Clistere a sorpresa (la scoperta del primo incontro)
di
Anni70
genere
prime esperienze
Durante l’infanzia alcuni episodi hanno influenzato l’immaginazione dei miei desideri sessuali. Non è necessaria una laurea in psicologia per capire quanto siano determinanti le prime emozioni seminate nella psiche di un bambino per dare vita alle fantasie delle età successive.
- - Clistere a sorpresa per la sorella maggiore (la scoperta del primo incontro)
Quella mattina mi svegliai presto come mio solito, la voglia di giocare vinceva sul sonno.
Dalla zona giorno arrivavano piccoli rumori, mamma già sfaccendava in cucina. Mi alzai.
Non doveva essere giorno di scuola, le mie sorelle stavano dormendo nella stanza accanto.
Non era neanche domenica, nella camera matrimoniale ci sarebbe stato papà a godersi il riposo dei giorni festivi. Probabilmente da poco erano iniziate le vacanze e dopo qualche giorno ci saremmo trasferiti nella casa estiva come avveniva tutti gli anni sino a Settembre, oppure erano i giorni che anticipavano l’inizio della scuola a Ottobre.
Mi avviai nel corridoio per andare a fare colazione. La casa era molto grande e agli occhi di un bambino risultava immensa. Potevo avere quattro o forse cinque anni, era il periodo dell’asilo o al massimo della prima elementare.
Ovviamente non ricordo tutti i particolari, sicuramente in cucina fui accolto calorosamente come sempre. Presi il mio latte distratto dai movimenti di mamma tra fornelli e lavabo. Adoravo i giochi con l’acqua ed ero attirato da un tubo colorato che ogni tanto appariva dal lavandino.
Finito di mangiare mi precipitai per scoprire di cosa si trattasse. Mamma cercò di distogliermi:
👩🏻🦳 “Tu vai a giocare che ho altro da fare”. Insistetti chiedendo di quello strano arnese di plastica ma lei rispose che non era un giocattolo, serviva per le mie sorelle.
La curiosità triplicò: 👦🏻 “Voglio vedere, posso toccare?”.
Probabilmente mamma capì che non mi sarei arreso facilmente e forse per questo pensò che rendermi partecipe fosse una buona idea: 👩🏻🦳 “E va bene adesso mi aiuti a riempirlo”.
Dopo qualche altra manovra tirò fuori dal lavandino una sacca morbida color rosa, la tenne in alto stringendo il piccolo manico nella parte superiore. Da sotto la sacca un tubo scendeva sino quasi ai miei piedi, quel coso era più alto di me: 👦🏻 “A cosa serve?”
👩🏻🦳 “Per curare il pancino, quando bisogna pulirlo ...lo ha detto il dottore”.
L’entusiasmo comincio a trasformarsi in preoccupazione. Per tranquillizzarmi mamma disse che era una sciocchezza, era un po’ come fare una iniezione ma senza ago.
👦🏻 “Però io non lo voglio fare, mi spavento” 👩🏻🦳 “Non è per te, ma vedrai che non è nulla”.
L’operazione proseguì con prudenza, mamma travasò il contenuto fumante della pentola riempiendo poco più di metà del contenitore. Il mio compito era quello di tenere nel lavandino il beccuccio da cui cominciava a defluire l’acqua. Chiusi con fatica il piccolo rubinetto.
La parte finale rigida e nera di quello strumento era la più inquietante: le dimensioni erano quasi doppie rispetto alle mie manine e mamma aveva detto che si usava come le punture.
Di cosa si trattava esattamente? A cosa sarebbero state sottoposte le mie sorelle ancora ignare nel sonno? Quando dopo qualche attimo ci trasferimmo nella loro camera e io andai ad alzare leggermente la serranda capii dalla reazione negativa della maggiore che quello che a me era sembrato inizialmente un nuovo gioco per lei sarebbe stata una insopportabile pratica medicamentosa chiamata: CLISTERE
L’annuncio dell’operazione di pulizia non fu minimamente gradito, soprattutto dalla prescelta che infastidita si oppose con preoccupazione gridando che non l’avrebbe assolutamente fatto.
