La piscina di papà – 9. Un brutto sogno
di
Yemail
genere
pissing
Quando le ragazze se ne andarono, chiusi a chiave la porta dietro di loro e mi voltai verso Elisa con crampi di desiderio che mi si formavano nello stomaco. Il mio cuore batteva forte mentre la guardavo avidamente e immaginavo cosa sarebbe successo. Lei ricambiò il mio sguardo con la stessa fame, la stessa passione, lo stesso desiderio che provavo io. Mi preparai all’impatto previsto, mentre la immaginavo correre e lanciarsi contro di me. Fui quindi sorpreso, e non poco deluso, quando si voltò per salire le scale.
“Vado a prepararmi, a darmi una ripulita.” Gridò mentre si voltava. La sua voce vibrava di quella che speravo fosse la stessa eccitazione e passione che provavo io.
“Ci metterai molto?” Chiesi.
“Un paio d’ore.”
“Un paio d’ore? Davvero?”
Si voltò verso di me, i suoi occhi scintillavano giocosamente anche mentre scuoteva la testa come una maestra delusa.
“Un paio d’ore, papà. Puoi aspettare così a lungo, vero?” Disse, la sua voce venata di finta severità. “Ricorda, le cose buone arrivano a coloro che aspettano.”
Quella promessa e lo sguardo sensuale che seguì mi fecero trattenere il fiato e mi fecero battere forte il cuore, ma ancora annuii con esagerata riluttanza mentre guardavo il suo bel culo e le sue gambe lunghe scomparire su per le scale.
Avevo bisogno di riempire quel tempo, sarei praticamente esploso se non ci avessi provato. Così mi sono sistemato in quella che era diventata un po’ una routine. Ho lavato i loro costumi da bagno, strofinato il bordo della piscina, lavato le sdraio inzuppate di piscio e poi sono andato a farmi la doccia.
Quando mi sono sistemato sul divano, mi sono sentito più calmo, come se avessi meno il dito sul grilletto, meno incline a esplodere al primo contatto. Ho realizzato che era probabilmente l’intenzione di Elisa. Anche se ho capito che non si trattava solo del fatto di durare più a lungo. Si trattava di creare separazione e spazio. Distinguere tra quello che avevo fatto con le altre ragazze e quello che stavamo per fare insieme. Era quasi come se volesse tracciare una linea sotto il capitolo appena terminato in modo che io fossi concentrato sul capitolo a venire. Quello che stava per accadere riguardava l’amore, la famiglia e l’incesto. Riguardava noi, e cosa significavamo l’uno per l’altro, cosa ci eravamo promessi. Si trattava di soddisfare i desideri che entrambi nutrivamo e vivevamo da più tempo di quanto entrambi avremmo osato ammettere.
Sorseggiai il mio whisky mentre aspettavo che si unisse a me, l’attesa e l’eccitazione aumentavano ad ogni momento che passava.
Il mio cuore è saltato non appena ho sentito il rumore sul pianerottolo di sopra che mi ha fatto capire che stava per scendere le scale. Ero nervoso e stordito come uno scolaretto al primo appuntamento mentre mi voltavo a guardarla mentre faceva quegli ultimi gradini. Guardarla non ha rallentato il mio battito cardiaco accelerato. Fanculo! Era bella. So di averlo detto molte volte, ma vale la pena ripeterlo. Semplicemente, un’immagine gloriosa di bellezza giovanile che, ai miei occhi, non poteva essere migliore. Gambe toniche, pancia piatta, piccole tette da adolescente con capezzoli simili a gioielli, quel viso perfetto, quei profondi occhi castani.
Sorrise calorosamente e si scostò i capelli dalle spalle. Si era truccata un po’ e si era acconciata i capelli in onde delicate. Niente di pesante, solo alcuni sottili riflessi per esaltare la sua bellezza naturale, ma allo stesso modo sapevo quanto si fosse impegnata per apparire così naturalmente bella. Indossava la stessa semplice camicia da notte che aveva da anni e che era praticamente diventata troppo grande, scherzavo con lei dicendo che era un abbigliamento comodo, il suo viso tradiva il fatto che aveva bisogno di un po’ di conforto.
Si pavoneggiava verso di me come una modella su una passerella, i fianchi ondeggianti mentre camminava con ogni piede piantato davanti all’altro. Ma sapevo, potevo vedere. La fiducia che quell’incedere doveva rappresentare non si rifletteva nei suoi occhi. Sì, brillavano d’amore e di una cattiveria sessuale che trovavo così allettante, ma quello sguardo era temperato anche da una buona dose di nervosismo. Mi ha ricordato quella prima notte sul bordo della piscina quando aveva indossato per la prima volta il costume da bagno trasparente. E, ad essere onesti, ho provato lo stesso. Tutto quello che era successo negli ultimi giorni ci aveva portato a questo punto, i costumi da bagno, il porno, il pompino, il pisciare. Avevamo iniziato questo viaggio insieme, un viaggio che avrebbe sempre portato qui, a questo momento. Entrambi avevamo chiarito quanto ci volessimo l’un l’altro, e questo andava ben oltre a ciò che poteva esserci con le sue amiche.
Quando Elisa aveva cominciato a mettere un freno al nostro rapporto in vista della sua partenza per l’università, la prospettiva era completamente diversa. La sua idea era di ridimensionare il rapporto che avevamo intrapreso negli ultimi mesi per non trovarci con un vuoto incolmabile al momento del suo allontanamento. Sicuramente l’avermi spinto tra le loro gambe è nato proprio per l’amore che prova verso di me, per non lasciarmi solo in questa casa dopo la sua dipartita.
Ora che sapevo quali erano i desideri più profondi e perversi di mia figlia, desideravo anche io fare di tutto per renderle lo stesso favore, per far realizzare le sue fantasie prima che se ne andasse, non tanto da me che avrei comunque fatto il possibile per raggiungerla e starle vicino il più possibile, ma dalle sue amiche. La lontananza non favorisce la nascita di nuovi rapporti, quindi era essenziale portare avanti il nostro progetto il prima possibile.
Ma intanto gli eventi degli ultimi giorni avevano spezzato quella distanza che volevamo darci, quella nuova dimensione che ci avrebbe abituato a non esserci l’uno per l’altro ogni giorno. Nessuno dei due poteva resistere a tutta la lussuria che ci stava circondando nelle ultime giornate senza che fossimo noi stessi i protagonisti principali. In fondo anche quando andrà in università ci saranno i momenti in cui tornerà a casa o andrò a trovarla, non si parla di astinenza totale ed assoluta dal nostro rapporto, quindi non ha senso praticarla adesso.
Sedeva accanto a me, i suoi occhi da cerbiatto, così pieni di amore di figlia, giocosità, passione e nervosismo, che fissavano i miei.
“Ciao, papà.” Sussurrò.
“Ciao, piccola.” Mormorai di rimando.
“Sei pronto a farlo?”
Ho annuito in risposta. “Sì e tu?”
Lei annuì di rimando.
“Sei sicura?” Ho insistito: “Non dobbiamo andare fino in fondo, se poi ti dovesse far soffrire.”
“È questo che vuoi, papà? Smettere di farlo adesso?”
Ho interrotto il contatto visivo con lei e ho fissato le sue ginocchia mentre scuotevo la testa in segno di diniego. “No, non è quello che voglio. È solo… sai.”
“Non lo so, papà. Che c’è? Dimmi.”
