Salope
di
salope
genere
orge
«Jean Luc?»
«Oui, Jasmine?»
«Puoi venire nel mio ufficio, per favore?»
«Certo, arrivo.»
Jasmine era la più anziana tra i colleghi, per cui aveva in un certo modo la responsabilità di coordinare il lavoro. Non era un “capo” vero e proprio, ma tutti facevamo riferimento a lei.
Era una bellissima quarantacinquenne, fisicamente in piena forma, i capelli neri crespi e la carnagione quasi creola le davano un fascino esotico che ammaliava. Un matrimonio finito da tempo e un figlio ormai grande la rendevano libera e perciò ambita da molti colleghi, tra cui il sottoscritto.
Con sorpresa trovai ad attendermi nel suo ufficio anche altre quattro colleghe. Melanie, Giselle, Monique e Genevieve. Carine e simpatiche, tra i trenta e i quaranta, erano quelle con cui c'era più confidenza e amicizia.
«Eccomi, Jasmine...»
«Caro Jean Luc, oggi è il sei marzo, per cui dopodomani...» fece una pausa
«Sarà l'otto...» risposi suscitando qualche risolino
«Ahahah... Sei molto perspicace... e sai cos'è l'otto marzo?»
«La festa della donna?»
«Ma bravo! Non giriamoci intorno, vengo al punto: ho organizzato una serata a casa mia con le ragazze che sono qui ora.»
«Ah, bella iniziativa. Ma io in che modo...» intervenni in tono dubbioso
«Non ti sei sempre vantato delle tue abilità culinarie? Addirittura non mi hai proposto una volta di venire a casa mia e prepararmi una cena da lasciarmi a bocca aperta?»
Arrossii. Era vero, ma spiattellarlo davanti alle colleghe mi dava parecchio fastidio. Se ne accorse e godette del mio imbarazzo, poi riprese:
«Accetto la tua offerta, caro: la sera dell'otto marzo verrai a casa mia, preparerai una cena favolosa e ce la servirai. Perché proprio l'otto marzo? Perché la festa della donna è l'occasione ideale per farti capire come ci si sente a essere donna.»
Feci buon viso a cattivo gioco, anche se la mia proposta riguardava solo lei, pensai che in fondo sarebbe stata comunque una bella serata.
«Tutto qui, Jasmine?» intervenne Giselle «solo la cena?»
«Beh, troveremo come trascorrere in allegria il dopo cena insieme...»
Rispose lei ammiccando.
Organizzai tutto per benino: feci recapitare a casa sua l'occorrente e già nel pomeriggio mi presentai per mettermi all'opera. Jasmine mi illustrò la cucina e dove trovare stoviglie e suppellettili.
«È tutta tua, Jean Luc. Sei il padrone. Io esco, tornerò alle otto con le ragazze. Fa' trovare tutto pronto, mi raccomando.»
Alle otto in punto entrarono tutte in sala da pranzo e trovarono la tavola perfettamente apparecchiata. Le feci accomodare e iniziai a servire l'antipasto.
«Jean Luc! Il mio bicchiere è vuoto...» disse Genevieve
«Facciamo così» propose allora la padrona di casa «per ogni mancanza, Jean Luc pagherà un pegno. Genevieve ha diritto di scelta.»
Tutte approvarono con entusiasmo e Genevieve, dopo averci pensato giusto un attimo, disse:
«Via la camicia!»
Ovviamente da quel momento scattò una gara tra loro ad inventarsi mie presunte mancanze per poter avere il gusto di privarmi di qualcosa e ci volle davvero poco a farmi rimanere completamente nudo. Devo dire che non mi tirai indietro, finsi inizialmente un po' di ritrosia ma accettai di prestarmi al loro gioco.
La cena filò via liscia e fu ben apprezzata dalle cinque donne. Il vino le aveva sciolte e ora, su di giri, si facevano sempre più audaci, rivolgendomi battute spinte e apprezzamenti accompagnati da carezze voluttuose.
Si accomodarono in salotto e si fecero servire lì caffè e liquori. Poi mi invitarono a sedere sul divano, in mezzo a loro e quindi sulle loro gambe.
«Com'è che si chiamano questa situazioni, Monique? CFNM?»
«Esatto: vuol dire Clothed Female Nude Male. Donne vestite e uomo nudo.»
Le carezze si intensificarono e puntarono verso le parti intime e sensibili.