Non doveva essere la prima volta, sapeva cosa l’aspettava e mia madre dovette impiegare diversi minuti prima di farle accettare l’idea di ricevere l’odiata cura quel mattino al risveglio.
Ricordo una cosa strana, nonostante il rifiuto deciso e convinto non provò mai ad alzarsi dal letto o a scappare, la protesta di mia sorella per tutto quel tempo avvenne a pancia in giù come fosse consapevole che comunque la somministrazione sarebbe arrivata inesorabile.
Trascorsero lunghi momenti di trattative, poi in silenzio si lasciò sfilare il lenzuolo, il pigiama leggero e infine le mutandine sino sopra le ginocchia. Non vi era più alcun dubbio, proprio come per le odiate iniezioni, le azioni del clistere si sarebbero totalmente svolte nelle parti meno conosciute del corpo femminile solitamente tenute nascoste con estremo pudore.
Davanti a quelle nuove e inaspettate visioni, con un misto di curiosità ed eccitazione (sino a quel momento sconosciuta) mi ritrovai nel duplice ruolo di aiutante nel reggere la sacca calda e di fratello più piccolo difronte a cui non fare storie.
In realtà la povera adolescente (più che altro imbarazzata dalla mia presenza) non appena avvertì le mani di mia madre posarsi sul sedere agitò forte le gambe per la paura, da lì a poco il clistere avrebbe avuto inizio. I gridolini e il movimento dell’acqua ne furono la conferma.
Quel liquido fumante e odoroso dall’alto delle mie mani lentamente stava gorgogliando verso il centro di un rotondo fondo schiena scosso da irrequieti tremori e piccoli singhiozzi trattenuti.
Ci vollero diversi lunghi minuti prima che il pianto si attenuasse in lamenti sempre più tenui:
👱♀️ “non voglio… ti prego… bastaaa… ho caldo nella pancia …ahi …più piano… sta finendo?”
Quando la sacca fu quasi vuota calò il silenzio, corpo e mente sembrarono domarsi, avevano accettato la severa cura imposta da mamma: 👩🏻🦳 “manca poco, vedrai che ti farà bene”
Io ero rimasto immobile tutto il tempo come se nella stanza fossi trasparente, anche se turbato avevo inconsciamente registrato e goduto la sequenza di tutti quei momenti.
Non avrei più dimenticato la penombra della camera pervasa dal calore e dal profumo di quella soluzione calda che attraverso il tubo era scesa dentro le viscere in subbuglio di mia sorella.
Rimasi attirato da quella pratica per sempre, convinto in quel momento che in quanto maschietto non avrei mai dovuto provare la paura di subire il clistere.
- - l’inganno (secondo incontro col clistere) - -
Da bambini una indisposizione durante l’estate non era del tutto inusuale, poteva capitare di avere una influenza dopo un colpo d’aria oppure stare male per una indigestione alimentare.
Ricordo che quell’anno durante la villeggiatura capitò di restare chiuso in casa con qualche linea di febbre un paio di volte. Negli ultimi giorni i giochi delle vacanze e i movimenti dei bambini che correvano o andavano a mare li avevo potuto soltanto ascoltare da dietro i vetri del nostro villino. Per fortuna la casa era abbastanza grande da poterci giocare con la bici.
Quel pomeriggio stavo molto meglio e mamma a sorpresa decise di lasciarmi uscire.
Mi fece indossare i pantaloni lunghi perché disse che ormai l’aria era frizzante e le giornate si stavano accorciando, probabilmente eravamo a Settembre inoltrato.
Come prima cosa cominciai a scorrazzare con la bicicletta per farmi vedere da tutti. Il percorso preferito era tra baglio, fuoribaglio e lo sterrato che riportava verso casa. I pericoli della strada erano ancora lontani, nei primi anni 70 le automobili arrivavano soltanto a sera, con i papà che ritornavano dalla città dopo il lavoro.