“Sono eccitato, ma sono anche nervoso. Ho paura che tu possa soffrire, che ti mancherà tutto questo e che ci starai male, non voglio che la distanza danneggi la nostra relazione ed ho paura che non saremo più gli stessi l’uno con l’altro.”
“Anche io,” sussurrò, “anche io.”
I miei occhi tornarono nei suoi e condividemmo uno sguardo che ammetteva la verità dei nostri sentimenti così come la profondità dell’amore reciproco.
“Ma ecco cosa penso, papà. Ti amo e so che anche tu mi ami.”
Ho annuito in conferma.
“E ti voglio più di un semplice papà amorevole, ti voglio come un amante”, ha continuato, “e penso che tu mi voglia altrettanto.”
Le feci un deciso cenno del capo in modo che non avesse dubbi che lo volessi.
“Quindi, se non funziona, lo considereremo un periodo di stupidità. Stupidità a cui entrambi abbiamo acconsentito, ma comunque stupidità. Faremo del nostro meglio per lasciarcelo alle spalle, per non parlarne mai più, per ripristinare la nostra relazione com’era prima.” La sua voce si spense e terminò con un’alzata di spalle che mi disse che era tutto ciò che poteva offrire.
Sono rimasto colpito dalla sua maturità, ovviamente ci aveva pensato bene. I suoi occhi sembravano disperati, disperati che io accettassi la sua proposta, disperati che noi mantenessimo le nostre promesse reciproche. Speravo che ricambiasse gli stessi miei desideri disperati.
Non mi ero reso conto di quanta tensione si fosse accumulata in quel momento, ma all’improvviso mi sentii come se non prendessi fiato da qualche minuto. Ho sbuffato e ho annuito accettando e, non appena l’ho fatto, la pressione si è immediatamente alzata. Anche lei lo ha percepito e abbiamo condiviso un sorriso che ci diceva che presto ci saremmo lasciati andare alla passione senza troppi pensieri, ed era quello che volevamo entrambi.
Ha inclinato la testa verso il mio whisky e mi ha teso la mano. Gliel’ho passato con uno sguardo perplesso, come a chiedere se volesse togliermelo piuttosto che farsene un altro bicchiere per lei.
Mi ha fatto l’occhiolino sfacciato mentre lo buttava giù in un sorso. “Penso che avrò bisogno di questo per portare a termine alcune delle cose che ho pianificato.” Disse tossendo, mentre il whisky le bruciava la gola.
I miei occhi si spalancarono e sorrisi come lo stregatto per le porche implicazioni di questo gesto.
Quel sorriso era ovviamente lo spunto di cui aveva bisogno e lei si alzò, posò il bicchiere sul tavolo e sostenne il mio sguardo mentre si metteva a cavalcioni su di me e mi tirava a sé. Le sue labbra erano morbide e accoglienti e sapevano di rossetto alla fragola mescolato con whisky. Ci siamo baciati, un bacio appassionato, profondo, bisognoso, che ha rivelato che, nonostante le nostre preoccupazioni, entrambi ci desideravamo allo stesso modo. La sua lingua ha trovato la mia e abbiamo litigato. I sensuali baci bagnati esprimevano la nostra lussuria reciproca. Le mie mani hanno trovato i suoi fianchi e l’ho tirata verso di me, il mio cazzo cercava la pressione del suo peso e lei si è tirata indietro mentre la sua figa cercava lo stesso. Ci siamo baciati così per minuti, ogni momento che passava alimentava le fiamme delle nostre passioni. Ma era un desiderio basato sull’amore, un amore profondo, sempre presente, senza domande. Ci volevamo l’un l’altro, volevamo stare l’uno con l’altro e il nostro bacio, i nostri gemiti, i nostri movimenti lo rivelavano con ogni gesto pieno di passione.
L’ho abbassata a terra, lei sotto, io sopra, tra le sue gambe. Il mio peso premeva contro il suo. Le sue gambe avvolte attorno alle mie. I nostri sessi premuti insieme. La mia mano trovò il suo seno. Il suo capezzolo teso contro il mio palmo. Sapevo che eravamo vicini. La mia mano scivolò lungo il suo fianco e trovò l’orlo della sua camicia da notte. Mi stavo preparando a tirargliela sopra la testa quando ha interrotto il nostro bacio e mi ha allontanato un po’.
“Papà. Fermati. Non qui. Non così.”
La nebbia della mia lussuria era impenetrabile e le sue parole non raggiunsero il loro obiettivo e mi costrinsi ad abbassarmi per continuare il nostro bacio.
“Papà, per favore, smettila.” Disse di nuovo, dolcemente ma con fermezza e questa volta la sentii.
Ero mortificato. So che i papà non dovrebbero voler scopare i propri figli, ma io ero pronto e pensavo che lo fosse anche lei. Mi sono allontanato lentamente da lei.
“Scusa.” Sussurrai guardandola negli occhi in segno di scusa, “Scusa, io…” La mia voce si allontanò.
Il suo sguardo non indicava che mi odiasse per quello che avevamo quasi fatto e i suoi occhi bruciavano ancora con quella stessa passione, quello stesso amore, che avevo visto prima. Non riuscivo a capire, ero sconcertato, anzi il termine non si avvicina nemmeno a descrivere quanto fossi confuso.
“Non preoccuparti,” disse dolcemente, “vai solo a letto.”
Le rivolsi uno sguardo interrogativo cercando di capire.
“Vai a letto, papà. Per favore.” Implorò.
Ho guardato l’orologio, solo le 21:00, e le ho dato un’altra occhiata interrogativa.
“Vai e basta papà.” Disse, la sua voce ora venata di impazienza come se stesse parlando a un bambino.
Mi sono infilato nel letto senza una reale comprensione di ciò che era appena accaduto. Mi sentivo in colpa per quello che avevo fatto, in colpa per essermi quasi imposto con lei, in colpa anche solo per aver voluto rifare l’amore con lei. Volevo capire, volevo sapere cosa avevo fatto per innescare quella reazione, ma non c’era modo che potessi convincermi a interrogarla ulteriormente.
Ero a letto solo da pochi minuti, rimuginando su quello che era appena successo, cosa era cambiato così all’improvviso, perché eravamo così vicini eppure così lontani, quando qualcuno bussò alla porta.
“Papà,” disse, con una punta di supplica nella voce, “posso entrare?”
“Certo piccola.” Risposi. Speravo che fosse pronta a parlare, pronta a spiegare cosa aveva causato il suo improvviso cambiamento di umore.
Entrò e si fermò appena oltre la soglia.
“Ho fatto di nuovo un brutto sogno, papà. Posso entrare con te?”
Come un idiota che fatica a capire cosa stia succedendo intorno a sé, inizialmente ero perplesso. Non c’era modo che avesse avuto il tempo di andare a coricarsi e certamente non poteva aver dormito abbastanza per fare un incubo. Li aveva regolarmente fino ai sedici anni e spesso finiva nel mio letto. Si rannicchiava vicino e io la tenevo stretta mentre tornava a dormire, al sicuro tra le braccia di suo padre.
Poi mi sono finalmente reso conto di cosa stesse accadendo. Per questo mi aveva mandato a letto, era una scusa per fare in modo che potesse recitare questa fantasia. L’ho fissata per quella che mi è sembrata un’eternità e ho potuto sentire quelle passioni, quell’aspettativa crescere di nuovo. Ma avevo bisogno di essere sicuro.
“È stato davvero un brutto sogno?” Chiesi con esagerata preoccupazione.
