Birra, pizza e footjob
di
Daviddds
genere
feticismo
Non so bene da dove iniziare, per raccontare come mi ritrovai con la cappella stretta tra gli alluci laccati di nero di Asia. Fu una serata talmente irripetibile, che perfino a ripensarci, il sapore delle sue lisce piante dei piedi sulla mia lingua, mi elettrizza.
Andiamo con ordine. Asia è un vero splendore: alta quasi 1,80 (più di me), con lunghi capelli scuri, due occhi di ghiaccio, una spruzzata di lentiggini attorno al naso sottile, che risaltano molto bene sulla sua pelle chiara, ed un sorriso disarmante. Fin da quando ero un ragazzino, ho sempre sbavato per i suoi stupendi piedi: un bel 41, un numero importante, ma nonostante ciò, decisamente delicati, con delle piante vellutate anche solo a guardarle e dita perfette, con alluci che avrei sognato di potermi infilare in bocca ad oltranza.
Finché siamo stati adolescenti, la nostra conoscenza non è stata un granché: abbiamo sempre abitato nello stesso paese, e quando capitava d’incrociarsi ci si scambiava semplicemente un saluto. Asia è sempre stata, dacché ho preso consapevolezza del mio feticismo per i piedi femminili, il mio sogno erotico in tal senso: ho sempre desiderato quelle estremità così belle, tanto curate, ed allo stesso tempo, però, non avevo alcuna occasione o possibilità di avvicinarmi a lei. Ci volle qualche anno, perché le condizioni cambiassero. Da circa tre anni, io ed Asia ci frequentiamo più intensamente, perché facciamo parte sostanzialmente della stessa compagnia di amici, che durante gli anni dell’Università si è allargata, comprendendo anche il gruppo di cui Asia faceva già parte. Dopo qualche uscita titubante, in gruppo c’è grandissima intesa! Ci si diverte un sacco e cominciano le prime confidenze (chi più con quell’amico/a o con quell’altro/a).
Io, dal canto mio, non ho mai rivelato apertamente il mio grande feticismo per i piedi femminili, nemmeno agli amici più stretti, quelli storici, che frequento da quando ero un bambino. Non saprei bene dire per quale motivo, ripensandoci a posteriori; probabilmente, soprattutto durante i primi anni da giovane feticista adolescente, temevo il giudizio degli altri, di essere considerato “strano” o poco compreso. Questa cosa è improvvisamente cessata proprio tre anni fa, quando i rapporti con Asia si sono intensificati. Di sicuro, il fatto di conoscere meglio la ragazza che tanto aveva tormentato i miei sogni fetish più proibiti, mi ha sollecitato parecchio a rendere nota la mia passione per i piedi femminili, e lo feci in un modo piuttosto plateale.
Ricordo quel pomeriggio molto bene: in piscina da Edoardo, un caro amico, di quelli storici, ci siamo praticamente tutti, una ventina di persone. Asia, ovviamente, era a dir poco l’incarnazione del mio sogno erotico fetish: in costume, con delle ciabattine con un folto pelo rosa sopra, e quei meravigliosi piedi laccati di rosso. La conversazione, ad un certo punto, si sposta sul fatto che Asia, con il suo 41, faccia fatica a trovare dei tacchi che le vadano bene, ed era piuttosto dispiaciuta, perché essendo molto femminile, ne avrebbe comprati a bizzeffe, se solo fosse riuscita a reperirne con più facilità: “riempirei una scarpiera solo di tacchi. Proprio zeppa, senza un angolo libero. Se solo ne n avessi questi piedoni!”. Marzia, di fianco a lei, sorride e ribatte: “di cosa ti lamenti, guarda che belli che sono! Super femminili! Non come i miei, sembrano quelli di un uomo!”.
