma per quanto il mio giudizio fosse limitato alle sensazioni che raccoglievo con la bocca lo immaginai bello, sperando che la vista non mi avrebbe deluso. Mi concentrai sul mio compito, cercando di farlo divertire. La sua mano mi accarezzava dolcemente i capelli, e lo sentii ansimare dopo poco. Mi lasciò fare senza forzarmi il movimento, e io mi sforzai di variare il ritmo e l’affondo per non farlo annoiare. Arrivata al massimo della lunghezza che potevo permettermi senza rischiare conati di vomito mi sentivo ancora lontana dall’inguine. Cosa aveva tra le gambe? Altro che problemi, mi avrebbe aperto come una cozza. Sempre che decidesse di scoparmi.
- Hai un una bocca meravigliosa e sai usarla bene… - mormorò con il fiato un po’ corto
- Mmmhhh - fu il solo suono con cui riuscii a rispondere, pensando “grazie, te lo dovevo da un pezzo, e sono contenta che ti piaccia. Con le mani libere avrei fatto anche meglio, accarezzandoti le palle o pizzicandoti un capezzolo, ma non forte come fai tu a me perché sicuramente non ti piacerebbe. Ho solo la bocca per darti piacere, e la sto usando al meglio e lo farò”. E avevo detto solo “mmmhhh”…
- Non pensare di farmi finire così. Ti lascerò giocare ancora un po’ e poi riprendiamo.
Quello che vuoi, pensai. L’importante per me era essere sua. Avrei solo voluto vedere il suo viso e capire, al di là dell’erezione che mi sentivo in bocca, quanto gli piacesse. Quanto gli piacessi io. Sempre questa mio bisogno di sentirmi apprezzata, amata. Come se non fosse bastato tutto quello che aveva fatto per me Marco per dirmi quanto fossi importante per lui.
- Basta, ora alzati – mi disse a bassa voce tirandomi leggermente i capelli per sfilarsi dalla mia bocca, che lasciai in attesa. Sentivo i suoi occhi su di me, sapevo che stava giocando con me perché non mi stava sollevando dalla mia posizione
- Stai mendicando un bacio per caso?
- Aha…
- Sai che non bacio una schiava, di solito
- E io non sono una schiava qualunque
- Hai ragione
Mi prese la testa e mi baciò, schiacciandomi quasi con violenza la bocca contro la sua, insinuandosi nella mia bocca per un tempo troppo breve. Mi staccò da lui, e tenendo nel pugno i miei capelli mi tiró verso l’alto, senza dire una parola e costringendomi a seguirlo. Sentii il bordo del tavolo contro le cosce, e la sua mano mi spinse verso il basso fino a farmi appoggiare sul piano. Sempre tenendomi la nuca mi sferrò un paio di sculacciate tremende in rapida successione, lasciandomi una sensazione di bruciore che ci mise più di qualche secondo a tornare sopportabile.
- Bacio e piccola insolenza pagate, puttanella. Ora aspetta qui
- Va bene
- Zitta – e mi mollò un terzo scapaccione, che paragonato ai due precedenti era quasi una carezza. Lo sentii armeggiare per un po’ prima che tornasse. Mi fece sollevare e mi portò in un altro punto della casa, mentre con la mano libera iniziò a liberarmi della corda.
- Sai cosa pensavo? Mi piacerebbe davvero vivere qui dentro come tua schiava.
- Uhm, davvero? E come?
- Non so, pensavo che potrei sempre essere nuda, magari con polsiere e collare, così se dovessi passare sarei già pronta. Che ne dici?
- Poco pratico. Se arrivasse qualcun altro? Ti faresti vedere così?
Dopo avermi sciolto mi legó i polsi davanti a me, e li tirò verso l’alto. Probabilmente per frustarmi come avrebbe voluto fare in altre occasioni
- Già…beh, se tu lo volessi dovrei
- Non so, non sarei lì a vederti, né a proteggerti. Mi sembra pericoloso.
Mi accarezzò il viso, e gli baciai la mano che mi scivolò sulle labbra prima di continuare la sua discesa su un seno.
- Chiunque potrebbe vederti e pensare che sei disponibile, non credi?
Mi strinse il capezzolo, strizzando e allentando la presa in modo molto piacevole. Mi sporsi verso di lui sollevandomi sulla punta dei piedi
- Saresti geloso?
- Sarei preoccupato. Nelle foto non ti hanno già visto in tanti? Ma tu sei sempre e solo mia
- Non è la stessa cosa. Saresti geloso
Ammettilo, dai…
- Se vuoi ti dimostro che non lo sono
- Come?