Lei annuì: “Sì molto brutto.”
“Hai bisogno di un abbraccio da papà?”
Un sorriso complice apparve sulle sue labbra quando riconobbe la mia recitazione e il mio impegno per la sua fantasia.
“Sì, papà. Ho bisogno di un grande abbraccio.”
Ho buttato indietro il lenzuolo. “Certo piccola, entra e lascia che papà ti tenga al sicuro.”
Si rannicchiò in quella posizione familiare dell’infanzia. La sua schiena contro il mio petto, le mie cosce dietro le sue. La differenza questa volta era che ero duro e lei lo sentiva. Lei si contorse e premette le sue natiche sode contro il mio inguine e io lo spinsi indietro mentre riconoscevamo pienamente di cosa si trattava. L’ho avvolta tra le mie forti braccia e l’ho tirata contro di me.
“Meglio piccola?”
“Sì, grazie papà.” Tubò mentre si rilassava nel mio abbraccio.
Ci siamo deliziati della vicinanza reciproca e il suo calore ha ammorbidito il mio cuore. Rimanemmo così per minuti semplicemente coccolandoci l’uno alla presenza dell’altro. I nostri respiri erano profondi e lenti e, mentre il mio respiro si espandeva premendo il mio petto contro la sua schiena, lei premeva contro di me per massimizzare il contatto.
Dopo pochi minuti ha smesso di premere contro di me e il suo respiro era profondo e regolare. Ho sentito che stava fingendo di dormire.
Sapevo cosa voleva, di cosa aveva davvero bisogno. Aveva bisogno che mi impegnassi. Ma avevo ancora dei dubbi persistenti e questo mi fece esitare. Alla fine mi sono fatto coraggio e ho fatto scivolare la mano dalla sua pancia verso il suo seno, mentre pensavo ancora ad alcuni di quei dubbi, alcuni di quei sentimenti di prima, che tornavano a tormentarmi. Ma sapevo che questa doveva essere la mia mossa.
Delicatamente ho tracciato linee con la punta delle mie dita sul suo stomaco, la sua gabbia toracica, fino all’innalzamento dei suoi piccoli seni. Le circondai il capezzolo, le mie dita che danzavano dolcemente lungo la linea della sua areola. Il suo capezzolo si indurì in risposta. Cautamente le presi il seno e lentamente, con cautela, iniziai a massaggiare e a stringere quei morbidi cumuli di bellezza. Era così magra che in questa posizione riuscivo facilmente a raggiungere entrambi i seni e alternavo i due, stuzzicandole delicatamente i capezzoli prima di prenderle in mano il seno pieno e stringerlo dolcemente.
Sapevo che la mia parte in questo, era stuzzicarla, eccitarla, ma in un modo che, se dormiva davvero, non sarebbe bastato a svegliarla. E ho recitato bene la mia parte. L’ho accarezzata e accarezzata per minuti rendendole più difficile recitare la parte della bella addormentata. I suoi respiri si fecero più profondi mentre le mie mani forti accarezzavano delicatamente le sue piccole tette attraverso la sua camicia da notte, prendendole completamente nella mia mano e stringendole delicatamente mentre i suoi capezzoli spingevano il mio palmo attraverso il materiale sottile. Di tanto in tanto il mio cazzo richiedeva più attenzione e io istintivamente mi premevo contro di lei e lei assonnata premeva indietro per incoraggiarmi senza mai rivelare che era “sveglia”. I nostri movimenti, i nostri respiri erano sincronizzati in un’armonia in via di sviluppo.
Continuando a recitare, si rivolse sognante a me. “Papà?” Sussurrò.
“Sì piccola?”
“Vuoi togliermi la camicia da notte?”
Il mio respiro si è bloccato quando la profondità e la natura della sua fantasia sono state completamente rivelate.
“Sì.” Mormorai di rimando.
“Va bene allora.” Disse con un cenno del capo.
Mi ha dato tutto l’aiuto che poteva dare nel suo fingersi assonnata e alla fine sono riuscito a manovrare il suo pigiama sopra la sua testa prima che lei si rannicchiasse sognante contro il mio petto con un tubare soddisfatto.
Restammo sdraiati lì per qualche altro minuto, sdraiati lì con la sua pelle calda e morbida premuta contro il mio busto, sdraiati lì con i nostri petti che si alzavano e si abbassavano all’unisono, sdraiati lì permettendo alla fantasia di svolgersi e alle nostre passioni di bruciare prima che io riprendessi a dare la mia attenzione al suo seno. Lei sussurrò la sua approvazione mentre, ancora una volta, la massaggiavo delicatamente.
Dopo qualche minuto si voltò verso di me con gli occhi ancora socchiusi.
“Papà?” Chiese. La sua voce vibrava di quella che speravo fosse passione, ma avvertii un’esitazione, sospettai che ci fosse un rinnovato nervosismo.
“Sì piccola?”
“Mi sono fatta un po’ di pipì addosso per colpa del brutto sogno.”
“Oh piccola!” Ho esclamato con finto shock: “Perché lo dici?”
“Non vuoi controllare se ho inzuppato le mutandine?”
“SÌ.” Sussurrai.
“Toccami, papà.” Tubò.
Ancora una volta le massaggiai i seni, godendomi della loro levigatezza, morbidezza, calore, giovinezza e, pizzicando delicatamente i delicati capezzoli rosa.
Allungò una mano, intrappolando la mia mano contro il suo seno e mi tenne in posizione mentre apriva le gambe per quanto le permettevano le mutandine. Restammo entrambi senza fiato quando il mio cazzo, liberato dall’ostacolo delle sue cosce, balzò immediatamente in piedi, schiaffeggiando le labbra della sua figa.
Mi prese la mano e la fece scivolare lungo il suo addome, la fece scendere fino ad arrivare al basso ventre dove incontrai il tessuto delle sue mutande. Mi spostò più in basso e cominciai a sentire la stoffa bagnata, non erano solo gli umori della sua eccitazione ad inzuppare le mutandine, si era chiaramente pisciata addosso abbastanza da bagnare anche un pochino le cosce.
“Sì tesoro, hai decisamente infradiciato gli slip.”
“Allora devi tirarmi giù le mutandine, papà.” Sussurrò mentre si sistemava in posizione.
Il mio cazzo ruggiva mentre le sue parole riecheggiavano nella mia mente ‘abbassami le mutandine, papà’ quelle parole, che mi mancheranno quando sarà in università, non avrei mai voluto dimenticarle.
Ho agganciato l’elastico delle sue mutandine e le ho tirate finché non sono arrivate a metà coscia. Soddisfatto che ci avrebbe dato abbastanza spazio, l’ho tirata di nuovo contro di me e, ancora una volta, ci siamo baciati per alcuni istanti mentre ci immergevamo nel calore e nella vicinanza l’uno, nel tepore umido che si irradiava dalla sua figa.
Allungò la mano dietro, spingendo il mio cazzo verso il basso in modo da poterlo intrappolare tra le sue cosce morbide e lisce. Mi prese la mano e se la rimise sul petto.
“Me ne scappa ancora, papà.”
“Non bisogna che la tieni piccola, se scappa devi farla.”
“Ma non c’è un bagno qui.”
La sua recita ricalcava molto i ruoli che aveva visto interpretare dalle sue amiche, evidentemente ciò che aveva provato guardando quella scena come spettatrice l’aveva eccitata parecchio ed ora voleva vivere in prima persona quello che aveva visto.
