Notte sotto le stelle
di
Johnny Troddio
genere
etero
Era già un po’ di tempo che con Dafne avevamo degli incontri sporadici nei caldi dopocena estivi tipici dell’estate italiana. Ci conoscevamo per via di alcune amicizie in comune e, dopo qualche sguardo rubato di troppo, decisi di scriverle. Fu così che iniziammo a frequentarci all’oscuro dei nostri amici.
Il film era sempre lo stesso: dopo aver finito di mangiare, passavo a prenderla in auto sotto casa sua. Si faceva sempre attendere, sembrava che si preparasse per andare a una cena di gala, ed invece la vedevo scendere le scale con quei vestitini freschi adatti alle calde temperature.
Non appena saliva in macchina, l’abitacolo si riempiva del suo profumo, che lasciava un piacevole senso di passione e sensualità. Un bacio a stampo sulle labbra e via verso la litoranea alla ricerca del nostro angolo di intimità in riva al mare.
Solitamente ci appartavamo in uno spiazzo sterrato contornato da diversi cespugli a una decina di metri dalla spiaggia, in cui più di qualche occasione ci eravamo spinti oltre ai soliti baci con la lingua. Ero riuscito a conquistare l’accesso alle sue mutandine, che si bagnavano come un lago al solo sfioramento delle dita sulla stoffa dell’intimo. Quando le scostavo di lato per toccarle le labbra, era subito un bagno di umori. Ogni dito che entrava ed usciva da quella tenera fighetta lasciava udire il gorgogliare dei suoi liquidi, mentre all’orecchio mi sussurrava con tono sempre più crescente di non smettere. Immagino che ogni volta raggiungesse l’apice del piacere avesse un orgasmo strepitoso, dato che quei due o tre minuti dopo rimaneva sul sedile in preda all’estasi.
Dopo essersi ripresa diceva sempre: “Ora tocca a me sdebitarmi.” E, dopo aver slacciato il laccio del mio pantaloncino, iniziava a baciare l’asta per tutta la sua lunghezza, per giocare con la lingua sulla cappella, gonfia come non mai e pronta a spruzzare tutto il seme. Appena la infilava in bocca iniziava a muoversi sinuosamente come una vera maestra (mi son sempre chiesto dove abbia imparato a succhiare il cazzo così bene), arrivava fino in fondo come niente fosse, non emetteva nemmeno un gemito, rimanevo sbalordito ogni volta. Sentivo il calore della sua gola che mi stringeva il cazzo ad ogni affondo e i colpi di lingua sulla punta ad ogni risalita, provando a resistere il più che potevo ma fallendo ogni misera volta. Forse colpa dell’eccitazione o forse della sua maestria, ogni volta le scaricavo in gola una quantità enorme di sperma che lasciava soddisfatto me ma soprattutto lei. La leccata di labbra ne era la prova.
Ma, tornando a noi, quando passammo davanti al solito posto, quella sera proseguimmo dritti e lei mi chiese: “Dovevamo girare là o mi sbaglio?”
“Non ti sbagli, tranquilla, ma per stasera ho trovato un posticino più tranquillo.”
“Davvero?” disse lei.
“Poco più avanti c’è una piccola conchetta con una spiaggia tutta per noi. Per arrivare c’è un breve sentiero da fare a piedi, ma fidati che ne vale la pena!” le risposi.
I suoi occhi si illuminarono di stupore e subito ribatté: “Sarà meglio che superi le aspettative, perché anche io stasera ho una sorpresa per te!”
Rimasi ammutolito, non sapevo davvero che pensare. Era sempre stata molto restia sul fatto di avere un rapporto completo, anzi a dire la verità non ne avevamo mai parlato né tantomeno provato.
Trascorsi altri due minuti d’auto, arrivammo in uno spiazzo che sembrava verosimilmente un parcheggio. Spensi il quadro e scendemmo dall’auto. Prima di avviarci verso il sentiero, di cui già si vedeva l’accesso, presi dal bagagliaio uno zainetto e la borsa frigo; zainetto lei e borsa frigo io.
