L’attesa interminabile del clistere

di
genere
prime esperienze

Dopo i primi due incontri col clistere - “la scoperta” e “l’inganno” - arrivò anche il terzo…

Volendo quindi ripercorre i precedenti incontri di infanzia con il clistere potrei dire che in entrambi i casi non ho mai del tutto percepito materialmente il disagio della introduzione che corpo e intestino subivano. In quei due primi episodi ho memorizzato sensazioni più mentali che fisiche: nel primo la “scoperta” fu una vera eccitazione prima di allora sconosciuta, mentre nel secondo rimasi scosso più per “l’inganno” inaspettato che per la somministrazione vera e propria che le mie viscere avevano dovuto ricevere.

Probabilmente queste premesse spiegano il perché reagì in modo remissivo quando alcuni mesi dopo mamma ripropose (senza obbligarmi) di pulire lo stomaco e di come io accettai in silenzio ciò che poi si rivelò in realtà un odioso e abbondante clisma caldo che mai più avrei rimosso dal conscio.

L’ansiosa e lunga “attesa”, vissuta in modo logorante, influì infatti non poco a cementificare nella mia psiche di bambino la fobia del clistere trasformatasi poi negli anni successivi in una vera e propria ossessione sempre più erotica.


- - l’attesa della terza volta - -


La mia cameretta (si far per dire visto le grandi dimensioni) nella casa di città era il regno di fantasie e giochi, da poco arredata con un mobilio in legno di inizio anni settanta si poteva trasformare a secondo del film visto il lunedì sera nel ponte di un galeone oppure con la stessa facilità in un saloon western o in un fortino attaccato dagli indiani.

Il letto era ad angolo alla sinistra della porta entrando dal corridoio, anche se di una piazza a me risultava immenso soprattutto perché con la parete attrezzata che lo affiancava dal lato del muro creava un habitat super confortevole: il mio ponte di comando.

Quando mamma mi venne a svegliare ancora tutte le serrande di casa erano chiuse, era presto e stranamente non ero arzillo come le altre mattine, mi sentivo frastornato come se avessi la testa pesante e dolente, un leggero malessere mi trattenne dal saltare in piedi e cominciare a prepararmi per la colazione e la scuola. Sono certo che frequentavo la prima o al massimo la seconda elementare. Sollecitato dissi che non mi sentivo tanto bene, avevo mal di testa.

Mia madre non si commuoveva facilmente, mi controllò la fronte e fece qualche domanda, poi andò a prendere il termometro e mentre misuravamo la temperatura cerco di capire se avessi raffreddore o mal di gola. Toccò anche l’addome e disse che in effetti ero un po’ caldo, forse quella indisposizione poteva venire dall’intestino e che il mio stomaco aveva già dato problemi. Andò a svegliare le mie sorelle, poi torno in attesa della temperatura. Io ero ancora sotto le coperte, lei seduta accanto mi carezzava il viso e mi parlava cercando di capire cosa avrebbe dovuto fare, non poteva chiedere consiglio a papà perché era fuori in viaggio per lavoro.

👩🏻‍🦳 “Forse dovrei lasciarti a casa, casomai più tardi ti fai dare i compiti per telefono, oggi non stai bene… però se non vai a scuola devi lasciarti curare senza fare storie …oppure piangere”

Ascoltavo le sue parole assonnato e un po’ sofferente, non avevo alcuna intenzione di fare capricci, si, avrei preso le medicine senza problemi. Mamma insistette cercando di spiegare che poteva essere il caso di fare “qualcosa” : 👩🏻‍🦳 “…se ti ricordi in estate poi sei stato bene? che bisogna c’era di avere paura e strillare, ormai sei un ometto, farai il bravo, è vero amore?”

Avrei dovuto dare una risposta? In realtà ancora non era chiaro cosa mi stesse chiedendo.
Lentamente forse capii, cominciai a collegare quelle sue domande ai pianti che mi ero fatto molti mesi prima quando nella casa di villeggiatura sul lettone dei miei genitori con forza dovetti subire un inaspettato clistere.

Avevo messo da parte quel ricordo, mamma mi aveva obbligato perché lo aveva detto nonna.
E poi per quanto ne sapevo il clistere era una cosa da femmina che riguardava le mie sorelle.

Rimasi immobile e in silenzio ancora qualche attimo, il calore delle coperte e il tono dolce della sua voce mi confortavano tantissimo, non volevo rompere subito quel momento con un rifiuto.
Nel frattempo dovevano essere trascorsi più di cinque minuti perché mamma mi tolse il termometro dal braccio e controllò la temperatura. Non sapevo cosa sperare da quella lettura.

