La sarta
di
Conte Wronskji
genere
tradimenti
Buongiorno !”.
“Salve buongiorno. Mi dica pure “.
“ Vorrei accorciare dei pantaloni e forse stringerli un po’. È possibile? Ho chiamato poco fa chiedendo se fosse possibile ” .
“Ah si, è lei che ha chiamato poco fa giusto? Certamente. Quali sono?”.
“ Eccoli qui. Ne sono tre paia che fanno parte di tre abiti ma sono diversi tra loro.”
La sarta, era una donna giunonica dai capelli lunghi neri legati indietro da una pinza. Il suo viso era tondo e rassicurante ed aveva delle labbra carnose ben disegnate da un rossetto rosso intenso che le dava una certa aria da milf in calore. I suoi occhi neri e profondi avevano un make up scuro che la rendeva un po’ gitana.
Il suo abito lungo a fiori blu con una scollatura generosa davanti avallava il mio sospetto che fosse davvero una gitana.
Secondo me aveva intorno ai 50 anni ma comunque era ancora una bella donna.
In ogni caso ero lì per i pantaloni e non per sedurre o fare il cascamorto.
“Prego si accomodi nella cabina prova così le prendo la piega” disse le indicandomi una specie di tenda scorrevole drappeggiata all’angolo del muro e che si chiudeva ai 2 lati. Su una parte del muro c’era lo specchio mentre dall’altro c’era un’ appendino ed un piccolo sgabellino contro la parete.
Entro e mi rendo conto che se chiudo la tenda da una parte si scopre dall’altra parte. Cerco di farla combaciare da una parte ma si allontana dalla parete scostandosi un po’ tanto che dallo specchio vedevo la signora che metteva a posto qualcosa sul banco ma comunque era un po’ scoperto.
La cosa mi imbarazzava. Sì lo ero, ma comunque ho feci finta di niente.
Mi tolsi i pantaloni e li appesi al muro ed infilai il primo paio di quelli nuovi da stringere . Prima di chiudere la zip presi il mio pacco e me lo aggiustai da una parte senza tirarlo fuori. Nel fare questo scorgo la signora che con la coda dell’occhio sbirciava. La cosa mi metteva un po’ a disagio ma comunque feci finta di niente.
I pantaloni erano un po’ stretti al cavallo e mi premevano sul pacco tanto che la forma era un po’ evidente. Indossai le scarpe e la cintura.
Uscii fuori e la signora mi sorrise e mi fece cenno di avvicinarmi davanti ad uno specchio grande sulla parete. Prese una scatola con gli aghi e si chino sulla mia gamba destra facendo una piega al risvolto del mio
pantalone.
Come si era abbassata un lato del suo abito si era allentato ed il suo seno si era liberato leggermente mostrando una scollatura niente male per una donna della sua età.
Ovviamente il mio pisello ne risentì unpoco aumentando il volume ed il rilievo sulla parte destra. Allora cercai di concentrarmi su altro per evitare l’imbarazzo.
“Che ne dice per la lunghezza? Le va bene?” Mi chiese lei con naturalezza.
“Mmm forse un pochino più corta la gradirei. Non amo la grinza vicino alla scarpa grazie”.
Lei allora si riabbassò e rifece la manovra di piegare l’orlo ed inserire due aghi per fermare la piega. Ovviamente la scollatura era di nuovo in bella vista tanto che non potei fare a meno di sbirciarla.
Caspita che seno! Era una quarta misura sicuramente e si mostrava ancora soda e prorompente.
Il mio pisello ora cominciava a premere sotto il boxer ed il pantalone. Guardandomi allo specchio potevo notare il rigonfiamento. Io ero imbarazzatissimo e con la mano cercavo di nascondere il bozzo.
Poi comunque mi sembravano stretti in vita e chiesi se si potevano anche allargare.
Allora si avvicinò alla mia pancia e disse “ quanto spazio c’è tra la pancia ed i pantaloni se li tende un po’?”.
Ed io dissi di non aver capito cosa intendesse.
Allora lei si avvicinò e mi mise le due dita tra la pancia ed i pantaloni per vedere quanto spazio c’era. Ovviamente facendo così tolsi la mano che cercava di nascondere il pacco. Non la guardai negli occhi per l’imbarazzo e non mi riuscii a capire se se ne fosse accorta.
Comunque lei disse che la taglia era giusta e che forse il cavallo era stretto.
Aggiunse poi “ appena li toglie vedo se c’è sufficiente stoffa e se posso allargarli. Altrimenti deve prendere una misura in più. Questo modello veste un po’ aderente!”. La sua voce era ferma e decisa con una certa autorevolezza e che mi confermava la sua esperienza in tema.
Tornai nel camerino ed è inutile spiegarvi che cercai di chiudermi il più possibile ma la tenda comunque rimaneva un po’ aperta.
Mi tolsi i pantaloni ed il mio
pisello oramai era in completa erezione e non stava più nei boxer.
Era quasi per la metà fuori e per l’imbarazzo stavo di schiena allo specchio per evitare di mostrarmi. Io cercavo di girarmi il più possibile per sottrarmi ad un eventuale sguardo ma lo specchio sul muro rivelava comunque il suo interno.
Indossai il secondo paio di pantaloni con la cintura e le scarpe. Questi erano parte di un abito scuro classico e quindi non molto aderente, ed il mio pacco era più mimetizzato dalla vestibilità.
Uscii dalla tenda un po’ accaldato dall’emozione.
Lei mi accolse con un sorriso indicandomi con la mano la direzione dello specchio.
Io intanto gli porsi il primo pantalone che lei appoggiò sul banco.
Mi guardai subito sul pacco per vedere se era evidente ed a causa del rigonfiamento, osservai che comunque si notava. Cercavo di essere spontaneo lasciando penzolare la mia mano destra sul davanti. Del resto madre natura mi aveva dotato di un bel pisellone e certo non era mia la colpa. E comunque non ero e non sono un maleducato ossessionato dal sesso.
Lei prese la scatola con gli spilli e si abbassò cavalcioni sempre sulla mia gamba destra.
Il lembo della sua ampia gonna si aprì mostrando uno spacco inguinale. Lei si richiuse la gonna con gesto spontaneo e comincio a ripiegare l’orlo. Caspita che bella donna pensai tra me e me.
“Oltre al seno ha anche delle belle gambe! È proprio una gnocca!”.
Mentre pensavo questo lei alzò lo sguardo e mi guardò in viso come se avesse letto il mio pensiero. Fu solo un attimo ma mi imbarazzò tantissimo.
Lei continuò a prendere la piega fino a quando, per effetto dell’orlo, anche l’ultima grinza sparì.
“Che ne dice? Va bene così?”.
Risposi “perfetto così. Grazie” mentre mi guardavo allo specchio con le mani giunte sul davanti per l’imbarazzo.
“Misuro l’altro?” aggiunsi.