“I miei piedi belli?! Ma nemmeno per idea, sono enormi! Potessi cambiare una mia parte del corpo, sarebbero i piedi!”. Io ero seduto a poca distanza, scrollando il telefono ed ascoltando. Non so bene cosa mi sia preso, ma mi sono inserito improvvisamente nella conversazione: “se posso permettermi, tu Asia non hai la minima idea di quanto siano sexy i tuoi piedi!”. Silenzio. Entrambe le ragazze dovettero prenderlo per uno scherzo, almeno all’inizio, perché si guardarono e scoppiarono a ridere. Allora io ripresi: “mica scherzo. Hai dei piedi bellissimi Asia!”.
“Ed i miei?” Mi dice Marzia, scherzando.
“Non sono di mio gusto, sono sincero…sono molto esigente in questo senso”.
“Ma sei in feticista?” Mi chiede Asia. Il cuore mi batte a mille, ma ho deciso di andare fino in fondo: “certo. Da sempre, fin da quando andavo alle scuole medie”.
“Davvero?” Mi chiedono entrambe. “Sì, sono serissimo. E, comunque, i tuoi piedi Asia sono tra i più belli che io abbia mai visto. Se non i più belli e sexy in assoluto”.
La cosa finisce bene o male in quel modo, ma da quel momento Asia iniziò a scherzare insieme a me sul fatto che sbavassi per i suoi piedi. Qualche battuta, ci si stuzzicava a vicenda e perfino, alcune volte, Asia mi mandava delle foto poco prima di uscire, chiedendomi cose come: “amico fetish, visto che i miei piedi ti piacciono così tanto, quale paio di tacchi metto per stasera?”. A parte questi scherzi e qualche fotografia, comunque, non si è mai andati oltre e purtroppo non ho avuto occasione per sfiorarle nemmeno lontanamente quelle meravigliose estremità. Almeno fino a due mesi fa.
Una sera, avremmo dovuto vederci io, Asia, Edoardo ed altri tre amici. Avevamo in programma una pizza, da Edoardo, e poi l’idea era di uscire. Una mezz’oretta prima dell’orario stabilito, Edoardo ci avvisa che i suoi genitori hanno invitato degli amici a cena, e che non avendo voglia di cambiarsi per uscire a mangiare, ci avrebbe raggiunti dopo cena. La pizza salta. Io ed Asia continuiamo a cercare di convincere gli altri ad uscire per cena, ma anche loro sono d’accordo sul vedersi più tardi, per le 22 circa. Tagliamo la testa al toro: “ma se mangiassimo una pizza qui in giardino da me?” Chiedo ad Asia, e lei mi risponde entusiasta che aveva proprio voglia di pizza, anche se non le andava di disturbare. Nessun disturbo, anzi!
Alle 20 ci vediamo, le apro il portoncino e l’accompagno verso il giardino, dove do un grande gazebo, con una tavolata e parecchie sedie. Avevo già preparato un può di birre ed una bottiglia di vino e le dico di servirsi senza problemi, io avrei aspettato le pizze. Di ritorno, con i cartoni fumanti, per la testa mi passavano i bellissimi tacchi che Asia indossava quella sera: due sottili fili neri di tessuto ad avvolgerle le caviglie, anche scivolavano poi a stringere le dita, meravigliose, laccate di nero. Iniziamo a mangiare, ci versiamo del vino e le chiacchiere sono quelle di sempre: due buoni amici che condividono una cena; non c’era niente di malizioso in quell’incontro ed io ero convinto (o rassegnato) del fatto che avrei soltanto potuto mangiarli con gli occhi, quei bellissimi piedi. A nemmeno metà pizza, sentiamo un ronzio, e dalla panca su cui siamo seduti, fianco a fianco, spunta un maggiolino, che si arrampica su per la tovaglia. Istintivamente, Asia lancia un gridolino, alza i piedi da terra e li poggia sulla panca, proprio a dieci centimetri dalle mie mani.
“È un maggiolino!” Dico io, sorridendo.