👩🏻‍🦳 “Hai appena qualche linietta…”, attese un po’ prima di continuare con tono calmo: “…facciamo così… intanto accompagno le tue sorelle a scuola e vado a fare la spesa, tu resta a letto a dormire… poi al ritorno ci occupiamo di questo mal di testa… ti viene dall’intestino e non è la prima volta… ricordi ?” In effetti qualche settimana prima c’era stata una febbretta simile.

👩🏻‍🦳 “…forse avremmo dovuto pulire lo stomaco già il mese scorso… avevo evitato per non sentirti strillare, questa volta però sarà meglio provvedere… cosa ne pensi di rimanere a casa… e con calma oggi senza piangere… ti fai fare un bel clistere dalla mamma…d’accordo amore?”

In testa mi frullarono mille pensieri contrastanti nessuno dei quali abbastanza valido a oppormi. Saltare la scuola non mi dispiaceva. Sicuramente la cura di mia madre mi avrebbe liberato da quel malessere, poi avrei giocato tutto il giorno. Fare dei capricci sarebbe stato da piccoli, potevo dimostrare che stavo diventato grande …e poi in fondo non avevo ricordi così particolarmente dolorosi della pulizia dello stomaco, forse in estate con tutti quei pianti avevo esagerato? Come potevo rispondere davanti al nuovo modo in cui mamma mi stava trattando?

Indeciso e imbarazzato non dissi nulla, istintivamente mossi la testa sul cuscino sfiorando col mento la sua gamba vicino al mio viso. Lei colse quel gesto come un timido segnale di assenzo, mi carezzò e subito andò a richiudere le scalette della serranda, rimboccò le coperte e socchiuse la porta. In quel momento, sollevato, credetti di aver fatto la scelta giusta.


Sinceramente non ricordo se presi sonno, gli auspici comunque erano quelli, mi sentivo sereno, sarebbe trascorso poco tempo (forse un’ora) e tutto si sarebbe svolto senza problemi. Ovviamente le cose non andarono secondo la mia semplice immaginazione di bambino.

Molto presto nella mia mente lo scenario sarebbe cambiato e man mano che trascorrevano i minuti venivo colto da pensieri e preoccupazioni prima minimamente presi in considerazioni:

Cosa significava “oggi ti lasci fare un bel…”? …mamma intendeva mattina… o pomeriggio?
Come mi comporterò non appena in camera realmente arriverà il mio clistere?
Perché le mie sorelle odiano tanto la pulizia a cui periodicamente vengono sottoposte?
Com’è possibile che ho accettato con tanta facilità la proposta di pulire l’intestino?

Trascorse così almeno la prima ora, ogni tanto allungavo il corpo verso la porta per ascoltare eventuali movimenti in casa. Dopo quanto sarebbe rientrata mamma? …potevo ancora rifiutarmi?

Mi ritrovavo continuamente prono sul letto… forse per esorcizzare l’attesa dell’operazione. Lo sfregamento del pube sul materasso mi procurava uno strano fastidio misto a eccitazione, istintivamente stringevo le gambe o scalciavo come se fosse già arrivato il momento fatidico.


Quando chiudevo gli occhi rivivevo in modo sfuocato le due esperienze passate col clistere. Perché prima non mi sono opposto? Adesso più passava il tempo e più fremevo turbato.

Il pendolo del soggiorno aveva suonato dieci colpi da un po’ e finalmente sentii aprire la porta d’ingresso… i rumori degli armadietti in cucina erano inconfondibili, mamma stava sistemando la spesa. Poi i suoi passi si diressero verso la zona notte, i battiti aumentarono, finsi di dormire ma inutilmente, lei aveva proseguito sino alla sua camera da letto. Sempre da coricato sbirciai per vedere cosa tenesse in mano: stava raccogliendo la biancheria, nessun arnese in vista.
Rimasi sorpreso, rincuorato ma anche deluso. Volevo togliermi il pensiero, stavo impazzendo.

E se avesse dimenticato o cambiato idea? Poi d’un tratto la vidi dirigersi dritto verso di me, entrò nella stanza e mentre alzava le imposte chiese se avevo dormito e come andava il mal di testa: 👦🏻 “Forse un poco meglio” 👩🏻‍🦳 “…metti il termometro, torno dopo a controllare”

Ripercorse più volte il lungo corridoio di casa… non sapevo mai cosa aspettarmi o sperare. Il tempo passava… con una scusa banale la chiamai: 👦🏻 “Mammaaa…” Finalmente arrivò.

👩🏻‍🦳 “Cosa c’è ometto di mamma!!! Sei preoccupato? Vediamo la temperatura… non hai febbre per adesso… ma l’intestino andrà pulito ugualmente… lo dobbiamo svuotare dagli accumuli…questa settimana sei andato meno volte in bagno, non è vero?” 👦🏻 “…credo di si” 😔

👩🏻‍🦳 “Lo vedi? …lo sai pure tu amore, oggi… clistere” 👦🏻 “Ma oggi quando …di pomeriggio?”.
Mi trattava da adulto facendomi decidere, ma in realtà le alternative da scegliere erano poche:

👩🏻‍🦳 “…se fai il bravo e mi prometti che non ti agiti lo facciamo ora, oppure mi aiuta papà quando torna dal lavoro… non è meglio che ti togli il pensiero subito?” 👦🏻 “…meglio prima”.