Il mio cazzo mostrò subito di gradire le attenzioni e i complimenti, esibendosi in una erezione che mi rese orgoglioso di lui. Lo guardavano estasiate, facendovi scorrere le mani su e giù e stuzzicando la punta con le dita.
«Che ne dite, ci siamo scaldati abbastanza? Iniziamo a divertirci sul serio?»
Chiese retoricamente Jasmine; il consenso fu unanime.
Ci fece spostare allora in un'altra stanza dove, con mia grande sorpresa, vidi una sedia di quella che usano i ginecologi per le visite: con i supporti per poggiare i piedi e stare a gambe ben divaricate.
«Ah, giochiamo al dottore?» Scherzai «Chi vuol essere visitata per prima?»
Jasmine rise maliziosa.
«Non proprio, giochiamo al paziente e alle dottoresse. Il paziente sei tu, caro. Ricorda che stasera sei il nostro giocattolo.»
Pur non comprendendo le loro intenzioni, decisi di stare al gioco; mi lasciai guidare verso la poltrona e mi ci sedetti alzando le gambe e posandole sui supporti. Appena fui in posizione mi fermarono polsi e caviglie con delle cinghie di cuoio.
«Ehi! Ma che volete farmi adesso?»
«Sta' tranquillo... siamo qui per divertirci, no?»
Rispose lei ammiccando verso le altre che sorridevano.
Si avvicinò e con fare lascivo mi accarezzò il petto, scendendo con le dita a solleticarmi l'ombelico e poi a sfiorare il pube. Le fece scivolare sotto lo scroto, massaggiandolo, e poi risalì ad afferrarmi l'uccello, ora ancora più turgido.
Fece un mugolio di approvazione e poi un cenno a Melanie, che avvicinò un carrello con uno strano macchinario. Era una scatola metallica con un'asta che sporgeva da un lato; sull'asta era montato un fallo di gomma di notevoli dimensioni.
«No!» Urlai. «Questo no, vi prego,»
Tentai di divincolarmi, ma invano. Le fasce di cuoio erano ben fissate e strette.
Indossando un guanto unse di gel lo strumento e poi mi venne a guardare negli occhi, Il suo sguardo era perfido.
«Ti avevo detto che avresti saputo cosa si prova a essere donna...»
Mi lubrificò lo sfintere con il gel e vi infilò un dito. Istintivamente lo contrassi.
«Non stringere, ti farà male. Rilassati e godrai... come una donna.»
Fece avvicinare l'infernale macchina e mi appoggiò la punta al buco; la spinse dentro tra i “wow” e i gridolini entusiasti delle ragazze.
«Troie...» Imprecai «Questo non era nei patti.»
«Patti? Non c'erano patti: tu forse ti eri immaginato altro, ma noi no.»
Girò una manopola e l'asta iniziò a muoversi avanti e dietro lentamente. Il cazzo di gomma scivolava fuori e dentro di me. Man mano aumentò la velocità.
«Come ci si sente a essere scopate? Ti piace?»
Che risponderle? Ammettere che, se da una parte il mio ego virile si sentiva violato, dall'altra il mio corpo gradiva quell'invasione che stimolava recettori che neanche immaginavo di avere? Mi limitai a mugolare.
«Adesso devi farci godere. Tutte.»
Salì agilmente sui braccioli della poltrona e si accovacciò di fronte a me. Sollevò la gonna sotto cui non indossava altro e mi pose la fica davanti alla bocca.
«Lecca! Dai, fammi vedere quanto sei bravo.»
La leccai, cercando di distrarmi e non pensare alla macchina che mi penetrava. Lei iniziò anche a toccarsi il clitoride e, dimenandosi e urlando, venne in poco tempo.
«Uhuuuu... niente male, davvero niente male, come inizio.»
Ansimando scese dalla sedia e invitò le altre. La più pronta fu Giselle. Si sfilò i pantaloni e le mutandine e si mise in posizione.
Avevo appena iniziato a farle sentire la lingua sulle labbra umide e calde.
«Oh no...» disse ridendo. «Mi scappa!»
«Noooo...» mugolai
«Siiii, dai, falla!» la incitarono in coro sghignazzando.