Il sentiero era abbastanza stretto e pieno di arbusti. Nonostante fosse abbastanza buio, i fasci di luce emessi dalla Luna lo rendevano percorribile senza la necessità di accendere la torcia. Finalmente giungemmo in quello che sembrava un paradiso in terra. Quel piccolo lembo di spiaggia bianca brillava sotto la maestosità della Luna, il che rendeva l’atmosfera ancor più magica. Riuscii a scorgere sul suo viso uno sguardo pieno di emozioni, complice il suo sorriso.
“Eccoci qua! Che te ne pare?” le domandai.
“Davvero stupendo,” disse lei. “Perché non mi hai portato prima in questo posto meraviglioso?”
“E secondo te mi sarei dovuto giocare subito la mia location segreta? Di solito qua vengo solo per qualche occasione speciale, sarebbe uno spreco venire sempre, non trovi?”
“In effetti non posso darti tutti i torti… e quindi, qua con me sarebbe un’occasione speciale?” mi rispose emozionata.
Non potevo sbagliare, dovevo giocare bene le mie carte. “Dopo un po’ che ci frequentiamo, per lo più quasi sempre chiusi in macchina, ho pensato fosse il momento giusto per portarti qui,” replicai. “Ma ora dammi una mano a stendere il telo, così saremo più comodi e la sabbia ci darà meno fastidio.”
L’aiutai a togliere lo zaino dalle spalle e, una volta aperta la zip, tirai fuori uno dei classici teli mare grandi abbastanza da farci stare sopra quattro persone. Riuscimmo a sistemarlo discretamente, litigando un po’ con la sabbia che andava a finire sui lati, ma ci accontentammo. Presi dallo zaino altri due asciugamani, ma li lasciai ripiegati sopra il telo, nel frattempo le dissi di aprire la borsa frigo che c’era un pensiero per lei.
In tutta fretta e presa dalla curiosità di sapere di cosa si trattasse, tirò fuori una bottiglia di vino bianco, un Vermentino per l’esattezza.
“Non ci credo! È il mio preferito! Allora vedo che mi ascolti realmente quando ti parlo, ahahahaha!”
“Credevi che mi sarei fatto sfuggire un dettaglio così importante? Non pensavo avessi questa considerazione nei miei confronti…”
“Ma dai, scemo! Lo sai che sto scherzando, ti ho anche detto di non prendermi troppo seriamente a volte!”
“Lo so… ma sai anche che con te le mie intenzioni sono serie, non vorrei perdere mai il legame che si è creato tra noi…”
“Tranquillo, anche le mie sono serie, altrimenti non avrei continuato a venire con te in camporella per fare i porcellini,” mi disse con tono rasserenante. “E poi ora basta parlare! Abbiamo una bottiglia di ottimo vino da finire, o preferisci che si scaldi e diventi imbevibile?”
“Assolutamente no!” le risposi e mi attrezzai subito per stappare il vino.
Riempimmo i bicchieri e brindammo: “A questa notte piena di vita che ci scalda il cuore, e a noi che sotto la luna brindiamo alla vita!”
“SALUTE!” gridammo entrambi.
Intraprendemmo una serie di discorsi che onestamente ora non ricordo bene, ma sorso dopo sorso i bicchieri si svuotavano e la bottiglia pure, e intanto, tra baci e sfioramenti, la temperatura saliva per entrambi.
“Ti va di fare un bagno? È bellissimo farlo di notte! E poi guarda che luna che c’è, quando ti ricapita?” mi chiese.
“Ma sei pazza? E poi non ho nemmeno il costume!”
“Ma che importa, nemmeno io ce l’ho.” E fu così che si alzò in piedi di scatto e, un po’ barcollante, iniziò a spogliarsi. Notai subito che sotto il vestito non aveva l’intimo, così come notai il turgore dei suoi capezzoli, erano lì eretti come due piccole viti che spuntavano fuori da un seno formidabile. Penso fosse una terza o una quarta, non sono sicuro. È lì che il mio amico là sotto, da barzotto che era, raggiunse il massimo dell’erezione.
Corse nuda verso la riva, mi pareva di vedere una dea davanti ai miei occhi. Io rimasi imbambolato a fissarla, finché la sua voce mi fece tornare coi piedi per terra.
