Dipendenza 2

di
genere
gay

Eravamo rimasti al barattolo, che ormai era diventato una presenza fissa nel nostro rapporto.
Penso che godesse, mentre avidamente ne ripulivo il contenuto, ormai assuefatto da quell’odore e da tutta quella sborra.
Alle volte, il bastardo, imponeva alla scena delle varianti. Non di rado, infatti, invece di sborrare direttamente nel barattolo, mi veniva in bocca, chiedendomi di non ingoiare. Se qualche goccia fuoriusciva dalle mie labbra, lui immediatamente, con quelle dita tozze, me la ricacciava dentro. Poi mi prendeva la testa, me la shakerava fortemente e mi chiedeva di riversare tutto il contenuto nel barattolo. La sborra, a quel punto, mischiata dalla mia saliva, cadeva vischiosa nel vetro.
Altre volte, mi faceva mettere a carponi, mi chiedeva di allargare le chiappe, sputava, si segava sul mio buco e, quando veniva, raccoglieva nel barattolo tutta la sborra che colava.
Un maledetto giorno – non lo avessi mai fatto – lo raggiunsi al lavoro.
Lo trovai nel capanno mentre stava sistemando gli ortaggi nelle cassette destinate al mercato.
Senza dir nulla, chiuse la porta, tirò fuori il barattolo dallo zaino, chiedendomi di prendere da una delle cassette riposte a terra una carota e uno zucchino.
Senza dir nulla, capite le sue intenzioni – tanto non avrei potuto fare altrimenti – mi spogliai, mi appoggiai al tavolo, divaricando le gambe ed allargando bene il culo.
Fu un attimo: mio cugino aprì il barattolo, inserì la carota dentro, rigirandola nel liquido e, senza alcun tipo di dolcezza, mi penetrò violentemente con l’ortaggio.
Nel mentre, andando su e giù con la carota nel mio buco, il porco si segava, guardando il mio sfintere dilatarsi e chiudersi ad ogni colpo.
Fu poi la volta dello zucchino, ma solo dopo avermi fatto mangiare la carota, che prima mi aveva penetrato.
Il bastardo, però, non era ancora soddisfatto e, mentre mi scopava con lo zucchino, lasciandomelo dentro, mi afferrò per testa, mettendomi in un lampo il suo cazzo in bocca.
Fu così che mi ritrovai con una mano a tenere il suo cazzo e con l’altra ad auto-penetrarmi con lo zucchino, fino a quando, il porco, non mi riempì la bocca di sborra, che puntualmente riversai nel barattolo.
Ormai era diventato un incubo anche di giorno. Quando non andavo al mare, mi cercava per il paese, mi chiamava con una scusa, mi faceva salire in macchina e mi portava in qualche posto desolato per farsi spompinare a dovere, mettendomi due dita nel culo.
Non importava con chi fossi o cosa stessi facendo, lui passava dalla piazza, mi chiamava e se accampavo qualche scusa, tirava fuori davanti a tutti il barattolo e tra gli sguardi interdetti, lo raggiungevo in macchina, senza dare nell’occhio.
Tutto questo capitava anche tre volte al giorno, non avevo pace, non potevo far nulla che me lo ritrovavo da qualche parte a puntarmi.
Eppure, inconsciamente, quando non lo vedevo, mi chiedevo dove fosse; scorgevo ogni macchina in lontananza, con la speranza che fosse lui.
Tutta questa maledetta situazione stava avendo uno strano effetto su di me, iniziavo a dubitare che mi piacessero le ragazze, guardavo i ragazzi in un altro modo, ne immaginavo il cazzo, l’odore, la sborra.
Stavo impazzendo, iniziavo a sentirmi appagato solo quando mio cugino mi prendeva e si impossessava della mia anima, più che del mio corpo.
Inoltre, non capivo perché, il porco, si limitasse soltanto a quei giochi luridi con me, per quale motivo non mi inculasse a sangue.
Mi stava facendo morire.
Eppure quel cazzo era mio, ne conoscevo il sapore già da lontano, ogni singolo centimetro, sapevo cosa dovessi fare per farlo indurire con la bocca, sapevo esattamente quando mi sarebbe esploso sulla lingua.
Perché allora non scoparmi degnamente?
Mi aveva trasformato in una cagna e ora perché non si prendeva ciò che era suo?
Ormai nel mio buco aveva inserito di tutto: ortaggi, candele, piccoli tubi, cacciaviti.
Possibile che non volesse inondarmi di sperma col suo cazzo?
Avevo deciso: lo avrei provocato.

--To be continued-- scrivetemi a: ginluckr@gmail.com
scritto il
2024-08-01
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