Fantasia agostana

di
genere
gay

Mi ero issato faticosamente sullo scoglio ed avevo trovato una specie di terrazza, poco oltre la cima, che si prestava perfettamente alla possibilità di prendere un sole integrale in assoluta solitudine e fuori da ogni vista.
Alla fine mi ero addormentato ed avevo sognato cose mai sognate e nemmeno fantasticate: ero sdraiato su uno scoglio e qualcuno mi stava accarezzando le natiche; dita leggere raggiungevano l'ano, lo sfintere ed io, non solo consentivo, ma attendevo, desideravo la penetrazione ed il raggiungimento di una congiunzione carnale.
Mi svegliai di soprassalto e restai paralizzato, tentando di gridare, come negli incubi classici, con la voce che non riesce ad uscire.
In effetti, in ginocchio sopre di me, c'era un uomo nudo (la testa ero riuscito a girarla) che mi accarezzava l'ano e che subito mi mise una mano davanti alla bocca sussurrando:
Non ti muovere, non strillare e resta disponibile come lo sei stato fino ad ora...
Perchè che hai fatto? - Caddi nella trappola.
Quello che sto per fare adesso, che sei sveglio!
Non sapevo nulla, ma sentivo quello che stava per farmi era ciò che mi aveva fatto in sogno. E anche nella realtà ero immobile nell'attesa e non avevo più nessuna voglia di gridare.
Dita sapienti mi aprirono lo sfintere, come le valve di una conchiglia, e subito dopo un bastone dalla punta umida e ben lubrificata cominciò a forzarne l'ingresso, fino a creare in me una specie di risucchio, che lo lasciò scorrere nella cavità spalancata del mio intestino.
L'uomo ed il suo cazzo restavano quasi fermi e si muovevano quel tanto che bastava a farmi sentire completamente empito e preda di ondate di piacere che si espandevano dal cervello al culo o viceversa, amplificate da un lieve ansimare della sua bocca sul mio orecchio.
Mi sentivo preda di oscene convulsioni e più le sentivo oscene più sentivo avvicinarsi l'orgasmo ed il mio pene, premuto sul sasso, cominciava a bagnarlo di irrefrenabili umori.
Mi accorsi di mugolare piano, di guaire, come una cagnoletta in ardore e di dire anche qualcosa che assomigliava al mostruoso invito a godere di me, a sporcare di sperma, ad empire di sperma, quella bocca vorace, che non sapevo di avere, lì fra le natiche.
Poi l'uomo cominciò a mordermi l'orecchio e il collo e ad esaudire il mio sogno: sentii il primo schizzo come una pugnalata di godimento puro e quindi il fluire di un rivolo di lava continuo che mi fuoriusciva dall'ano e, colandomi fra i testicoli andava a formare sul piatto di roccia una pozzanghera in cui la sua lava si mescolava alla mia, fradiciandomi il ventre.
Il suo cazzo ora entrava ed usciva liberamente dal canale tutto allagato del mio retto e menava colpi frenetici per svuotare completamente il serbatoio del suo seme, mentre io vuotavo il mio nell'accogliente cavità della pietra.
Fu bellissimo e turpe allo stesso tempo: sono cresciuto, anche se da ribelle, in una “ovattina cattolica”, come nelle satire di Paolo Poli, ed il senso del peccato penso resti una delle sorgenti più generose del godimento sessusle e di quello omosessuale in particolare.
Quando l'uomo mi rivoltò. gli esiti del piacere goduto erano ormai alle spalle, ma permaneva quell'effetto di pienezza che resta dopo un sesso fatto bene, ed anche se mi accorsi che il tipo a cui avevo ceduto non era affatto un adone, gli ero grato di aver sfogato la sua libidine su di me e di aver violato una mia insignificante verginità anale, per offrirmi una più ampia visione del piacere e del sesso.
Quando cominciò a baciarmi, mi parve di essere stuprato anche oralmente e provai subito il desiderio di prendere in bocca il suo membro ormai a riposo e tentare di ridestarne le dimensioni e l'ardore.
Assaggiai con avidità il suo sperma e da auto didatta cominciai un corso accelerato di fellazio. Ottenni presto che l'uomo mi afferrasse per i capelli e fosse di nuovo ansioso di farmi bere, leccare ed ingoiare il suo sperma.
Era un tipo insignificante e anche un po' volgare, dalle grosse dita che sapevano però carezzare in maniera ineffabile, aveva una certa pancetta, che però aveva perfettamente aderito alla mia schiena, inculandomi alla pecorina da... ddio.
Avevo ancora una voglia fottuta di pigliarlo in culo e quando lasciò la mia testa per sollevarmi ed aprirmi le cosce, contemplai nuovamente inebetito i suo bastone puntare il mio sfintere, allontanarsi quel tanto che basta per tornare ad entrarmi con violenza fino a fondo corsa e provocarmi piccole urla strozzate ad ogni colpo.
Mi lasciavo stantuffare come un treno a vapore e ad ogni colpo mi sentivo e lo sentivo più vicino ad un nuovo orgasmo. In effetti io venni ancora in abbondanza e lui mi costrinse a farlo sul e... nel suo pelo pubico, per poi ancora costringermi a leccare tutto il suo vello fradicio del mio sperma, i testicoli e pure il buchetto, che venne a schiacciarmi sulla faccia, senza lasciarmi scampo.
Quando ebbi ripulito tutto per bene e sputato i peli superflui, tornò a martellarmi con un cazzo infuriato ma sistematico, io ero a gambe all'aria di nuovo e senza provare più molto, attendevo che si soddisfacesse dentro di me, come una vecchia troia attende la soddisfazione del cliente, per onestà professionale, senza mettergli fretta.
La cosa cominciò qui ed ebbe sviluppi che vi racconterò una prossima volta e intanto, da questo palcoscenico di ogni fantasia, abbiatevi un a rivederci e un inchino.
scritto il
2012-09-01
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