Prologo di un Twink

di
genere
prime esperienze

Un racconto coinvolgente inizia sempre con una presentazione.
Questa è la sua.
Mi chiamo Gabriele, ho 19 anni e sono alto un metro e ottantatré, con un peso di circa sessantacinque chili. La mia corporatura è asciutta e slanciata, con spalle sottili e braccia lunghe. Ho un fisico definito, di certo non è efebico. La mia pelle è chiara, con pochi peli visibili qua e là sul corpo. Sul mio addome c’è un piccolo neo appena sopra l'ombelico, mentre un altro è al centro del petto, tra due pettorali che non sono troppo pronunciati. I miei occhi sono scuri, e i capelli biondi, di una lunghezza intermedia. Le sopracciglia sono sottili, ma abbastanza visibili.

Vivo ancora con i miei genitori e lavoro in un call center, un'occupazione che mi permette di guadagnare uno stipendio decente. Di recente ho concluso una relazione con una ragazza, senza un motivo preciso. Il rapporto andava bene, anche dal punto di vista sessuale: normale, appagante per la maggior parte del tempo. Lei era bellissima e dolce, ma col tempo anche le cose più belle rischiano di perdere il loro fascino, e così è stato. Avevo finalmente capito che per essere davvero soddisfatto avrei dovuto trovare un modo per liberare i miei desideri. La mia attrazione per chi è più grande di me continua a crescere: la loro spensieratezza, la sicurezza e quell’energia che sembra inesauribile. Ma quel che più mi eccita è la loro capacità di essere dei gran porci senza sovrastrutture, dei sinceri arrapati che non vogliono altro che il tuo corpo e la tua voglia di assecondarli. Col passare del tempo, ho iniziato a riconoscere questa ossessione: non è solo un pensiero fugace o una fantasia lontana, ma un vero e proprio bisogno. Ogni volta che incrocio lo sguardo di uomini più grandi di me, percepisco una sorta di magnetismo.
Sicuri, disinvolti, quasi come se avessero già vissuto tutto e nulla possa più sorprenderli. Mi affascinava la loro libertà e l'energia che sembra inesauribile. Non è solo attrazione, è la ricerca di qualcosa che mi manca, una via d’uscita dalla noia e la porta d’ingresso per la libertà.
Inizio chattando e facendo videochiamate con uomini di una certa età. Mi spoglio per loro, mi sego, gemo. Il mio preferito è brutto, maleducato e mi tratta come una vera prostituta; qual’è il mio momento preferito? Quando con la sua voce meschina ordina: “Metti le mutande in mezzo al culo”. Mi giro e lentamente le faccio scivolare dall’esterno verso l’interno, le mutande che si appoggiano al mio buco ora liscio e morbido non vede l’ora di toglierle.