“Mamma mia che spavento!” Mi risponde lei, ma prima che possa tornare con i piedi a terra, le ho poggiato una mano sul collo morbido di un piede. Lei mi guarda un po’ perplessa, e da quel momento nessuno dei due ha più parlato per parecchio. Ho cominciato a fare scorrere le dita lungo i piedi di Asia, passando i polpastrelli su ogni angolo di quelle deliziose dita, facendo il giro attorno all’unghia laccata di nero dei suoi alluci e strofinando il palmo aperto sui suoi talloni. Lei si sistema sulla panca. Lo prendo come un segnale incoraggiante: afferro un piede, lo alzo delicatamente e lo porto vicinissimo al naso: annuso, per non so quanto, le sue dita magnifiche. Infilo la punta del naso nell’arco che separa la sua pianta del piede dalla suola del tacco, poi inclino la testa e scivolo rapido sul tallone. Che aroma straordinario! Leggermente sudati, con un vago sentore pungente e di cuoio dei tacchi, avverto la pelle morbidissima a contatto con le mie narici. Alzo gli occhi e guardò Asia: mi osserva, un po’ imbarazzata, e mi sembra un po’ curiosa, come stuzzicata dall’idea di sapere cosa sarebbe successo, da lì in poi. Poggio le labbra sulle dita. Comincio a baciarle i piedi; ho fame dei suoi alluci, e comincio a leccarne uno: lo infilo in bocca, lo succhio e poi ci passo di nuovo la lingua sopra; faccio scivolare le mia labbra su ogni altro dito, poi sul collo, poi sui talloni. Voglio toglierle i tacchi; devo toglierle i tacchi: non vedo l’ora di leccarle le piante dei piedi. Sono talmente eccitato che faccio fatica a slacciarle il piccoli cinturino che cinge le sue caviglie. Ce la faccio, lei arriccia il piede per sfilare i tacchi: annuso la suola, lecco ogni centimetro che conserva ancora il calore dei suoi dolci piedi. Poi le afferro un’estremità e faccio passare la lingua ovunque, in ogni angolo del suoi stupendi piedi. Che inimmaginabile spettacolo. Che goduria. Una sensazione a dir poco paradisiaca. Lei si sente più coinvolta, perché fa scorrere le sue piante dei piedi sulla mia lingua, che tengo di fuori, con la bocca aperta. Saranno passati venti minuti, forse di più. Ne volevo ancora, ed ancora. Mi stavo gustando il suo tallone, quando mi rendo conto che il piede con cui non ero impegnato, sta scivolando sui miei pantaloni. Avverto quella dolce dita attorno al cavallo dei pantaloni. Continuo a leccare, non voglio staccarmi. Poi cedo: slaccio la cintura, abbasso pantaloncini e mutande ed il mio pene spunta, duro come la roccia, davanti ai suoi piedi. Devo ammetterlo: non ho un gran pene. È anzi, piuttosto piccolo, sia in lunghezza che in spessore e di fronte ai piedi di Asia, però, sembrava deciso a far bella figura. Ci guardiamo per un istante, poi lei delicatamente comincia ad avvicinare le dita dei piedi, ed a farle scorrere su e giù, lentamente. Poggia gli alluci sulla testa del mio pene, e fa scivolare indietro la pelle, scoprendo la cappella rosa, che pulsa impazzita. Comincia il più bel footjob: tra i suoi piedi, il mio cazzetto quasi scompare. Asia è delicatissima: avanti ed indietro. Avanti ed indietro. I suoi archi scivolano rapidi sul mio pene ed io, mentre mi godo quello spettacolo, riporto uno dei suoi tacchi alla bocca. Lecco, lecco fortissimo. Poi la interrompo: voglio succhiarle ancora le dita. Voglio leccarle le piante dei piedi. Poi si ricomincia: i suoi piedi stringono la mia cappella e scendono fino alla base. Risalgono, ed Asia lascia libero il mio mini cazzo, per poi massaggiare la cappella con dei soffici movimenti circolari dell’alluce. Ricomincia il footjob ed il mio pene scompare quasi di nuovo tra le sue piante vellutate: solo la testolina spunta ancora, quasi stesse annegando in quel mare di piacere. Non saprei dire dopo quanto, ma avrei voluto durare molto di più: sento l’orgasmo, e mi afferro con le mani alla panca. Asia avverte il mio piacere e tiene il mio cazzo stretto tra le dita: schizzo. Schizzo come una fontana, non saprei dire quante volte, ma l’orgasmo sembra non voler finire mai. Continuo a spruzzare sperma ovunque. Un getto piuttosto forte fa un suono sordo: PRACK. Asia scoppia a ridere. Ho sbottato sulla pizza! Sulla capricciosa di Asia c’è un getto si sperma bianco che insozza quattro fette. Il suono sordo era il mio schizzo contro la pizza ed il cartone.
