Monica e beatrice

di
genere
trio

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Agosto, la mia compagna Monica era stata in vacanza in barca nel mare di Croazia con due amiche, Giulia e Beatrice, questa conosciuta giusto nell’occasione, ed il proprietario/marinaio dell’imbarcazione.

Monica all’epoca aveva 45 anni, splendidamente portati, io 10 di più. Beatrice era poco più che ventenne.

Sulla barca era nata un’immediata, sottile, sensuale e inespressa intesa tra le due, solo esplicitata da sguardi penetranti e intensi della ragazzina, non altro. Monica, nei messaggi che ci scambiavamo, mi confessava di essere da lei molto attratta, con curiosità e addirittura punte intense di morbosità. Io ne prendevo atto ma, nonostante la mia compagna mi riportasse con dovizia di particolari atteggiamenti, movenze, comportamenti di quella che era diventata l’oggetto del suo desiderio, io non riuscivo a rendermi conto dell’effettiva portata di quel fascino, rendendomi però conto che Monica era davvero presa, anche in considerazione del fatto che Beatrice era diventata pressoché l’unico argomento di conversazione a distanza tra noi.

Qualche giorno prima del rientro Monica mi chiese cosa ne pensassi se avesse invitata la nuova amica a trascorre qualche giorno di vacanza con noi. Ovviamente dissi che ne sarei stato felice, la domanda era solamente retorica, Monica sapeva bene che non poteva essere diversa.

Beatrice accettò con entusiasmo l’invito e, subito dopo, cominciò a parlare a Monica di sé, della sua vita, trascorrendo ore a prendere il sole accanto a lei, entrambe nude, per la gioia degli occhi e la sofferenza dell’apparato genitale (ma questo è un altro capitolo) dell’unico maschio presente a bordo.

La giovane donna viveva in modo “libero e selvaggio”, indipendente, lontano da una madre troppo ingombrante anche per la sua bellezza, orfana di un padre raccontato con sfumature simil incestuose, accenni maliziosi e non completamente tradotti, partecipe e magari succube di un gruppo elitario di persone della Milano bene, forse ammaliata, certamente dominata da un canuto, ingombrante capo branco conosciuto nell’ambiente altolocato, autorevole e rispettabile, pseudo fidanzata con un ragazzo un po’ più grande di lei, forse un generoso buon samaritano che stava provando a delimitarla in un recinto che la tenesse lontana da eccessi, rischi e pericolose trasgressioni. Recinto in cui lei ben difficilmente sarebbe entrata e trasgressioni che però lei sembrava volere frequentare fino al superamento dei limiti di perversione. Insomma un personaggio già attraente nella sua fisicità, ancora più magnetico nella sua misteriosa personalità di “cattiva ragazza”.


CONFUSIONE A PRIMA VISTA

Comunque giusto allo scoccare del mezzogiorno di quella prima domenica di agosto oltrepassarono la soglia di casa mia.

Monica era radiosa, abbronzata, bellissima, gioiosa, immediatamente stretta al mio corpo. Ero strafelice di riaverla con me.

Poi finalmente vidi Beatrice. Se ne stava in piedi, ancora sulla soglia, sembrava in rispettosa e timida attesa che le nostre effusioni terminassero.

Mi colpì subito il suo sguardo, i suoi occhi. Ma dov’era la ragazzina raccontatami da Monica? L’esuberante, maliziosa, intrigante, sensuale, peccaminosa e tentatrice fanciulla? Davanti a me una timida ragazzina, lo sguardo quasi basso, esitante, che sembrava intimorita dalla mia presenza. Non vidi subito le sue fattezze, a parte il bel viso dolce e delicato. Ero rimasto sorpreso e confuso.

Perché sorpreso l’ho già detto; confuso, con l’immediatezza che solo la velocità del pensiero possiede, in quanto sentii quell’impercettibile fremito che percorre il corpo di un maschio quando sente odore di sesso. C’era qualcosa che non tornava tra l’immagine fisica davanti a me e l’ispirazione che immediatamente ne trassi. Subito però tutto scomparve avendo io realizzato che le descrizioni di Monica avevano suggestionato la mia aspettativa. Il tutto non mi impedì di notare lo sguardo di Monica che sembrava stesse indagando la mia reazione, particolare che mostrerà solo in seguito la sua importanza.

Proseguimmo comunque con le presentazioni, poi con le necessarie incombenze in preparazione alla partenza per la Val Gardena dove, in una casetta nel verde, avremmo trascorso una decina di giorni o più.


TRASFERIMENTO IN AUTO

Partimmo in auto da Milano intorno alle 18.00 per un viaggio di circa 4 ore.

Beatrice si accomodò dietro, Monica avanti accanto a me. Ebbene tutto il tempo trascorse con me quasi escluso dalle loro conversazioni, al punto che a un tratto suggerii a Monica di sedersi anche lei sul sedile posteriore, non fosse altro che per evitare un torcicollo. Ma non lo fece. Sentii un leggero nervosismo, cosa che davvero non capitava mai tra noi in maniera che non fosse esplicita. Certo che avevamo le nostre piccole futili discussioni, sempre per cose di scarsissima importanza, ma mai tenevamo per noi nascosto un seppur piccolo risentimento. Avrei potuto, scherzando, dire loro che c’ero anche io e che non ero l’autista del tram e cose simili, ma non lo feci.

