Metamorfosi
di
Angel7
genere
zoofilia
Daniel era in camera sua sul suo letto e stava per addormentarsi quando all'improvviso si trasformò in un serpente. "Che diavolo mi è successo?" pensò e si mosse in avanti, strisciando sopra alle lenzuola. Si portò davanti agli occhi la sua coda: era fuor di dubbio, aveva assunto proprio le sembianze di un serpente. "È come in La Metamorfosi di Kafka." notò. "Spero che sia una trasformazione temporanea e che nessuno mi lanci una mela contro."
Così chiuse gli occhi e provò ad addormentarsi, ma si sentiva bruciare tutto. Non era doloroso, anzi, era piacevole. Fin troppo piacevole. All'inizio non capì il perché, ma poi gli venne in mente che la sua fidanzata dormiva nella stanza accanto e giaceva sul suo letto in regiseno e mutandine. L'aveva adocchiata appena un paio di minuti prima di andare a letto. Mentre passava in corridoio per andare in camera sua aveva notato che la porta era socchiusa. Timidamente, aveva fatto capolino da dietro la porta e aveva sbirciato. Doveva ammettere che si era un po' eccitato nel vedere quelle due lune piene attraversate dalla stoffa leggera delle sue mutandine di pizzo. Il suo pene si era indurito di colpo ed era trasalito portandosi le mani ai lati dell'inguine. "No!" aveva pensato con forza e se l'era stretto nel tentativo di trattenere l'erezione. L'amarezza, il senso di vergogna che inibiva i suoi desideri sessuali a poco a poco fecero diminuire l'afflusso di sangue verso i suoi genitali e ben presto gli si ammosciò. Anche mentre era trasformato in serpente continuò a ripetersi ossessivamente nella sua testa "No! No! No!" eppure l'immagine emergeva dai suoi ricordi a tormentarlo e incendiava i suoi sensi. Si stava già scaldando, si stava di nuovo eccitando.
"Voglio solo vederla." pensò alla fine, sopraffatto da quegli impulsi irresistibili che non gli davano tregua. "Ma non farò niente." si disse con decisione, però il suo corpo da serpente vibrò tradendo il suo desiderio invece di fare qualcosa. Il che non avrebbe significato starsene semplicemente lì a contemplare la sua bellezza dormiente con un'innocenza che in realtà lui non possedeva. Però volle credere nel candore delle sue intenzioni. Volle crederci per potersi liberare da quella paralisi che lo attanagliava tra le spire di un desiderio continuamente represso che gli provocava solo dolore.
Così, strisciò verso la camera della fidanzata. La porta era fortunatamente rimasta socchiusa. Sarebbe stato impossibile arrivare alla maniglia se l'avesse chiusa, ma poteva contare sul fatto che quando era sera la sua fidanzata diventava un po' distratta e disattenta per il sonno, quindi le probabilità che chiudesse la porta erano molto basse. Si sentì fortunato per l'occasione. Così, scivolò oltre la porta e vide che lei dormiva ancora, ma questa volta era girata verso la sua direzione.
Teneva la testa appoggiata sopra al cuscino e i lunghi capelli ramati le piovevano sulle spalle. Aveva le mani giunte sotto al cuscino. Le braccia incrociate sopra al petto le gonfiavano i seni morbidi e candidi che traboccavano per la loro pienezza e sembravano minacciare di sgusciarle fuori dal reggiseno.
D'un tratto lei si mosse. Daniel ebbe paura e strisciò velocemente di lato nascondendosi sotto all'armadio.
La sentì alzarsi dal letto e infilarsi le pantofole. Camminò verso il comò e tirò fuori una canottiera. Si slacciò il reggiseno e lo ripose per poi infilarsi la canottiera per dormire più comoda. Ritornò lentamente a letto strascicando le pantofole con uno sbadiglio. Si lasciò cadere stancamente sul letto e si riaddormentò poco dopo.
Daniel, anche se sapeva che si era addormentata, attese per almeno mezz'ora là sotto per essere sicuro che scivolasse in un sonno più profondo. Così, sgusciò di nuovo fuori e vide che gli occhi erano chiusi e la bocca semiaperta. Quella volta si era addormentata supina e le sue braccia erano allargate sul letto.
Daniel raggiunse la gamba del letto e avvinghiandola tra le sue spire la risalì con una sinuosa agilità che lo sorprese. Anzi, se ne compiacque.