Lei “ si ma aspetti un attimo che vedo se il primo paio di pantaloni si può allargare al cavallo così chiudo la scheda con le misure”.
Lei li rovesciò e tiro fuori la cucitura dei pantaloni per controllare quanta stoffa avanzasse dalla cucitura.
“Beh , forse posso allargarli un po’ anche se di poco. Se vuole però le costerà un pochino di più e ci metterò più tempo”.
“Non c’è problema “, risposi io “l’importante è che posso averli per domani “.
Lei mi guarda con gli occhi sgranati come se avessi detto qualcosa di sbagliato e replica “ il problema è che devo prima imbastirli e poi prima di cucirli deve provarli per vedere se fanno difetto o vanno bene. Quindi come facciamo?”
Ed io “ ma non può farli subito? Per me non è un problema di prezzo ma solo di tempo. Se può le pago anche il supplemento. Faccia lei!”
Allora lei dice “ va bene a questo punto li faccio subito e le prendo la misura. Poi una volta imbastiti e provati la cucirò con calma stasera o domattina. Ci vorrà una decina di minuti “.
“Ok , aggiudicato “ risposi io.
“ Bene! Adesso le devo prendere la misura del giro vita e del cavallo. Può togliersi i pantaloni per gentilezza ?”
Io rimasi gelato da quella richiesta. “E come faccio adesso?” pensai tra me e me.
Lei colse l’imbarazzo e con estrema naturalezza mi disse che potevo spogliarmi nel camerino e che ci avrebbe messo un secondo.
“Mmmm… ehm….è che ….. va bene” dissi io deglutendo.
Entrai nel camerino e mi tolsi i pantaloni. Mi guardai il pacco e siccome usciva leggermente dal boxer me li tirai più su che potevo per mimetizzare e contenerlo.
Lei entrò nel camerino ed io mi girai di spalle. Lei mi fece passare il centimetro da dietro per misurarmi la circonferenza.
Sentii che sorrideva leggermente e mi voltai un poco verso di lei.
Mi guardò e mi disse “ ma i boxer li porta così accollati in vita normalmente? È così buffo….Come fa?”.
Ed io imbarazzato ancora di più risposi “ no, no è che…. beh …. Niente niente!”
Poi mi disse di voltarmi per prendere la misura del cavallo. Li rimasi impietrito.
Poi dato che rimasi immobile lei sentenziò “ ha sentito? Su che abbiamo fretta se li vuole per domani”.
Mi girai. Chiusi gli occhi. Poi ci ripensai e guardando verso l’alto mi girai impunemente.
Lei infilò la mano tra le mie gambe e prese il capo del metro da dietro e lo appoggiò sulla linea di vita.
Fece la stessa cosa davanti. Il mio pisello aveva la cappella che si affacciava leggermente dal boxer e quindi era in bella mostra alla vista della sarta.
Per lei sembrava tutto ok e senza imbarazzo scandì i numeri misurati.
La sentii pronunciare “cinquantasei”.
Io riaprii gli occhi appena sentii i suoi passi che rivelavano la fine della misurazione.
Rimasi ancora raggelato li per alcuni istanti fino a quando lei non mi disse “ su provi anche l’ultimo pantalone così si può rivestire!”.
Adesso il mio uccello sbraitava e si dimenava per l’eccitazione dentro i miei boxer.
Indossai l’ultimo paio di pantaloni e mi misi davanti allo specchio. Lei dopo alcuni minuti lasciò i pantaloni che aveva scucito e venne da me per l’ultima piega. Si chinò di nuovo sulla mia gamba destra e stavolta non feci nulla per nascondere la mia erezione. Lei non sembrò a disagio anzi lo ero più io che lei.
Quando l’orlo fu perfetto infilò gli aghi per prendere la misura e mi disse di togliermi i pantaloni. Poi mi chiese di aspettare un minuto per rivestirmi così che avrei provavo già quello su cui stava lavorando.
Entrai nello stanzino e mi tolsi l’ultimo paio di pantaloni. Rimasi nella tenda per alcuni minuti con un uccello in fiamme mal costretto in una prigione di stoffa del mi boxer.
Dopo un po’ la sarta mi portò da provare l’adattamento del cavallo alle mie misure. Me li porse scostando un po’ la tenda non sentendosi in imbarazzo per la mia tenuta imbarazzante.
Mi infilai subito i pantaloni e poi chiesi cosa dovevo fare.
Lei sorrise e mi disse “ davanti allo specchio grazie”.
Ora io davanti allo specchio con la cucitura sul cavallo tenuta insieme solo dalla imbastitura appena mi piegai leggermente si sfilò lasciando aperta la parte del sedere e quella davanti.
“ Fermo, fermo” disse lei e corse a prendere un ago con il filo. Mi infilò la mano dalla parte della cintura dietro e con l’altra imbastì con ago e filo per ricongiungere i lembi di stoffa.
Poi mi fece girare sempre davanti allo specchio ed infilò la mano dalla parte della cerniera fin sotto al cavallo, diciamo all’altezza dei testicoli e continuò con ago e filo a unire i due lembi di tessuto. Adesso il dorso della sua mano era separato dal mio pisellone solamente da uno strato sottile di stoffa che avrei voluto non ci fosse.
Poi lei avvertì alcune contrazioni del mio uccello che era in erezione massima e d aggiungo io oramai senza il mio controllo razionale.
Non dissi nulla e continuai imperterrito a fare l’indifferente per vedere dove sarebbe arrivata.
Finito di imbastire e riunire gli orli mi disse di toglierli e di aspettare alcuni minuti. E aggiunse “ il tempo di rinsaldare la cucitura e riprovarli “ disse lei senza guardarmi.
Io tornai nel camerino, mi tolsi i pantaloni e glieli passai scostando la tenda. Oramai il mio pisello era lì tutto fiero e meno imbarazzato di prima.
Chiesi “ mi rivesto?”, e lei rispose “ faccia lei, se vuole. Ma ci metto 3 minuti per cucirli così li riproviamo”.
Io rimasi dietro la tenda, sbirciando di tanto in tanto su quello che stava facendo.
“Eccoli” li riprovi pure.
Stavolta faccio con calma.
Li indosso, esco e mi metto davanti allo specchio.
Lei si mise davanti a me e si accovacciò proprio davanti al mio pisello.
Per un attimo trasalii e mi immaginai una scena erotica di quelle da film porno.
Beh, non proprio!
Lei a questo punto mi fa divaricare le gambe e mi appoggiò la mano proprio sotto ai testicoli. Tirò la stoffa che resistette al primo ed al secondo tentativo ma poi al terzo si scucì di nuovo.
“Ho capito dove è il problema.
Si ritolga un attimo i pantaloni per gentilezza!”.
Io ero un po’ interdetto. Non sapevo cosa pensare.
Comunque li feci scivolare via e glieli porsi.
Lei li appoggiò per terra e rimase accovacciata davanti a me. Il suo spacco e la scollatura da quella vista aggiungevano ancora di più eccitazione.
