Trasgressione in ufficio
di
MALXMXXXX
genere
confessioni
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Ormai era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci Il sig. Gianni mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla seconda boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle stringendomi, poi quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo fare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso "pompino con ingoio" da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici perciò ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi freddamente continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita, prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione, tanto che non mi accorsi subito che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave e non si era ancora accorto del nuovo arrivo, sussultando tolse il cazzo dalla figa e lo infilò fra mie tette continuando il va e vieni, infatti venne inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO. Ciao MONICA
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci, mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici e io ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione tanto che non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo appoggiava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci, mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici e io ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione tanto che non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo appoggiava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci, mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici e io ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione tanto che non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo appoggiava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci, mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici e io ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione tanto che non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo appoggiava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci, mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici e io ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione tanto che non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo appoggiava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Ormai era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci Il sig. Gianni mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla seconda boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle stringendomi, poi quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo fare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso "pompino con ingoio" da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici perciò ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi freddamente continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita, prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione, tanto che non mi accorsi subito che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave e non si era ancora accorto del nuovo arrivo, sussultando tolse il cazzo dalla figa e lo infilò fra mie tette continuando il va e vieni, infatti venne inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO. Ciao MONICA
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci, mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici e io ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione tanto che non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo appoggiava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci, mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici e io ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione tanto che non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo appoggiava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci, mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici e io ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione tanto che non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo appoggiava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci, mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici e io ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione tanto che non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo appoggiava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
Vi interessa conoscere il seguito? NON PERDETEVI IL SECONDO TEMPO
“TRASGRESSIONE IN UFFICIO”
Grazie per avermi letto in tantissimi nella mia prima confessione “TRASGRESSIONE A ROMA”.
Oggi voglio confessare cosa mi è capitato quando a 20 anni sono stata assunta nello studio di due famosi Architetti, di cui anche se sono passati parecchi anni non farò i nomi. Diciamo solo che la società prendeva i nomi altisonanti dei due titolari ed era situate in una delle zone più importanti di Milano.
Gli architetti erano molto diversi tra loro. Il più giovane aveva circa 25 anni era veramente un bel uomo, alto, prestante, sempre allegro e simpatico. Tutti lo chiamavano semplicemente sig. Gianni; mentre l’altro ne aveva quasi cinquanta, non era bello però sempre elegante e raffinato, di nobile casata, decisamente interessante, non dava mai confidenza a nessuno; anzi incuteva soggezione e veniva chiamato rispettosamente, sig. Conte, ma io preferivo chiamarlo Architetto.
Era passato circa un anno dalla mia assunzione, avevo meritato fiducia e considerazione da parte di entrambi. Mentre il più giovane mi dimostrava un certo interesse che non mi disturbava affatto. Una bella mattina mi disse: “Monica, questa mattina venga con me che la presento in banca, dove prossimamente provvederà lei a fare versamenti e prelievi accompagnata dal nostro autista che le farà da Bodyguard ,visto che spesso porterà con se dei contanti.
Così sono salita sulla sua Morgan spider rossa. Non ero mai montata su di un’auto così fantastica e la cosa mi intrigava molto. Facemmo così il giro di qualche banca dove mi presentò ai direttori, che mi fecero un’ottima accoglienza e molti complimenti. Devo dire che allora ero veramente uno schianto, alta uno e settantacinque, quarta di seno, lunghi capelli biondi, coscia lunga, un gran bel culo a mandolino e tutti dicevano che assomigliavo moltissimo a Monica Vitti, (quindi facciamo finta che Monica sia il mio nome).
Poi visto che era quasi mezzogiorno, il sig. Gianni mi disse: “Bene! Monica che ne dice di andare a pranzare in una buona trattoria fuori porta, tanto abbiamo tutto il tempo”. Accettai senza problema. La trattoria era veramente carina, il cibo delizioso, lo annaffiammo con un ottimo chianti, io non ero abituata a bere vino tantomeno a pranzo, ma lui continuava a versarlo e io non potevo certo rifiutare.