“Sai cosa devi fare se non c’è un bagno disponibile.”
“Vuoi che ti pisci addosso?”
Sorrisi calorosamente mentre mi chiedevo da quanto tempo volesse dirlo, mi chiedevo se già dal pomeriggio stesse progettando di mettere in pratica questa particolare fantasia, o se non fosse addirittura una sua idea quella di far recitare a Viola e Camilla le parti di figlia e madre.
“Beh,” insistette, “lo vuoi davvero?”
Il mio cuore ha esultato e le mie passioni hanno ruggito. “SÌ.” Sussurrai.
Era il suo momento di sorridere mentre i suoi occhi fissavano sensualmente i miei.
“Prima o dopo?” Chiese in modo criptico.
“Prima o dopo cosa?”
Ha esitato di nuovo, ma non per nervosismo, questa volta ho sentito la recitazione.
“Prima o dopo aver fatto l’amore con me?”
Il mondo si è fermato. Mi sono bloccato, Elisa si è bloccata, nessuno di noi ha parlato, nessuno di noi ha respirato. La stanza era così silenziosa che sentivo il cuore che mi batteva forte nel petto. Questo è stato il culmine del flirt e delle promesse che ci eravamo fatti per tutto il giorno. Ecco perché aveva bisogno di quell’enfasi. In quel momento non avevo dubbi che quella sarebbe stata una splendida notte.
“Prima,” risposi, “se già ti scappa non puoi tenerla.”
“Ma bagneremo il letto.”
“Non se me la fai piano in bocca e così ho il tempo di deglutire, è così che fanno le brave bambine.”
Mi guardò entusiasta di quando fossi entrato nel suo gioco, di come avessi portato la recita al livello che voleva raggiungere.
Liberata da ogni rimanente dubbio che non mi fosse chiaro il gioco che stavamo facendo, si trascinò all’indietro, spostandosi sopra di me. La sua forma morbida, calda e delicata si strinse contro di me, le sue mani ai lati della mia testa, le sue cosce premute sopra le mie spalle, il suo culo si dimenò contro il mio petto mentre cercava la posizione giusta.
“Sta arrivando papà,” sussurrò e la sentii irrigidirsi mentre istintivamente si sollevava con il sesso sopra la mia faccia, “ti sto per pisciare in bocca.”
Poi è partita, un rivolo di piscio che è gocciolato tra le mie labbra, qualche schizzo è finito sulla sua coscia e le ha inzuppato la pelle. Mi sono appoggiato con la bocca alla sorgente per non perderne nemmeno una goccia. Poi si fermò rapidamente come tutto era iniziato.
L’ho tenuta stretta, percependo il suo nervosismo, forse anche un pizzico di delusione.
“Hai finito piccola?” Le chiesi dolcemente.
La sua voce suonava piccola e nervosa mentre rispondeva: “No, no, è solo…”
“Cosa ti preoccupa piccola?”
“È solo che le mie amiche ti daranno tanta pipì quando non ci sarò io.”
“Tesoro non fare questi pensieri, il mio amore per te è una cosa unica e speciale, questo non potrà mai essere sostituito.”
Sorrise e respirò come se si fosse tolta un peso gigantesco dal petto. La sentii ammorbidirsi tra le mie braccia mentre si costringeva a rilassarsi.
Allungò una mano, accarezzando la mia testa e sussurrò: “Ti amo papà.”
“Ti amo anch’io.” Sussurrai.
Feci in tempo a completare la frase e, mentre mi conduceva la testa verso il suo sesso, iniziò di nuovo a pisciarmi in bocca.
Ho spostato le mani e le ho posizionate in modo che circondassero le sue chiappe e la spingessero verso la mia faccia. Lei gemeva e si contorceva contro di me premendo il culo contro di me più forte che poteva, incoraggiandomi a fare di più.
“È questo che vuoi papà?” Disse mentre terminava il flusso di pipì.
“SÌ.” Ringhiai rivelando la forza delle mie passioni.
Ha avvicinato il viso alla mia bocca e l’ha annusata. Poi sostenne il mio sguardo, i suoi occhi ardevano di una passione così feroce.
“O questo?” Sussurrò, la sua voce impastata di lussuria.
Ha iniziato a baciare, leccare e succhiare le mie labbra coperte di piscio prima di lasciarsi andare in un bacio appassionato. Il gusto, la sua esibizione, la nostra lussuria esplosero. Ci siamo messi l’uno contro l’altro mentre i nostri sessi cercavano lo stimolo che bramavano, mentre le nostre passioni reciproche, mentre le nostre pulsioni per il sesso bagnato ruggivano.
“Ho bisogno di scoparti piccola. Non posso farne a meno.” Dissi puntando il cazzo all’ingresso della sua stretta vagina.
“Per favore, papà. Ti voglio così tanto dentro di me. Per favore, fotti la tua bambina.” Piagnucolò.
Il mio corpo fremette per le scariche elettriche che questo contatto ha provocato. Portai il mio corpo sopra il suo e feci scorrere il cazzo contro il suo bocciolo sensibile. Accarezzando avanti e indietro prima di scendere più in basso e riempire la sua figa. Spinsi in avanti e affondai profondamente nella sua fica e mi fermai. Tenni fermo tutto il corpo lì mentre mi guardava con uno sguardo profondo.
Cominciai a sentirmi caldo, avvolto dal calore fisico che provavo dentro di lei e dal calore dall’amore che mi mandava con lo sguardo. I movimenti dei nostri corpi iniziarono all’unisono con un ritmo che ormai conoscevamo bene. La giornata aveva raggiunto per entrambi picchi di eccitazione altissimi, ma questo, questo era un’altra cosa, questo eravamo noi, uniti, unici, noi.
Il mio cazzo conosceva bene ogni sua reazione, ogni muscolo che lo stringeva o lo faceva passare più agevolmente, e quando riconobbe i movimenti che la stavano portando oltre il limite si preparò per inondarla.
Fu un orgasmo così intenso che pensai di avere un infarto. Elisa ansimava così forte che pensavo di toglierle il fiato col peso del mio corpo, ma anche sollevandomi non era più leggero il suo respiro.
La mia sborra la riempì e ad ogni schizzo sentivo il suo corpo saltare con uno spasmo.
Quando finì per entrambi, restammo diversi minuti senza muoverci, ancora con il mio cazzo dentro di lei, che era appagato ma non sembrava volersi sgonfiare.
Poi la strinsi a me, lei teneva le gambe avvolte intorno al mio corpo e mi sollevai in piedi portandomela dietro come se fosse un koala attaccato al mio petto.
Ci baciammo, un bacio lungo e bagnato di chi si ama profondamente. Intanto, sempre dentro di lei, iniziai a pisciare e riempire il suo corpo con tutta l’urina che avevo.
Il calore e la sensazione che le davo era così piacevole che sentii Elisa gemere di nuovo mentre la sua lingua continuava a danzare nella mia bocca. Il liquido iniziò a scendere fuori dalla sua figa, lungo le mie cosce e sul pavimento. I suoi occhi si spalancano quando si rese conto che le stavo riempiendo la figa con il mio nettare dorato. Chiuse gli occhi e quasi immediatamente sentii che aveva un altro orgasmo, stringendo forte il mio cazzo dentro di lei costringendomi ad interrompere il flusso di pipì.
