Madre Padrona - Parte terza

di
genere
feticismo

Vinto il concorso in magistratura, mamma scelse colei che sarebbe diventata la mia sposa. Si chiamava Rossella, aveva dei lunghi capelli biondi, una corporatura esile e dei modi gentili e garbati. Era la nuora perfetta da manipolare e condizionare e proveniva da una ricca famiglia della provincia, che avrebbe fruttato una generosa dote.
Mamma organizzò il matrimonio in ogni dettaglio, mentre io e Rossella potemmo almeno scegliere la Francia e l’Inghilterra come mete del nostro viaggio di nozze.
Rosella rimase incinta già durante la prima settimana di viaggio, poiché la mamma aveva espresso il desiderio di diventare subito nonna ed io adoravo compiacerla e sottomettermi totalmente al suo volere.
La casa che avevamo acquistato era davvero confortevole e spaziosa e la quotidianità trascorreva serena, con Rossella in dolce attesa del primo figlio, la mamma in trepida attesa del primo nipotino ed io felice della loro gioia ed entusiasta di diventare padre.
Ben presto, però, cominciai a rimpiangere la vita in casa con mamma, quando potevo quotidianamente servirla e adorarla come una Dea e bearmi dei suo sublimi piedi. Tuttavia, non trovavo il coraggio di chiedere a mamma uno dei nostri “incontri speciali”, sia perché le nuove circostanze lo sconsigliavano, sia perché la mia Dea quasi mi ignorava e rivolgeva tutte le sue attenzioni verso la nuora incinta.
Cosa avrebbe pensato Rossella se avesse saputo delle mie insane pulsioni? Come avrebbe reagito la mamma se le avessi chiesto di poter adorare le sue divine estremità pur essendo oramai un uomo sposato? Questi pensieri occupavano costantemente la mia mente e stavano diventando un’ossessione.
Un tardo pomeriggio, mentre mi accingevo a rincasare, ricevetti un messaggio dalla mamma, che mi invitava a casa sua per parlami con urgenza di una “questione”. Pensai con gioia che finalmente sarei stato da solo con lei e mi catapultai al suo cospetto nella speranza che il momento tanto atteso fosse arrivato.
La trovai seduta sulla poltrona della sua camera da letto, intenta a guardare un film. Indossava una maglietta bianca di cotone e una gonna nera a tubino con tessuto elasticizzato. I sublimi piedi nudi calzavano dei sandali marroni in cuoio e le dita, fresche di pedicure, erano smaltate di rosa pallido con le punte bianche, in stile “french”. La salutai con un bacio sulla guancia, mi sedetti sul letto e le chiesi il motivo del suo invito.
“Innanzitutto” -disse la mamma dopo avermi scrutato per qualche secondo- “sistemati nel posto che ti compete, ovvero prostrato ai miei piedi”. All’udire quelle parole, il mio cure cominciò a palpitare per l’emozione. Mamma conosceva bene le mie pulsioni e finalmente mi stava concedendo uno dei nostri incontri speciali. Così, mi accucciai ai suoi piedi e, ottenuto il suo permesso, cominciai delicatamente a baciarli. Emanavano un odore paradisiaco di sudore e cuoio e ogni mio bacio era un atto di devozione totale verso le sue estremità.
“Fra poco” -continuò frattanto la mia Dea- “conosceremo il sesso del mio nipotino, e dovremo scegliere il suo nome. Così ho pensato ad alcuni nomi”.
“Il tuo entusiasmo mi rende felice” -la interruppi subito- “Ma non credi che dovremmo coinvolgere in questa discussione anche Rossella?”.
La mamma, dopo avermi rivolto uno sguardo infuocato, mi infilò un piede dentro la bocca e mi rimproverò aspramente per averla interrotta: “Devi stare zitto mentre parla tua madre. Quando parlo io, tu devi tacere e rispondere solo se ti rivolgo qualche domanda”.
Io, sempre più eccitato ed umiliato, abbassai lo sguardo e presi a strofinarmi sul tappeto mentre mamma, mantenendo il piede dentro la mia bocca, continuò a dissertare sulla scelta dei nomi . “Se sarà maschio si chiamerà Edoardo, come il mio defunto padre, mentre se sarà femmina, si chiamerà Esmeralda, come me. Rosella è una ragazza buona ed educata e accetterà di buon grado i nomi che ho scelto”.
“Adesso” -aggiunse quindi dopo aver tolto il piede dalla mia bocca- “torna a casa e prepara una cena abbondante a tua moglie”.
“Va bene mamma. Ma prima di farlo ti devo confessare che non riesco più a stare senza di te, ho bisogno di questi momenti, ho bisogno di servirti e adorarti, di umiliarmi ai tuoi piedi, non riesco a farne a meno. Pensi che ci sia qualcosa di sbagliato in tutto questo visto che ormai sono spostato?”.
“Ma che sciocchezze! non c’è nulla di male a servire e adorare la propria madre”.
La mamma premette, quindi, energicamente i piedi sulla mia faccia e continuò: “Se vuoi giocare più spesso con me, presentati qui ogni mercoledì sera. Dopo l’aperitivo con le mie amiche, torno a casa sempre coi piedi dolenti e tu mi potrai fare un bel massaggio rilessante”.
“Grazie, mia signora e padrona” -bofonchiai estasiato mentre mamma seguitava ad usare il mio viso come poggiapiedi- “non vedo l’ora di essere il tuo schiavo, il tuo zerbino, di massaggiare i tuoi piedi, di … ”. Non ebbi neppure il tempo di finire la frase che esplosi in una sborrata colossale.
Dopo essermi ripulito, salutai la mamma con un bacio ai suoi sublimi piedi e tornai a casa felice come un bambino.
Da quel giorno, ogni mercoledì sera, mi presentai puntuale a casa della mia padrona per i nostri incontri speciali e mi beai nel servirla e venerarla come meritava.
Poi, una notte di mezza estate, nacque Esmeralda.




scritto il
2024-07-26
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