Nonostante si fosse concesso in quel momento di limitarsi solo a fantasticare su di lei, non si trattenne, anzi, non volle trattenersi e dopo aver aggirato le sue gambe, con un guizzo scivolò sotto alla sua canottiera. Si avvicinò voglioso al suo seno e con la sua lingua le leccò il capezzolo, che ai suoi occhi gli parve una deliziosa ciliegia ricoperta da succosi strati di carne viva e ardente. Lo leccò e lei gemette nel sonno. Rabbrividì con tutte le sue membra dal piacere e la sua lingua si attorcigliò attorno al suo capezzolo: lo stringeva e lo rilasciava, lo carezzava e lo torturava dolcemente... Con un moto di abbandono ci posò la testa e trovò che il suo capezzolo si era indurito come una scheggia di diamante.
Dalla bocca della sua fidanzata sfuggì un gemito di piacere. "Oh Dio..."
A quelle parole, Daniel fu preso di nuovo dalla paura che si svegliasse e si ritirò sotto al letto, tremando di angoscia e di piacere. Non aveva mai provato fino a quel momento delle emozioni così intense.
Ad ogni modo, la sua fidanzata non si svegliò, ma gemeva di piacere nel sonno. Un sorriso contento affiorava sulle sue labbra. Non appena sgusciò da sotto il letto e vide quel sorriso, ne fu fiero e si riaccese. Tornò di nuovo alla carica.
Dopo che fu risalito sul letto, scivolò di nuovo sotto alla canottiera e la sua coda si attorcigliò attorno ai suoi seni. Li strinse e i suoi seni si gonfiavano. I suoi capezzoli si indurirono entrambi e si alzarono come splendide colline sotto alla stoffa della canottiera.
Lei nel sonno godette di nuovo e con le mani raggiunse i suoi seni e le sue dita ne massaggiarono avidamente i capezzoli. Sospirò profondamente di piacere.
In quel momento, con le spire attorno e sopra ai suoi seni, a Daniel pareva di stare su due isolotti galeggianti che gonfiandosi anche al ritmo del respiro di lei lo facevano sentire molto instabile. Eppure era un'instabilità che lo eccitava. Per di più, da sotto la coda avvertiva le scosse di piacere che attraversavano l'addome della sua fidanzata.
"Leonor," pensò con desiderio. "ti farò godere."
Rilasciò con la coda i suoi seni e fece sgusciare la testa da fuori la canottiera, poco sotto alle clavicole di lei. Gettò un'occhiata al volto della sua fidanzata: le sue guance erano arrossate dall'eccitazione e il respiro era leggermente accelerato. Continuava a godere, ma le sue palpebre erano ancora abbassate.
"Quanto vorrei baciarti." pensò addolorato. "Ma i miei denti ti ferirebbero."
Però non volle demordere. Così, nonostante qualche esitazione, prese coraggio e facendo dietrofront sopra alla canottiera cacciò la testa sotto ai suoi slip.
I riccioli del suo pube gli attorniarono la testa e le membra. Gli pizzicavano piacevolmente la pelle. Erano come se si fosse lasciato cadere in un mare dorato di spighe di campo.
L'odore pungente ed estasiante del suo sesso lo inebriava e lo faceva lentamente impazzire di piacere.
Da sopra la sua testa sentì una striscia di bagnato sulla stoffa delle sue mutandine e se ne rallegrò: la pelle di lei diventava sempre più calda man a mano che lui avanzava, segno che la sua eccitazione cresceva.
Giunse con la testa sul suo monte di Venere. Appena più in basso si aprivano le sue grandi labbra: erano bollenti e bagnate. Pulsavano irrorate dal sangue sottostante che ribolliva. Daniel poteva avvertirne il ritmo accelerato: in quelle grandi labbra era come se giacesse una specie di "cuore pulsante" del sesso di lei.
Già inebriato dalla voluttà, si addentrò nella sua vulva immergendo la testa tra le sue grandi labbra che lo accolsero in un abbraccio umido e ardente. Erano bollenti e gli davano alla testa. Era sul punto di svenire da un momento all'altro per l'insostenibile godimento, ma tenne duro. Doveva resistere.
Inoltrò ancora di più la testa in quella cavità bagnata e gli parve come una grotta che echeggiava dello scroscio dell'umore che gocciolava dalla sua vagina. Fu preso dalla sete e con la sua lingua saggiò quel dolce umore che la bagnava. Sentì il ventre della sua fidanzata contrarsi e lei gemere ancora più forte. Anche le sue gambe tremavano e a volte le agitava nel sonno.
