Il mio amico come non l'ho mai visto pt.1
di
Crème de la crème
genere
gay
Questa è la storia di due ragazzi 21enni che nel corso del tempo hanno trasformato la loro semplice amicizia in una relazione sessuale dai tratti un po’ perversi. L’amico Lorenzo, che è il protagonista, si è detto d’accordo nel raccontarla.
Una sera d’estate di circa due anni fa, mi chiama il mio amico Lorenzo e mi chiede se avessi voglia di uscire un po’.
Io e Lore siamo sempre stati grandi amici. Ci siamo conosciuti alle superiori e da lì ci siamo sempre frequentati. Stessa classe, stessa squadra di calcio, stesso gruppo di amici e genitori che si conoscevano molto bene. Insomma, il classico amico con cui hai piena confidenza. Io e Lore abbiamo sempre frequentato ragazze e nessuno dei due avrebbe mai pensato che l’altro potesse essere gay, semplicemente perché non lo eravamo. Eravamo assolutamente etero.
Comunque, alla sua domanda, io gli rispondo che quella sera ero un po’ stanco e avrei voluto riposare standomene a casa. Lui, un po’ scoglionato dalla mia pigrizia, mi dice:
“Dai, almeno vieni qui da me e beviamo qualcosa, non c’è nessuno a casa”.
Un po’ riluttante accetto e preparo lo zainetto della notte. Sapevo già come sarebbe finita: ogni volta bevevamo troppo e io non potevo guidare l’auto, quindi rimanevo a dormire da lui. Sarebbe stato così anche quella sera.
Mezz’ora dopo suono il campanello di casa sua. Lui mi viene ad aprire e mi dice di entrare. Era vestito da casa, come sempre: pantaloncini dell’Adidas corti, una t-shirt un po’ strappata sotto le ascelle e le scarpe, fangose e consumate dal massiccio utilizzo. Era un po’ sudato sulla fronte e non odorava proprio di sapone, sapeva di maschio in casa da solo che non ha un cazzo da fare.
Una volta entrato in casa, pongo le mie cose sul divano e sento lui che mi dice:
“Ah ma non importava che tu portassi niente. Ti prestavo le cose io per dormire”.
Effettivamente io e Lore abbiamo due fisici abbastanza simili: non troppo alti e capelli e occhi castani. Lui però è più uomo, nel senso che ha più peli, è più tonico e massiccio e anche più virile. Io sono meno forte, un po’ più esile e assolutamente depilato.
“Non importa Lore ho portato tutto, anche il Rum” gli dico io sorridendo.
Le prime ore passano normalmente, come tutte le altre volte che ci siamo ritrovati a bere insieme a casa. Io sul divano sdraiato comodamente e lui stravaccato sulla poltrona con il bicchiere in mano. Ogni 15 minuti lui si alza e va a pisciare, dicendo:
“Vado a pisciare un secondo e torno”.
Tra una pisciata e l’altra, lui si avvicina e si siede sul divano per stare più comodo. Continuiamo a bere e scazzare, tanto che a un certo punto siamo in un totale stato di euforia. Dopo essersi seduto vicino a me, lui mi dice:
“Senti Luca, io ti devo dire una cosa. Tanto sono ubriaco a posso dirla.
“Cosa mi devi dire?”
“Guarda, non la prendere male e ridiamoci su, ma non la dire a nessuno perché ti prendo a pedate nel culo”.
“Dimmi Lore, ci diciamo sempre tutto”.
Vedo che lui è un po’ rosso nel viso e grattandosi come di consueto l’uccello da sopra i pantaloni mi fa:
“Io vorrei provare a fare una cosa con te” e inizia a ridere in modo sguaiato.
“Lore, cosa? Dai dimmelo che sono curioso…
Io non immaginavo minimamente dove potesse andare a parare.
“Vorrei provare a metterti a pecorina e costringerti a leccarmi i piedi”.
In un istante, rivedo tutta la storia dell’amicizia tra me e Lorenzo. Mai mi avrebbe e mai mi ha detto una cosa del genere, neanche per scherzare.
“Lore ma cosa dici?” io sorridevo imbarazzatissimo.
“Si, è qualche giorno che ci penso e mi è venuta questa fantasia”.
“Non ho capito. Vorresti scopare con me adesso?
“Si, di brutto. Ma se non vuoi non importa. Ridiamoci su e non parliamone mai più di questa cosa”.