“Oddio, scusami! Scusami un sacco, non volevo sborrarti sulla pizza!” Le dico. A sentire queste parole, lei ride di nuovo, ed effettivamente mi rendo conto della stravaganza di quel che ho appena detto e della situazione. Il mio pene, si è afflosciato sul suo piede.
“Ma dove la tenevi tutta quella roba, dentro a quel piccoletto?!” Mi chiede lei. Io non rispondo.
“Beh, era fredda comunque!” Continua lei.
Dopo esserci ripuliti ordiniamo due altre pizze, e quando Edoardo e gli altri scrivono sul gruppo chi fosse pronto e dove incontrarsi, io ed Asia rispondiamo che stiamo ancora mangiando. “Come ancora mangiando?” Scrive Edoardo. “La pizza era in ritradissimo. Incazzati neri” risponde Asia.
PS: due settimane dopo questa magnifica serata, ho preso appuntamento con un tatuatore che conosco molto bene, e mi sono fatto tatuare un piccolo coleottero sul fianco destro. Inutile dire che non ne ho scelto uno a caso: è un maggiolino.
Andiamo con ordine. Asia è un vero splendore: alta quasi 1,80 (più di me), con lunghi capelli scuri, due occhi di ghiaccio, una spruzzata di lentiggini attorno al naso sottile, che risaltano molto bene sulla sua pelle chiara, ed un sorriso disarmante. Fin da quando ero un ragazzino, ho sempre sbavato per i suoi stupendi piedi: un bel 41, un numero importante, ma nonostante ciò, decisamente delicati, con delle piante vellutate anche solo a guardarle e dita perfette, con alluci che avrei sognato di potermi infilare in bocca ad oltranza.
Finché siamo stati adolescenti, la nostra conoscenza non è stata un granché: abbiamo sempre abitato nello stesso paese, e quando capitava d’incrociarsi ci si scambiava semplicemente un saluto. Asia è sempre stata, dacché ho preso consapevolezza del mio feticismo per i piedi femminili, il mio sogno erotico in tal senso: ho sempre desiderato quelle estremità così belle, tanto curate, ed allo stesso tempo, però, non avevo alcuna occasione o possibilità di avvicinarmi a lei. Ci volle qualche anno, perché le condizioni cambiassero. Da circa tre anni, io ed Asia ci frequentiamo più intensamente, perché facciamo parte sostanzialmente della stessa compagnia di amici, che durante gli anni dell’Università si è allargata, comprendendo anche il gruppo di cui Asia faceva già parte. Dopo qualche uscita titubante, in gruppo c’è grandissima intesa! Ci si diverte un sacco e cominciano le prime confidenze (chi più con quell’amico/a o con quell’altro/a).