Adesso il mio pisello era per ben la metà della sua lunghezza fuori dai boxer.
Lei prese di nuovo il centimetro e fece passare il metro e con la sinistra e fermò un lembo della fettuccia dietro di me. Davanti fu costretta a toccare il mio pisello e scostarlo per permettere di prendere la misura corretta.
Io imbarazzatissimo chiesi scusa.
Lei disse che non era un problema ma appunto il problema era propio quello.
“ Ecco perché le misure non sono perfette! O glielo misuro insieme al tutto e ne tengo conto oppure i pantaloni non le stanno!” disse sorridendo.
Il mio pisello occupava spazio davanti e metteva in tensione i pantaloni sul cavallo che si dimostravano stretti. Ecco cosa intendeva.
Io al massimo della vergogna dissi “normalmente non è così ma adesso non so cosa mi abbia preso!”.
Lei poi, appoggò il palmo della mano sulla pancia per tenere ferma l’altra parte della fettuccia per misurare esattamente il giro del cavallo. Ovviamente la sua mano adesso sfiorava di fatto il mio pisello. Fu questione di secondi ma sentii che stavo per avere un orgasmo per l’eccitazione.
Allora mi scostai di colpo per evitare un imbarazzo ancora maggiore di quello che stavo provando.
Lei fece finta di niente disse “ cinquantasette ecco” e tornò a lavorare sui mie pantaloni. Io rimasi lì impalato con l’uccello in bella vista per alcuni minuti poi lei guardandomi esclamò “ se vuole si può rivestire nel frattempo!”.
“ Grazie “ risposi io trafelato.
Mi rivestii ed attesi nel camerino un suo cenno.
Passarono diversi minuti fino a quando non mi chiamò di nuovo per indossare il pantalone in questione e fare l’ultimo test prima della cucitura definitiva.
Il mio pisello ancora svettava perché oramai affamato aspettava una preda per nutrirsi.
Misi i pantaloni, me li abbottonai davanti cercando di mettere il pisello nella maniera meno fastidiosa e poi uscìi per mettermi davanti allo specchio. Ad un certo punto sentii un pizzico sulla metà del mio uccello. Come istintivamente reagii al dolore mi toccai il pacco. Avvertii un dolore intenso come di un ago che mi fosse entrato nella carne. Infatti slacciandomi subito i pantaloni notai subito un ago infilato nel boxer che era entrato sul mio pisello come uno stuzzicadenti sul burro.
“ Ahi ahi ahi mannaggia che dolore…..” urlai io piegandomi sulla pancia.
Lei intuì subito e urlando disse “ scusi, scusi deve essere uno spillo” e dicendo questo mi scostò la mano dal boxer e lo riconobbe lì. Sfilò l’ago dal mio uccello e corse subito nell’altra stanza.
Ne tornò indietro con in mano un sacchettino con del cotone e del liquido disinfettante.
La sarta mi guardò con occhi intimoriti, si abbassò e mi scostò il boxer liberando il mio sesso che per il dolore si era leggermente afflosciato.
Lei intinse un po di liquidò nell’ ovatta e me lo appoggiò sul punto rosso che sanguinava leggermente.
“ mi scusi tantissimo….. non so come sia potuto succedere”, e dicendo questo con la mano sinistra teneva il mio pisello e con la destra premeva l’ovatta.
Rimanemmo alcuni minuti lì con lei che ogni tanto allontanava l’ovatta per vedere se sanguinava per poi ripremerlo sul piccolo buco che mi aveva inferto l’ago.
“Beh…credo che possa bastare adesso” dissi io con voce tremolante.
“ Aspetti ancora un po’ “ insistette lei.
“Adesso allento la pressione e vediamo se sanguina ancora “ e cominciò con il massaggiarmi con l’ovatta con dei movimenti leggeri e circolari.
Il mio uccello cominciava a rigonfiarsi di sangue ed eccitazione e lei in men che non si dica si ritrovò il mio bastone di carne completamente tra le mani.
“Il problema è ancora lì. I miei pantaloni e la mia misura sono perfetti”, aggiunse forse per togliersi dall’imbarazzo.
“ È il suo coso che complica tutto!”.
Mi fece sorridere la parola coso! L’ho sentito chiamare e definirlo in tanti modi ma coso onestamente mai!
Ed io replicai “ basta toglierlo il problema. Continui così che forse lo risolviamo”.
Mi riferivo ed intendevo espressamente al movimento circolare dell’ovatta ed il calore della sua mano.
Lei praticamente in ginocchio davanti al mio uccello in piena erezione, alzò lo sguardo dalla posizione in cui era e mi guardò.
Sorrise e deglutì ansimando leggermente.
Poi abbassò lo sguardo e continuò con quella specie di massaggio alla metà del mio uccello mentre con la sinistra me lo teneva in prossimità della mia cappella.
Chiusi gli occhi e cominciai a sentire il palpitio del mio cuore che batteva all’impazzata.
Poi improvvisamente non sentii più nulla. Lei aveva lasciato la presa e non avvertii più nemmeno la pressione dell’ovatta.
Passarono alcuni secondi ed una sensazione di calore umido improvvisamente mi avvolse la cappella. Aprii gli occhi e notai la sua chioma voluminosa che nascondeva la vista del mio pisello e che si strusciavano sulla mia pancia. Poi si aggiunse il calore delle sue mani che mi avvolse tutto bastone di carne. Un piacere immenso, improvviso.
Anelato ma insperato fu il premio per il mio pisellone che aveva sofferto per tutto quel tempo.
Le venni subito in bocca un primo fiotto, poi un secondo.
Poi le altre contrazioni furono vuote. Lei si portò la mia cappella sulle labbra e continuò con uno strofinio che mi generò una successiva contrazione che portò in superficie un’altra più leggera eiaculazione che le imbrattò tutta la bocca.
Con entrambe le mani continuò a strusciarsi la cappella e ripulire lo sperma portandosela alla bocca con maestria tale da esserne totalmente meravigliato.
Ho goduto come non mai! É stato il pompino più emozionante della mia vita per il fatto che si è unito al dolore il piacere, il tutto misto ad una situazione imbarazzante ma altamente erotica.
Poi lei sollevò lo sguardo e mi sorrise. Aveva tutto il rossetto sbafato e le guance lucide di umori e saliva.
Sussurrò “ certo che hai un bel cazzone, complimenti!”.
“Certo che tu ci sai fare con i cazzoni” risposi io di rimando.
Scoppiò a ridere e andò via nell’altra stanza lasciandomi con il mio pisello penzoloni. Sentii l’acqua scrosciare quindi intuii che era andata in bagno a lavarsi.
Poco dopo si riaffacciò e mi disse” vieni se vuoi sciacquarti”.
La seguii in bagno e mi appoggiai sul bidet per sciacquarmi. Feci fatica perché il mio pisello si era rialzato di nuovo in tutta la sua forza. Mi alzai per asciugarmi e lei mi stese un asciugamanino.