“Ti amo così tanto papà! Grazie per aver fatto questo con me.” Si strinse a me con il suo corpo ancora tremante. Mi diede un ultimo bacio prima di portarmi in bagno per farci una doccia. Poi ci asciugammo e la portai in braccio nel mio letto, dove ci sdraiammo e ci addormentammo l’uno nelle braccia dell’altro.
Niente al mondo mi dà gioia come l’amore che provo per mia figlia.
“Vado a prepararmi, a darmi una ripulita.” Gridò mentre si voltava. La sua voce vibrava di quella che speravo fosse la stessa eccitazione e passione che provavo io.
“Ci metterai molto?” Chiesi.
“Un paio d’ore.”
“Un paio d’ore? Davvero?”
Si voltò verso di me, i suoi occhi scintillavano giocosamente anche mentre scuoteva la testa come una maestra delusa.
“Un paio d’ore, papà. Puoi aspettare così a lungo, vero?” Disse, la sua voce venata di finta severità. “Ricorda, le cose buone arrivano a coloro che aspettano.”
Quella promessa e lo sguardo sensuale che seguì mi fecero trattenere il fiato e mi fecero battere forte il cuore, ma ancora annuii con esagerata riluttanza mentre guardavo il suo bel culo e le sue gambe lunghe scomparire su per le scale.
Avevo bisogno di riempire quel tempo, sarei praticamente esploso se non ci avessi provato. Così mi sono sistemato in quella che era diventata un po’ una routine. Ho lavato i loro costumi da bagno, strofinato il bordo della piscina, lavato le sdraio inzuppate di piscio e poi sono andato a farmi la doccia.
Quando mi sono sistemato sul divano, mi sono sentito più calmo, come se avessi meno il dito sul grilletto, meno incline a esplodere al primo contatto. Ho realizzato che era probabilmente l’intenzione di Elisa. Anche se ho capito che non si trattava solo del fatto di durare più a lungo. Si trattava di creare separazione e spazio. Distinguere tra quello che avevo fatto con le altre ragazze e quello che stavamo per fare insieme. Era quasi come se volesse tracciare una linea sotto il capitolo appena terminato in modo che io fossi concentrato sul capitolo a venire. Quello che stava per accadere riguardava l’amore, la famiglia e l’incesto. Riguardava noi, e cosa significavamo l’uno per l’altro, cosa ci eravamo promessi. Si trattava di soddisfare i desideri che entrambi nutrivamo e vivevamo da più tempo di quanto entrambi avremmo osato ammettere.
Sorseggiai il mio whisky mentre aspettavo che si unisse a me, l’attesa e l’eccitazione aumentavano ad ogni momento che passava.
Il mio cuore è saltato non appena ho sentito il rumore sul pianerottolo di sopra che mi ha fatto capire che stava per scendere le scale. Ero nervoso e stordito come uno scolaretto al primo appuntamento mentre mi voltavo a guardarla mentre faceva quegli ultimi gradini. Guardarla non ha rallentato il mio battito cardiaco accelerato. Fanculo! Era bella. So di averlo detto molte volte, ma vale la pena ripeterlo. Semplicemente, un’immagine gloriosa di bellezza giovanile che, ai miei occhi, non poteva essere migliore. Gambe toniche, pancia piatta, piccole tette da adolescente con capezzoli simili a gioielli, quel viso perfetto, quei profondi occhi castani.
Sorrise calorosamente e si scostò i capelli dalle spalle. Si era truccata un po’ e si era acconciata i capelli in onde delicate. Niente di pesante, solo alcuni sottili riflessi per esaltare la sua bellezza naturale, ma allo stesso modo sapevo quanto si fosse impegnata per apparire così naturalmente bella. Indossava la stessa semplice camicia da notte che aveva da anni e che era praticamente diventata troppo grande, scherzavo con lei dicendo che era un abbigliamento comodo, il suo viso tradiva il fatto che aveva bisogno di un po’ di conforto.
Si pavoneggiava verso di me come una modella su una passerella, i fianchi ondeggianti mentre camminava con ogni piede piantato davanti all’altro. Ma sapevo, potevo vedere. La fiducia che quell’incedere doveva rappresentare non si rifletteva nei suoi occhi. Sì, brillavano d’amore e di una cattiveria sessuale che trovavo così allettante, ma quello sguardo era temperato anche da una buona dose di nervosismo. Mi ha ricordato quella prima notte sul bordo della piscina quando aveva indossato per la prima volta il costume da bagno trasparente. E, ad essere onesti, ho provato lo stesso. Tutto quello che era successo negli ultimi giorni ci aveva portato a questo punto, i costumi da bagno, il porno, il pompino, il pisciare. Avevamo iniziato questo viaggio insieme, un viaggio che avrebbe sempre portato qui, a questo momento. Entrambi avevamo chiarito quanto ci volessimo l’un l’altro, e questo andava ben oltre a ciò che poteva esserci con le sue amiche.
Quando Elisa aveva cominciato a mettere un freno al nostro rapporto in vista della sua partenza per l’università, la prospettiva era completamente diversa. La sua idea era di ridimensionare il rapporto che avevamo intrapreso negli ultimi mesi per non trovarci con un vuoto incolmabile al momento del suo allontanamento. Sicuramente l’avermi spinto tra le loro gambe è nato proprio per l’amore che prova verso di me, per non lasciarmi solo in questa casa dopo la sua dipartita.
Ora che sapevo quali erano i desideri più profondi e perversi di mia figlia, desideravo anche io fare di tutto per renderle lo stesso favore, per far realizzare le sue fantasie prima che se ne andasse, non tanto da me che avrei comunque fatto il possibile per raggiungerla e starle vicino il più possibile, ma dalle sue amiche. La lontananza non favorisce la nascita di nuovi rapporti, quindi era essenziale portare avanti il nostro progetto il prima possibile.
Ma intanto gli eventi degli ultimi giorni avevano spezzato quella distanza che volevamo darci, quella nuova dimensione che ci avrebbe abituato a non esserci l’uno per l’altro ogni giorno. Nessuno dei due poteva resistere a tutta la lussuria che ci stava circondando nelle ultime giornate senza che fossimo noi stessi i protagonisti principali. In fondo anche quando andrà in università ci saranno i momenti in cui tornerà a casa o andrò a trovarla, non si parla di astinenza totale ed assoluta dal nostro rapporto, quindi non ha senso praticarla adesso.
Sedeva accanto a me, i suoi occhi da cerbiatto, così pieni di amore di figlia, giocosità, passione e nervosismo, che fissavano i miei.
“Ciao, papà.” Sussurrò.
“Ciao, piccola.” Mormorai di rimando.
“Sei pronto a farlo?”
Ho annuito in risposta. “Sì e tu?”
Lei annuì di rimando.
“Sei sicura?” Ho insistito: “Non dobbiamo andare fino in fondo, se poi ti dovesse far soffrire.”
“È questo che vuoi, papà? Smettere di farlo adesso?”
Ho interrotto il contatto visivo con lei e ho fissato le sue ginocchia mentre scuotevo la testa in segno di diniego. “No, non è quello che voglio. È solo… sai.”
“Non lo so, papà. Che c’è? Dimmi.”
“Sono eccitato, ma sono anche nervoso. Ho paura che tu possa soffrire, che ti mancherà tutto questo e che ci starai male, non voglio che la distanza danneggi la nostra relazione ed ho paura che non saremo più gli stessi l’uno con l’altro.”
“Anche io,” sussurrò, “anche io.”