“Beh, che fai? Vuoi rimanere lì seduto a guardare?” Non me lo feci ripetere due volte e, in batter d’occhio, mi levai i vestiti di dosso e la raggiunsi in acqua. Era calda, non me l’aspettavo. Mi avvicinai a lei lentamente e, come la distanza tra noi si ridusse a quella di un palmo di mano, ci abbracciammo. La sua pelle era liscissima e lasciavo scivolare le mie mani sulla sua schiena, scendendo sempre più verso il culo. Era pieno, sodo e tonico; gli anni di atletica che aveva sulle spalle gli rendevano proprio onore. Sentivo anche le sue mani che accarezzavano le mie spalle, quasi come se con le dita volesse disegnarne il contorno.
Ci baciammo, prima un bacio, poi un altro, fino a che le nostre lingue diventarono un vortice di passione e i nostri corpi si strusciarono tra loro come se ballassero una danza sinuosa ed elegante. Sentivo il mio cazzo duro come non mai, che strusciava sulle labbra della sua figa, e, vuoi che fossimo in acqua, vuoi l’emozione, la sentivo bagnatissima più di ogni altra volta. Sentivo la cappella che si faceva spazio tra le grandi labbra e ogni volta che sfiorava il suo clitoride dalle sue labbra usciva un piccolo gemito, e lì gemevo anche io dal piacere.
Ad un certo punto mi sussurrò all’orecchio: “Seguimi”. Si staccò da me e nuotò verso la riva; la seguii verso il telo che ormai era ricoperto dai nostri vestiti lasciati poc’anzi. Prese un asciugamano per darsi una rapida asciugata e me lo passò.
Ci ritrovammo entrambi stesi, nuovamente con le lingue che si contorcevano tra loro e che fremevano di esplorare ogni centimetro della nostra pelle nuda. Fui io a iniziare a baciarle il collo, un bacio dietro l’orecchio, uno un po’ più giù e poi a scendere verso quel seno che tanto mi aveva destabilizzato in precedenza. Lo strinsi tra le mie mani come fossero due cuscini e iniziai a leccare le aureole, che vedendole da vicino sembravano più scure; i capezzoli così duri e gonfi erano come se mi implorassero di essere succhiati e così fu: li baciavo, li succhiavo e ogni lappata era una sua scossa sulla schiena. Impazziva, ed i suoi gemiti mi davano sempre più coraggio di scendere. Man mano che andavo più giù riuscivo a sentire il profumo dei suoi umori; dovevano essere davvero abbondanti.
I miei presentimenti furono azzeccati ed infatti mi ritrovai con la faccia in un barattolo di miele. Non avevo mai sentito una figa così profumata e gustosa; mi ci persi dentro, non sapevo dove passare con la lingua. Non facevo in tempo a raccogliere gli umori che colavano, che appena iniziavo nuovamente a succhiare e titillarle il clitoride era nuovamente un fiume in piena. Risalii per baciarla, volevo farle assaporare il suo gusto, e fu così che le nostre lingue ripresero a danzare fra loro; sembrava le piacesse il sapore, le nostre labbra non si staccavano più. Nemmeno il mio glande si staccava più dalle sue labbra e così mi decisi di provare ad infilarlo. L’appoggiai meglio; era quasi come se le labbra lo risucchiassero dentro, sembrava non finisse mai di entrare, e quando entrò per tutta la sua lunghezza emise un gemito di piacere che mi fece diventare più duro di quel che ero già. Iniziammo a scopare come due innamorati: entravo e uscivo una meraviglia, il calore della sua passera era la cosa più bella del mondo. Le sue mani mi stringevano le natiche da dietro e spingevano verso di lei come se volesse sempre di più.
Fu lei che prese l’iniziativa e mi fece stendere sulla schiena. Si accovacciò su di me, strinse il cazzo in mano e iniziò a succhiare il glande, accompagnando il tutto con una sega. Inutile dire che ero davvero in paradiso. La sua maestria nel succhiare era tale che dovetti bloccarla: “Ferma, ti prego! Non voglio venire subito, fammi godere un po’ il momento!” Lei capì e staccò le labbra con uno schiocco che mi fece vibrare l’asta fin sotto le palle.