In questi luoghi di villeggiatura la vita si svolgeva in comunità, tutte le case erano familiari e restavano aperte lasciando entrare liberamente cugini, nipoti e amici. La nostra era una felice contrada in mezzo alla campagna che negli anni si era sviluppata intorno a delle vecchie stalle, all’antica torre saracena e alla piccola chiesetta. Il mare non era lontano, al mattino bastava una passeggiata e in meno di mezz’ora si raggiungeva la spiaggia.
Primi di unirmi agli altri bambini per giocare a nascondino mi soffermai fuori dal baglio davanti i sedili in muratura di casa della zia per salutare la nonna che chiacchierava con mia madre e un’altra parente. Mentre mamma continuava a parlare la nonna si avvicinò facendomi festa.
Era contenta di vedermi fuori, ma stranamente mi interrogò sulle cure fatte in quei giorni:
👵 “come stai adesso?” 👦🏻 “bene, sono guarito” risposi orgoglioso.
Il piede sul pedale era pronto ma lei proseguì chiedendomi qualcosa a cui non seppi rispondere: 👵 “Sei stato nuovamente male con il pancino, mamma ti ha già fatto il clistere?”
Rimasi perplesso, non ero sicuro di aver capito, il clistere doveva essere quella cosa che facevano le femmine. Mi baleno il ricordo di mia sorella nuda sul letto, piangeva per il dolore.
Nonna sdrammatizzò: 👵 “non avrai mica paura? ormai sei un ometto, è una sciocchezza”.
Di certo quella operazione non poteva riguardarmi: 👦🏻 “ma io non lo devo fare e poi sto bene”.
A pensarci meglio nei giorni precedenti le zie erano venute a farmi visita, avevo sentito che suggerivano una curetta. Quando erano andate via avevo chiesto subito a mamma, lei mi aveva tranquillizzato: per quella febbretta non sarebbero state necessarie le supposte.
Volevo sgommare in direzione del baglio ma aspettai che mamma si unisse alla discussione:
👩🏻🦳 “Hai visto? l’ho fatto uscire…” 👵 “ormai è grande lo so, è fatto bravo… però mi sembra che sia stato male già due volte durante l’estate. Ha sgombrato lo stomaco dopo la febbre?
👩🏻🦳 “No… ancora si deve liberare, è vero amore? Casomai dopo vediamo di fare qualcosina”
Non mi piaceva quel dialogo, rimasi comunque sereno: ero guarito e poi quello che aveva detto nonna sapevo che non riguardava i maschi. Lei insistette: 👵 “Quando gli fai il clistere?”
Trascorsero alcuni secondi, mamma tentennò, non sapevo se intervenire o aspettare che chiarisse lei tutto a nonna. Quel silenzio anche se breve mi agitava, la mia sicurezza vacillò:
👩🏻🦳 “…più tardi lo facciamo…” 👦🏻 “CHE COSA??” Ero inorridito!!! Non poteva essere!!!
Mi ribellai protestando vivacemente anche se la sorpresa di essere stato inaspettatamente ingannato da mia madre mi aveva procurato un nodo in gola così forte da strozzarmi la voce, in più la sola lontanissima idea che potessi ricevere quella cura mi agitava tantissimo.
👩🏻🦳 “…vai a giocare e non ti preoccupare, poi se ne parla, non ci pensare adesso, poi vediamo”
Scappai per il baglio ribadendo che non dovevo fare nulla, stavo bene e loro si sbagliavano.
Non voglio dilungarmi sui confusi ricordi successivi, di certo quel pomeriggio non ero più sereno, non capivo cosa mi aspettasse ed eventualmente quando. Giocai distrattamente a nascondino ma senza divertirmi, guardavo continuamente l’ingresso del baglio per scrutare un eventuale arrivo o chiamata di mia madre. Quando ormai stava per imbrunire mamma venne a prendermi per rincasare, lei non disse nulla, io invece più volte rallentai il tragitto di ritorno puntando i piedi e la bici preoccupandomi di capire o sapere cosa avremmo dovuto fare una volta arrivati: 👩🏻🦳 “È tardi, dobbiamo rientrare… ricordati che sei stato male”
Arrivati a casa stranamente entrammo dal lato cucina, il salone e le altre porte erano chiuse.
