Bel ricordo di una ex insegnante
di
ingegnereannoiato
genere
etero
Ciao a tutti.
Ho deciso di scrivere qui un'esperienza che per vari motivi non ho mai raccontato a nessuno, ma a cui dedico spesso qualche pensiero. Romanzerò qualcosina dei dialoghi poiché non li ricordo con precisione.
Novembre 2017, non ricordo la data precisa. Come molti ventenni, frequentavo il secondo anno di università, e nel pomeriggio di quel giorno stavo tornando a casa dopo le lezioni. Immerso nei miei pensieri, cammino spedito per salvarmi dal freddo novembrino. A poche decine di metri dalla mia destinazione, qualcuno mi chiama. La voce è familiare ma non avrei saputo determinare precisamente l'identità del proprietario. Mi giro e, inaspettatamente, vedo la mia insegnante di letteratura del liceo, che, colto di sorpresa, osservo in silenzio un paio di secondi in più del normale.
Per la verità, era una donna normalissima, come ce ne sono tante: avrà avuto intorno ai 45 anni, forse un paio in più, sposata e con figli; era leggermente più alta della media e decisamente magra. Indossava un cappotto scuro nelle cui tasche proteggeva le mani dal freddo, stivaletti neri e una sciarpa grigia che spariva dietro ai lunghi ricci castani, che facevano risaltare gli occhioni verdi. Sicuramente, nonostante la materia soporifera che insegnava, era la docente migliore che avessi avuto durante la scuola dell'obbligo: una di quelle che non lo fa come ripiego ma è sinceramente appassionata all'insegnamento e che non si ferma a ripetere a pappagallo nozioni inutili ma è interessata agli studenti e a quello che pensano. Insomma, una perla rara che compensa la bellezza nella media con la simpatia e l'intelligenza.
Inizialmente, ero un po' in imbarazzo. Dopo i soliti convenevoli, iniziamo ad aggiornarci reciprocamente sulle rispettive vite. Ecco, forse l'unico difetto era la sua parlantina infinita: i minuti passano e io mi sto congelando. Per cercare di salvarmi educatamente dalla nuova era glaciale lancio la proposta:
-"Viene a prendere un caffè da me? Così facciamo quattro chiacchiere al caldo invece di congelarci, tanto abito a due minuti da qui."
-"Oh figurati, non voglio disturbare, io ho il pomeriggio libero ma tu sarai impegnatissimo."
-"A dire il vero per oggi ho finito anche io, nessun disturbo."
-"Allora va bene, grazie. Mi fermo giusto dieci minuti."
Arriviamo all'edificio, saliamo le scale ed entriamo nell'appartamento. Accendo in fretta le luci e il riscaldamento. I miei sono al lavoro e non ritorneranno per almeno un altro paio d'ore.
-"Mi dia pure il cappotto e si accomodi."
-"Ti prego non essere così formale, dammi del tu, non siamo più a scuola."
Sotto al cappotto indossa un paio di jeans e una camicia bianca. Come detto prima, è una donna decisamente magra, e il seno è piuttosto piccolo. Di conseguenza, immagino che preferisca non indossare il reggiseno, dato che sotto la luce artificiale la camicia lascia intravedere i capezzoli. Mi chiedo se non se ne fosse accorta o se semplicemente non le interessasse. Comunque, cerco di evitare di guardare troppo. Impresa difficilissima.
Preparo i caffè e porto le tazzine al divano, per poi sedermi accanto a lei.
-"Allora, Alice come sta? Studia anche lei?"
Si riferiva a quella che era la mia ragazza storica, conosciuta proprio tra i banchi di scuola. Mi aveva lasciato l'anno prima poiché era andata a studiare a Milano.
-"A dire il vero non lo so, non la sento più."
-"Oh scusami, ho dato per scontato che foste ancora assieme, non volevo."
-"Si è trasferita e ha trovato di meglio, tutto qui."
-"Mi dispiace molto."