Temette di essersi spinto oltre e che si sarebbe svegliata da un momento all'altro. Così si bloccò, si irrigidì angosciato. Però l'idea di lasciare per metà la sua impresa lo irritò e questo lo esortò ad andare avanti.
Le leccò di nuovo la vulva, le solleticò le grandi labbra e infine infilò la lingua biforcuta nella sua vagina. Questa era stretta, calda, invitante e la sua lingua si bagnava del suo umore che scaturiva a singhiozzi da quel delizioso anfratto.
La sentì ansimare. La temperatura del corpo di lei si stava alzando e lo stava quasi bruciando vivo: Leonor stava per venire.
Daniel preventivamente lasciò cadere la coda per terra, di modo da potersi ritirare il più velocemente possibile nel caso in cui lei lo avesse scoperto.
"È il momento di dare il tutto per tutto." si disse con decisione.
Tastando con la lingua giunse finalmente al clitoride: una succulenta e carnosa campanellina che attendeva solo di essere suonata secondo i rintocchi del piacere. Con la lingua diede un leggero colpo al clitoride e Leonor mugolò. Ce la passò avanti e indietro, sadicamente, mentre il clitoride si gonfiava e diventava sempre più caldo, pulsando contro la sua lingua come impazzita, sul punto di esplodere dal godimento ora doloroso e insopportabile, ora irresistibile.
Daniel continuò a leccarle il clitoride, torturandolo lentamente: lo corteggiava, lo vezzeggiava, lo lasciava a tremare in una lancinante implosione di piacere da cui non avrebbe potuto liberarsi da solo e soltanto dopo le suppliche disperate con cui i crampi della sua vulva si infrangevano come scariche elettriche sulla sua pelle, ritornava con gioia feroce ad assaltarlo.
Poi ci fu la stoccata finale. Il clitoride ebbe un tremito violento e la testa di Daniel fu sommersa dal fiotto dell'umore di Leonor. Nello stesso istante l'orgasmo le strappò un grido di voluttà che squarciò il silenzio della notte.
Seppur con la testa impiastricciata dal liquido, Daniel riuscì a sgusciare fuori velocemente dai suoi slip e scivolando giù dalle sue gambe si lasciò cadere sul pavimento. Scivolò subito dietro alla porta. Appena in tempo: lei si era svegliata e si era messa a sedere sul letto.
"Ma che razza di sogno era?" mormorò perplessa e si guardò tra le gambe avvertendo gli slip inondati dal suo umore. "Non è possibile..." Si portò la mano alla bocca, arrossendo. "Ma è stato stupendo."
Daniel ebbe giusto il tempo per esultare dentro di sé e poi fu svelto a ritornare in camera sua. Strisciò sopra al suo letto. Non appena le sue membra si rilassarono, si ritrovò di nuovo trasformato in umano. Sospirò in preda alla contentezza e si coprì con le coperte. Proprio mentre stava per chiudere gli occhi si accorse che una fierissima erezione si ergeva da sotto le lenzuola. Invece di guardarla con vergogna, fu preso da una gioia sincera e si masturbò con piacere ripensando a quell'eccitante episodio di sesso più e più volte. Alla fine, venne ben presto anche lui e si addormentò.
All'indomani, dopo che si fu svegliato andò in cucina e trovò già Leonor alzata che intingeva un biscotto nel latte. Nel vederla la abbracciò e la baciò con ardore, sorprendendola al che lei gli chiese ridendo "Ma sei ancora tu? Che diavolo ti è successo?"
"Oh, niente di che."
Leonor intuì che aveva un'insolita voglia di farlo proprio in quel momento, però ridacchiando gli disse che avrebbe acconsentito, ma dopo colazione.
Mentre mangiavano, lei gli raccontò con un tono tra il perplesso e l'eccitato di aver sognato di fare sesso con un qualcosa che non aveva riconosciuto. Era qualcosa di viscido, ma anche sinuoso, con delle movenze vigorose, ma anche eleganti. Sembrava simile ad un animale, ma con un'intelligenza umana. Per tutto il tempo, Daniel la guardò in silenzio senza dire nulla con il sorrisino di chi si terrà quel segreto per sé fino alla tomba. E disse soltanto alla fine. "Che sogno strano! Ma sono certo di poter fare di meglio."