I miei occhi tornarono nei suoi e condividemmo uno sguardo che ammetteva la verità dei nostri sentimenti così come la profondità dell’amore reciproco.
“Ma ecco cosa penso, papà. Ti amo e so che anche tu mi ami.”
Ho annuito in conferma.
“E ti voglio più di un semplice papà amorevole, ti voglio come un amante”, ha continuato, “e penso che tu mi voglia altrettanto.”
Le feci un deciso cenno del capo in modo che non avesse dubbi che lo volessi.
“Quindi, se non funziona, lo considereremo un periodo di stupidità. Stupidità a cui entrambi abbiamo acconsentito, ma comunque stupidità. Faremo del nostro meglio per lasciarcelo alle spalle, per non parlarne mai più, per ripristinare la nostra relazione com’era prima.” La sua voce si spense e terminò con un’alzata di spalle che mi disse che era tutto ciò che poteva offrire.
Sono rimasto colpito dalla sua maturità, ovviamente ci aveva pensato bene. I suoi occhi sembravano disperati, disperati che io accettassi la sua proposta, disperati che noi mantenessimo le nostre promesse reciproche. Speravo che ricambiasse gli stessi miei desideri disperati.
Non mi ero reso conto di quanta tensione si fosse accumulata in quel momento, ma all’improvviso mi sentii come se non prendessi fiato da qualche minuto. Ho sbuffato e ho annuito accettando e, non appena l’ho fatto, la pressione si è immediatamente alzata. Anche lei lo ha percepito e abbiamo condiviso un sorriso che ci diceva che presto ci saremmo lasciati andare alla passione senza troppi pensieri, ed era quello che volevamo entrambi.
Ha inclinato la testa verso il mio whisky e mi ha teso la mano. Gliel’ho passato con uno sguardo perplesso, come a chiedere se volesse togliermelo piuttosto che farsene un altro bicchiere per lei.
Mi ha fatto l’occhiolino sfacciato mentre lo buttava giù in un sorso. “Penso che avrò bisogno di questo per portare a termine alcune delle cose che ho pianificato.” Disse tossendo, mentre il whisky le bruciava la gola.
I miei occhi si spalancarono e sorrisi come lo stregatto per le porche implicazioni di questo gesto.
Quel sorriso era ovviamente lo spunto di cui aveva bisogno e lei si alzò, posò il bicchiere sul tavolo e sostenne il mio sguardo mentre si metteva a cavalcioni su di me e mi tirava a sé. Le sue labbra erano morbide e accoglienti e sapevano di rossetto alla fragola mescolato con whisky. Ci siamo baciati, un bacio appassionato, profondo, bisognoso, che ha rivelato che, nonostante le nostre preoccupazioni, entrambi ci desideravamo allo stesso modo. La sua lingua ha trovato la mia e abbiamo litigato. I sensuali baci bagnati esprimevano la nostra lussuria reciproca. Le mie mani hanno trovato i suoi fianchi e l’ho tirata verso di me, il mio cazzo cercava la pressione del suo peso e lei si è tirata indietro mentre la sua figa cercava lo stesso. Ci siamo baciati così per minuti, ogni momento che passava alimentava le fiamme delle nostre passioni. Ma era un desiderio basato sull’amore, un amore profondo, sempre presente, senza domande. Ci volevamo l’un l’altro, volevamo stare l’uno con l’altro e il nostro bacio, i nostri gemiti, i nostri movimenti lo rivelavano con ogni gesto pieno di passione.
L’ho abbassata a terra, lei sotto, io sopra, tra le sue gambe. Il mio peso premeva contro il suo. Le sue gambe avvolte attorno alle mie. I nostri sessi premuti insieme. La mia mano trovò il suo seno. Il suo capezzolo teso contro il mio palmo. Sapevo che eravamo vicini. La mia mano scivolò lungo il suo fianco e trovò l’orlo della sua camicia da notte. Mi stavo preparando a tirargliela sopra la testa quando ha interrotto il nostro bacio e mi ha allontanato un po’.
“Papà. Fermati. Non qui. Non così.”
La nebbia della mia lussuria era impenetrabile e le sue parole non raggiunsero il loro obiettivo e mi costrinsi ad abbassarmi per continuare il nostro bacio.
“Papà, per favore, smettila.” Disse di nuovo, dolcemente ma con fermezza e questa volta la sentii.
Ero mortificato. So che i papà non dovrebbero voler scopare i propri figli, ma io ero pronto e pensavo che lo fosse anche lei. Mi sono allontanato lentamente da lei.
“Scusa.” Sussurrai guardandola negli occhi in segno di scusa, “Scusa, io…” La mia voce si allontanò.
Il suo sguardo non indicava che mi odiasse per quello che avevamo quasi fatto e i suoi occhi bruciavano ancora con quella stessa passione, quello stesso amore, che avevo visto prima. Non riuscivo a capire, ero sconcertato, anzi il termine non si avvicina nemmeno a descrivere quanto fossi confuso.
“Non preoccuparti,” disse dolcemente, “vai solo a letto.”
Le rivolsi uno sguardo interrogativo cercando di capire.
“Vai a letto, papà. Per favore.” Implorò.
Ho guardato l’orologio, solo le 21:00, e le ho dato un’altra occhiata interrogativa.
“Vai e basta papà.” Disse, la sua voce ora venata di impazienza come se stesse parlando a un bambino.
Mi sono infilato nel letto senza una reale comprensione di ciò che era appena accaduto. Mi sentivo in colpa per quello che avevo fatto, in colpa per essermi quasi imposto con lei, in colpa anche solo per aver voluto rifare l’amore con lei. Volevo capire, volevo sapere cosa avevo fatto per innescare quella reazione, ma non c’era modo che potessi convincermi a interrogarla ulteriormente.
Ero a letto solo da pochi minuti, rimuginando su quello che era appena successo, cosa era cambiato così all’improvviso, perché eravamo così vicini eppure così lontani, quando qualcuno bussò alla porta.
“Papà,” disse, con una punta di supplica nella voce, “posso entrare?”
“Certo piccola.” Risposi. Speravo che fosse pronta a parlare, pronta a spiegare cosa aveva causato il suo improvviso cambiamento di umore.
Entrò e si fermò appena oltre la soglia.
“Ho fatto di nuovo un brutto sogno, papà. Posso entrare con te?”
Come un idiota che fatica a capire cosa stia succedendo intorno a sé, inizialmente ero perplesso. Non c’era modo che avesse avuto il tempo di andare a coricarsi e certamente non poteva aver dormito abbastanza per fare un incubo. Li aveva regolarmente fino ai sedici anni e spesso finiva nel mio letto. Si rannicchiava vicino e io la tenevo stretta mentre tornava a dormire, al sicuro tra le braccia di suo padre.
Poi mi sono finalmente reso conto di cosa stesse accadendo. Per questo mi aveva mandato a letto, era una scusa per fare in modo che potesse recitare questa fantasia. L’ho fissata per quella che mi è sembrata un’eternità e ho potuto sentire quelle passioni, quell’aspettativa crescere di nuovo. Ma avevo bisogno di essere sicuro.
“È stato davvero un brutto sogno?” Chiesi con esagerata preoccupazione.
Lei annuì: “Sì molto brutto.”
“Hai bisogno di un abbraccio da papà?”
Un sorriso complice apparve sulle sue labbra quando riconobbe la mia recitazione e il mio impegno per la sua fantasia.
“Sì, papà. Ho bisogno di un grande abbraccio.”