Non si trattenne, tra tutte era la più ubriaca e svuotò la vescica inondandomi la bocca e la faccia. Provai a tenere le labbra serrate, ma mi entrava nel naso e rischiavo di soffocare, fui costretto ad aprire la bocca e berne un po'. Come prima Jasmine, anche lei si fece leccare fino a godere in modo osceno e selvaggio, per poi scendere barcollando e cedere il posto a Genevieve che nel frattempo si era spogliata del tutto invitando le altre a fare lo stesso. Appena mi fu sopra imitò Giselle, innaffiandomi con una interminabile cascata di pipì.
«Ahhhh... finalmente, non resistevo più.»
Dopo aver soddisfatto anche lei, fu il turno di Melanie e infine di Monique. Inutile dire che anche loro si svuotarono su di me prima di farsi leccare e godere.
Cinque fiche da leccare: un sogno! Ma non certo con un dildo che mi sfondava il culo e quasi annegato nella pipì.
Quando anche l'ultima si fu accasciata sul divano esausta. Jasmine le apostrofò ridendo:
«Avete bevuto troppo, ragazze. Un solo orgasmo e siete crollate. Io invece ho appena stuzzicato la mia voglia.»
Si diresse verso di me togliendosi gli abiti. Mi si pose davanti, fiera del suo corpo statuario, carezzandosi i seni con fare sensuale.
«Non vorrai mica che resti così, insoddisfatta?»
Feci cenno di no e con la lingua le mimai il gesto di leccare.
«Bravo... e poi... sai? Non ho ancora fatto pipì...»
Annuii «Sì, falla pure tu...»
«Golosone, te la faccio assaggiare solo se mi prometti di berla tutta.»
«Prometto.» E mi preparai con la bocca spalancata.
Non mi inondò, la fece un po' per volta consentendomi ogni volta di ingoiare. Pensai che doveva averlo fatto già altre volte e la cosa mi eccitò.
Si fece leccare a lungo, non aveva fretta di godere, non si aiutò con le dita, lasciò che fosse solo la mia lingua a condurla verso un orgasmo prolungato.
Dopo aver goduto, scese e mi accarezzò il petto.
«Sei stato bravo. Ma la tua serata non è ancora terminata.»
«No, ti prego, sono sfinito. Ti supplico, spegni quell'affare, mi sta sfondando le viscere.»
Lo spense e me lo sfilò. Gemetti, avevo il buco del culo dilatato e che bruciava, nonostante l'abbondante lubrificazione. Mi slegò e mi fece rialzare. Faticai un po' ma riassunsi presto una postura eretta.
«Adesso vai a ripulirti un po'. Poi, da brava donnina di casa che ha intrattenuto gli ospiti, li ringrazi, li saluti e rimetti tutto in ordine. Voglio la casa pulita com'era prima che tu vi entrassi, anzi meglio.»
Finii dopo le tre di notte, Ero a pezzi ma la casa era sfavillante. Jasmine aveva fatto la doccia e si aggirava in una elegante vestaglia di seta, controllando minuziosamente ogni angolo.
«Bene. Molto bene.» mi gratificò.
«Posso andare?»
«Prima dobbiamo regolare il tuo compenso.»
«Compenso?»
«Certo, devo pagarti per le tue prestazioni.»
«Ma no, che vuoi pagare, dai, non voglio denaro, assolutamente no.»
«E se il pagamento fosse in natura?»
Disse slacciando la vestaglia e facendola scivolare a terra.
«Voglio farti godere. Come va a te: in bocca, davanti, dietro, con le mani, coi piedi... non mettere limiti alla fantasia. Come vuoi e quante volte vuoi. Sono qui.»
Mi condusse sul suo letto e in pochi attimi mi fece dimenticare tutta la fatica: il cazzo tornò dritto e teso come una colonna, come neanche prima era stato.
Lo afferrò con le sue dita affusolate e iniziò a leccarlo sul glande. Con la lingua tentava di penetrare il meato.
«Dove vuoi metterlo prima?»
«Continua a succhiarlo, mi piace...»
Lo fece scivolare lentamente nella bocca, sempre più giù: stentavo a crederci, mai avevo visto nessuna ingoiarlo tutto come ora faceva lei senza sforzo.
Sollevò la testa e mi guardò, mentre fili di bava le colavano dalla bocca.
«Ti piace? Sono brava? So fare anche altro.»
«Oh, sì. Ti credo, Mostramelo.»
Si sollevò e, dandomi le spalle si calò su di me, appoggiando il buco del culo sul cazzo ritto. Mi fece porre le mani sulle sue chiappe e disse:
«Guidami tu.»