Tutto era in penombra, mamma andò ad accendere la luce della camera matrimoniale, nel frattempo io provai a guardare dentro la pentola che era sui fornelli ma non ebbi il tempo perché fui richiamato nella stanza: 👩🏻🦳 “Amore aspetta qui, togli i pantaloni, faremo presto… per pulire il pancino mamma ti fa un clisterino… vedrai che ti farà bene”. Scoppiai a piangere.
Ne venne fuori una estenuante lotta e ci volle tantissimo per portarmi a pancia sotto sul lettone.
Più volte mamma andò e ritornò dalla cucina invitandomi ogni volta a spogliarmi e distendermi.
Vuoi per sfinimento, vuoi per la minore forza… alla fine piangendo cedetti a quella volontà.
Non avevo idea di cosa avrei provato, a quell’età non avevo neanche cognizione della mia intimità, soprattutto di quella posteriore che non avevo mai visto, probabilmente infatti ero più turbato e angosciato per la sottomissione corporale impostami (tra l’altro su richiesta di nonna) che per la reale somministrazione anale del clistere che fisicamente sconoscevo.
A pensarci bene era proprio così, di quel piccolo trauma non avrei più cancellato le immagini e i colori, non a caso ancora oggi riesco a ricordare la fantasia del copriletto e la forma della testata difronte i miei occhi così come il tubo rosa e la sacca con poca acqua sopra in alto.
Molto più sfumate invece tutte le altre scene legate al lento defluire del liquido tiepido:
un indefinito doloroso fastidio (immagino per la iniziale penetrazione), alcuni crampi e lunghi singhiozzi di paura. Poi finalmente la quiete sino alla lunghissima seduta sul water di cui ricordo un così grande sollievo che quasi quasi mi convinsi incredibilmente che la cura di mamma era stata necessaria, benefica e amorevole.
Quella sera infatti mi abbandonai sfinito alle sue coccole in un sonno sereno e profondo.
- - Clistere a sorpresa per la sorella maggiore (la scoperta del primo incontro)
Quella mattina mi svegliai presto come mio solito, la voglia di giocare vinceva sul sonno.
Dalla zona giorno arrivavano piccoli rumori, mamma già sfaccendava in cucina. Mi alzai.
Non doveva essere giorno di scuola, le mie sorelle stavano dormendo nella stanza accanto.
Non era neanche domenica, nella camera matrimoniale ci sarebbe stato papà a godersi il riposo dei giorni festivi. Probabilmente da poco erano iniziate le vacanze e dopo qualche giorno ci saremmo trasferiti nella casa estiva come avveniva tutti gli anni sino a Settembre, oppure erano i giorni che anticipavano l’inizio della scuola a Ottobre.
Mi avviai nel corridoio per andare a fare colazione. La casa era molto grande e agli occhi di un bambino risultava immensa. Potevo avere quattro o forse cinque anni, era il periodo dell’asilo o al massimo della prima elementare.
Ovviamente non ricordo tutti i particolari, sicuramente in cucina fui accolto calorosamente come sempre. Presi il mio latte distratto dai movimenti di mamma tra fornelli e lavabo. Adoravo i giochi con l’acqua ed ero attirato da un tubo colorato che ogni tanto appariva dal lavandino.
Finito di mangiare mi precipitai per scoprire di cosa si trattasse. Mamma cercò di distogliermi:
👩🏻🦳 “Tu vai a giocare che ho altro da fare”. Insistetti chiedendo di quello strano arnese di plastica ma lei rispose che non era un giocattolo, serviva per le mie sorelle.
La curiosità triplicò: 👦🏻 “Voglio vedere, posso toccare?”.
Probabilmente mamma capì che non mi sarei arreso facilmente e forse per questo pensò che rendermi partecipe fosse una buona idea: 👩🏻🦳 “E va bene adesso mi aiuti a riempirlo”.