Nel fare questo esclamò “ ma non mi dire…. Hai ancora l’uccello dritto? Ma non ti è bastato?”.
Ed io risposi “forse perché non so nemmeno come ti chiami e questa situazione è così assurda che è nel contempo eccitante!”.
“Ah sì?” Rispose lei.
“Voi uomini siete tutti uguali” aggiunse lei.
“Tu no invece. Tu sei speciale. Hai una carica di erotismo e sensualità fuori dal comune. Il tuo sguardo, la maniera come ti muovi, come parli trasuda femminilità allo stato puro”.
“ Dici così perché vuoi scoparmi. Lo so! Siete tutti uguali voi uomini!”.
Io replicai “ ti prometto che non ti tocco con un dito e non mi permetto di abusare o forzare una cosa che non vuoi. Io con tutte le donne sono così!.
“ Ah, è così allora. Chissà quante donne hai?”.
“ No, scusa intendevo con le donne della mia vita!” risposi ancora.
Io intanto avevo ancora il mio pisellone in bella vista leggermente umido perché mi ero appena lavato ma sempre duro e dritto.
Mi avvicinai a lei e le presi una mano dolcemente.
La appoggiai sulla mia cappella e le dissi se quello che sentiva era un desiderio dettato dall’attrazione fisica oppure da un senso di approfittazione o prevaricazione maschile.
“ Chiudi gli occhi però per giudicare quello che intendo” mi apprestai a precisare.
Lei chiuse gli occhi, si avvicinò un pochino di più e con tutte e due le mani mi prese il mio pisello.
“Dimmi cosa avverti sinceramente! Se pensi che io voglia approfittare mi rivesto subito e me ne vado. Se invece avverti e senti che sono sincero continua pure”.
Lei continuò a massaggiarmi leggermente la mia asta con gli occhi chiusi. Era così vicina a me che sentivo il suo profumo ed il suo calore. Mi feci più vicino e con la mia gamba sinistra le sfiorai la sua di gamba. Non andai oltre. Ero rispettoso del suo spazio e della sua libertà di decidere e fare ciò che si sentiva.
Passarono alcuni secondi ed il massaggio si fece più forte. Quella che prima era una carezza adesso aveva più un significato del desiderio, di toccarlo, di stringerlo e forse di prenderlo in bocca. Lo avvertivo! Lo percepivo, e sentivo il calore del suo corpo aumentare.
Allungai la mano e le toccai un fianco con dolcezza. Lei non si ritrasse. Era bella come un fiore nella stagione della fioritura che con il suo polline sprigiona la forza della vita e della creazione. Non resistetti e con la mano mi avvicinai alle sue cosce. Lei era sempre lì con gli occhi chiusi. Le sollevai leggermente la gonna che si aprì all’istante quasi come se non aspettasse altro che accogliere la mia mano. Si lo spacco che avevo notato prima era lì che adesso mi faceva strada verso la sua fica.
Riaprii gli occhi. Lei li aveva ancora chiusi. Io ero a qualche centimetro dal suo sesso ma non procedo.Tentenno.
Aspetto al sua accondiscendenza che arrivò dopo qualche istante avvicinando il suo corpo e quindi la sua fica alla mia mano. La sensazione che provai fu quella di un calore immenso, quasi ritrassi la mano per la sorpresa. Ma era lei che accettava la mia mano e non io che la costringevo.
Così fu che oltre al calore avvertii le mutandine zuppe di umori che sapevano di sesso. Il mio olfatto l’aveva già avvertito. Il mio uccello palpitava per l’eccitazione e il desiderio fatale di quel frutto che poco prima mi sembrava proibito.
Scostai con l’indice il lembo di stoffa e con il resto delle dita sprofondai in quella voragine scivolosa ed accogliente. Lei ebbe un sussulto che si accompagnò ad una stretta fortissima del mio uccello che dovetti scostarmi per il dolore. Lei lasciò per un attimo il mio sesso ed io approfittai de momento e la spinsi su una poltroncina di velluto verde poco distante che la accolse dolcemente.
Le sollevai la gamba destra e la appoggiai sul bracciolo. Il suo sesso era a mia disposizione in tutta la sua prorompente bellezza. Mi misi in ginocchio e le cominciai a baciare l’interno coscia con una dovizia tale che non lasciai nemmeno un centimetro quadrato inesplorato dalla mia lingua. Era la mia tattica per cucinarla a dovere. La fica doveva aspettare e presagire cosa sarebbe accaduto a breve. Lei fremeva e lo percepivo dalle gambe che si contraevano per chiudersi. Quando arrivai con la lingua sulle sue grandi labbra lei urlò. “Dio……Dio mio…… si… si ….. si….. dai “, la sentivo vociare con voce soffocata.
La mia lingua era intrisa di umori che sapevano di sesso e femminilità. Il mio uccello voleva la sua preda ma non era ancora arrivato il suo momento.
Con la mia mano sinistra le dilatai completamente le grandi labbra e strinsi la lingua per indurirla e penetrarla fintanto che potevo. Lei mi premeva sulla nuca per sentirmi ancora di più ed io con tutta la mia forza ed eccitazione ondeggiavo con la testa per stimolare tutte le pareti della sua fica.
Poi mi sollevai per guardarla. Era lì con le gambe oscenamente aperte, un seno fuori dall’abito e con gli occhi pieni di desiderio.
Fu allora che presi il mio uccello tra le mani e mi avvicinai a lei. Le appoggiai la cappella su quel frutto ache si nascondeva tra i cespugli del suo pelo e lo strofinai senza farlo entrare. Volevo che mi pregasse.
Ancora le strusciai la cappella fino a quasi l’ombelico per poi tornare indietro sulla sua fica. Feci per rifare la stessa cosa ma lei con i piedi mi strinse dietro la mia schiena e mi tirò a se. E fu così che la penetrai completamente fino a sentire la sua fica completamente riempita dal mio cazzone.
La scopai con ritmo lento e costante ed avvertii dai suoi umori e dal suo urlo soffocato il suo godimento.
Avevo la cappellla che stava per esplodere ed allora lo tirai fuori e mi avvicinai di nuovo alla sua bocca che mi accolse con un caldo abbraccio. Venni all’improvviso senza avvisarla se non con l’aumento del ritmo del mio respiro. Uno, due, tre non so quante contrazioni di piacere e sperma le riversai nella sua bocca. Dopo alcuni secondi lei lo porto sulle labbra e come aveva fatto poco prima se lo strusció sulle labbra. Ogni tanto lo riaccoglieva in bocca per poi riportarlo sulle labbra.
Magnifica sensazione ebbi. Forse la più grande della mia vita.
Si perché arrivare dopo tanto logorio al frutto desiderato è più eccitante di averlo conquistato. L’attesa è essa stessa fonte di piacere.
Ed è così che cominciai a comprare un paio di pantaloni al mese che avessero bisogno di essere accorciati.
