Zozzerie in bagno - Nuda e Ubriaca con una Mano tra le cosce
di
Le Tre Madonne
genere
masturbazione
Soffocone di Vincigliata.
A guardare la bellissima etichetta mi sento ancora più investita di una strana fluidità.
Come se non avessero fatto già abbastanza i 13 gradi e mezzo di questo rosso davvero notevole.
Se continuo a muovermi e non sto attenta, c’è il rischio altissimo che la bottiglia cada, perdendomi poi la possibilità di finire il poco che ci è rimasto dentro. Cazzo, ma che mi è preso stasera?
Perché mai ho avuto la brillante idea di poggiare il vino sul bordo della vasca. Adesso è li, di fronte a me e sembra fissarmi aspettando l’esatto momento in cui mi lascerò andare.
Ad ogni movimento che faccio per cercare una posizione più comoda, immagino il rumore che farebbe il vetro in frantumi sul pavimento, se con il piede imbrattato di schiuma solo lo toccassi.
Che caldo. Il rumore dell’acqua bollente, che ogni tanto faccio scorrere per mantenere alta la temperatura, sembra fare da perfetto sottofondo a questo completo abbandonarmi.
Il vapore di cui ormai è pregno l’intero bagno, rende tutto umido e gocciolante e mi mette addosso una sensazione di indefinito che mi rende ancora più oscenamente molle.
E non è mica perché ho bevuto. Sento l’alcol scorrermi nelle vene sì, e mi piace perché mi sento leggera.
Ma non è di certo questo a rendermi così lasciva.
Più di ogni altra cosa è il mio corpo nudo e sguaiato che mi ubriaca.
Sono i capezzoli duri a fior d’acqua che se solo sfioro, mi ricordano la voglia che ho di farmeli succhiare.
Sono le gambe aperte e poggiate senza grazia sui bordi, che messe così sono un chiaro invito a farmela leccare.
Mi manca l’aria. La luce rossa dei faretti crea un atmosfera intima e calda quasi a completare il quadro.
La mano scivola giù fra le cosce arrivando alla fica gonfia che sbatte e sussulta al mio tocco poco delicato.
Mi contorco spingendo la testa indietro mentre gocce di sudore cadono dai capelli raccolti sporcandomi il collo.
Guardami.
Se fossi lì, seduto sul cesso, cosa penseresti, uomo.
Che sono nuda e ubriaca con una mano fra le cosce a consolarmi perché ho voglia di cazzo?
Pensi davvero che tutto sia così fottutamente semplice?
Io sono qui dove voglio essere.
A darmi piacere perché questo corpo lo pretende.
A prendermi la scena come prima attrice di uno spettacolo improvvisato tanto quanto sporco.
Pensi davvero che se ora mi alzassi e avvicinassi la mia pelle bagnata e scivolosa alla tua, sarebbe per farti godere?
Uomo.
Piegata fra le tue gambe, ora, io te lo prenderei in bocca per il solo piacere che mi dá succhiarti il cazzo.
Forse è per questo che stasera ho scelto il Soffocone, perché succhiare il cazzo in fondo è da vera intenditrice. Afferro il vino concentrata per non farlo sfuggire tra le dita insaponate e ne bevo ancora un po', una goccia scivola lungo il vetro e d'istinto avvicino le labbra e la lecco. Lecco questo nettare risalendo fino in cima alla bottiglia e poi passo la lingua sul contorno, ci gioco come se fosse la punta di un cazzo.
Mi piace usare l'istinto e penso che con la bottiglia potrei divertirmi in molti modi che immagini e anche molti altri che non immagini affatto.
Il bagno è diventato l'emblema della passione, ogni cosa ha sfumature di rosso. Rossa è la luce, rosso è il vino e anche la mia pelle è arrossata, non solo dal calore, ma in particolar modo dalla voglia che ho di godermi. Mi sento così puttana oggi, e se ripenso che per tutto il giorno ho svolto il ruolo della brava ragazza, me ne compiaccio ancor di più, ne vado fiera. Finalmente sola con me, qui dove sono libera di essere chi voglio, immaginando anche di avere davanti uno specchio, o una parete trasparente dietro il quale tu, uomo, mi guardi. Sì. Voglio essere esposta, chiusa dietro una sorta di vetrina che è questa stanza e toccarmi, sollevare i fianchi puntando le gambe sui bordi della vasca e guardarti dritto negli occhi e tu mi vedresti così, nuda e ubriaca con una mano tra le cosce. Te la sto sbattendo in faccia la mia fica bagnata non solo di acqua, ma anche di me. La vedi bene, vero? Strofino la bottiglia tra le labbra gonfie. Chissà che sensazione dà scoparsi un Soffocone di Vincigliata. Dovrei farlo e poi scriverci una recensione, anzi lo faccio. Spingo il collo della bottiglia e sento che mi apre la carne, sobbalzo perché è freddo, è duro certo, ma non ha anima e a me piace scoparmi il cazzo proprio perché così posso scoparmi anche la sua anima, sennò che gusto c'è?