Però, però, però, nei momenti di interruzione delle loro chiacchiere ecco che, attraverso lo specchietto retrovisore, vedevo gli occhi di Beatrice fissarmi molto insistentemente con uno sguardo che non si abbassava per niente incrociando il mio. Furono quattro ore praticamente di chiacchiericcio tra loro e sguardi tra Beatrice e me, con il risultato che ero io per primo a scansarmi e non solo perché c’era da guardare la strada.

All’arrivo, prima di casa, sosta in una piccola e deliziosa trattoria dove l’atmosfera fu rilassata e priva di ogni incrocio di sguardi particolari tra nessuno di noi. Beatrice era gioiosa, sembrava assaporasse con infantile avidità non solo il cibo, ma anche il locale, l’atmosfera, la compagnia, tutto quanto le ruotava attorno le stimolava una specie di ingenua curiosità; non era più un’intrigante, misteriosa, a momenti cupa giovane donna, ma una ragazzina appena liberata dall’obbligo scolastico annuale che si apprestava a godere di libertà, sonno a volontà, divertimento, spensieratezza. Non un briciolo di malizia negli occhi o nei gesti.

Fu per me tranquillizzante e osservai Monica credendo di scorgere in lei lo stesso leggero stato d’animo.


PRIMA NOTTE CON l’OSPITE.

Finalmente a casa ci preparammo per la notte, loro due particolarmente stanche dai due viaggi giornalieri. CI salutammo e andammo a letto.

Nonostante quella stanchezza anche Monica, come me, aveva comunque voglia di fare l’amore. Lo facemmo non come due che erano stati distanti per due settimane, ma con la calma e la lentezza di chi sa che l’esplosione dei sensi sarebbe comunque arrivata inesorabile ma non improvvisa, bensì progressivamente preannunciata e preparata. Eppure io ero stato fedelmente in astinenza, mentre Monica, come raccontato altrove, una qualche digressione (concordata) se l’era concessa in quella barca malandrina. Come usavamo dirci “bisogna pur passare il tempo, bisogna pur che il corpo esulti”: tra noi c’era molta complicità e le trasgressioni erano concesse, purché condivise e senza coinvolgimento di sentimenti e sensi se non quelli puramente fisici. Il mio più grande piacere è stato sempre dare piacere alla mia compagna, anche attraverso altri corpi che erano per noi non più di un giocattolo sessuale, uno strumento da usare alla bisogna.

Facemmo l’amore e facendolo, come sempre, parlammo e parlammo di Beatrice.


Cominciò Monica chiedendomi semplicemente se lei mi piacesse e andammo avanti fino all’orgasmo sempre palandone. Monica avrebbe voluto averla accanto, ma, mi disse, senza di me, così come l’aveva desiderata disperatamente sulla barca, senza successo, dovendo poi ripiegare (si fa per dire) su una formidabile scopata col marinaio (di questo ho già scritto). Io di Beatrice pensai che mi sarebbe piaciuto solo sfiorarle il corpo nudo, solo guardarla, fosse anche immobile, oltre che ovviamente avvinghiata a Monica nei più spudorati e osceni abbracci, ma quest’ultima visione sparì quasi subito, esaurì il suo effetto afrodisiaco. Strano perché vedere Monica fare sesso con un’altra donna era sempre stato un grande piacere per me. Il crescente piacere della mia compagna mi distolse un poco e mi trascinò presto in un orgasmo esplosivo. Appena dopo, prima di addormentarmi abbracciato al mio amore, mi sembrò di averle sentito mormorare, poco prima dello spasimo struggente dell’orgasmo, “oh Beatrice”!


AL MATTINO

Il mattino seguente io mi svegliai per primo e corsi in paese a fare provviste per la colazione. Monica più tardi di me e, appena sveglia, ci accomodammo in cucina per il caffè e il resto, discutendo del programma della giornata.

Dopo un po’ ecco che, strascicando i piedi nudi sul pavimento di legno, scompigliata e imbronciata arrivò Bea. Aveva un corto e largo, molto largo, leggero pantaloncino e una canottiera che sembrava essere quella di un muratore grande il doppio di lei. Non era più la ragazzina della sera prima in trattoria ma un’oscena provocante ninfetta, promettente dispensatrice di godimenti proibiti. E’ questo l’effetto che mi fece e non fui solo a riceverlo. Tutto in un attimo, sentii una pulsione salirmi dall’inguine e guardai Monica; aveva gli occhi liquidi tipico segnale della sua eccitazione. Tutto, ripeto, in 10 secondi.

Beatrice si avvicinò lentamente al tavolo, attraversò quei 5 o 6 metri di stanza come fosse in precario equilibrio su una stretta passerella, mi passò lentamente di fianco e riuscii a vedere di lato completamente il suo seno piccolo ma prepotente in quella canottiera che, senza, sarebbe stata meno nuda. Scostò la sedia accanto a quella di Monica e, prima di sedersi, si abbassò su di lei stampandole un lungo, delicato e umido bacio sulla bocca. Muta, accigliata, così semplicemente come stesse dicendo “buongiorno”. Monica spalancò gli occhi sorpresa, immobile, per poi sciogliersi in un sorriso felice e tenero.

Potrei ancora dilungarmi su quella mattinata, momento per momento e sarebbe necessario per meglio descrivere l’incredibile escalation che questo nascente rapporto a tre stava intraprendendo, ma allora questo racconto non sarebbe più tale e necessiterebbe di tempi e spazi consoni ad un romanzo, non a una breve scrittura. Da allora in poi ogni momento, ogni gesto, quasi ogni parola, diventarono mattoni con cui si stava costruendo una casa che la nostra trasgressione (mia e di Monica) mai aveva abitato.