- Facendoti vedere da qualcuno, ma con me presente.
- Mi faresti solo vedere così? O mi faresti mettere le mani addosso per cercare di dimostrare che pensi quello che dici?
- Magari potrei farti torturare da qualcuno con molto meno rispetto per te di quanto ne abbia io, che dici?
- Non lo faresti
- Non tentarmi, ragazza, a volte vorrei essere meno coinvolto. A volte esageri
Si allontanò da me e lo sentii aprire la finestra davanti a cui mi aveva appesa. L’aria che entrò non era freddissima ma immaginai i capezzoli contrarsi e indurirsi.
- Voglio vedere se avrai il coraggio di farti sentire. Non c’è molta gente in giro, ma se passasse qualcuno e sentisse sicuramente alzerebbe la testa e potrebbe vederti così. Dici che la cosa non ti preoccupa, provamelo
Riconobbi la cintura di prima arrivarmi sulla schiena. I colpi arrivarono lenti, cadenzati e come suo solito sempre più forti, ma non abbastanza per farmi gridare. I problemi iniziarono quando si mise a colpirmi due o tre volte sullo stesso punto, e a quel punto vinse lui. Iniziai a gemere sempre più rumorosamente a ogni colpo, in particolar modo quando qualche scudisciata faceva atterrare la cinghia sul seno, o ancora peggio sul capezzolo. Smisi di pensare, lasciandomi attraversare dal dolore senza oppormi ad esso. Poi i colpi cessarono, e mi trovai con le gambe piegate, tenuta in piedi dai polsi legati alla corda. Marco mi tolse la benda, e il suo sguardo passò da preoccupato a divertito in un battito di ciglia quando vide i miei occhi. Si chinò ad asciugare il pavimento ai miei piedi, e con un altro asciugamano salì dai miei piedi fino al mio inguine
- Perché sono bagnata?
- Dovresti dirmelo tu, non credi?
- No, seriamente. Con cosa mi hai bagnato?
- Io?
- Cioè vuoi dire che sono stata io?
- Ehm…sì
Avevo perso il controllo fino a quel punto?
- A parte il fatto che ti avranno sentito anche in qualche altra provincia, e per tua fortuna non ho visto passare nessuno, a un certo punto devi essere entrata come in una specie di trance…ti senti bene?
La schiena bruciava come l’inferno, polsi e braccia mi solevano, ma ero incredibilmente serena, la mente svuotata completamente, le gambe molli.
- Benissimo, a parte qualche comprensibile dolore qui e là. Ma vuoi dire che mi sono pisciata addosso?
Diedi un’occhiata allo scorcio di paese che vedevo dalla finestra e pensai al rischio di essere vista che avevo corso. Sciolse la corda che mi teneva e mi liberò i polsi, poi mi accompagnò al divano tenendomi tra le sue braccia.
- A un certo punto hai smesso di fare grida di dolore, e ti sei messa a fare i versi che fai…
- Che faccio?
- Che fai quando vieni
- Non ci credo…
- Beh…e poi hai cominciato a scivolare verso il basso e a fare la pipì. Mi sono spaventato anche un po’, pensavo che fossi svenuta o peggio e mi sono fermato subito
Dovevo essere rossa come il fuoco in faccia, e sentivo un caldo insopportabile ovunque
- Però quando ti ho tolto la benda e ho visto che stavi bene, ho pensato che beh…eri stata molto bene.
- Io non mi ricordo niente però…
- Ti sei fidata di me ciecamente, ti sei abbandonata totalmente. Nessuna lo aveva fatto prima
- Io lo faccio sempre
- Tu sei una patata davvero speciale. Ora è meglio che ti faccia una doccia
- Uffa…serata finita?
- Chi ha detto questo?
- Allora ok…
Mi coccolò sotto il getto caldo, poi mi avvolse nell’asciugamani enorme che aveva scaldato sul termosifone, strofinando energicamente.
- Meglio che resti nuda, ora andiamo di sopra
- A letto
- Vuoi dire che?
- Aha!
E vai, si scopa!
Volai di sopra tirandolo per una mano
- Non correre, abbiamo tempo…
- Ho aspettato abbastanza!
Lo spogliai appena arrivati accanto al letto. Aveva un corpo molto tonico nonostante gli anni più di me. Mi ci volle poco per risvegliare la sua eccitazione, e potei constatare che la bocca non mi aveva ingannato. Lo spinsi a sedere sul letto, continuando a salire e scendere lentamente con la mano sull’asta.
- Non pensi di legarmi anche adesso?