La conversazione stava virando verso il personale. Mi chiese qualcosa relativo alla mia situazione sentimentale e io parlai per un po' delle mie disavventure amorose, fino quando lei cambiò posizione sul divano, avvicinandosi a me e appoggiandomi la mano sulla gamba. Cercò di confortarmi come poteva, con un misto di frasi fatte del tipo "non preoccuparti, arriverà la persona giusta" e consigli sinceri. Ci fu un momento di silenzio, mi guardava negli occhi e sentivo il suo profumo. Provai la follia: allungai il viso verso di lei e la baciai.
Lei non si tira indietro, dopo un secondo mi stacco. Mi guarda. Mi aspetto uno schiaffo e una sfuriata, invece dopo un attimo si riavvicina e mi infila la lingua in bocca. Rispondo. Iniziamo ad esplorare i rispettivi corpi con le mani: parto dai fianchi e risalgo fino al piccolo seno, che stringo con decisione. Ci stacchiamo nuovamente; lei si alza e mi ordina di spogliarmi. Mentre obbedisco, la guardo togliersi la camicia e sfilarsi scarpe e pantaloni: rimane in mutande bianche davanti a me, lasciando intravedere le forme del suo sesso e un po' di pelo sul pube. Non serve che dica in che stato è il mio pene.
Mi fa sedere nudo sul divano e si inginocchia, per poi iniziare a giocare lentamente con il mio cazzo: lo prende in mano, lo scappella, lo muove e se lo appoggia sul viso; poi si abbassa e inizia a baciarmi partendo dalle palle e risalendo l'asta fino al glande. Mi fissa dritto negli occhi e io sono in estasi. Prosegue con le leccatine circolari, per poi infilarsi la cappella in bocca. Non va molto a fondo, forse non è troppo abituata ai pompini o non le piacciono; io comunque la lascio fare fino a quando ne ha voglia. Si alza e mi bacia nuovamente, per poi sussurrarmi all'orecchio una cosa tipo:
-"Finalmente un uomo che non ha paura del proprio sapore."
Adesso è il mio turno: mi alzo e la faccio sedere sul divano; parto a baciarla dal collo e scendo sempre di più. Arrivato ai capezzoli, li stuzzico con la lingua e poi li ciuccio e li mordicchio. Continuo sul ventre e arrivo alle mutande, le abbasso ferocemente e le infilo la faccia tra le gambe. Bacio l'interno coscia, accarezzo le labbra e stuzzico il clitoride: la mia lingua ha vita propria. Mi soffermo sul clitoride, mentre la penetro con due dita. La peluria mi infastidisce leggermente il naso ma sopporto. Lei gode e mi spinge la testa con una mano mentre con l'altra si massaggia il seno. La sento gemere, venire, tremare e prendermi per i capelli.
Io non resisto più, la voglio.
Non mi fermo nemmeno per prendere un preservativo. Mi rialzo e le appoggio il pene sul sesso, struscio un pochino e poi spingo sull'entrata della sua vagina. I miei versi si uniscono ai suoi, come i nostri umori si mischiano tra loro. Ci lasciamo totalmente andare, la monto con forza e spingo a fondo. Purtroppo sono eccessivamente eccitato, non duro per molto: non riesco nemmeno a tirarlo fuori e le vengo dentro. Rimango bloccato per diversi secondi, poi estraggo l'arma del delitto a riposo. Lei sorride e mi chiede di poter usare il bagno. Mi chiede anche di farle compagnia, dice che le piace. Io non mi faccio troppi problemi e la seguo.
In bagno, si dirige verso il WC. Mi fa segno di avvicinarmi, si siede e inizia a pisciare. Vuole che io la guardi: scoprirò poi essere una delle sue fantasie irrealizzate. Si da una sciacquata e usciamo.
La salutai con un bacio sulla porta di casa, dopo esserci scambiati il numero di telefono. Mi fece promettere che non l'avrei mai raccontato a nessuno e che, naturalmente, ci saremmo rivisti. Nacque così una sorta di scopamicizia clandestina che durò circa un mese. Volle chiudere quando il marito iniziò ad insospettirsi. Inoltre, disse che si sentiva in colpa.
Comunque, in quel periodo ci divertimmo parecchio ed esplorammo anche qualche fantasia simpatica. Casomai, se vorrete, racconterò qualcosa in più.