Esercitando una leggera spinta la feci abbassare: bagnato di saliva com'era non incontrò resistenza e scivolò dentro di lei. Si mise a fare su e giù accompagnando con movimenti rotatori del bacino.
«Dimmi la verità, Jean Luc, una sfondata come me l'hai mai trovata? Immagino tu ne abbia inculate più d'una.»
«Sì, ma come fai tu ora mai nessuna.»
«E adesso sai anche cosa si prova a stare da questa parte, vero?»
«Già...»
«In tutta sincerità: ti è piaciuto?»
«Mi ha dato fastidio all'inizio ma poi lo ammetto: mi è piaciuto. Forse come prima volta è stato troppo, alla fine faceva male.»
«Ti abituerai...»
«Perché? Dovrò farlo ancora?»
«Se vuoi continuare con me, sì.»
«Non capisco, spiegati.»
«È semplice. Sono una donna dominante: dispotica, volubile e perfida. Gli uomini per me sono da tenere in pugno, da spremere, soffocare. Per questo non durano, non resistono a lungo. Sopportano per poter stare con me, per il piacere che gli concedo quando ne ho voglia, come adesso, poi crollano e abbandonano. Godo nel poterli umiliare e vessare. So dare tanto, ma pretendo tanto. Voi uomini credete che basti avere il cazzo grosso e una buona durata. Poveri illusi: per quello mi basta la mia fucking machine. Ho avuto anche uomini mini dotati che mi hanno saputo dare però tanta soddisfazione, si sono fatti usare a mio piacimento, secondo i miei capricci.»
«Caspita! Sai che non ti immaginavo proprio così?»
«Sono così. Prendere o lasciare. Se vuoi stare con me, fino a quando resisterai, devi essere la mia troia. Sappilo. Non ammetto compromessi: tutto o niente.»
«... la tua troia... che strano per un uomo.»
«Un uomo può essere più troia di una donna, l'ho constatato di persona, credimi. Ripeti con me, senti come suona bene: “sono la tua troia”.»
«Sono la tua troia.»
«Bravo, ripetilo ancora, senti com'è sensuale nella nostra lingua,»
«Je suis ta salope.»
«Oui, Jasmine?»
«Puoi venire nel mio ufficio, per favore?»
«Certo, arrivo.»
Jasmine era la più anziana tra i colleghi, per cui aveva in un certo modo la responsabilità di coordinare il lavoro. Non era un “capo” vero e proprio, ma tutti facevamo riferimento a lei.
Era una bellissima quarantacinquenne, fisicamente in piena forma, i capelli neri crespi e la carnagione quasi creola le davano un fascino esotico che ammaliava. Un matrimonio finito da tempo e un figlio ormai grande la rendevano libera e perciò ambita da molti colleghi, tra cui il sottoscritto.
Con sorpresa trovai ad attendermi nel suo ufficio anche altre quattro colleghe. Melanie, Giselle, Monique e Genevieve. Carine e simpatiche, tra i trenta e i quaranta, erano quelle con cui c'era più confidenza e amicizia.
«Eccomi, Jasmine...»
«Caro Jean Luc, oggi è il sei marzo, per cui dopodomani...» fece una pausa
«Sarà l'otto...» risposi suscitando qualche risolino
«Ahahah... Sei molto perspicace... e sai cos'è l'otto marzo?»
«La festa della donna?»
«Ma bravo! Non giriamoci intorno, vengo al punto: ho organizzato una serata a casa mia con le ragazze che sono qui ora.»
«Ah, bella iniziativa. Ma io in che modo...» intervenni in tono dubbioso
«Non ti sei sempre vantato delle tue abilità culinarie? Addirittura non mi hai proposto una volta di venire a casa mia e prepararmi una cena da lasciarmi a bocca aperta?»
Arrossii. Era vero, ma spiattellarlo davanti alle colleghe mi dava parecchio fastidio. Se ne accorse e godette del mio imbarazzo, poi riprese:
«Accetto la tua offerta, caro: la sera dell'otto marzo verrai a casa mia, preparerai una cena favolosa e ce la servirai. Perché proprio l'otto marzo? Perché la festa della donna è l'occasione ideale per farti capire come ci si sente a essere donna.»
Feci buon viso a cattivo gioco, anche se la mia proposta riguardava solo lei, pensai che in fondo sarebbe stata comunque una bella serata.