- Non questa volta almeno
Mi stesi su di lui ed iniziammo a fare l’amore. Fu molto bello e coinvolgente, e cercai di farlo durare più che potei. Non volevo che andasse via. Lui lo capì.
- Katia, non sai quanto mi piaccia che tu continui a farmi arrivare a un passo da venire e poi ti fermi ogni volta, ma adesso se non finisci te lo infilo nel culo e finisco lì!
- Non ti ho mai detto che non puoi…
Feci per girarmi, ma lui mi fermó e mi mise sopra di lui
- Guai a te se ti fermi. E lasciati guardare, ti sfilo io al momento giusto
- Prendo la pillola
- Allora non sfilarti
Il nostro primo dopo fu molto piacevole. Parlammo forse per un paio d’ore, interrompendo per uno spuntino con i sushi avanzati e un’altra fetta di dolce.
- Mi piacerebbe saperti sempre nuda qui, sempre pronta…ma quando qualcuno viene a trovarti che faresti?
- Non lo so. Tu cosa vorresti che facessi?
- Non girare la domanda? Tu cosa vorresti fare?
- Uhm…dare spiegazioni?
- Si, e correre per non farti violentare.
- Forse non è un’idea così buona…
- Forse perfezionandola…
- Tipo?
- Uhm…se ci sono io è ok, anche se viene a trovarti qualcuno puoi rimanere come sei
- Mi sembra un buon inizio. Quando non ci sei invece?
- Non so, per ora ci andrai cauta. Hai parlato con qualcuno?
- No, ma credo che alcuni tra amici e colleghi guardando le foto pensino che io e te abbiamo un rapporto non solo artistico…
- Ma non lo sanno per certo che sei la mia sottomessa
- Ah non sono più schiava? Solo sottomessa?
- In effetti hai ragione…no, non lo sanno
- Allora facciamo che per ora puoi stare nuda in casa, per il mio piacere di saperti sempre pronta per me. Se arriva qualcuno ti vesti
- Se vuoi proprio fare l’esibizionista ti vesti poco, e solo se ti visitano ragazze
- Non sono lesbica…
- E io non voglio che tu rischi uno stupro! Sarei persino d’accordo se tu ti facessi scopare da qualcuno che ti piace
- Ah sì? Potrei tornare alla mia vecchia vita e saltare da un cazzo all’altro con il tuo implicito benestare?
Non ero arrabbiata per quello che mi aveva appena detto, quanto dispiaciuta per l’assenza di gelosia. Come potevo sentirmi sua se lui non mi sentiva sua al punto da accampare dei diritti?
- Ti faccio un esempio. Luca lo hai cornificato e ti credeva totalmente sua. Essere geloso avrebbe cambiato qualcosa?
- Credo di no…
- Ad altri è servito essere gelosi? O sarebbe stato più utile essere presenti, ascoltare, cercare di renderti felice anziché imporre divieti?
- Beh…
- Io non ti vieterei di vedere altri se fossi – e non lo sei – la mia ragazza. Io cerco di darti quello che ti serve per giudicare se è il caso di darti a qualcun altro. Se hai già da me quello che ti fa sentire a posto non dovresti cercare altrove, giusto?
- Ehm, si
- Ti sto dando qualcosa che ti fa sentire a posto? O stai accettando quello che ti faccio solo per paura che se mi dicessi di no a qualcosa me ne andrei?
- Sono straconvinta che tutto questo sia la cosa giusta per me. Vorrei solo che tu mi facessi sentire tua
- Più di cosi? Tu ti senti mia al punto da venire perché ti frusto davanti a una finestra, mi dici che vorresti restare sempre nuda sperando di vedermi entrare dalla porta, e credimi, lo farò spesso. Ti senti mia al punto da volerti mostrare ai tuoi amici con un collare addosso e dirgli “sono la schiava di Marco”, e qui mi preoccupo solo perché qualcuno potrebbe approfittare contro la tua volontà, ma quindi almeno all’inizio selezionerei quelli che possono sapere e vederti, ma vorrei essere in zona per prevenire situazioni spiacevoli per te
- Ma non ti spiacerebbe se la dessi a qualcuno
- Non è vero nemmeno quello! Penserei che ti serve qualcosa che non ti ho dato, e mi farei delle domande. Una scopata in sé non è così grave, se la fai perché un tipo ti piace. È più grave se la dai a qualcuno per cercare attenzioni come hai fatto fino a prima di me. Forse non hai chiaro questo: essere la mia schiava vuol dire che tu tieni a me al punto da esserlo, ma dall’altro lato significa che io mi impegno ad aver cura di te più di chiunque altro, ed in più, come amico, ad insegnarti che sei la persona più importante per te stessa.