Quel giorno avemmo la netta sensazione che questa intrusa stava per indossare la divisa del comando. Non aveva ancora parlato molto, aveva agito anche meno, ma la sua presenza, la sua emanazione, il suo corpo avevano avvinghiato Monica e me come una ragnatela sottile ma dura da spezzare.

Come detto salterò molti passaggi per citare solo alcuni momenti significativi se non addirittura cogenti. Alcuni atteggiamenti, alcune azioni di Beatrice erano infatti alla fine costrittivi, obbligatori e funzionali a nostre reazioni fisiche sì, ma per la prima volta nel rapporto tra me e Monica, soprattutto, e con preoccupazione, emotive.

PROSEGUENDO

Quel pomeriggio Beatrice si mise in giardino a prendere il sole. Aveva un delizioso abitino largo e lungo fin sopra al ginocchio. Era abbandonata languida sulla sedia a sdraio, una gamba ciondolante sul bracciolo , l’altra allargata, le lunghe cosce scoperte fino all’inguine protetto dal vestito arricciato.

Mi vide sulla soglia di casa e mi guardò fissa, accentuando il dondolio della gamba per poi sfiorarsi le labbra con due dita e lanciarmi un bacio apparentemente casto ma per me travolgente e sensuale. MI arrivò dritto all’inguine, pensai subito che ne avrei dovuto parlare con Monica che, giusto in quel momento si materializzò alle mie spalle, mi superò senza una parola e andò a sedersi per terra accanto a quell’intrigante, spudorata, maliziosa estranea. Ebbi un sorprendente moto di stizza. Ero geloso? Non potevo crederci. Ero geloso., ma non di Monica, ma di Beatrice!

Il mio cervello si rifiutò di accettare l’idea: erano passati meno di due giorni da quando avevo incontrato una sconosciuta ed ero già geloso di lei nei confronti del mio grande amore Monica?

Aspettai fremente sera per rimanere solo con Monica, dovevo parlarle.

Fui diretto, non era possibile immaginare di poter incrinare anche di un niente il magnifico e incredibile rapporto che avevamo. Dissi esattamente a lei quello che poco fa ho scritto.

Lei, se possibile, fu ancora più diretta e sconvolgente di me. Non fu tanto il dirmi che nel pomeriggio si erano appartate sul retro della casa e avevano pesantemente pomiciato a impietrirmi, quello rientrava nel possibile e accettabile, ma il sentirmi dire che pensava di essersi innamorata! Innamorata? Era follia per me.

Avevamo un patto sempre rispettato: dirci tutto, tutto, proprio tutto, anche le cose peggiori. Proposi di sederci al tavolo e discutere della cosa con calma. Beatrice già dormiva, eravamo soli e tranquilli.


Parlammo e convenimmo che forse anche io stavo subendo il fascino emotivo della tentatrice massima. Potevo dire che anche io mi stavo innamorando? Forse sì. Ci chiedemmo a vicenda e con terrore se questo stesse sminuendo l’amore che c’era tra noi due. No, fortunatamente no, per niente, ci amavamo esattamente come prima ma con un grosso problema in più: eravamo gelosi uno contra l’altra. Io ero in partenza battuto, al momento era dimostrato che l’oggetto del desiderio era Monica, io ero fuori dai giochi.

Tutto diventò buffo e fuori logica. Monica che mi consolava per il mio non corrisposto amore, io che la invidiavo. Fortunatamente capimmo che non c’era astio tra noi, zero, e la complicità era sempre fortissima.

Sto per riferire cose davvero surreali. Decidemmo che Monica mi avrebbe aiutato a conquistare Beatrice, continuavamo ad esser alleati e nel nostro ménage avremmo accolto il classico terzo intruso, ce la saremmo sportivamente divisa separatamente e, chissà e meglio, condivisa.

Quella sera avemmo la prova che il nostro amore era più forte di tutto, anche di Beatrice che da allora in poi avremmo trattato come una vittima, evitando di subire il suo fascino. Facemmo l’ amore furiosamente e Monica mi raccontò dei loro baci pomeridiani.

Si erano prima trattenute in giardino nella parte antistante la casa, poi si erano spostate sul retro, al riparo di ogni eventuale sguardo indiscreto, salvo l’eventuale mio, cosa che Monica sapeva non avrebbe causato nulla di più che un maggiore suo eccitamento. Lì fu Monica a prendere l’iniziativa, si denudò completamente e in un attimo, mi raccontò tra sospiri di eccitazione che non ero più solo io a provocarle, bensì il ricordo del momento, infilò la sua lingua nella bocca di Beatrice. Il primo vero, caldo, sensuale bacio tra loro. La ragazza aveva corrisposto immediatamente e non solo, era scesa velocemente sul tutto il magnifico corpo della mia donna, indugiando prima sul suo prosperoso seno (ah, chi legge meriterebbe di vederlo), sui suoi turgidi capezzoli, poi sempre più giù, fino a costringere Monica a distendersi sul prato, le gambe allargate a ricevere la bocca della prepotente ninfetta. Aveva leccato e succhiato, accarezzato e spinto con la lingua fino a simulare una penetrazione, per improvvisamente risalire fino alla bocca e trasferire quegli umori tra le labbra del mio amore. E il mio amore aveva goduto in modo sublime.