«Tutto qui, Jasmine?» intervenne Giselle «solo la cena?»
«Beh, troveremo come trascorrere in allegria il dopo cena insieme...»
Rispose lei ammiccando.
Organizzai tutto per benino: feci recapitare a casa sua l'occorrente e già nel pomeriggio mi presentai per mettermi all'opera. Jasmine mi illustrò la cucina e dove trovare stoviglie e suppellettili.
«È tutta tua, Jean Luc. Sei il padrone. Io esco, tornerò alle otto con le ragazze. Fa' trovare tutto pronto, mi raccomando.»
Alle otto in punto entrarono tutte in sala da pranzo e trovarono la tavola perfettamente apparecchiata. Le feci accomodare e iniziai a servire l'antipasto.
«Jean Luc! Il mio bicchiere è vuoto...» disse Genevieve
«Facciamo così» propose allora la padrona di casa «per ogni mancanza, Jean Luc pagherà un pegno. Genevieve ha diritto di scelta.»
Tutte approvarono con entusiasmo e Genevieve, dopo averci pensato giusto un attimo, disse:
«Via la camicia!»
Ovviamente da quel momento scattò una gara tra loro ad inventarsi mie presunte mancanze per poter avere il gusto di privarmi di qualcosa e ci volle davvero poco a farmi rimanere completamente nudo. Devo dire che non mi tirai indietro, finsi inizialmente un po' di ritrosia ma accettai di prestarmi al loro gioco.
La cena filò via liscia e fu ben apprezzata dalle cinque donne. Il vino le aveva sciolte e ora, su di giri, si facevano sempre più audaci, rivolgendomi battute spinte e apprezzamenti accompagnati da carezze voluttuose.
Si accomodarono in salotto e si fecero servire lì caffè e liquori. Poi mi invitarono a sedere sul divano, in mezzo a loro e quindi sulle loro gambe.
«Com'è che si chiamano questa situazioni, Monique? CFNM?»
«Esatto: vuol dire Clothed Female Nude Male. Donne vestite e uomo nudo.»
Le carezze si intensificarono e puntarono verso le parti intime e sensibili.
Il mio cazzo mostrò subito di gradire le attenzioni e i complimenti, esibendosi in una erezione che mi rese orgoglioso di lui. Lo guardavano estasiate, facendovi scorrere le mani su e giù e stuzzicando la punta con le dita.
«Che ne dite, ci siamo scaldati abbastanza? Iniziamo a divertirci sul serio?»
Chiese retoricamente Jasmine; il consenso fu unanime.
Ci fece spostare allora in un'altra stanza dove, con mia grande sorpresa, vidi una sedia di quella che usano i ginecologi per le visite: con i supporti per poggiare i piedi e stare a gambe ben divaricate.
«Ah, giochiamo al dottore?» Scherzai «Chi vuol essere visitata per prima?»
Jasmine rise maliziosa.
«Non proprio, giochiamo al paziente e alle dottoresse. Il paziente sei tu, caro. Ricorda che stasera sei il nostro giocattolo.»
Pur non comprendendo le loro intenzioni, decisi di stare al gioco; mi lasciai guidare verso la poltrona e mi ci sedetti alzando le gambe e posandole sui supporti. Appena fui in posizione mi fermarono polsi e caviglie con delle cinghie di cuoio.
«Ehi! Ma che volete farmi adesso?»
«Sta' tranquillo... siamo qui per divertirci, no?»
Rispose lei ammiccando verso le altre che sorridevano.
Si avvicinò e con fare lascivo mi accarezzò il petto, scendendo con le dita a solleticarmi l'ombelico e poi a sfiorare il pube. Le fece scivolare sotto lo scroto, massaggiandolo, e poi risalì ad afferrarmi l'uccello, ora ancora più turgido.
Fece un mugolio di approvazione e poi un cenno a Melanie, che avvicinò un carrello con uno strano macchinario. Era una scatola metallica con un'asta che sporgeva da un lato; sull'asta era montato un fallo di gomma di notevoli dimensioni.
«No!» Urlai. «Questo no, vi prego,»
Tentai di divincolarmi, ma invano. Le fasce di cuoio erano ben fissate e strette.
Indossando un guanto unse di gel lo strumento e poi mi venne a guardare negli occhi, Il suo sguardo era perfido.