- Sono schiava per scelta
- Ovvio!
- E se scopassi un altro non lo sarei più?
- Se tu non volessi più esserlo no. Preferirei sapere da te che hai desiderato un altro e perché, e se ci hai fatto qualcosa potremmo parlarne e capire come procedere
- Magari con me legata e tu con una frusta in mano?
Il pensiero di aver avuto un orgasmo di cui non avevo memoria mi intrigava. Ma ero esausta dopo quelli che avevo provato quella notte e che mi ricordavo molto bene
- Ti frusterò più di quanto potrai temere anche senza che tu conceda le tue grazie ad altri, fidati. Finora mi sembrava che avessi capito che io sento mia comunque, e che conto nella tua intelligenza per sapere cosa fare. Per me sei da tenere in mano come una saponetta
- Perché una saponetta?
- Perché se stringi troppo la saponetta ti scappa di mano, e se non stringi appena pieghi il polso ti scivola via.
- Io vorrei che mi amassi
- Chi ti dice che non ti ami?
- Tu non dici che mi ami, è diverso?
- Giudica i fatti, le parole ingannano. La lingua inganna
- La mia lingua ti è piaciuta però. Anche la tua a me, devo dire
- Ho notato. La lingua batte dove il clito ride
- Ah ecco…Sei bravo anche a fare sesso. Saresti perfetto
- Non sono male
- Modesto? Tu?
- Stanco?
- Giornata lunga. Epilogo memorabile. Come stai tu?
- A pezzi
- Dormiamo?
- Dormi con me?
- Se non mi butti fuori mi fermerei
- Il mio padrone? Non mi sognerei mai!
Elettrizzante! Voleva dormire con me…fuori stava albeggiando
- Non ho mai visto un’alba da schiava. Forse mi piacerebbe
- Che cosa?
- Non so…che tu mi legassi e la prima cosa che vedessi al tuo risveglio fosse il mio corpo
- Non pensi che ti annoieresti? Passare una notte legata davanti a uno che dorme non mi sembra divertente
- Guarderei per tutta la notte la persona più importante del mondo senza pericolo di addormentarmi. E vedrei l’alba. Non ne ho viste molte
- La vedresti solo se stessimo all’aperto. La finestra qui punta ad ovest. La notte è lunga in quelle condizioni, fidati sulla parola
- Beh, mi piacerebbe. Scegliamo una notte corta
- Quella piú corta è il solstizio, dopo il 21 giugno
- Allora mi prenoto
- Ora dormi o mi rimetto a frustarti
- Cattivo! Buonanotte, e grazie per essere restato
- Guarda che a me fa piacere più di quanto tu creda
- Anche a me…
Mi lasciò dormire appiccicata a lui come un koala. Continuai a pensare a quell’idea, e gliela ricordai il 20 giugno.
- Non ti è uscita di mente, vedo
- No, anzi. Ho elaborato la cosa. Ho studiato anche, il solstizio ha anche una valenza magica per molte culture. Possiamo celebrarla a modo mio?
- Va bene, va bene! Però prima cena fuori, ballare, poi andiamo a casa mia, forse e dico forse ti torturo un po’ per prepararti al supplizio, poi ti porto sulla terrazza e io mi metto a dormire così mi guardi mentre aspetti l’alba. Poi siccome il sole mi sveglierà ti scoperò e ti lascerò lì ancora un po’. Ok?
- E se mi vedono da un altro palazzo?
- Chiameranno la polizia, oppure staranno a guardarti, e magari si faranno venire qualche idea…
- Potendo scegliere preferirei la seconda
- Lo immaginavo
Mi ero vestita con quanto di più discinto potessi indossare senza incorrere in denunce. Sotto un abito davvero minimo indossai delle catenelle che mi giravano attorno ai seni, con una collana che ricordava molto da vicino un collare che mi aveva regalato Marco, e delle pietre adesive a decorarmi i seni e coprivano i capezzoli, così da non dover pensare agli spostamenti del vestito mentre ballavo. Mi resi conto di essere un po’ eccessiva, ma tutti quegli occhi addosso mi facevano solo pensare non a quanti uomini mi stessero desiderando, ma a quanto quegli uomini fossero gelosi di Marco, che dal canto suo si comportava come se fossi una regina, e non aveva occhi che per me, nonostante la pletora di ragazze molto più belle di me nel club. Quell’alba mi raggiunse stanca, dopo la serata e la notte che Marco mi aveva promesso, nottata che mi aveva amplificato il mio desiderio di vedere il mio amore, addormentato davanti a me, svegliarsi e prendermi come avesse preferito. E come sempre, che prendesse quello che voleva da me
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