In Spiaggia [1] - Docile
di
FraSub
genere
dominazione
Premetto che a me il mare non piace. La salsedine, la sabbia tra le dite, il sole cocente, il fatto di dover stare in costume mezza nuda davanti a una flotta di gente sconosciuta. Non sono cose che mi si addicono.
Potrete quindi immaginare la mia faccia stupita quando Mirko mi disse che questa estate mi avrebbe portata al mare, e per di più che voleva andare in una spiaggia nudista. Le foto dell’appartamentino vista mare che aveva preso erano proprio carine, già mi immaginavo su quel bel lettone affianco a lui, ad abbracciarlo, a baciarlo... Ma in spiaggia! Per di più nudi. Sappiamo tutti che ci saremmo ritrovati a fare l’amore sul lettino, con qualche sessante flaccido a guardarci.
Mirko ovviamente mi disse che lo faceva per me. Che una cagnetta come me un po’ esibizionista doveva esserlo. Che lo faceva per farmi crescere. La stessa cosa che mi disse quella volta che mi fece leccare i suoi schizzi di sborra finiti per terra. Che una cagnetta come me la sborra di un uomo non la può sprecare: “Devi crescere!”
Ah dimenticavo. Mirko è il mio Padrone. Io la sua sottomessa. Il nostro rapporto dura ormai da un annetto circa. Da che ero una timida vergine, lui mi ha educata e trasformata nella sua cagnetta. Mi ha fatto crescere insomma.
E io sono cresciuta. Nuda, stesa affianco a te, con le mani legate dietro la schiena con una bandana. Il sole cocente che mi scalda il culetto. Ti bacio piedi, lecco le caviglie. Con la lingua risalgo su, lungo il polpaccio verso l’interno coscia. Passo sui fianchi e arrivo alle ascelle. Tu vuoi che la mia faccia sprofondi nelle tue ascelle, e che la mia lingua ti scorra tutta addosso. L’ordine è chiaro. Tu sei stanco e hai bisogno che io ti massaggi, che le mie labbra ti rilassino i muscoli. “Non dimenticare i coglioni!” mi dici, e subito afferri e stringi i miei. La prima volta mi feci malissimo. Ora quanto mi piace. Un brivido che risale lungo tutto il corpo.
Ti lecco i coglioni. Giro con la lingua, li ingoio, li bacio. Io amo baciarti. Quando ho il rossetto, mi piace vederti i segni che ti lascio sul corpo.
Fa caldissimo, sudo e ho sete. Glielo faccio notare. Il Padrone con una mano mi strizza i coglioni (mi sono fermata, nessuno mi ha autorizzato a fermarmi) e con l’altra prende uno spruzzino. Si spruzza l’acqua sui coglioni e mi fa “Bevi”. Io docile lecco.
Mi piace quando mi rimetti al mio posto. Nonostante gli sguardi indiscreti continuo a leccarti e tu ogni tanto mi accarezzi i capelli e il culetto. Quando mi tieni la mano sulla testa io mi sento completamente alla tua mercé, docile cagnetta ubbidiente.
“Sei stata brava. Leccamelo.” Io a questo tuo complimento mi arrosso dall’imbarazzo e famelica mi fiondo sul cazzo che è diventato turgido già da tempo. Ti terrei le palle tra le mani, ma avendole legate non posso fare altro che farti affondare in bocca e in gola.
Senza mani è anche difficile sollevarsi. Tu vieni in mio soccorso, mi stringi la testa e inizi a scoparmi la bocca. Io non posso fare altro che assecondarti, su e giù, su e giù, col tuo cazzo tra le guance che diventa ancora più grosso e ancora più duro.
Tu sei sempre più ansimante, sempre più veloce. Ti conosco, so che stai per venire. Fa caldo, finalmente adesso berrò in maniera sostanziosa.
Il Padrone si ferma. Mi miete la testa ferma in posizione. La cappella è in bocca. Troppo facile averla già in gola. Devo prima assaporare la sua sborra e poi ingoiare. Lui vuole sentire il rumore che fa la mia gola mentre ingoio. Io non ho bisogno di essere costretta. Sono cresciuta ormai.
Vari fiotti di sperma mi riempono la bocca. Un po’ più denso e salato del solito (io l’ho detto che non mi piace la salsedine), e poi deglutisco, uno dopo l’altro.
Finalmente posso sollevare la testa. Da brava ho ingoiato tutto ma le ultime gocce stanno ancora uscendo. Lentamente lecco, dalle palle fine alla cappella. Devo pulirti per bene.
Mi sleghi, ci baciamo. Il sole ormai è troppo caldo anche per te. “E’ proprio l’ora di andare a mangiare. Mettiti il costume”.
Slippini aderenti azzurri. Uscivano insieme al pezzo di sopra, che tu però mi dici di non mettere. Vuoi sempre avere i miei capezzoli liberi e pronti all’uso.
Così facendo il Padrone Mirko e io ci dirigemmo a un ristorantino li vicino.