Al mattino solita scena, Beatrice che arriva in cucina dopo di noi, questa volta solo con un minuscolo slip e non altro, si trascina fino a Monica e la bacia infilandole la lingua in bocca, senza ritegno, senza rispetto per me, tanto spudoratamente che di più sarebbe stato impossibile. Monica ovviamente ricambiò con tale passione che stavano per cadere entrambe per terra. Ero basito e non ero eccitato. Finita colazione Beatrice andò in giardino, così com’era praticamente nuda; non che fossimo direttamente sulla strada principale ma qualcuno poteva sempre passare, anzi passava e in più il nostro anziano vicino di casa avrebbe potuto, poverino, prendersi un coccolone.

Guardai bene per la prima volta il corpo di Beatrice. Era sottile e sinuoso, molto sottile ma senza nemmeno uno spigolo, comunque morbida e rotonda, scorrevole, liscia. I seni piccoli, prepotenti, i capezzoli sempre ritti e turgidi, i glutei piccoli ma prominenti e duri come il marmo (questo peraltro me lo aveva confermato Monica che, beata lei, ne aveva già gustato sapore e consistenza). Beatrice si accorse eccome dl mio sguardo, stette un po’ lì a far finta di guardarsi intorno, poi venne verso la porta evidentemente per rientrare. A qualche passo da me si fermò un attimo, allungò le mani sugli slip e lentamente se li sfilò guardandomi dritto negli occhi, indugiò tutta nuda per qualche attimo per poi passarmi accanto e rientrare in casa scomparendo oltre la scala che portava alla sua stanza.

Stavo per correrle dietro ma non per sbatterla sul letto e scoparmela come non ci fosse un domani, ma per abbracciarla e gridarle il mio amore. Ma come ero messo? Ma che maledizione era caduta su di me? Raggiunsi disperato Monica, incredibile ma vero, impossibile ma salutare, parlarne con lei un po’ attutiva il dolore del mancato possesso. Facemmo un piccolo patto: lei avrebbe trascorso la notte con Beatrice lasciandomi solo a rimuginare nel mio letto, sacrificandomi generosamente per lei e lei avrebbe chiesto a me e Beatrice di andare a fare commissioni fino a Bolzano, cosa comunque realmente necessaria, permettendoci quindi di stare un po’ soli per provare io a conquistarla, 80 chilometri andata e ritorno per giocare i miei jolly. Quando si dice la complicità.

Partimmo, lei indossava soliti larghi, corti pantaloncini, larga camicia su solita enorme, scollata, provocante canottiera.

Arrivammo a Bolzano, sbrigammo le faccende. Sulla via del ritorno, appena entrati in autostrada Beatrice mi chiese di fermarmi subito dopo al primo autogrill, quindi si sfilò la camicia. (come già detto, era più nuda con la canottiera che senza). Per me era ok, anche perché avrei fatto rifornimento. Arrivati sul piazzale fummo costretti a parcheggiare sul piazzale riservato ai camion, considerato che quello per le auto era stracolmo. Lei scese dall’auto e io feci per porgerle la camicia. Figuriamoci, non la degnò neanche di uno sguardo e prese a camminare verso il bar con fare altezzoso e provocante, sapendo di essere sotto gli occhi di almeno tre o quattro camionisti che, immagino, se la sarebbero scopata subito a sangue sul sedile del loro mezzo o sulla parete dei bagni dell’autogrill. E lei lo sapeva. Lei lo sentiva. Lei sapeva che io lo stavo pensando.

A quel punto, per incanto, io ripresi appieno il controllo della situazione. Stava provocandomi, ne avrebbe subite le conseguenze.

Tornammo finalmente in macchina, lei spudorata tirò fuori il capo dal finestrino per salutare giocosa l’addetto ai distributori.

Fatto un paio di chilometri le dissi che Monica mi aveva detto della loro pomiciata e che avrebbero trascorso la notte insieme. Non batté ciglio.

Le chiesi se Monica le aveva già detto delle sue (nostre) molteplici esperienze sessuali. Qui mi sembrò di scorgere in lei un lievissimo turbamento, ma rimase ancora in silenzio.

Era seduta a gambe larghe, i pantaloncini tanto ampi che ci avrei potuto infilare la testa. Continuando a guidare però la testa non potevo distoglierla dalla strada e allora la mia mano destra si posò leggera sulla sua coscia, lei immobile, piano risalii verso l’inguine, lei sempre ferma, fino a raggiungere la sua fighetta, aveva una fighetta, le labbra dure ma accoglienti, non portava gli slip. Le mie dita si infilarono delicatamente nella fessura, era bagnata, al contatto le sfuggì un gemito di piacere; rallentai, acuii i sensi e l’attenzione e continuai piano piano a carezzarla; capii subito quale movimento le fosse più gradito, fui paziente, lei quasi scivolava per terra, le gambe oscenamente spalancate, la bocca che sembrava anelare ad un'altra bocca o addirittura, immaginai, al mio cazzo duro e voglioso. Per un attimo fui tentato di entrare nella prima piazzola di sosta e infilarglielo fino alla gola, ma fu solo un attimo e decisi di no. Sapevo che a breve avrebbe goduto, la mia mano rallentò, poi si fermò un attimo, poi riprese, poi rallentò e contemporaneamente le dissi che Monica a sera le avrebbe fatto la stessa cosa, anzi di più le avrebbe leccato la figa fino a farla morire, poi avrebbe infilato la sua lingua nel prezioso suo buchetto fra le natiche per succhiarle poi la lingua giusto nel momento in cui avrebbe goduto.