Conte Wronskji
“Salve buongiorno. Mi dica pure “.
“ Vorrei accorciare dei pantaloni e forse stringerli un po’. È possibile? Ho chiamato poco fa chiedendo se fosse possibile ” .
“Ah si, è lei che ha chiamato poco fa giusto? Certamente. Quali sono?”.
“ Eccoli qui. Ne sono tre paia che fanno parte di tre abiti ma sono diversi tra loro.”
La sarta, era una donna giunonica dai capelli lunghi neri legati indietro da una pinza. Il suo viso era tondo e rassicurante ed aveva delle labbra carnose ben disegnate da un rossetto rosso intenso che le dava una certa aria da milf in calore. I suoi occhi neri e profondi avevano un make up scuro che la rendeva un po’ gitana.
Il suo abito lungo a fiori blu con una scollatura generosa davanti avallava il mio sospetto che fosse davvero una gitana.
Secondo me aveva intorno ai 50 anni ma comunque era ancora una bella donna.
In ogni caso ero lì per i pantaloni e non per sedurre o fare il cascamorto.
“Prego si accomodi nella cabina prova così le prendo la piega” disse le indicandomi una specie di tenda scorrevole drappeggiata all’angolo del muro e che si chiudeva ai 2 lati. Su una parte del muro c’era lo specchio mentre dall’altro c’era un’ appendino ed un piccolo sgabellino contro la parete.
Entro e mi rendo conto che se chiudo la tenda da una parte si scopre dall’altra parte. Cerco di farla combaciare da una parte ma si allontana dalla parete scostandosi un po’ tanto che dallo specchio vedevo la signora che metteva a posto qualcosa sul banco ma comunque era un po’ scoperto.
La cosa mi imbarazzava. Sì lo ero, ma comunque ho feci finta di niente.
Mi tolsi i pantaloni e li appesi al muro ed infilai il primo paio di quelli nuovi da stringere . Prima di chiudere la zip presi il mio pacco e me lo aggiustai da una parte senza tirarlo fuori. Nel fare questo scorgo la signora che con la coda dell’occhio sbirciava. La cosa mi metteva un po’ a disagio ma comunque feci finta di niente.
I pantaloni erano un po’ stretti al cavallo e mi premevano sul pacco tanto che la forma era un po’ evidente. Indossai le scarpe e la cintura.
Uscii fuori e la signora mi sorrise e mi fece cenno di avvicinarmi davanti ad uno specchio grande sulla parete. Prese una scatola con gli aghi e si chino sulla mia gamba destra facendo una piega al risvolto del mio
pantalone.
Come si era abbassata un lato del suo abito si era allentato ed il suo seno si era liberato leggermente mostrando una scollatura niente male per una donna della sua età.
Ovviamente il mio pisello ne risentì unpoco aumentando il volume ed il rilievo sulla parte destra. Allora cercai di concentrarmi su altro per evitare l’imbarazzo.
“Che ne dice per la lunghezza? Le va bene?” Mi chiese lei con naturalezza.
“Mmm forse un pochino più corta la gradirei. Non amo la grinza vicino alla scarpa grazie”.
Lei allora si riabbassò e rifece la manovra di piegare l’orlo ed inserire due aghi per fermare la piega. Ovviamente la scollatura era di nuovo in bella vista tanto che non potei fare a meno di sbirciarla.
Caspita che seno! Era una quarta misura sicuramente e si mostrava ancora soda e prorompente.
Il mio pisello ora cominciava a premere sotto il boxer ed il pantalone. Guardandomi allo specchio potevo notare il rigonfiamento. Io ero imbarazzatissimo e con la mano cercavo di nascondere il bozzo.
Poi comunque mi sembravano stretti in vita e chiesi se si potevano anche allargare.
Allora si avvicinò alla mia pancia e disse “ quanto spazio c’è tra la pancia ed i pantaloni se li tende un po’?”.
Ed io dissi di non aver capito cosa intendesse.
Allora lei si avvicinò e mi mise le due dita tra la pancia ed i pantaloni per vedere quanto spazio c’era. Ovviamente facendo così tolsi la mano che cercava di nascondere il pacco. Non la guardai negli occhi per l’imbarazzo e non mi riuscii a capire se se ne fosse accorta.
Comunque lei disse che la taglia era giusta e che forse il cavallo era stretto.
Aggiunse poi “ appena li toglie vedo se c’è sufficiente stoffa e se posso allargarli. Altrimenti deve prendere una misura in più. Questo modello veste un po’ aderente!”. La sua voce era ferma e decisa con una certa autorevolezza e che mi confermava la sua esperienza in tema.
Tornai nel camerino ed è inutile spiegarvi che cercai di chiudermi il più possibile ma la tenda comunque rimaneva un po’ aperta.
Mi tolsi i pantaloni ed il mio
pisello oramai era in completa erezione e non stava più nei boxer.
Era quasi per la metà fuori e per l’imbarazzo stavo di schiena allo specchio per evitare di mostrarmi. Io cercavo di girarmi il più possibile per sottrarmi ad un eventuale sguardo ma lo specchio sul muro rivelava comunque il suo interno.
Indossai il secondo paio di pantaloni con la cintura e le scarpe. Questi erano parte di un abito scuro classico e quindi non molto aderente, ed il mio pacco era più mimetizzato dalla vestibilità.
Uscii dalla tenda un po’ accaldato dall’emozione.
Lei mi accolse con un sorriso indicandomi con la mano la direzione dello specchio.
Io intanto gli porsi il primo pantalone che lei appoggiò sul banco.
Mi guardai subito sul pacco per vedere se era evidente ed a causa del rigonfiamento, osservai che comunque si notava. Cercavo di essere spontaneo lasciando penzolare la mia mano destra sul davanti. Del resto madre natura mi aveva dotato di un bel pisellone e certo non era mia la colpa. E comunque non ero e non sono un maleducato ossessionato dal sesso.
Lei prese la scatola con gli spilli e si abbassò cavalcioni sempre sulla mia gamba destra.
Il lembo della sua ampia gonna si aprì mostrando uno spacco inguinale. Lei si richiuse la gonna con gesto spontaneo e comincio a ripiegare l’orlo. Caspita che bella donna pensai tra me e me.
“Oltre al seno ha anche delle belle gambe! È proprio una gnocca!”.
Mentre pensavo questo lei alzò lo sguardo e mi guardò in viso come se avesse letto il mio pensiero. Fu solo un attimo ma mi imbarazzò tantissimo.
Lei continuò a prendere la piega fino a quando, per effetto dell’orlo, anche l’ultima grinza sparì.
“Che ne dice? Va bene così?”.
Risposi “perfetto così. Grazie” mentre mi guardavo allo specchio con le mani giunte sul davanti per l’imbarazzo.
“Misuro l’altro?” aggiunsi.
Lei “ si ma aspetti un attimo che vedo se il primo paio di pantaloni si può allargare al cavallo così chiudo la scheda con le misure”.