Ho deciso di scrivere qui un'esperienza che per vari motivi non ho mai raccontato a nessuno, ma a cui dedico spesso qualche pensiero. Romanzerò qualcosina dei dialoghi poiché non li ricordo con precisione.
Novembre 2017, non ricordo la data precisa. Come molti ventenni, frequentavo il secondo anno di università, e nel pomeriggio di quel giorno stavo tornando a casa dopo le lezioni. Immerso nei miei pensieri, cammino spedito per salvarmi dal freddo novembrino. A poche decine di metri dalla mia destinazione, qualcuno mi chiama. La voce è familiare ma non avrei saputo determinare precisamente l'identità del proprietario. Mi giro e, inaspettatamente, vedo la mia insegnante di letteratura del liceo, che, colto di sorpresa, osservo in silenzio un paio di secondi in più del normale.
Per la verità, era una donna normalissima, come ce ne sono tante: avrà avuto intorno ai 45 anni, forse un paio in più, sposata e con figli; era leggermente più alta della media e decisamente magra. Indossava un cappotto scuro nelle cui tasche proteggeva le mani dal freddo, stivaletti neri e una sciarpa grigia che spariva dietro ai lunghi ricci castani, che facevano risaltare gli occhioni verdi. Sicuramente, nonostante la materia soporifera che insegnava, era la docente migliore che avessi avuto durante la scuola dell'obbligo: una di quelle che non lo fa come ripiego ma è sinceramente appassionata all'insegnamento e che non si ferma a ripetere a pappagallo nozioni inutili ma è interessata agli studenti e a quello che pensano. Insomma, una perla rara che compensa la bellezza nella media con la simpatia e l'intelligenza.
Inizialmente, ero un po' in imbarazzo. Dopo i soliti convenevoli, iniziamo ad aggiornarci reciprocamente sulle rispettive vite. Ecco, forse l'unico difetto era la sua parlantina infinita: i minuti passano e io mi sto congelando. Per cercare di salvarmi educatamente dalla nuova era glaciale lancio la proposta:
-"Viene a prendere un caffè da me? Così facciamo quattro chiacchiere al caldo invece di congelarci, tanto abito a due minuti da qui."
-"Oh figurati, non voglio disturbare, io ho il pomeriggio libero ma tu sarai impegnatissimo."
-"A dire il vero per oggi ho finito anche io, nessun disturbo."
-"Allora va bene, grazie. Mi fermo giusto dieci minuti."
Arriviamo all'edificio, saliamo le scale ed entriamo nell'appartamento. Accendo in fretta le luci e il riscaldamento. I miei sono al lavoro e non ritorneranno per almeno un altro paio d'ore.
-"Mi dia pure il cappotto e si accomodi."
-"Ti prego non essere così formale, dammi del tu, non siamo più a scuola."
Sotto al cappotto indossa un paio di jeans e una camicia bianca. Come detto prima, è una donna decisamente magra, e il seno è piuttosto piccolo. Di conseguenza, immagino che preferisca non indossare il reggiseno, dato che sotto la luce artificiale la camicia lascia intravedere i capezzoli. Mi chiedo se non se ne fosse accorta o se semplicemente non le interessasse. Comunque, cerco di evitare di guardare troppo. Impresa difficilissima.
Preparo i caffè e porto le tazzine al divano, per poi sedermi accanto a lei.
-"Allora, Alice come sta? Studia anche lei?"
Si riferiva a quella che era la mia ragazza storica, conosciuta proprio tra i banchi di scuola. Mi aveva lasciato l'anno prima poiché era andata a studiare a Milano.
-"A dire il vero non lo so, non la sento più."
-"Oh scusami, ho dato per scontato che foste ancora assieme, non volevo."
-"Si è trasferita e ha trovato di meglio, tutto qui."
-"Mi dispiace molto."