Furono le mie dita, forse l’immagine di Monica, forse entrambe e Beatrice esplose in un urlo che sembrava di dolore, irrigidendosi tutta sula spalliera, le gambe dritte che sarebbe scivolata per terra se non avesse avuto le cinture a trattenerla.

Ci mise un po’ a ricomporsi, io la guardavo in tralice, vidi che si sforzava di darsi un contegno, e , forse mi illusi, credetti di vederle finalmente uno sguardo tenero verso di me.

Proseguimmo tranquillamente, come se nulla fosse accaduto; io ero sì ancora eccitato, ma sapevo e so essere paziente al riguardo, sapevo e so dominare questi impulsi e comandarli quasi al secondo.

Tornati a casa pranzammo e poi Beatrice si ritirò in camera per riposare. Raccontai tutto a Monica che, scherzando o forse no, mi chiese se non l’avessi per caso esaurito la sua carica erotica per quel giorno! Ne ridemmo, ci abbracciammo a facemmo l’amore lì sul divano in soggiorno e se fosse scesa Beatrice…. Beh, tanto meglio; nel frattempo avremmo fatto da soli.

A sera avevamo un impegno; eravamo ospiti di alcuni amici che avevano anche loro una casetta deliziosa poco distante, un gran bel giardino e una piscina piccola ma confortevole nei momenti di gran caldo.

Arrivammo da loro che ancora non era del tutto scuro. Monica era splendida in pantaloni e camicetta sapientemente sbottonata e opportunamente sottile, in modo che i capezzoli, senza reggiseno, spiccassero il giusto agli occhi di chiunque avesse voluto goderne. Beatrice era altrettanto deliziosa, un abitino leggero e largo, appena sopra il ginocchio, svolazzante, anche questo con i bottoni che correvano per tutta la sua lunghezza. Era davvero prima amorevole e poi eccitante. In macchina le avrei voluto dire che l’amavo ma non volevo e potevo interrompere l’idillio che le due continuavano a manifestarsi per tutto il tragitto. Ero terribilmente invidioso di Monica e scendendo dall’auto glielo mormorai all’orecchio digrignando i denti. Lei ovviamente rise divertita. Entrando in caso provai a carezzare sulla nuca Beatrice che, antipatica, si ritrasse spazientita. Incassai il colpo elegantemente ma programmando già vendetta.

A cena eravamo in totale 10 persone, due coppie marito moglie, un terzetto di due sorelle e un prestante accompagnatore, noi tre. Tutto molto gradevole e divertente; Be atrice tranquilla ma non troppo loquace. A fine cena chiacchiere in libertà in giardino accanto alla piscina.

A un tratto Beatrice rivolgendosi ai padroni di casa chiese “posso fare il bagno?”, quasi non era arrivato il sì di riposta che lei, al centro delle nostre sedute, si era sfilato il vestito rimanendo completamente nuda per poi tuffarsi ridendo in acqua. I presenti erano tutti sufficientemente scafati per ridere con garbo divertito e non di più, per poi continuare tranquillamente a chiacchierare come nulla fosse. Monica e io ci scambiammo un’occhiata anche noi tra il divertito e il rassegnato; cominciavamo un po’ a capire quanto fosse “estrosa” e capricciosa la nostra amata.

Ma il meglio doveva ancora arrivare. Passati dieci minuti Beatrice venne fuori dalla piscina, tornò tra noi e gridò” grazie, grazie è tutto molto bello; grazie a Monica e Antonio, li amo entrambi alla follia e alla stessa maniera; voglio sposarli ” per poi baciare sulla bocca Monica e sfiorare con la lingua un mio orecchio! Beh, la cosa era talmente eclatante che non poteva essere che presa da tutti come uno scherzo e tutti ridemmo, tutti allo stesso modo apparente, Monica ed io in modo appena diverso dagli altri.

Continuammo la serata piacevolmente e cordialmente, ci divertimmo fino a molto tardi e salutandoci la padrona di casa, donna molto piacevole e sensuale, disse a Beatrice che era stata davvero molto simpatica e che sarebbe dovuta tornare con noi al più presto a trovarli. Anzi che avrebbe organizzato per il sabato successivo , quindi tutti prenotati per l’occasione. Eh no, pensammo all’unisono Monica ed io (più tardi ce lo confermammo) Beatrice ha intrigato anche lei; ok dividercela tra noi, ma poi basta!

Tornando a casa Monica chiese a Beatrice che le fosse prese e lei, candida e innocente e serafica e tranquilla e spudorata, rispose che non aveva detto altro che la verità: ci amava entrambi e voleva stare con noi! Ah, troppa intimità e complicità tra me e il mio amore per non intenderci con uno sguardo: avremmo passato la notte tutti tre insieme e non glielo avremmo neanche chiesto.

A casa ci preparammo per la notte, al momento di andare a letto semplicemente Monica la prese per mano e la portò nella nostra camera. Non servì nessuna parola e con naturalezza ci ritrovammo tutti nudi a condividere lo stesso spazio. Tra me e Monica troppa esperienza per non sapere come gestire una terza persona. L’unica differenza, forte e fondamentale, era che questa volta non c’era un terzo corpo, maschile o femminile o due in uno che fosse, da utilizzare come uno strumento per il nostro piacere, ma una donna per la quale avevamo attrazione fisica ed emotiva.