Ma presto mi accorgo che non è abbastanza e non lo sarà mai.
Il punto di non ritorno arriva dopo una videochiamata con Roberto, un uomo di sessantadue anni della mia stessa città. E’ più basso di me, un pò di pancia ma le gambe ancora toniche. Il suo viso è largo e coperto da una barba ispida, la sua espressione è rassicurante. Ma ciò che più mi ha sconvolto è il suo cazzo. Il cazzo di un maturo così bello non lo avevo mai ricevuto per foto. Poco peloso, le palle ancora come quelle di un ragazzo, turgide e piene, l’asta non circoncisa, lunga circa diciassette centimetri. La proporzione perfetta di misure, la perfezione per ciò che voglio. Le sue parole e la sua voce alimentano qualcosa in me, mi spingono a desiderarmi con lui, a desiderare quell’incontro, sta volta però non solo come una fantasia. Fissiamo un appuntamento per il giorno successivo, verso le 19, presso la sua casa. Un sogno sta per avverarsi, e fatico a crederci.
Mi sveglio, è già mattina. La mattina del giorno in cui avrei goduto come mai prima. Vado in bagno, faccio una doccia e con attenzione elimino ogni forma di peluria dal mio corpo, cercando di non rovinare la mia pelle liscia. Uscito dal bagno, in pigiama e senza mutande, mi accorgo che il mio cazzo è ancora un po' teso ma indolente mi dirigo in cucina. I miei stanno facendo colazione e noto che si intravede la forma del mio cazzo duro sotto il tessuto, sembra pronto a d esplodere e non riesco a contenerlo. L'aria fresca che da sotto il pigiama leggero accarezza le palle ed il buchino liscio appena depilato, la pelle è ancora fresca per la rasatura.
Sento che sta diventando sempre più duro, da teso ora sta per ergersi a monumento.
Ho già voglia di liberarmi.
Mi siedo di scatto e i miei genitori mi chiedono dei piani per la giornata, se devo lavorare o se ho altri impegni. Sono teso come una corda di violino, il mio membro è ora duro come non lo è mai stato. Lo sento pulsare sotto il pigiama. Rispondo in modo vago, con tono scocciato, fingendo di essere nervoso per allontanare l’imbarazzo. Si girano e mi lasciano stare. Spero con tutto me stesso di aver recitato bene. L’adrenalina scende e il corpo si rilassa, ma rimane una sensazione di frustrazione ed eccitazione che decido di calmare. Non voglio essere costretto a masturbarmi prima di incontrare Roberto, voglio essere il più arraffato possibile.
Dunque decido di concentrarmi sui dettagli, mi distrarranno per un pò dalle palle doloranti e gonfie. Cosa indosserò? mi chiedo. Mi faccio un’altra doccia per calmare l’eccitazione ma il risultato sono palle ancora più piene. Chiudo dietro di me la porta della camera, serro la porta. Mi tolgo l’accappatoio e sono nudo, fresco e pronto per cambiarmi e raggiungere Roberto.
Le ore successive passano nel tentativo di non pensare a cosa succederà, Roberto è stato molto gentile cercando di allontanare quel pensiero in tutti i modi, ma è impossibile, l’eccitazione è troppa. Lo prego di poter anticipare, lo prego per ore, finché finalmente lo dice: “Sarò a casa tra venti minuti, ti aspetto.”
Prendo dei calzini neri che arrivano alle caviglie e li indosso. Apro il cassetto delle mutande, ordinate e profumate e le osservo mentre aspettano di essere scelte. Afferro dei boxer nuovi, stretti e grigi chiaro. Prima di infilarli prendo un elastico per capelli e lo metto intorno al cazzo e alle palle per farmi eccitare e mostrare a Roberto il cazzo più duro che abbia mai visto. Mi infilo le mutande e sistemo il pacco. Prendo dei pantaloni della tuta sempre grigia chiara e infilo una felpa nera sopra una maglietta blu. Infine decido di indossare delle scarpe da ginnastica bianche. Sono eccitato da sentirmi male. L’elastico sta stringendo e sento pulsare il membro duro come il marmo. Sono come in uno stato confusionale per quanto il cuore mi batte a mille all’ora. Senza neanche rendermene conto sono in auto e sto cercando parcheggio vicino a casa di Stefano.

Il motore è spento. Il cazzo è diventato moscio, gli elastici stringono e fanno male. Ma resto seduto immobile, non capisco il perché. L’unica cosa che mi distrae è una vibrazione. Il cellulare è poggiato sul sedile del passeggero, mi avvisa che sono arrivato a destinazione e noto una notifica di un messaggio. Roberto mi ha inviato una foto: è seduto sul divano, il cazzo seppur moscio mantiene la sua aura di perfezione, la postura comoda e dominante, a terra un guinzaglio ed una videocamera.
Chiudo il cellulare.
Faccio un respiro profondo, il cuore inizia una danza che lo porta ad andare sempre più veloce, sempre di più, ancora di più e mi domando: “Se entro li dentro, che cosa farò?”
Lo sportello della macchina si apre. Scendo incamminandomi verso il suo portone.

Continua…
scritto il
2024-09-09
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