Senza dire una parola si alzò e si mise accanto a me, in ginocchio, con il culo alto rivolto verso di me. Riuscivo a vedere la sua figa bagnata che brillava nel buio. Mi misi anch’io in ginocchio e affondai nuovamente il cazzo fino in fondo. Questa volta sentii un gridolino di dolore e mi fermai. “Perché ti sei fermato?” disse lei. “Non volevo farti male.” “Ma che dici! Non ti fermare, cretino!” E fu così che ricominciai ad affondare i colpi sempre di più. Sentivo l’eco delle nostre cosce che sbattevano e rimbombavano nella piccola baia, insieme ai gemiti di entrambi, segno che eravamo prossimi all’arrivo.
Sentii tutto a un tratto la sua mano che da sotto iniziò a stringermi i testicoli. Era strano per me, ma mi piaceva un sacco; avevo completamente perso la ragione. Sentivo lo sperma carico, pronto ad esploderle dentro, e lei lo capì. Si sfilò la verga gonfia e si girò verso di me. Guardandomi negli occhi, la prese in bocca e iniziò a succhiare solo la cappella. Inutile dire che ormai non capivo più nulla; appena uscì il primo schizzo, lo staccò dalla bocca sempre col suo classico schiocco di labbra e indirizzò il getto sul suo viso. Alcuni schizzi le andarono sui capelli, un altro sull’occhio, uno sulla fronte, e tutto le colava addosso come crema. Penso fosse una delle venute più copiose della mia intera vita. Come se nulla fosse, raccolse tutto con le dita e lo portò alla bocca. Senza mai distogliere il contatto dei nostri occhi, mi si avvicinò al viso e mi baciò. Aveva il sapore del mio sperma, ma non mi dava fastidio; ormai eravamo una cosa sola.
Ci stendemmo estenuati una accanto all’altra, per poi ricongiungerci nudi in un abbraccio. Allungai il braccio verso lo zaino e riuscii a prendere il pacchetto di sigarette, una per me e una per lei.
Rimanemmo a fumare, guardando le stelle, illuminati dalla luna nella notte d’estate più focosa di sempre.
Il film era sempre lo stesso: dopo aver finito di mangiare, passavo a prenderla in auto sotto casa sua. Si faceva sempre attendere, sembrava che si preparasse per andare a una cena di gala, ed invece la vedevo scendere le scale con quei vestitini freschi adatti alle calde temperature.
Non appena saliva in macchina, l’abitacolo si riempiva del suo profumo, che lasciava un piacevole senso di passione e sensualità. Un bacio a stampo sulle labbra e via verso la litoranea alla ricerca del nostro angolo di intimità in riva al mare.
Solitamente ci appartavamo in uno spiazzo sterrato contornato da diversi cespugli a una decina di metri dalla spiaggia, in cui più di qualche occasione ci eravamo spinti oltre ai soliti baci con la lingua. Ero riuscito a conquistare l’accesso alle sue mutandine, che si bagnavano come un lago al solo sfioramento delle dita sulla stoffa dell’intimo. Quando le scostavo di lato per toccarle le labbra, era subito un bagno di umori. Ogni dito che entrava ed usciva da quella tenera fighetta lasciava udire il gorgogliare dei suoi liquidi, mentre all’orecchio mi sussurrava con tono sempre più crescente di non smettere. Immagino che ogni volta raggiungesse l’apice del piacere avesse un orgasmo strepitoso, dato che quei due o tre minuti dopo rimaneva sul sedile in preda all’estasi.
