Davanti a tutti
di
Toypig
genere
gay
Quando ero un giovane universitario mi capitava di frequentare cinema porno. All'epoca internet e le sue infinite possibilità erano di là da venire.
Luoghi in pratica per soli uomini, non solo non ho mai visto femmine, ma in genere ero anche il più giovane, cosa che non poteva non attirare l'attenzione di chi era lì magari da un'ora a guardare cazzi scomparire dentro culi a pieno schermo. La prima volta che ero andato in un cinema porno era stato uno shock. Quei cazzi enormi che entravano e sbattevano bocche, fiche e culi, sembrava mi avessero scopato il cervello, spappolandolo. Ero inebetito, e da quel momento diventai completamente asservito al sesso.
Ma ancora ero molto inesperto di quel genere di ambienti. Solo a militare avrei imparato a conoscere il linguaggio nascosto delle posizioni in sala, che indicavano l'intenzione di vedere solo il film, o anche di voler giocare. Al centro della fila di sedili, o sul primo sedile nel primo caso, uno dei primi sedili o in fondo alla sala nel secondo. Ormai lo sapevo. Le mani iniziavano a palpare oscenamente, e ci si dava appuntamento in bagno.
Ma quel giorno fu diverso. Forse io ero molto più infoiato del solito. C'è da dire che esibizionista lo sono sempre stato: mettermi nudo davanti alla finestra, o sul terrazzo, magari dando le spalle alla strada e ai palazzi, completamente esposto e indifeso agli sguardi degli estranei alle finestre o dalle auto di passaggio. Ma mi era capitato anche in luoghi pubblici.
Non lo so. Sarà stata dunque l'eccitazione, le mie tendenze, forse il film molto provocante. Io mi ero seduto sul secondo sedile: "sono in calore", era il messaggio. E uno sconosciuto si sedette accanto a me. Il fatto stesso che fossero sconosciuti, che finivano per usarmi come fossi un giocattolo, che mi scaricavano dentro il loro sperma come fossi un cesso, mi eccitava da morire. Il primo tempo del film era a metà quando iniziò a toccarmi le cosce. 'Bisognerà tenere conto del fattore tempo', pensai tra me. Prima dell'accensione delle luci per l'intervallo, avremmo dovuto essere nei bagni. Ma lui era lento. Solo quando salì alla patta dei pantaloni iniziò a essere veramente porco e vergognosamente osceno. Palpava, l'asta del mio cazzo, che esplodeva sotto le sue mani, le palle, massaggiate come a prepararle. Poi, con calma, aprì la cerniera. In genere quello era il massimo che la gente si concedeva in sala. La mano entrò dentro, frugava, spostava gli slip, e l'uomo sussultò di soddisfazione quando raggiunse il cazzo, duro, largo, lungo, bagnato, pronto. Ma le infilò ancora più dentro, non poteva non sentire le palle dal vero dopo aver intuito com'erano da fuori. Sentivo quella mano ovunque lì sotto, oscena, palpare tutto. Il cervello si spense completamente. Diventai un pezzo di carne da sesso. Senza freni e senza pudore. E mentre il tempo trascorreva, l'uomo aprì la sua lampo, mi prese la testa e la spinse tra le gambe. Il suo membro diventò subito duro. Leccare, in su e giù, sulla punta, su tutta la lunghezza, poi ancora sulla punta. Poi tutto dentro in bocca, succhiato. Una magnifica pompa. Io ormai avevo i pantaloni aperti, e, come ho detto, il cervello spento. Fui io a prendere l'iniziativa. Mi alzai. Tirai giù pantaloni e slip. Ero nudo. Nella sala del cinema. In un luogo pubblico. Sotto gli occhi di tutti. In un cinema porno. L'uomo si portò dietro di me. Il suo cazzo era bellissimo, molto duro, lungo e largo il giusto, leggermente più stretto verso la punta, insomma, fatto per montare. Sentii la punta appoggiarsi sul buco del sedere. Spinse. Il culo si incurvò. Cedette. Si allargò diventando ospitale. Il glande era dentro. Il resto dell'asta scivolò dentro, centimetro dopo centimetro, tutta, sino in fondo, sino alle palle. E iniziò a montarmi. Lì. Così. Nudo. Davanti a tutti. La gente si era girata, spostata, per vederci meglio, attorno, da tutti i lati. Umiliato. Completamente. Definitivamente. Tutti quegli estranei ora lo sapevano, vedendomi per strada mi avrebbero riconosciuto, avrebbero potuto abbordarmi, e io avrei dovuto obbedire loro. Cedere a ogni loro desiderio. Tutti quegli occhi stavano guardandomi il grosso cazzo, dal quale colava il piacere. Frugavano liberamente nelle mie parti intime, che da quel momento non erano più intime, ma pubbliche. Appartenevano a tutti. I più fortunati, dietro, di tre quarti, avevano la vista del mio bel culetto rotondo e sodo, bello come quello di una porno attrice, come mi dicevano quelli che lo vedevano, sbattuto, montato da quel bel cazzo.