Beatrice si distese tra noi che eravamo in ginocchio ai suoi fianchi. Finalmente potevo accarezzarla e baciarla, attesi un po’ per pregustare ancora di più il piacere, poi con il dorso della mano, non con la punta delle dita, percorsi tutto il suo corpo dalla punta dei piedi fino alla fronte, quindi le bacia entrambi i seni succhiando leggermente i capezzoli che sentii irrigidirsi tra le mie labbra, le baciai le labbra dolcemente, mi ritrassi e la consegnai a Monica. Era lei a doverne godere per prima.

Fu una notte indimenticabile. La donna della mia vita, il mio amore, avvinghiata nuda, vogliosa, peccaminosa al corpo nudo di una giovane intrusa già parte del nostro sentimento. Fecero l’amore quasi con violenza e ingordigia, ma anche dolcemente; Monica si dedicò a quel corpo con generosità e altruismo. Godette sì, ma soprattutto fece godere. La nostra ninfa, prepotente, altezzosa, dominatrice era soggiogata, appassionatamente succube delle altrui voglie. Era una scena già vista ma questa volta, per la prima volta, al momento dell’orgasmo gli occhi di Monica non avevano cercato i miei per condividere il piacere e ringraziarmi per quel tipo di regalo che le facevo in queste occasioni.

Io assistetti rapito, eccitato ma in grado di non rompere quell’incantesimo; le due donne meritavano quell’intimità reciproca appena contaminata da uno sguardo, il mio, che non era estraneo. La mancanza di estraneità in questa occasione era indispensabile proprio per omaggiare l’unione non solo fisica ma anche di spirito tra le due appassionate amanti. L’estraneità, il mistero e il fascino degli sconosciuti sarebbero tornati più idonei in successive occasioni, quando il peccato della promiscuità anonima avrebbe accresciuto la libidine, l’esibizionismo e la trasgressività che Monica sapevo con certezza avere e che Beatrice prometteva con quasi altrettanta certezza di poter esercitare.

Le due si amarono davvero tanto quella sera, gli orgasmi furono multipli e alla fine si accasciarono esaurite e soddisfatte. Monica, tornata di nuovo in sé, sapeva del mio sforzo per non infrangere il loro incantesimo e che non le avrei chiesto di soddisfare il mio piacere con un amplesso che poteva essere faticoso, ma era provvista anche lei di generosità e dolcemente, delicatamente offrì al mio desiderio la sua bocca ancora odorosa degli intimi sapori di Beatrice; prima mi baciò la bocca permettendomi di assaporare attraverso lei Beatrice, poi scese tra le mie gambe per offrirmi la sua incredibile capacità di soddisfare in questo modo qualsiasi uomo; venni copiosamente senza che lei si ritraesse, alla fine l’ultimo colpo di scena; si chinò su Beatrice, interessata ma passiva spettatrice, per trasferire nella sua bocca il mio di piacere. Fu bellissimo, entrambe deglutirono passandosi poi voluttuosamente la lingua sulle labbra.

Iniziò così un dolcissimo ed eccitantissimo ménage a tre; vivevamo sì quasi isolati da tutto e tutti e non avevamo quindi nessuna intromissione di alcun tipo nelle nostre vite e questo facilitava; era in fondo una vacanza con annessi molto particolari, il difficile sarebbe arrivato dopo, al ritorno alla vita normale.

Monica e io riuscivamo ormai da anni a vivere molto felicemente gestendo anche altri corpi ed altri amplessi, ma un sentimento come quello che cominciava a legarci a Beatrice poteva diventare un vero problema.

La giovane donna invece sembrava vivere il tutto con il massimo della tranquillità, tutto scorreva facilmente. Era passato qualche giorno e gli amplessi si erano ripetuti sempre allo stesso modo, io osservatore che non aveva ancora avuto il corpo di Beatrice, loro che si concedevano rapporti anche in mia assenza; la cosa non mi dava ancora fastidio e sapevo che presto sarebbe arrivato il mio turno, Mi piaceva allungare l’attesa, sarebbe stato più dolce il primo orgasmo nel corpo della giovane donna.

In attesa della nuova serata a casa dei nostri amici, prevista per il sabato successivo, trascorremmo due giornate tranquille, scandite praticamente dagli stessi rituali; le due mie due formidabili compagne si muovevano ormai in coppia, erano fidanzate, compagne, amanti; lasciavo loro tempo e spazio da vivere da sole, si avventurarono in un paio di escursioni tra i boschi, e passeggiate in città, con sosta e pranzo fuori casa; Io me ne stavo tranquillo, aspettando il loro ritorno; vedevo Monica felice e non volevo in alcun modo turbare quel momento.

Avevo superato quella stupida forma di gelosia anche se continuavo ad essere turbatissimo da tutta Beatrice, cervello insondabile e corpo da violare. E pensavo, a riguardo, che, stando attento alla reazione di Monica, l’avrei sottoposta a qualche dura prova che dimostrasse il suo presunto amore per me. Il rapporto con Monica sembrava l’avesse tranquillizzata, ma era solo fuoco che covava sotto la cenere. Era nata per sfidare e provocare.