Dopo qualche altra manovra tirò fuori dal lavandino una sacca morbida color rosa, la tenne in alto stringendo il piccolo manico nella parte superiore. Da sotto la sacca un tubo scendeva sino quasi ai miei piedi, quel coso era più alto di me: 👦🏻 “A cosa serve?”
👩🏻🦳 “Per curare il pancino, quando bisogna pulirlo ...lo ha detto il dottore”.
L’entusiasmo comincio a trasformarsi in preoccupazione. Per tranquillizzarmi mamma disse che era una sciocchezza, era un po’ come fare una iniezione ma senza ago.
👦🏻 “Però io non lo voglio fare, mi spavento” 👩🏻🦳 “Non è per te, ma vedrai che non è nulla”.
L’operazione proseguì con prudenza, mamma travasò il contenuto fumante della pentola riempiendo poco più di metà del contenitore. Il mio compito era quello di tenere nel lavandino il beccuccio da cui cominciava a defluire l’acqua. Chiusi con fatica il piccolo rubinetto.
La parte finale rigida e nera di quello strumento era la più inquietante: le dimensioni erano quasi doppie rispetto alle mie manine e mamma aveva detto che si usava come le punture.
Di cosa si trattava esattamente? A cosa sarebbero state sottoposte le mie sorelle ancora ignare nel sonno? Quando dopo qualche attimo ci trasferimmo nella loro camera e io andai ad alzare leggermente la serranda capii dalla reazione negativa della maggiore che quello che a me era sembrato inizialmente un nuovo gioco per lei sarebbe stata una insopportabile pratica medicamentosa chiamata: CLISTERE
L’annuncio dell’operazione di pulizia non fu minimamente gradito, soprattutto dalla prescelta che infastidita si oppose con preoccupazione gridando che non l’avrebbe assolutamente fatto.
Non doveva essere la prima volta, sapeva cosa l’aspettava e mia madre dovette impiegare diversi minuti prima di farle accettare l’idea di ricevere l’odiata cura quel mattino al risveglio.
Ricordo una cosa strana, nonostante il rifiuto deciso e convinto non provò mai ad alzarsi dal letto o a scappare, la protesta di mia sorella per tutto quel tempo avvenne a pancia in giù come fosse consapevole che comunque la somministrazione sarebbe arrivata inesorabile.
Trascorsero lunghi momenti di trattative, poi in silenzio si lasciò sfilare il lenzuolo, il pigiama leggero e infine le mutandine sino sopra le ginocchia. Non vi era più alcun dubbio, proprio come per le odiate iniezioni, le azioni del clistere si sarebbero totalmente svolte nelle parti meno conosciute del corpo femminile solitamente tenute nascoste con estremo pudore.
Davanti a quelle nuove e inaspettate visioni, con un misto di curiosità ed eccitazione (sino a quel momento sconosciuta) mi ritrovai nel duplice ruolo di aiutante nel reggere la sacca calda e di fratello più piccolo difronte a cui non fare storie.
In realtà la povera adolescente (più che altro imbarazzata dalla mia presenza) non appena avvertì le mani di mia madre posarsi sul sedere agitò forte le gambe per la paura, da lì a poco il clistere avrebbe avuto inizio. I gridolini e il movimento dell’acqua ne furono la conferma.
Quel liquido fumante e odoroso dall’alto delle mie mani lentamente stava gorgogliando verso il centro di un rotondo fondo schiena scosso da irrequieti tremori e piccoli singhiozzi trattenuti.
Ci vollero diversi lunghi minuti prima che il pianto si attenuasse in lamenti sempre più tenui:
👱♀️ “non voglio… ti prego… bastaaa… ho caldo nella pancia …ahi …più piano… sta finendo?”
Quando la sacca fu quasi vuota calò il silenzio, corpo e mente sembrarono domarsi, avevano accettato la severa cura imposta da mamma: 👩🏻🦳 “manca poco, vedrai che ti farà bene”
Io ero rimasto immobile tutto il tempo come se nella stanza fossi trasparente, anche se turbato avevo inconsciamente registrato e goduto la sequenza di tutti quei momenti.