Ormai era arrivato il momento, mamma da lì a poco avrebbe preparato tutto l’occorrente… rimasi ad aspettare in preda alla tensione e all’ansia cercando di intercettare tutti i rumori che provenivano dalla zona giorno dell’appartamento, dopo poco riconobbi lo sportellino dello stipetto in metallo in cui c’era conservata la scatola del… “Irrigatore per Enteroclisma”.

Mamma tornò un’altra volta in camera, posiziono una asciugamano sul letto, disse di stare tranquillo che avremmo fatto presto: 👩🏻‍🦳 “Se vuoi puoi già togliere i pantaloni del pigiama e metterti a pancia sotto… tra poco arrivo”. Mi posizionai senza avere la forza di spogliarmi.

Dopo altri interminabili minuti sentii di nuovo i suoi passi, questa volta erano lenti e cadenzati, non c’era più alcun dubbio, il mio clistere era pronto: 👩🏻‍🦳 “Amoreee… arrivooo!!!”

A pancia sotto e con il viso rivolto sulla sinistra verso la porta osservai timidamente il suo temuto ingresso: con la mano destra reggeva qualcosa ma stranamente faceva barriera con il corpo come per nasconderne la vista, l’odore invece era inconfondibile: quella particolare emanazione di camomilla mista a gomma era il profumo che le mie sorelle dicevano di odiare.

Imbarazzato non sapevo come comportarmi, paura e eccitazione guidavano i tremori del mio bacino, le contrazioni del pube sul materasso mi procuravano delle strane sensazioni.

Mamma sì porto dietro di me, non distinguevo bene le manovre, stava armeggiando sulla parete attrezzata probabilmente per assicurare il clistere sopra in alto. Mi voltai dal lato opposto sulla guancia sinistra per vedere meglio: sul letto, alla destra della mia gamba, poggiava l’inquietante beccuccio nero con il rubinetto ancora chiuso.

Alzai lo sguardo seguendo il tubo rosa sino alla sacca gonfia tra le mani di mamma: raggelai😳 fumava vistosamente ed era colma più della metà: sarei stato purgato come mia sorella!!!

Per un attimo mi tornò in mente la figura femminile nuda della maggiore dimenarsi e opporsi (inutilmente) contro la severa cura di mamma: in quel primo incontro col clistere (avvenuto l’anno prima) mi era stato detto che io non avrei dovuto mai farlo: infatti in quella occasione ero rimasto tranquillo a godermi l’inedita scena credendo fosse “una cosa per le femmine”. Adesso invece la stessa abbondante porzione calda era destinata alla pulizia del mio intestino capriccioso, anche le mie viscere avrebbero dovuto accettare quel liquido medicamentoso.

Sistemato il tutto mamma si chinò verso di me: 👩🏻‍🦳 ”Togliamo il pigiama… faremo presto”
👦🏻 “Ma devo farlo tutto? …è tanto!!!”. Cerco di tranquillizzarmi, casomai si sarebbe fermata.

La lasciai fare… ormai sotto ero nudo e totalmente esposto, preferii rivolgere lo sguardo in avanti verso il muro, tanto avrei riconosciuto tutti i passaggi anche senza vederne i movimenti: la sua mano delicata si posò e allargò cosce e natiche… il primo leggerissimo fremito lo avvertii per le sue dita umide sul buchetto, il secondo fu molto più imbarazzante: 👩🏻‍🦳 “Adesso mamma fa piano, tu rilassati…” Percepii chiaramente la pressione, un centimetro per volta la cannula stava penetrando tutta.

Con gli occhi sgranati e la bocca serrata cominciai ad ansimare per il dolore e per il bruciore. Ero angosciato per quello che sarebbe avvenuto subito dopo: presto mamma avrebbe girato la valvola, il liquido caldo sarebbe sceso e io mi sarei sentito violare in profondità nelle viscere. Aver già vissuto quelle sequenze rendeva il secondo clistere molto più umiliante del primo.

👩🏻‍🦳 “È entrato… hai visto che sei bravo? adesso piano piano iniziamo, tu cerca di stare fermo”
👦🏻 “È molto caldo?” …sentivo scottare la cannula. 👩🏻‍🦳 “Casomai aspettiamo qualche attimo che diventi tiepido… mamma te lo fa caldo con la camomilla come le sorelline, ti farà tanto bene al pancino e guarirai, vedrai come ti sentirai forte domani”. 👦🏻 “…però fammelo piano ”.