"Proprio te?" Lo canzonò. "E perché questa sicurezza così di colpo?"
"Beh, così." disse con un'aria ambigua. "Anch'io sono stato istruito da dei sogni..."
E lasciò il resto alla sua immaginazione.
Così chiuse gli occhi e provò ad addormentarsi, ma si sentiva bruciare tutto. Non era doloroso, anzi, era piacevole. Fin troppo piacevole. All'inizio non capì il perché, ma poi gli venne in mente che la sua fidanzata dormiva nella stanza accanto e giaceva sul suo letto in regiseno e mutandine. L'aveva adocchiata appena un paio di minuti prima di andare a letto. Mentre passava in corridoio per andare in camera sua aveva notato che la porta era socchiusa. Timidamente, aveva fatto capolino da dietro la porta e aveva sbirciato. Doveva ammettere che si era un po' eccitato nel vedere quelle due lune piene attraversate dalla stoffa leggera delle sue mutandine di pizzo. Il suo pene si era indurito di colpo ed era trasalito portandosi le mani ai lati dell'inguine. "No!" aveva pensato con forza e se l'era stretto nel tentativo di trattenere l'erezione. L'amarezza, il senso di vergogna che inibiva i suoi desideri sessuali a poco a poco fecero diminuire l'afflusso di sangue verso i suoi genitali e ben presto gli si ammosciò. Anche mentre era trasformato in serpente continuò a ripetersi ossessivamente nella sua testa "No! No! No!" eppure l'immagine emergeva dai suoi ricordi a tormentarlo e incendiava i suoi sensi. Si stava già scaldando, si stava di nuovo eccitando.
"Voglio solo vederla." pensò alla fine, sopraffatto da quegli impulsi irresistibili che non gli davano tregua. "Ma non farò niente." si disse con decisione, però il suo corpo da serpente vibrò tradendo il suo desiderio invece di fare qualcosa. Il che non avrebbe significato starsene semplicemente lì a contemplare la sua bellezza dormiente con un'innocenza che in realtà lui non possedeva. Però volle credere nel candore delle sue intenzioni. Volle crederci per potersi liberare da quella paralisi che lo attanagliava tra le spire di un desiderio continuamente represso che gli provocava solo dolore.
Così, strisciò verso la camera della fidanzata. La porta era fortunatamente rimasta socchiusa. Sarebbe stato impossibile arrivare alla maniglia se l'avesse chiusa, ma poteva contare sul fatto che quando era sera la sua fidanzata diventava un po' distratta e disattenta per il sonno, quindi le probabilità che chiudesse la porta erano molto basse. Si sentì fortunato per l'occasione. Così, scivolò oltre la porta e vide che lei dormiva ancora, ma questa volta era girata verso la sua direzione.
Teneva la testa appoggiata sopra al cuscino e i lunghi capelli ramati le piovevano sulle spalle. Aveva le mani giunte sotto al cuscino. Le braccia incrociate sopra al petto le gonfiavano i seni morbidi e candidi che traboccavano per la loro pienezza e sembravano minacciare di sgusciarle fuori dal reggiseno.
D'un tratto lei si mosse. Daniel ebbe paura e strisciò velocemente di lato nascondendosi sotto all'armadio.
La sentì alzarsi dal letto e infilarsi le pantofole. Camminò verso il comò e tirò fuori una canottiera. Si slacciò il reggiseno e lo ripose per poi infilarsi la canottiera per dormire più comoda. Ritornò lentamente a letto strascicando le pantofole con uno sbadiglio. Si lasciò cadere stancamente sul letto e si riaddormentò poco dopo.
Daniel, anche se sapeva che si era addormentata, attese per almeno mezz'ora là sotto per essere sicuro che scivolasse in un sonno più profondo. Così, sgusciò di nuovo fuori e vide che gli occhi erano chiusi e la bocca semiaperta. Quella volta si era addormentata supina e le sue braccia erano allargate sul letto.
Daniel raggiunse la gamba del letto e avvinghiandola tra le sue spire la risalì con una sinuosa agilità che lo sorprese. Anzi, se ne compiacque.