E le luci si accesero su di noi. Nudi. Fuori controllo per la foga e l'eccitazione dell'amplesso consumato a quel modo: pubblicamente. Tutti vedevano, e tutti rimasero a guardare. Le luci si spensero, ma gli occhi non guardavo il film, finto, ma il sesso fatto in sala, quello vero. Lo mise dentro. Venne. Il suo orgasmo mi lasciò dentro un fiume di sperma. Mi ringraziò. E, rivestitosi, se ne andò subito.
Io rimasi ancora lì per un po'. Nudo. Col sedere ancora sotto lo sguardo di tutti, forse nella speranza che si facessero avanti tutti uno a uno, in una gang bang improvvisata. Tutti vedevano che era bagnato dello sperma che ci aveva lasciato uno sconosciuto.
Io, senza pulirmi, lasciando lì quel bagnato, mi rivestii, e uscii. Non avevo visto il film. Ma non ne sentivo la mancanza. Ero diventato meravigliosamente un oggetto, e un oggetto pubblico. Un giocattolo a disposizione di tutti. Un aspirante schiavo.
Luoghi in pratica per soli uomini, non solo non ho mai visto femmine, ma in genere ero anche il più giovane, cosa che non poteva non attirare l'attenzione di chi era lì magari da un'ora a guardare cazzi scomparire dentro culi a pieno schermo. La prima volta che ero andato in un cinema porno era stato uno shock. Quei cazzi enormi che entravano e sbattevano bocche, fiche e culi, sembrava mi avessero scopato il cervello, spappolandolo. Ero inebetito, e da quel momento diventai completamente asservito al sesso.
Ma ancora ero molto inesperto di quel genere di ambienti. Solo a militare avrei imparato a conoscere il linguaggio nascosto delle posizioni in sala, che indicavano l'intenzione di vedere solo il film, o anche di voler giocare. Al centro della fila di sedili, o sul primo sedile nel primo caso, uno dei primi sedili o in fondo alla sala nel secondo. Ormai lo sapevo. Le mani iniziavano a palpare oscenamente, e ci si dava appuntamento in bagno.
Ma quel giorno fu diverso. Forse io ero molto più infoiato del solito. C'è da dire che esibizionista lo sono sempre stato: mettermi nudo davanti alla finestra, o sul terrazzo, magari dando le spalle alla strada e ai palazzi, completamente esposto e indifeso agli sguardi degli estranei alle finestre o dalle auto di passaggio. Ma mi era capitato anche in luoghi pubblici.