«Ti avevo detto che avresti saputo cosa si prova a essere donna...»
Mi lubrificò lo sfintere con il gel e vi infilò un dito. Istintivamente lo contrassi.
«Non stringere, ti farà male. Rilassati e godrai... come una donna.»
Fece avvicinare l'infernale macchina e mi appoggiò la punta al buco; la spinse dentro tra i “wow” e i gridolini entusiasti delle ragazze.
«Troie...» Imprecai «Questo non era nei patti.»
«Patti? Non c'erano patti: tu forse ti eri immaginato altro, ma noi no.»
Girò una manopola e l'asta iniziò a muoversi avanti e dietro lentamente. Il cazzo di gomma scivolava fuori e dentro di me. Man mano aumentò la velocità.
«Come ci si sente a essere scopate? Ti piace?»
Che risponderle? Ammettere che, se da una parte il mio ego virile si sentiva violato, dall'altra il mio corpo gradiva quell'invasione che stimolava recettori che neanche immaginavo di avere? Mi limitai a mugolare.
«Adesso devi farci godere. Tutte.»
Salì agilmente sui braccioli della poltrona e si accovacciò di fronte a me. Sollevò la gonna sotto cui non indossava altro e mi pose la fica davanti alla bocca.
«Lecca! Dai, fammi vedere quanto sei bravo.»
La leccai, cercando di distrarmi e non pensare alla macchina che mi penetrava. Lei iniziò anche a toccarsi il clitoride e, dimenandosi e urlando, venne in poco tempo.
«Uhuuuu... niente male, davvero niente male, come inizio.»
Ansimando scese dalla sedia e invitò le altre. La più pronta fu Giselle. Si sfilò i pantaloni e le mutandine e si mise in posizione.
Avevo appena iniziato a farle sentire la lingua sulle labbra umide e calde.
«Oh no...» disse ridendo. «Mi scappa!»
«Noooo...» mugolai
«Siiii, dai, falla!» la incitarono in coro sghignazzando.
Non si trattenne, tra tutte era la più ubriaca e svuotò la vescica inondandomi la bocca e la faccia. Provai a tenere le labbra serrate, ma mi entrava nel naso e rischiavo di soffocare, fui costretto ad aprire la bocca e berne un po'. Come prima Jasmine, anche lei si fece leccare fino a godere in modo osceno e selvaggio, per poi scendere barcollando e cedere il posto a Genevieve che nel frattempo si era spogliata del tutto invitando le altre a fare lo stesso. Appena mi fu sopra imitò Giselle, innaffiandomi con una interminabile cascata di pipì.
«Ahhhh... finalmente, non resistevo più.»
Dopo aver soddisfatto anche lei, fu il turno di Melanie e infine di Monique. Inutile dire che anche loro si svuotarono su di me prima di farsi leccare e godere.
Cinque fiche da leccare: un sogno! Ma non certo con un dildo che mi sfondava il culo e quasi annegato nella pipì.
Quando anche l'ultima si fu accasciata sul divano esausta. Jasmine le apostrofò ridendo:
«Avete bevuto troppo, ragazze. Un solo orgasmo e siete crollate. Io invece ho appena stuzzicato la mia voglia.»
Si diresse verso di me togliendosi gli abiti. Mi si pose davanti, fiera del suo corpo statuario, carezzandosi i seni con fare sensuale.
«Non vorrai mica che resti così, insoddisfatta?»
Feci cenno di no e con la lingua le mimai il gesto di leccare.
«Bravo... e poi... sai? Non ho ancora fatto pipì...»
Annuii «Sì, falla pure tu...»
«Golosone, te la faccio assaggiare solo se mi prometti di berla tutta.»
«Prometto.» E mi preparai con la bocca spalancata.
Non mi inondò, la fece un po' per volta consentendomi ogni volta di ingoiare. Pensai che doveva averlo fatto già altre volte e la cosa mi eccitò.
Si fece leccare a lungo, non aveva fretta di godere, non si aiutò con le dita, lasciò che fosse solo la mia lingua a condurla verso un orgasmo prolungato.
Dopo aver goduto, scese e mi accarezzò il petto.
«Sei stato bravo. Ma la tua serata non è ancora terminata.»
«No, ti prego, sono sfinito. Ti supplico, spegni quell'affare, mi sta sfondando le viscere.»