Non avrei più dimenticato la penombra della camera pervasa dal calore e dal profumo di quella soluzione calda che attraverso il tubo era scesa dentro le viscere in subbuglio di mia sorella.
Rimasi attirato da quella pratica per sempre, convinto in quel momento che in quanto maschietto non avrei mai dovuto provare la paura di subire il clistere.
- - l’inganno (secondo incontro col clistere) - -
Da bambini una indisposizione durante l’estate non era del tutto inusuale, poteva capitare di avere una influenza dopo un colpo d’aria oppure stare male per una indigestione alimentare.
Ricordo che quell’anno durante la villeggiatura capitò di restare chiuso in casa con qualche linea di febbre un paio di volte. Negli ultimi giorni i giochi delle vacanze e i movimenti dei bambini che correvano o andavano a mare li avevo potuto soltanto ascoltare da dietro i vetri del nostro villino. Per fortuna la casa era abbastanza grande da poterci giocare con la bici.
Quel pomeriggio stavo molto meglio e mamma a sorpresa decise di lasciarmi uscire.
Mi fece indossare i pantaloni lunghi perché disse che ormai l’aria era frizzante e le giornate si stavano accorciando, probabilmente eravamo a Settembre inoltrato.
Come prima cosa cominciai a scorrazzare con la bicicletta per farmi vedere da tutti. Il percorso preferito era tra baglio, fuoribaglio e lo sterrato che riportava verso casa. I pericoli della strada erano ancora lontani, nei primi anni 70 le automobili arrivavano soltanto a sera, con i papà che ritornavano dalla città dopo il lavoro.
In questi luoghi di villeggiatura la vita si svolgeva in comunità, tutte le case erano familiari e restavano aperte lasciando entrare liberamente cugini, nipoti e amici. La nostra era una felice contrada in mezzo alla campagna che negli anni si era sviluppata intorno a delle vecchie stalle, all’antica torre saracena e alla piccola chiesetta. Il mare non era lontano, al mattino bastava una passeggiata e in meno di mezz’ora si raggiungeva la spiaggia.
Primi di unirmi agli altri bambini per giocare a nascondino mi soffermai fuori dal baglio davanti i sedili in muratura di casa della zia per salutare la nonna che chiacchierava con mia madre e un’altra parente. Mentre mamma continuava a parlare la nonna si avvicinò facendomi festa.
Era contenta di vedermi fuori, ma stranamente mi interrogò sulle cure fatte in quei giorni:
👵 “come stai adesso?” 👦🏻 “bene, sono guarito” risposi orgoglioso.
Il piede sul pedale era pronto ma lei proseguì chiedendomi qualcosa a cui non seppi rispondere: 👵 “Sei stato nuovamente male con il pancino, mamma ti ha già fatto il clistere?”
Rimasi perplesso, non ero sicuro di aver capito, il clistere doveva essere quella cosa che facevano le femmine. Mi baleno il ricordo di mia sorella nuda sul letto, piangeva per il dolore.
Nonna sdrammatizzò: 👵 “non avrai mica paura? ormai sei un ometto, è una sciocchezza”.
Di certo quella operazione non poteva riguardarmi: 👦🏻 “ma io non lo devo fare e poi sto bene”.
A pensarci meglio nei giorni precedenti le zie erano venute a farmi visita, avevo sentito che suggerivano una curetta. Quando erano andate via avevo chiesto subito a mamma, lei mi aveva tranquillizzato: per quella febbretta non sarebbero state necessarie le supposte.
Volevo sgommare in direzione del baglio ma aspettai che mamma si unisse alla discussione:
👩🏻🦳 “Hai visto? l’ho fatto uscire…” 👵 “ormai è grande lo so, è fatto bravo… però mi sembra che sia stato male già due volte durante l’estate. Ha sgombrato lo stomaco dopo la febbre?