Lei li rovesciò e tiro fuori la cucitura dei pantaloni per controllare quanta stoffa avanzasse dalla cucitura.
“Beh , forse posso allargarli un po’ anche se di poco. Se vuole però le costerà un pochino di più e ci metterò più tempo”.
“Non c’è problema “, risposi io “l’importante è che posso averli per domani “.
Lei mi guarda con gli occhi sgranati come se avessi detto qualcosa di sbagliato e replica “ il problema è che devo prima imbastirli e poi prima di cucirli deve provarli per vedere se fanno difetto o vanno bene. Quindi come facciamo?”
Ed io “ ma non può farli subito? Per me non è un problema di prezzo ma solo di tempo. Se può le pago anche il supplemento. Faccia lei!”
Allora lei dice “ va bene a questo punto li faccio subito e le prendo la misura. Poi una volta imbastiti e provati la cucirò con calma stasera o domattina. Ci vorrà una decina di minuti “.
“Ok , aggiudicato “ risposi io.
“ Bene! Adesso le devo prendere la misura del giro vita e del cavallo. Può togliersi i pantaloni per gentilezza ?”
Io rimasi gelato da quella richiesta. “E come faccio adesso?” pensai tra me e me.
Lei colse l’imbarazzo e con estrema naturalezza mi disse che potevo spogliarmi nel camerino e che ci avrebbe messo un secondo.
“Mmmm… ehm….è che ….. va bene” dissi io deglutendo.
Entrai nel camerino e mi tolsi i pantaloni. Mi guardai il pacco e siccome usciva leggermente dal boxer me li tirai più su che potevo per mimetizzare e contenerlo.
Lei entrò nel camerino ed io mi girai di spalle. Lei mi fece passare il centimetro da dietro per misurarmi la circonferenza.
Sentii che sorrideva leggermente e mi voltai un poco verso di lei.
Mi guardò e mi disse “ ma i boxer li porta così accollati in vita normalmente? È così buffo….Come fa?”.
Ed io imbarazzato ancora di più risposi “ no, no è che…. beh …. Niente niente!”
Poi mi disse di voltarmi per prendere la misura del cavallo. Li rimasi impietrito.
Poi dato che rimasi immobile lei sentenziò “ ha sentito? Su che abbiamo fretta se li vuole per domani”.
Mi girai. Chiusi gli occhi. Poi ci ripensai e guardando verso l’alto mi girai impunemente.
Lei infilò la mano tra le mie gambe e prese il capo del metro da dietro e lo appoggiò sulla linea di vita.
Fece la stessa cosa davanti. Il mio pisello aveva la cappella che si affacciava leggermente dal boxer e quindi era in bella mostra alla vista della sarta.
Per lei sembrava tutto ok e senza imbarazzo scandì i numeri misurati.
La sentii pronunciare “cinquantasei”.
Io riaprii gli occhi appena sentii i suoi passi che rivelavano la fine della misurazione.
Rimasi ancora raggelato li per alcuni istanti fino a quando lei non mi disse “ su provi anche l’ultimo pantalone così si può rivestire!”.
Adesso il mio uccello sbraitava e si dimenava per l’eccitazione dentro i miei boxer.
Indossai l’ultimo paio di pantaloni e mi misi davanti allo specchio. Lei dopo alcuni minuti lasciò i pantaloni che aveva scucito e venne da me per l’ultima piega. Si chinò di nuovo sulla mia gamba destra e stavolta non feci nulla per nascondere la mia erezione. Lei non sembrò a disagio anzi lo ero più io che lei.
Quando l’orlo fu perfetto infilò gli aghi per prendere la misura e mi disse di togliermi i pantaloni. Poi mi chiese di aspettare un minuto per rivestirmi così che avrei provavo già quello su cui stava lavorando.
Entrai nello stanzino e mi tolsi l’ultimo paio di pantaloni. Rimasi nella tenda per alcuni minuti con un uccello in fiamme mal costretto in una prigione di stoffa del mi boxer.
Dopo un po’ la sarta mi portò da provare l’adattamento del cavallo alle mie misure. Me li porse scostando un po’ la tenda non sentendosi in imbarazzo per la mia tenuta imbarazzante.
Mi infilai subito i pantaloni e poi chiesi cosa dovevo fare.
Lei sorrise e mi disse “ davanti allo specchio grazie”.
Ora io davanti allo specchio con la cucitura sul cavallo tenuta insieme solo dalla imbastitura appena mi piegai leggermente si sfilò lasciando aperta la parte del sedere e quella davanti.
“ Fermo, fermo” disse lei e corse a prendere un ago con il filo. Mi infilò la mano dalla parte della cintura dietro e con l’altra imbastì con ago e filo per ricongiungere i lembi di stoffa.
Poi mi fece girare sempre davanti allo specchio ed infilò la mano dalla parte della cerniera fin sotto al cavallo, diciamo all’altezza dei testicoli e continuò con ago e filo a unire i due lembi di tessuto. Adesso il dorso della sua mano era separato dal mio pisellone solamente da uno strato sottile di stoffa che avrei voluto non ci fosse.
Poi lei avvertì alcune contrazioni del mio uccello che era in erezione massima e d aggiungo io oramai senza il mio controllo razionale.
Non dissi nulla e continuai imperterrito a fare l’indifferente per vedere dove sarebbe arrivata.
Finito di imbastire e riunire gli orli mi disse di toglierli e di aspettare alcuni minuti. E aggiunse “ il tempo di rinsaldare la cucitura e riprovarli “ disse lei senza guardarmi.
Io tornai nel camerino, mi tolsi i pantaloni e glieli passai scostando la tenda. Oramai il mio pisello era lì tutto fiero e meno imbarazzato di prima.
Chiesi “ mi rivesto?”, e lei rispose “ faccia lei, se vuole. Ma ci metto 3 minuti per cucirli così li riproviamo”.
Io rimasi dietro la tenda, sbirciando di tanto in tanto su quello che stava facendo.
“Eccoli” li riprovi pure.
Stavolta faccio con calma.
Li indosso, esco e mi metto davanti allo specchio.
Lei si mise davanti a me e si accovacciò proprio davanti al mio pisello.
Per un attimo trasalii e mi immaginai una scena erotica di quelle da film porno.
Beh, non proprio!
Lei a questo punto mi fa divaricare le gambe e mi appoggiò la mano proprio sotto ai testicoli. Tirò la stoffa che resistette al primo ed al secondo tentativo ma poi al terzo si scucì di nuovo.
“Ho capito dove è il problema.
Si ritolga un attimo i pantaloni per gentilezza!”.
Io ero un po’ interdetto. Non sapevo cosa pensare.
Comunque li feci scivolare via e glieli porsi.
Lei li appoggiò per terra e rimase accovacciata davanti a me. Il suo spacco e la scollatura da quella vista aggiungevano ancora di più eccitazione.