Non lo so. Sarà stata dunque l'eccitazione, le mie tendenze, forse il film molto provocante. Io mi ero seduto sul secondo sedile: "sono in calore", era il messaggio. E uno sconosciuto si sedette accanto a me. Il fatto stesso che fossero sconosciuti, che finivano per usarmi come fossi un giocattolo, che mi scaricavano dentro il loro sperma come fossi un cesso, mi eccitava da morire. Il primo tempo del film era a metà quando iniziò a toccarmi le cosce. 'Bisognerà tenere conto del fattore tempo', pensai tra me. Prima dell'accensione delle luci per l'intervallo, avremmo dovuto essere nei bagni. Ma lui era lento. Solo quando salì alla patta dei pantaloni iniziò a essere veramente porco e vergognosamente osceno. Palpava, l'asta del mio cazzo, che esplodeva sotto le sue mani, le palle, massaggiate come a prepararle. Poi, con calma, aprì la cerniera. In genere quello era il massimo che la gente si concedeva in sala. La mano entrò dentro, frugava, spostava gli slip, e l'uomo sussultò di soddisfazione quando raggiunse il cazzo, duro, largo, lungo, bagnato, pronto. Ma le infilò ancora più dentro, non poteva non sentire le palle dal vero dopo aver intuito com'erano da fuori. Sentivo quella mano ovunque lì sotto, oscena, palpare tutto. Il cervello si spense completamente. Diventai un pezzo di carne da sesso. Senza freni e senza pudore. E mentre il tempo trascorreva, l'uomo aprì la sua lampo, mi prese la testa e la spinse tra le gambe. Il suo membro diventò subito duro. Leccare, in su e giù, sulla punta, su tutta la lunghezza, poi ancora sulla punta. Poi tutto dentro in bocca, succhiato. Una magnifica pompa. Io ormai avevo i pantaloni aperti, e, come ho detto, il cervello spento. Fui io a prendere l'iniziativa. Mi alzai. Tirai giù pantaloni e slip. Ero nudo. Nella sala del cinema. In un luogo pubblico. Sotto gli occhi di tutti. In un cinema porno. L'uomo si portò dietro di me. Il suo cazzo era bellissimo, molto duro, lungo e largo il giusto, leggermente più stretto verso la punta, insomma, fatto per montare. Sentii la punta appoggiarsi sul buco del sedere. Spinse. Il culo si incurvò. Cedette. Si allargò diventando ospitale. Il glande era dentro. Il resto dell'asta scivolò dentro, centimetro dopo centimetro, tutta, sino in fondo, sino alle palle. E iniziò a montarmi. Lì. Così. Nudo. Davanti a tutti. La gente si era girata, spostata, per vederci meglio, attorno, da tutti i lati. Umiliato. Completamente. Definitivamente. Tutti quegli estranei ora lo sapevano, vedendomi per strada mi avrebbero riconosciuto, avrebbero potuto abbordarmi, e io avrei dovuto obbedire loro. Cedere a ogni loro desiderio. Tutti quegli occhi stavano guardandomi il grosso cazzo, dal quale colava il piacere. Frugavano liberamente nelle mie parti intime, che da quel momento non erano più intime, ma pubbliche. Appartenevano a tutti. I più fortunati, dietro, di tre quarti, avevano la vista del mio bel culetto rotondo e sodo, bello come quello di una porno attrice, come mi dicevano quelli che lo vedevano, sbattuto, montato da quel bel cazzo.
E le luci si accesero su di noi. Nudi. Fuori controllo per la foga e l'eccitazione dell'amplesso consumato a quel modo: pubblicamente. Tutti vedevano, e tutti rimasero a guardare. Le luci si spensero, ma gli occhi non guardavo il film, finto, ma il sesso fatto in sala, quello vero. Lo mise dentro. Venne. Il suo orgasmo mi lasciò dentro un fiume di sperma. Mi ringraziò. E, rivestitosi, se ne andò subito.
Io rimasi ancora lì per un po'. Nudo. Col sedere ancora sotto lo sguardo di tutti, forse nella speranza che si facessero avanti tutti uno a uno, in una gang bang improvvisata. Tutti vedevano che era bagnato dello sperma che ci aveva lasciato uno sconosciuto.
Io, senza pulirmi, lasciando lì quel bagnato, mi rivestii, e uscii. Non avevo visto il film. Ma non ne sentivo la mancanza. Ero diventato meravigliosamente un oggetto, e un oggetto pubblico. Un giocattolo a disposizione di tutti. Un aspirante schiavo.
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Commenti dei lettori al racconto erotico