Io, dal canto mio, non ho mai rivelato apertamente il mio grande feticismo per i piedi femminili, nemmeno agli amici più stretti, quelli storici, che frequento da quando ero un bambino. Non saprei bene dire per quale motivo, ripensandoci a posteriori; probabilmente, soprattutto durante i primi anni da giovane feticista adolescente, temevo il giudizio degli altri, di essere considerato “strano” o poco compreso. Questa cosa è improvvisamente cessata proprio tre anni fa, quando i rapporti con Asia si sono intensificati. Di sicuro, il fatto di conoscere meglio la ragazza che tanto aveva tormentato i miei sogni fetish più proibiti, mi ha sollecitato parecchio a rendere nota la mia passione per i piedi femminili, e lo feci in un modo piuttosto plateale.
Ricordo quel pomeriggio molto bene: in piscina da Edoardo, un caro amico, di quelli storici, ci siamo praticamente tutti, una ventina di persone. Asia, ovviamente, era a dir poco l’incarnazione del mio sogno erotico fetish: in costume, con delle ciabattine con un folto pelo rosa sopra, e quei meravigliosi piedi laccati di rosso. La conversazione, ad un certo punto, si sposta sul fatto che Asia, con il suo 41, faccia fatica a trovare dei tacchi che le vadano bene, ed era piuttosto dispiaciuta, perché essendo molto femminile, ne avrebbe comprati a bizzeffe, se solo fosse riuscita a reperirne con più facilità: “riempirei una scarpiera solo di tacchi. Proprio zeppa, senza un angolo libero. Se solo ne n avessi questi piedoni!”. Marzia, di fianco a lei, sorride e ribatte: “di cosa ti lamenti, guarda che belli che sono! Super femminili! Non come i miei, sembrano quelli di un uomo!”.
“I miei piedi belli?! Ma nemmeno per idea, sono enormi! Potessi cambiare una mia parte del corpo, sarebbero i piedi!”. Io ero seduto a poca distanza, scrollando il telefono ed ascoltando. Non so bene cosa mi sia preso, ma mi sono inserito improvvisamente nella conversazione: “se posso permettermi, tu Asia non hai la minima idea di quanto siano sexy i tuoi piedi!”. Silenzio. Entrambe le ragazze dovettero prenderlo per uno scherzo, almeno all’inizio, perché si guardarono e scoppiarono a ridere. Allora io ripresi: “mica scherzo. Hai dei piedi bellissimi Asia!”.
“Ed i miei?” Mi dice Marzia, scherzando.
“Non sono di mio gusto, sono sincero…sono molto esigente in questo senso”.
“Ma sei in feticista?” Mi chiede Asia. Il cuore mi batte a mille, ma ho deciso di andare fino in fondo: “certo. Da sempre, fin da quando andavo alle scuole medie”.
“Davvero?” Mi chiedono entrambe. “Sì, sono serissimo. E, comunque, i tuoi piedi Asia sono tra i più belli che io abbia mai visto. Se non i più belli e sexy in assoluto”.
La cosa finisce bene o male in quel modo, ma da quel momento Asia iniziò a scherzare insieme a me sul fatto che sbavassi per i suoi piedi. Qualche battuta, ci si stuzzicava a vicenda e perfino, alcune volte, Asia mi mandava delle foto poco prima di uscire, chiedendomi cose come: “amico fetish, visto che i miei piedi ti piacciono così tanto, quale paio di tacchi metto per stasera?”. A parte questi scherzi e qualche fotografia, comunque, non si è mai andati oltre e purtroppo non ho avuto occasione per sfiorarle nemmeno lontanamente quelle meravigliose estremità. Almeno fino a due mesi fa.
