Dominato dal capo bsx
di
maxsegreto
genere
dominazione
Ok. Non era la prima volta.
Avevo già avuto qualche esperienza con dei maschi. Seghe e sesso orale per lo più. Situazioni iniziate per gioco o scommessa.
La palestra era il posto dove facevamo la nostra pausa. A luglio, con la scuola chiusa per la fine delle lezioni, era il posto più fresco dopo una mattinata a intervenire sull'impianto.
Eravamo solo in due quel giorno. Il capo e io, giovane apprendista. Gli altri due operai erano andati da un'altra parte per un intervento urgente.
Avevamo finito di pranzare e come le altre volte il mio capo si sarebbe sdraiato su uno dei materassoni per fare un pisolino.
Io ero seduto su uno sgabello di legno con la schiena appoggiata al muro. Rientrando dal bagno si fermò davanti a me. Aveva la zip dei jeans sudici e sdruciti abbassata.
Si sbottonò e tirò fuori dagli slip scuri il cazzo dicendomi semplicemente
"Vuoi succhiare?"
Io non capii bene se stava scherzando o se faceva sul serio. Non era un uomo che rideva spesso e anche in quel momento la sua faccia non era d'aiuto.
Non sapevo cosa fare. Ero in soggezione di fronte a lui che mi guardava dall'alto verso il basso. E non riuscivo nemmeno a staccare gli occhi da quel salsicciotto grosso e scuro che teneva nella grande mano.
Forse le mie labbra si aprirono più del dovuto perché mi mise l'altra mano sulla testa. Senza spingere però.
Fui io a piegarmi verso si lui e a prenderglielo in bocca.
Ricordo il sapore intenso e salato. L'odore di sudore stantio del suo pube quando arrivai a ingoiarglielo per intero.
In quella grande palestra rimbombavano i suoi mugolii di piacere e i miei conati gutturali di rigetto.
Non mi avvisò quando la cappella iniziò a eruttare. Mi ritrovai a sentire la canna che pulsava sulla lingua mentre la bocca si riempiva.
Sempre per via del fatto che non sapevo cosa fare, decisi di mandare giù tutto.
Un bravo e un buffetto sulla guancia furono gli unici ringraziamenti prima di buttarsi a riposare mentre io rimasi sveglio con le narici intrise del suo odore e la bocca che sapeva di sborra.
Sapori e odori che mi perseguitarono tutto il pomeriggio nonostante le sigarette.
Lavorammo in quella scuola fino agli inizi di agosto e ovviamente non tornammo indietro.
Anzi.
Se i miei colleghi andavano da qualche altra parte la palestra mi vedeva protagonista talvolta anche due volte durante la giornata. Se invece loro erano con noi, il capo aveva sempre l'attenzione di portarmi a casa per ultimo.
Passando prima dalla zona industriale.
Sempre con poche parole. E a volte senza nemmeno quelle. Spesso bastava un cenno, aprirsi i pantaloni o farmi segno di avvicinarmi per poi massaggiarsi il pacco, e io sapevo cosa fare.
Anche alla fine, mi sentivo sempre "in dovere" di farlo.
Lui era il capo e io il giovane apprendista.
Per questo quando spuntò il primo preservativo e lui mi chiese (più o meno) di mettermi a quattro zampe, non dissi nulla.
Avevo già avuto qualche esperienza con dei maschi. Seghe e sesso orale per lo più. Situazioni iniziate per gioco o scommessa.
La palestra era il posto dove facevamo la nostra pausa. A luglio, con la scuola chiusa per la fine delle lezioni, era il posto più fresco dopo una mattinata a intervenire sull'impianto.
Eravamo solo in due quel giorno. Il capo e io, giovane apprendista. Gli altri due operai erano andati da un'altra parte per un intervento urgente.
Avevamo finito di pranzare e come le altre volte il mio capo si sarebbe sdraiato su uno dei materassoni per fare un pisolino.
Io ero seduto su uno sgabello di legno con la schiena appoggiata al muro. Rientrando dal bagno si fermò davanti a me. Aveva la zip dei jeans sudici e sdruciti abbassata.
Si sbottonò e tirò fuori dagli slip scuri il cazzo dicendomi semplicemente
"Vuoi succhiare?"
Io non capii bene se stava scherzando o se faceva sul serio. Non era un uomo che rideva spesso e anche in quel momento la sua faccia non era d'aiuto.
Non sapevo cosa fare. Ero in soggezione di fronte a lui che mi guardava dall'alto verso il basso. E non riuscivo nemmeno a staccare gli occhi da quel salsicciotto grosso e scuro che teneva nella grande mano.
Forse le mie labbra si aprirono più del dovuto perché mi mise l'altra mano sulla testa. Senza spingere però.
Fui io a piegarmi verso si lui e a prenderglielo in bocca.
Ricordo il sapore intenso e salato. L'odore di sudore stantio del suo pube quando arrivai a ingoiarglielo per intero.
In quella grande palestra rimbombavano i suoi mugolii di piacere e i miei conati gutturali di rigetto.
Non mi avvisò quando la cappella iniziò a eruttare. Mi ritrovai a sentire la canna che pulsava sulla lingua mentre la bocca si riempiva.
Sempre per via del fatto che non sapevo cosa fare, decisi di mandare giù tutto.
Un bravo e un buffetto sulla guancia furono gli unici ringraziamenti prima di buttarsi a riposare mentre io rimasi sveglio con le narici intrise del suo odore e la bocca che sapeva di sborra.
Sapori e odori che mi perseguitarono tutto il pomeriggio nonostante le sigarette.
Lavorammo in quella scuola fino agli inizi di agosto e ovviamente non tornammo indietro.
Anzi.
Se i miei colleghi andavano da qualche altra parte la palestra mi vedeva protagonista talvolta anche due volte durante la giornata. Se invece loro erano con noi, il capo aveva sempre l'attenzione di portarmi a casa per ultimo.
Passando prima dalla zona industriale.
Sempre con poche parole. E a volte senza nemmeno quelle. Spesso bastava un cenno, aprirsi i pantaloni o farmi segno di avvicinarmi per poi massaggiarsi il pacco, e io sapevo cosa fare.
Anche alla fine, mi sentivo sempre "in dovere" di farlo.
Lui era il capo e io il giovane apprendista.
Per questo quando spuntò il primo preservativo e lui mi chiese (più o meno) di mettermi a quattro zampe, non dissi nulla.
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Commenti dei lettori al racconto erotico