Lo spense e me lo sfilò. Gemetti, avevo il buco del culo dilatato e che bruciava, nonostante l'abbondante lubrificazione. Mi slegò e mi fece rialzare. Faticai un po' ma riassunsi presto una postura eretta.
«Adesso vai a ripulirti un po'. Poi, da brava donnina di casa che ha intrattenuto gli ospiti, li ringrazi, li saluti e rimetti tutto in ordine. Voglio la casa pulita com'era prima che tu vi entrassi, anzi meglio.»
Finii dopo le tre di notte, Ero a pezzi ma la casa era sfavillante. Jasmine aveva fatto la doccia e si aggirava in una elegante vestaglia di seta, controllando minuziosamente ogni angolo.
«Bene. Molto bene.» mi gratificò.
«Posso andare?»
«Prima dobbiamo regolare il tuo compenso.»
«Compenso?»
«Certo, devo pagarti per le tue prestazioni.»
«Ma no, che vuoi pagare, dai, non voglio denaro, assolutamente no.»
«E se il pagamento fosse in natura?»
Disse slacciando la vestaglia e facendola scivolare a terra.
«Voglio farti godere. Come va a te: in bocca, davanti, dietro, con le mani, coi piedi... non mettere limiti alla fantasia. Come vuoi e quante volte vuoi. Sono qui.»
Mi condusse sul suo letto e in pochi attimi mi fece dimenticare tutta la fatica: il cazzo tornò dritto e teso come una colonna, come neanche prima era stato.
Lo afferrò con le sue dita affusolate e iniziò a leccarlo sul glande. Con la lingua tentava di penetrare il meato.
«Dove vuoi metterlo prima?»
«Continua a succhiarlo, mi piace...»
Lo fece scivolare lentamente nella bocca, sempre più giù: stentavo a crederci, mai avevo visto nessuna ingoiarlo tutto come ora faceva lei senza sforzo.
Sollevò la testa e mi guardò, mentre fili di bava le colavano dalla bocca.
«Ti piace? Sono brava? So fare anche altro.»
«Oh, sì. Ti credo, Mostramelo.»
Si sollevò e, dandomi le spalle si calò su di me, appoggiando il buco del culo sul cazzo ritto. Mi fece porre le mani sulle sue chiappe e disse:
«Guidami tu.»
Esercitando una leggera spinta la feci abbassare: bagnato di saliva com'era non incontrò resistenza e scivolò dentro di lei. Si mise a fare su e giù accompagnando con movimenti rotatori del bacino.
«Dimmi la verità, Jean Luc, una sfondata come me l'hai mai trovata? Immagino tu ne abbia inculate più d'una.»
«Sì, ma come fai tu ora mai nessuna.»
«E adesso sai anche cosa si prova a stare da questa parte, vero?»
«Già...»
«In tutta sincerità: ti è piaciuto?»
«Mi ha dato fastidio all'inizio ma poi lo ammetto: mi è piaciuto. Forse come prima volta è stato troppo, alla fine faceva male.»
«Ti abituerai...»
«Perché? Dovrò farlo ancora?»
«Se vuoi continuare con me, sì.»
«Non capisco, spiegati.»
«È semplice. Sono una donna dominante: dispotica, volubile e perfida. Gli uomini per me sono da tenere in pugno, da spremere, soffocare. Per questo non durano, non resistono a lungo. Sopportano per poter stare con me, per il piacere che gli concedo quando ne ho voglia, come adesso, poi crollano e abbandonano. Godo nel poterli umiliare e vessare. So dare tanto, ma pretendo tanto. Voi uomini credete che basti avere il cazzo grosso e una buona durata. Poveri illusi: per quello mi basta la mia fucking machine. Ho avuto anche uomini mini dotati che mi hanno saputo dare però tanta soddisfazione, si sono fatti usare a mio piacimento, secondo i miei capricci.»
«Caspita! Sai che non ti immaginavo proprio così?»
«Sono così. Prendere o lasciare. Se vuoi stare con me, fino a quando resisterai, devi essere la mia troia. Sappilo. Non ammetto compromessi: tutto o niente.»
«... la tua troia... che strano per un uomo.»
«Un uomo può essere più troia di una donna, l'ho constatato di persona, credimi. Ripeti con me, senti come suona bene: “sono la tua troia”.»
«Sono la tua troia.»
«Bravo, ripetilo ancora, senti com'è sensuale nella nostra lingua,»
«Je suis ta salope.»
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