Io, prima di rispondere, istintivamente guardo verso i suoi pantaloni e vedo che ha l’uccello durissimo. Pensai al fatto che in più di quindici anni di amicizia io non gli avessi mai visto l’uccello e tantomeno duro. Non so cosa mi è successo, ma in quell’istante mi è venuta voglia di assaporarlo, sentire che odore e sapore avesse il cazzo del mio migliore amico.
“Lore, se vuoi io per stasera posso fare tutto quello che mi chiedi. Mi hai incuriosito”.
“Davvero? No va beh, non ci avrei mai creduto”.
Gli risposi che nemmeno avrei mai creduto di arrivare a tanto con lui, ma non potevo ignorare il fatto che in quel momento mi era venuto duro anche a me.
Dal divano, seduto comodamente lui continua a grattarselo da fuori i pantaloni e mi fa:
“Dai Luca, spogliati allora e mettiti a pecorina”.
Io mi alzai dal divano, mi tolsi la maglietta, poi le scarpe e i pantaloni.
“Ti piaccio?” Gli dico scherzandoci su.
“Si, ma levati tutto”.
Un brivido mi percorse tutto il corpo e mi arrivò fino al buco del culo. Mi tolgo lentamente prima i calzini, sentendo che non c’era un bellissimo odore e poi mi giro di schiena e piano piano inizio ad abbassare le mutandine slip.
“Madonna che cazzo di culo liscio che hai, te lo sfondo”.
Io, completamente nudo di fronte al mio migliore amico, gli dico:
“Cosa faccio mio padrone?”.
“Girati, mettiti a pecorina sotto i miei piedi e inizia a togliermi le scarpe.
Io mio uccello era durissimo e il culo mi sembrava un po’ bagnato. Mi metto a pecorina e mi accorgo che dietro il culo ho uno specchio che lo riflette, dove Lore lo guarda che piano piano si allarga sempre di più.
“Madonna che culo che hai! Guardatelo allo specchio. È tutto liscio”.
Guardo me stesso a pecorina, e mi meraviglio anch’io del mio stesso culo. È proprio bello allargato. Le piante dei piedi sono ben stese per terra e sento un po’ l’odore salire fino al mio naso.
“Dai, levami le scarpe”.
Piano piano sciolgo il nodo alle sue scarpe fangose e usurate, le tolgo e sento già l’odore che mi arriva nelle narici. Odore forte, di maschio in pieno sviluppo ormonale. Tolgo i calzini e lui inizia piano piano a muovere le dita dei piedi.
“Vai, annusa e lecca. Prima sotto e poi tra le dita. Voglio che tu parli mentre lo fai”.
Inizio ad annusarli e a guardarli, sentendo che quell’odore arriva dritto nel naso, ripercuotendosi sul mio uccello, durissimo. Li annuso, li guardo e poi inizio piano piano con la lingua a leccare la pianta del piede. Hanno un sapore forte, che mi avvolge tutta la bocca.
“Come sono buoni i tuoi piedi cazzo!” dico.
Mordo la pianta del piede e continuo a leccare, arrivando tra le dita.
“Si bravo leccameli tutti, schiavo bastardo”.
Con la lingua passo tra un dito e l’altro, deglutendo di tanto in tanto la saliva aromatizzata al formaggio. Lecco e commento i suoi piedi.
“Woo, quanto mi piace essere a pecorina e leccare i piedi del mio amico, Woo!”
Mentre lecco guardo Lore e vedo che ha gli occhi socchiusi e mugola, ripetendo sempre quanto sia bastardo e schiavo. Con la mano si massaggia esternamente l’uccello finché non ricomincia a guardare il mio culo allargato allo specchio.
“Luca hai un culo che mi manda fuori di cervello”.
Io inizio a muoverlo e a massaggiarmelo con la mano, cercando di farlo eccitare sempre di più.
Era come se fossi posseduto da uno strano demonio, perché facevo delle cose che mai avrei pensato di fare. Eppure mi piaceva da matti cazzo. Volevo essere umiliato dal mio stesso amico, volevo assaggiare ogni parte del corpo di quel bellissimo essere mugolante che avevo davanti.
Smisi di leccare i piedi, che ormai erano completamente bagnati e mi misi in ginocchio, in mezzo alle sue gambe.
“Lore, voglio succhiarti il cazzo”.
Lui mi guardò e fece un mezzo sorrisetto.
“Luca sono io che comando hai capito? Però si, succhiamelo!”