Adesso il mio pisello era per ben la metà della sua lunghezza fuori dai boxer.
Lei prese di nuovo il centimetro e fece passare il metro e con la sinistra e fermò un lembo della fettuccia dietro di me. Davanti fu costretta a toccare il mio pisello e scostarlo per permettere di prendere la misura corretta.
Io imbarazzatissimo chiesi scusa.
Lei disse che non era un problema ma appunto il problema era propio quello.
“ Ecco perché le misure non sono perfette! O glielo misuro insieme al tutto e ne tengo conto oppure i pantaloni non le stanno!” disse sorridendo.
Il mio pisello occupava spazio davanti e metteva in tensione i pantaloni sul cavallo che si dimostravano stretti. Ecco cosa intendeva.
Io al massimo della vergogna dissi “normalmente non è così ma adesso non so cosa mi abbia preso!”.
Lei poi, appoggò il palmo della mano sulla pancia per tenere ferma l’altra parte della fettuccia per misurare esattamente il giro del cavallo. Ovviamente la sua mano adesso sfiorava di fatto il mio pisello. Fu questione di secondi ma sentii che stavo per avere un orgasmo per l’eccitazione.
Allora mi scostai di colpo per evitare un imbarazzo ancora maggiore di quello che stavo provando.
Lei fece finta di niente disse “ cinquantasette ecco” e tornò a lavorare sui mie pantaloni. Io rimasi lì impalato con l’uccello in bella vista per alcuni minuti poi lei guardandomi esclamò “ se vuole si può rivestire nel frattempo!”.
“ Grazie “ risposi io trafelato.
Mi rivestii ed attesi nel camerino un suo cenno.
Passarono diversi minuti fino a quando non mi chiamò di nuovo per indossare il pantalone in questione e fare l’ultimo test prima della cucitura definitiva.
Il mio pisello ancora svettava perché oramai affamato aspettava una preda per nutrirsi.
Misi i pantaloni, me li abbottonai davanti cercando di mettere il pisello nella maniera meno fastidiosa e poi uscìi per mettermi davanti allo specchio. Ad un certo punto sentii un pizzico sulla metà del mio uccello. Come istintivamente reagii al dolore mi toccai il pacco. Avvertii un dolore intenso come di un ago che mi fosse entrato nella carne. Infatti slacciandomi subito i pantaloni notai subito un ago infilato nel boxer che era entrato sul mio pisello come uno stuzzicadenti sul burro.
“ Ahi ahi ahi mannaggia che dolore…..” urlai io piegandomi sulla pancia.
Lei intuì subito e urlando disse “ scusi, scusi deve essere uno spillo” e dicendo questo mi scostò la mano dal boxer e lo riconobbe lì. Sfilò l’ago dal mio uccello e corse subito nell’altra stanza.
Ne tornò indietro con in mano un sacchettino con del cotone e del liquido disinfettante.
La sarta mi guardò con occhi intimoriti, si abbassò e mi scostò il boxer liberando il mio sesso che per il dolore si era leggermente afflosciato.
Lei intinse un po di liquidò nell’ ovatta e me lo appoggiò sul punto rosso che sanguinava leggermente.
“ mi scusi tantissimo….. non so come sia potuto succedere”, e dicendo questo con la mano sinistra teneva il mio pisello e con la destra premeva l’ovatta.
Rimanemmo alcuni minuti lì con lei che ogni tanto allontanava l’ovatta per vedere se sanguinava per poi ripremerlo sul piccolo buco che mi aveva inferto l’ago.
“Beh…credo che possa bastare adesso” dissi io con voce tremolante.
“ Aspetti ancora un po’ “ insistette lei.
“Adesso allento la pressione e vediamo se sanguina ancora “ e cominciò con il massaggiarmi con l’ovatta con dei movimenti leggeri e circolari.
Il mio uccello cominciava a rigonfiarsi di sangue ed eccitazione e lei in men che non si dica si ritrovò il mio bastone di carne completamente tra le mani.
“Il problema è ancora lì. I miei pantaloni e la mia misura sono perfetti”, aggiunse forse per togliersi dall’imbarazzo.
“ È il suo coso che complica tutto!”.
Mi fece sorridere la parola coso! L’ho sentito chiamare e definirlo in tanti modi ma coso onestamente mai!
Ed io replicai “ basta toglierlo il problema. Continui così che forse lo risolviamo”.
Mi riferivo ed intendevo espressamente al movimento circolare dell’ovatta ed il calore della sua mano.
Lei praticamente in ginocchio davanti al mio uccello in piena erezione, alzò lo sguardo dalla posizione in cui era e mi guardò.
Sorrise e deglutì ansimando leggermente.
Poi abbassò lo sguardo e continuò con quella specie di massaggio alla metà del mio uccello mentre con la sinistra me lo teneva in prossimità della mia cappella.
Chiusi gli occhi e cominciai a sentire il palpitio del mio cuore che batteva all’impazzata.
Poi improvvisamente non sentii più nulla. Lei aveva lasciato la presa e non avvertii più nemmeno la pressione dell’ovatta.
Passarono alcuni secondi ed una sensazione di calore umido improvvisamente mi avvolse la cappella. Aprii gli occhi e notai la sua chioma voluminosa che nascondeva la vista del mio pisello e che si strusciavano sulla mia pancia. Poi si aggiunse il calore delle sue mani che mi avvolse tutto bastone di carne. Un piacere immenso, improvviso.
Anelato ma insperato fu il premio per il mio pisellone che aveva sofferto per tutto quel tempo.
Le venni subito in bocca un primo fiotto, poi un secondo.
Poi le altre contrazioni furono vuote. Lei si portò la mia cappella sulle labbra e continuò con uno strofinio che mi generò una successiva contrazione che portò in superficie un’altra più leggera eiaculazione che le imbrattò tutta la bocca.
Con entrambe le mani continuò a strusciarsi la cappella e ripulire lo sperma portandosela alla bocca con maestria tale da esserne totalmente meravigliato.
Ho goduto come non mai! É stato il pompino più emozionante della mia vita per il fatto che si è unito al dolore il piacere, il tutto misto ad una situazione imbarazzante ma altamente erotica.
Poi lei sollevò lo sguardo e mi sorrise. Aveva tutto il rossetto sbafato e le guance lucide di umori e saliva.
Sussurrò “ certo che hai un bel cazzone, complimenti!”.
“Certo che tu ci sai fare con i cazzoni” risposi io di rimando.
Scoppiò a ridere e andò via nell’altra stanza lasciandomi con il mio pisello penzoloni. Sentii l’acqua scrosciare quindi intuii che era andata in bagno a lavarsi.
Poco dopo si riaffacciò e mi disse” vieni se vuoi sciacquarti”.
La seguii in bagno e mi appoggiai sul bidet per sciacquarmi. Feci fatica perché il mio pisello si era rialzato di nuovo in tutta la sua forza. Mi alzai per asciugarmi e lei mi stese un asciugamanino.