Se potessi fottermi questo vino, e non solo il contenitore, lo farei. Ha carattere, un'anima sensuale, come me.
Rimetto la bottiglia sul bordo della vasca e torno con le dita a tormentarmi tra le gambe.
Dimmi, cosa vuoi leccare adesso, la bottiglia che sa di me o me che so di vino?
Getto la testa indietro ridendo a questo sporco pensiero ma il sorriso che mi disegna il viso si trasforma presto in gemito per le due dita che mi metto dentro fino al palmo, le muovo un po' e dopo le porto alla bocca. Sanno di vino e di me, che abbinamento insolito.
Vuoi assaggiare? Chissà se anche il tuo cazzo avrebbe un sapore particolare misto al tannino che mi persiste nella bocca.
Quante idee partorisce la mia testa ora che è sospesa e rilassata, tutte idee selvatiche, primitive, mirate a godere.
La mano riprende a darmi piacere tra le cosce, l'ebbrezza che mi stordisce non è quella del vino, ma è quella che mi dà toccarmi, violarmi la fica e il buco del culo così, senza grazia, solo per sentire il respiro morirmi in gola mentre lo faccio e avere voglia, ancora più voglia di me.
E lasciare che invada ogni cellula del mio corpo, adesso che la mente è così leggera, come fosse un'entità estranea.
Buttando il capo all'indietro gemo infilandomi, ancora una volta, le dita fino in fondo.
Sono così calda, bagnata e gonfia. Il piacere è prepotente.
Potrei sbattermi e godere in pochi minuti, conosco il mio corpo. Ma di più la mia mente. E lei è infima.
Preme per portarmi dove vuole, e sorrido, quando, ripensando a quell'articolo letto online, immaginai il mio cervello come in quel cartone animato, intento a produrre tante piccole dopamine vestite come zoccole, in transumanza sulla Salaria.
La figa si contrae attorno alle mie dita, riportandomi alla realtà, quanto vorrei un cazzo adesso. Caldo, duro. Sentirmi piena. E allora le spingo più in profondità, per sopperire alla mancanza di carne, le muovo con lentissimi movimenti circolari mentre con il palmo premo sul clitoride, alternati a veloci e brutali affondi.
Il piacere mi investe e quasi mi sento inabissare in quel giaciglio di acqua, ancora così calda, che incontenibile, come la mia voglia di godere, trasborda dalla vasca.
I capezzoli lambiti dalle onde che il mio movimento provoca, si inturgidiscono. Adoro il mio seno, adoro il fatto che sia così sensibile.
Adoro l'idea che tu, uomo, possa guardarlo e desiderare di segarti lì in mezzo. Usare e abusare della mia pelle, per il tuo sporco piacere.
Con questo pensiero in mente allungo il braccio per recuperare la bottiglia e rovesciare qualche goccia di quel liquido vermiglio direttamente sul mio petto, in un gesto teatrale, recitando la parte di puttana di alto bordo.
Mi rendo conto di essere annebbiata e rallentata nei gesti, sorrido proiettando l'immagine di me stessa vista attraverso lo sguardo di te, uomo.
Non ho bisogno delle tue mani, adesso. Né della tua lingua, tanto meno del tuo cazzo. Ho me stessa e mi basto.
E te lo dico fissandoti mentre, riposata la bottiglia sul bordo, incalzo il movimento.
Puntello i piedi sulla ceramica, sono dannatamente scomoda ma determinata a scoparmi. Con i polpastrelli sento distintamente la pelle ruvida più sensibile, pochi affondi e sono obbligata a fermarmi. La morsa degli spasmi stritola le mie dita. Sono così vicino dall'esplodere e mi incazzo. Per qualche secondo riacquisto lucidità e mi impongo di fermarmi. Con il tempo ho imparato a controllare il mio corpo. Maledetto, lo stronzo.
Ogni mio muscolo è teso.
Il cuore rimbomba nelle tempie.
Non riesco a pensare ad altro che a ricominciare, però.
Penso che potrei usare il vetro della bottiglia, per darmi piacere. È lì a portata di mano.
Strofinarlo lenta e sensuale tra le labbra, come fosse la lingua di un uomo che ha voglia di farmi venire nella sua bocca.
Ma il piacere incalza prepotente.
E così, nuda e ubriaca con una mano tra le cosce ricomincio a fottermi. Senza badare ai gemiti rabbiosi che fanno eco al suono dell'acqua che sbatte a terra.
Senza badare al tuo sguardo.
È così che godo, uomo.
Così gode una donna che è la puttana di sé stessa.
Con due dita piantate in figa.
Il piacere mi mozza il respiro in gola.
In un ultimo brutale affondo inarco il mio corpo, andando ad assumere una posa innaturale
E un istante dopo, avvolta da un silenzio surreale, esplodo, preda del piacere.
Solo un suono, in quel medesimo momento, rimbomba e si schianta sulle pareti. Quello della bottiglia che si infrange a terra.
Mentre mi lascio cadere, esausta, nell'acqua, migliaia di cristalli si spargono su tutto il pavimento.
In frantumi.
Come te, uomo.
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