Un pomeriggio il nostro unico vicino di casa, ultrasessantenne neanche così ben portati, trafficava nel suo giardino. Monica leggeva in soggiorno, Beatrice bighellonava sul prato antistante casa e confinante con quello del vicino. Io l’osservavo dalla soglia. Lei si accorse di essere sorvegliata da me, si avvicinò e mi sibilò tra i denti: “ancora non mi tocchi; quando vorrai sarà troppo tardi” e allontanandosi verso la bassa siepe che divideva i confini delle due case prese a spogliarsi completamente ben conscia che il vicino l’osservava. Stette lì un po’, poi si avvicinò, sempre nuda, alla siepe e prese a parlare con l’anziano uomo.. Dopo poco si avvolse un asciugamano attorno al corpo, uscì dal nostro cancelletto e oltrepassò quello accanto, per sparire poi assieme all’uomo in casa. Me ne stetti lì a far nulla e non volli dire nulla a Monica. Passarono solo pochi minuti e la vidi ricomparire salutando allegramente l’uomo che era rimasto in casa. Avvicinandosi a me si liberò dell’asciugamano, mi passò vicino per entrare e mi baciò voluttuosamente. Non ci giurerei ma la sua bocca sapeva di cazzo. Che diavolo, pensai, ti punirò.

Arrivò il sabato sera; questa volta gli invitati eravamo solo noi tre. Manuela e Alessandro ci accolsero gioiosamente e lei indugiò abbastanza nell’abbracciare Beatrice che nulla fece per sottrarsi a quell’abbraccio voluttuoso, le mani di Manuela che insistevano molto quasi sul suo culetto così intrigante.

Dopo cena arrivò un signore, amico dei padroni di casa, persona di età indefinibile ma già avanti con gli anni, elegante in modo esagerato, dal portamento snob e distaccato, quasi sprezzante nei confronti di tutti, comunque cortese e spiritoso. Era grasso e aveva gli occhi bovini ed equivoci; alle mani due grossi anelli, appariscenti; si appoggiava, senza averne reale necessità ad un bastone che sembrava prezioso quanto quei due gioielli alle sue dita. Mi richiamò subito alla memoria quel sig. Quilty, personaggio sordido e peccaminoso della Lolita di Nabokov. I miei sensi si allertarono e contemporaneamente si insinuò in me un’idea molto ma molto cattiva, poi pensai a Monica e ogni velleità scomparve. Volevo punire Beatrice per quella provocazione con il vicino di casa. Avevo la pretesa che lei accettasse i tempi che io avevo prima che l’inevitabile accadesse tra noi e non doveva ribellarsi, ma non potevo umiliarla facendo male a Monica alla quale mi avvicinai per dirle cosa mi era passato per la testa. Lei, nonostante l’avessi rassicurata, mi guardò truce e ribadii quindi a me stesso che nulla avrei fatto che potesse turbare il mio amore.


Intanto la serata proseguiva tranquilla finché Manuela non chiese a Beatrice se volesse rifare il bagno in piscina. Ahi ahi, non stuzzicare il cane che dorme. La perversa ninfetta le rispose che no, il bagno non le andava ma, se le avesse fatto piacere, avrebbe ballato per tutti noi, ma soprattutto per lei. Ricevette un sonoro sì dai tre, Monica e io ci guardammo prima appena esitanti, poi un lampo di sottile divertimento attraversò i nostri sguardi.

Alessandro chiese che musica preferiva e lei ripose che l’Habanera “Quand Je Vous Aimerai?” della Carmen di Bizet sarebbe stata perfetta. E Habanera fu.

Che diavolo era. Per cominciare dimostrò subito di saper muoversi benissimo, aveva certamente frequentato o frequentava ancora una scuola di danza classica. Era bravissima, la musica coinvolgente, trascinante per diventare poi sensuale in uno con le movenze di lei. Il suo abitino, nuovo di zecca, ma come quello della volta precedente con i bottoni che lo chiudevano totalmente sul davanti, cominciò ad aprirsi prima cominciando dall’alto o poi salendo dal basso. Le mani di Beatrice erano così veloci che non vedevamo come facesse a liberare i bottoni. Però pian piano l’apertura in alto arrivò fino all’ombelico, lasciando scorgere abbondantemente i suoi deliziosi acerbi seni, e quella in basso era quasi all’inguine e sia io che Monica eravamo certi che non indossasse gli slip. L’atmosfera era cristallizzata, incantata, tutti eravamo estasiati da lei. Io riuscivo a essere più attento e osservavo tutti gli altri. Monica sorrideva serena, Alessandro era ammirato ma in modo composto, Manuela era certamente eccitata e quel pseudo sig. Quilty sembrava che da un momento all’altro avrebbe sbavato liberando il suo arnese dai pantaloni per masturbarsi senza ritegno.

In uno con la fine del brano in un amen Beatrice fu completamente nuda e ancora in meno che non si dica era seduta a gambe aperte sulle ginocchia di Monica con la lingua ben dentro la sua bocca in un bacio, più che ricambiato (in quanto a spudoratezza, quando voleva, Monica non era seconda a nessuno), che sembrava non finire mai. Sembrava di essere a teatro perché i tre presero ad applaudire con sincero trasporto e infatti Beatrice si comportò come una navigata teatrante, si alzò e come rivolgendosi ad un numeroso pubblico fece tre inchini, uno ad ognuno dei tre ammirati presenti. Io ne fui escluso. Con passo deciso e sfrontato tornò al centro del prato per recuperare il vestito, lo indossò con raffinata movenza e, in silenzio, andò a sedersi accanto alla sua amata Monica. Uno spettacolo.