Nonostante si fosse concesso in quel momento di limitarsi solo a fantasticare su di lei, non si trattenne, anzi, non volle trattenersi e dopo aver aggirato le sue gambe, con un guizzo scivolò sotto alla sua canottiera. Si avvicinò voglioso al suo seno e con la sua lingua le leccò il capezzolo, che ai suoi occhi gli parve una deliziosa ciliegia ricoperta da succosi strati di carne viva e ardente. Lo leccò e lei gemette nel sonno. Rabbrividì con tutte le sue membra dal piacere e la sua lingua si attorcigliò attorno al suo capezzolo: lo stringeva e lo rilasciava, lo carezzava e lo torturava dolcemente... Con un moto di abbandono ci posò la testa e trovò che il suo capezzolo si era indurito come una scheggia di diamante.
Dalla bocca della sua fidanzata sfuggì un gemito di piacere. "Oh Dio..."
A quelle parole, Daniel fu preso di nuovo dalla paura che si svegliasse e si ritirò sotto al letto, tremando di angoscia e di piacere. Non aveva mai provato fino a quel momento delle emozioni così intense.
Ad ogni modo, la sua fidanzata non si svegliò, ma gemeva di piacere nel sonno. Un sorriso contento affiorava sulle sue labbra. Non appena sgusciò da sotto il letto e vide quel sorriso, ne fu fiero e si riaccese. Tornò di nuovo alla carica.
Dopo che fu risalito sul letto, scivolò di nuovo sotto alla canottiera e la sua coda si attorcigliò attorno ai suoi seni. Li strinse e i suoi seni si gonfiavano. I suoi capezzoli si indurirono entrambi e si alzarono come splendide colline sotto alla stoffa della canottiera.
Lei nel sonno godette di nuovo e con le mani raggiunse i suoi seni e le sue dita ne massaggiarono avidamente i capezzoli. Sospirò profondamente di piacere.
In quel momento, con le spire attorno e sopra ai suoi seni, a Daniel pareva di stare su due isolotti galeggianti che gonfiandosi anche al ritmo del respiro di lei lo facevano sentire molto instabile. Eppure era un'instabilità che lo eccitava. Per di più, da sotto la coda avvertiva le scosse di piacere che attraversavano l'addome della sua fidanzata.
"Leonor," pensò con desiderio. "ti farò godere."
Rilasciò con la coda i suoi seni e fece sgusciare la testa da fuori la canottiera, poco sotto alle clavicole di lei. Gettò un'occhiata al volto della sua fidanzata: le sue guance erano arrossate dall'eccitazione e il respiro era leggermente accelerato. Continuava a godere, ma le sue palpebre erano ancora abbassate.
"Quanto vorrei baciarti." pensò addolorato. "Ma i miei denti ti ferirebbero."
Però non volle demordere. Così, nonostante qualche esitazione, prese coraggio e facendo dietrofront sopra alla canottiera cacciò la testa sotto ai suoi slip.
I riccioli del suo pube gli attorniarono la testa e le membra. Gli pizzicavano piacevolmente la pelle. Erano come se si fosse lasciato cadere in un mare dorato di spighe di campo.
L'odore pungente ed estasiante del suo sesso lo inebriava e lo faceva lentamente impazzire di piacere.
Da sopra la sua testa sentì una striscia di bagnato sulla stoffa delle sue mutandine e se ne rallegrò: la pelle di lei diventava sempre più calda man a mano che lui avanzava, segno che la sua eccitazione cresceva.
Giunse con la testa sul suo monte di Venere. Appena più in basso si aprivano le sue grandi labbra: erano bollenti e bagnate. Pulsavano irrorate dal sangue sottostante che ribolliva. Daniel poteva avvertirne il ritmo accelerato: in quelle grandi labbra era come se giacesse una specie di "cuore pulsante" del sesso di lei.
Già inebriato dalla voluttà, si addentrò nella sua vulva immergendo la testa tra le sue grandi labbra che lo accolsero in un abbraccio umido e ardente. Erano bollenti e gli davano alla testa. Era sul punto di svenire da un momento all'altro per l'insostenibile godimento, ma tenne duro. Doveva resistere.
Inoltrò ancora di più la testa in quella cavità bagnata e gli parve come una grotta che echeggiava dello scroscio dell'umore che gocciolava dalla sua vagina. Fu preso dalla sete e con la sua lingua saggiò quel dolce umore che la bagnava. Sentì il ventre della sua fidanzata contrarsi e lei gemere ancora più forte. Anche le sue gambe tremavano e a volte le agitava nel sonno.