Mamma era in piedi piegata in avanti, pochi attimi dopo le sue mani impugnarono l’irrigatore, dovette fare forza*, l’apertura del rubinetto procedeva lenta a brevi scatti… le vibrazioni dentro il mio piccolo orifizio anale si amplificarono … internamente ne avvertivo il fastidiosissimo rumore… tr tr tr… tr tr… oltre che il dolore.

Va detto che in quegli anni i materiali in uso erano diversi da quelli in plastica flessibile o ergonomica di adesso. Per la precisione gli antichi clisteri degli anni 60-70 avevano alcune parti rigide in bachelite. Materiale durissimo soggetto alla dilatazione in caso di calore. Per questo motivo spesso risultava particolarmente difficile aprire e avviare l’irrigazione.


👩🏻‍🦳 “Su amore… ho aperto… non stare così teso… rilassati”. In un primo momento non avertii nulla, mi girai per riguardare l’inquietante sacca, la camomilla era immobile… mamma spinse leggermente la cannula avanti e indietro… forse adesso si stava muovendo, sentii un rumorino internamente… si, era l’inconfondibile gorgoglio caldissimo del clistere… 👦🏻 “Aaaah ti prego… mamma non voglio… fermalo fermalo…” inevitabilmente cominciai a piangere e a sbattere freneticamente i piedi sul letto. Mamma non poté fare a meno di fermarsi… aspettò qualche attimo che mi calmassi …si sedette sul letto, mi fece qualche carezza… poi il peso del suo corpo blocco le mie gambe, non avevo più scampo… i modi adesso erano più severi… decisa riaprì il rubinetto: 👩🏻‍🦳 “Un poco di pazienza… è per il tuo bene e lo dobbiamo fare… lo sai”.

Rassegnato cercai di controllarmi per non disattendere le promesse, per un po’ provai e non stare rigido… adesso il clistere era davvero cominciato: sentivo il flusso della camomilla calda scorrere fastidiosamente dentro il basso ventre… la parte peggiore in realtà doveva ancora arrivare: dopo poco infatti la pancia iniziò a borbottare, i crampi e il calore si allargavano e si diffondevano sempre più verso l’alto.

Ogni tanto mamma si fermava e poi riprendeva, la somministrazione era interminabile, ad ogni apertura mugolavo e gemevo proprio come mia sorella in quel primo incontro col clistere… man mano che passavano i minuti sentivo aumentare la pressione nel mio ventre caldo.




Alzai di nuovo lo sguardo… non era finito: 👦🏻 “Mamma basta… non lo voglio fare tutto”. 👩🏻‍🦳 “Avanti amore… l’ultimo sforzo, manca poco… mamma ti pulisce l’intestino in profondità”. Arrivarono nuovi crampi, gridai più forte… 👩🏻‍🦳“Abbiamo finito… abbiamo finito… ora chiudo”

Dei momenti immediatamente successivi ho vaghissimi ricordi, probabilmente la stanchezza o la vergogna mi hanno inconsciamente spinto a cancellare le ultime imbarazzanti sensazioni. Sono infatti convinto che qualcosa mi abbia ulteriormente turbato al momento della estrazione della cannula o durante le fasi che precedono lo svuotamento in bagno. Considerato il ruolo che ha poi giocato in età adulta l’erotismo del clisma non mi meraviglierei se ad essere state principalmente rimosse siano state proprio le emozioni più segrete o intimamente eccitanti.

Una conferma di questa curiosa ipotesi potrebbe venire dell’enorme disagio che ricordo aver provato quando quello stesso giorno a tavola a ora di pranzo mia madre orgogliosa raccontò di come quella mattina avessi fatto tutto il clistere senza piangere: volevo scomparire.

Quella stessa giornata nel pomeriggio mamma volle sapere come mi sentissi, non esitai a dire che anche se stavo meglio, quella sarebbe stata l’ultima volta e che non avrei mai più voluto liberare o pulire l’intestino.


- - - -


Chiusa la parentesi dei tre incontri, l’utilizzo del clistere cadde nel dimenticatoio e mai più si presentò l’occasione di dover fare ricorso a cure di questo genere. Ogni tanto quando stavo male mi preoccupavo di un eventuale ritorno al temuto rito purificatore da parte di mia madre, in ogni caso ero comunque certo che mi sarei opposto.

Successivamente in età adolescenziale il ricordo di quei traumatici episodi e la paura di una eventuale necessità di riceverne un altro mi procuravano degli strani turbamenti o dei pruriti misti a eccitazione. La cosa strana è che questi pensieri riemergevano nella mia mente soprattutto quando da solo nella mia cameretta sfregavo a pancia sotto il pube sul materasso.




scritto il
2023-06-06
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