Dopo essersi ripresa diceva sempre: “Ora tocca a me sdebitarmi.” E, dopo aver slacciato il laccio del mio pantaloncino, iniziava a baciare l’asta per tutta la sua lunghezza, per giocare con la lingua sulla cappella, gonfia come non mai e pronta a spruzzare tutto il seme. Appena la infilava in bocca iniziava a muoversi sinuosamente come una vera maestra (mi son sempre chiesto dove abbia imparato a succhiare il cazzo così bene), arrivava fino in fondo come niente fosse, non emetteva nemmeno un gemito, rimanevo sbalordito ogni volta. Sentivo il calore della sua gola che mi stringeva il cazzo ad ogni affondo e i colpi di lingua sulla punta ad ogni risalita, provando a resistere il più che potevo ma fallendo ogni misera volta. Forse colpa dell’eccitazione o forse della sua maestria, ogni volta le scaricavo in gola una quantità enorme di sperma che lasciava soddisfatto me ma soprattutto lei. La leccata di labbra ne era la prova.
Ma, tornando a noi, quando passammo davanti al solito posto, quella sera proseguimmo dritti e lei mi chiese: “Dovevamo girare là o mi sbaglio?”
“Non ti sbagli, tranquilla, ma per stasera ho trovato un posticino più tranquillo.”
“Davvero?” disse lei.
“Poco più avanti c’è una piccola conchetta con una spiaggia tutta per noi. Per arrivare c’è un breve sentiero da fare a piedi, ma fidati che ne vale la pena!” le risposi.
I suoi occhi si illuminarono di stupore e subito ribatté: “Sarà meglio che superi le aspettative, perché anche io stasera ho una sorpresa per te!”
Rimasi ammutolito, non sapevo davvero che pensare. Era sempre stata molto restia sul fatto di avere un rapporto completo, anzi a dire la verità non ne avevamo mai parlato né tantomeno provato.
Trascorsi altri due minuti d’auto, arrivammo in uno spiazzo che sembrava verosimilmente un parcheggio. Spensi il quadro e scendemmo dall’auto. Prima di avviarci verso il sentiero, di cui già si vedeva l’accesso, presi dal bagagliaio uno zainetto e la borsa frigo; zainetto lei e borsa frigo io.
Il sentiero era abbastanza stretto e pieno di arbusti. Nonostante fosse abbastanza buio, i fasci di luce emessi dalla Luna lo rendevano percorribile senza la necessità di accendere la torcia. Finalmente giungemmo in quello che sembrava un paradiso in terra. Quel piccolo lembo di spiaggia bianca brillava sotto la maestosità della Luna, il che rendeva l’atmosfera ancor più magica. Riuscii a scorgere sul suo viso uno sguardo pieno di emozioni, complice il suo sorriso.
“Eccoci qua! Che te ne pare?” le domandai.
“Davvero stupendo,” disse lei. “Perché non mi hai portato prima in questo posto meraviglioso?”
“E secondo te mi sarei dovuto giocare subito la mia location segreta? Di solito qua vengo solo per qualche occasione speciale, sarebbe uno spreco venire sempre, non trovi?”
“In effetti non posso darti tutti i torti… e quindi, qua con me sarebbe un’occasione speciale?” mi rispose emozionata.
Non potevo sbagliare, dovevo giocare bene le mie carte. “Dopo un po’ che ci frequentiamo, per lo più quasi sempre chiusi in macchina, ho pensato fosse il momento giusto per portarti qui,” replicai. “Ma ora dammi una mano a stendere il telo, così saremo più comodi e la sabbia ci darà meno fastidio.”
L’aiutai a togliere lo zaino dalle spalle e, una volta aperta la zip, tirai fuori uno dei classici teli mare grandi abbastanza da farci stare sopra quattro persone. Riuscimmo a sistemarlo discretamente, litigando un po’ con la sabbia che andava a finire sui lati, ma ci accontentammo. Presi dallo zaino altri due asciugamani, ma li lasciai ripiegati sopra il telo, nel frattempo le dissi di aprire la borsa frigo che c’era un pensiero per lei.
In tutta fretta e presa dalla curiosità di sapere di cosa si trattasse, tirò fuori una bottiglia di vino bianco, un Vermentino per l’esattezza.
“Non ci credo! È il mio preferito! Allora vedo che mi ascolti realmente quando ti parlo, ahahahaha!”
“Credevi che mi sarei fatto sfuggire un dettaglio così importante? Non pensavo avessi questa considerazione nei miei confronti…”
“Ma dai, scemo! Lo sai che sto scherzando, ti ho anche detto di non prendermi troppo seriamente a volte!”
