Il ragazzo di Arianna

di
genere
etero

Rimorsi, io? Mai! Ho scopato il ragazzo di una mia collega di lavoro, e con questo? Potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di provare il sesso con il brasiliano più bello che abbia mai visto? Dopo che lui sarà tornato a casa, Arianna crede che la loro storia resisterà alla lontananza forzata; i baci che lui indirizza sui miei capezzoli mi dicono invece che lei è già storia passata, o forse non è mai stata neanche una storia.
Lui è proprio un gran figo, fisico perfetto con un unico neo: le gambe sono leggermente storte. Lo vedo avvicinarsi nudo verso il letto e noto che la sua camminata assomiglia a quella di un fantino, ha un sicuro passato di equitazione, il pensiero sconcio di essere cavalcata come se fossi la sua cavalla mi provoca un fremito, lui nel frattempo mi raggiunge sul letto e inizia invece a seviziarmi con carezze e baci che rendono l’attesa deliziosamente insopportabile. Non scopavo da settimane, quindi il mio giudizio è influenzato dall’astinenza forzata, poi, però, affonda dentro di me con un movimento che mi toglie il fiato e capisco perché Arianna sta prendendo il biglietto per raggiungerlo in Brasile. Ci baciamo, ci lecchiamo per ore senza ritegno, senza preclusioni, sono già le tre e sono appena venuta ancora una volta. La patatina chiede clemenza, il resto del corpo qualche ora di sonno per poter affrontare la giornata lavorativa che tra qualche ora si affaccerà all’orizzonte. Mi alzo per andare a bere qualcosa e lui sussurra.

“Sei la ragazza più bella che abbia mai conosciuto.” Su due piedi penso che sia una delle frasi classiche che qualche italiano gli ha insegnato appena è arrivato nel bel paese, insieme alle parolacce e ai saluti. Incasso comunque il complimento con un sorriso e tracanno mezza bottiglia di acqua, poi torno in camera e lo trovo vestito. Mi regala un bacio che da solo sarebbe valso tutta la notte, poi mi dice

“Ti lascio riposare, ci sentiamo presto.” Mi stupisco per la mia risposta

“Lo spero.” Di solito me la tiro un poco, anche perché, dopo Riccardo, preferisco delle relazioni dalla durata più vicina a una miniserie che a una soap opera. Forse risento dell’effetto benefico degli orgasmi che ancora sento circolare nel sangue, lo guardo e il cuore mi batte all’impazzata. Da molto tempo non mi sentivo così in sintonia con un ragazzo, tanto che, appena esce, sento già il bisogno di rivederlo, e questo mi fa paura.

Poche ore dopo sono seduta a fianco di Arianna che cerco di ricordare la password della mia utenza per entrare nel sistema. Lei mi guarda insospettita

“Hai fatto le ore piccole? Hai delle occhiaie terribili.” Butto la prima scusa che mi viene in mente

“Insonnia, ho paura di aver esagerato con i pesticidi.” Scoppiamo a ridere sonoramente e quella variazione di ossigeno al cervello mi fa ricordare la password, mentre le contrazioni dei muscoli pelvici anchilosati mi fanno ricordare che poche ore prima ho fatto sesso con il suo ragazzo. E risveglia la voglia di vederlo ancora.

“Stasera vado a bere una cosa sui navigli, hai impegni?” Lei si ricompone, dopo la risata.

“Ho già un impegno con un’amica. Problemi di cuore.” Faccio un cenno empatico e nel frattempo prendo in mano lo smartphone per invitare Edu, però non mando il messaggio: sembrerei un’assatanata del sesso, o peggio una disperata, meglio aspettare qualche ora, anche per vedere se lui si fa avanti.

A metà pomeriggio gli impegni lavorativi mi fanno scordare che non ho ancora mandato la proposta al bel brasiliano. Sto discutendo alcuni aspetti tecnici con Andrea quando ricevo un suo messaggio

“Sono stato bene ieri. Ho il canto delle sirene ancora nelle orecchie.” Sorrido e mi umetto le labbra con la lingua, rendendomi conto che tutto il mio corpo grida il bisogno di essere toccato ancora dalle sue mani.

“Dovresti smettere di opporti e seguirlo. Ti porterebbe al bar Zip sui navigli, verso le venti.” Aggiungo una emoticon maliziosa e torno al lavoro elettrizzata.