👩🏻🦳 “No… ancora si deve liberare, è vero amore? Casomai dopo vediamo di fare qualcosina”
Non mi piaceva quel dialogo, rimasi comunque sereno: ero guarito e poi quello che aveva detto nonna sapevo che non riguardava i maschi. Lei insistette: 👵 “Quando gli fai il clistere?”
Trascorsero alcuni secondi, mamma tentennò, non sapevo se intervenire o aspettare che chiarisse lei tutto a nonna. Quel silenzio anche se breve mi agitava, la mia sicurezza vacillò:
👩🏻🦳 “…più tardi lo facciamo…” 👦🏻 “CHE COSA??” Ero inorridito!!! Non poteva essere!!!
Mi ribellai protestando vivacemente anche se la sorpresa di essere stato inaspettatamente ingannato da mia madre mi aveva procurato un nodo in gola così forte da strozzarmi la voce, in più la sola lontanissima idea che potessi ricevere quella cura mi agitava tantissimo.
👩🏻🦳 “…vai a giocare e non ti preoccupare, poi se ne parla, non ci pensare adesso, poi vediamo”
Scappai per il baglio ribadendo che non dovevo fare nulla, stavo bene e loro si sbagliavano.
Non voglio dilungarmi sui confusi ricordi successivi, di certo quel pomeriggio non ero più sereno, non capivo cosa mi aspettasse ed eventualmente quando. Giocai distrattamente a nascondino ma senza divertirmi, guardavo continuamente l’ingresso del baglio per scrutare un eventuale arrivo o chiamata di mia madre. Quando ormai stava per imbrunire mamma venne a prendermi per rincasare, lei non disse nulla, io invece più volte rallentai il tragitto di ritorno puntando i piedi e la bici preoccupandomi di capire o sapere cosa avremmo dovuto fare una volta arrivati: 👩🏻🦳 “È tardi, dobbiamo rientrare… ricordati che sei stato male”
Arrivati a casa stranamente entrammo dal lato cucina, il salone e le altre porte erano chiuse.
Tutto era in penombra, mamma andò ad accendere la luce della camera matrimoniale, nel frattempo io provai a guardare dentro la pentola che era sui fornelli ma non ebbi il tempo perché fui richiamato nella stanza: 👩🏻🦳 “Amore aspetta qui, togli i pantaloni, faremo presto… per pulire il pancino mamma ti fa un clisterino… vedrai che ti farà bene”. Scoppiai a piangere.
Ne venne fuori una estenuante lotta e ci volle tantissimo per portarmi a pancia sotto sul lettone.
Più volte mamma andò e ritornò dalla cucina invitandomi ogni volta a spogliarmi e distendermi.
Vuoi per sfinimento, vuoi per la minore forza… alla fine piangendo cedetti a quella volontà.
Non avevo idea di cosa avrei provato, a quell’età non avevo neanche cognizione della mia intimità, soprattutto di quella posteriore che non avevo mai visto, probabilmente infatti ero più turbato e angosciato per la sottomissione corporale impostami (tra l’altro su richiesta di nonna) che per la reale somministrazione anale del clistere che fisicamente sconoscevo.
A pensarci bene era proprio così, di quel piccolo trauma non avrei più cancellato le immagini e i colori, non a caso ancora oggi riesco a ricordare la fantasia del copriletto e la forma della testata difronte i miei occhi così come il tubo rosa e la sacca con poca acqua sopra in alto.
Molto più sfumate invece tutte le altre scene legate al lento defluire del liquido tiepido:
un indefinito doloroso fastidio (immagino per la iniziale penetrazione), alcuni crampi e lunghi singhiozzi di paura. Poi finalmente la quiete sino alla lunghissima seduta sul water di cui ricordo un così grande sollievo che quasi quasi mi convinsi incredibilmente che la cura di mamma era stata necessaria, benefica e amorevole.
Quella sera infatti mi abbandonai sfinito alle sue coccole in un sonno sereno e profondo.
2
voti
voti
valutazione
3
3
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
L’attesa interminabile del clistere
Commenti dei lettori al racconto erotico