Gli tolsi la maglietta. Era bellissimo e i suoi capezzoli duri come il marmo. Gli abbassai i pantaloni e rimase in mutande con i piedi bagnati.
“Toglimi le mutande e fai quello che devi fare perché mi sta esplodendo”.
Abbassai le mutande e saltò fuori un cazzo enorme, con la cappella umida ben in vista. Era tozzo, largo, depilato e pulsava al ritmo della sua stessa voglia. Le palle erano grandi, depilate e sode.
“Lore adoro il tuo cazzo. Perché l’hai nascosto per tutto questo tempo?
Lo prendo in mano. È caldissimo, lui mi guarda e io inizio a giocarci facendo su e giù.
“Guarda come siamo belli visti dallo specchio. Tu nudo che mi fai una sega e io a gambe larghe”.
Lo sego e poi lo prendo in bocca. Ha un sapore forte, sembra quasi sudore misto a sborra secca e urina e lo sento che ansima e si muove, cercando di ficcarmelo nella profondità della gola.
“Madonna come me lo succhi bene. Continua e ti riempio di sborra”.
Stavo succhiando il cazzo del mio amico, lo stavo facendo, eppure non riuscivo a realizzarlo. Ero nudo, tra le gambe del mio amico a muovere la testa su e giù ansimando.
“Quanto mi piaci Lore. Sei un maschio con un grande cazzone e io il tuo schiavetto che ti rende felice”.
Vuoi davvero rendermi felice?”
Gli dico di sì mentre lo sego e lo annuso.
“Allora vai in camera mia, e sotto il letto prendi le infradito e portale qui!”
Non gli diedi ascolto, perché volevo continuare a succhiargli quelle grandissime palle che mi riempivano la bocca.
“Si, vado. Fammi succhiare le palle per bene e vado”.
Me lo lascia fare fin quando non mi solleva la testa con le mani e mi ordina di andare.
Nudo, bagnato, in preda ad un’eccitazione mai vissuta, vado in camera e cerco le sue ciabatte. Mi piego di nuovo a pecorina e le trovo sotto il letto. I miei piedi, umidi dal sudore e dal caldo, lasciano l’orma sul pavimento. La annuso un attimo e torno di là con le ciabatte. Lui è sempre lì, a gambe larghe con l’uccello dritto come un ciocco di legno.
“Bravo! Torna qui”.
Mi avvicino, e gli chiedo:
“Cosa ci devo fare?”.
“Adesso te lo spiego, puttana”.
(continua)
Una sera d’estate di circa due anni fa, mi chiama il mio amico Lorenzo e mi chiede se avessi voglia di uscire un po’.
Io e Lore siamo sempre stati grandi amici. Ci siamo conosciuti alle superiori e da lì ci siamo sempre frequentati. Stessa classe, stessa squadra di calcio, stesso gruppo di amici e genitori che si conoscevano molto bene. Insomma, il classico amico con cui hai piena confidenza. Io e Lore abbiamo sempre frequentato ragazze e nessuno dei due avrebbe mai pensato che l’altro potesse essere gay, semplicemente perché non lo eravamo. Eravamo assolutamente etero.
Comunque, alla sua domanda, io gli rispondo che quella sera ero un po’ stanco e avrei voluto riposare standomene a casa. Lui, un po’ scoglionato dalla mia pigrizia, mi dice:
“Dai, almeno vieni qui da me e beviamo qualcosa, non c’è nessuno a casa”.
Un po’ riluttante accetto e preparo lo zainetto della notte. Sapevo già come sarebbe finita: ogni volta bevevamo troppo e io non potevo guidare l’auto, quindi rimanevo a dormire da lui. Sarebbe stato così anche quella sera.
Mezz’ora dopo suono il campanello di casa sua. Lui mi viene ad aprire e mi dice di entrare. Era vestito da casa, come sempre: pantaloncini dell’Adidas corti, una t-shirt un po’ strappata sotto le ascelle e le scarpe, fangose e consumate dal massiccio utilizzo. Era un po’ sudato sulla fronte e non odorava proprio di sapone, sapeva di maschio in casa da solo che non ha un cazzo da fare.
Una volta entrato in casa, pongo le mie cose sul divano e sento lui che mi dice:
“Ah ma non importava che tu portassi niente. Ti prestavo le cose io per dormire”.
Effettivamente io e Lore abbiamo due fisici abbastanza simili: non troppo alti e capelli e occhi castani. Lui però è più uomo, nel senso che ha più peli, è più tonico e massiccio e anche più virile. Io sono meno forte, un po’ più esile e assolutamente depilato.
