Pigmei - commercio di schiave (parte 7)

di
genere
sadomaso

Quando arrivarono alla villa di Antonio, Francesca, la schiava sedile, era molto più provata di Monica, che aveva solo dovuto reggere la Padrona sul ventre e che, avendo visto cosa era accaduto all’altra ragazza, aveva trattenuto ogni lamento.
“Giù a sgabello”.
Monica non aveva capito subito a quale postura si riferisse Monique la quale, spazientita, colpì con lo scudiscio un corpo già provato dalla frusta.
Il Padrone di casa, che si era recato a riceverle, restò basito dalla scena cui assistette, benchè Chanel, per lettera, gli avesse anticipato qualcosa, pur restando nel vago.
“Devi farci da scalino”.
La nuova frustata la colpì sui seni e la ragazza si mise accucciata a terra in modo che il suo corpo fosse un comodo appoggio alla giusta altezza per scendere comodamente dalla carrozza.
Entrambe posero il piede sulla schiena, avendo cura di premere col tacco.
Monica sopportò il peso di Monique ma si lamentò quando sopra di lei salì Chanel che schiacciò più del dovuto.
In parte fu per sadismo, in parte perché quelle schiave dovevano da subito abituarsi a soffrire per servire e per il piacere altrui.
La Padrona restò ritta sullo scalino umano fino a che Antonio non si avvicinò per prenderle la mano e, da gentiluomo, aiutarla a scendere.
Chanel era divertita nell’osservare gli occhi dell’uomo puntati sulla ragazza ancora a terra.
“Quantomeno insolita questa modalità di discesa dalla carrozza”.
Chanel e la socia avevano preso alloggio in una villa di un amico di famiglia di Chanel.
Non lo vedeva da tanto tempo al punto che lui, Antonio, la scrutò attentamente alla ricerca delle fattezze a lui note.
Evidentemente non aveva saputo della sua avventura di vita che l’aveva cambiata nel corpo, reso sicuramente più robusto, ma anche e soprattutto negli occhi, che avevano smesso di comunicare con l’anima, più freddi e determinati.
L’uomo pensò che il cambiamento fosse dovuto agli accadimenti francesi, che l’avevano provata della famiglia e lei glielo lasciò credere.
La donna trovò stupore ma non resistenza quando gli chiese di poter ospitare nelle stalle le due giovani ragazze.
Gli aveva detto che si trattava di figlie di suoi servi che si portava dietro per servizio e lui aveva fatto finta di crederci, facendo però capire che l’ospitalità avrebbe compreso anche l’utilizzo di quegli oggetti.
Antonio era nato ricco, sebbene non fosse nobile aveva gran classe e raffinatezza, anche nel linguaggio e, in quel particolare frangente, riuscì comunque a controllare l’uso corretto ed elegante delle parole.
Quell’uomo avrebbe potuto essere un ottimo test, per verificare se una persona abituata alla classe ed all’eleganza, anche dei movimenti, avrebbe potuto essere interessato ad una schiava così grezza.
“Saresti così cortese da prendere le due borse che abbiamo lasciato all’interno della carrozza? I bauli grandi, legati dietro, possono essere presi dopo, dalle serve”.
Chanel aveva un sorriso invitante, tipico di chi vuol fare capire di avere notato il turbamento altrui ma senza volerlo far pesare e, anzi, cercando di superarlo.
Antonio conservò un certo imbarazzo che, però, svanì velocemente, sostituito dall’eccitazione nel porre una scarpa sulla schiena della giovane ai suoi piedi per salire sulla carrozza.
Era decisamente più pesante delle due donne ma la ragazza riuscì a sopportare bene la persona sopra di lei.
L’uomo scese con la prima borsa e risalì per prendere la seconda, ormai dimentico di ogni imbarazzo e, anzi, a suo agio nell’uso di quei corpi docili e fermi, in attesa di essere usate per rendere il servizio richiesto o, meglio, imposto.
“Lascia caro Antonio, conosco la strada verso la tua bellissima sala. Saresti così cortese da curare tu che i nostri bauli vengano portati nelle nostre camere? Contengono effetti personali e preferirei che fossi tu a curartene. Naturalmente potrai ricorrere alla forza lavoro di queste due servette”.
Era cosa non comune che di questa attività se ne curasse il padrone di casa, ma era evidente che Chanel volesse consentirgli il divertimento nell’uso delle schiave.
Nella sua lettera era stata abbastanza chiara nella spiegazione e, così, lo fu lui nella sua risposta, benché, all’atto pratico, non si aspettasse una situazione simile.
Monique, anch’essa divertita nell’osservare la reazione di uomo di classe mai abituato alla vera schiavitù, venne in ulteriore soccorso per infrangere ogni qualsiasi avanzo di imbarazzo.
Diede due colpi con lo scudiscio a ciascuna schiava.
Monica era ancora rannicchiata in terra e le ricevette sulla schiena, offrendo un eccitante spettacolo con la sua contorsione e, soprattutto, con la sua mancata ribellione, naturale per le Padrone, una novità per l’ospite.
Francesca venne invece colpita al fianco ed ai seni e, dal dolore e dalla paura, si prostrò ai piedi di Monique così, almeno, avrebbe ricevuto le prossime sulle schiena.
Non furono ulteriormente colpite.
La Padrona pose una scarpetta sulla testa della ragazza ai suoi piedi mentre offriva lo scudiscio ad Antonio.
“Non farti problemi ad usarlo se queste servette non sono solerti come desideri”.
Chanel aveva toccato con delicatezza due aspetti. Il primo era riferito alla possibilità di frustarle, mentre il secondo era riferito all’uso anche solo per il piacere di frustare.
Non aveva dubbi che il messaggio fosse arrivato. Ogni possibile residuo della possibilità che l’uomo non avesse bene compreso, venne spazzato via dal suono della prima scudisciata sentito mentre entravano in casa.
Altro suono analogo venne avvertito subito dopo.
“Prendete prima quel baule, con attenzione”.
Ancora una scudisciata.
Chanel e Monique si guardarono con l’intesa solita cui erano abituate volendo comunicare tra loro solo con gli occhi.
Quell’uomo sarebbe stato sicuramente un ottimo ospite ma anche, e soprattutto, un test per verificare il gradimento di quelle bestie così grezze.
di
scritto il
2024-05-25
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