Il continuo lo troverete in un racconto futuro. Vi ricordo di scrivermi all’email subfra9@gmail.com per mandarmi ordini o idee per racconti.
Inginocchiata ad attendervi
FRA
Potrete quindi immaginare la mia faccia stupita quando Mirko mi disse che questa estate mi avrebbe portata al mare, e per di più che voleva andare in una spiaggia nudista. Le foto dell’appartamentino vista mare che aveva preso erano proprio carine, già mi immaginavo su quel bel lettone affianco a lui, ad abbracciarlo, a baciarlo... Ma in spiaggia! Per di più nudi. Sappiamo tutti che ci saremmo ritrovati a fare l’amore sul lettino, con qualche sessante flaccido a guardarci.
Mirko ovviamente mi disse che lo faceva per me. Che una cagnetta come me un po’ esibizionista doveva esserlo. Che lo faceva per farmi crescere. La stessa cosa che mi disse quella volta che mi fece leccare i suoi schizzi di sborra finiti per terra. Che una cagnetta come me la sborra di un uomo non la può sprecare: “Devi crescere!”
Ah dimenticavo. Mirko è il mio Padrone. Io la sua sottomessa. Il nostro rapporto dura ormai da un annetto circa. Da che ero una timida vergine, lui mi ha educata e trasformata nella sua cagnetta. Mi ha fatto crescere insomma.
E io sono cresciuta. Nuda, stesa affianco a te, con le mani legate dietro la schiena con una bandana. Il sole cocente che mi scalda il culetto. Ti bacio piedi, lecco le caviglie. Con la lingua risalgo su, lungo il polpaccio verso l’interno coscia. Passo sui fianchi e arrivo alle ascelle. Tu vuoi che la mia faccia sprofondi nelle tue ascelle, e che la mia lingua ti scorra tutta addosso. L’ordine è chiaro. Tu sei stanco e hai bisogno che io ti massaggi, che le mie labbra ti rilassino i muscoli. “Non dimenticare i coglioni!” mi dici, e subito afferri e stringi i miei. La prima volta mi feci malissimo. Ora quanto mi piace. Un brivido che risale lungo tutto il corpo.
Ti lecco i coglioni. Giro con la lingua, li ingoio, li bacio. Io amo baciarti. Quando ho il rossetto, mi piace vederti i segni che ti lascio sul corpo.
Fa caldissimo, sudo e ho sete. Glielo faccio notare. Il Padrone con una mano mi strizza i coglioni (mi sono fermata, nessuno mi ha autorizzato a fermarmi) e con l’altra prende uno spruzzino. Si spruzza l’acqua sui coglioni e mi fa “Bevi”. Io docile lecco.
Mi piace quando mi rimetti al mio posto. Nonostante gli sguardi indiscreti continuo a leccarti e tu ogni tanto mi accarezzi i capelli e il culetto. Quando mi tieni la mano sulla testa io mi sento completamente alla tua mercé, docile cagnetta ubbidiente.
“Sei stata brava. Leccamelo.” Io a questo tuo complimento mi arrosso dall’imbarazzo e famelica mi fiondo sul cazzo che è diventato turgido già da tempo. Ti terrei le palle tra le mani, ma avendole legate non posso fare altro che farti affondare in bocca e in gola.
Senza mani è anche difficile sollevarsi. Tu vieni in mio soccorso, mi stringi la testa e inizi a scoparmi la bocca. Io non posso fare altro che assecondarti, su e giù, su e giù, col tuo cazzo tra le guance che diventa ancora più grosso e ancora più duro.
Tu sei sempre più ansimante, sempre più veloce. Ti conosco, so che stai per venire. Fa caldo, finalmente adesso berrò in maniera sostanziosa.
Il Padrone si ferma. Mi miete la testa ferma in posizione. La cappella è in bocca. Troppo facile averla già in gola. Devo prima assaporare la sua sborra e poi ingoiare. Lui vuole sentire il rumore che fa la mia gola mentre ingoio. Io non ho bisogno di essere costretta. Sono cresciuta ormai.
Vari fiotti di sperma mi riempono la bocca. Un po’ più denso e salato del solito (io l’ho detto che non mi piace la salsedine), e poi deglutisco, uno dopo l’altro.
Finalmente posso sollevare la testa. Da brava ho ingoiato tutto ma le ultime gocce stanno ancora uscendo. Lentamente lecco, dalle palle fine alla cappella. Devo pulirti per bene.
Mi sleghi, ci baciamo. Il sole ormai è troppo caldo anche per te. “E’ proprio l’ora di andare a mangiare. Mettiti il costume”.
Slippini aderenti azzurri. Uscivano insieme al pezzo di sopra, che tu però mi dici di non mettere. Vuoi sempre avere i miei capezzoli liberi e pronti all’uso.
Così facendo il Padrone Mirko e io ci dirigemmo a un ristorantino li vicino.
Il continuo lo troverete in un racconto futuro. Vi ricordo di scrivermi all’email subfra9@gmail.com per mandarmi ordini o idee per racconti.
Inginocchiata ad attendervi
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