“Non importa Lore ho portato tutto, anche il Rum” gli dico io sorridendo.
Le prime ore passano normalmente, come tutte le altre volte che ci siamo ritrovati a bere insieme a casa. Io sul divano sdraiato comodamente e lui stravaccato sulla poltrona con il bicchiere in mano. Ogni 15 minuti lui si alza e va a pisciare, dicendo:
“Vado a pisciare un secondo e torno”.
Tra una pisciata e l’altra, lui si avvicina e si siede sul divano per stare più comodo. Continuiamo a bere e scazzare, tanto che a un certo punto siamo in un totale stato di euforia. Dopo essersi seduto vicino a me, lui mi dice:
“Senti Luca, io ti devo dire una cosa. Tanto sono ubriaco a posso dirla.
“Cosa mi devi dire?”
“Guarda, non la prendere male e ridiamoci su, ma non la dire a nessuno perché ti prendo a pedate nel culo”.
“Dimmi Lore, ci diciamo sempre tutto”.
Vedo che lui è un po’ rosso nel viso e grattandosi come di consueto l’uccello da sopra i pantaloni mi fa:
“Io vorrei provare a fare una cosa con te” e inizia a ridere in modo sguaiato.
“Lore, cosa? Dai dimmelo che sono curioso…
Io non immaginavo minimamente dove potesse andare a parare.
“Vorrei provare a metterti a pecorina e costringerti a leccarmi i piedi”.
In un istante, rivedo tutta la storia dell’amicizia tra me e Lorenzo. Mai mi avrebbe e mai mi ha detto una cosa del genere, neanche per scherzare.
“Lore ma cosa dici?” io sorridevo imbarazzatissimo.
“Si, è qualche giorno che ci penso e mi è venuta questa fantasia”.
“Non ho capito. Vorresti scopare con me adesso?
“Si, di brutto. Ma se non vuoi non importa. Ridiamoci su e non parliamone mai più di questa cosa”.
Io, prima di rispondere, istintivamente guardo verso i suoi pantaloni e vedo che ha l’uccello durissimo. Pensai al fatto che in più di quindici anni di amicizia io non gli avessi mai visto l’uccello e tantomeno duro. Non so cosa mi è successo, ma in quell’istante mi è venuta voglia di assaporarlo, sentire che odore e sapore avesse il cazzo del mio migliore amico.
“Lore, se vuoi io per stasera posso fare tutto quello che mi chiedi. Mi hai incuriosito”.
“Davvero? No va beh, non ci avrei mai creduto”.
Gli risposi che nemmeno avrei mai creduto di arrivare a tanto con lui, ma non potevo ignorare il fatto che in quel momento mi era venuto duro anche a me.
Dal divano, seduto comodamente lui continua a grattarselo da fuori i pantaloni e mi fa:
“Dai Luca, spogliati allora e mettiti a pecorina”.
Io mi alzai dal divano, mi tolsi la maglietta, poi le scarpe e i pantaloni.
“Ti piaccio?” Gli dico scherzandoci su.
“Si, ma levati tutto”.
Un brivido mi percorse tutto il corpo e mi arrivò fino al buco del culo. Mi tolgo lentamente prima i calzini, sentendo che non c’era un bellissimo odore e poi mi giro di schiena e piano piano inizio ad abbassare le mutandine slip.
“Madonna che cazzo di culo liscio che hai, te lo sfondo”.
Io, completamente nudo di fronte al mio migliore amico, gli dico:
“Cosa faccio mio padrone?”.
“Girati, mettiti a pecorina sotto i miei piedi e inizia a togliermi le scarpe.
Io mio uccello era durissimo e il culo mi sembrava un po’ bagnato. Mi metto a pecorina e mi accorgo che dietro il culo ho uno specchio che lo riflette, dove Lore lo guarda che piano piano si allarga sempre di più.
“Madonna che culo che hai! Guardatelo allo specchio. È tutto liscio”.
Guardo me stesso a pecorina, e mi meraviglio anch’io del mio stesso culo. È proprio bello allargato. Le piante dei piedi sono ben stese per terra e sento un po’ l’odore salire fino al mio naso.
“Dai, levami le scarpe”.
Piano piano sciolgo il nodo alle sue scarpe fangose e usurate, le tolgo e sento già l’odore che mi arriva nelle narici. Odore forte, di maschio in pieno sviluppo ormonale. Tolgo i calzini e lui inizia piano piano a muovere le dita dei piedi.