Temette di essersi spinto oltre e che si sarebbe svegliata da un momento all'altro. Così si bloccò, si irrigidì angosciato. Però l'idea di lasciare per metà la sua impresa lo irritò e questo lo esortò ad andare avanti.
Le leccò di nuovo la vulva, le solleticò le grandi labbra e infine infilò la lingua biforcuta nella sua vagina. Questa era stretta, calda, invitante e la sua lingua si bagnava del suo umore che scaturiva a singhiozzi da quel delizioso anfratto.
La sentì ansimare. La temperatura del corpo di lei si stava alzando e lo stava quasi bruciando vivo: Leonor stava per venire.
Daniel preventivamente lasciò cadere la coda per terra, di modo da potersi ritirare il più velocemente possibile nel caso in cui lei lo avesse scoperto.
"È il momento di dare il tutto per tutto." si disse con decisione.
Tastando con la lingua giunse finalmente al clitoride: una succulenta e carnosa campanellina che attendeva solo di essere suonata secondo i rintocchi del piacere. Con la lingua diede un leggero colpo al clitoride e Leonor mugolò. Ce la passò avanti e indietro, sadicamente, mentre il clitoride si gonfiava e diventava sempre più caldo, pulsando contro la sua lingua come impazzita, sul punto di esplodere dal godimento ora doloroso e insopportabile, ora irresistibile.
Daniel continuò a leccarle il clitoride, torturandolo lentamente: lo corteggiava, lo vezzeggiava, lo lasciava a tremare in una lancinante implosione di piacere da cui non avrebbe potuto liberarsi da solo e soltanto dopo le suppliche disperate con cui i crampi della sua vulva si infrangevano come scariche elettriche sulla sua pelle, ritornava con gioia feroce ad assaltarlo.
Poi ci fu la stoccata finale. Il clitoride ebbe un tremito violento e la testa di Daniel fu sommersa dal fiotto dell'umore di Leonor. Nello stesso istante l'orgasmo le strappò un grido di voluttà che squarciò il silenzio della notte.
Seppur con la testa impiastricciata dal liquido, Daniel riuscì a sgusciare fuori velocemente dai suoi slip e scivolando giù dalle sue gambe si lasciò cadere sul pavimento. Scivolò subito dietro alla porta. Appena in tempo: lei si era svegliata e si era messa a sedere sul letto.
"Ma che razza di sogno era?" mormorò perplessa e si guardò tra le gambe avvertendo gli slip inondati dal suo umore. "Non è possibile..." Si portò la mano alla bocca, arrossendo. "Ma è stato stupendo."
Daniel ebbe giusto il tempo per esultare dentro di sé e poi fu svelto a ritornare in camera sua. Strisciò sopra al suo letto. Non appena le sue membra si rilassarono, si ritrovò di nuovo trasformato in umano. Sospirò in preda alla contentezza e si coprì con le coperte. Proprio mentre stava per chiudere gli occhi si accorse che una fierissima erezione si ergeva da sotto le lenzuola. Invece di guardarla con vergogna, fu preso da una gioia sincera e si masturbò con piacere ripensando a quell'eccitante episodio di sesso più e più volte. Alla fine, venne ben presto anche lui e si addormentò.
All'indomani, dopo che si fu svegliato andò in cucina e trovò già Leonor alzata che intingeva un biscotto nel latte. Nel vederla la abbracciò e la baciò con ardore, sorprendendola al che lei gli chiese ridendo "Ma sei ancora tu? Che diavolo ti è successo?"
"Oh, niente di che."
Leonor intuì che aveva un'insolita voglia di farlo proprio in quel momento, però ridacchiando gli disse che avrebbe acconsentito, ma dopo colazione.
Mentre mangiavano, lei gli raccontò con un tono tra il perplesso e l'eccitato di aver sognato di fare sesso con un qualcosa che non aveva riconosciuto. Era qualcosa di viscido, ma anche sinuoso, con delle movenze vigorose, ma anche eleganti. Sembrava simile ad un animale, ma con un'intelligenza umana. Per tutto il tempo, Daniel la guardò in silenzio senza dire nulla con il sorrisino di chi si terrà quel segreto per sé fino alla tomba. E disse soltanto alla fine. "Che sogno strano! Ma sono certo di poter fare di meglio."
"Proprio te?" Lo canzonò. "E perché questa sicurezza così di colpo?"
"Beh, così." disse con un'aria ambigua. "Anch'io sono stato istruito da dei sogni..."
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Commenti dei lettori al racconto erotico