Finalmente risalimmo in auto per tornare in ufficio, ma poco dopo, accostò in una piazzola, per comprare le sigarette, un grosso TIR ci parcheggiò a fianco nascondendoci, mi offrì una Marlboro che accettai, anche se non ero una fumatrice; infatti, alla prima boccata mi venne un forte attacco di tosse che non riuscivo a smettere. Lui come per aiutarmi mi mise un braccio intorno alle spalle e quando smisi di tossire senza dire una parola mi baciò ficcandomi la lingua in bocca con passione, mentre la sua mano scivolava dentro al mio reggiseno strizzandomi un capezzolo tra le dita, per poi pastrugnarmi le tette, non posso dire che la cosa mi dispiacque, anzi mi fece venire i brividi e contraccambiai appoggiandogli casualmente una mano sul pacco, trovandolo già bello duro, così con la massima naturalezza lui lo tirò fuori (ecco perché gli uomini usano la lampo nei calzoni, è molto più veloce dei bottoni) in un secondo mi ritrovai il suo membro in mano e dolcemente cominciai a segarlo, mentre lui delicatamente ma con decisione mi spingeva giù la testa, mi ritrovai il suo uccello già scappellato a pochi centimetri dalla bocca, non ci pensai un attimo, e lo feci sparire in bocca e per poi andare su e giù succhiandolo e leccandolo come piaceva tanto al mio ragazzo, al quale per la prima volta stavo mettendo le corna.
Nel frattempo, il sig. Gianni passò dalle mie tette direttamente alla vagina, assecondandolo allargai le gambe e lui spostandomi le mutandine, mi infilò l’indice e il medio profondamente in fica mentre col pollice mi titillava la clitoride. Sono andata così in caldana che mentre lo pompavo appassionatamente me ne venivo quasi subito bagnandogli le dita, lui sentendomi così bagnata mi eiaculò abbondantemente in bocca, cosa potevo pare? Sputare? (Come facevo con Max) mi pareva poco elegante, poi il suo sperma sembrava un dessert delizioso e caldo così ho bevuto tutto fino all’ultima goccia, ripulendo attentamente la cappella leccandomi le labbra.
Tornati in ufficio sembrò giusto e normale continuare reciprocamente a darci ancora del lei.
Quella sera, quando uscii con il mio “moroso” (allora a Milano si diceva così), ero ancora talmente eccitata da ciò che era successo quel giorno, che quando finimmo la serata nel solito posto isolato dove le coppiette in macchina davano sfogo alla libidine, gli feci un favoloso pompino con ingoio da mandarlo letteralmente fuori di testa, mentre anch’io venivo sotto i colpi della sua lingua lui ansimando mi diceva “Monica, stasera sei stata veramente fantastica “. Io pensai “beh se gli è piaciuto così tanto, anche se non sa il perché, non gli ho fatto proprio niente di male.
Del resto, da quando a sedici anni sono stata deflorata da un bagnino di Viserbella, che mi ha insegnato a succhiare il cazzo, come cristocomanda, senza far sentire i denti eccetera, il mio motto è sempre stato; “Un bocchino non si nega a nessuno”.
Dopo quanto successo per alcune settimane non accadde più nulla, tanto che pensavo lui avesse deciso di non avere altri rapporti con una sua dipendente. Quindi visto che guadagnavo abbastanza bene, il lavoro mi piaceva e non pensavo certo di far carriera succhiandogli la mazza, anzi semai correvo proprio il rischio contrario. Si sa come possono essere bastardi gli uomini. Decisi quindi di tenerlo alla larga, Stop! Tutto proseguì senza nessun contatto, finchè un bel giorno, lui entrò nel mio ufficio, dove lavoravo da sola, era il cosiddetto “ufficio segreto” dove non entrava mai nessuno. (chi vuole capire capisca…).
Con la massima indifferenza gli dissi, “Buongiorno sig. Gianni, mi dica?” ma proprio in quel momento squillò il telefono, era Max, (proprio il mio ragazzo) ed io ostentatamente gli risposi, ignorando il mio titolare, che si portò alle mie spalle e senza dire una parola mi infilò le mani nelle tette tirandomele fuori, io volevo rifiutare ogni contatto, ma non potevo respingerlo finchè non avessi terminato la telefonata, così, mentre parlavo il maiale ne approfittò per infilarmi il membro già tosto in bocca, non riuscivo a parlare e mi limitavo a mugolare strane risposte mmm..… mmm… mmmmm…, ma il suo cazzo continuava ad andare avanti e indietro fino in fondo alla mia gola, causando uno strano sciacquettio.