Ho buttato indietro il lenzuolo. “Certo piccola, entra e lascia che papà ti tenga al sicuro.”
Si rannicchiò in quella posizione familiare dell’infanzia. La sua schiena contro il mio petto, le mie cosce dietro le sue. La differenza questa volta era che ero duro e lei lo sentiva. Lei si contorse e premette le sue natiche sode contro il mio inguine e io lo spinsi indietro mentre riconoscevamo pienamente di cosa si trattava. L’ho avvolta tra le mie forti braccia e l’ho tirata contro di me.
“Meglio piccola?”
“Sì, grazie papà.” Tubò mentre si rilassava nel mio abbraccio.
Ci siamo deliziati della vicinanza reciproca e il suo calore ha ammorbidito il mio cuore. Rimanemmo così per minuti semplicemente coccolandoci l’uno alla presenza dell’altro. I nostri respiri erano profondi e lenti e, mentre il mio respiro si espandeva premendo il mio petto contro la sua schiena, lei premeva contro di me per massimizzare il contatto.
Dopo pochi minuti ha smesso di premere contro di me e il suo respiro era profondo e regolare. Ho sentito che stava fingendo di dormire.
Sapevo cosa voleva, di cosa aveva davvero bisogno. Aveva bisogno che mi impegnassi. Ma avevo ancora dei dubbi persistenti e questo mi fece esitare. Alla fine mi sono fatto coraggio e ho fatto scivolare la mano dalla sua pancia verso il suo seno, mentre pensavo ancora ad alcuni di quei dubbi, alcuni di quei sentimenti di prima, che tornavano a tormentarmi. Ma sapevo che questa doveva essere la mia mossa.
Delicatamente ho tracciato linee con la punta delle mie dita sul suo stomaco, la sua gabbia toracica, fino all’innalzamento dei suoi piccoli seni. Le circondai il capezzolo, le mie dita che danzavano dolcemente lungo la linea della sua areola. Il suo capezzolo si indurì in risposta. Cautamente le presi il seno e lentamente, con cautela, iniziai a massaggiare e a stringere quei morbidi cumuli di bellezza. Era così magra che in questa posizione riuscivo facilmente a raggiungere entrambi i seni e alternavo i due, stuzzicandole delicatamente i capezzoli prima di prenderle in mano il seno pieno e stringerlo dolcemente.
Sapevo che la mia parte in questo, era stuzzicarla, eccitarla, ma in un modo che, se dormiva davvero, non sarebbe bastato a svegliarla. E ho recitato bene la mia parte. L’ho accarezzata e accarezzata per minuti rendendole più difficile recitare la parte della bella addormentata. I suoi respiri si fecero più profondi mentre le mie mani forti accarezzavano delicatamente le sue piccole tette attraverso la sua camicia da notte, prendendole completamente nella mia mano e stringendole delicatamente mentre i suoi capezzoli spingevano il mio palmo attraverso il materiale sottile. Di tanto in tanto il mio cazzo richiedeva più attenzione e io istintivamente mi premevo contro di lei e lei assonnata premeva indietro per incoraggiarmi senza mai rivelare che era “sveglia”. I nostri movimenti, i nostri respiri erano sincronizzati in un’armonia in via di sviluppo.
Continuando a recitare, si rivolse sognante a me. “Papà?” Sussurrò.
“Sì piccola?”
“Vuoi togliermi la camicia da notte?”
Il mio respiro si è bloccato quando la profondità e la natura della sua fantasia sono state completamente rivelate.
“Sì.” Mormorai di rimando.
“Va bene allora.” Disse con un cenno del capo.
Mi ha dato tutto l’aiuto che poteva dare nel suo fingersi assonnata e alla fine sono riuscito a manovrare il suo pigiama sopra la sua testa prima che lei si rannicchiasse sognante contro il mio petto con un tubare soddisfatto.
Restammo sdraiati lì per qualche altro minuto, sdraiati lì con la sua pelle calda e morbida premuta contro il mio busto, sdraiati lì con i nostri petti che si alzavano e si abbassavano all’unisono, sdraiati lì permettendo alla fantasia di svolgersi e alle nostre passioni di bruciare prima che io riprendessi a dare la mia attenzione al suo seno. Lei sussurrò la sua approvazione mentre, ancora una volta, la massaggiavo delicatamente.
Dopo qualche minuto si voltò verso di me con gli occhi ancora socchiusi.
“Papà?” Chiese. La sua voce vibrava di quella che speravo fosse passione, ma avvertii un’esitazione, sospettai che ci fosse un rinnovato nervosismo.
“Sì piccola?”
“Mi sono fatta un po’ di pipì addosso per colpa del brutto sogno.”
“Oh piccola!” Ho esclamato con finto shock: “Perché lo dici?”
“Non vuoi controllare se ho inzuppato le mutandine?”
“SÌ.” Sussurrai.
“Toccami, papà.” Tubò.
Ancora una volta le massaggiai i seni, godendomi della loro levigatezza, morbidezza, calore, giovinezza e, pizzicando delicatamente i delicati capezzoli rosa.
Allungò una mano, intrappolando la mia mano contro il suo seno e mi tenne in posizione mentre apriva le gambe per quanto le permettevano le mutandine. Restammo entrambi senza fiato quando il mio cazzo, liberato dall’ostacolo delle sue cosce, balzò immediatamente in piedi, schiaffeggiando le labbra della sua figa.
Mi prese la mano e la fece scivolare lungo il suo addome, la fece scendere fino ad arrivare al basso ventre dove incontrai il tessuto delle sue mutande. Mi spostò più in basso e cominciai a sentire la stoffa bagnata, non erano solo gli umori della sua eccitazione ad inzuppare le mutandine, si era chiaramente pisciata addosso abbastanza da bagnare anche un pochino le cosce.
“Sì tesoro, hai decisamente infradiciato gli slip.”
“Allora devi tirarmi giù le mutandine, papà.” Sussurrò mentre si sistemava in posizione.
Il mio cazzo ruggiva mentre le sue parole riecheggiavano nella mia mente ‘abbassami le mutandine, papà’ quelle parole, che mi mancheranno quando sarà in università, non avrei mai voluto dimenticarle.
Ho agganciato l’elastico delle sue mutandine e le ho tirate finché non sono arrivate a metà coscia. Soddisfatto che ci avrebbe dato abbastanza spazio, l’ho tirata di nuovo contro di me e, ancora una volta, ci siamo baciati per alcuni istanti mentre ci immergevamo nel calore e nella vicinanza l’uno, nel tepore umido che si irradiava dalla sua figa.
Allungò la mano dietro, spingendo il mio cazzo verso il basso in modo da poterlo intrappolare tra le sue cosce morbide e lisce. Mi prese la mano e se la rimise sul petto.
“Me ne scappa ancora, papà.”
“Non bisogna che la tieni piccola, se scappa devi farla.”
“Ma non c’è un bagno qui.”
La sua recita ricalcava molto i ruoli che aveva visto interpretare dalle sue amiche, evidentemente ciò che aveva provato guardando quella scena come spettatrice l’aveva eccitata parecchio ed ora voleva vivere in prima persona quello che aveva visto.
“Sai cosa devi fare se non c’è un bagno disponibile.”
“Vuoi che ti pisci addosso?”
Sorrisi calorosamente mentre mi chiedevo da quanto tempo volesse dirlo, mi chiedevo se già dal pomeriggio stesse progettando di mettere in pratica questa particolare fantasia, o se non fosse addirittura una sua idea quella di far recitare a Viola e Camilla le parti di figlia e madre.
