Sferza e benefici (parte 3)

di
genere
sadomaso

**Brando**
Dopo la perdita della mia prima moglie, il mio rapporto con Federico è cambiato in modo significativo, come doveva essere. Non posso accettare di mantenerlo senza che contribuisca in qualche modo, ad esempio gestendo le mie frustrazioni e soddisfacendo il mio desiderio di praticare la frusta. Avevo già ai fini di collezionismo questi strumenti, sono un appassionato di fruste. Sentivo che era giunto il momento di metterli alla prova. Il mio obiettivo principale era educare Federico, ma se nell’educazione disciplinare trovavo soddisfazione personale, tanto meglio.

Mi accorsi che il rendimento negli studi subì un drastico calo dopo il lutto.
Sia i professori che il registro online me lo confermavano.

Inoltre cambió il suo comportamento divenendo timido e remissivo, rimanendo in balia dei bulli dell’istituto.

Dopo l’ennesimo cattivo voto gli dissi che da quel giorno si sarebbe cambiando registro e si sarebbero introdotte le punizioni corporali. Lui impallidì e volle ribattere per protesta qualcosa che non ebbe tempo di concludere. Uno schiaffone lo tacque. Se ne andò in camera infastidito con un atteggiamento da ribelle.

Entrai nella sua camera brandendo una frusta corta in pelle nera. Gli dissi: “La nuova disciplina parte da oggi, quindi verrà punito il tuo 5”.
Federico: “Quel 5 era sul registro online da giorni, non puoi punirmi retroattivamente!”.

Gli dissi di che ormai le avrebbe due volte e di tacere perché da quel giorno ogni sua replica raddoppiava la dose di flagellazioni.
Si ribellò tentando di uscire dalla stanza che però chiusi a chiave. Le nerbate partirono in modo disordinato, si divincolava ma ne prese quanto bastava.

Continuarono le punizioni e il senso di ribellione, con la legge della Frusta, gli passó presto. La sua disciplina mi fu ripagato con la goduria che mi provocava, tant’è che non c’era modo di nascondere le mie erezioni che trasparivano dai miei jeans.

**Federico**
Mio padre, dopo la scomparsa di mia madre, divenne un uomo severo e duro. Le sue mani callose e le guance segnate dal sole raccontano di anni di lavoro col camion, ma è la sua disciplina rigida che lascia il segno più profondo.

Ormai le punizioni corporali sono all'ordine del giorno nella nostra casa. Quando commetto errori, grandi o piccoli, non c'è scampo. La frusta e la cinghia di mio padre mi ricordano a modo loro la necessità di disciplina e rispetto. Le cicatrici sul mio corpo sono testimoni mute delle lezioni che ho imparato a caro prezzo.

Non sono un ragazzo forte o audace come mio padre vorrebbe. Sono timido e sensibile, soprattutto da quando mia madre non c’è più, mi rifugio nei libri che tengo nascosti sotto il letto. Lì posso viaggiare verso mondi lontani, lontano dalle grida e dalle punizioni che mi attendono.

Un giorno, durante una delle mie esplorazioni nei boschi vicino alla nostra casa, ho incontrato un vecchio saggio che viveva in una capanna di legno. Il vecchio, vedendo il dolore nei miei occhi, mi ha invitato a sedermi accanto a lui intorno al fuoco. Mi ha raccontato storie di coraggio e gentilezza, di come la saggezza può superare la forza bruta.

Le parole del vecchio mi hanno colpito profondamente. Ho iniziato a capire che la forza non risiede solo nel dominio sugli altri, ma anche nella capacità di comprendere e rispettare. Ho deciso di confrontarmi con mio padre, non con rabbia ma con determinazione.

Ho espresso il desiderio di essere visto non solo come un lavoratore, ma anche come un essere umano con sogni e speranze. Mio padre, sconcertato dalla mia calma e fermezza, se ne andò via dal soggiorno.
Da quel giorno, le punizioni corporali aumentarono.

Durante i miei anni non solo dovevo sopportare le punizioni corporali di mio padre, ma dovevo anche affrontare l'ostilità dei bulli del quartiere. Erano ragazzi più grandi di me, robusti e crudeli, che trovavano piacere nel tormentarmi per la mia timidezza.

Mi chiamavano con nomi sprezzanti e mi prendevano di mira ogni volta che avevano l'occasione. Spesso mi circondavano nel cortile della scuola o lungo la strada che portava a casa, ridendo delle mie espressioni impotenti e della mia incapacità di difendermi. Le loro risate mi perseguitavano come un'ombra, accompagnandomi ovunque andassi.

Un giorno, mio padre mi venne a prendere all’istituto e vide un bullo picchiarmi con un libro di testo. Si avvicinò per difendermi e minacciare loro che avrebbe riferito al preside. Poi tornammo a casa.

Mio padre ed io sedevamo a pranzo. I nostri sguardi si incrociavano di tanto in tanto, ma il silenzio pesante era rotto solo dal suono dei posate e dal crepitio del legno che bruciava nel camino.

"Mio figlio," disse mio padre improvvisamente, il tono della sua voce grintoso e deciso, ho visto che hai avuto dei problemi con quei bulli del quartiere.

Mi irrigidii leggermente, non sapendo come rispondere.

"Un uomo degno di rispetto non permette a nessuno di calpestarlo," continuò mio padre, il suo sguardo penetrante che sembrava scrutare ogni mia reazione. "Devi mostrare loro di che pasta sei fatto. Non farti intimidire dai codardi che cercano solo di sentirsi superiori."

Ascoltai attentamente le sue parole, cercando di assimilare il suo insegnamento. Mio padre era sempre stato duro, ma in quel momento potevo percepire un filo di compassione nella sua voce, come se volesse davvero aiutarmi a trovare la mia strada nel mondo difficile che ci circondava.

Tuttavia min interessi dopo pranzo a studiare. Infine quel giorno era terminato e le luci si erano spente per la notte, mi trovai di fronte a mio padre in un momento diverso. Senza preavviso, mi afferrò per un braccio con forza, facendomi sobbalzare dal dolore improvviso.

"Sei un debole," mormorò mio padre con voce carica di delusione, il volto di lui illuminato dalla fioca luce della luna attraverso la finestra. Anziché compatirmi mi volle dare una lezione. A torso nudo, mi lego i polsi con una corda al soffitto.

Sentii la frusta sibilare nell'aria prima di sentire il dolore bruciante sulle mie spalle. Ero sorpreso e ferito non solo fisicamente, ma anche nell'anima. Iniziai ad accettare la frusta come mia certezza nella vita, la mia dimensione.
scritto il
2024-06-16
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