Nel fare questo esclamò “ ma non mi dire…. Hai ancora l’uccello dritto? Ma non ti è bastato?”.
Ed io risposi “forse perché non so nemmeno come ti chiami e questa situazione è così assurda che è nel contempo eccitante!”.
“Ah sì?” Rispose lei.
“Voi uomini siete tutti uguali” aggiunse lei.
“Tu no invece. Tu sei speciale. Hai una carica di erotismo e sensualità fuori dal comune. Il tuo sguardo, la maniera come ti muovi, come parli trasuda femminilità allo stato puro”.
“ Dici così perché vuoi scoparmi. Lo so! Siete tutti uguali voi uomini!”.
Io replicai “ ti prometto che non ti tocco con un dito e non mi permetto di abusare o forzare una cosa che non vuoi. Io con tutte le donne sono così!.
“ Ah, è così allora. Chissà quante donne hai?”.
“ No, scusa intendevo con le donne della mia vita!” risposi ancora.
Io intanto avevo ancora il mio pisellone in bella vista leggermente umido perché mi ero appena lavato ma sempre duro e dritto.
Mi avvicinai a lei e le presi una mano dolcemente.
La appoggiai sulla mia cappella e le dissi se quello che sentiva era un desiderio dettato dall’attrazione fisica oppure da un senso di approfittazione o prevaricazione maschile.
“ Chiudi gli occhi però per giudicare quello che intendo” mi apprestai a precisare.
Lei chiuse gli occhi, si avvicinò un pochino di più e con tutte e due le mani mi prese il mio pisello.
“Dimmi cosa avverti sinceramente! Se pensi che io voglia approfittare mi rivesto subito e me ne vado. Se invece avverti e senti che sono sincero continua pure”.
Lei continuò a massaggiarmi leggermente la mia asta con gli occhi chiusi. Era così vicina a me che sentivo il suo profumo ed il suo calore. Mi feci più vicino e con la mia gamba sinistra le sfiorai la sua di gamba. Non andai oltre. Ero rispettoso del suo spazio e della sua libertà di decidere e fare ciò che si sentiva.
Passarono alcuni secondi ed il massaggio si fece più forte. Quella che prima era una carezza adesso aveva più un significato del desiderio, di toccarlo, di stringerlo e forse di prenderlo in bocca. Lo avvertivo! Lo percepivo, e sentivo il calore del suo corpo aumentare.
Allungai la mano e le toccai un fianco con dolcezza. Lei non si ritrasse. Era bella come un fiore nella stagione della fioritura che con il suo polline sprigiona la forza della vita e della creazione. Non resistetti e con la mano mi avvicinai alle sue cosce. Lei era sempre lì con gli occhi chiusi. Le sollevai leggermente la gonna che si aprì all’istante quasi come se non aspettasse altro che accogliere la mia mano. Si lo spacco che avevo notato prima era lì che adesso mi faceva strada verso la sua fica.
Riaprii gli occhi. Lei li aveva ancora chiusi. Io ero a qualche centimetro dal suo sesso ma non procedo.Tentenno.
Aspetto al sua accondiscendenza che arrivò dopo qualche istante avvicinando il suo corpo e quindi la sua fica alla mia mano. La sensazione che provai fu quella di un calore immenso, quasi ritrassi la mano per la sorpresa. Ma era lei che accettava la mia mano e non io che la costringevo.
Così fu che oltre al calore avvertii le mutandine zuppe di umori che sapevano di sesso. Il mio olfatto l’aveva già avvertito. Il mio uccello palpitava per l’eccitazione e il desiderio fatale di quel frutto che poco prima mi sembrava proibito.
Scostai con l’indice il lembo di stoffa e con il resto delle dita sprofondai in quella voragine scivolosa ed accogliente. Lei ebbe un sussulto che si accompagnò ad una stretta fortissima del mio uccello che dovetti scostarmi per il dolore. Lei lasciò per un attimo il mio sesso ed io approfittai de momento e la spinsi su una poltroncina di velluto verde poco distante che la accolse dolcemente.
Le sollevai la gamba destra e la appoggiai sul bracciolo. Il suo sesso era a mia disposizione in tutta la sua prorompente bellezza. Mi misi in ginocchio e le cominciai a baciare l’interno coscia con una dovizia tale che non lasciai nemmeno un centimetro quadrato inesplorato dalla mia lingua. Era la mia tattica per cucinarla a dovere. La fica doveva aspettare e presagire cosa sarebbe accaduto a breve. Lei fremeva e lo percepivo dalle gambe che si contraevano per chiudersi. Quando arrivai con la lingua sulle sue grandi labbra lei urlò. “Dio……Dio mio…… si… si ….. si….. dai “, la sentivo vociare con voce soffocata.
La mia lingua era intrisa di umori che sapevano di sesso e femminilità. Il mio uccello voleva la sua preda ma non era ancora arrivato il suo momento.
Con la mia mano sinistra le dilatai completamente le grandi labbra e strinsi la lingua per indurirla e penetrarla fintanto che potevo. Lei mi premeva sulla nuca per sentirmi ancora di più ed io con tutta la mia forza ed eccitazione ondeggiavo con la testa per stimolare tutte le pareti della sua fica.
Poi mi sollevai per guardarla. Era lì con le gambe oscenamente aperte, un seno fuori dall’abito e con gli occhi pieni di desiderio.
Fu allora che presi il mio uccello tra le mani e mi avvicinai a lei. Le appoggiai la cappella su quel frutto ache si nascondeva tra i cespugli del suo pelo e lo strofinai senza farlo entrare. Volevo che mi pregasse.
Ancora le strusciai la cappella fino a quasi l’ombelico per poi tornare indietro sulla sua fica. Feci per rifare la stessa cosa ma lei con i piedi mi strinse dietro la mia schiena e mi tirò a se. E fu così che la penetrai completamente fino a sentire la sua fica completamente riempita dal mio cazzone.
La scopai con ritmo lento e costante ed avvertii dai suoi umori e dal suo urlo soffocato il suo godimento.
Avevo la cappellla che stava per esplodere ed allora lo tirai fuori e mi avvicinai di nuovo alla sua bocca che mi accolse con un caldo abbraccio. Venni all’improvviso senza avvisarla se non con l’aumento del ritmo del mio respiro. Uno, due, tre non so quante contrazioni di piacere e sperma le riversai nella sua bocca. Dopo alcuni secondi lei lo porto sulle labbra e come aveva fatto poco prima se lo strusció sulle labbra. Ogni tanto lo riaccoglieva in bocca per poi riportarlo sulle labbra.
Magnifica sensazione ebbi. Forse la più grande della mia vita.
Si perché arrivare dopo tanto logorio al frutto desiderato è più eccitante di averlo conquistato. L’attesa è essa stessa fonte di piacere.
Ed è così che cominciai a comprare un paio di pantaloni al mese che avessero bisogno di essere accorciati.
Conte Wronskji
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