Io non sono una di quelle con l’hobby di rovinare le coppie, una parassita che ruba i ragazzi alle altre, assecondo semplicemente i desideri reciproci. Se un ragazzo mi piace, ed io piaccio a lui, non vedo perché il fatto che lui sia impegnato mi debba impedire di conoscerlo meglio. Trovo assurde tutte le paranoie che si fanno certe donne sull’evitare i maschi impegnati: se lui lo vuole e l’altra non riesce a tenerlo per se, saranno cazzi loro, no? Voglio dire, perché io dovrei rinunciare a divertirmi con un uomo solo perché lui passa del tempo con un altra?
Tra meno di un anno approderemo nel duemila e venti, un anno con la balbuzie, venti-venti, per sottolineare che siamo entrati di fatto nel ventunesimo secolo e il tempo per essere ancora succubi di certi preconcetti di genere è finito; sono una donna di trentadue anni emancipata e alla ricerca di rapporti occasionali, perché dovrei rifiutare le occasioni che mi si presentano per non fare un torto a delle sconosciute? In fondo le mie relazioni sono con persone adulte e consenzienti!

Il secondo spritz che si sta esaurendo dentro il bicchiere mi guarda e mi dice che forse non verrà. Sono seduta al bancone da quasi mezz’ora, poi qualcuno si avvicina alle mie spalle

“Ciao.” Mi giro a guardare chi mi sta salutando e vedo alla mia sinistra una ragazza che sorride. Non è più alta di un metro e sessanta, ha un naso aquilino e una quantità industriale di fondo tinta.

Contrariamente a me, che mi sono attardata al lavoro e quindi sono venuta al bar senza passare per casa, lei è agghindata per la sera. Ha un look molto trash, pieno di colori, a cominciare dalle unghie lunghissime e di color verde fluo. Le rispondo non ancora certa di conoscerla

“Ciao.” Lei capisce la mia perplessità

“Mi chiamo Giulia, ci siamo visti ieri sera in pizzeria” Boom! L’amica della donna coi capelli ricci! Quella con la giacca multicolore. Penso subito che si sia avvicinata per sapere come è andata a finire la mia serata, in modo da decretare chi ha vinto la scommessa del giorno prima e saldare il conto con l’altra. La anticipo

“Ah, sì, il tavolo vicino al mio. Non sono andata a letto con Paolo, ha vinto la tua amica.” Lei mi guarda perplessa, intuisco che sia arrossita, anche se i tre centimetri di terra che ha sulle guance la rendono più inespressiva di un androide

“A dire il vero volevo darti questo, lo hai perso ieri sera nel ristorante.” E mi porge un orecchino a pendaglio.
In effetti, mi ero accorta che mi mancava, ma avevo pensato che fosse caduto a casa mia, mentre Edu mi strappava i vestiti di dosso.

“Ah, grazie! Io mi chiamo Michela, comunque. Siediti, posso offrirti qualcosa per ringraziarti?” Lei fa un cenno e si arrampica sullo sgabello mentre io mi avvicino alla cassa per fare l’ordine, amareggiata che Edu non sia ancora all’orizzonte. Quando torno, la nuova amica anticipa la mia successiva domanda

“In realtà anch’io frequento spesso questo bar, ieri non era la prima volta che ti vedevo.” Plausibile, lo Zip è uno dei locali che preferisco. Strano che non abbia mai notato una ragazza così appariscente. Ha un accento marcatamente napoletano

“Anche tu a Milano per lavoro?” Lei manda giù in fretta il sorso di bollicine bionde e risponde

“Sì, sono stata assunta qualche mese fa e mi sono trasferita. Sono originaria di Mondragone” E inizia a raccontarmi del lavoro e dei colleghi che avevo visto la sera prima.

Scopro che erano in ristorante per festeggiare la fine di un progetto. Giulia è simpatica, parla lentamente, una pacatezza che favorisce la discussione. Dopo una decina di minuti guardo l’orologio: sono quasi le venti e trenta. Lei se ne accorge e scende dallo sgabello

“Scusa, non mi sono resa conto che stai aspettando qualcuno. Del resto una ragazza bella come te …” La guardo senza rispondere, Giulia è molto intelligente e perspicace, simpatica e sensibile, insomma un’amica perfetta

“Mi ha fatto piacere conoscerti. Se hai voglia, possiamo rivederci qui domani.” Un timido sorriso colora (anche) il suo viso. Fa un cenno di saluto con la mano

“Non ti assicuro niente. È stato un piacere anche per me. E, comunque, nessuno aveva scommesso che saresti uscita con quel tizio.” Addento una patatina prendendo atto del plebiscito contro Paolo. Altri dieci minuti e poi me ne torno a casa.

