Solo un dito dentro di lei
di
Whatwecant
genere
etero
Solo un dito dentro di lei. Solo quello al massimo, un confine varcato, arrivo lì, è già sbagliato, ma lo devo fare.
Una cosa imprevista, una cosa nell’aria, da mesi, settimane, ad un certo punto è cambiato, uno switch nella testa, lo sapevo, non sapevo se lei lo sapeva, come fai a capirlo, come capisci se lei ha poco più di vent’anni, tu quasi il doppio, certo che vi siete intesi, capiti, divertiti, ma lì era lavoro.
Il dito si avvicina, indeciso se da solo o con un altro, gentilezza o un po' più forza, non dovrei, ma lei è lì, non si è offerta a me, sa che è sbagliato ma il suo corpo le dice altro, le dice che è disposta a offrirsi. Che vuole offrirsi.
Poche ore prima un aperitivo con altri, un saluto di fine affiancamento, solo che lei così era diversa, il fisico alto, un top a fascia senza reggiseno, un jeans alto, l’ombelico scoperto e un piccolo piercing.
Poi due chiacchere in un locale, la sera era libera, non c’era la famiglia, lei non aveva famiglia, troppo presto, libera e serena o tormentata come sei tormentata a vent’anni, dove sai che però il mondo ti si sta aprendo.
E quando il dito sfiora le sue cosce, sfiora le sue labbra e con il cuore impazzito entra non trova resistenza. Scivola, umido, sembra non toccare niente, entra e solo dopo un po' avverte qualche parete intorno, la sua pelle dentro, è tutto caldo, umido, bollente.
Un’oretta dopo la fine della serata siamo ancora a chiaccherare, lei dice se vuoi ci fermiamo un po' su, su è un appartamento, non c’è nessuno, è sbagliato. Però quel corpo, quel leggero sfiorarsi della cosce, quelle braccia vicine durante lo stage, quel saluto finale che ti ha portato a metterle una mano sulla schiena in maniera diversa, un abbraccio e un momento di contatto, magnetica, vicini.
Saliti, il tempo passa inutile, lei lo vorrebbe ma non lo chiede, io non lo domando, è sbagliato, ho famiglia.
Poi lei lo dice: - un po' lo vorrei. -
Io le dico: in un’altra vita, non è giusto.
Lei ci pensa un attimo, poi dice solo: lasciami sfogare, non fare niente.
Non tocca il top, non le vedo il seno, si abbassa i jeans, non mi guarda, si abbassa gli slip, si sdraia sul divano, si passa un dito tra le gambe.
Io rimango vestito, non devo fare l’errore di fare diversamente, la osservo, guarda in alto o chiude gli occhi, si tocca sul clitoride, è già umida, si sfiora il seno, non si muove ancora anche se la vedo aprirsi.
Quando vengo indietro il dito è bagnatissimo, sopra c’è il suo umido, i pantaloni mi esplodono ma non faccio l’errore, torno dentro, le dita sono due, ma non la tocco forte, semplicemente entro, vado più dentro che posso e lentissimo esco, lo faccio poche volte, lento, mentre la osservo.
Scivolo quasi, perché è bagnatissima e vedo che aumenta la velocità sul clitoride e sento il cuore ancora più a mille, non ci credo, è tutto assurdo, vedo qualche rivolo di umido scenderle sotto ogni volta che esco, arriva il momento più terribile, apre le labbra, inizia ad ansimare, vado piano con le dita, non devo essere io, vado dentro finché posso, la voglio toccare dentro, farmi sentire ma cerco di non andare veloce, vado lento, verrà con il clitoride.
Dal polso scende un rivolo di umido, esce da lei, poi delle gocce, muovo l’altra mano e la metto sopra alla sua, non la tocco, solo gliela stringo, mi faccio trascinare, ho solo la mano appoggiata, le dita dentro ma è lei, si tocca.
Si inarca sulla schiena, in mano mi arrivano gocce e gocce, si ferma, rossa in viso, e poi geme, sbuffa, allunga una gamba, ancora gocce e un altro rivolo, giù per la sua coscia, giù sul divano, geme ancora e poi si rilassa.