Una sera, avremmo dovuto vederci io, Asia, Edoardo ed altri tre amici. Avevamo in programma una pizza, da Edoardo, e poi l’idea era di uscire. Una mezz’oretta prima dell’orario stabilito, Edoardo ci avvisa che i suoi genitori hanno invitato degli amici a cena, e che non avendo voglia di cambiarsi per uscire a mangiare, ci avrebbe raggiunti dopo cena. La pizza salta. Io ed Asia continuiamo a cercare di convincere gli altri ad uscire per cena, ma anche loro sono d’accordo sul vedersi più tardi, per le 22 circa. Tagliamo la testa al toro: “ma se mangiassimo una pizza qui in giardino da me?” Chiedo ad Asia, e lei mi risponde entusiasta che aveva proprio voglia di pizza, anche se non le andava di disturbare. Nessun disturbo, anzi!
Alle 20 ci vediamo, le apro il portoncino e l’accompagno verso il giardino, dove do un grande gazebo, con una tavolata e parecchie sedie. Avevo già preparato un può di birre ed una bottiglia di vino e le dico di servirsi senza problemi, io avrei aspettato le pizze. Di ritorno, con i cartoni fumanti, per la testa mi passavano i bellissimi tacchi che Asia indossava quella sera: due sottili fili neri di tessuto ad avvolgerle le caviglie, anche scivolavano poi a stringere le dita, meravigliose, laccate di nero. Iniziamo a mangiare, ci versiamo del vino e le chiacchiere sono quelle di sempre: due buoni amici che condividono una cena; non c’era niente di malizioso in quell’incontro ed io ero convinto (o rassegnato) del fatto che avrei soltanto potuto mangiarli con gli occhi, quei bellissimi piedi. A nemmeno metà pizza, sentiamo un ronzio, e dalla panca su cui siamo seduti, fianco a fianco, spunta un maggiolino, che si arrampica su per la tovaglia. Istintivamente, Asia lancia un gridolino, alza i piedi da terra e li poggia sulla panca, proprio a dieci centimetri dalle mie mani.
“È un maggiolino!” Dico io, sorridendo.
“Mamma mia che spavento!” Mi risponde lei, ma prima che possa tornare con i piedi a terra, le ho poggiato una mano sul collo morbido di un piede. Lei mi guarda un po’ perplessa, e da quel momento nessuno dei due ha più parlato per parecchio. Ho cominciato a fare scorrere le dita lungo i piedi di Asia, passando i polpastrelli su ogni angolo di quelle deliziose dita, facendo il giro attorno all’unghia laccata di nero dei suoi alluci e strofinando il palmo aperto sui suoi talloni. Lei si sistema sulla panca. Lo prendo come un segnale incoraggiante: afferro un piede, lo alzo delicatamente e lo porto vicinissimo al naso: annuso, per non so quanto, le sue dita magnifiche. Infilo la punta del naso nell’arco che separa la sua pianta del piede dalla suola del tacco, poi inclino la testa e scivolo rapido sul tallone. Che aroma straordinario! Leggermente sudati, con un vago sentore pungente e di cuoio dei tacchi, avverto la pelle morbidissima a contatto con le mie narici. Alzo gli occhi e guardò Asia: mi osserva, un po’ imbarazzata, e mi sembra un po’ curiosa, come stuzzicata dall’idea di sapere cosa sarebbe successo, da lì in poi. Poggio le labbra sulle dita. Comincio a baciarle i piedi; ho fame dei suoi alluci, e comincio a leccarne uno: lo infilo in bocca, lo succhio e poi ci passo di nuovo la lingua sopra; faccio scivolare le mia labbra su ogni altro dito, poi sul collo, poi sui talloni. Voglio toglierle i tacchi; devo toglierle i tacchi: non vedo l’ora di leccarle le piante dei piedi. Sono talmente eccitato che faccio fatica a slacciarle il piccoli cinturino che cinge le sue caviglie. Ce la faccio, lei arriccia il piede per sfilare i tacchi: annuso la suola, lecco ogni centimetro che