“Lo so… ma sai anche che con te le mie intenzioni sono serie, non vorrei perdere mai il legame che si è creato tra noi…”
“Tranquillo, anche le mie sono serie, altrimenti non avrei continuato a venire con te in camporella per fare i porcellini,” mi disse con tono rasserenante. “E poi ora basta parlare! Abbiamo una bottiglia di ottimo vino da finire, o preferisci che si scaldi e diventi imbevibile?”
“Assolutamente no!” le risposi e mi attrezzai subito per stappare il vino.
Riempimmo i bicchieri e brindammo: “A questa notte piena di vita che ci scalda il cuore, e a noi che sotto la luna brindiamo alla vita!”
“SALUTE!” gridammo entrambi.
Intraprendemmo una serie di discorsi che onestamente ora non ricordo bene, ma sorso dopo sorso i bicchieri si svuotavano e la bottiglia pure, e intanto, tra baci e sfioramenti, la temperatura saliva per entrambi.
“Ti va di fare un bagno? È bellissimo farlo di notte! E poi guarda che luna che c’è, quando ti ricapita?” mi chiese.
“Ma sei pazza? E poi non ho nemmeno il costume!”
“Ma che importa, nemmeno io ce l’ho.” E fu così che si alzò in piedi di scatto e, un po’ barcollante, iniziò a spogliarsi. Notai subito che sotto il vestito non aveva l’intimo, così come notai il turgore dei suoi capezzoli, erano lì eretti come due piccole viti che spuntavano fuori da un seno formidabile. Penso fosse una terza o una quarta, non sono sicuro. È lì che il mio amico là sotto, da barzotto che era, raggiunse il massimo dell’erezione.
Corse nuda verso la riva, mi pareva di vedere una dea davanti ai miei occhi. Io rimasi imbambolato a fissarla, finché la sua voce mi fece tornare coi piedi per terra.
“Beh, che fai? Vuoi rimanere lì seduto a guardare?” Non me lo feci ripetere due volte e, in batter d’occhio, mi levai i vestiti di dosso e la raggiunsi in acqua. Era calda, non me l’aspettavo. Mi avvicinai a lei lentamente e, come la distanza tra noi si ridusse a quella di un palmo di mano, ci abbracciammo. La sua pelle era liscissima e lasciavo scivolare le mie mani sulla sua schiena, scendendo sempre più verso il culo. Era pieno, sodo e tonico; gli anni di atletica che aveva sulle spalle gli rendevano proprio onore. Sentivo anche le sue mani che accarezzavano le mie spalle, quasi come se con le dita volesse disegnarne il contorno.
Ci baciammo, prima un bacio, poi un altro, fino a che le nostre lingue diventarono un vortice di passione e i nostri corpi si strusciarono tra loro come se ballassero una danza sinuosa ed elegante. Sentivo il mio cazzo duro come non mai, che strusciava sulle labbra della sua figa, e, vuoi che fossimo in acqua, vuoi l’emozione, la sentivo bagnatissima più di ogni altra volta. Sentivo la cappella che si faceva spazio tra le grandi labbra e ogni volta che sfiorava il suo clitoride dalle sue labbra usciva un piccolo gemito, e lì gemevo anche io dal piacere.
Ad un certo punto mi sussurrò all’orecchio: “Seguimi”. Si staccò da me e nuotò verso la riva; la seguii verso il telo che ormai era ricoperto dai nostri vestiti lasciati poc’anzi. Prese un asciugamano per darsi una rapida asciugata e me lo passò.
Ci ritrovammo entrambi stesi, nuovamente con le lingue che si contorcevano tra loro e che fremevano di esplorare ogni centimetro della nostra pelle nuda. Fui io a iniziare a baciarle il collo, un bacio dietro l’orecchio, uno un po’ più giù e poi a scendere verso quel seno che tanto mi aveva destabilizzato in precedenza. Lo strinsi tra le mie mani come fossero due cuscini e iniziai a leccare le aureole, che vedendole da vicino sembravano più scure; i capezzoli così duri e gonfi erano come se mi implorassero di essere succhiati e così fu: li baciavo, li succhiavo e ogni lappata era una sua scossa sulla schiena. Impazziva, ed i suoi gemiti mi davano sempre più coraggio di scendere. Man mano che andavo più giù riuscivo a sentire il profumo dei suoi umori; dovevano essere davvero abbondanti.