Continuammo a chiacchierare amabilmente finché Manuela non propose un gioco di società i cui esiti erano via via la possibilità del vincitore di turno di ordinare pegno allo sconfitto del momento. Monica e io non avevamo mai avuto paura di giochi del genere ma questa volta c’era una scheggia impazzita, Beatrice, e pensammo di dover temere l’imponderabile.

Non sto ad elencarvi come il gioco si sviluppò in un crescendo di proposte ardite ma ancora facilmente gestibili da tutti, finché la vincente Manuela non chiese alla perdente Beatrice di sedersi nuda sulle ginocchia di quel quinto ospite il cui nome non ricordo e che continuerò a chiamare pseudo Quilty . Questi l’avrebbe accarezzata a suo piacimento per due minuti esatti.

Era un gioco e alla fine tutti avrebbero potuto rifiutare il pegno imposto, non sarebbe successo nulla di più che l’ascolto di qualche lamentela. Invece Beatrice scrollò le spalle e fece subito per spogliarsi. Ma, sorpresa, intervenne Monica che disse di voler fare una proposta allo pseudo Quilty: se lui avesse rinunciato a Beatrice lei gli avrebbe concesso di più e, tutta nuda pure lei, lo avrebbe anche fatto godere, ma solo se disposto a farlo sotto gli occhi di tutti. Beatrice protestò subito, io guardai Monica con occhi di rimprovero e lei mi ricambiò furiosa, sembrava volesse dirmi di non intralciare i suoi piani. Alessandro e Manuela erano divertiti come forse mai in vita loro. Beatrice protestò ancora ma Quilty la zittì, voleva Monica che si alzò e in fretta rimase completamente nuda per sedersi subito sulle ginocchia dell’uomo; fu imperiosa e decisa, trafficò sui suoi pantaloni, tirò fuori il suo membro eccitato e duro, si inginocchiò davanti a lui e prese a masturbarlo con studiata lentezza e presa forte per poi accelerare all’improvviso; il fortunato uomo non resistette granché e venne in copiosi getti di sperma. Monica non si scompose, si rialzò, tornò indietro e baciò prima Beatrice, poi me e ci chiese di tornare a casa. Salutammo e andammo via. Appena sul vialetto scoppiammo tutti tre a ridere forte. Prima di entrare in macchina bacia forte e a lungo Monica, poi strinsi a me Beatrice che si abbandonò languida nelle mie braccia mentre con le mani le sbottonavo il vestito per farle sentire sul ventre la forza del mio desiderio.

A casa finalmente Beatrice fu mia e fu nostra. Lei era completamente a nostra disposizione. Le nostre mani e le nostre bocche attraversarono tutto il suo corpo. La mia lingua esplorò a lungo il suo sesso mentre quella di Monica succhiava nella su bocca. Beatrice gemeva di piacere, il corpo scosso da tremiti sempre più forti. Presi la sua mano e, finalmente, la portai a toccare il mio prepotente desiderio, Lei lo strinse delicatamente e lo massaggiò su e giù con la perizia di chi ne avesse maneggiati chissà quanti prima mentre Monica non smetteva un attimo di carezzarla e baciarla e poi fu lei, Monica, a guidarla su di me che intanto mi ero steso in attesa che Beatrice si sedesse su di me. Fu Monica che le cinse i fianchi mentre io penetravo quella figa tanto agognata, una figa stretta e accogliente: guardai Monica che mi sorrise. Non ci misi molto e riuscii a capire così bene i suoi sospiri crescenti e lamenti di piacere che praticamente godemmo insieme e giusto in quel momento Monica si chinò a baciarmi per poi correre alla bocca di Beatrice con voluttà ancora maggiore.
Rimanemmo tutti tre qualche minuto a riprendere fiato, anche se fino ad allora non è che Monica avesse granchè goduto. La ragazzina dominante e prepotente era ai nostri piedi e io dovevo ancora prenderla nella parte più nascosta. Monica capì subito il mio intento e offrì l’apertura delle sue gambe alla terribile ragazzina che si chinò su di lei offrendo a me la vista e la disponibilità del suo culo perfetto. Una visione da paradiso e anche in questo caso chi legge meriterebbe di avere la possibilità di vedere. Le allargai le natiche e la mia lingua esplorò quel piccolo foro che apriva le porte di un paradiso. Beatrice, pur intenta a leccare le delizie di Monica, ebbe un fremito, inarcandosi ancora di più e spingendo verso di me. Proseguii per parecchio tempo, incapace di staccarmi da quella delizia, spostandomi da lì più giù fino alla fica e viceversa. Sentivo che Beatrice stava per godere e Monica, sotto di lei, pure. Allora avvicinai la punta del mio cazzo a quel benedetto buco, lei se ne accorse a trasalì ancora di più, spinsi piano piano, entrai un po’ dentro di lei che si irrigidì, fui paziente e aspettai prima di spingere ancora un po’, lo facevo quando sentivo che lei continuava a baciare Monica , poi a un tratto salì dalla fica alla bocca di lei, allora non resistetti, spinsi forte e tutto il mio cazzo la penetrò. Fu magnifico e lei subito cominciò a corrispondere ai miei movimenti. Eravamo un tutt’uno, tre corpi in uno. Godetti dentro di lei mentre lei soffocò il suo piacere nella bocca della mia donna. Rimanemmo così, uno sull’altra, per un po’, poi io sentii la necessità assoluta di abbracciare Monica senza però allontanare Beatrice. Dormimmo così








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2024-04-21
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