La conversazione stava virando verso il personale. Mi chiese qualcosa relativo alla mia situazione sentimentale e io parlai per un po' delle mie disavventure amorose, fino quando lei cambiò posizione sul divano, avvicinandosi a me e appoggiandomi la mano sulla gamba. Cercò di confortarmi come poteva, con un misto di frasi fatte del tipo "non preoccuparti, arriverà la persona giusta" e consigli sinceri. Ci fu un momento di silenzio, mi guardava negli occhi e sentivo il suo profumo. Provai la follia: allungai il viso verso di lei e la baciai.
Lei non si tira indietro, dopo un secondo mi stacco. Mi guarda. Mi aspetto uno schiaffo e una sfuriata, invece dopo un attimo si riavvicina e mi infila la lingua in bocca. Rispondo. Iniziamo ad esplorare i rispettivi corpi con le mani: parto dai fianchi e risalgo fino al piccolo seno, che stringo con decisione. Ci stacchiamo nuovamente; lei si alza e mi ordina di spogliarmi. Mentre obbedisco, la guardo togliersi la camicia e sfilarsi scarpe e pantaloni: rimane in mutande bianche davanti a me, lasciando intravedere le forme del suo sesso e un po' di pelo sul pube. Non serve che dica in che stato è il mio pene.
Mi fa sedere nudo sul divano e si inginocchia, per poi iniziare a giocare lentamente con il mio cazzo: lo prende in mano, lo scappella, lo muove e se lo appoggia sul viso; poi si abbassa e inizia a baciarmi partendo dalle palle e risalendo l'asta fino al glande. Mi fissa dritto negli occhi e io sono in estasi. Prosegue con le leccatine circolari, per poi infilarsi la cappella in bocca. Non va molto a fondo, forse non è troppo abituata ai pompini o non le piacciono; io comunque la lascio fare fino a quando ne ha voglia. Si alza e mi bacia nuovamente, per poi sussurrarmi all'orecchio una cosa tipo:
-"Finalmente un uomo che non ha paura del proprio sapore."
Adesso è il mio turno: mi alzo e la faccio sedere sul divano; parto a baciarla dal collo e scendo sempre di più. Arrivato ai capezzoli, li stuzzico con la lingua e poi li ciuccio e li mordicchio. Continuo sul ventre e arrivo alle mutande, le abbasso ferocemente e le infilo la faccia tra le gambe. Bacio l'interno coscia, accarezzo le labbra e stuzzico il clitoride: la mia lingua ha vita propria. Mi soffermo sul clitoride, mentre la penetro con due dita. La peluria mi infastidisce leggermente il naso ma sopporto. Lei gode e mi spinge la testa con una mano mentre con l'altra si massaggia il seno. La sento gemere, venire, tremare e prendermi per i capelli.
Io non resisto più, la voglio.
Non mi fermo nemmeno per prendere un preservativo. Mi rialzo e le appoggio il pene sul sesso, struscio un pochino e poi spingo sull'entrata della sua vagina. I miei versi si uniscono ai suoi, come i nostri umori si mischiano tra loro. Ci lasciamo totalmente andare, la monto con forza e spingo a fondo. Purtroppo sono eccessivamente eccitato, non duro per molto: non riesco nemmeno a tirarlo fuori e le vengo dentro. Rimango bloccato per diversi secondi, poi estraggo l'arma del delitto a riposo. Lei sorride e mi chiede di poter usare il bagno. Mi chiede anche di farle compagnia, dice che le piace. Io non mi faccio troppi problemi e la seguo.
In bagno, si dirige verso il WC. Mi fa segno di avvicinarmi, si siede e inizia a pisciare. Vuole che io la guardi: scoprirò poi essere una delle sue fantasie irrealizzate. Si da una sciacquata e usciamo.
La salutai con un bacio sulla porta di casa, dopo esserci scambiati il numero di telefono. Mi fece promettere che non l'avrei mai raccontato a nessuno e che, naturalmente, ci saremmo rivisti. Nacque così una sorta di scopamicizia clandestina che durò circa un mese. Volle chiudere quando il marito iniziò ad insospettirsi. Inoltre, disse che si sentiva in colpa.
Comunque, in quel periodo ci divertimmo parecchio ed esplorammo anche qualche fantasia simpatica. Casomai, se vorrete, racconterò qualcosa in più.
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