I miei presentimenti furono azzeccati ed infatti mi ritrovai con la faccia in un barattolo di miele. Non avevo mai sentito una figa così profumata e gustosa; mi ci persi dentro, non sapevo dove passare con la lingua. Non facevo in tempo a raccogliere gli umori che colavano, che appena iniziavo nuovamente a succhiare e titillarle il clitoride era nuovamente un fiume in piena. Risalii per baciarla, volevo farle assaporare il suo gusto, e fu così che le nostre lingue ripresero a danzare fra loro; sembrava le piacesse il sapore, le nostre labbra non si staccavano più. Nemmeno il mio glande si staccava più dalle sue labbra e così mi decisi di provare ad infilarlo. L’appoggiai meglio; era quasi come se le labbra lo risucchiassero dentro, sembrava non finisse mai di entrare, e quando entrò per tutta la sua lunghezza emise un gemito di piacere che mi fece diventare più duro di quel che ero già. Iniziammo a scopare come due innamorati: entravo e uscivo una meraviglia, il calore della sua passera era la cosa più bella del mondo. Le sue mani mi stringevano le natiche da dietro e spingevano verso di lei come se volesse sempre di più.
Fu lei che prese l’iniziativa e mi fece stendere sulla schiena. Si accovacciò su di me, strinse il cazzo in mano e iniziò a succhiare il glande, accompagnando il tutto con una sega. Inutile dire che ero davvero in paradiso. La sua maestria nel succhiare era tale che dovetti bloccarla: “Ferma, ti prego! Non voglio venire subito, fammi godere un po’ il momento!” Lei capì e staccò le labbra con uno schiocco che mi fece vibrare l’asta fin sotto le palle.
Senza dire una parola si alzò e si mise accanto a me, in ginocchio, con il culo alto rivolto verso di me. Riuscivo a vedere la sua figa bagnata che brillava nel buio. Mi misi anch’io in ginocchio e affondai nuovamente il cazzo fino in fondo. Questa volta sentii un gridolino di dolore e mi fermai. “Perché ti sei fermato?” disse lei. “Non volevo farti male.” “Ma che dici! Non ti fermare, cretino!” E fu così che ricominciai ad affondare i colpi sempre di più. Sentivo l’eco delle nostre cosce che sbattevano e rimbombavano nella piccola baia, insieme ai gemiti di entrambi, segno che eravamo prossimi all’arrivo.
Sentii tutto a un tratto la sua mano che da sotto iniziò a stringermi i testicoli. Era strano per me, ma mi piaceva un sacco; avevo completamente perso la ragione. Sentivo lo sperma carico, pronto ad esploderle dentro, e lei lo capì. Si sfilò la verga gonfia e si girò verso di me. Guardandomi negli occhi, la prese in bocca e iniziò a succhiare solo la cappella. Inutile dire che ormai non capivo più nulla; appena uscì il primo schizzo, lo staccò dalla bocca sempre col suo classico schiocco di labbra e indirizzò il getto sul suo viso. Alcuni schizzi le andarono sui capelli, un altro sull’occhio, uno sulla fronte, e tutto le colava addosso come crema. Penso fosse una delle venute più copiose della mia intera vita. Come se nulla fosse, raccolse tutto con le dita e lo portò alla bocca. Senza mai distogliere il contatto dei nostri occhi, mi si avvicinò al viso e mi baciò. Aveva il sapore del mio sperma, ma non mi dava fastidio; ormai eravamo una cosa sola.
Ci stendemmo estenuati una accanto all’altra, per poi ricongiungerci nudi in un abbraccio. Allungai il braccio verso lo zaino e riuscii a prendere il pacchetto di sigarette, una per me e una per lei.
Rimanemmo a fumare, guardando le stelle, illuminati dalla luna nella notte d’estate più focosa di sempre.
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