“Beh,” insistette, “lo vuoi davvero?”
Il mio cuore ha esultato e le mie passioni hanno ruggito. “SÌ.” Sussurrai.
Era il suo momento di sorridere mentre i suoi occhi fissavano sensualmente i miei.
“Prima o dopo?” Chiese in modo criptico.
“Prima o dopo cosa?”
Ha esitato di nuovo, ma non per nervosismo, questa volta ho sentito la recitazione.
“Prima o dopo aver fatto l’amore con me?”
Il mondo si è fermato. Mi sono bloccato, Elisa si è bloccata, nessuno di noi ha parlato, nessuno di noi ha respirato. La stanza era così silenziosa che sentivo il cuore che mi batteva forte nel petto. Questo è stato il culmine del flirt e delle promesse che ci eravamo fatti per tutto il giorno. Ecco perché aveva bisogno di quell’enfasi. In quel momento non avevo dubbi che quella sarebbe stata una splendida notte.
“Prima,” risposi, “se già ti scappa non puoi tenerla.”
“Ma bagneremo il letto.”
“Non se me la fai piano in bocca e così ho il tempo di deglutire, è così che fanno le brave bambine.”
Mi guardò entusiasta di quando fossi entrato nel suo gioco, di come avessi portato la recita al livello che voleva raggiungere.
Liberata da ogni rimanente dubbio che non mi fosse chiaro il gioco che stavamo facendo, si trascinò all’indietro, spostandosi sopra di me. La sua forma morbida, calda e delicata si strinse contro di me, le sue mani ai lati della mia testa, le sue cosce premute sopra le mie spalle, il suo culo si dimenò contro il mio petto mentre cercava la posizione giusta.
“Sta arrivando papà,” sussurrò e la sentii irrigidirsi mentre istintivamente si sollevava con il sesso sopra la mia faccia, “ti sto per pisciare in bocca.”
Poi è partita, un rivolo di piscio che è gocciolato tra le mie labbra, qualche schizzo è finito sulla sua coscia e le ha inzuppato la pelle. Mi sono appoggiato con la bocca alla sorgente per non perderne nemmeno una goccia. Poi si fermò rapidamente come tutto era iniziato.
L’ho tenuta stretta, percependo il suo nervosismo, forse anche un pizzico di delusione.
“Hai finito piccola?” Le chiesi dolcemente.
La sua voce suonava piccola e nervosa mentre rispondeva: “No, no, è solo…”
“Cosa ti preoccupa piccola?”
“È solo che le mie amiche ti daranno tanta pipì quando non ci sarò io.”
“Tesoro non fare questi pensieri, il mio amore per te è una cosa unica e speciale, questo non potrà mai essere sostituito.”
Sorrise e respirò come se si fosse tolta un peso gigantesco dal petto. La sentii ammorbidirsi tra le mie braccia mentre si costringeva a rilassarsi.
Allungò una mano, accarezzando la mia testa e sussurrò: “Ti amo papà.”
“Ti amo anch’io.” Sussurrai.
Feci in tempo a completare la frase e, mentre mi conduceva la testa verso il suo sesso, iniziò di nuovo a pisciarmi in bocca.
Ho spostato le mani e le ho posizionate in modo che circondassero le sue chiappe e la spingessero verso la mia faccia. Lei gemeva e si contorceva contro di me premendo il culo contro di me più forte che poteva, incoraggiandomi a fare di più.
“È questo che vuoi papà?” Disse mentre terminava il flusso di pipì.
“SÌ.” Ringhiai rivelando la forza delle mie passioni.
Ha avvicinato il viso alla mia bocca e l’ha annusata. Poi sostenne il mio sguardo, i suoi occhi ardevano di una passione così feroce.
“O questo?” Sussurrò, la sua voce impastata di lussuria.
Ha iniziato a baciare, leccare e succhiare le mie labbra coperte di piscio prima di lasciarsi andare in un bacio appassionato. Il gusto, la sua esibizione, la nostra lussuria esplosero. Ci siamo messi l’uno contro l’altro mentre i nostri sessi cercavano lo stimolo che bramavano, mentre le nostre passioni reciproche, mentre le nostre pulsioni per il sesso bagnato ruggivano.
“Ho bisogno di scoparti piccola. Non posso farne a meno.” Dissi puntando il cazzo all’ingresso della sua stretta vagina.
“Per favore, papà. Ti voglio così tanto dentro di me. Per favore, fotti la tua bambina.” Piagnucolò.
Il mio corpo fremette per le scariche elettriche che questo contatto ha provocato. Portai il mio corpo sopra il suo e feci scorrere il cazzo contro il suo bocciolo sensibile. Accarezzando avanti e indietro prima di scendere più in basso e riempire la sua figa. Spinsi in avanti e affondai profondamente nella sua fica e mi fermai. Tenni fermo tutto il corpo lì mentre mi guardava con uno sguardo profondo.
Cominciai a sentirmi caldo, avvolto dal calore fisico che provavo dentro di lei e dal calore dall’amore che mi mandava con lo sguardo. I movimenti dei nostri corpi iniziarono all’unisono con un ritmo che ormai conoscevamo bene. La giornata aveva raggiunto per entrambi picchi di eccitazione altissimi, ma questo, questo era un’altra cosa, questo eravamo noi, uniti, unici, noi.
Il mio cazzo conosceva bene ogni sua reazione, ogni muscolo che lo stringeva o lo faceva passare più agevolmente, e quando riconobbe i movimenti che la stavano portando oltre il limite si preparò per inondarla.
Fu un orgasmo così intenso che pensai di avere un infarto. Elisa ansimava così forte che pensavo di toglierle il fiato col peso del mio corpo, ma anche sollevandomi non era più leggero il suo respiro.
La mia sborra la riempì e ad ogni schizzo sentivo il suo corpo saltare con uno spasmo.
Quando finì per entrambi, restammo diversi minuti senza muoverci, ancora con il mio cazzo dentro di lei, che era appagato ma non sembrava volersi sgonfiare.
Poi la strinsi a me, lei teneva le gambe avvolte intorno al mio corpo e mi sollevai in piedi portandomela dietro come se fosse un koala attaccato al mio petto.
Ci baciammo, un bacio lungo e bagnato di chi si ama profondamente. Intanto, sempre dentro di lei, iniziai a pisciare e riempire il suo corpo con tutta l’urina che avevo.
Il calore e la sensazione che le davo era così piacevole che sentii Elisa gemere di nuovo mentre la sua lingua continuava a danzare nella mia bocca. Il liquido iniziò a scendere fuori dalla sua figa, lungo le mie cosce e sul pavimento. I suoi occhi si spalancano quando si rese conto che le stavo riempiendo la figa con il mio nettare dorato. Chiuse gli occhi e quasi immediatamente sentii che aveva un altro orgasmo, stringendo forte il mio cazzo dentro di lei costringendomi ad interrompere il flusso di pipì.
“Ti amo così tanto papà! Grazie per aver fatto questo con me.” Si strinse a me con il suo corpo ancora tremante. Mi diede un ultimo bacio prima di portarmi in bagno per farci una doccia. Poi ci asciugammo e la portai in braccio nel mio letto, dove ci sdraiammo e ci addormentammo l’uno nelle braccia dell’altro.
Niente al mondo mi dà gioia come l’amore che provo per mia figlia.
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