Sta così un minuto, le mie dita dentro, rossa in viso, umida sotto, bellissima.
Una cosa imprevista, una cosa nell’aria, da mesi, settimane, ad un certo punto è cambiato, uno switch nella testa, lo sapevo, non sapevo se lei lo sapeva, come fai a capirlo, come capisci se lei ha poco più di vent’anni, tu quasi il doppio, certo che vi siete intesi, capiti, divertiti, ma lì era lavoro.
Il dito si avvicina, indeciso se da solo o con un altro, gentilezza o un po' più forza, non dovrei, ma lei è lì, non si è offerta a me, sa che è sbagliato ma il suo corpo le dice altro, le dice che è disposta a offrirsi. Che vuole offrirsi.
Poche ore prima un aperitivo con altri, un saluto di fine affiancamento, solo che lei così era diversa, il fisico alto, un top a fascia senza reggiseno, un jeans alto, l’ombelico scoperto e un piccolo piercing.
Poi due chiacchere in un locale, la sera era libera, non c’era la famiglia, lei non aveva famiglia, troppo presto, libera e serena o tormentata come sei tormentata a vent’anni, dove sai che però il mondo ti si sta aprendo.
E quando il dito sfiora le sue cosce, sfiora le sue labbra e con il cuore impazzito entra non trova resistenza. Scivola, umido, sembra non toccare niente, entra e solo dopo un po' avverte qualche parete intorno, la sua pelle dentro, è tutto caldo, umido, bollente.
Un’oretta dopo la fine della serata siamo ancora a chiaccherare, lei dice se vuoi ci fermiamo un po' su, su è un appartamento, non c’è nessuno, è sbagliato. Però quel corpo, quel leggero sfiorarsi della cosce, quelle braccia vicine durante lo stage, quel saluto finale che ti ha portato a metterle una mano sulla schiena in maniera diversa, un abbraccio e un momento di contatto, magnetica, vicini.
Saliti, il tempo passa inutile, lei lo vorrebbe ma non lo chiede, io non lo domando, è sbagliato, ho famiglia.
Poi lei lo dice: - un po' lo vorrei. -
Io le dico: in un’altra vita, non è giusto.
Lei ci pensa un attimo, poi dice solo: lasciami sfogare, non fare niente.
Non tocca il top, non le vedo il seno, si abbassa i jeans, non mi guarda, si abbassa gli slip, si sdraia sul divano, si passa un dito tra le gambe.
Io rimango vestito, non devo fare l’errore di fare diversamente, la osservo, guarda in alto o chiude gli occhi, si tocca sul clitoride, è già umida, si sfiora il seno, non si muove ancora anche se la vedo aprirsi.
Quando vengo indietro il dito è bagnatissimo, sopra c’è il suo umido, i pantaloni mi esplodono ma non faccio l’errore, torno dentro, le dita sono due, ma non la tocco forte, semplicemente entro, vado più dentro che posso e lentissimo esco, lo faccio poche volte, lento, mentre la osservo.
Scivolo quasi, perché è bagnatissima e vedo che aumenta la velocità sul clitoride e sento il cuore ancora più a mille, non ci credo, è tutto assurdo, vedo qualche rivolo di umido scenderle sotto ogni volta che esco, arriva il momento più terribile, apre le labbra, inizia ad ansimare, vado piano con le dita, non devo essere io, vado dentro finché posso, la voglio toccare dentro, farmi sentire ma cerco di non andare veloce, vado lento, verrà con il clitoride.
Dal polso scende un rivolo di umido, esce da lei, poi delle gocce, muovo l’altra mano e la metto sopra alla sua, non la tocco, solo gliela stringo, mi faccio trascinare, ho solo la mano appoggiata, le dita dentro ma è lei, si tocca.
Si inarca sulla schiena, in mano mi arrivano gocce e gocce, si ferma, rossa in viso, e poi geme, sbuffa, allunga una gamba, ancora gocce e un altro rivolo, giù per la sua coscia, giù sul divano, geme ancora e poi si rilassa.
Sta così un minuto, le mie dita dentro, rossa in viso, umida sotto, bellissima.
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