Mentre sono alla cassa per pagare, lo vedo che mi aspetta fuori dal locale. Ha una giacca sportiva, cravatta allentata, mani in tasca e un sorriso dannatamente sexy.

“Ciao” Il suono della sua voce compensa la mezz’ora di ritardo. Non ho voglia di chiedergli il perché, ho voglia solo di lui.

“Ciao. Hai seguito il canto anche stasera” Lui taglia corto.

“Vorrei averti conosciuta un anno fa.” Pure romantico, Eduardo, tanto da imbarazzarmi. Sto per abbassare il tono di quella discussione, dicendogli che come una rondine non fa primavera, una scopata non fa un matrimonio, ma lui per fortuna chiarisce

“Mi sarebbe piaciuto poter passare con te il tempo in Italia. Stasera sarà probabilmente l’ultima volta che ci potremo vedere.” Mi sembra realmente dispiaciuto, e il suo atteggiamento da cagnolino bagnato mi fa avvampare. Lo bacio in bocca con passione, tanto a lungo da dimenticare nuovamente la password del computer di lavoro.

“In tal caso non perdiamo altro tempo. Andiamo a casa mia.”

Approcciamo la cucina alle undici di sera. Ho una fame da lupo, aumentata dall’attività intensa che ho appena fatto con Edu. Siamo nudi e disinvolti come una coppia che sta insieme da sempre. Apro il frigo rabbrividendo per l’aria fredda che esce solleticando la pelle accaldata. Subito dopo lo richiudo, non ho voglia di mettermi a spignattare, voglio tornare appena possibile sotto le coperte per provare nuove posizioni con lui. Ha un gran bel culo, il mio amante brasiliano, liscio e tondo. Risalgo la spina dorsale approfittando del fatto che è girato e ammiro i fianchi stretti e le spalle da nuotatore. Mi viene una curiosità

“Fai dello sport?” Lui gira la testa, mi guarda dalla testa ai piedi e sorride

“Sesso, tanto sesso.” Poi si mette di profilo per mostrare il pene che sta già riprendendo forma. Mi mordo il labbro inferiore e osservo quella cosa circoncisa e gonfia che mi sussurra: Carpe Diem. Propongo.

“Take away cinese?”

Pago online, venti minuti dopo il rider suona il campanello. Apro la porta in costume adamitico e prendo il sacchetto, godendo dello sguardo attonito del ragazzo delle consegne. Edu assiste alla scena.

“Sei proprio pazza.” Appoggio il sacchetto sulla tavola ma lui si mette dietro di me e mi infila tra le gambe il suo amico inseparabile che conosce il latino: struscia la sua eccitazione risvegliando la mia che stava facendo una pennichella e io capisco che stasera non si mangia.

Mi metto in punta di piedi stendendomi sulla tavola, poi lascio che mi penetri come solo lui sa fare. Quando mi alzo, il calore sprigionato dal mio corpo ha lasciato un alone sulla superficie di cristallo della tavola. Mi ci siedo sopra e appoggio i piedi su due sedie, lui s’inginocchia e mi lecca la patatina come se non ci fosse domani. In effetti, non ci sarà un domani tra noi, e capisco da quello che mi fa provare mentre scorre la lingua lungo la mia fessura che anche a lei mancherà molto. Lascio che piloti il mio bacino con le mani che tiene ben ancorate sulle natiche. Mi stupisce la forza delle sue braccia apparentemente così sottili, mi aggrappo a lui quando si alza e lo bacio assaporando il gusto della mia patatina sulle sue labbra, poi scendo lentamente strisciando sul suo petto. Il suo pene è duro e dritto, tanto che non c’è bisogno di guidarlo con le mani, sento la vagina che si dilata per accoglierlo, mi entra dentro fino in fondo, godo. Lui è in piedi e mi sostiene come se fossi un marsupio ancorato a lui con i nostri sessi compenetrati. Siamo una cosa sola, al punto che ogni guizzo di eccitazione che lui imprime alla sua protuberanza più sensibile si trasmette immediatamente dalla mia vagina a tutto il corpo, facendomi sussultare di piacere. Edu è un maestro del sesso e capisco che ha ragione, avrebbe potuto esserci qualcosa di speciale tra di noi, se solo ci fossimo conosciuti prima. Ridiamo mentre cammina in modo buffo fino al letto, poi mi adagia sul materasso. Annuso il profumo dei suoi capelli e chiudo gli occhi, lasciandomi trasportare dalle onde del mare di Copacabana.


[tratto da: "Le avventure erotiche di una pendolare - prima parte: Michela e il sesso", di Laura Roppi, Kindle store]
scritto il
2024-02-15
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