“Vai, annusa e lecca. Prima sotto e poi tra le dita. Voglio che tu parli mentre lo fai”.
Inizio ad annusarli e a guardarli, sentendo che quell’odore arriva dritto nel naso, ripercuotendosi sul mio uccello, durissimo. Li annuso, li guardo e poi inizio piano piano con la lingua a leccare la pianta del piede. Hanno un sapore forte, che mi avvolge tutta la bocca.
“Come sono buoni i tuoi piedi cazzo!” dico.
Mordo la pianta del piede e continuo a leccare, arrivando tra le dita.
“Si bravo leccameli tutti, schiavo bastardo”.
Con la lingua passo tra un dito e l’altro, deglutendo di tanto in tanto la saliva aromatizzata al formaggio. Lecco e commento i suoi piedi.
“Woo, quanto mi piace essere a pecorina e leccare i piedi del mio amico, Woo!”
Mentre lecco guardo Lore e vedo che ha gli occhi socchiusi e mugola, ripetendo sempre quanto sia bastardo e schiavo. Con la mano si massaggia esternamente l’uccello finché non ricomincia a guardare il mio culo allargato allo specchio.
“Luca hai un culo che mi manda fuori di cervello”.
Io inizio a muoverlo e a massaggiarmelo con la mano, cercando di farlo eccitare sempre di più.
Era come se fossi posseduto da uno strano demonio, perché facevo delle cose che mai avrei pensato di fare. Eppure mi piaceva da matti cazzo. Volevo essere umiliato dal mio stesso amico, volevo assaggiare ogni parte del corpo di quel bellissimo essere mugolante che avevo davanti.
Smisi di leccare i piedi, che ormai erano completamente bagnati e mi misi in ginocchio, in mezzo alle sue gambe.
“Lore, voglio succhiarti il cazzo”.
Lui mi guardò e fece un mezzo sorrisetto.
“Luca sono io che comando hai capito? Però si, succhiamelo!”
Gli tolsi la maglietta. Era bellissimo e i suoi capezzoli duri come il marmo. Gli abbassai i pantaloni e rimase in mutande con i piedi bagnati.
“Toglimi le mutande e fai quello che devi fare perché mi sta esplodendo”.
Abbassai le mutande e saltò fuori un cazzo enorme, con la cappella umida ben in vista. Era tozzo, largo, depilato e pulsava al ritmo della sua stessa voglia. Le palle erano grandi, depilate e sode.
“Lore adoro il tuo cazzo. Perché l’hai nascosto per tutto questo tempo?
Lo prendo in mano. È caldissimo, lui mi guarda e io inizio a giocarci facendo su e giù.
“Guarda come siamo belli visti dallo specchio. Tu nudo che mi fai una sega e io a gambe larghe”.
Lo sego e poi lo prendo in bocca. Ha un sapore forte, sembra quasi sudore misto a sborra secca e urina e lo sento che ansima e si muove, cercando di ficcarmelo nella profondità della gola.
“Madonna come me lo succhi bene. Continua e ti riempio di sborra”.
Stavo succhiando il cazzo del mio amico, lo stavo facendo, eppure non riuscivo a realizzarlo. Ero nudo, tra le gambe del mio amico a muovere la testa su e giù ansimando.
“Quanto mi piaci Lore. Sei un maschio con un grande cazzone e io il tuo schiavetto che ti rende felice”.
Vuoi davvero rendermi felice?”
Gli dico di sì mentre lo sego e lo annuso.
“Allora vai in camera mia, e sotto il letto prendi le infradito e portale qui!”
Non gli diedi ascolto, perché volevo continuare a succhiargli quelle grandissime palle che mi riempivano la bocca.
“Si, vado. Fammi succhiare le palle per bene e vado”.
Me lo lascia fare fin quando non mi solleva la testa con le mani e mi ordina di andare.
Nudo, bagnato, in preda ad un’eccitazione mai vissuta, vado in camera e cerco le sue ciabatte. Mi piego di nuovo a pecorina e le trovo sotto il letto. I miei piedi, umidi dal sudore e dal caldo, lasciano l’orma sul pavimento. La annuso un attimo e torno di là con le ciabatte. Lui è sempre lì, a gambe larghe con l’uccello dritto come un ciocco di legno.
“Bravo! Torna qui”.
Mi avvicino, e gli chiedo:
“Cosa ci devo fare?”.
“Adesso te lo spiego, puttana”.
(continua)
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