conserva ancora il calore dei suoi dolci piedi. Poi le afferro un’estremità e faccio passare la lingua ovunque, in ogni angolo del suoi stupendi piedi. Che inimmaginabile spettacolo. Che goduria. Una sensazione a dir poco paradisiaca. Lei si sente più coinvolta, perché fa scorrere le sue piante dei piedi sulla mia lingua, che tengo di fuori, con la bocca aperta. Saranno passati venti minuti, forse di più. Ne volevo ancora, ed ancora. Mi stavo gustando il suo tallone, quando mi rendo conto che il piede con cui non ero impegnato, sta scivolando sui miei pantaloni. Avverto quella dolce dita attorno al cavallo dei pantaloni. Continuo a leccare, non voglio staccarmi. Poi cedo: slaccio la cintura, abbasso pantaloncini e mutande ed il mio pene spunta, duro come la roccia, davanti ai suoi piedi. Devo ammetterlo: non ho un gran pene. È anzi, piuttosto piccolo, sia in lunghezza che in spessore e di fronte ai piedi di Asia, però, sembrava deciso a far bella figura. Ci guardiamo per un istante, poi lei delicatamente comincia ad avvicinare le dita dei piedi, ed a farle scorrere su e giù, lentamente. Poggia gli alluci sulla testa del mio pene, e fa scivolare indietro la pelle, scoprendo la cappella rosa, che pulsa impazzita. Comincia il più bel footjob: tra i suoi piedi, il mio cazzetto quasi scompare. Asia è delicatissima: avanti ed indietro. Avanti ed indietro. I suoi archi scivolano rapidi sul mio pene ed io, mentre mi godo quello spettacolo, riporto uno dei suoi tacchi alla bocca. Lecco, lecco fortissimo. Poi la interrompo: voglio succhiarle ancora le dita. Voglio leccarle le piante dei piedi. Poi si ricomincia: i suoi piedi stringono la mia cappella e scendono fino alla base. Risalgono, ed Asia lascia libero il mio mini cazzo, per poi massaggiare la cappella con dei soffici movimenti circolari dell’alluce. Ricomincia il footjob ed il mio pene scompare quasi di nuovo tra le sue piante vellutate: solo la testolina spunta ancora, quasi stesse annegando in quel mare di piacere. Non saprei dire dopo quanto, ma avrei voluto durare molto di più: sento l’orgasmo, e mi afferro con le mani alla panca. Asia avverte il mio piacere e tiene il mio cazzo stretto tra le dita: schizzo. Schizzo come una fontana, non saprei dire quante volte, ma l’orgasmo sembra non voler finire mai. Continuo a spruzzare sperma ovunque. Un getto piuttosto forte fa un suono sordo: PRACK. Asia scoppia a ridere. Ho sbottato sulla pizza! Sulla capricciosa di Asia c’è un getto si sperma bianco che insozza quattro fette. Il suono sordo era il mio schizzo contro la pizza ed il cartone.
“Oddio, scusami! Scusami un sacco, non volevo sborrarti sulla pizza!” Le dico. A sentire queste parole, lei ride di nuovo, ed effettivamente mi rendo conto della stravaganza di quel che ho appena detto e della situazione. Il mio pene, si è afflosciato sul suo piede.
“Ma dove la tenevi tutta quella roba, dentro a quel piccoletto?!” Mi chiede lei. Io non rispondo.
“Beh, era fredda comunque!” Continua lei.
Dopo esserci ripuliti ordiniamo due altre pizze, e quando Edoardo e gli altri scrivono sul gruppo chi fosse pronto e dove incontrarsi, io ed Asia rispondiamo che stiamo ancora mangiando. “Come ancora mangiando?” Scrive Edoardo. “La pizza era in ritradissimo. Incazzati neri” risponde Asia.
PS: due settimane dopo questa magnifica serata, ho preso appuntamento con un tatuatore che conosco molto bene, e mi sono fatto tatuare un piccolo coleottero sul fianco destro. Inutile dire che non ne ho scelto uno a caso: è un maggiolino.
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