“Cosa ti succede??” chiese il mio ragazzo ed io spostandomi dalla minchia risposi, “Scusa stò bevendo un teh”. Ma il Gianni non aveva nessuna intenzione di ritirarsi, anzi avendo compreso che ormai non ero in grado di interromperlo, aumentò il va e vieni strizzandomi i capezzoli (sapeva che erano il mio punto debole).
Parlare con Max mentre succhiavo la mazza del mio capo che intanto mi palpava le tette, mi mandava la libidine alle stelle e ormai mi stava sconvolgendo, mentre il mio caro fidanzato mi diceva che fra mezzora sarebbe venuto a prendermi in ufficio, riuscii a malapena a sgusciare dal cazzo per rispondergli “Forse è meglio almeno un’ora perché stasera mi sa che devo fare gli straordinari, anzi adesso ti devo lasciare che è arrivato il mio capo, ciao amore” e riattaccai.
Intanto l’uomo infoiato come un pazzo mi sfilava la camicetta e il reggiseno (che tanto le zinne erano già fuori). “Monica ti voglio vedere nuda”. “Ma se non mi ha più filato neanche di striscio” rispondevo piccata, e lui “Tu forse non te ne sei accorta ma ultimamente abbiamo dei seri problemi economici e io ho avuto il mio bel da fare”, effettivamente non mi ero resa conto che vi fossero dei problemi con le banche, così pensai di consolarlo risollevandogli il morale e anche l’uccello.
Feci scivolare a terra la gonna, ma non le mutandine, lui mi guardò interrogativo, io gli dissi continuando a dargli del lei.
“Queste me le deve togliere senza toccarmi con le mani ma solo con la bocca”.
Va bene rispose con la voce resa roca dall’eccitazione, “Però poi ti voglio chiavare, perciò non ti ho ancora sborrato in bocca”.
“Non lo so se lo merita prima mi deve far godere, leccandomi la figa” risposi. “Poi si vedrà, magari le faccio solo un bel bocchino, comunque abbiamo un ora di tempo”.
Lui si diede subito da fare, agganciò con i denti l’elastico delle mie mutandine e le tirò verso il basso, allargai le gambe per offrirgli spudoratamente la mia vulva. Lui non aspettava altro, si tuffò tra le mie cosce lappandola golosamente, succhiandomi forte la clito poi infilandomi la lingua il più in fondo possibile come un piccolo cazzetto a questo punto ero sconvolta dalla libidine e volevo che il suo uccello mi entrasse subito nella figa bagnata.
Gianni con una manata buttò per terra tutte le carte che ingombravano la scrivania e mi ci fece sdraiare supina, poi mi aiutò a mettere le gambe all’aria sopra le sue spalle, così la mia fighetta già sgocciolante lo aspettava spalancata, pregustando ogni secondo; Stando in piedi mi strusciò il glande tra le grandi labbra poi finalmente fece entrare lentamente il cazzo durissimo in figa che lo accolse come risucchiandolo dentro. Che libidine fantastica! Cominciò a pomparmi con forza era tanto tempo che non venivo chiavata così
Con il mio fidanzato, nella sua piccola auto “Bianchina”, purtroppo eravamo stretti e scomodi, così di solito godevamo solo succhiando e leccandoci a vicenda mentre ora invece scopavo come una pazza multiorgasmica venendo a ripetizione tanto che non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nell’ufficio e ci stava guardando… L’Architetto, con le braccia incrociate ed uno sguardo severo, anzi sembrava addirittura furibondo ci stava osservando.
Quell’imbecille di Gianni non aveva richiuso la porta a chiave, non si era ancora accorto del nuovo arrivo e sussultando ha tolto il cazzo dalla figa e lo appoggiava in mezzo alle mie tette inondandole di sborra gridando: “Vengo… vengo…succhiami l’uccello zoccola”.
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