Biscotti allo zenzero

di
genere
gay

Era mattino presto quel giovedì e appena entrai nella pasticceria fui subito sopraffatto dall'odore dei dolci appena sfornati. La mia testa mi riportò alle tante volte in cui ero entrato lì con Evelina, la mia ex, per fare colazione insieme. Flashback dei bei momenti passati con lei attraversavano la mia testa come in un film. E in fin dei conti erano proprio quei ricordi ad avermi portato lì quella mattina: volevo comprare dei biscottini allo zenzero, i preferiti di Evelina, e poi passare da lei, cercare un chiarimento. D'altronde era estate ed eravamo entrambi in ferie: perché non tentare?

In fin dei conti Sebastiano, il ragazzo per cui lei mi aveva lasciato, era una montagna di muscoli, ma ero convinto che non avesse nulla per meritarsi la mia dolce Evelina. Mentre ero assorto in tutti questi e altri pensieri e attendevo di ritirare il mio ordine sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla. Mi voltai indietro per vedere di chi si trattasse ed era proprio lui, Sebastiano. Non riuscivo a decifrare l'espressione sul suo volto, ma il suo sguardo era sicuro, spavaldo e, mi sembrò, anche leggermente ostile. Io deglutìvo nervosamente, la mia angoscia era palpabile e si fece ancora più visibile quando con tono fermo, tranquillo, ma che non ammetteva repliche Sebastiano mi disse: "Dobbiamo parlare".

Ebbi un attimo di esitazione, poi con un nodo allo stomaco annuii. Sebastiano fece un complimento alla commessa (non perdeva occasione di fare il galletto con qualsiasi ragazza gli capitasse a tiro) e le disse che andavamo ad accomodarci nel piccolo tavolino all'angolo del negozio e di portarci due caffè.

Io e Sebastiano ci accomodammo uno di fronte all'altro. Lui portò la sua tazzina alle labbra e ne bevve un sorso. Io continuavo a guardarlo cercando, senza successo, di indovinarne le intenzioni: la tensione si tagliava a fette.

Fu Sebastiano a rompere gli indugi. Posò la tazzina e con il suo solito tono fermo e la sua voce profonda cominciò a parlare: "So cosa vuoi fare. Capisco che tu hai ancora dei sentimenti per lei. Ma devi lasciarla andare. Lei merita molto di più di uno sfigato come te. Lei merita di essere amata e protetta da un vero maschio. Lei merita di essere felice e solo io posso renderla felice".

Sentii un'ondata di rabbia crescere dentro di me, ma sapevo che era meglio restare calmi: Sebastiano era noto per essere piuttosto irascibile e, ahimè, la differenza fisica tra noi due era piuttosto evidente. Mi costrinsi, dunque, a rimanere calmo e composto anche se realtà stavo scoppiando in un misto di tristezza, rancore e umiliazione.

Mentre ero in questo stato Sebastiano allungò la sua mano per stringere la mia: lo interpretai come un gesto inaspettato di empatia e comprensione che mi diede un senso di sollievo. Forse c’era speranza per una soluzione pacifica. Ma proprio quando iniziavo a rilassarmi lui si alzò bruscamente e mi ordinò di seguirlo.

Andò alla cassa e pagò i due caffè e i biscotti allo zenzero che avevo ordinato. Poi raggiungemmo il suo motorino che aveva parcheggiato davanti al negozio. Aprì il bauletto e mi porse un casco poi, prima di richiuderlo, ci mise la busta con i biscotti. Si mise alla guida del motorino e mi disse, o meglio mi ordinò, di infilare il casco e sedermi dietro di lui. Non sapevo quali fossero le sue intenzioni e sinceramente ero tutt'altro che tranquillo, ma preferii non contraddirlo sperando che questo avrebbe in qualche modo fatto andare tutto per il verso giusto.

Arrivammo sfrecciando sotto casa di Sebastiano, parcheggiammo il motorino nella rimessa e lui aspettò che la porta basculante si richiudesse dietro di noi. Ci slacciammo i caschi e lui li appoggiò frettolosamente su una mensola alla parete del garage. "Togliti gli occhiali!", mi disse con voce ferma e sicura. Era chiaro che volesse picchiarmi, almeno questo era quello che pensai nella mia testa, tremavo di paura, ma ancora una volta pensai che la cosa migliore fosse non contraddirlo. Mi sfilai gli occhiali e glieli porsi, li posò con cura accanto ai caschi.

Prima che potessi capire le sue reali intenzioni e potessi reagire, con una decisa pressione sulle spalle Sebastiano mi costrinse a inginocchiarmi sul pavimento polveroso della rimessa e si abbassò leggermente i bermuda rossi che indossava mostrandomi un cazzo ancora barzotto ma già di dimensioni decisamente notevoli. Non avevo mai visto un pene così grosso, in realtà a parte il mio non avevo mai visto un pene dal vivo, solo quelli che vedevo nei film porno. Non avevo neanche mai avuto fantasie gay e meno che mai esperienze di quel tipo. Perciò la vista di quel grosso uccello mi lasciò letteralmente a bocca aperta e Sebastiano ne approfittò per infilarmi la sua verga fino in gola.

Ripresomi dalla sorpresa provai a spingere via Sebastiano, ma lui era troppo forte e con un sorriso sadico mi teneva una mano dietro la nuca e continuava ad assaltare la mia gola con affondi decisi che mi costringevano ad ingoiare tutto il suo cazzo ormai completamente eretto e durissimo e rovente. Con l'altra mano si sfilò la canotta bianca che lasciò cadere a terra mettendo in mostra i suoi pettorali scolpiti da anni di palestra e imperlati di sudore per il caldo e per la monta forsennata a cui stava sottoponendo il mio cavo orale.

Io avevo i conati per quella violenta intrusione e facevo fatica a respirare; la mia faccia era una maschera di umori: per lo sforzo la mia saliva fuoriusciva copiosa dalle mie labbra serrate intorno al suo palo insieme al suo precum. Lui ansimava di piacere e fatica, quasi grugniva e si abbandonava ad oscenità come: "Hai visto che cazzo che ho? Capisci perché solo io posso rendere felice la nostra Evelina? E poi tu c'hai la gola che è meglio della figa di una puttana e il fisico da frocetto: il tuo posto è qui, in ginocchio ai piedi di un vero maschio a fare i bocchini".

Dopo quella che mi sembrò un'eternità sentii il corpo di Sebastiano rendersi e il suo cazzo cominciò ad eiaculare nella mia bocca lasciando un liquido salato e dal sapore, fino ad allora, per me sconosciuto. Mi vergognavo per quello che avevo subito e sputai il suo seme sul pavimento mentre tossivo per i colpi che la mia gola aveva subito. Sebastiano si protese verso di me che ero ancora in ginocchio e spingendomi la nuca verso il pavimento mi costrinse a leccare ciò che avevo appena sputato.

Poi finalmente mi aiutò a rialzarmi, mi restituì gli occhiali e aprì la porta basculante del garage per lasciarmi andare via, non prima di avermi guardato con un sorriso malizioso e avermi detto: "Ricordati questo momento e lascia stare Evelina".

Uscii dal garage stordito, con le lacrime che mi rigavano il viso. Ero stato umiliato e degradato, tutto per amore di una donna che non mi voleva più. Avevo percorso pochi metri quando sentii la voce di Sebastiano chiamarmi. Mi voltai per vedere cosa volesse e lui agitando una busta mi disse: "Hai dimenticato i tuoi biscotti allo zenzero"
scritto il
2024-08-05
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